Let Things Happen

Sam & Lucas

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    La vita di Samantha era cambiata molto negli ultimi mesi e anche lei si sentiva molto cambiata. Era come se, lentamente, a piccoli passi, stesse finalmente riuscendo a trovare se stessa. Si sentiva più sicura, più determinata, come se la vecchia Sam, quella solare e sempre pronta a conoscere nuove persone, stesse finalmente tornando alla ribalta, mettendo da parte invece il lato più triste e chiuso che aveva mostrato agli altri dopo la relazione con Fred. La sua storia con Adam era stata molto utile ai fini di quel processo di cura che l’aveva portata poi ad accettare persino di intraprendere una relazione senza impegno con un altro ragazzo, conosciuto attraverso le lezioni di norvegese. Anni prima non avrebbe neppure potuto concepire un’idea come quella: uscire con qualcuno che frequentava altre persone, vivere semplicemente alla giornata, senza aspettarsi nulla. Con Lucas invece era iniziato tutto in maniera molto naturale, senza che lei neppure ci pensasse. Fino al giorno prima avevano un rapporto puramente “professionale”, scandito dalle lezioni che lei gli impartiva sulla sua lingua natale e quello dopo Lucas le aveva chiesto di andare a bere una cosa insieme e di conoscersi meglio. Aveva accettato senza quasi riflettere, facendosi guidare da quel nuovo corso degli eventi e dalla voglia di cambiamento. Quel primo incontro era andato bene e a quello ne erano seguiti poi tanti altri, mantenendo però la leggerezza e le premesse iniziali. Nessuno dei due, in quel momento, aveva intenzione di buttarsi in una relazione serie che avrebbe richiesto tempo e costanza. Sam voleva concentrarsi su se stessa, sul nuovo lavoro al giornale, su tutte quelle cose che aveva messo da parte negli anni e che invece voleva riscoprire. Quale fosse il motivo per Lucas, invece, non lo sapeva e neppure aveva mai cercato di chiederlo. Le stava bene così, con quella serie di cose dette e non dette che rendeva la loro relazione sospesa all’interno di una bolla di sapone, sempre pronta a esplodere al minimo cambio di vento. Non aveva mai vissuto qualcosa con così tanta leggerezza, non si era mai sentita in bilico, pronta a oscillare al minimo accenno di vento, ma doveva ammettere che, per una volta, era piacevole non avere il controllo ogni caso, lasciare che tutto prendesse il suo corso, senza forzature. Non si aspettava che la relazione tra lei e Lucas, sempre che tale si potesse chiamare, prendesse una piega più seria e definita. No, si aspettava invece che le loro strade si sarebbero presto divise, esattamente come si erano incrociate, lasciando solo un bel ricordo.
    Quel giorno avevano in programma di condividere un viaggio in direzione Bergen. Lui le aveva rivelato di doversi recare lì per lavoro e quando quindi la segreteria della sua vecchia Università l’aveva contattata, per avvisarle che c’erano alcune cose lasciate in sospeso a cui porre rimedio, gli aveva quindi proposto di affrontare insieme quelle ore di auto e magari pranzare insieme in città, una volta messe a punto alcune delle loro questioni. Ognuno avrebbe preso la sua strada, si sarebbe concentrato sui suoi impegni, sapendo però che l’altro sarebbe stato a qualche metro di distanza e a un semplice colpo di telefono. Sorrise quando vide l’auto di Lucas raggiungerla di fronte all’Anthemis, dove gli aveva dato appuntamento prima di mettersi in viaggio. Sam non amava guidare, preferiva andare in bicicletta, camminare, oppure prendere i mezzi pubblici, quindi, all’interno della proposta di compagnia, aveva aggiunto che a lui sarebbe spettato il volante e che lei avrebbe pensato alle provviste per il viaggio. Che si trattasse solo di poche ore non aveva molta importanza, per lei ogni viaggio degno di essere chiamato tale doveva sempre portare con sé della buona musica, una bella compagnia e qualcosa di buono da bere e da mangiare. Era sempre stato così e ci teneva a mantenere viva quella tradizione anche con chi ancora non la conosceva.
    Il profumo di pane, burro e spezie la accompagnò per tutto il tempo, fino a quando non salì sull’auto, con un sorriso stampato sul volto. -Oh eccoti finalmente! Pensavo fossi partito senza di me! - scherzò, allungandosi appena per dare un legger bacio sulle labbra di Lucas, per poi accomodarsi meglio contro il sedile e mettere in mostra la busta di carta che teneva tra le mani. -Dunque, ho preso qualcosa di caldo, perché è mattina, quindi è fondamentale tenersi svegli. - disse, sfoderando un bicchiere per Lucas e poi il suo caffè, senza latte e senza zucchero. Quando era più piccola ci metteva tanto zucchero, poi con il tempo si era abituata e ora lo preferiva così, nero, senza aggiunte. -Ho preso qualche brioche e tutto ciò che di dolce e di salato mi ha ispirata appena sono entrata. - continuò, mentre mostrava soddisfatta il contenuto della busta, sfoderando poi un panino al cioccolato e dandogli un morso. -Quindi, ora che siamo armati e pronti per il viaggio, direi che possiamo anche partire. - ne convenne, annuendo appena, tra sé e sé, mentre continuava a sbocconcellare il panino. Aveva evitato di fare colazione, così da poter assaggiare alcuni dei dolcetti appena sfornati dalla nonna di Liv. L’Anthemis era sempre stato uno dei suoi posti preferiti, un porto sicuro dove rifugiarsi nei momenti più tristi, davanti a una tazza di tè fumante e a un pezzo di torta. Era lì che lei e Ophelia avevano stabilito il loro ritrovo, e lì andavano a consolarsi quando qualcuno andava via, continuando a portare avanti la promessa che, loro due, non lo avrebbero mai fatto. Aveva rischiato di rompere quella promessa, lasciandosi guidare da Fred, anni prima, ma fortunatamente si era accorta, giusto in tempo, che le sue erano solo parole al vento, menzogne che l’avrebbero portata a perdere tutti gli amici, senza guadagnare nulla.
    Si voltò in direzione di Lucas, rivolgendogli un altro sorriso. -Allora? Che cosa mi hai detto che dovevi fare a Bergen? - chiese, cercando di mascherare una leggera risata. Era una maniera evidente di fargli intendere che, l’ultima volta che si erano visti, era stata più concentrata su altro e non lo aveva ascoltato molto a fondo. Ma ora, in auto, senza eccessiva distrazioni, potevano parlare davvero.
     
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    Non aveva ancora comprato un'auto, Lucas, non l'aveva mai fatto in vita sua e si era detto più volte con convinzione a dirla tutta, mai avrebbe ceduto. C'erano tante motivazioni dietro quella ostinazione. La passione per le due ruote e la possibilità di sentirsi libero dai doveri di passare tempo importantissimo in coda o di doverlo perdere in ricerche estenuanti di parcheggio lo aveva sempre fatto desistere. Lui amava sentire il vento colpirgli il viso mentre percorreva le strade ad alta velocità, si divertiva a parcheggiare a casaccio senza alcun senso dell'ordine, e oltretutto, con la vita che conduceva, non sentiva alcun bisogno di avere spazio. Gli piaceva necessitare di poche cose e di circondarsi di oggetti che avrebbe potuto sostituire senza alcun problema, utilizzava solo quello che poteva essere interscambiabile. Non aveva mai bisogno di dipendere da nulla, era lui a sentirsi indispensabile. Perciò via qualsiasi necessità di avere un bagagliaio capiente, per portare poi cosa con sé?
    La vita in Norvegia però aveva preso il sopravvento in modi che non avrebbe mai immaginato arrivare davvero fino a lui. La sua azienda, la ACNE di Bergen aveva stabilito che da un certo livello di ruolo in poi tutti dovessero avere oltre al proprio corrispettivo reddito annuo anche un bonus, e questo bonus consisteva in un'auto aziendale. Lucas non era molto contento di non poter scegliere se avere un'auto o un corrispettivo in denaro, tuttavia dato che o avrebbe ricevuto la macchina o non avrebbe ricevuto nulla, aveva deciso che tanto valeva abituarsi all'idea di aver assegnato un'automobile. Era stato convinto che la sua vita non sarebbe cambiata, e macchina in più o in meno non l'avrebbe utilizzata poi più di tanto. Ma doveva ricredersi, guidare una macchina era molto più piacevole dei ricordi che associava solo al trovarsi su e lasciarsi condurre da essa, proprio perché non ne aveva mai guidato una ed era sempre stato portato in giro da altri. La due ruote restava la sua passione primaria, ma le auto forse aprivano uno spiraglio al divertimento che non aveva saputo immaginare prima di esserne al volante. La sua nuova Mini elettrica - viste le fissazioni sull'elettrico norvegesi c'era da escludere che gli assegnassero auto differenti da quelle - sembrava fare al caso suo.
