The discovery of aesthetic pleasure

Vilhelm & Naavke / Università

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    "Andando oltre l'articolazione del concetto di bellezza, è sempre in Kritik der Urteilskraft che si torna sul sublime. Nell'approccio kantiano il sublime permette all'essere umano di riconoscere la propria superiorità rispetto la grandiosità della natura, per cui lo smarrimento e la frustrazione iniziale di fronte a scenari spaventosi vengono presto dimenticate." Le parole apparentemente chiare della professoressa Hansen gli scorrevano davanti gli occhi mentre Vilhelm era impegnato a rileggere gli appunti della settimana prima. Era uno studente eccellente, e per quanto si applicasse credeva che determinati concetti, pur affascinanti, fossero ancora un po' fumosi per permettergli una ricostruzione di un filo logico che l'avrebbe portato fino alla comprensione. Forse parte della colpa era dovuta ai suoi appunti, o al fatto che si fosse presentato a lezione senza aver chiuso occhio la notte prima, troppo occupato nella stesura di un saggio a ridosso della consegna. Il corso di Estetica sperimentale gli sarebbe servito a raccogliere esclusivamente qualche credito in più, e lo stava seguendo ormai da un paio di settimane, ma prima di quella mattina non era nemmeno sicuro di voler sostenere l'esame finale. Pur abituato a seguire corsi altrettanto teorici e che potevano risultare oscuri ad un primo impatto, Vilhelm credeva davvero che il corso mancasse di un lato pratico. Se solo avesse potuto cogliere lui stesso questo sublime, invece di leggerlo ripetersi fra le pagine dei suoi appunti, immaginava sarebbe stato in grado di seguire con più piacere i discorsi della docente. "Per il filosofo il sublime assume una connotazione diversa. Nel Die Welt als Wille und Vorstellung di Schopenhauer il sublime è descritto come il piacere che si prova osservando la potenza o la vastità di un oggetto che potrebbe distruggere chi lo osserva." Si passò le dita fra i capelli ricci e scuri, come a voler districare la matassa di pensieri che quelle semplici parole avevano generato nella sua testa. Il piacevole brusio di sottofondo generato dai pochi frequentanti andò a sfumare fino ad acquietarsi del tutto: pur essendo il segnale che di solito lo spingeva ad alzare la testa e iniziare a prestare attenzione, Vilhelm indugiò ancora qualche secondo sui propri appunti, ignorando la voce piana della professoressa Hansen che iniziò a parlare. Tuttavia fu sorpreso di essere raggiunto da una voce che non avrebbe potuto collegare a nessun viso conosciuto, mentre quelle parole iniziavano a serpeggiare intorno a lui. Preso alla sprovvista da quella voce che l'aveva battezzato e ricoperto completamente come un dolcissimo miele, dalle tonalità ambrate scure, corrugò le sopracciglia, appoggiando finalmente la penna nel mezzo del taccuino aperto così da sollevare lo sguardo. Ecco che la possibilità di essere distrutto completamente aveva preso la forma di un giovane uomo, in piedi vicino alla cattedra della professoressa, elegantemente vestito e in grado di mettere sullo sfondo qualsiasi altra presenza nello spazio che occupava. Dalla visione di Vilhelm iniziò a sparire la carta che aveva sotto di sé, il legno del lungo banco su cui era appoggiato, gli altri studenti, la professoressa Hansen, Kant, Schopenhauer. Rimase solo lui: Naavke. Il suo incontro con il sublime.
    Se doveva essere completamente sincero, Vilhelm non era stato in grado di levarsi dalla testa la voce calda e accogliente di Naavke, il profilo perfetto, l'abbigliamento fuori dall'ordinario e curato. L'essere infestato da tutti quei dettagli, che aveva registrato in modo quasi clinico, non lo disturbava. Non si trattava di una compagnia che gli dispiaceva, non credeva fosse male dividere lo spazio dei suoi pensieri con quell'affascinante presenza, ma si chiedeva semmai si sarebbe verificata l'occasione di passare del tempo con lui in diverse modalità, magari godendo della possibilità di parlargli come suo pari - e non come uno studente fra tanti nel corso di Estetica. Di sicuro l'avrebbe preferito all'osservarlo sognante dal proprio banco senza avere la possibilità di scrivere un solo appunto. Quel pensiero lo fece sorridere: credeva di non aver avvertito tanto magnetismo e attrazione verso qualcuno da mesi ormai. Seppur nutrendo il desiderio di poterlo incontrare una seconda volta, Vilhelm immaginò che sarebbe stato facile distrarsi da quella che non poteva ignorare essere una prematura infatuazione: il fine settimana era alle porte e quel venerdì credeva che avrebbe dato un calcio all'inizio dei festeggiamenti con ancor più entusiasmo. Aveva sentito alcuni dei suoi amici parlare di una festa universitaria organizzata da chissà chi in qualche appartamento o forse una casa in centro: c'era chi si accontentava dei Russefeiring e appendeva i guantoni al chiodo, ma alcuni studenti sembravano non aver esaurito del tutto la vena più festaiola. Non mancava che un mese all'inizio degli esami finali e gli studenti sentivano il bisogno di dimenticare per qualche ora lo stress: bevendo, conoscendo gente, e divertendosi. Vilhelm non era un'eccezione. Era sicuro che avrebbe trovato il modo per ottenere ciò che desiderava: se non dalla persona che animava i suoi pensieri, sicuramente attraverso qualcun'altro.
    La festa si era rivelata essere molto più raffinata delle previsioni di Vilhelm. Non doveva essere uno dei soliti appartamenti che gli studenti potevano permettersi, ma la casa di una buona famiglia di Besaid. Girava buon vino, e non le tipiche birre in lattina distribuite fra i partecipanti. Vilhelm si sentiva leggermente a disagio, avendo scelto un abbigliamento molto più rilassato: la camicia verde muschio, coperta in parte da una giacchetta rosso scuro, e i pantaloni a coste tenuti su da una sottile cintura però non l'avrebbero relegato alla carta da parati. Nonostante l'arredamento fosse apparentemente costoso, ben lontano dalle linee più fredde e minimali del gusto nordico, nessuno si faceva problemi a fumare dentro casa, riempendo l'atmosfera di una appena percettibile cappa in cui si mischiavano anche le chiacchiere animate e divertite degli invitati. In fondo, era la fine degli anni Novanta. Forse c'era una finestra aperta da qualche parte, ma Vilhelm non aveva idea di dove si trovasse. Anche se l'aria si fosse fatta ancor più densa fino a diventare irrespirabile, i giochi di carte, la lettura di poesie e di Camus, gli scambi di baci e tenerezze, i balli e la musica avrebbero facilmente spazzato via ogni preoccupazione: tutte e tutti sembravano divertirsi a modo loro, dimenticando le responsabilità. Seduto su un pasciuto divano in pelle, Vilhelm stava giocherellando con il ghiaccio dentro il suo bicchiere mentre parlava con Kari, una collega e amica. Stavano discutendo della ricerca etnografica che Kari stava conducendo in Malaysia, su come pratiche ecologiche si intrecciassero al sistema mortuario e alle tradizioni seguite nella cura dei morti. Vilhelm le stava sorridendo per l'entusiasmo che stava dimostrando nell'argomentargli le ipotesi e i risultati a cui era arrivata. Immaginò che l'avrebbe volentieri seguita come relatore se solo avesse potuto. "Certe volte è difficile, fare avanti e indietro, intendo. E non per la faccenda dei voli fino a Kuala Lumpur o dei costi... ma credo che non sia possibile fare ricerca etnografica se si è di Besaid. Passate due o tre settimane inizio a dimenticare cose, confondo i miei appunti... non so se sia l'aria della Malaysia o la nostalgia di casa." Continuarono a parlare per un po', almeno fino a quando non vennero raggiunti da altri amici e la conversazione si fece più animata. Vilhelm aveva terminato il liquido ambrato nel suo bicchiere e una leggera patina di rossore gli aveva colorato le guance praticamente glabre.
