Tear

Yoongi x Jimin

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    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: immagini disturbanti (gore), violente e contenuti sensibili (ferite, percosse, pestaggi e simili).
    Ricordiamo che si tratta di un'opera immaginaria, frutto della fantasia di chi scrive e che non mira a danneggiare nessuno nello specifico.
    Le azioni descritte non sono ad ogni modo condonate e sono diretta responsabilità creativa di chi ha realizzato tali contenuti.


    Oh certo.. Sì, sono qui al mare hyung, e penso di dover andare tra poco, ti dispiace se ci vediamo dopo? Pressato contro qualche ciocca scura stropicciata, il cellulare accoglieva la voce di Yoongi come fosse una conchiglia che custodiva la voce dell'oceano, richiamando Jimin proprio come avrebbe fatto il mare. Oppure perchè non mi raggiungi? Se sei qui lo saprò! Aggiunse infine in un morbido trillo, seduto sui ciottoli bianchi della spiaggia ad inspirare l'aria marina, sereno e col cuore ricolmo di gioia. Era da tanto che Jimin non si sentiva così completamente felice, e forse non lo era stato mai prima d'allora: aveva ritrovato Yoongi, si erano riuniti ed avevano riconosciuto dopo tante peripezie i sentimenti che li univano. Tutto ciò aveva permesso ad ogni ferita di riempirsi di linfa nuova e richiudersi, ed a Jimin di iniziare una nuova fase della vita colorata di tinte più vivide e vibranti, come se avesse preso ad osservare il mondo con occhi nuovi. Così poteva dirsi anche per le sue trasformazioni; vi si abbandonava più facilmente, avvertiva un senso di sicurezza ora non più latente ma del tutto sbocciato e radicato in lui. Essere in pace con se stesso aveva portato Jimin a sentirsi sereno in ogni sua forma, in ogni passo sulla terra così come ad ogni colpo di coda del mare. Mhmh. Fai con calma, non preoccuparti. Hyung? Un attimo di silenzio, ed in quel breve spazio di quiete, Jimin riuscì quasi ad udire le vibrazioni che lo collocavano nel mondo in quel preciso istante: lo scroscio della risacca lo riportava indietro, in se stesso, e poi al di fuori, nella vastità esterna che però non lo turbava; era lì che avrebbe trovato Yoongi ed avrebbe potuto abbracciarlo, ancorandosi a lui e lasciando che facesse altrettanto. Non v'era timore in nessuna di quelle due zone tanto differenti ma così complementari, perchè finalmente Jimin aveva trovato se stesso ed il suo posto nel mondo. Non gli restava che scoprire ciò che il futuro gli avrebbe regalato, un'onda alla volta. Ti amo. Arrivate direttamente a Yoongi, quelle poche e sentite parole si unirono all'aria di mare, e ad essa Jimin fu teso a riunirsi, recandosi nell'insenatura nascosta dove passava la maggior parte delle sue trasformazioni, scavata tra roccia ed acqua per abbandonare totalmente i vestiti, pronto a riunirsi al blu profondo a pochi passi da lui.

    ◊◊◊

    Posso andare in spiaggia, per favore, Alexandra? Quando la vocetta esitante di Jimin raggiunse le spalle della sua mamma adottiva, lui sembrava già pronto, zainetto in spalla e braccine penzolanti, tutto contento ed un po' impaziente di uscire di casa. Quella giornata d’Aprile sembrava perfetta, ed il sole pareva quasi voler spaccare le vetrate per raggiungere ogni più piccolo angolo di quella casa dalle enormi dimensioni, imponendo ad ognuno dei suoi abitanti il ricordo della stagione più calda sul punto di arrivare. Jimin, mi dispiace, ma ora non posso venire con te. Ho molto da fare, facciamo un'altra volta. Ferma ma gentile, la voce di Alexandra non mancava di accortezza nel rivolgersi al nuovo piccolo della famiglia, tuttavia non fu difficile capire che, per quella giornata, non ci sarebbe stato nulla da fare. Jimin ne era dispiaciuto, forse più del solito, e per questo si guardò attorno irrequieto, nel tentativo di trovare un'idea, una qualsiasi, che gli avrebbe permesso di uscire. Ma- Devo, devo- Nulla gli arrivò alla mente se non parole in una lingua che ormai nessuno avrebbe compreso attorno a lui, e sentendosi più solo che mai, si lasciò cadere su uno degli ampi gradini in legno che costeggiavano l'ingresso, trovando conforto nell'abbraccio inanimato di quei pannelli scuri e spessi. Non andare al mare non era un'opzione, Jimin semplicemente non poteva evitare. Per questo, i suoi occhi si riempirono di pesanti lacrime, velandosi di una patina calda di cocente urgenza. Però caro, se ci tieni molto potrebbe venire Elsa con te, che ne dici? In tutto quel caos di emozioni tanto intense da impedire a Jimin di muovere un passo che non fosse verso la porta, le parole di Alexandra gli sembrarono un toccasana, preziose come dell'acqua per un assetato nel deserto. Ben presto, Jimin si asciugò le lacrime che gli sporcavano le guance e saltò in piedi. Sì! Sì, al mare! Trillò felice, avvertendo in quel momento più che mai la trepidazione per doversi recare in spiaggia, che mai prima d'ora l'aveva colpito tanto violentemente. Ringraziò profusamente la signora Nygard, e di lì a poco la coppia di ragazzini si mise in marcia, lasciando scalpicciare i piedini sino al cancello in legno che Jimin scavalcò quasi con un balzo prima di catapultarsi sul bagnasciuga. Parte dell'agitazione si era dissipata, eppure Elsa, così come la signora Nygard, non aveva mancato di notare nel fratellino un bisogno che non si era mai manifestato sino ad allora. Certo, dall'arrivo di Jimin si erano verificati momenti malinconici e più dolorosi, eppure mai concitati ed irrequieti come quello.
    Qualcosa stava per cambiare, ed il primo a capirlo fu proprio il diretto interessato, teso verso la riva del mare tanto quanto lo era il suo animo, pronto a vibrare in riverberi diversi da quelli che sino ad allora aveva conosciuto. Elsa? Una folta chioma ondosa e bronzea si volse verso Jimin, interrogandolo su quel richiamo. Dimmi Jimi, che c'è? Domandò lei con voce gentile, sedendo di fianco al fratellino per cercare di sondarne le intenzioni; la mamma era stata chiara, l’inquietudine del più piccolo dopo quei giorni passati a Besaid poteva corrispondere non solo alla mancanza di casa e della vita in Corea, ma anche l'imminente manifestazione dei suoi poteri, che come era stato indicato nei diari del nonno Park, avrebbero immancabilmente riguardato l'ambiente marino. Alexandra si era raccomandata di una cosa sola con Elsa: che avesse riferito ogni dettaglio nel caso in cui Jimin avesse mostrato per la prima volta la sua particolarità. Posso.. in acqua? Domandò lui, con un candore che persino Elsa, ragazzina, non aveva mai visto prima. Ohh no Jimi fa freddo, potresti prenderti un bel malanno nell'acqua gelata! Sulle prime Elsa sentì di rifiutare, ricoprendo alla perfezione il ruolo della sorella maggiore che da poco aveva iniziato ad esplorare e che, nonostante la novità, le piaceva. Non pensava che si sarebbe affezionata così tanto ed in così poco tempo ad un bambino che non aveva mai visto in vita propria, eppure sentiva di poterlo proteggere e supportare, così come vedeva in lui qualcuno che avrebbe ricambiato tali sentimenti. Per favore, Elsa? Un po' affaticato nella pronuncia del norvegese e quasi estenuato dal doversi spiegare per qualcosa per cui neanche lui aveva trovato risposta e definizione, Jimin si avvicinò alla sorella stringendole appena le mani, colpito ancora una volta dal suono delle onde che si infrangevano contro il bagnasciuga come se stessero percuotendo in carezze incessanti il suo stesso cuore. Devo, devo andare. Continuò, senza lasciare alla sorella il tempo di replicare, correndo così verso la riva e nel frattempo privandosi dell'involucro dei vestiti, prima il maglioncino, e poi i pantaloni, finendo così per entrare nell'acqua gelata senza ripensamenti. Jimin! Jimin fermati, ti farai male! Così Elsa gli corse dietro, spaventata di non riuscire a fermare il fratellino nella sua stramba corsa verso il mare, e non vedendolo più oltre la riva dopo qualche minuto, fu tentata a chiamare immediatamente i soccorsi, prima che- ELSA! Elsa! Aiuto! Catapultatosi rapidamente sulla sabbia fine ed ancora carezzato dall'acqua nella parte inferiore del corpo, Jimin ricercava disperato e con gli occhi in poco tempo gonfi di lacrime lo sguardo della sorella, ora che avvertiva il collo fargli male e vedeva le gambe scomparse a favore di una appendice marina che sembrava la piccola coda di un pesce nero.
    Aggrappato ai pochi ciottoli che spuntavano qui e lì così vicini al mare, Jimin lasciva rimbalzare le iridi ora opache e bianche tra la sua coda appena spuntata e il corpo di Elsa, del tutto umano, vicino a lui. Nessuno dei due riuscì a dire niente per molto tempo, finchè poi non fu la più grande ad inginocchiarsi al fianco del fratellino, custodendo una delle sue piccole mani palmate e tremanti tra le proprie. Va tutto bene Jimi, è okay. Ti ricordi quello che hanno detto mamma e papà sulle particolarità di Besaid? Indagò lei speranzosa, mentre quei grossi lacrimoni appollaiati sulle rime inferiori di Jimin iniziarono a scivolargli giù per il viso. Le rivolse un flebile mugolio d'assenso, e allora noncurante dell'acqua, Elsa si avvicinò a lui, indicando la coda nera che, per quanto più lunga del normale, ben adornava minutamente il corpo di un ragazzino. È la particolarità? Non-non la voglio, mi fa paura- Il cinguettio triste e concitato di Jimin ne accompagnò i movimenti, ora che con un colpo di pinna più energico quasi cercava di lasciarsi scivolare via la coda dalle gambe invano. Lo so, è- è strano lo capisco. Però sai cosa? È bellissimo! Hai visto come brilla? È una bellissima coda, Jimi. E non deve farti paura. In quei momenti, proprio mentre singulti silenziosi scuotevano la sua schiena, Jimin si ritrovò a pensare a Yoongi, alla sua vita in Corea ed a quanto gli mancasse. È-è normale, per te? Se non fosse mai arrivato in Norvegia, avrebbe potuto continuare a vivere come un bambino come tutti gli altri, senza doversi preoccupare di imparare una lingua nuova e complicata, di abitare con una famiglia che non conosceva, e... di vedere una lunga coda da sirena spuntare direttamente dai suoi fianchi. Un pesante sospiro si fece largo nelle membra tremanti del piccolo Jimin, che sollevando timidamente una mano verso il proprio collo sfiorò esitante le branchie che vi si erano aperte, insenature sensibili e vive, proprio come lui. Sei sempre tu, Jimi. Quella frase Jimin l'avrebbe ricordata ancora per tanto tempo. Sono come una haenyo.. Constatò con un filo di voce, notando con agitazione ma ora sempre più abituato, il suo corpo ora cambiato per adattarsi perfettamente all'acqua. È una cosa buona? Domandò allora Elsa, avvicinandosi un po' di più al fratellino per lasciargli un paio di carezze tra i capelli bagnati. Penso- penso di si. Quel sussurro fu sufficiente a tranquillizzare anche Elsa almeno un po', e indicando il mare, invitò anche Jimin ad osservarlo. Perchè non provi l'acqua? Deve essere bello nuotare con questa coda, no? Puoi rimanere vicino alla riva, io resto seduta qui finchè non ti tornano le gambe, così se hai bisogno di me, io ci sono. Con un cenno convinto e determinato, Elsa si piantò proprio dove aveva detto, allontanandosi dalle onde del bagnasciuga per sedersi fermamente sulla sabbia e raggomitolare le braccia attorno alle ginocchia, in modo da poter vegliare su Jimin durante la sua prima trasformazione. Incerto e tentennante, il più piccolo fu il primo a volgere lo sguardo verso l'orizzonte, intimidito dal dono che Besaid gli aveva affidato ma ugualmente attratto verso il mare, l'unico richiamo che continuava a reclamarlo con più urgenza. Ok. Provo. Soffiò con determinazione, portandosi un piccolo palmo ad asciugarsi le lacrime. Elsa aveva detto che sarebbe andato tutto bene, che la coda era bella e non mostruosa o pericolosa. Così Jimin cercò di convincersi, solidificando almeno un po' la sua vacillante volontà, e fece leva sulle mani, pian piano arretrando verso l'acqua. Elsa? La chiamò un'ultima volta, ricevendo uno sguardo colmo di premura in risposta. Non dire niente ad Alexandra di oggi. Ti prego. Jimin non sapeva perchè avesse fatto quella richiesta così specifica a sua sorella, eppure la sentiva sin nelle ossa, sapeva che restare in silenzio sarebbe stata la cosa giusta da fare, almeno per ora. Oh.. Uhm... Certo, va bene Jimi. Ad Elsa non rimase che rispettare le intenzioni di suo fratello, anche se ciò avesse significato mentire a sua madre. Del resto, era della sua vita che si trattava. Glielo dirai però? Tentò solo una volta lei, ricevendo un cenno d'assenso da parte dell'altro prima che scomparisse lentamente sotto la superficie del mare. Quella sera, Elsa si ritrovò a sorridere nella sua stanza, stampando una pagina web che parlava delle sirene dell'isola di Jeju, le haenyo che raccoglievano i frutti del mare e famose per la loro determinazione ed il loro coraggio. Avrebbe sicuramente chiesto a Jimin se ne avesse mai conosciuta una.