    Aveva cominciato a programmare una serie di gite fuori porta con i suoi amici, ad esempio. Era sempre stato socievole Lucas, ma sapeva anche essere molto solitario: non aveva l'abitudine di organizzare per altre persone, si era abituato in gioventù ad essere portato in giro, ad avere la sua famiglia che organizzasse per sé, suo fratello che si prendesse cura di lui. Poi la vita da adulto l'aveva fatto risvegliare dal suo eccesso di quiete e aveva cominciato a decidere giornalmente le decisioni che si prospettavano davanti. Qualche volta insomma doveva pur toccargli di organizzare a suo modo la sua vita, anche senza largo anticipo, ma con un pizzico di velato e ben dosato raziocinio, da non elargire troppo a chiunque.
    Quel giorno doveva tornare a Bergen per sistemare in sede alcune attività lasciate in sospeso. L'avrebbe aspettato un viaggio in solitaria presso l'azienda, se non fosse che anche Samantha aveva necessità di andare alla sua vecchia sede universitaria. Giorno prima per il giorno dopo la decisione era presa, si sarebbero recati assieme. Glielo aveva chiesto senza pensarci due volte, non appena l'aveva saputo, con un semplice messaggio che recitava: Ci devo andare anche io, vuoi venire con me?
    Sam si era presentata a lui circondata da un profumo di burro e confetture, e del caffé caldo appena macinato. Aveva aperto la portiera dell'auto dal lato del passeggero, con Lucas che era ancora rimasto ad osservare la strada del centro di fronte a lui, attento a non piombare addosso ad un passante non identificato, attenzione necessaria perché doveva ancora abituarsi alle misure della carreggiata. « Whoa. » Mormorò. Non era difficile spaventarlo al mattino, aveva la reattività silente di un insetto al tramontare del sole. Guardò Sam avvolta nel suo entusiasmo, rimase per un pò ad osservarla in silenzio, con lo sguardo di chi ne sapeva sempre troppo più degli altri. « Buongiorno dear. » La chiamava sempre cara, quando non la chiamava per nome. A Lucas non piaceva chiamare le persone allo stesso modo, tutti gli individui importanti per lui avevano un epiteto personale, un soprannome tutto per loro. Sam era dolce, affettuosa, ma era anche una ragazza forte ed indipendente. Da quando l'aveva fatta entrare nella sua vita aveva trovato una direzione, qualcosa di molto simile ad una stabilità temporanea. Era un rifugio sicuro che gli permetteva di pensare, di prendere fiato. Sam gli aveva insegnato il norvegese, sapeva guidarlo e condurlo, si ricordava di tante piccole cose che a lui sfuggivano. Si era reso conto di essersi affezionato ad avere la sua presenza attorno, seppure quella fosse una relazione aperta, e c'erano molte cose dette e non dette tra loro, e altre su cui invece erano stati chiarissimi: non sarà per sempre, e nessuno dei due sarebbe stato mai geloso dell'altro. « Se non ci fossi tu non mangerei mai al mattino. Grazie. Come sempre, efficiente e premurosa. » Mormorò, dopo che Sam l'ebbe baciato. La guardò per un pò, dopo essersi zittito, sentendosi molto fortunato. Si sentiva coccolato, emozione che sembrava essere molto sporadica da provare e sempre condizionata a relazioni in cui dovesse sentirsi tirato con il cappio al collo, e da cui ovviamente oramai rifuggiva. Lucas adorava i cibi dolcissimi. Avrebbe potuto saltare interi pasti ma per lui era necessario cibarsi di cose dolci, perciò, Sam era stata dalla prima volta che l'aveva notato sempre attenta a riempirgli qualsiasi cosa di zucchero, tanto per esserne sicura. Prese in mano il caffé che gli aveva porso Sam, prendendo un sorso lunghissimo prima di poter riprendere a risponderle. Rise, nell'osservarla mentre addentava il panino al cioccolato. « Per me cosa c'è? » Mormorò, avvicinandosi a lei e con il viso puntato in direzione della busta. In effetti la ragazza gli aveva detto di aver preso un assortito di tutto quello che aveva l'Anthemis a disposizione, ma lui e la sua indole sorniona chiamavano a gran voce il coinvincimento di dover essere preso in considerazione un altro pò, perché potesse raccontagli il contenuto della busta. Sarebbero stati pronti per partire, come aveva convenuto giustamente Sam. Lucas annuì alle sue parole, e dopo aver bevuto un altro sorso di caffé poggiò il bicchiere nello spazio tubolare apposito vicino alla posizione del cambio automatico. Fece partire l'auto, selezionando la retromarcia in direzione opposta, attento a che non ci fosse nessuno vicino a loro e che la strada fosse ingombra. Fece una espressione di disappunto evidente, guardandola di sottecchi con lo sguardo assottigliato e le labbra contratte. « Perciò a chi ho raccontato le mie vicende lavorative? » Rise, con le mani sullo sterzo mettendo infine il piede sull'acceleratore per partire. « Ok, ti ri-racconto. » Era diventato bravo a parlare in norvegese. A parte i momenti in cui gli veniva facile imprecare in inglese esclusivamente british o qualche soprannome che elargiva in giro ben attento a chi chiamare e come, gli veniva naturale risponderle nella sua lingua madre. Avrebbe sempre conservato un accento particolarmente diverso, ma questo sembrava dare alla sua immagine un fascino nuovo ed insolito. E in effetti era merito di Sam, perché a distanza di mesi aveva fatto l'impossibile. « Devo recuperare delle bozze lasciate su carta quando abbiamo disegnato un mockup condiviso con i clienti. Non possono inviarmele perché per ora stiamo cercando di condurre dei workshop in presenza in modo da disegnare assieme possibili soluzioni e spunti... piace molto l'idea di appuntare post it alla lavagna bianca e disegnare assieme dei percorsi per l'esperienza dei clienti finali. » Cominciò a raccontare, dando un occhio alla strada e uno agli occhi azzurri di Sam. Per il suo lavoro si recava molto spesso fuori e spesso si trovava nelle sedi delle aziende della clientela oppure si incontrava per colloqui informali in giro per le cittadine nei dintorni. Era un bel lavoro che gli lasciava spazio per muoversi, viaggiare, improvvisare. Per quel motivo non si spostava tutti i giorni nella sede ufficiale, solitamente ci tornava una volta ogni settimana, o due, e quando capitava di andare in sede era per meeting estesi a progetti molto grandi. « Una volta recuperato tutto devo riprendere a disegnare per proporre una campagna pubblicitaria. Devo registrare alcuni video per il sito del cliente, per cominciare. » Continuò, nel frattempo che aveva imboccato l'ultima strada del centro cittadino che li avrebbe portati, qualche chilometro più avanti, fuori dalle vie con le case colorate di Besaid ai margini della banchina. Si voltò verso Sam quando era sicuro di essere su strada libera, e le fece segno con il viso indicando con il mento il sacchetto di carta. « Mi fai mangiare? Per favore? » Sussurrò, porgendole un sorriso grandissimo. Le aveva chiesto indirettamente di essere imboccato, ma si doveva capire, aveva ancora esperienza da accumulare che gli permettesse di guardare a destra e sinistra, la strada di fronte e coordinare le braccia al volante. Non era affatto segno di essere stato per una vita abituato ad essere viziato, vero?