    Ridendo si guardò per qualche secondo alle spalle, sottraendosi alla discussione per pochi secondi, mentre il sorriso divertito gli si spegneva sulle labbra per lasciare spazio ad uno più vispo. "Non ci credo..." Si scusò, unendo le mani ora libere per simulare un piccolo inchino verso gli amici, guadagnando uno sguardo confuso da Kari, a cui mimò un "parliamo dopo" prima che questa sparisse del tutto dalla visuale di Vilhelm. Buonasera? Ciao? Ehi... come butta? Gli occhi del giovane erano puntati dritti sul suo obiettivo e, scansando persone a destra e sinistra, cercando di farsi strada fra la piccola folla e continuando a fornire gentilissimi e sorridenti "scusa" a chi cercava di superare, finalmente Vilhelm si arrestò. Pensa, Vilhelm. Pensa. L'emozione sembrava averlo paralizzato del tutto. Vilhelm rimase fermo ancora per un po', osservando il viso di Naavke per un tempo che gli sembrò eterno, almeno fino a quando non venne notato anche lui. Resse lo sguardo per una manciata di secondi e a quel punto si diede alla fuga, girando le spalle e dirigendosi verso il posto meno affollato che riuscì ad individuare. Quell'appartamento si rivelò essere più grande di quanto avesse immaginato: aperta una pesante porta in legno, Vilhelm sbirciò al suo interno, riconoscendo un ambiente meno trafficato ma non per questo desolato. Dovevano esserci degli invitati in giro per quello studio e biblioteca personale, ma le luci erano talmente basse e il vociare così indistinto rispetto a quello ovattato proveniente da altri ambienti che Vilhelm non avrebbe potuto affermarlo con certezza. Si addentrò per qualche metro, pensando di essere in grado di ignorare il battito del cuore fattosi più insistente, raggiungendo una scala in legno che avrebbe permesso di salire fino ai piani più alti degli scaffali. Toccò il legno mentre, inclinato il viso, si lasciò distrarre dalla serie di titoli impressi in oro sul dorso dei libri. La découverte du plaisir esthétique.

    Edited by Kagura` - 28/6/2023, 19:22
     
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    Per quanto eloquente, la professoressa Hansen era anche terribilmente noiosa. Naavke se ne stava lì, seduto in disparte di fianco alla cattedra, ad assorbire passivamente le nozioni che la dottoressa gli aveva ripetuto con quel tono lento ed aritmico già mesi prima, quando aveva iniziato a pensare alla sua dissertazione di dottorato ed aveva scelto lei come relatrice. La professoressa Hansen era una donna brillante, forse una delle persone più preparate che avesse mai conosciuto, ma Naavke era andato da lei semplicemente perchè era sicuro che gli avrebbe reso il percorso facile, dandogli più libertà di qualsiasi altro o altra collega. Troppo preoccupata da un'ingiusta suddivisione del lavoro domestico, la professoressa Hansen annegava in un mare di responsabilità che lasciava inevitabilmente Naavke alla deriva, e lui non poteva che compiacersene. Avrebbe volentieri lavorato di più con lei, se non fosse che l'andamento della sua voce avrebbe potuto cullare sino al sonno chiunque l'udisse, tanto che si chiese se non fosse proprio quella la particolarità che Besaid le aveva donato. E mentre la professoressa presentava teorie filosofiche sull'idea del sublime, Naavke prendeva appunti su alcune parole chiave che avrebbe utilizzato una volta arrivato il suo intervento, lasciandole scorrere sulla carta per fissarle in mente, giacchè per via delle motivazioni scritte sopra, la professoressa Hansen avrebbe dovuto lasciar prima l'aula, cedendo così a Naavke la parte finale della sua lezione. Non era raro che i dottorandi raffinassero le loro abilità accademiche in classe, supportando il lavoro dei professori durante presentazioni e seminari, e Naavke non ne era preoccupato. Si trattava di un corso post-laurea, con un uditorio di studenti e studentesse che sicuramente avevano poco meno o la sua stessa età. La professoressa Hansen si congedò da loro poco dopo, e nel sollevarsi per prendere posto davanti alla cattedra, Naavke tornò a comprendere quel detto che spiega come in un solo attimo una vita può radicalmente cambiare, in un momento cosmico in cui si riceve il dono della chiarezza più estrema ed accecante. Si appoggiò alla lista di legno del tavolo e lì lo vide: sedeva poco lontano, aveva ancora la testa china sui suoi appunti, eppure Naavke poteva scorgerlo oltre la curva perfetta delle sue labbra, le soffici onde dei suoi ricci - il giovane che aveva davanti sarebbe stato il suo prossimo capolavoro.