    ◊◊◊

    Una continuazione del se stesso del passato, un incessante ripetersi di movimenti e rompersi delle onde sulla spiaggia: Jimin si era ormai calato del tutto nell'acqua, poco lontano dalla riva ed ancora visibile, mentre attendeva che i suoi arti inferiori scomparissero per accogliere una coda non più aliena e spaventosa, ma magica e bellissima, che aveva sempre fatto di lui semplicemente Jimin, non meno speciale e fiero della sua versione umana. La luce tenue nella grotta gli offriva abbastanza visuale da controllare se si fosse avvicinato qualche curioso, eppure adesso, a Jimin non importava. Yoongi sapeva dove trovarlo, e per questo Jimin non si sarebbe allontanato troppo, impaziente di rivederlo. Solo un altro po' di tempo.. e la trasformazione sarebbe avvenuta, e Yoongi sarebbe arrivato. Attese un'altra decina di minuti, statici, silenziosi e scanditi solo dal mormorio liquido dell'acqua, e poi cedette completamente, sommergendosi del tutto nel blu sino ad avvertire le branchie iniziare a sbocciare sotto la sua pelle, a cui sapeva sarebbe seguita poco dopo la comparsa della coda. Sei arrivato così presto? Si chiese Jimin, adocchiando con le iridi ancora non completamente opache un'ombra da sotto la superficie increspata dell'acqua. Era certo che il compagno sarebbe andato a cercarlo una volta finiti i suoi impegni, ma non credeva di ritrovarlo tanto presto. Aspettami, aspettami arrivo. Non sarebbe mancato tanto tempo prima della conclusione della metamorfosi, e solo allora Jimin sarebbe potuto riemergere dall'abbraccio del mare, e sicuro del fatto che Yoongi lo sapesse, si confortò nella consapevolezza del fatto che l'avrebbe raggiunto non appena possibile. Non avrebbe potuto immaginare che una presa salda ed aggressiva l'avrebbe letteralmente ripescato dall'acqua, tirandolo per i capelli per costringerlo a salire in superficie. Eccolo, è lui, il ragazzino dei Nygard. Sibilò un uomo che Jimin era sicuro che non avrebbe mai più visto in vita propria: Sindre, la persona che l'aveva portato via dalla Corea, ora cercava di strapparlo anche alla sua seconda casa, ispezionando i lineamenti di Jimin per essere sicuro che si trattasse del ragazzo che stava cercando. È lui, non le vedi le branchie da una parte? I volti delle due persone che lo fronteggiavano avevano assunto forme mostruose, uno dei due familiare ma non per questo meno crudele. Jimin non riuscì nè a parlare, nè a dimenarsi, separato così bruscamente dal mare da aver compromesso il suo respiro acquatico, ora che boccheggiava per riprendere aria proprio come un pesce sul punto di morire. Presto, tiralo su. Yoongi. Si ritrovò a pensare il più piccolo, mentre mani non sue lo sradicavano dall'acqua, ancorandosi attorno al suo torace e sotto le braccia per tirarlo su a forza, gettato nel terrore più totale non solo per ciò che gli sarebbe successo, ma anche per il rischio di non poter avvertire il compagno, fargli sapere di essere in pericolo ed allontanarlo in modo che potesse mettersi in salvo. No- No, lasciatemi- Ansante e spaventato, Jimin tentò con l'unica risorsa e le ultime forze rimastegli di lottare per la sua libertà, agitando le gambe ora fuori dall'acqua ed ancora umane, per dare un colpo ad uno dei due uomini. Andò a segno, e con quel calcio Sindre stesso cadde di schiena sulla roccia della grotta. Non lasciarlo fuggire! Ruggendo verso l'altro uomo, Sindre si raccomandò di non lasciare Jimin libero, per quanto si agitasse. Avvenne tutto in pochi secondi: la presa di Marius si rafforzò, Sindre allungò una mano verso uno dei tanti massi depositati nella grotta, ed afferratone uno, colpì Jimin sulla nuca, tramortendolo sufficientemente a fargli perdere i sensi. Con il corpo svenuto di Jimin ancora tra le braccia, Marius cercò una conferma sul da farsi nello sguardo di Sindre, che gettando la pietra lontana da sè, volse le iridi verso l'entrata della cava. Tu vai, portalo via, io aspetto l'altro. Se tutto va come deve, Nero ci ricompenserà. Sibilò, appostandosi dietro ad uno degli scogli per attendere l'arrivo di Yoongi.
     