     
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    Non aveva idea di come sarebbe andata a finire quella giornata. Come accadeva ogni volta che si trovava insieme a Lucas aveva evitato di fare dei programmi a lunga scadenza. Sarebbero arrivati a Bergen insieme e poi entrambi si sarebbero recati verso le rispettive mete, il resto lo avrebbero valutato strada facendo. Lei era convinta che il suo fosse un impegno piuttosto breve, dopotutto doveva giusto sistemare alcuni documenti e recuperare delle cose che aveva lasciato al campus, qualcosa da cui si sarebbe liberata al massimo in un’ora. Lucas invece sarebbe stato probabilmente trattenuto molto più a lungo, visto che aveva degli impegni di lavoro. Ne avrebbe quindi approfittato per rivedere alcuni colleghi che non frequentava più da qualche mese oppure, se fossero stati tutti occupati visto il poco preavviso, avrebbe trascorso un po’ di tempo in biblioteca, o si sarebbe infilata in qualche vecchia aula ad ascoltare lezioni che ancora ricordava. Le mancava la vita da universitaria, ma era felice del suo nuovo lavoro. A volte si chiedeva come sarebbe cambiata la sua vita se avesse deciso di partecipare alle selezioni per un dottorato piuttosto che allo stage per il Daily. Aveva sempre avuto il vizio di provare a immaginare scenari diversi, o storie e universi paralleli. Aveva persino iniziato a scrivere una di quelle storie su uno dei suoi quaderni colorati, abbandonandola dopo qualche capitolo, troppo presa da altre cose. Peccato non aver portato quei quaderni con sé, poteva essere un ottimo modo per riempire il tempo.
    Aprì la portiera della macchina di Lucas senza prima bussare appena sul finestrino, convinta che lui l’avesse notata. Quando colse quindi la sua espressione sorpresa o forse persino un po’ spaventata, si ritrovò a ridacchiare con aria piuttosto divertita. -Sei troppo distratto di primo mattino, è troppo semplice sorprenderti. - gli disse, con un tono di voce allegro e spensierato. Erano diversi sotto tantissimi aspetti e questo era uno di quelli: Lucas aveva bisogno di tempo prima di carburare davvero al mattino, lei invece si svegliava già piena di energie e pronta per una nuova ed entusiasmante giornata. A volte andava a fare una piccoletta corsetta o una passeggiata ancora prima di aver fatto colazione, così da trascorrere un po’ di tempo con Frost prima di essere completamente assorbita da tutti i suoi impegni. Visto che quel giorno sarebbe stata fuori per tante ore si era assicurata che Frost avesse abbastanza acqua e cibo, ma si era anche raccomandata con suo cugino affinchè facesse un salto almeno una o due volte per verificare che tutto andasse bene. Negli ultimi tempi aveva messo a soqquadro l’intera casa quando lei era fuori per qualche ora ed era diventato sempre più incline alla solitudine. Quando lo chiamava spesso la ignorava e lei si sentiva sempre più preoccupata. Iniziava a pensare che fosse il caso di provare a sentire quel suo amico che si occupava di addestrare i cani, forse avrebbe potuto darle qualche consiglio o magari le avrebbe trovato un posto all’interno delle sue lezioni. Non era molto brava con gli animali visto che prima di quel momento non aveva mai avuto un animale da compagnia, sua madre non era d’accordo.
    Un sorrisetto sornione le comparve sul volto quando Lucas la ringraziò, affermando che fosse una persona piuttosto premurosa. -In realtà l’ho fatto per me. Non posso resistere tutte queste ore senza mangiare neppure un boccone, tu sei solo una conseguenza. - lo prese un po’ in giro, giusto per non ammettere di essersi effettivamente affezionata a quel ragazzo. Le sue storie sino a quel momento non erano andate per il verso giusto e per questo voleva tenersi a una certa distanza, per evitare di stare male di nuovo. Mettere quindi in chiaro, come un patto, che nessuno dei due si sarebbe dovuto aspettare nulla di serio, era stato per lei incredibilmente rassicurante. Le permetteva di sentirsi libera, leggera. Non sapeva quando e se sarebbe stata di nuovo pronta per una relazione seria e importante. Per il momento preferiva vivere così, senza sapere che cosa la aspettasse. -Per te ho pensato a un favoloso Skillingboller. - disse, estraendo una ciambella di pasta brioche con cannella e zucchero dalla busta di carta, servendosi di un fazzolettino per non prenderlo con le mani. -Oppure uno Skolebrød alla crema. - aggiunse, mostrando una brioche con crema alla vaniglia e glassa di cocco per dargli la possibilità di scegliere almeno tra due dolcetti diversi. Lei aveva preso un semplice panino al cioccolato, tanto le piacevano tutti, mentre avrebbe lasciato il sacchetto delle cose salate a un secondo momento. Lui mise in moto e lei si sistemò meglio contro il sedile. -Non saprei, non so a chi vai in giro a dire i fatti tuoi. - rispose, con aria non colpevole, quando sapeva bene che lo aveva raccontato proprio a lei e che lei non era stata a sentire, occupata a pensare ad altre cose.
    Annuì appena, questa volta davvero interessata e attenta ai suoi racconti quando lui ricapitolò quello che avrebbe dovuto fare quel giorno per il suo lavoro. Recuperare i bozzetti doveva essere una cosa veloce, mentre disegnare i nuovi bozzetti per la campagna pubblicitaria e registrare i video per il sito non lo sarebbero stati altrettanto. Assunse un’aria leggermente pensierosa mentre cercava di calcolare mentalmente i tempi di lavorazioni di cui lei non sapeva assolutamente nulla. -Ma sei sicuro di riuscire a finire in giornata?- domandò quindi, per niente convinta. Lei, in effetti, poteva anche tornare in treno e poi passare a farsi prendere alla stazione più vicina a Besaid, mentre lui forse era meglio che iniziasse a pensare a un luogo dove trascorrere la notte, sempre se non voleva farlo in ufficio. Opzione scomoda ma molto pratica, in caso di lavoro eccessivo. Lei a volte si era immaginata Lars addormentato sulla sua scrivania, troppo preso da qualche articolo per decidere di chiudere e tornare a casa. A lei invece non era ancora capitato di addormentarsi al Daily e sperava che non accadesse mai. Era disposta a restare al giornale per più tempo del previsto in caso di articoli particolarmente importanti, ma che figura ci avrebbe fatto se qualcuno l’avesse vista dormire? Non aveva mica un ufficio tutto suo, non ancora per lo meno. -Altrimenti non preoccuparti per me, posso trovare un altro modo per tornare in città se devi trattenerti. - lo rassicurò, così in caso si fosse reso conto che i suoi piani erano irrealizzabili non si sarebbe sentito troppo in colpa per lei. Le bastava essere avvisata almeno in tempo per poter prendere l’ultimo treno.
    Una volta vicini all’uscita della città, in una strada perfettamente dritta e scorrevole, Lucas le chiese di imboccarlo per permettergli di finire la sua colazione. Lei sorrise, scuotendo appena il capo con aria divertita, prima di allungargli la brioche che aveva scelto, permettendogli di dare un morso prima di allontanarla di nuovo e farlo concentrare per qualche altro momento sulla strada mentre masticava. -Hai sentito della strana malattia che ha colpito quegli scalatori? Circa un mese fa? - chiese ad un certo punto, tra un boccone e l’altro. Non sapeva perché gli fosse tornato in mente. In effetti erano così pochi i casi fino ad allora accertati che era quasi sciocco parlarne. -Una collega del giornale era alla festa, quella sulla spiaggia, ma non mi ha raccontato molto di quello che è successo. - continuò, ancora sovrappensiero, avvicinando poi di nuovo la brioche a Lucas. -Spero che questa strana malattia si spenga presto. Non voglio neppure pensare alla possibilità che si espanda ulteriormente. - terminò, dando al ragazzo l’ultimo boccone del dolce, prima di sorridere di nuovo, cercando di tirare fuori un’aria più tranquilla. -Scusa, è che al giornale arrivano un sacco di segnalazioni e a volte mi capita di ripensarci. - spiegò, scusandosi per avergli fatto quelle domande e per l’atmosfera un po’ più seria che aveva fatto calare in macchina. -Bene! Ora che abbiamo la pancia piena direi di cercare un po’ di musica. - mormorò quindi, cambiando velocemente argomento. Posò le buste su un lato del sedile, sporgendosi appena in avanti per armeggiare con le stazioni, non riuscendo a trovare nulla di buono, quindi premette il bottone per cambiare sorgente, curiosa di sapere cosa contenesse la playlist dell’altro. -Vediamo un po’ che cosa hai ascoltato di recente. - disse, mentre premeva il tasto play, andando a riposizionarsi con la schiena contro lo schienale. A guardarli così, seduti l’uno accanto all’altra all’interno di un auto si sarebbe notato subito che erano molto più vicini all’essere due buoni amici piuttosto che due persone che si frequentavano.