    "Oscuro, confuso e terribile. E.. Sublime ai massimi livelli." Così Edmund Burke descrisse la pennellata delle descrizioni del Re del Terrore, Morte, e di Satana nel Paradiso Perduto di John Milton. Burke riteneva che la poesia fosse la forma d'arte più efficace per evocare una risposta emotiva, e prendeva Milton come esempio principe di ciò che lui chiamava "l'esaltazione, o la presentazione di cose terribili". Diceva, "l'altra forma, se così poteva esser chiamato ciò che forma distinta non ha... Nero lui si ergeva, come notte, feroce come dieci furie, terribile come l'Inferno." Fisso sulla figura dello studente ignaro e bellissimo di fronte a sè, lo sguardo di Naavke incappucciato e riflessivo non si mosse da lui sino a che non si voltò del tutto, avvolgendo il palmo della mano coperto dai guanti attorno allo schienale della semplice sedia in legno che lasciò scivolare sin davanti la cattedra, prendendo posto di fronte agli altri pochi giovani ricercatori per non ergersi sopra di loro in alcun modo, quasi chiudendo il cerchio che i banchi di legno formavano attorno alla scrivania. Dovrei parlarvi strettamente di filosofia del sublime oggi, ma la professoressa Hansen si è espressa con molta più chiarezza di quanto potrei mai fare io, sono solo un dottorando. Mi chiamo Naavke Evjen, e la mia dissertazione verterà proprio su questo tema. Vi parlerò di filosofia, certo, ma anche di letteratura perchè è nell'arte in ogni sua forma che la speculazione si fa ispirazione, materia, carne e poi lacrima. Non a caso ciò che è sublime ci terrorizza; ci mostra i nostri limiti perchè sappiamo, in una piccola parte recondita della nostra mente, di poterli superare, di poterci gettare senza alcuna esitazione tra le braccia della nostra distruzione. Comodamente seduto, Naavke iniziò ad indagare con lo sguardo ogni singolo volto tra i pochi che lo stavano accompagnando in quel seminario, terminando il suo studio proprio su quello del giovane che aveva richiamato la sua attenzione, erba rigogliosa e delicatissima che anche solo dal suo odore attira il cervo, pronta ad essere strappata direttamente dalla terra in cui ripone le sue radici.
    Vilhelm Bjerke-Petersen. La mole d'impegni della professoressa Hansen aveva nuovamente giocato a favore di Naavke, che recuperando i suoi oggetti prima di andarsene dall'aula aveva però scordato l'elenco degli studenti in classe. Non fu difficile da lì risalire all'identità del ragazzo che guardava Naavke con tanto interesse e che era fuggito sin troppo frettolosamente dall'aula appena terminato il seminario. Ora il documento giaceva tra i libri che Naavke stringeva sotto un braccio, macchiato dalla luce del sole che traspariva tra le fronde all'ingresso del campus universitario. La stessa luce si fece chiarore lunare, che bagnava i vestiti di Naavke con più gentilezza. Era venuto a sapere di una festa studentesca un po' differente da quelle che solitamente si avvicendavano in territorio universitario - alcool più pregiato, spazi ricercati, e soprattutto Vilhelm. Nonostante il loro contatto fugace in classe, Naavke non riusciva a smettere di pensare ad ogni dettaglio, fermandosi ossessivamente su ogni informazione che era riuscito ad ottenere su di lui. Ora camminava tra le strade della città superandone le ombre con intenzioni ben precise, deciso ad incontrare il giovane suo ispiratore. Non appena la porta gli fu aperta, Naavke venne invitato ad entrare e lì prese ad esaminare gli spazi e le persone che li abitavano - con un calice di vino bianco in mano si fece largo con disinvoltura nell'aria più spessa di fumo e divertimento, cercando Vilhelm con estrema attenzione. Non aveva fretta, però, era certo che la distesa di tenero verde si sarebbe insinuata nel pavimento sino a sè se solo avesse saputo attendere. Si perse allora in qualche conversazione vibrante ma non abbastanza ricca intellettualmente da divertirlo, nella conoscenza di nuove persone o nel ritrovo con altre a lui note. Indossava un semplice abito nero, sotto la cui giacca si nascondeva una maglia in cotone dello stesso colore. L'unica nota che spiccava nel suo vestire erano i cerchi argentati degli orecchini che brillavano di più rispetto al resto dell'abbigliamento.
    Le conversazioni si rivelarono piacevoli e cortesi, ed ora vicino ad una delle poche finestre aperte, Naavke inalava i fumi opprimenti e deliziosi di una sigaretta, condivisa con alcuni amici. Lasciò scivolare via la sottile nebbia grigia dalle narici, e fu allora che scorse Vilhelm. Si trovava poco lontano rispetto a lui e lo fissava, accendendo nei suoi occhi un bagliore quieto ma entusiasta, predatorio. Visto così, fuori dalle mura di una classe forse troppo piccola per contenerne la scintilla, Vilhelm sembrava essere ancor più bello, indifeso e pericoloso. Imitò però i gesti che aveva compiuto anche durante il seminario, voltandosi velocemente per lasciare la stanza. Non è cortese non salutare. Riflettè Naavke schiacciando la sigaretta sul posacenere, congedandosi così dagli altri per seguire Vilhelm. Il suo passo era sicuro, non affrettato, poteva intravedere la sua schiena nell'intreccio di persone che si avvicendavano nelle stanza e la seguiva come una traccia per un segugio, finchè non lo trovò in uno studio più riparato rispetto alle altre camere, dove gravitava non più di un paio di persone intene a discutere di un libro di cui Naavke al momento non risuciva a riconoscere il nome. Era troppo concentrato, estatico nel ritrovarsi davanti proprio la persona che per giorni aveva occupato i suoi pensieri senza sosta. "In sintesi, egli desiderava un'opera d'arte per ciò che è in se stessa e per ciò che essa gli permetteva di attribuirle; assecondarla e cavalcare la sua onda, come fosse supportato da un amico o trasportato da un veicolo in un piano d'esistenza in cui sensazioni sublimate potessero accendere in lui un inaspettato tumulto, le cui cause si sarebbe impegnato ad analizzare, pazientemente e persino invano." La voce di Naavke allora si sovrappose alle parole di Joris-Karl Huysmans, il cui romanzo decadente À rebours, inserito da egli stesso nel programma del seminario, era certo sarebbe stato noto a Vilhelm. Attese che si voltasse, avvicinandosi a lui solo una volta che il suo sguardo si fosse posato sulla sua figura. Un passo dopo l'altro Naavke si fece avanti sino ad invadere gli spazi del giovane, lasciando che la sua schiena si pressasse alle liste della scala in legno vicino cui si era rifugiato. Vilhelm. Lo chiamò, ben felice di sentire il suo nome scorrergli tanto bene sulla lingua e verso l'udito, sporgendosi sino a registrare ogni increspatura delle sue labbra o vezzo del viso con lo sguardo. Sì, sei davvero un'opera d'arte. Per poco Naavke non si fece ancora più avanti, sino a poter avvertire il respiro appena tremante di Vilhelm sulla bocca, eppure fece elegantemente un passo indietro, restando vicino all'altro. Sono felice di conoscerti.