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    Aspettare in stazione l'arrivo del treno che l'avrebbe ricondotto a Besaid non era più un problema per lui: da tempo aveva imparato ad essere più paziente, con se stesso e tutti gli elementi che lo circondavano, amava trascorrere lunghi momenti senza fare nulla. Certo, in quei minuti il suo udito era dolcemente accarezzato dalla voce tanto amata di Jimin ma, anche in sua assenza, Yoongi non si sarebbe fatto divorare da nessun tipo di pensiero occludente e stancante. Al mare? Mmh, oh, sì, certo. Sto aspettando il treno ora, ma non ci vorrà molto prima di arrivare. Stavano per salutarsi, dopo aver passato del tempo insieme, anche se distanti - si sarebbero rivisti fra poco, ma Jimin riusciva a mancargli comunque, nonostante credeva di essersi abituato alla sua assenza, un tempo. Jimin? Rispecchiò le ultime parole dell'altro, attendendo che Jimin continuasse a parlare, dato che l'aveva interpellato senza però aggiungere nient altro. Yoongi girò lo sguardo verso i fanali del treno in arrivo, sciogliendosi in un imbarazzato sorriso quando riuscì a sentire la dichiarazione di Jimin: nel mezzo di tutta quella gente nessuno si sarebbe accorto del rossore sulle sue guance, ora seppellite al di sotto della calda sciarpa che indossava. Aah... ti amo anche io. A fra poco. Gli rispose, intenerito da quelle parole che ogni volta risultavano inaspettate, capaci di riempirlo di voglia ti tornare fra le braccia dell'altro, così da potersi immergere nella sua presenza fino a venirne inglobato completamente. Fissò per qualche secondo lo schermo del proprio cellulare alla fine della chiamata e poi, in breve tempo, si trovò all'interno del treno. Avrebbe attraversato luoghi e spazi distanti da ciò a cui era abituato, dalle forme che l'avevano circondato nell'infanzia e durante la crescita: alberi, paesaggi naturali da mozzare il fiato e raggruppamenti urbani più o meno sparsi si disseminavano lungo tutto il tragitto che l'avrebbe riportato a Besaid. Mentre aggiornava il proprio diario, un'abitudine che non mancava mai di rinnovare almeno una volta al giorno, Yoongi non poté che domandarsi se fosse davvero cambiato qualcosa. In fondo, ogni viaggio non aveva fatto altro che riavvicinarlo a Jimin e, in quel senso, tutto ciò che lo circondava di volta in volta cambiava, prendendo le stesse forme, quelle di direzioni che l'avrebbero ricondotto a lui.
    Come sempre, il vento che soffiava vicino la spiaggia lo accolse con un saluto freddo e sferzante. Yoongi non parve troppo sorpreso, e nemmeno disturbato da quell'interperia caratteristica della zona: di lì a poco avrebbe potuto rivedere Jimin e ogni altro elemento sarebbe stato ben presto dimenticato, messo da parte in favore della voce, dello sguardo e dei dolci baci del compagno. Aveva deciso di raggiungerlo subito dopo essere arrivato a Besaid, non perdendo un solo minuto, contento di poter trascorrere il tempo libero in compagnia di Jimin. In breve tempo, lottando contro il terreno ciottoloso della spiaggia, arrivò alla piccola grotta che li aveva visti riappacificare e, in seguito, li aveva abbracciati più volte, nascondendoli al mondo fra gli spazi umidi e stranamente accoglienti. Ehi... Jimin-ah? Sei in acqua? Facendo capolino al di là dell'ingresso, lo sguardo scuro di Yoongi fece fatica come sempre ad abituarsi al cambio di luce fra i due ambienti e, preso completamente alla sprovvista, venne raggiunto da un colpo in testa. Non riuscì nemmeno a registrare che cosa l'avesse colpito - o chi -, ma prima che potesse comprendere cosa stava succedendo, un secondo colpo lo piegò in due, costringendolo a provare la sensazione di essere perforato da una parte all'altra del torso. "Questo è stato più facile." Un commento stranamente soddisfatto lo raggiunse nel bel mezzo della confusione: perché sentiva la testa girare a quel modo? Da quando tutto aveva iniziato a farsi più scuro? Aveva cercato di opporre resistenza ma un panno gli aveva occluso naso e bocca per diversi minuti, rendendolo stanco, sonnolento, confuso: riconosceva l'odore della sostanza, aveva provato a sottrarsi a quella morsa molto più forte di lui, ma Yoongi uscì da quella grotta sconfitto.
    "Non muoverti." Una voce che non riconosceva fu la prima ad accoglierlo in quel nuovo ambiente che gli venne presentato con violenza, mentre una mano gli strappava via dalla testa il cappuccio che fino a quel momento gli aveva impedito di orientarsi. Yoongi strinse gli occhi, non rispettando l'ordine ma accorgendosi ben presto di non riuscire a muoversi: era in ginocchio, con mani e piedi legati da quelle che, al tatto, sembravano delle fastidiose morse in plastica. Dove mi trovo... ? I suoi ragionamenti sembravano rallentati, confusi, e in un primo momento non si accorse del rivolo di sangue che gli stava attraversando una metà del viso, partendo da una zona non definita della testa. Jimin. Prima che quel pensiero potesse materializzarsi, Yoongi voltò il capo - e quella piccola azione gli venne permessa. A pochi metri da lui c'era Jimin, in uno stato non dissimile dal suo, contratto e costretto a sopportare altri tipi di catene: l'avevano sottratto all'acqua? Cercò di avvicinarsi a lui, muovendo le ginocchia, ma venendo intercettato dalla suola di uno degli aguzzini. Un colpo secco alla spalla lo gettò a terra, dove venne costretto con il petto a terra, obbligato a guardare Jimin senza poterlo raggiungere, né con le proprie cure né con la voce. Solo in quel momento, infatti, parve accorgersi che ogni suo grido era stato ovattato dietro uno spesso strappo di nastro adesivo. "Allora, facciamo in fretta..." Un'altra voce maschile lo raggiunse, ma Yoongi non voleva ascoltare. Continuava a dimenarsi, disperato, chiamando Jimin nonostante la pressione del tacco sulla schiena si faceva sempre più intensa. "La pistola. E giralo, Marius." Con un secondo calcio il corpo di Yoongi venne mosso di nuovo, questa volta costretto a fronteggiare due visi ostili e sconosciuti: chi erano e che volevano da loro? Mentre uno si armava, puntando direttamente contro Yoongi, l'altro si era chinato, convinto che Yoongi non sarebbe stato in grado di ribellarsi in nessun modo, tronfio ma allo stesso tempo serio. "Qualcuno ci ha detto che Jimin, laggiù, è davvero bravo coi desideri. Eh, Yoongi, è vero?" L'uomo di fronte a sé non attese la risposta di Yoongi, ma lo raccolse da terra, riportandolo alla posizione originale, in modo che potesse essere visibile anche da Jimin: tutti e due potevano guardarsi, senza avere la possibilità di corrersi incontro. Le domande continuavano ad accavallarsi nella testa di Yoongi ma ogni pensiero non faceva altro che gettarsi verso Jimin. Gli avrebbe regalato anche l'ultimo dei suoi respiri se ciò significava non vederlo più soffrire in quel modo.
    "Vediamo se quel che si dice è vero." Continuò l'uomo, avvicinando le dita allo scotch che teneva serrate le labbra di Yoongi senza però muoversi ulteriormente. Yoongi avrebbe voluto dimostrarsi forte, non cedere alla pericolosità della situazione, ma iniziava già a sentire gli occhi pungere per via della paura: che sarebbe successo ad entrambi? "Quella pistola è carica, Yoongi. E dal tuo desiderio, che Jimin esaudirà, dipenderà anche la tua vita. Capito?" Yoongi fissò l'uomo negli occhi e annuì una sola volta, non volendo testare la pazienza dei due aguzzini. Non aveva idea di ciò che avrebbe comportato l'assecondare le loro richieste ma aveva intuito perfettamente che cosa sarebbe successo se avesse dimostrato qualche forma di resistenza. Un complimento a labbra strette abbandonò la bocca dell'uomo che, in un gesto repentino, liberò quella di Yoongi. Questo, in silenzio, continuò ad osservarlo. Immaginava che gridare il nome di Jimin, verso cui gettò uno sguardo pieno di preoccupazione, avrebbe comportato ulteriori punizioni. "Quindi... che cosa desideri, Yoongi?" La voce dell'uomo non lo richiamò all'attenzione, ma la sua richiesta gli arrivò chiara, piantandosi nel suo cervello. Allo stesso tempo avvertì il mirino freddo della pistola nel mezzo della fronte. Jimin-ah... mi senti? Parlò, la voce inquietata e macchiata di dolore: lo stava chiamando in coreano, ma ciò sembrò non disturbare i due aguzzini, che comunque stavano osservando la scena con attenzione glaciale. Lo dovete portare di nuovo in acqua... Questa volta si rivolse ai due uomini, guardandoli e lasciando passare lo sguardo da un viso all'altro: li aveva già visti prima d'allora? Erano conoscenti di Jimin? L'espressione di Yoongi si corrucciò ancora di più, impegnato a trattenere le lacrime con tenacia. "È questo il tuo desiderio?" Yoongi negò con la testa e prima che potesse spiegarsi ulteriormente, una fragorosa secchiata d'acqua investì dall'alto il corpo di Jimin quando uno dei due uomini accennò ad un terzo, invisibile allo sguardo di Yoongi, di agire in quel modo. Yoongi non aveva idea di quali sarebbero state le conseguenze di quelle azioni e allora si affrettò, cercando di superare la coltre di dolore che stava attanagliando Jimin. Jimin-ah! Io desidero... di non morire! Ti prego... ti prego, salvaci. Sperò di raggiungerlo, mentre le grida si spegnevano in dei mormorii sommessi e Yoongi riuscì a trovare conforto solo in una sciocca preghiera d'amore per Jimin.
     