     
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    Lucas sapeva che frequentare più ragazze significava spesso avere non solo vantaggi, ma anche una cospicua dose di sottili stilettate inferte ogni tanto dalla compagna di turno. Lucas finse una espressione offesa per poi tradirsi con la sua risata subito dopo. Era stato costruito in modo tale da non preoccuparsi tanto se ogni tanto fosse oggetto di sfogo da parte loro, una frecciatina una volta o due poteva andare anche bene, anche di primo mattino. In quel caso era anche troppo definirla frecciatina: la relazione con Sam era semplice e leggera, a loro piaceva ridere e scambiarsi opinioni senza darci peso rimanendo ancorati alle frasi dette e a quelle non pronunciate. « Lo so, mi hanno assemblato così. » Glielo disse sollevando le mani prima di farle restare ancorate allo sterzo, una volta partiti e messa in moto la vettura. « Dovremmo provare in situazioni contrarie, ti dovrei tendere agguati nella notte. » Non che Sam non fosse proprio attiva in orari notturni, ma era lui a destreggiarsi meglio al buio, a vivere di quello che gli regalava la notte, a sentirsi più vivo. Il giorno per lui si stirava malinconicamente sulle attività da fare facendolo sentire assopito per le prime ore della mattina. Strinse gli occhi, regalandole una espressione complice. Poteva sembrare un commento piccato e malizioso, e ogni tanto gli piaceva lasciar intendere che le cose fossero più ampie di quelle che diceva, buttando un po’ al caso che potesse parlare di qualcosa di più sottile. Accettò anche di buon grado il commento che la ragazza gli porse poi relativamente alla colazione che aveva comprato. Lui spesso non mangiava al mattino, non faceva colazione regolarmente, non faceva niente di abitudinario nella sua vita, non aveva concetto di routine applicabile in nulla. Eppure se qualcuno gli faceva svolazzare del cibo sotto al naso allora lo desiderava. Un po’ come tutto, quando sentiva di avere mancanze non identificate, allora diventava preda di voglie improvvise, e temporanee. « Ah già. Mi va bene anche essere una conseguenza, l’importante è il risultato. » Che era anche una massima importante nella vita di Lucas. Non per forza le cose dovevano avere un significato netto, non si lasciava condizionare dall’essere una conseguenza, quello che era importante per lui era il traguardo, il fine, non i mezzi. Spesso le conseguenze, come definite da Sam, derivavano da istinti diversi. Spesso le persone non puntavano direttamente a lui, ma lui si trovava nel mezzo, e l’importante era capitarci. Si applicava a tutto quello che stava succedendo a lui in sfera relazionale e amorosa. La relazione con Lily era strana, un momento prima era vicina uno dopo lontana. Era stato oggetto del suo desiderio, una volta rivisto dopo tanto tempo, per sapere di essersi collocato a metà tra lei e Theo. Eppure gliela aveva tolta per qualche tempo, così come si era messo nel mezzo con la storia con Eva. Lui non sapeva bene cosa stesse combinando ma quello che immaginava a fatica era che Theo risultava sempre una versione originale verso cui tutte le persone venivano traiettate, sempre nella sua orbita, e lui risultava una copia ben riuscita dell’originale, di base era quello, una buona somiglianza. Sbuffò tornando a pensare a Sam e a guardarla mentre gli raccontava dei dolci che aveva comprato. Annuì al suo elenco, prendendosi il tempo necessario per pensare a cosa mangiare prima di risponderle. L’argomento della conversazione si spostò sul motivo del viaggio a Bergen per Lucas. Doveva recuperare bozze rimaste in sede di disegni incompiuti e post it lasciati in occasione dell’ultima riunione a cui avevano partecipato i suoi colleghi in presenza di uno dei loro clienti. Sam non parve convinta della possibilità che riuscissero entrambi a coordinarsi con i loro tempi per i loro impegni. « Si, certo! Devo solo recuperare il materiale. Al resto lavorerò a casa in questi giorni. » Continuò in risposta a lei, cercando di spiegarle meglio il suo compito dandole una risposta più concreta della precedente. Aveva raccontato cosa altro sarebbe stato necessario fare per lui per portare a termine il lavoro, ma non significava che avrebbe dovuto fare tutto quello stesso giorno. In realtà le aveva anticipato cosa avrebbe comportato quell’incarico nei giorni successivi e nel lavoro a venire, per quel giorno doveva solo effettuare il viaggio e perdere al massimo un paio di ore in azienda, non di più. Doveva anche parlare con il suo capo di una faccenda urgente riguardante un compito che lo avrebbe spedito per un po’ da un cliente fuori zona, ma le politiche della sua azienda dovevano rispettare il fatto che fosse cittadino di Besaid. Pur non sapendo nulla della questione particolarità le politiche comunali intervenivano per qualsiasi cittadino che lavorava in zone limitrofe per impedire che venissero allontanati a lungo oltre le due settimane stabilite come limite temporale massimo fuori dai confini. In ogni caso non disse nulla a Sam per evitare di farne una tragedia più grossa di quello che era, soprattutto perché doveva ancora capire come muoversi a riguardo.
    Alla fine le indicò la brioche alla crema e glassa al cocco, con un gesto del capo inclinando solo il mento nella direzione della pasta scelta. Sam lo imboccò come le aveva chiesto. Riuscì a dare un morso senza sporcarsi, masticando un grosso boccone di pasta pieno di crema. Poi annuì mentre avevano preso la giusta direzione sull’autostrada verso Bergen. « Riusciremo a coordinarci, non mi porterà via troppo tempo. Tu quanto tempo pensi di metterci in università? » Non che fosse particolarmente bravo a coordinare i tempi altrui con i suoi, ma gli sembrò giusto chiederle quanto tempo prevedesse di restare in università per conversare con lei e poi capire, decidendo assieme, i passi da fare quando si sarebbero spostati da soli appena l’avrebbe lasciata al campus universitario. Sbadigliò, Lucas, per riflesso. La macchina elettrica era silenziosissima nel suo tragitto, il rumore più forte udibile era appena lo spostamento del vento attorno a loro, nessun tremore del veicolo prodotto dal motore poteva essere percepibile ovviamente.
    Si rabbuiò a sentire parlare del virus. Lucas non si spaventava facilmente di fronte agli imprevisti, ma quel tipo di agitazione era riconducibile a qualcosa di completamente ignoto. Era ancora da poco che conviveva con il suo potere, essendo da poco arrivato a Besaid, parlare di quel tema lo rendeva nervoso, ma era sollevato dal potersi confidare con Sam. « In effetti mi preoccupa. » Cominciò a dire. « Non ne avevamo ancora parlato. » Aspettò che la ragazza finisse di dire la sua per riprendere la parola. Si schiarì la voce, stavolta in autostrada si permise di riprendere in mano il cartone contenente il caffè per bere un lungo sorso, con l’altra mano rimase stabile sul volante. « Se ci sono novità tienimi informato. In questo momento sappiamo solo cosa avete scoperto voi al giornale. » Sam aveva grande considerazione del suo capo, e in effetti era stato lui ad avere l’esclusiva del giornale e a rilasciare la notizia più importante sentita a Besaid da mesi. La festa sulla spiaggia aveva già creato turbamenti mesi prima con quello strano incidente accaduto ad alcuni, ma lui non aveva saputo nulla se non per sentito dire dagli altri, Theo, Sam, e Paul, spaventatissimo per il suo caro amico Beat. Eva aveva gli occhi che le brillavano quando gli parlava di scoprire nuove frontiere dei poteri di Besaid. A lui a parte sentirsi intrigato a vederla così presa da qualcosa, importava il giusto del saperne di più, e pensava che fosse più importante che questo problema non lo toccasse e non lo sfiorasse per nulla al mondo. Anche Lily in questo gli somigliava molto e la pensava come lui: conoscere per loro era importante per sopravvivere, non per sete di conoscenza.