     
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    Braccato. Quella sensazione tanto strana quanto piacevole non l'aveva abbandonato da quando aveva intrecciato, in modo diverso rispetto al loro primo incontro, lo sguardo di Naavke a qualche metro da lui: era bastato qualche secondo per metterlo in fuga, innescando anche la curiosità dell'altro. Paradossalmente, Vilhelm non voleva nascondersi ma essere raggiunto da Naavke e farsi trovare. Senza saper di essere stato attraversato dallo sguardo di Naavke, che gli stava perforando la schiena come avrebbero fatto dei palchi di cervo, Vilhelm si era immerso fra la folla lasciando dietro di sé una scia di sangue: erano tracce vive e vermiglie che non nascondevano l'invito di Vilhelm rivolto esclusivamente all'altro, pronto a farsi più esplicito. Divorami completamente. Una volta messa in atto una forma aggressiva di mimetismo, chi sarebbe stato in grado di definirsi vincitore sull'altro? Quando era stato colpito davvero da Naavke e quando aveva iniziato a sanguinare per essere seguito? Il ronzio di quei pensieri non raggiunse, tuttavia, la coscienza di Vilhelm, che pensava di aver preso ogni scelta e di aver mosso ogni passo solo in risposta ad una inusuale forma d'imbarazzo che l'aveva colto all'improvviso. Posto davanti ad un traguardo inarrivabile, il giovane aveva semplicemente deciso di darsela a gambe, cercando un posto sicuro dove poter rassettare i pensieri e regolare il tumulto delle emozioni. Pur desiderandolo con tutto se stesso, non avrebbe potuto immaginare che le sue fantasie sarebbero state in grado di realizzarsi proprio davanti ai suoi occhi. Spostando prima lo sguardo alle sue spalle, dove avvertì l'avvicinarsi sicuro di alcuni passi e una voce calda e indimenticabile, e poi voltandosi per dimenticare dietro di sé la scala a cui si era appoggiato, Vilhelm tracciò con gli occhi la figura piacevolissima di Naavke. Gli sembrò di riconoscere altrettanta curiosità nello sguardo felino di Naavke, su cui si fermò per svariati secondi, senza pensare più a niente. "Nero lui si ergeva, come notte, feroce come dieci furie, terribile come l'Inferno." Ora così vicino a Naavke, Vilhelm credeva che quelle parole iniziassero a riempirsi di senso.
    Ammansito e accarezzato dalle parole di Naavke, il giovane permise all'altro di farsi più vicino, attendendo il momento in cui fra loro non fossero rimasti che una manciata di millimetri. Le tracce di un profumo denso lo raggiunsero senza travolgerlo, rimanendogli addosso fino a volersi sostituire alla sua necessità di far entrare ossigeno nei polmoni. Vilhelm, tuttavia, non sarebbe stato in grado di dare un nome a quella nebbia che l'aveva inavvertitamente circondato. Trattenne il respiro per pochi secondi, sfidando quasi giocosamente Naavke che si era fatto a tal punto vicino, chiaramente tronfio dell'aver messo Vilhelm metaforicamente all'angolo. Solo in quel momento si accorse della presa che aveva stretto sulla scala, alle cui liste aveva appoggiato la schiena, come se fosse sua intenzione dare ancor più spazio a Naavke. Fumo. La bocca si piegò in un ghigno, tanto affascinante quanto divertito, e Vilhelm ripercorse la figura dell'uomo di fronte a sé senza paura di sembrare inopportuno. Non riusciva a definirne i confini, eppure credeva che Naavke avesse l'idea di conoscerlo già completamente. Si fece più avanti, tornandogli vicino, recuperando con un solo passo quella distanza che Naavke gli aveva sottratto e poi imposto. "Un interesse particolare, quello per le meditazioni sulla letteratura e sull'arte: una diga per sbarrare la corrente dei vecchi ricordi... bruscamente spazzata via. E l'onda impetuosa e irresistibile si era abbattuta sul presente e sul futuro, sommergendo tutto sotto la coltre del passato, riempiendo la sua mente di un'immensità di dolore, sulla cui superficie galleggiavano, come futili relitti, assurde sciocchezze e noiosi episodi della sua vita" Rispose a tono, senza trovar necessario alzare la voce poiché vicinissimo a Naavke: era sicuro che avrebbe riconosciuto senza problemi altri passi dell'opera citata da egli stesso poco prima, funzionali a dar voce agli interrogativi che si erano generati nella mente di Vilhelm. Cosa avrebbe scoperto al di là di quella diga? Un oscuro fondale che sarebbe stato difficile da decifrare? Eppure non credeva che avrebbe individuato Naavke nell'abbassare lo sguardo.
    "Ma non sono un'opera d'arte, Naavke. Nulla di quello che posso darti è una sensazione sublimata... o un inaspettato tumulto." Lo provocò più giocoso, girandogli intorno fino a fermarsi al suo fianco, distogliendo lo sguardo dal suo solo per tracciarne il profilo, finendo per osservargli con la coda dell'occhio le labbra. "Che ci fai in un posto del genere?" Domandò completando un giro attorno a lui per tornare al punto di partenza, alla libreria, da cui sfilò con lentezza un piccolo libretto che fra tutti aveva catturato la sua attenzione. Picchiettò con il dorso della raccolta di poesie il pettorale sinistro di Naavke e alzò gli occhi verdi per osservarlo con più intenzione, desideroso di poter leggere nello sguardo dell'altro una luce d'interesse o, ancor meglio, complicità. Dal titolo sembravano essere promesse rime su balli di sala impregnati di fumo acre, e sul sesso e su denti bianchi, e su sogni fatti di notte che non avrebbero potuto vedere la luce del giorno. "Corri via da un episodio noioso?" Continuò nel superarlo, prendendo posto con rilassatezza su una seduta talmente striminzita che sembrava essere più adatta ad una sola persona. Una volta sedutosi, Vilhelm aspettò che Naavke lo raggiungesse, mentre con le dita sul finir del braccio appoggiato allo schienale si accarezzava distrattamente il mento e parte del profilo. "Oppure stavi cercando qualcuno?" Non era necessario aggiungere altro: lo sguardo di Vilhelm avrebbe silenziosamente confessato a Naavke la sua risposta positiva. Stava cercando lui e l'aveva trascinato fino a sé.