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    Nero. Per lungo tempo, Jimin ne era rimasto intrappolato, in una nuvola tanto densa da accecarlo, trascinarlo giù, e l'unico filo a cui avrebbe potuto sperare d'aggrapparsi con tutte le sue forze era il pensiero di Yoongi, immateriale ma talmente importante da riuscire a levarlo dalle sue stesse profondità. Stranamente il tritone prendeva ad affogare, e nessun tipo di apparato respiratorio lo avrebbe salvato se non il fiato che gli concedeva la luce bianca che tracciava i lineamenti di Yoongi. Jimin li seguì fino alla fine, faticosamente, finchè non si ritrovò fuori da quella melmosa acqua. Riaprì a fatica gli occhi, e nel farlo capì di essere arrivato ad abissi molto più spaventosi di quelli custoditi nelle più profonde gole nell'oceano. Yoongi. Tristemente, ogni suo pensiero si fece materia nel peggiore dei modi; Yoongi era lì, a pochi passi da lui, legato, imbavagliato ed esanime. Fu quella la prima immagine che Jimin percepì con gli occhi velati da palpebre pesanti e la visione appena meno nitida, opaca ma non del tutto distaccata dalla solidità della terra ferma. Uno dei suoi occhi, infatti, era già ricoperto dalla patina bianca che segnava la sua forma ultraterrena, il cui arrivo era stato bruscamente interrotto. Hyung.. Yoongi.. Soffiò all'inizio senza risultato, convinto che dalla gola sarebbe emerso un suono più deciso ma ben presto conscio del fatto che persino il panico riflesso nella sua respirazione si sarebbe affievolito: l'aria non riusciva a raggiungerlo adeguatamente, non con i polmoni affaticati dalla costrizione dell'aria fuori dall'acqua, per metà salvezza, per metà morte ora che le branchie al lato del collo si aprivano e dolevano come tagli. Il corpo sdraiato e legato per terra sembrava quasi del tutto addormentato, preda del tipico formicolio che l'immobilità ed il torpore imminente rilasciavano in ogni muscolo. Io ti ho già visto.. Tu mi hai portato via. Sibilò infine Jimin, spostando lo sguardo ferito ma non ancora arreso sui lineamenti di Sindre, senza attendere che una consapevolezza più profonda gli permettesse di tracciare il resto del corpo: l'agitazione e la rabbia si erano impadronite di lui, spingendolo a ribellarsi quanto più possibile per liberare Yoongi da quell'incubo. Non aveva riconosciuto l'altro uomo vicino a Sindre, nè aveva avuto modo di vedere il terzo, nascosto ai suoi occhi o schermato dalla troppa agitazione per notare altri se non l'aguzzino più familiare. Allora se cerchi me, lascia andare lui. Non ha niente, è appena arrivato a Besaid! Che cos'è che vuoi che faccia?! Razionalmente Jimin avrebbe dovuto saperlo; cercare di ragionare con chi ti punta una pistola alla testa non avrebbe mai portato a nulla, fare appello alla ragione là dove c'è sopraffazione cieca non avrebbe liberato nessuno. Eppure Sindre l'osservò per qualche lungo momento, ponderando sul da farsi, e Jimin si accorse solo allora, in quei momenti sospesi, di avere le guance umide, bagnate dal pianto senza che se ne fosse accorto. Sollevò una mano, ma questa non si mosse. Lo fece una seconda volta, più forte, e si rese conto di essere stato anch'egli legato, polsi dietro la schiena, con le stesse fascette che limitavano i movimenti di Yoongi.
    Le mani. Per qualche istante, Jimin restò fermo, impietrito dalla realizzazione terrificante di avere le mani legate e doloranti. Non riusciva a vederle, eppure tra le dita avvertiva qualcosa di bagnato e caldo sgusciare via sino a sfiorarne le giunture: le membrane che solitamente le rendevano palmate erano cresciute ma non abbastanza da collegare ogni appendice all'altra, lacerate, sanguinanti e trasparenti così come gli artigli, ora incastonati nelle piccole dita e spuntati su di esse senza l'ausilio dell'acqua, spine di una forma che ora cercava di imporsi su Jimin a discapito di se stesso. Se non avesse raggiunto il mare il prima possibile quel calvario si sarebbe protratto fino alla prossima marea. Il tenue ronzio del dolore si era fatto rumore, talmente forte da accecare Jimin, che tornò ad aggrapparsi a Yoongi con lo sguardo mentre sempre più aveva difficoltà a guardarlo: le lacrime si erano infittite tanto quanto le risate taglienti di Sindre e Marius. Ecco perché quel criminale non aveva risposto ad alcuna delle domande che Jimin gli aveva rivolto, convinto che avrebbe compreso tutto da solo dopo aver realizzato ogni più piccolo risvolto della situazione: la rabbia e la disperazione, l'umiliazione di essere esposto, nudo e vulnerabile davanti a questi sconosciuti, la frustrazione di non poter far nulla se non soccombere alle forzature che lo vedevano prigioniero ed in pericolo, ma soprattutto la sensazione di impotenza nel non poter aiutare né salvare il compagno in tutto ciò. La particolarità che Jimin aveva tanto faticato ad accogliere ed accettare da piccolo gli si era ritorta contro, tramutandosi nella maledizione che adesso feriva lui e l'amato. Abbassò allora lo sguardo, vergognandosi di se stesso e posando la fronte sul pavimento sudicio; se fosse stato diverso, migliore, Yoongi non sarebbe stato lì, in quel posto dimenticato da tutti ed a rischio solo per colpa sua. Così vicino al terreno, Jimin poteva vedere solo quel nero in cui improvvisamente avrebbe voluto tornare, trascinando Yoongi al sicuro con sè. Invece nulla avrebbe potuto allontanarli da quell'orrore, e Jimin se ne avvide ancor più nitidamente ad ogni suo movimento, fermato nelle gambe e nei fianchi da squame appena emerse dalla pelle, tanto da spaccarla ma non da proteggerla, ferendola in macchie opalescenti e sanguinanti ad ogni curva. Mi dispiace hyung, mi dispiace tanto. Da quando era arrivato a Besaid si era ripromesso che nessuno che lo avrebbe ferito avrebbe mai meritato le sue lacrime, eppure faticava così tanto adesso, provato e spaventato, terrorizzato per Yoongi e per se stesso.
    "Non muoverti." Jimin si sollevò solo allora, imbrigliando con forza un mugolio tra le labbra, come se nel spezzare anche qualsiasi suo suono sarebbe stato in grado di aiutare Yoongi placando le indoli imprevedibili dei loro aguzzini. Tuttavia lo fissò, avrebbe voluto strappargli il nastro adesivo dalle labbra e spezzare le fascette che lo legavano, eppure non poteva fare altro che guardare. C'era qualcosa di tremendamente spaventoso, qualcosa che non tornava, e che Jimin non riusciva ad afferrare - c'entravano forse i Nygard? Come mai questo stava succedendo a loro, perchè adesso? Proprio come i Park prima di loro, i Nygard e Sindre cercavano solo una cosa da Jimin, ed ammettere di poterla esaudire in quel momento gli faceva sin troppa paura. Più domande sbocciavano insidiose ed ingombranti nella sua mente, più Jimin si perdeva in una spirale di panico ed agitazione che esacerbava ogni suo dolore, tanto che strattonò le proprie fascette e sbattè le caviglie al pavimento, nella speranza che la coda non ancora formata alla base dei suoi piedi si allungasse di colpo, grande e minacciosa, per permettergli di liberare anche il compagno. "Qualcuno ci ha detto che Jimin, laggiù, è davvero bravo coi desideri. Eh, Yoongi, è vero?" Ogni parola punse e tagliò molto più delle sporadiche squame che emergevano a fatica dalla pelle senza l'aiuto dell'acqua, ricordando a Jimin di essere stato lui ancora una volta la causa del male di Yoongi, nel presente così com'era successo in passato. "Vediamo se quel che si dice è vero. Quella pistola è carica, Yoongi. E dal tuo desiderio, che Jimin esaudirà, dipenderà anche la tua vita. Capito?" Stava accadendo tutto troppo velocemente affinchè Jimin potesse anche sperare di controllare una minima parte degli eventi, e non appena vide il carrello luminoso della pistola scintillare vicino la testa di Yoongi non potè fare a meno di raggiungere il piccolo gruppo con la voce, cercando il più possibile di attirare la violenza degli aguzzini su di sé, per distogliere la loro attenzione dal compagno. No, no! Farò tutto quello che volete per favore, vi prego, hyung! Ancor peggio lo gettò nello sconforto il fatto di non essere stato ascoltato nemmeno per un secondo, sicchè Marius e Sindre proseguirono senza alcuna esitazione nell'attuare il loro piano: la volata dell'arma si piazzò nel centro della fronte di Yoongi, intimandogli di svelare proprio ciò che i Nygard e i Park avevano più volte accennato senza nemmeno conoscere la verità. Jimin avrebbe davvero potuto avverare un desiderio, un'oscura brama ora unico appiglio alla salvezza per la coppia di prigionieri. "Quindi... che cosa desideri, Yoongi?" Jimin sapeva in cuor proprio che avrebbe esaudito qualsiasi desiderio Yoongi avesse espresso, non solo per via delle sue abilità ultraterrene che avevano reso lui un mero strumento nelle mani degli aguzzini, ma anche e soprattutto per propria volontà: avrebbe spostato montagne e superato se stesso in qualsiasi modo possibile se ciò avesse significato salvare Yoongi, ed ora quello era il suo unico pensiero, tanto da rendere sopportabile ogni dolore. Doveva portarlo via, anche se la situazione sembrava senza via d'uscita. Jimin-ah... mi senti? Più che una risposta, ad accogliere la domanda di Yoongi fu lo sguardo bagnato che Jimin gli dedicò, inondandolo di languore triste. Le guance arrossate dalle scaglie non ancora spuntate sottopelle tradivano anche la profonda timidezza che Jimin non poteva fare a meno di provare, per aver causato tutto quel dispiacere ed essersi mostrato in quel modo. Riuscì solo a spingere un "mhmh" rotto dal pianto fuori dalle labbra, sbuffando sconfitto un sighiozzo, arricciandosi su se stesso all'ennesima fitta. Lo dovete portare di nuovo in acqua... E nonostante tutto Yoongi aveva pensato a lui per primo, anche in quella tremenda situazione, ancora una volta. Jimin si sollevò col capo pronto a fermarlo, scuotendo la testa per fargli capire a suo modo che anche se un nodo impossibile da dipanare gli si era fermato in gola impedendogli di parlare, non l'avrebbe più abbandonato e lasciato indietro, mai più. Ora che l'aveva ritrovato, sarebbe rimasto al fianco di Yoongi sempre, finchè gliel'avrebbe permesso.
    Non riuscì però a muoversi oltre, inondato all'improvviso da una secchiata d'acqua salata che per qualche secondo lo fece sentire come rinato ma che altrettanto velocemente divenne la più crudele delle torture. I rapitori si erano fatti beffe delle parole di Yoongi e Jimin ora fradicio dalla testa ai piedi riprese ad annaspare, umido e contorto come un pesce fuor d'acqua, boccheggiante mentre altre squame continuavano a ricoprirgli l'intero bacino e qualche piccola porzione delle gambe, interrompendosi bruscamente in ampie ferite che come in precedenza seguivano l'incedere ricurvo delle scaglie, i piedi completamente bagnati di rosso, gli stessi che Jimin tutti i giorni utilizzava per danzare e per correre da Yoongi ora ricoperti di dolore e dalle membrane embrionali di una coda non ancora formata, scoperta e vulnerabile come un corpo umano squoiato, che respira l'aria che lo ferisce. Ovunque il mare cercava di riportare a sè con tutta la sua brutale forza il corpo di Jimin che adesso alla terra non apparteneva più, e che ogni secondo avrebbe subito quel doloroso promemoria. Quasi poteva sentire il grido dell'oceano percuotergli i timpani ovattati, ondeggiare brutalmente in tempesta per riaverlo con sè. Non avrebbe fiatato però: non avrebbe lasciato Yoongi indietro nemmeno in nome della sua stessa natura; era per merito suo che aveva ritrovato se stesso e che si erano uniti nuovamente, e non si sarebbero separati ancora, nemmeno se Jimin avesse avuto la possibilità di scappare e tornare al mare. Nel sbattere lentamente le palpebre, Jimin sentì la fatica ed il dolore sopraffarlo: non riusciva più a vedere chiaramente i lineamenti di Yoongi, eppure il suo sguardo vitreo lo fissava, cercandolo e sperando sino all'ultimo di poterlo tirare fuori da quella situazione nera, mormorandogli di amarlo anche solo con quegli ultimi silenziosi sguardi. Yoongi- Biascicò disperato, quasi sentendo grattare i suoni ariosi nel fondo della gola, appena prima che la voce ed i mormorii dell'altro lo raggiungessero. Aveva espresso il suo desiderio, e nonostante non fosse completamente trasformato, l'uso impietoso dell'acqua di mare aveva rinnovato in Jimin la mutazione già cominciata, e così anche le sue meraviglie marine. Da ogni membrana e squama sanguinante emersero viticci neri ed effimeri, di un nero talmente profondo da far paura, denso come l'inchiostro rilasciato delle piovre in pericolo. Ogni più piccolo filamento seguì il corpo di Jimin e lo percorse per intero, fluttuando attorno a lui sino a racchiuderlo in una conchiglia nera, sottile e traslucida che si riunì direttamente davanti al suo volto, facendosi talmente piccola da raggomitolarsi in un inaspettato raggio di luce, talmente accecante da abbagliare tutti i presenti e sparire in un rapidissimo flash, come sole rifratto contro le onde d'estate. Pochi istanti, ed ai piedi di Yoongi comparve una perla bianchissima, lucente, preziosa come nessun'altra al mondo. Non appena essa scivolò di sua sponte sino alle sue scarpe e le toccò, la pistola nelle mani di Marius smise di puntarsi alla fronte del ragazzo, e la mano dell'uomo agì contro la sua volontà, girandosi rapidamente e senza pietà per premere il grilletto. Uno sparo, e Marius cadde a terra senza vita, con un foro di proiettile a trapassargli il cranio da una parte all'altra.
     