    « Sì, speriamo che si sappia qualcosa che possa aiutarci presto, e che sia un caso isolato. » Aggiunse, in riferimento agli sciatori che erano stati vittima del virus, facendo eco alle parole che la stessa Sam aveva pronunciato, dicendo un pensiero molto simile. Purtroppo la sua conoscenza in materia era limitatissima, ma poteva dirle le parole che aveva sentito da Eva, facendo suo un pensiero che la dottoressa aveva espresso tempo prima. « Sembra che fosse solo questione di tempo. Troppi equilibri sono cambiati, e, dicono, potrebbero esserci poteri non registrati più pericolosi dei nostri che possono aver agito sugli altri. » Lasciò andare quel pensiero senza pensarci su, avrebbe aspettato la risposta di Sam per proseguire ancora. Sospirò, man mano che guidava si sentiva fortunatamente per entrambi più sveglio e meno preda del sonno, e nel frattempo qualche chilometro era stato superato velocemente con poco traffico di altri veicoli attorno a loro. Finì di mangiare la brioche che gli porgeva Sam leccandosi le labbra per la glassa in eccesso che gli rimasta impiastricciata sopra. Non indugiò oltre sui pensieri negativi, e rise quando vide Sam adoperarsi a guardare prima cosa ci fosse ai programmi radio, per poi passare direttamente alla sua playlist sul dispositivo già collegato alla sua auto. « Sono sicuro che questa non te l’aspetti. » In effetti non era il suo genere, non quello che lo identificava, ma a Lucas piaceva ascoltare ogni tanto musica classica, che aveva il merito di renderlo concentrato in tantissimi impegni della giornata. Spesso ci disegnava su, ci lavorava, raramente la ascoltava in auto ma era l’ultima playlist ascoltata: concerti di violino. Tchaikovsky aveva fatto capolino con il suo unico concerto di violino come ultima composizione riprodotta. « Questa è una lunga storia, forse.. forse non te l’ho mai raccontata. » Ci pensò un po’ rendendosi conto che nel tempo trascorso con Sam non aveva mai menzionato suo fratello se non avendole detto che aveva un fratello maggiore che era stato in parte ragione del suo trasferimento a Besaid. Forse era l’unica delle persone che circondavano la sua vita in Norvegia a non avere idea dell’esistenza di Theo, e a non curarsene.
     
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    Arricciò le labbra, osservandolo con aria più attenta, cercando di immaginarselo mentre cercava di tendere agguati nel cuore della notte. Se lo immaginò per un momento mentre cercava di entrare furtivamente dalla finestra, secondo la tradizione che Fae le aveva insegnato ormai qualche anno prima. Chissà se anche lui sarebbe capitolato a terra come aveva fatto lei la prima volta, o se sarebbe elegantemente atterrato con i piedi per terra con un balzo felino. Rise, senza renderlo tuttavia partecipe dei suoi pensieri. -Oh beh, basta che non cerchi di entrare dalla finestra. - disse soltanto, continuando a ridacchiare. Di certo lui avrebbe trovato strana una cosa come quella e Lucas non le sembrava certo il tipo che preferiva usare la finestra come una porta, ma continuò a riderne di gusto. Scosse la testa poi, quando lui non si lasciò scalfire neppure dall’idea che non avesse comprato la colazione appositamente per lui. Era straordinario il modo in cui riusciva sempre a trovare parole in grado di sorprenderla. Non aveva mai conosciuto qualcuno come lui, così tranquillo e quasi impossibile da destabilizzare. Chissà che non fosse quello ciò di cui aveva bisogno in quel momento: qualcuno che le insegnasse a lasciarsi scivolare le cose di dosso, senza che queste potessero ferirla. Avrebbe voluto poter avere quell’abilità tanti anni prima, invece si rendeva conto di non riuscire a padroneggiarla neppure allo stato attuale. Si sforzava di andare sempre avanti, a testa alta, con il sorriso, ma la verità era che, in certe occasioni, avrebbe soltanto voluto urlare e mandare tutto quanto all’aria. Ci stava lavorando però e piano piano sentiva che alcuni aspetti della se stessa più giovane stavano tornando a galla, come quella rinnovata allegria. Chissà quanto sarebbe durata, però. Dopotutto Malice le aveva detto che aveva intenzione di partire, allontanarsi dalla città per un po’. Lei era sempre stata la sua roccia, una delle persone più importanti della sua vita, e scoprire che sarebbe potuta sparire da un momento all’altro la mandava un po’ in confusione. Forse anche lei avrebbe dovuto trovare il coraggio di perdersi in giro per il mondo, almeno per una volta?
    -Ah sì? Credevo dovessi fare tutto oggi. - rispose, decisamente più tranquilla, quando lui le fece capire che la serie di cose che le aveva elencato sarebbe state svolte da lì ai prossimi giorni e che non doveva necessariamente fatto tutto a Bergen. Attese la sua scelta del dolce prima di iniziare a imboccarlo con aria piuttosto tranquilla, continuando a dialogare. -In teoria non dovrei metterci più di un’ora. - iniziò lei, mentre cercava di fare mente locale e stabilire quindi una tempistica realistica, sebbene lei non fosse certo un genio della matematica o delle probabilità. -Devo solo ritirare dei documenti in segreteria e firmare delle altre cose, ma non c’è mai troppa fila. - continuò, ricordando le precedenti occasioni in cui si era dovuta recare presso quella struttura. Le era sempre andata piuttosto bene, forse perché ogni dipartimento aveva un suo ufficio dedicato e quindi era raro che troppe persone vi si recassero nello stesso momento, a meno che non ci fossero occasioni particolari. -Potrei solo venire bloccata da qualche amico e finire in un vortice di chiacchiere senza fine. Questo tempo purtroppo non è prevedibile. - aggiunse quindi, con un sorriso divertito. si sarebbe ovviamente potuta liberare anche da quello in caso di necessità, ma immaginava che non ci fosse il bisogno di dirlo. -Ma credo che potremmo pranzare insieme. Magari da Marg & Bein. - aggiunse poi, ripensando ai localini in cui era stata nei suoi anni di permanenza in quella città. era un piccolo locale che si trovava vicino all’università, abbastanza tranquillo e non troppo popolato. Era decisamente meglio mangiare qualcosa prima di rimettersi in viaggio.
    La discussione virò sul virus senza che quasi se ne rendesse conto. Al giornale era divenuto un argomento molto dibattuto, quindi ormai le veniva quasi naturale parlarne. -E purtroppo non è molto, ci stiamo ancora lavorando. - disse, quando Lucas le chiese di tenerlo aggiornato se ci fossero stati altri sviluppi. In effetti era incredibile che il sindaco non avesse ancora fatto un comunicato stampa e che non avesse cercato di dare informazioni ai suoi cittadini. Sembrava che le altre sfere cercassero di insabbiare tutto e la cosa non suonava molto rassicurante. -Vedrai che troveranno una cura e che tutto si sistemerà. - disse, posando una mano sulla gamba del ragazzo e accarezzandola appena. Le dispiaceva sapere che lui fosse così preoccupato e che non gliene avesse parlato. Credeva che fossero prima di tutto amici, ma evidentemente non aveva ritenuto opportuno parlargliene. Le dispiaceva quindi aver tirato dentro quell’argomento e averlo messo a disagio. -Scusami, non volevo rovinare la giornata. A volte parlo troppo. - si scusò quindi, ritraendo la mano e riportandola sulla propria coscia per poi volgere lo sguardo verso l’esterno del finestrino. Non era brava con quel genere di relazioni, era la prima volta che si trovava a confrontarsi con qualcosa di simile. -Sì, anche io credo che sia stato il potere di qualcuno a scatenare tutto questo. Ma non riesco a comprenderne l’entità. - mormorò infine, con un leggero sospiro. A volte anche lei avrebbe voluto avere una particolarità molto diverso, qualcosa di incredibile che l’avrebbe resa speciale agli occhi di tutti. Con gli anni quel pensiero si era affievolito e aveva imparato ad accettare il suo dono senza più denigrarlo. Negli ultimi tempi, tuttavia, aveva iniziato ad avere paura di perdere il controllo, di generare piccole trombe d’aria senza volerlo, un po’ come accadeva quando si arrabbiava molto o provava delle emozioni negative troppo forti. Ad ogni modo, sapeva che non era quello il momento migliore per parlarne, non mentre entrambi avevano ben altro a cui pensare.