    Edited by Kagura` - 28/6/2023, 19:22
     
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    Un interesse particolare, quello per le meditazioni sulla letteratura e sull'arte: una diga per sbarrare la corrente dei vecchi ricordi... bruscamente spazzata via. E l'onda impetuosa e irresistibile si era abbattuta sul presente e sul futuro, sommergendo tutto sotto la coltre del passato, riempiendo la sua mente di un'immensità di dolore. Nel momento in cui Naavke aveva posato lo sguardo su Vilhelm aveva capito: lui sarebbe stato la sua onda. L'opera d'arte, il singulto del cuore, l'immenso dolore. Nel seguire i suoi passi sentiva il suo sangue, lo odorava, lo percepiva nella gola, e lo seguì sino a lui ben consapevole che la sua rovina sarebbe stata molto più vicina di quanto potesse mai sperare. Le parole di Huysmans scorrevano da una bocca all'altra, eppure Naavke non vedeva che Vilhem. Si erano inseguiti ed ora presi in un momento perfetto; non ci sarebbe stata via d'uscita nè per l'uno nè per l'altro. Ma non sono un'opera d'arte, Naavke. Nulla di quello che posso darti è una sensazione sublimata... o un inaspettato tumulto. Non ti dai abbastanza merito. Pensò, puntando lo sguardo fermo in quello di Vilhelm. La scorgeva oltre le sue ciglia la fiamma che ardeva in lui pronta a bruciare Naavke se solo si fosse avvicinato troppo. E lui non solo si era avvicinato, ma sfiorava quel rosso vivo con le labbra, quello sguardo fiero con le iridi e l'ustione nel fiato. Allora, cosa puoi darmi? Gli domandò curioso Naavke, con un sorriso ad arricciargli l'angolo delle labbra, che nascondeva l'anticipazione che gli vibrava nelle ossa. Non era certo di cosa davvero desiderasse da Vilhelm, ma forse per la prima volta in vita sua Naavke non solo si sentì ingordo, ma insaziabile. Voleva tutto, ed era disposto ad uno scambio equo con Vilhelm. Era passato pochissimo tempo da quando l'aveva conosciuto ed osservato tra le aule d'università, ma quei pochi giorni si erano dilatati in settimane, anni, tempi eterni nella sua mente. C'era ancora molto che Naavke desiderava conoscere dell'uomo a pochi centimetri da lui, chiedendosi quali sarebbero state le armi a sua disposizione per distruggerlo.
    Non si spostò, eppure non cercò in alcun modo di ostacolare i movimenti di Vilhelm quando lui gli girò attorno, catturato nell'attenzione da un altro libro ordinatamente riposto tra gli scaffali in mogano antico. Che ci fai in un posto del genere? Si trattò di un impulso, una leggera traccia di riso che soffiò tra le labbra di Naavke alla domanda del suo interessantissimo interlocutore: entrambi sapevano perchè fossero lì, ma se Vilhelm avesse desiderato una risposta esplicita Naavke non avrebbe esitato nell'offrirgliela. Ironica quella pudicizia, per qualcuno che reggeva in mano ogni simbolo di perdizione umana immaginabile da un artista occidentale di fine ottocento. Corri via da un episodio noioso? Quel gioco, oltre che divertente, si stava rivelando anche sottile ed intelligente: ogni domanda retorica che scivolava dalle labbra perfette di Vilhelm accarezzava l'udito di Naavke con piacere. Esatto, prova ancora. Ora era voltato del tutto in direzione dell'altro, esaminando con interesse ogni suo movimento, ogni increspatura delle sopracciglia o respiro a gonfiargli il petto. Ora che poteva essergli molto più vicino di quanto non avesse mai fatto, Naavke notava in Vilhelm ogni dettaglio ed era perfetto, un impeto a malapena contenuto nei limiti della parola e di rigide regole sociali. Oppure stavi cercando qualcuno? La struttura del pentagramma però non argina con le sue linee la bellezza sublime della musica, e così Vilhelm sanguinava meravigliosamente fuori dai suoi confini, lasciando intendere a Naavke tutto ciò che desiderava comunicargli senza bisogno della parola. Non passò molto tempo prima che venisse raggiunto a pochi passi da Naavke, in piedi e di fronte al suo corpo rilassato. Non disse niente, ma aprì un palmo ricoperto come sempre da un paio di eleganti e semplici guanti in pelle nera e lo rivolse verso l'alto e verso Vilhelm. «Scappare e cercare qualcuno a volte, e nel mio caso, sono proprio la stessa cosa.» Precisò, invitando l'altro a raccogliere la sua mano, e solo quado Vilhelm ebbe accettato l'invito lo attirò di più a sè, portando nuovamente entrambi in piedi per condurre l'altro in una stanza più piccola ed adiacente, dove qualche minuto dopo il suo arrivo Naavke aveva trovato un oggetto ben più prezioso di qualsiasi banchetto e calice di vino che nelle altre stanze veniva versato in grandi quantità.
    «Denota davvero una grande presuzione o una spaventosa incuria avere un oggetto di questa fattura aperto alle mani di tutti, durante una festa universitaria poi, non pensi?» Si lamentò Naavke, indicando a Vilhelm l'oggetto a cui si riferiva - un vero, restaurato e quasi del tutto inalterato clavicembalo, sicuramente acquisito dai proprietari di casa non dopo poco sforzo. Esemplari simili si trovavano raramente in abitazioni private, ormai quasi esclusivamente utilizzati nei Conservatori. Tuttavia Naavke non vi si avvicinò con timore, sedendo alla panca dello strumento con disinvoltura, spostandosi abbastanza da lasciare spazio a Vilhelm di accomodarsi al suo fianco. «Hai mai ascoltato il concerto per due violini in Re minore di Bach? È un pezzo magnifico. In tutto il concerto, ma specialmente arrivato l'Allegro, ognuno dei due violini solisti suona il suo tema. Si rincorrono, per questo si chiama fuga. La melodia dell'uno e dell'altro è complementare, molto simile, ma differente abbastanza da creare la perfezione assoluta nell'armonia.» Di grande agilità con la musica pianistica, e quindi anche in gran parte con quella di Bach, Naavke lasciò andare la mano di Vilhelm con delicatezza solo per posarla sul pianoforte, e ripercorrere le note dei due violini sulla tastiera, lasciandone emergere non solo l'intricato tessuto musicale ma anche l'emozione che ogni suono accendeva, pizzicato nel posto ed al momento giusto. «Bach scriveva per avvicinarsi a Dio, per questo riteneva che ogni nota dovesse rappresentare il suo progetto di amore incondizionato ed eccezionale. Ma io non sono Bach, e le mie intenzioni non sono quelle di avvicinarmi a Dio. A cosa mi servirebbe ora che c'è un mistero molto più profondo e sublime di fianco a me?» Sospeso nel silenzio dopo le sue parole, Naavke smise di suonare solo allora; aveva tenuto la voce bassa, non ci sarebbe stato bisogno di alzarla così vicini. Si fermò ad osservare Vilhelm per l'ennesima volta quella sera: per la prima volta in vita sua sentì che Vilhelm aveva il potenziale di vederlo per chi era davvero. Non aveva idea di cosa ciò significasse e se questa eventualità sarebbe diventata realtà in futuro ma sapeva che, oltre all'innegabile curiosità che attraeva l'uno all'altro c'era di più, una tensione sottesa che attendeva solo di essere esplorata. Naavke più di ogni altra cosa, voleva sapere proprio che cosa sarebbe successo. Dunque si approntò a saltare nell'ignoto, lasciando scivolare le dita via dalla tastiera per raccogliere il mento di Vilhelm tra esse con gentilezza. Non gli interessava se la particolarità dell'uomo che aveva di fronte l'avrebbe ferito, o se le sue sole parole l'avrebbero fatto, ma era disposto a correre il rischio, spingendosi più vicino e sentirglielo finalmente addosso il sangue che aveva seguito sino a quel momento ed in cui si sarebbe finalmente bagnato. Ora toccava a Vilhelm. Del resto, nessun uomo civilizzato avrebbe rubato un bacio senza prima chiederlo.