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    L'ingiustificata crudeltà della situazione stava affondando gli artigli nella psiche di Yoongi, connessa inevitabilmente a quella di Jimin, dilaniato dalla voracità del mare che lo stava richiamando con prepotenza a sé: ogni singulto nascosto dell'amato si tramutava in una secca pugnalata sulla sua pelle, come se da quelle ferite potesse sgorgare lo stesso sangue che ora stava macchiando la figura di Jimin, costringendolo a dimenarsi senza poter trovare una soluzione a quel brutale dolore. Perdonami, Jimin. Perdonami. Se Yoongi fosse stato più forte, diverso, non si sarebbero trovati in quella situazione. Se fosse arrivato prima, se fosse stato in grado di fermare la ferocia cieca di quei cacciatori, quelle figure demoniache non avrebbero potuto sfiorare Jimin e trascinarlo via dal mare. Yoongi immaginò che avrebbe potuto piangerne uno in quel momento, se ciò significava poterlo salvare dallo strazio a cui il suo corpo lo stava sottomettendo, ma sapeva che non sarebbe mai stato abbastanza. Non sono mai stato in grado... Salvarlo, proteggerlo, soffrire allo stesso modo in cui stava soffrendo lui. Nuove scaglie si fecero strada verso l'esterno, macchiando la pelle di Jimin che Yoongi aveva attraversato più e più volte affamato d'amore e su cui, in quel momento, si sarebbe inutilmente riversato per poter lenire ogni dolore. Lo chiamò, espresse il suo desiderio. Bramò intensamente la morte di quegli uomini, sperò che Jimin potesse mettere fine ai loro respiri, raggiungendo le loro gole con la forza di quei filamenti neri che iniziò ad emanare. Stregato, continuò a guardarlo, fissarlo, in una anticipazione che ignorava ogni effetto collaterale del desiderio che aveva espresso lui stesso: che sarebbe successo? Una luminosa apparizione rubò interamente la scena, poi uno sparo, un tonfo sordo, lo sguardo scuro di Yoongi che ancora non era in grado di registrare tutto ciò che era appena successo: il luccichio della perla l'aveva catturato. Davanti a quella manifestazione del sublime, il perlaceo pulsare di quella sfera perfetta ne catturò ogni pensiero, annichilendo tutte le possibilità di cercare una via d'uscita. Yoongi era stato catturato al suo interno, come se Jimin avesse potuto tessere le parole di Yoongi, raggiungendone gli angoli più reconditi del cervello da cui si erano originate, sfilandole e ricomponendole all'interno della perla. Tutto ciò che lo circondava iniziò a sfumare, mentre il trillo alle orecchie generato dall'esplosione della pallottola lo aiutava a concentrarsi esclusivamente su quel frutto letale, generato dalla volontà di Jimin. Voleva ingoiarlo, farlo tornare nuovamente dentro di sé.
    "Marius? Cazzo, si è sparato." La voce di Sindre era comicamente sorpresa ma non affetta dalla morte di un collega che, al massimo, sarebbe potuto essere trasformato in un fastidio più che una tragedia. Jimin... Avrebbe voluto finalmente raggiungerlo ma non avrebbe potuto farlo finché sarebbe stato legato, costretto a terra da delle fascette che gli impedivano ogni movimento delle braccia e delle gambe. La perla. Era meravigliosa, lucente e pura, e Yoongi stava strisciando verso di lei mentre Sindre era occupato a muovere con il piede Marius, circondato da una pozza di sangue che aveva raggiunto un po' della faccia dell'aguzzino. La perla... Continuavano a ripetere dei sibili nella testa di Yoongi, fino a quando non si fermò a pochi millimetri da essa, osservandola con amoroso desiderio. Jimin... Jimin... Lo chiamò, atterrando con la fronte sul terreno, girando la testa verso di lui un'ultima volta: quel corpo meraviglioso in trasformazione ora gli sembrava coperto da una patina divina. Colui su cui stava appoggiando lo sguardo, pieno di riverenza, in passione, l'aveva salvato, li aveva salvati insieme. Come un folle pescatore di perle si sarebbe spinto fino alla profondità dell'abisso, perché Yoongi non avrebbe potuto rendere vani gli sforzi di Jimin, le cui forme aveva visto aprirsi sotto l'ingordigia del mare a cui era stato sottratto. Grazie. Affamato, schiuse le labbra, sfiorando il pavimento polveroso con la bocca e abbandonandosi a quella inspiegabile frenesia: quel pezzo di sé era finalmente con lui, dentro di lui. Lo aveva estraniato da quella crudele realtà, espandendosi benevolmente nella sua bocca, facendogli immaginare di star proteggendo anche Jimin in quel modo, chiuso dove nessuno l'avrebbe potuto raggiungere. Si sentiva la testa sempre più leggera, avvertiva il sapore del suo stesso sangue, continuato a colare dalla prima ferita, sporcargli la bocca, ma sapeva di essere salvo. Recuperato il prezioso gioiello, le gambe di Yoongi, pesanti e rese quasi impossibili da muovere per via della stanchezza, iniziarono a strisciare verso Jimin: quei pochi metri che li dividevano sembrarono anni luce ma, infine, gli fu affianco, crollandogli vicino dopo quello sforzo che sopportò grazie alle sue ginocchia. Jimin... sei qui. Sono qui, vicino a te... Biascicò, tornando a ringraziarlo. Appoggiò il viso vicino a lui, bagnandosi con le sue lacrime, restituendogli il suo sangue, cercandolo in un fittissimo scambio di sussurri su cui voleva basare gli ultimi barlumi di sanità.
    Di lì a poco, la situazione mutò nuovamente: Yoongi era troppo distante, ormai irraggiungibile. "Sindre... la perla." Una voce interruppe il ragionare dell'uomo e anche il sogno di Yoongi, ancora chino sul pavimento, prostrato vicino al corpo di Jimin per poterlo adorare e confortare. "Che perla?" Non sarebbero stati in grado di sottrargliela. Era il regalo che Jimin gli aveva fatto, era la loro vita concentrata in una perfetta, piccolissima perla. "Il desiderio è... diventato una perla. È nella sua bocca." Lo sguardo di Yoongi si illuminò di una luce inusuale, ferina, avendo ben compreso che gli avrebbero sottratto la perla. Voleva distruggerla, rompersi tutti i denti cercando di frantumarla in piccoli pezzi che non sarebbero stati in grado di recuperare. Voleva farla scorrere lungo tutta la sua gola, per proteggerla fra i suoi intestini, occludendo ogni possibilità alle loro dita di sfiorarla. Tuttavia, preso alla sprovvista e con prepotenza dalla mano di Sindre, venne mosso come un pupazzo: venne fatto alzare e, colpito per una seconda volta al ventre, gli venne fatta vomitare per terra la perla. Ricoperta da un umidiccio strato di saliva, passò nelle mani di Sindre, che apparentemente disgustato, dopo aver gettato di nuovo Yoongi a terra, si lasciò scivolare la perla in tasca. "Risolto, andiamo ora." Guardò di nuovo la mano di Sindre avvicinarsi a lui e quella fu l'ultima immagine che ricordava del magazzino in cui erano stati trasportati, la faccia dell'uomo che si mescolava all'alto soffitto, al viso di Jimin, mentre perdeva nuovamente conoscenza, sbattuto con forza contro il pavimento proprio dove era stato colpito la prima volta. Il terzo uomo, non intaccato in nessun modo da quella dimostrazione di violenza, parlò ancora una volta. "E lui...?" Sindre si voltò verso Jimin, lasciando andare un grugnito insoddisfatto e scocciato, pronto ad abbandonare il posto senza occuparsi del suo collega appena deceduto. "Questo lo lasciamo qua: uno per uno. L'altro lo portiamo con noi. Caricalo in macchina..." Il buio tornò ad abbracciare entrambi, inconsapevoli di cosa avrebbe riservato per loro il destino.
    Il rumore della risacca, placida e costante, fu il primo rumore ovattato che raggiunse la mente di Yoongi: non si trovava più nel magazzino dove era stato trasportato senza volerlo, ma era ancora confuso, atterrito da una immediata sensazione di panico che lo colpì vigorosamente, costringendolo a svegliarsi di colpo. Il corpo accusò ogni piccolo movimento, irrorato di adrenalina e di richieste che iniziarono a spingere contro la sua bocca. Jimin! Chiamò il ragazzo mettendosi seduto, osservando la vista riempirsi di inusuali puntini neri, mentre velocemente cercava di raccogliere quanti più indizi poteva: era vivo, anche se continuava a chiedersi se fosse davvero sveglio. Un incubo? Mentre con una mano stringeva i ciottoli che costellavano la piccola spiaggia all'interno della grotta che, ormai, non consisteva più in un posto nascosto e sicuro per i due innamorati, con l'altra stringeva il tessuto di un cappuccio. Si guardò i polsi segnati di rosso, si passò i polpastrelli contro metà del viso, osservandoli mentre si inumidivano. Sangue... Immaginò di essere stato colpito più volte alla testa, per via della confusione. La spessa coltre di disorientamento, tuttavia, non gli impedì di rimanere focalizzato su ritrovare Jimin e, mentre si passava le mani sulle labbra, pronte a riaprirsi per chiamare il nome dell'innamorato, ricordò la forma perfetta che aveva stretto nella bocca. La perla. Il proiettile. Morto. Chi era morto? Jimin si era salvato? Lo sguardo di Yoongi venne attraversato da un lampo di puro terrore, mentre immagini velocissime gli passavano davanti gli occhi, sempre più scuri. Le squame, i palmi... Jimin!
     