    Cercò di ridestarsi, scacciando quell’alone di tristezza e buttandosi quindi sulla musica per riportare l’allegria. La sorprese non poco trovare della musica classica nella playlist, quindi si voltò di nuovo nella sua direzione, con aria stupita. Lui rise, immaginando probabilmente di non avere proprio la faccia di uno appassionato di quel genere di musica. In effetti tutto si sarebbe aspettata, fuor che quel genere. -No, decisamente non me l’aspettavo. - ne convenne, senza neppure cercare di simulare la sua curiosità e la sorpresa. Iniziava a rendersi conto di sapere davvero poco sul suo conto e di essersi fermata alle prime apparenze, senza cercare di scavare più a fondo. Quasi non si riconosceva. -No, credo proprio che tu non me l’abbia ancora raccontata. - rispose, ridacchiando appena. Sorvolò sul fatto che, in effetti, si fossero raccontati davvero poco sulla loro vita. Trascorrevano il tempo insieme con leggerezza, senza impegnarsi troppo e forse per quello avevano finito con il trovare una certa chimica senza sapere niente l’uno dell’altra. -Beh, direi che un viaggio in auto di qualche ora è il momento perfetto per una lunga storia. - aggiunse poi, con un sorriso tranquillo, mettendosi più comoda per ascoltare la sua storia. Di sicuro quel giorno non se la sarebbe scampata. -Com’è nata questa tua passione per la musica classica? - domandò, fingendo un atteggiamento molto professionale e allungando il pugno chiuso nella sua direzione a mo’ di microfono, come se stesse simulando un’intervista.
    Ascoltò il suo racconto con estremo interesse, cercando di cogliere ogni dettaglio possibile sul ragazzo. -Sai, io ho sempre sognato di viaggiare. Allontanarmi per un po’ da Besaid, ma la paura di dimenticare mi ha sempre frenata. - disse, seguendo il filo dei pensieri che l’aveva accompagnata per tutto il tempo. Per un momento pensò di nuovo a Malice, a quanto le mancasse la sua amica e a quanto le sarebbe mancata, sempre. -Chissà, magari un giorno riuscirò a godermi una vacanza in santa pace, senza avere paura di perdermi qualcosa. - aggiunse ancora, con un sorriso. Immaginava che per chi era estraneo alla città fosse difficile concepire quel tipo di vita. Ne aveva parlato anche con Lars tempo prima e aveva capito che avrebbe dovuto buttarsi, prima o poi, magari insieme a qualcuno di fidato.
     
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    Non sapeva se le sue parole avrebbero potuto sconvolgere Sam o farle piacere. Certe volte immaginava di associare a lei una reazione ben precisa, e poi si rendeva conto che c'era ancora tantissimo che doveva scoprire di lei, così tanto che era impossibile con le informazioni che possedeva dare un quadro preciso della sua persona. Se gli avessero chiesto chi fosse Samantha Bezuchov in effetti non avrebbe saputo come raccontarla. Avrebbe voluto spiegare quante cose della sua vita erano cambiate con lei, ma era difficile trovare per Lucas, che era un ragazzo poco concentrato sulle singole cose, i dettagli di una sensazione, e a cui piaceva invece sentire le emozioni, viverle, tralasciando le minuzie, non descriverle, non era dunque facile neanche pensarci. Le rispose così come gli era venuto in mente. «La finestra è una bella idea invece. Era proprio quello che immaginavo.» Sorrise, girandosi per guardarla prima di rigirarsi verso la strada che aveva di fronte. Gli sarebbe piaciuto precipitarsi nella sua camera, arrampicarsi così lungo il sentiero, recuperare un appiglio dopo l'altro, e mano a mano raggiungere la superficie del tetto per correre tra le tegole della casa dove abitava lei per bussare al vetro della sua finestra. In realtà più ci pensava e più si rendeva conto che gli sarebbe piaciuto davvero farlo, e che l'avrebbe messo in conto non appena fosse passato sufficiente tempo per entrambi per dimenticare quella conversazione, giusto per sorprenderla poi in seguito. Si morse le labbra dall'aggiungere altro prima che aggiungesse lei qualcosa, e gli rispondesse alla sua frase. Prese un morso del dolce che aveva scelto stupendosi di aver pensato una cosa del genere, così insolito per lui da farci davvero caso. Non indugiò oltre in quel dubbio, si disse che se fosse arrivato il giorno in cui avesse voluto provare a farlo l'avrebbe fatto, ma gli diede fastidio associare quella volontà a qualcosa di troppo vicino a definirlo sentimentale. Lucas sorrise, guardando appena in basso per rendersi conto se si fosse sporcato in qualche modo, tra lo zucchero e le briciole della pasta dolce. «Uhm Sam, poi ricordati di controllare se sono sporco. Visto che devo andare in ufficio.» Borbottò, mentre masticava un altro morso del dolce e cercava di spolverare i pantaloni blu che aveva indosso. No, non si preoccupava molto di essere impeccabile in ambito lavorativo, ma alcune regole non potevano essere calpestate neanche da lui. «Non so se hai notato, ho rispolverato un completo messo una volta sola.» Rise, sorridendo tronfio. Era uno spezzato tutto sui toni del blu, non era un completo come si doveva, aveva una t-shirt sotto la giacca e non una camicia, e adorava il fatto che nonostante fosse costretto a un abbigliamento aziendale in quanto grafico poteva permettersi di indossare qualcosa di più creativo e meno formale.
    Passarono naturalmente nel discorso a discutere dei tempi che li avrebbero impegnati ai loro rispettivi incarichi. L'arcano fu spiegato e chiarì a Sam che non aveva bisogno di essere presente in sede tutto il giorno, ma potevano accordarsi proprio come avevano previsto. Lui pensava di aver bisogno di un paio di ore al massimo dall'ingresso in azienda, e lei in università di doverci restare una buona ora e mezza, salvo imprevisti, dunque si sarebbero potuti incontrare vicino alla sede dell'ACNE, dove lei l'avrebbe potuto raggiungere. Quando lei terminò la sua versione e gli propose il posto dove avrebbero potuto mangiare, Lucas decise di annuire e non proporre nulla di diverso. Era curioso di conoscere una parte della Sam di cui ignorava l'esistenza: aveva nominato il locale a colpo sicuro, recitando il nome del luogo che senza dubbio conosceva dai tempi della sua permanenza in università. Nulla di meglio per osservarla in un ambiente diverso dall'usuale. «Marg & Bein sia, ti raggiungo io. Se vuoi cominciare ad incamminarti tu quando hai finito ci vediamo lì. Basta che non ti diverti troppo a chiacchierare con la gente imprevista.» Le fece una frecciatina, toccando pianissimo a parole un argomento semplice che non voleva stressare, ma che si sentì divertito a menzionare. Poteva concedersi con lei di lasciarsi andare a discorsi complessi ma di essere leggero, e di commentare cose sciocche rendendole molto più serie di quanto fossero. Era una particolarità che esisteva tra loro, nel loro rapporto, che non poteva dire di riconoscere sullo stesso piano di un'altra relazione che condivideva con le altre donne della sua vita. Rimase con un sorriso sul volto, prima di lasciare andare quella considerazione senza dirle nulla. L'argomento successivo riportava l'attenzione su una nota delicata e serissima, la tematica del virus.
    Era preoccupato davvero così tanto da esserne scosso? In fin dei conti sembrava aver raccontato in maniera schietta quello che pensasse a Sam, ed era un problema che lo rendeva insicuro sul suo futuro a Besaid perché toccava i limiti di qualcosa che non conosceva. Non minava direttamente alla sua infelicità, ma sembrava porre un freno a quello che potesse fare liberamente, o a condurre il suo stile di vita per come lo aveva sempre concepito fino a quel momento. Sam gli passò una mano sulla gamba, come per fargli una carezza rassicurante. Le sorrise, e tacque per un pò, finché lei non arrivò a scusarsi. «Ehi.» Le disse, richiamandola all'attenzione. «Non è mica colpa tua Sam, non devi scusarti.» La guardò, con una espressione canzonatoria, come a volerle dire che non doveva farsi buttare giù dal peso del mondo, o che comunque era una adorabile sciocca a pensare di doversi scusare con lui perché non l'aveva fatto confidare come si doveva, finché lui non avesse avuto più niente da dirle. «A meno che non sia tu l'orribile mente criminale dietro tutto ciò. Ah.» Sollevò il mento, glielo puntò in sua direzione, visto che aveva le mani sullo sterzo e non voleva gesticolare troppo. La strada procedeva sotto di loro, e la macchina continuava il suo tragitto in autostrada macinando pian piano chilometro dopo chilometro. La giornata sembrava aprirsi in un sole rassicurante, ma il tempo era come sempre freddo, secco, proprio come piaceva a lui, che non sopportava il caldo e riusciva a sentirsi bene solo quando il gelo gli rinfrescava le tempie per pensare.