     
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    Than the darkness I have known in you,
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    Sarebbe stato inutile e difficile ignorare la reazione incendiaria dell'istinto. Da quando aveva posato lo sguardo su di lui la prima volta, Vilhelm fremeva all'idea di poter avere un incontro del genere con Naavke: voleva parlargli, voleva conoscerlo, voleva perdersi in lui fino a quando sarebbe stato troppo tardi per tornare indietro. Ora che lo sguardo pesante di Naavke lo stava osservando con attenzione, e Vilhelm non si frenava dal fare lo stesso, sembrava che avesse potuto sentire quella fame affievolirsi leggermente, anche se credeva che non l'avrebbe abbandonato del tutto. Ora Vilhelm non era intenzionato a metterla da parte e zittirla, così assecondava non solo i propri desideri, ma iniziava anche a conoscere quelli che Naavke, malcelati fra i suoi singolari approcci e complimenti. Allora, cosa puoi darmi? Lo sguardo vispo di Vilhelm sfuggì sapientemente da quello di Naavke dopo aver colto il suo sorriso felino, alzandosi verso le travi in legno che sostenevano il soffitto. Se avesse avuto davanti un'altra persona non avrebbe tenuto a freno la lingua, ma credeva di non poter ancora mostrare le proprie debolezze a Naavke, sicuro del fatto che ci sarebbero stati altri momenti per sussurrargli ogni suo segreto. Rise leggermente, spensierato, e scambiò con Naavke un'ultima, rapidissima, occhiata, prima di iniziare a camminare alle sue spalle. "Tutto quello che sei disposto a prendere." Rispose e solo allora tornò nel campo visivo di Naavke, selezionando un titolo fra i molti presenti in libreria, ora intenzionato a rivolgere qualche domanda all'altro.
    Nonostante Naavke non si fosse curato di rispondere ad alta voce alle domande di Vilhelm, quest'ultimo sapeva che la meta della sua ricerca era proprio lui: quello che era nato come un pensiero ormai era stato trasformato in una certezza. Per quanto elusivo e misterioso, Naavke non era scostante, e sembrava essere capace di bilanciare i silenzi a risposte che semplicemente deliziavano la curiosità di Vilhelm. Interessato a continuare a sentire la sua morbida voce recitare versi, Vilhelm si spostò sulla poltrona, sperando di essere raggiunto dall'altro. Tuttavia, Naavke non sembrava essere dell'idea di rimanere in quella stanza ancora a lungo. Vilhelm lo scrutò dal basso, alzando gli occhi verdi in direzione di Naavke per continuare a studiarlo, finendo per sorridere quando le parole di Naavke gli solleticarono l'udito. "Scappare significa anche non volersi far trovare. Sto diventando un tuo complice, Naavke?" Scherzò in risposta e, in poco tempo, Vilhelm allungò una mano per raggiungere il palmo proteso dell'altro, mentre le letture venivano dimenticate alle spalle di entrambi. Non si stupì dell'essere stato sollevato così facilmente, né si ritrasse quando si accorse della vicinanza con Naavke, ma un dettaglio parve cogliere la sua attenzione ancor più del piacevole profumo dell'altro: la sua mano era coperta da un guanto. In un moto di curiosità che sperò non infastidire Naavke, le dita di Vilhelm investigarono quel tessuto che divideva le loro mani. Si chiese se fosse una scelta dettata dai gusti dell'altro, che si erano rivelati singolari fin dall'inizio, o se si trattasse di una necessità legata a verità ancora celate.
    Solo quando Naavke riprese a parlare, ora che erano giunti insieme in un nuovo ambiente, lo sguardo di Vilhelm si alzò dalle loro mani per guardare di fronte a sé. Nella stanza, più piccola dello studio in cui si erano incontrati, l'arredamento era più scarso ma per questo non meno ricercato e regnava sull'attenzione la presenza di uno strumento musicale, un clavicembalo. Non sarebbe stato necessario concentrarsi fino ad attivare la sua particolarità per capire che Naavke fosse già a conoscenza della presenza di quello strumento musicale in quella stanza e che, probabilmente, avesse portato Vilhelm fino a quel punto con l'intenzione di mostrargli le sue abilità. Vilhelm sorrise, impressionato non solo dalle parole di Naavke, che comunicavano una certa antipatia nei confronti dei proprietari dello strumento musicale, ma anche da quell'approccio tanto singolare. "Non penso ci siano molte altre persone interessate a questo clavicembalo..." Rifletté, divertito, mentre seguiva i passi di Naavke fino a sedersi accanto a lui in attesa di essere di nuovo colto dalla sorpresa. Di lì a poco, infatti, dopo un preambolo che riempì Vilhelm di anticipazione, Naavke iniziò a pizzicare i tasti alabastrini del clavicembalo da vero maestro, dimostrando senza difficoltà la conoscenza approfondita di quello strumento musicale. "Ovviamente, musica barocca." Aveva risposto negativamente con un cenno della testa alla domanda di Naavke ma conosceva il compositore la cui musica prese vita proprio in quella stanzetta, e Vilhelm credeva si addicesse al personaggio che Naavke gli stava presentando. Vilhelm stava sorridendo, ed era tornato ad osservare il profilo di Naavke, poi le sue dita, solo per chiudere gli occhi e immaginare quella corsa giocosa e vivace che li vedeva protagonisti: complementari, simili, e armonici.