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    Non appena il corpo di Marius cadde a terra con un tonfo ben udibile, Jimin parve riacquistare un minimo di lucidità, se non nelle emozioni quantomeno nella vista: poteva riconoscere, anche attraverso la patina bianca che gli ricopriva un'iride, la salvezza di Yoongi. Erano bastati pochissimi secondi per trasformare la situazione, incastonandone i sottile filo di speranza in una perla, la stessa che era ai piedi del maggiore. In essa era custodito anche un desiderio di morte, che Jimin e Yoongi avevano espresso insieme; anche Jimin voleva eliminare Marius, così come Yoongi aveva desiderato ardentemente la sua distruzione. In questo il mare l'ascoltò, dandogli il potere di esaudire quel proposito. Fu difficile rendersi conto della portata di quanto accaduto: una vita umana era stata spezzata, eppure Jimin non potè che esserne innaturalmente felice. Ora Yoongi era in salvo, ed anche se esausto, Jimin tentò di prolungare il contatto visivo con lui, posando una guancia al pavimento non più certo di poter continuare a tenere gli occhi aperti. Lo guardò più a lungo possibile, trattenendo a sè la sua immagine nell'avvicinarsi sino a che non posò anche Yoongi le labbra al terreno in cerca della perla per custodirla nella sua bocca e proteggerla dal mondo esterno. Grazie. Nessuno l'aveva mai amato come faceva Yoongi, e semmai fossero sopravvissuti a quell'incubo, Jimin si ripromise che gli avrebbe dimostrato la sua gratitudine ogni secondo della sua esistenza: nonostante le palpebre ormai chiuse non gli permettessero che di distinguere delle sagome vaporose ed informi, lui aveva visto, aveva compreso l'amore che il suo compagno gli aveva regalato in quel momento di profonda crisi, ed era certo sotto la superficie della sua coscienza razionale di essere riuscito a salvarlo come minimo pegno per lui. Visceralmente soddisfatto e pregno di una rabbia inumana spinta in superficie da tutto quel dolore, Jimin lasciò che le labbra si incurvassero appena in una smorfia, dirigendo lo sguardo verso Yoongi pur sapendo di non essere del tutto in sè. Era lì fuori, tra le onde del mare, finalmente libero e finalmente al sicuro, con Yoongi ad aspettarlo al di là dei ricci d'acqua, in salute e felice. Era stato lui a portarlo alla meraviglia del mare aperto dopo anni ed anni di pozze sudicie e sporche, ed ora non era contrariato con l'oceano per averlo voluto strappare via alla terra, ma avrebbe voluto calmarlo affinchè anche Yoongi potesse andar via con lui - anzi, che lui fosse il primo a poter scappare verso le vastità vicine all'orizzonte e lontane da tutta quella crudeltà. Purtroppo nel suo stato Jimin non riuscì a registrare le ultime interazioni e tantomeno i volti delle persone che si avvicendavano attorno a lui, ma era sicuro del fatto che Yoongi fosse lì con lui, il suo hyung che aveva ritrovato ed a cui aveva donato il suo desiderio con tutte le forze rimastegli in corpo. Sperò davvero che quella piccola perla lucente e bianca, prima racchiusa tra le labbra del maggiore e poi separata da lui a forza, avesse davvero esaudito la preghiera di salvezza di entrambi. Da quel momento in poi Jimin avvertì ogni singola sensazione distante anni luce, persa oltre i confini di quel deposito diroccato: capì che era stato sollevato e delle eco lontane gli suggerivano un discorso tra i due aguzzini rimasti, eppure Jimin stentava a tenere le palpebre schiuse, provato fino allo stremo. Cercò di mettere a fuoco Yoongi con le ultime energie che gli restavano, e non appena ne identificò la sagoma, ritornò ad un abisso profondo e nero.
    Non appena riaprì gli occhi, Jimin si rese conto di essere finalmente salvo: non poteva ancora vedere nulla con chiarezza cristallina, ma percepiva tutt'attorno a sè la freschezza dell'acqua marina avvolta alle sue membra, dalla testa alla... Alla coda? Finalmente era spuntata tutta intera, lunga, maestosa e lucente, con un paio di squame pallide e bianche, non più nere ed opalescenti come le altre, ma in salute. Tutto sembrava essere tornato nella norma - le manine di Jimin volarono immediatamente in un controllo tattile ancor prima che lo sguardo si adattasse finalmente alle acque -: i punti brillanti sul volto, le unghie aguzze, le membrane ai palmi e le branchie al collo. In quel momento Jimin si ricordò di quel che era successo realmente non appena i sensi l'avevano abbandonato del tutto, distanziandolo anche dal suo amore. Era stato rigettato in mare come una carcassa ormai ridotta all'osso, e nel rammentare quelle sensazioni, una scintilla rabbiosa gli acuì immediatamente i sensi; riusciva a vedere ed a comprendere ogni frazione di dolore che gli era stato inflitto, e scattò velocemente verso l'alto, lasciando sbattere la coda furioso contro la superficie dell'acqua, finchè solo gli occhi velati di bianco non emersero da essa: se gli aguzzini fossero stati ancora lì avrebbe potuto fermarli, strapparli alla terra come loro avevano fatto con lui e trascinarli con sè nelle profondità del mare da cui non sarebbero mai più ritornati- eppure, l'intero mare era deserto. Il corpo doveva aver impiegato più del previsto per guarire, e gli assalitori avevano potuto scappare indisturbati. Jimin non era nuovamente sè, nell'immaginare più e più volte di annegare quelle persone lui stesso. Nel ripetere quei sogni abissali pensava solo a vendicare Yoongi, che ora era lontano da lui. Tornò quindi al fondale, spostando la sua attenzione del tutto sull'amato su cui era completamente all'oscuro; velocemente, dall largo più blu nuotò verso la grotta, più in fretta che poteva, occupato dalla speranza frenetica di trovare lì Yoongi e di vederlo finalmente al sicuro. In quei pochi minuti, la rabbia ferina che al risveglio aveva scosso Jimin si trasformò in paura, nel timore di non trovare Yoongi o di sapere che gli fosse stato fatto altro male. Meglio evitare la piccola spiaggia nella grotta, ma spuntare direttamente dalle profondità del mare, nella cava di quella piccola insenatura di pietra, nella parte più scura e riparata. Yoongi avrebbe notato immediatamente l'arrivo di Jimin, una macchia nera che ora si irradiava molto più ampiamente di prima sotto la patina sottile della superficie: i capelli normalmente corti erano diventati lunghissimi e neri, fluttuanti come alghe nelle parti più torbide delle acque, ciocche distese come zampe di ragno sulla superficie in una dimostrazione fisica dell'oceano che imponeva a Jimin di diventare meno umano, più inquietante ed in grado di difendersi e difendere maggiormente dai pericoli esterni.
    Non appena lo sguardo vitreo si posò sulle pareti della grotta, Jimin cercò Yoongi con lo sguardo fermo in un silenzio sovrannaturale e teso, pregno di terrore finchè non ritrovò la figura dell'amato poco più avanti, allungato verso la spiaggia. Yoongi. Lo chiamò infine in un mormorio appena udibile, quasi come se volesse attirarlo a sè anche solo dal riverbero acquoreo della voce, tonando però man mano sempre più in sè, al Jimin che il suo hyung aveva sempre conosciuto. Yoongi. Yoongi! Hyung, amore mio! Sollevandosi dal mare salato, Jimin non esitò neanche un istante nel protendere le braccia bagnate verso l'innamorato, avvolgendole attorno a lui sino a trascinarlo con sè nell'acqua per stringerlo al proprio corpo, trattenendo Yoongi a sè. Finalmente era tutto finito, Yoongi era salvo, e Jimin non aveva intenzione di lasciarlo andare; lo osservò un paio di secondi per accertarsi delle sue condizioni, e delle pesanti lacrime presero a scivolargli giù dagli occhi, una dopo l'altra come rivoli silenziosi e continui, finchè il più grande non potè più vederle, pressato con il volto alla guancia ed al collo di Jimin, ansioso di averlo stretto a sè in quell'abbraccio. Sei vivo, sei mio, sei mio- Continuava a sussurare fermo nel pianto, come se tentasse di proteggere Yoongi proprio dove aveva fallito nelle ore precedenti, cullandolo a sè oltre la superficie.
     