    Per distrarlo, aveva deciso di ripiegare sulla musica e decise di cercare informazioni sulle sue playlist per controllare cosa ascoltasse di solito. Sorrise tra sé e sé prima di aspettare la sua reazione e risponderle di conseguenza. Rise di gusto dopo, quando la vide sorprendersi e capire che c'erano ancora tantissime cose di lui che non conosceva. Era vero, ma valeva anche per lui, e sapeva che fino a quel momento stava scoprendo tante cose di Sam e delle altre persone che aveva intorno senza correre con la fretta di sapere tutto e subito, ma adesso era da un anno e mezzo in Norvegia, doveva cominciare ad impegnarsi di più con le conoscenze e le relazioni che facevano parte della sua vita per davvero, le persone strette, essenziali, quelle a cui pensava quando si ritrovava da solo o ricercava ispirazione per le sue bozze. «La lunga storia comincia così. Mio fratello è un violinista.» Cominciò a rispondere, voltandosi verso di lei e stando al gioco, prendendole il braccio che gli allungava a mò di microfono, e stando bene attento ad impostare prima la velocità limite del veicolo e l'assistente alla guida che non lo mandasse fuori strada e seguisse la corsia. Ci aveva pensato abbastanza all'ultimo secondo ma ce l'aveva fatta anche lui, senza che lei potesse insinuare nulla a riguardo, sperò. «Ma non un violinista qualsiasi, eh, è un violinista serio. Ha suonato ovunque. Lo siamo andati a vedere dappertutto io e la mia famiglia. E poi.. diciamo che adesso suona più vicino, fa un pò quello che gli pare, se la gode tranquillamente con quello che ha stra guadagnato...» Continuò a dire, raccontando in modo un pò canzonatorio anche la vita del fratello maggiore Theodore. Poi sorrise, si fermò dopo una pausa di sospensione, riprese a parlare con più cuore e aggiunse meglio alcune informazioni sul suo Theo, il suo eroe, la persona verso cui si misurava e si trovava sempre a trovare differenze tra lui e gli altri. «Ha subìto un grosso lutto tanti anni fa, e ha deciso di concentrarsi sulla sua vita. È arrivato qui in Norvegia, ed è proprio per merito suo se io sono qui. Ho cercato lavoro qui vicino per provare, darmi un obiettivo.» Continuò a spiegarle, fermandosi per aspettare la sua risposta e capire se stesse seguendo il suo racconto. Si voltò verso di lei, per poi ritornare con gli occhi alla strada, un andirivieni pensieroso che gli fece mettere a fuoco l'asfalto ma pensare a Theo il giorno del funerale di Cordelia e come non fosse stato più lo stesso niente da allora, nonostante fossero passati anni e avessero cambiato vita e residenza, sembrava essere ancora tra loro. Ascoltò lei a quel punto, la sua versione sul viaggio e sulla volontà di guardarsi intorno per cercare qualcosa di diverso. «Beh, adesso che siamo entrambi qui è impossibile pensare di vivere altrove un giorno, a meno di non voler dimenticare tutti... ma un viaggio con andata e ritorno lo puoi anche pensare. Da qualche parte vicino prima, con qualcuno di cui ti fidi.» Non la guardò quando lo disse, non sapeva bene cosa pensare. Improvvisamente il pensiero di andare e venire, e dimenticare e pensare di perdere tutto quello che aveva costruito da quando abitava a Besaid lo fece sentire a disagio. Sam cominciava ad avere molta influenza sui suoi pensieri, ed era una constatazione che cominciava a fare più volte capolino nella sua mente: sapeva benissimo che fosse insolito, non doveva ammetterlo neanche a se stesso.
     
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    -Caspita, allora dovrò ricordarmi di chiuderla con attenzione. - scherzò, riguardo l’entrare dalla finestra. L’aveva buttata lì tanto per dire un ricordo di un momento della sua vita particolarmente spensierato in cui si era lasciata andare a una festa e aveva seguito i consigli poco pratici di Fae, la sua migliore amica. Aprirsi a delle nuove persone e stringere altre amicizie l’aveva aiutata a guarire alcune ferite e le aveva permesso di divenire la donna che era in quel momento, di recuperare un po’ delle sue sicurezze e la sua voglia di fare e con esse anche la capacità di buttarsi in una relazione aperta, di uscire con qualcuno senza dover necessariamente pensare che la loro storia sarebbe durata per anni. Aveva apprezzato la chiarezza con cui Lucas le aveva parlato delle loro uscite, del fatto che non fosse l’unica persona che vedeva e aveva deciso coscientemente che era un’esperienza nuova che le andava di fare. Non sapeva come sarebbe finita e se sarebbe rimasta scottata da quel ragazzo per poi vederlo andare via tra le braccia di un’altra persona, ma preferiva non pensarci, vivere giorno per giorno senza farsi abbattere dal peso delle aspettative. -Sì, ho notato che ti sei messo in ghingheri. – disse, soltanto, frenando la lingua prima di aggiungere un altro commento che avrebbe potuto dare l’idea che fosse gelosa. Si chiese però, senza esternarlo, se ci fosse in effetti qualcuno che doveva incontrare in ufficio, magari un’altra persona con cui era stato e con cui continuava a vedersi quando passava per Bergen per questioni di lavoro. Assunse per un momento un’aria seria mentre quell’immagine riempieva la sua mente e lei si sforzava di mandarla via. Beh, non era davvero un’esperta di relazioni aperte e si rendeva conto di aver fatto forse il passo più lungo della gamba. Si stava affezionando a lui in maniera sincera, venendo meno al patto che si erano fatti. Era forse arrivato il momento di allentare un po’ quella frequentazione e provare a guardarsi intorno? Trovare qualcuno di diverso? -Ti sta bene comunque. E non c’è nessuna traccia di zucchero. - aggiunse poi, con un leggero sorriso, prima di rimettersi un po’ più comoda contro lo schienale del suo sedile, ancora presa da pensieri che non avrebbe voluto formulare. Forse non era proprio fatta per quel genere di cose, ma lo aveva scoperto solo perché quanto meno ci aveva provato.
    Propose un luogo di incontro per il pranzo, indicandogli uno dei posti che frequentava più spesso quando alloggiava nel dormitorio dell’Università. Erano passati diversi mesi, ma immaginava che nulla fosse cambiato e avrebbe trovato l’atmosfera familiare e il buon profumo di sempre. -Uhm, non saprei, ricordo che c’era un cameriere piuttosto affascinante, chissà se lavora ancora lì. - mormorò, fingendo un’aria pensierosa, per poi lasciarsi andare a una risata allegra, cercando di sdrammatizzare. -Ci vediamo lì, ma ti avviso quando finisco all’università, così ci coordiniamo. - aggiunse quindi, facendogli un leggero occhiolino. Non aveva voglia di arrivare con troppo anticipo, avrebbe finito con l’ordinare troppo in fretta e iniziare a mangiare, no, era di gran lunga meglio aspettarlo fuori al limite.