    Sottratto al sogno, Vilhelm si ritrovò in una scena non meno piacevole di quella a cui la sua immaginazione l'aveva fatto approdare. Difficile combattere l'imbarazzo che ne colorò le guance e, seppure le parole di Naavke fossero state in grado di emozionarlo fino a privarlo, almeno per qualche secondo, della possibilità di rispondere, lo sguardo cristallino non evase da quello dell'altro. L'abisso che gli si aprì di fronte, stranamente, lo confortò. "A cosa mi servirebbe ora che c'è un mistero molto più profondo e sublime di fianco a me?" Non sarebbe stata necessaria nessuna ulteriore conferma: fin dal primo momento Naavke sembrava aver messo in chiaro come, nella sua testa, si fosse creato un parallelismo fra Vilhelm e un'opera d'arte. Si trattava di un complimento ardito, ma che non aveva fallito nel lusingare Vilhelm, seppur avesse inizialmente reputato l'intero incontro quantomeno singolare. Tuttavia, affamato e pronto a mordere molto più di quanto sarebbe stato in grado di digerire, Vilhelm non si sarebbe ritratto nemmeno di fronte all'elegante invito che seguì le parole di Naavke, mostrandosi pronto a rincorrerlo fino al banchetto condiviso. Tuttavia, raggiunto dalle dita coperte dell'altro, Vilhelm non poté che essere trattenuto per qualche secondo dall'accontentare quella pulsione per via dell'eclatante dissonanza: Naavke gli stava dimostrando cautela e, al tempo stesso, vulnerabilità. Vilhelm aveva imparato a non dare nulla per scontato, ma non lesse paura o incertezze nello sguardo di Naavke, che stava osservando attraverso le palpebre semichiuse. Sarebbe dovuto essere lui quello spaventato? Eppure non lo era. Esposto, avrebbe accettato di poter morire per quelle labbra, su quelle labbra.
    Se l'altro aveva dimostrato il coraggio di fare il primo passo, e tanti altri, verso di lui, Vilhelm ne avrebbe riconosciuto i sentimenti, accontentando Naavke e saziando al contempo sé stesso. Dimenticando ogni altro pensiero Vilhelm si fece a tal punto vicino da non poter più individuare qualsiasi distanza fra loro, posando sulle labbra dell'altro una risposta silente alla domanda che non era stata verbalizzata da Naavke. Rimase sulla bocca dell'altro per un tempo che gli sembrò brevissimo, facendo richiesta all'altro che il loro primo contatto potesse essere delicato, così da soppesare l'interesse di entrambi: non si sarebbe stupito se quel minimo sfioramento si fosse dimostrato in grado di spegnere la scintilla generata dalla frizione alimentata fino a quel momento dai loro gesti e le loro parole. "Cosa pensi?" Dal canto suo, Vilhelm era convinto di aver avuto la sua risposta. Aveva raggiunto il polso di Naavke con una mano, teso ad ascoltarne il battito cardiaco, mentre l'altra si era naturalmente posata su parte del suo profilo. Vilhelm credeva che ogni dettaglio nascondesse una potenzialità infinita e, dopo aver scartato il preziosissimo l'involucro esterno di Naavke, e aver morso appena la superficie traslucida e dura, dolce come uno zucchero, delle sue labbra, Vilhelm si scoprì curioso di arrivare fino al cuore liquoroso al suo interno. Di sicuro le caramelle erano deliziose, ma credeva che il liquore fosse più il modo rapido per perdersi e per incendiarsi. Solo se avesse riconosciuto la medesima scintilla negli occhi di Naavke, Vilhelm sarebbe tornato a baciarlo, facendo attenzione a far durare quel bacio fino a fargli dimenticare Bach, Dio, e l'incuria dei proprietari di casa.
    Prima che ogni desiderio trovasse la sua parziale sazietà, lo sguardo di Vilhelm si colorò di tinte più giocose e, nel farsi di nuovo vicino, si permise di condividere in un sussurro una supposizione che gli impegnava la mente. "Non credi sia stato un po' strano chiamarmi per nome senza che mi fossi presentato prima di questa sera, dottor Evjen?" Soppesò quel titolo con lo stesso piacere e intenzione che aveva sentito nella voce di Naavke qualche momento prima, quando aveva usato il suo nome e Vilhelm era stato attraversato da una miriade di altri stimoli per potersi soffermare anche su quel dettaglio. Eppure, se doveva essere sincero, essere apostrofato direttamente da Naavke non gli era dispiaciuto. "Non puoi aver chiesto in giro. Sarebbe stata una mossa da uomo dozzinale." Vilhelm non aveva smesso di sorridere, alquanto stupito dalla determinazione di Naavke. In che modo aveva saputo della sua presenza a quella festa, quella sera, in quella compagnia? "Va bene, puoi rendermi la tua ossessione... anche se mi chiedo se tu sia abbastanza interessante per diventare la mia." Scherzò sfiorando i capelli scuri di Naavke con le punte delle dita, spostandogli con delicatezza alcuni ciuffi dalla fronte.

    Edited by Kagura` - 28/6/2023, 19:22
     
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    Tutto quello che sei disposto a prendere. Ogni singola risposta di Vilhelm si rivelava un’autentica squisitezza. Naavke non ne era sorpreso - non conosceva quasi per nulla l'uomo che aveva di fronte, tuttavia la sua curiosità non si era accesa unicamente dal richiamo estetico non trascurabile e piacevolissimo dell'altro. Percepiva in Vilhelm, anche solo nel suo sguardo, una somiglianza con lui, lo riconosceva, si rispecchiava nella luce così ardente che ne illuminava le pupille nerissime. Che cosa nascondevano? Quali erano i desideri più profondi e le paure più segrete che gli scuotevano l'animo? Bene, Vilhelm. Naavke si ripromise di custodire quella risposta a lungo nella memoria e nel cuore, felice di aver avuto il permesso dall'altro per corrersi incontro a vicenda sino a creare un'esplosione a livello molecolare. Naturalmente, ti prego - fa lo stesso con me. Quella stessa preghiera era arrivata in ritardo, dopo dei lunghi secondi di riflessione; Naavke sapeva che, se fosse stato di fronte ad un individuo del tutto identico a lui, non avrebbe avuto scampo – avrebbe però dovuto presumerlo, giacchè non intendeva lasciarne neanche a Vilhelm. Dunque, per quanto sentita, la sua dolce confessione non fu del tutto sincera. Avrebbe voluto davvero conoscere il meraviglioso ragazzo di fronte a lui prima di concedergli di avere il coltello dalla parte del manico. "Scappare significa anche non volersi far trovare. Sto diventando un tuo complice, Naavke?" Ora lo attirava a sè, riportando Vilhelm vicino tanto da percepirne il calore, pronto a rivelargli altri frammenti di sè nella speranza che lui li avrebbe non solo apprezzati, ma anche a suo modo assorbiti. Solo se ci prendono. Cavalcò l'onda di quel gioco esattamente come fosse il riflesso di Vilhelm, oltre la superficie dell'acqua, non offrendogli alcuna possibilità nel rispondere alla sua domanda: ciò che Vilhelm stava diventando dipendeva solo da lui e da ciò che Naavke aveva in serbo per lui. Nel frattempo, la risposta positiva giaceva implicita. E tra un sussurro e l'altro, Naavke sentiva la mano del più giovane indagare la sua, chiedersi silenziosamente perchè la barriera del tessuto ostacolasse una vera carezza. Per il momento, Naavke lasciò che Vilhelm giungesse alle sue domande o conclusioni, sperando di rientrare comunque nei suoi favori con qualsiasi risposta avesse scelto di darsi.