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    La voce di Jimin lo raggiunse come uno zampillio d'acqua irregolare e debole e immediatamente il corpo rispose a quel richiamo, girandosi prima verso l'origine della voce dell'amato e poi alzandosi, per poterlo incontrare. I passi veloci e imprecisi sul breve tratto di terreno che li divideva, piena di scivolosi ciottoli, portarono l'andatura di Yoongi a sbandare un paio di volte. Jimin... Pronunciò il suo nome con meno urgenza ma con voce emozionata, sporcata da un nodo alla gola che non si era accorto di star trattenendo, e infine Yoongi si inginocchiò di fronte a Jimin. Gli parve di essere al cospetto di una creatura alterata e diversa da quello che la sua memoria gli offriva ma, nello sguardo di Jimin in cui si rifletteva quello spaventato di Yoongi, il maggiore non poté che riconoscere il suo ragazzo. Deglutì, inghiottendo anche ogni possibile strascico di emozione negativa: aveva fallito prima, ma non avrebbe ripetuto gli stessi errori. Sarebbe dovuto essere un punto di riferimento per entrambi, e quindi costrinse ogni più cupo pensiero ad allontanarsi dalla sua mente, in modo da fare spazio alla figura di Jimin. I capelli scuri e lunghi di Jimin lo stavano circondando come una coperta che si estendeva sulla superficie dell'acqua a macchia d'olio, portando Yoongi a chiedersi che cosa fosse successo dall'ultimo momento in cui aveva chiuso gli occhi.
    Jimin. Lo chiamò ancora, trattenendo un singhiozzo per poter permettere a Jimin di versare le lacrime di entrambi, allungando le mani verso il suo viso con l'intenzione di accarezzarlo. Tuttavia, prima che potesse rendersi conto, Jimin lo trascinò a sé, facendolo immergere in acqua. Yoongi non poté curarsi di nient'altro che non fosse l'adorato ragazzo e, stretto il corpo bagnato di Jimin fra le braccia, lo cullò mentre si lasciava tranquillizzare dalla presenza del più giovane. Jimin... ehi, stiamo bene, siamo vivi. Nel tentativo di consolare entrambi, un palmo vagò fino alla nuca di Jimin, depositando lì lunghe e dolcissime carezze, massaggiandone con le dita la pelle. Stai bene? Sei ferito? Gli chiese, raccogliendogli il viso perfetto fra i palmi, osservandolo con cura. Per una seconda volta, forse fallendo, cercò di non far emergere dai pozzi scuri le sensazioni di paura e preoccupazione che l'avevano fatto suo poco prima di incontrare Jimin. Lo guardò, esaminando il volto di Jimin rigato dalle lacrime, cercando di calmarle prima con il tenero passaggio delle dita e poi appoggiandoci sopra le labbra. Appena potrai... torniamo a casa, okay? Restiamo insieme, resto qui con te, non vado da nessuna parte. Gli sussurrò dolcemente, chiedendogli in silenzio di fare lo stesso, incapace di immaginare di potersi separare di nuovo da Jimin. Lo raccolse di nuovo a sé, e insieme si lasciò cullare, rimanendo in quello stato di confusione e tremori.
    Sarebbe voluto immediatamente scappare via nei meandri della sua mente, come spesso faceva, nascondendosi fra ricordi luminosi - lì nulla e nessuno avrebbe potuto raggiungerli, e si sarebbe assicurato di portare con sé Jimin. Chiedeva a Jimin il permesso di entrare, e si nascondeva sotto le sue coperte, o lo ritrovava fra steli e fiori aperti al richiamo del calore del sole, lo aiutava a rialzarsi dal terreno umido e lo tratteneva a sé, circondandogli i fianchi, iniziando a camminare verso la strada, e Yoongi aspettava di incontrarlo in corridoio prima dell'allenamento di basket, chiamando un taxi e non pronunciando una parola e stringendosi la mano nello spazio tra i loro corpi. Aperta la porta del suo appartamento, Yoongi si chiese come potesse essere la stessa che aveva lasciato quella mattina, prima di raggiungere Bergen per poi tornare a Besaid: si guardò attorno e nulla era cambiato, nell'immobile costanza di una realtà non sfiorata dalla violenza che li aveva coinvolti senza preavviso come attori.
    Prima ancora di occuparsi di sé, pensò a Jimin, e così le mani arrivarono veloci sulla serratura, lasciando che lo scatto di sicurezza potesse assicurargli di essere in grado di proteggerlo. Mi cambio... e mi prendo cura di questa. Gli disse mentre indicava la ferita nascosta fra i capelli. L'acqua del mare aveva lavato via ogni traccia di sangue, bagnando comunque i vestiti di Yoongi, ancora umidi, e lasciando su di essi e sulla sua pelle delle tracce salate. Yoongi aveva appena condiviso le sue intenzioni, ma non riuscì a spostarsi da Jimin, tornando ad abbracciarlo. Cosa è successo... Sussurrò debolmente, stringendo i vestiti di Jimin fra le dita e chiudendosi fra le sue braccia, nascondendosi nell'incavo del collo del più giovane e abbandonando quella richiesta di senso sulla sua pelle. Ancora una volta, invece di staccarsi, lasciò che una mano raggiungesse quella di Jimin, trasportandolo con sé fino in bagno dove aprì il cassetto dei medicinali. Si chiese se anche sulla pelle di Jimin fossero rimasti i segni delle fascette usate per unirgli i polsi, e lo interrogò con lo sguardo, tornando poi al suo viso. Jimin... mi hai salvato, là in mezzo. Se non fosse stato per te... Il dolore si unì al rammarico, mentre gli occhi scuri di Yoongi si abbassavano per incontrare il terreno, non in grado di sostenere lo sguardo di Jimin.
     
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    Jimin. Non appena la voce di Yoongi lo raggiunse, Jimin avvertì immediatamente sensazioni contrastanti: da una parte si placò, acquietando le sue pulsioni più violente, dall'altra si immerse in una concitazione ferina, teso verso Yoongi ed il suo amore, per riaverlo ancora una volta a sè. Non sapeva perchè la vita li costringesse a quei brutali distacchi, e non riusciva a trovarne il senso specialmente in quel momento, chiuso nelle forme più sovrannaturali di sè. Emise quasi un lamento non appena le braccia di Yoongi lo raggiunsero, tuffandosi in esse con la stessa veemenza con cui era tornando in mare, avvolgendogli la schiena di rimando e lasciando passare il naso ciecamente sulla sua guancia per percepirlo vicino mentre dava voce in un mormorio alle sue vene più possessive ed oneste. Jimin... ehi, stiamo bene, siamo vivi. Annuì appena, anche se per qualche secondo quasi non afferrò quelle parole tanto confortanti. Ti hanno portato via da me. Jimin sembrava viaggiare su binari prossimi ma paralleli a quelli di Yoongi, piangendo per entrambi e non sentendo lo sguardo vacillare nemmeno per un secondo: le lacrime sembravano parte dei residui cristallini dell'acqua su di lui, cadendogli giù dagli occhi come ogni altra goccia che si distaccava dalla sua pelle. Strinse il più grande di più a sè, ancorato dal suo tocco sulla nuca, e provò a respirare, lasciando espandere sia i polmoni che le branchie, in modo da tornare presente a Yoongi, al fatto che il suo amore era lì, vivo, nel suo abbraccio e lontano dai pericoli. Stai bene? Sei ferito? Fu allora che Jimin capì che era Yoongi ad esser stato ferito, macchiato di sangue tra i capelli e sulla pelle. Sbattè le palpebre un paio di volte, tenendo stretto l'innamorato con un braccio mentre sollevava l'altro, per lavare egli stesso il sangue via da lui attento a non sfiorare la ferita con gli artigli. E ti hanno fatto del male ancora.. Io sto bene, la tua ferita.. Non aveva smesso di piangere neanche un secondo, serio e quasi per nulla intaccato nell'espressione da quella tristezza oceanica. Lo aiutarono solo le carezze ed i baci di Yoongi, le cui labbra scivolarono con delicatezza su quelle stesse piccole scaglie che sino a poco prima faticavano a depositarsi sugli zigomi di Jimin. Socchiuse quindi gli occhi, osservando dalle patine bianche il compagno ancora vicino a lui, protetto ora che erano insieme.
    Appena potrai... torniamo a casa, okay? Restiamo insieme, resto qui con te, non vado da nessuna parte. Tutta la tenerezza che Yoongi gli stava dedicando sarebbe ritornata nelle sue mani non appena Jimin udì la promessa che gli era stata fatta, quella che in quei momenti avrebbe voluto sentire più di ogni altra cosa. Jimin la suggellò avvicinandosi a Yoongi per baciarlo, lasciando un tocco bagnato e delicatissimo sulle sue labbra e poi spostandosi ai loro angoli, prima uno e poi l'altro, e nuovamente al centro. Riempì Yoongi di piccoli baci ovunque sul volto e sul collo, lasciando che ciascuna delle sue impronte tirasse via un po' di preoccupazione dall'innamorato, regalandogli almeno momentaneamente una tranquillità che entrambi ora agognavano. I due restarono vicini ancora per parecchio tempo, e non appena Jimin riemerse dall'acqua del tutto umano, si accorse dei lunghi e rossi graffi che lo attraversavano sulla pelle là dove le sue ferite si erano formate ore prima, ma non gli dolevano, restandogli addosso solo il monito del mare di non allontanarsi mai più da esso dopo averlo chiamato a sè. Il tragitto fino casa di Yoongi sembrò eterno, e camminando quieto vicino a lui, Jimin ebbe modo di riflettere di più su ciò che era accaduto: aveva permesso che un essere umano fosse rimasto ucciso, il suo ragazzo era stato rapito e lui torturato. Non era certo che ragionare in quei termini in quel momento l'avrebbe aiutato a mettere a fuoco l'intera situazione che sentiva molto più grande di sè, e rimase chiuso in un labirinto infinito di pensieri almeno finchè lo scatto della serratura e quell'ennesimo gesto di amore e cura di Yoongi lo riportarono all'interno della sua casa. Quando erano arrivati? Jimin sollevò lo sguardo ancora lucido in quello dell'altro, chiedendogli silenziosamente di non andare, e come se avesse potuto intuire i suoi desideri, ecco Yoongi che lo avvolgeva tra le braccia, lasciandosi respirare ancora una volta da Jimin. Non lo so.. Offrì con un filo di voce prima di posare le labbra contro la spalla dell'amato ed una mano ad accarezzargli i capelli, con lentezza, finchè Yoongi non la prese nella sua per condurre entrambi nell'altra stanza alla ricerca del kit di pronto soccorso. Jimin si fece avanti, accomodandosi tra le gambe di Yoongi una volta che si fu seduto, muovendo i piccoli palmi il necessario per medicare la sua ferita, e nel farlo il più grande avrebbe potuto notare gli stessi segni dalle fascette anche sui polsi del più piccolo, oltre a quelli lasciati dalla trasformazione incompleta. Jimin... mi hai salvato, là in mezzo. Se non fosse stato per te... Jimin non riuscì a fermare il nodo alla gola che lo minacciava da quando era tornato su due gambe e che gli impose di vibrare in un tenue singulto. Scosse appena il capo, ora nuovamente ricoperto da ciocche più corte, e prese con delicatezza a tamponare e disinfettare Yoongi con un pad di cotone nella speranza di guarirlo almeno un po'. No.. Ti sei salvato da solo hyung. Io volevo solo aiutarti, lo volevo morto, li volevo tutti morti e non è normale.. Non- Si fermò solo per passare velocemente il dorso dell'indice contro la rima inferiore di un occhio, nuovamente bagnata. Ti volevo salvo, volevo che vivessi.. Ma non so più che cosa sono diventato, che cosa ho fatto, e ora loro sanno delle perle, potrebbero tornare. Nonostante Jimin non riuscisse ad interrompere del tutto il filo spezzato dei suoi pensieri, fece in modo che Yoongi potesse guardarlo, posandogli delicatamente due dita sotto il mento mentre puliva il ragazzo dalle sue ferite - ne aveva bisogno, necessitava dell'amore che traspariva dalle iridi scurissime di Yoongi, della loro sicurezza anche nel dolore. Finì col raccogliere l'orlo della sua maglia tra le dita, in modo da sollevarla del tutto e con attenzione dal torso di Yoongi, per assicurarsi che non vi fossero altri lividi o contusioni per poi inginocchiarsi davanti a lui. L'avrebbe adorato proprio come l'innamorato aveva fatto con lui qualche ora prima, restituendogli quell'immenso privilegio. Per favore, hyung... Lo pregò: voleva essere con lui, non lasciarlo neanche per quei brevi minuti di una doccia, nemmeno per un secondo, nel timore di non vedere emergere Yoongi dalla cornice della porta in camera da letto, ed in quello di crollare, se Yoongi non lo avesse continuato a tenere insieme con le sue strette, anche invisibili.
     