    L'attesa sarebbe stata ripagata, e così anche quella di Naavke. Era stato attento, aveva riservato cura a Vilhelm poichè desiderava che lui vedesse le parti migliori di sè, che capisse quanto intrigante fosse. E come in ogni buon corteggiamento, avrebbe dovuto anche esporsi, mostrare le proprie vulnerabilità, rivelarsi nelle emozioni e negli intenti davanti alla persona desiderata. Vilhelm parve essere immediatamente in armonia con lui, allineato alle stesse vibrazioni, racchiuso nella stessa battuta. Non era chiaro chi sarebbe dovuta essere la persona spaventata: entrambi sembravano aver deciso, dal solo sguardo, di poter andare oltre ai propri timori. Così fecero entrambi, superando la barriera della distanza per raggiungere l'uno le labbra dell'altro. Era stato Vilhelm ad accettare l'invito, lui a fare un passo avanti, e Naakve sentì immediatamente il cuore rallentare nella sua corsa, così come, durante le risse di cui era spesso protagonista, si rendeva conto di star esercitando violenza: era sollevato. Raccolse quel bacio esattamente allo stesso modo di Vilhelm, come un frutto maturo pronto per essere colto dal suo ramo senza alcun trauma - un leggero giro del polso, un lieve affondo dei denti, e la succosa polpa gli si sarebbe sciolta sulla lingua. Non fu necessario per Vilhelm articolare alcuna richiesta, Naavke lo accontentò alla sola pressione delle sue labbra: leggera, presente ma ancora quasi fuggevole. Per quanto tentato, Naavke volle resistere alla curiosità di chiudere gli occhi ed abbandonarsi del tutto, lasciandoli per pochissimi millimetri aperti - non voleva smettere di guardare Vilhelm, il suo viso perfetto, l'incresparsi delle sue sopracciglia, le sue reazioni. La mente gli si era svuotata per essere riempita da quel bacio, dal lieve tocco dell'altro sul punto caldo del polso, appena sotto il limite del guanto, là dove le vene pulsavano e la pelle era più sottile, e dai suoi polpastrelli sul viso. Solo quando Vilhelm si fece ancora più vicino Naavke ne ricambiò le attenzioni, sollevando una mano per avvolgerla attorno alla nuca del più giovane, senza stringere, solo raccogliendo con cautela alcune delle ciocche ricce che sfioravano la pelle. Ogni momento di quel contatto si era rivelato perfetto, mostrandosi come l'epifania che Naavke aveva sperato di ricevere, una benedizione. Non volle tuttavia forzarla su Vilhelm, ed una volta esaurito il filo che li teneva vicini e che ebbe portato le loro bocche a toccarsi, Naavke si ritrasse di pochissimi millimetri, accontentandosi di quel prelibato assaggio e ringraziando Vilhelm con un sorriso intenerito.
    “Non credi sia stato un po' strano chiamarmi per nome senza che mi fossi presentato prima di questa sera, dottor Evjen?" La luce nello sguardo di Naavke era vispa, gioiosa; era felice che Vilhelm si sentisse a suo agio tanto da lasciarsi baciare, da permettere il gioco, il tocco. Tutte manifestazioni tanto deliziose quanto vulnerabili. Solo allora Naavke cedette, e nell'osservare il viso di Vilhelm si leccò discretamente le labbra. Quindi era quello il retrogusto della primavera, dell'erba fresca e dei fiori tanto amati da Botticelli e dai grandi artisti del passato. Non sono ancora dottore, signor Pettersen. Precisò lui con voce morbida, accusando il colpo come un divertente touché. Avrebbe volentieri permesso ai fendenti di Vilhelm di colpirlo, giocosamente o meno. Quella consapevolezza lo sorprese: Naavke non avrebbe potuto ignorare i germogli di una infatuazione tanto inebriante ancora a lungo. "Non puoi aver chiesto in giro. Sarebbe stata una mossa da uomo dozzinale." Ancora fermo a sorridere, anche fosse solo con gli occhi, Naavke ascoltò le parole vivaci di Vilhelm come fosse il suono pizzicato e fiorito del clavicembalo di fronte a sè, annuendo infine al suo commento. Sono sembrato scortese, non è vero? Peccato imperdonabile. In mia difesa posso dire che non ho chiesto in giro, ho fatto tutto da solo. Quindi ti chiederei, se ti è possibile, di fare uno sforzo per scusarmi; sto imparando. Giovane ed acerbo, Naavke non era ancora entrato nella fase più matura del suo divenire - un fusone o poco più, cervo con palchi con poche ramificazioni, poco più lunghi di pugnali. Avrebbe scoperto solo dopo tanti anni che quell'esatto istante, condiviso con Vilhelm, li avrebbe accresciuti. "Va bene, puoi rendermi la tua ossessione... anche se mi chiedo se tu sia abbastanza interessante per diventare la mia." Spostandosi sino a raccogliere la mano di Vilhelm che gli stava sfiorando la fronte, Naavke scoccò uno sguardo di velata sfida al suo affascinante interlocutore. Lo vedremo. Mormorò in seguito, più che entusiasta, sollevandosi così dalla seduta del clavicembalo per superare Vilhelm ed accomodarsi su una di quelle pregiatissime ma striminzite poltrone disseminate in tutta la sfarzosa casa. Ho letto che sei registrato all'indirizzo di antropologia culturale. Cosa ti affascina di più della tua materia? Domandò curioso Naavke, ancora affamato di attenzioni e vicinanza con Vilhelm, tant'è che ebbe l'ardire di offrirsi a lui una seconda volta, posandosi il palmo guantato su una coscia per attirare la sua attenzione. Immagino ci sia tanto da scoprire su Besaid anche dal punto di vista antropologico. Siamo le uniche persone al mondo ad avere delle particolarità. Commentò, immaginando come sarebbe stato essere il relatore di Vilhelm: sicuramente una gioia per l'intelletto con la sua straordinaria compagnia. Ho sentito prima la tua carezza. Vuoi sapere cosa succede se mi tolgo i guanti? Vilhelm tornò vicino, eppure il suggerimento che Naavke gli aveva sussurrato questa volta non sembrò un appetitoso invito, ma un soffice avvertimento pronunciato proprio mentre Naavke riprendeva con delicatezza la mano di Vilhelm per pressarvi un bacio e sfiorarne la pelle con il naso, quasi impercettibilmente, per registrare ogni traccia dell’altro. Vino. Altre persone. Vilhelm. E’ spiacevole, per questo non li tolgo mai. Purtroppo non posso mostrartelo. Anche tu sei un mistero per me, Vilhelm. Tu sei felice della tua particolarità che Besaid ti ha dato?
     
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5 replies since 3/3/2023, 12:30   169 views
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