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    Abbassate le spalle insieme allo sguardo, Yoongi cercò di non proferire un solo lamento al seguito del contatto con il disinfettante: la ferita bruciava in reazione alle dolci cure di Jimin, ma in quel momento quel dolore sembrava minimo, quasi invisibile, rispetto alle conseguenze di ciò che era appena successo ad entrambi. Ascoltò le parole di Jimin, tornando a guardarlo in viso solo quando le dita del più giovane arrivarono a sfiorargli il mento. Non sappiamo se... Iniziò a dire, lasciando però morire quel sussurro in un silenzio molto più pesante, fino a quando le labbra non si strinsero, chiudendosi del tutto. Avrebbe voluto mentire a se stesso, abbracciando anche la figura di Jimin con le sue menzogne e false speranze: non sapevano se quell'uomo fosse morto o meno, non sapevano se avessero davvero capito le straordinarie potenzialità di Jimin, e nemmeno quale fosse la loro responsabilità all'interno di quel gioco meschino, probabilmente nessuna. Anche in quel momento, proprio come poco prima di lasciare la grotta che li aveva raccolti in precedenza fra le braccia protettive e solide, Yoongi sarebbe voluto sfuggire a quella realtà tanto inquietante quanto sconvolgente. Voleva solo stare con Jimin, nulla di più. Non voleva affrontare il peso di responsabilità che non poteva che riconoscere come sue, e che ora avevano iniziato ad accumularsi, piegandogli sempre di più le spalle, così come il collo. Atterrò di nuovo con gli occhi scuri a terra, non accorgendosi nemmeno del fatto che Jimin avesse interrotto la medicazione della ferita fra i capelli, tornando con l'attenzione all'altro solo quando lo spogliò dei primi strati di vestiti, lasciandolo a torso nudo. "Per favore, hyung..." Piegato su sé, Yoongi accolse le richieste di Jimin raggiungendo con una mano il volto dell'amato, accarezzandolo con dolcezza. Jimin-ah, tu stai bene? Quelle ferite di prima... Domandò scivolando con la mano fino a raggiungere la nuca del più giovane, provando ad imprimere un po' di serenità attraverso i suoi gesti, capendo di non poter donare serenità né a se stesso né a Jimin. Quando raggiunse il corpo di Jimin con entrambi i palmi, allora si calò con lui, inginocchiandosi vicino al più giovane e raccogliendolo in un altro abbraccio. Posso darci un'occhiata? Ti fanno male? Gli sussurrò poco prima di passare con le labbra sul suo profilo, almeno fino a quando non si fermò, poco prima di baciare la bocca di Jimin. Le labbra del maggiore tremarono per qualche istante, vibrando di fronte a quel divieto che si era imposto lui stesso, forse terrorizzato dall'idea di infondere in Jimin tutti i pensieri più cupi e confusi che gli stavano turbinando in testa. Fatti spogliare. Continuò, pacatamente, attendendo che Jimin potesse fargli un cenno d'assenso prima di muovere le dita sui suoi vestiti proprio come aveva fatto l'altro.
    Solitamente quei gesti erano preceduti da una danza di carezze, baci e sfioramenti intensi, più giocosi o più appassionati e leggeri al tempo stesso. In momenti come quelli si sarebbero scambiati sorrisetti complici, mentre le labbra si rincorrevano, mentre i piedi inciampavano l'uno sull'altro e i corpi cadevano leggerissimi, insieme, o mentre le dita cercavano curiose fazzoletti di pelle esplorati in precedenza ma il cui contatto era sempre in grado di far rabbrividire di piacere e gioia il corpo, come se attraversato da uno zampillante fulmine, una scarica che si faceva sentire fino alla radice dei capelli. Invece ora Yoongi stava mostrando a Jimin un corpo contaminato dal tocco violento e necrotico di mani estranee, esplorando con sguardo clinico le ferite superficiali e rosse sulla pelle dell'amato, chiedendo a quei silenziosi segni come poter decifrare quello che aveva colpito entrambi. Le sfiorava con i polpastrelli, osservando le reazioni di Jimin, immaginando di poter vedere ancora il sangue sgorgare da esse, la lotta di Jimin e il suo corpo contorcersi. Avrebbe desiderato che quel sangue fosse suo, che quel dolore fosse suo. Perfino in quel momento non potevano far altro che essere l'uno il riflesso dell'altro. Rimarrai con me? Continuò a bassa voce, raccogliendo le mani di Jimin nelle sue, circondando poi tutti e due i polsi, nella vana speranza di poter vedere svanire i segni rossi che li circondavano una volta liberato Jimin da quella delicatissima presa. Sapeva già la risposta, e così continuò a spogliare Jimin, lasciando che il ragazzo potesse fare lo stesso, imitandone i gesti in un rituale silenzioso e pieno di pensieri. Chiusi in bagno, a loro volta raccolti dietro i vetri trasparenti, visibili ma irraggiungibili, nelle braccia l'uno dell'altro, Yoongi immaginò che tutto potesse andare bene. Sani e salvi. Yoongi serrò gli occhi e si lasciò bagnare dall'acqua calda, non potendo che essere trasportato di nuovo alla riva a cui erano stati strappati, cercando di combattere quel lampo più doloroso che gli illuminò per pochi secondi la mente. Allora cercò lo sguardo di Jimin, non riuscendo a trattenere un piccolo sospiro, trovando conforto nel passare i palmi contro la sua pelle, rimpiazzando l'odore di salsedine sui corpi di entrambi con quello delicatissimo del sapone. Aveva ripensato alle preoccupazioni che Jimin gli aveva confessato poco prima, alla possibilità che quelle persone non li avrebbero lasciati più andare, al fatto che sarebbero potuti tornare. Yoongi avrebbe fatto di tutto per Jimin. Potrebbero non aver capito nulla. Concluse ad alta voce, sorprendendosi al sentire un pensiero farsi parola. Guardò di nuovo l'altro, allungando una mano per far cessare il getto d'acqua dopo che si furono risciacquati entrambi. L'ipotesi che gli aguzzini non avessero compreso le potenzialità di Jimin era capace di generare un po' di tranquillità in Yoongi - ma non avrebbe eliminato il pensiero di aver causato la morte di una persona.
    Una volta che tutti e due abbandonarono gli asciugamani per dei vestiti più comodi, Yoongi si portò dietro Jimin anche in cucina, decidendo che avrebbe invitato il più giovane a mangiare qualcosa - nonostante lui stesso avesse perso l'appetito. Il maggiore era sicuro del fatto che quella giornata si sarebbe svolta più o meno allo stesso modo, con loro che si dedicavano reciprocamente del tempo e delle cure, che cucinavano insieme la cena, spostandosi poi in salotto per mettere su un film solo per distrarsi in altri modi. Eppure in quei momenti la quotidianità che avevano desiderato, forse da sempre, sembrava tanto estranea da portare Yoongi a chiedersi se e come avrebbero potuto riassorbire quei colpi. Yoongi mise in tavola diversi piatti - si era già occupato di gran parte del lavoro, come sempre intenzionato a comunicare l'affetto per Jimin anche attraverso quei piccoli gesti -, chiedendosi se avevano fatto bene a tornare a casa. A chi confessare ciò che avevano subito? Jimin conosceva quelle persone? La polizia avrebbe potuto aiutarli? Esporsi di nuovo sarebbe stato sicuramente difficile e la testa di Yoongi non fece che riempirsi di altri dubbi e, insieme, della voce di Jimin. Prima... sono stato io a chiedere di essere salvato, Jimin-ah. Sapevo che sarebbe successo e non ho fatto nulla per impedirlo. Avrei potuto desiderare altro. Tornò a parlare dopo un po' di tempo. Avevano deciso di sedersi vicini, e non uno di fronte all'altro, come facevano di solito, pronti a lanciarsi frecciatine da una lunghezza all'altra del tavolo o giocosi colpetti sotto di esso. Ora Yoongi era vicino a Jimin, con il corpo praticamente attaccato al suo, e non gli aveva ancora lasciato la mano. Tu non potevi fare nulla per fermare il corso delle azioni. La morte di quell'uomo non è colpa tua. Strinse le dita più piccole di Jimin nelle sue, lasciando aleggiare nella stanza delle parole non dette. La colpa non era di Jimin, era di Yoongi. L'altro non era stato che il coltello, ma Yoongi l'aveva impugnato e direzionato contro l'aguzzino di entrambi: Jimin voleva salvarli e allo stesso modo Yoongi, eliminando quella minaccia. Nel desiderare la sua salvezza aveva anche voluto la morte di Marius, di Sindre, e di tutti coloro che li avevano separati, torturati. E se non avessi preso la perla... non ci avrebbero fatto caso, non l'avrebbero nemmeno notata. In quel momento ero fuori di me, non avevo nessun tipo di controllo, né sulle mie azioni né sui miei pensieri. Vedevo solo quella piccolissima perla e volevo difenderla, come volevo difendere te. Poco più tardi, dopo aver steso Jimin sul suo letto e aver preso posto al suo fianco, Yoongi avrebbe avuto ancora difficoltà a riempire il minuscolo spazio che li divideva con un bacio, tornando a parlare con calma. Jimin-ah... lo conoscevi, vero?
     
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