    Sorrise, senza rispondere, quando lui scherzò sul fatto che lei potesse essere la terribile mente dietro il virus. Non lo era ovviamente e immaginava che fosse solo una sciocchezza per smorzare il clima, quindi non gli rispose neppure, preferendo allontanare quella questione il prima possibile. La mattina era iniziata bene e non voleva certo rovinarla con argomenti tristi come quello, sebbene il virus fosse oramai divenuto il centro di moltissime delle sue conversazioni. Puntò quindi sulla musica per smettere di parlare almeno per un po’ e lasciare che il sottofondo li accompagnasse per qualche minuto. Più tempo trascorrevano insieme, in quello spazio ristretto, e più le sembrava probabile che da un momento all’altro avrebbe finito con il dire qualcosa di terribilmente sbagliato. La sorprese trovare della musica classica all’interno della sua playlist e non potè quindi fare a meno di chiedere spiegazione. Tra tutte le canzoni che si sarebbe aspettata di trovare sulla sua auto, quella senza dubbio non era mai stata neppure in elenco. Si mise comoda per ascoltare la lunga storia che lui aveva appena citato, inclinando appena il capo con aria più curiosa quando lui le disse che suo fratello era un violinista. In effetti non ricordava neppure che lui lo avesse un fratello, ma forse doveva averlo accennato una volta o due. Rimase in silenzio per tutto il tempo mentre lui parlava della carriera del maggiore, dei viaggi che aveva fatto per andare a vederlo e un leggero sorriso irruppe involontariamente sul suo volto. Quanto erano state incredibilmente diverse le loro vite sino a quel momento e quanto era assurdo che, in effetti, si fossero trovati per caso in quella cittadina sperduta che era Besaid. Si fece più seria quando Lucas accennò a un grosso lutto, avvenuto diversi anni prima, che aveva portato suo fratello a voler cambiare vita e concentrarsi su cosa che probabilmente lo facevano stare bene, decidendo così di trasferirsi in Norvegia. Incredibile come fosse stato proprio lui a spingerlo a cambiare aria. -Mi dispiace per tuo fratello. - disse, prima di ogni altra cosa. Lei era stata fortunata sotto quel punto di vista, non c’erano stati lutti improvvisi nella sua vita, ma aveva conosciuto in maniera traversa quella condizione attraverso la sua amica Fae, che aveva perso suo padre quando era ancora una bambina. Non chiese che cosa fosse accaduto, chi avesse perso, né se quel lutto avesse colpito anche Lucas. Si accontentò di quella poche informazioni, rendendosi conto di essersi incamminata forse su un sentiero minato, ancora una volta. -Ma sono felice che il suo cambiamento ti abbia portato qui, altrimenti forse non ci saremmo mai conosciuti.- aggiunse quindi, cercando di cogliere un lato positivo, anche se piccolo, per quella vicenda.
    Si chiese quanti posti avesse effettivamente visitato, quali luoghi avesse visto nel corso della sua vita e il discorso sui viaggi arrivò quindi in maniera quasi naturale. Fu lieta di sentirgli dire che non aveva intenzione di dimenticare tutto e tutti e abbandonare presto la città. era una cosa che la preoccupava sempre quando conosceva qualcuno che non era originario del posto. -Qualche anno ci avevo pensato. - disse, mentre lo sguardo si perdeva dritto davanti a sé per qualche momento. -Andare via in maniera definitiva, lasciarmi tutto alle spalle. - continuò, senza guardarlo, mentre un volto del passato rifaceva capolino nella sua memoria. Era convinta di aver dimenticato i dettagli che rendevano Fred speciale e invece erano ancora tutti lì, a portata di mano. Non lo nominò, non gli aveva mai raccontato di quella storia importante finita in maniera pessima. -Ma poi non è accaduto e ora sono felice di non averlo fatto. - aggiunse, voltandosi di nuovo a guardarlo solo alla fine di quel discorso in cui si era persa per un po’. -Comunque sì. Non sei il primo che mi suggerisce di fare un piccolo viaggio, di pochi giorni, con qualcuno di fidato. Magari dovrei davvero ascoltare il consiglio. - ammise, ripensando a Lars e alla loro conversazione di diversi mesi prima. Doveva solo trovare la persona giusta e organizzare una meta carina, qualcosa per cui valesse la pena tentare. Ancora qualche minuto e poi il profilo familiare di Bergen si stagliò di fronte a loro. -Oh beh, è andata meglio del previsto, siamo arrivati tutti interi. – disse, prendendolo un po’ in giro, dato che sapeva che lui preferiva muoversi in sella alla sua moto e che non si considerava l’autista migliore del mondo. Aspettò che lui accostasse nei pressi dell’università prima di allungarsi appena nella sua direzione, dandogli un leggero bacio sulla guancia, per poi sorridergli e recuperare la sua borsa. -Bene, allora ci sentiamo tra qualche ora. Buon lavoro. - lo salutò, fermandosi per un secondo a guardarlo, senza sapere se salutarlo in una maniera un po’ diversa o lasciare tutto così, per poi scendere dall’auto e rivolgergli un saluto con la mano. Ci avrebbe pensato più tardi, magari una volta giunto il momento del pranzo, ora voleva solo trovare i suoi amici e sistemare tutte le questioni lasciate in sospeso.

    Tra una chiacchiera e l’altra aveva finito con il metterci effettivamente due ore a compilare i vari documenti, prendere un caffè di gruppo e ascoltare i racconti degli altri. Erano state delle belle ore e se ne era quindi andata con un sorriso felice sul volto mentre prendeva il telefono e scriveva a Lucas un Ho finito, ora mi avvio. Aveva intenzione di muoversi a piedi, così da sfruttare tutto il tempo utile per pensare e mettere a fuoco alcune stranezze di quella mattina. Era stato un bene allontanarsi per qualche ora e adesso si sentiva di nuovo tranquilla e pronta a un nuovo momento di spensieratezza. Ricevette sue notizie durante il tragitto e gli scrisse giusto qualche messaggio veloce, per non disturbarlo troppo, aggiornandolo sul tempo che le sarebbe servito per giungere a destinazione. Era molto probabile che sarebbero riusciti a raggiungere il locale insieme, come avevano preventivato al mattino. Attraversò l’ultimo isolato, muovendosi verso il piccolo ristorante che gli aveva proposto, quando una figura catturò la sua attenzione. Si fermò, giusto un momento prima di attraversare l’ultimo pezzo di strada, sgranando gli occhi per cercare di mettere meglio a fuoco la persona che stava a qualche metro da lei. Non poteva essere Fred, non era così? Eppure, la somiglianza era così incredibile da renderle difficile pensare il contrario. Deglutì a fatica, mantenendosi a una certa distanza e cercando di capire dove quella figura sarebbe andata, prima di muoversi. Non aveva alcuna intenzione di incontrarlo e di lasciare che lui rovinasse di nuovo le sue giornate. Fortunatamente la voce di Lucas la fece voltare nella direzione opposta. Si sforzò di rivolgergli un sorriso, mentre avanzava di qualche passo per raggiungerlo. -Ehi, non ti avevo visto. - mormorò, con aria un po’ assente, prendendo poi un profondo respiro. Per quanto cercasse di fingere che tutto stesse andando per il verso giusto era evidente che ci fosse qualche pensiero a turbarla. -E’ andato tutto secondo i piani in ufficio? - domandò, continuando a guardare dritta verso di lui per evitare di voltarsi e cercare invece Fred. Sperava che se ne fosse andato. Sperava davvero che, per l’ultima volta, se ne fosse andato dalla sua vita.
     
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    Qualche volta doveva ammettere anche lui di non avere la risposta sempre pronta. Succedeva raramente, ma non era comunque qualcosa che gli facesse piacere sperimentare sulla sua pelle. Era anche vero che tutta quella situazione, con Sam, cominciava ad essere nuova. Cominciava a sperimentare lui stesso con lei un modo di essere diverso, ma anche un modo di comportarsi differente. Aveva detto a se stesso che quella situazione poteva essere come le altre, ma non lo era. Sì, diciamo tutti che ogni situazione può essere identica ad un'altra quanto ci pare, e solo la persona con cui la vivi diversa, così Lucas era convinto che avrebbe vissuto esperienze diverse con ragazze diverse frequentandole e fregandosene delle conseguenze vere, quelle con cui ti ci ritrovi in mano quando devi fare i conti con il cuore e le sensazioni proprie ed altrui... ma quella lì era un'altra cosa ancora, che non si ritrovava affatto con quello che sentiva. Cosa avrebbe dovuto dire allora in quel momento? Cosa avrebbe dovuto pensare della sua testa e del suo cuore che cominciavano a dargli segnali totalmente sconosciuti? Ecco che piuttosto, non sapendo come ben comportarsi e non sapendo cosa dire, tacque. La conversazione con Sam era stata piacevole ed erano arrivati al punto in cui poteva proseguire continuando a sembrarle strafottente o mostrarle il suo cuore, e non era qualcosa che desiderava fare, non lo aveva mai voluto con nessuna che non fosse stata Lily Anne Lewis. Era sempre stato così lui, ed era prendere o lasciare. Di solito la parlantina sopperiva al disagio, però in quel momento restava tale, non poteva aggiungere altro senza sentirsi fregato. La guardò un pò, assicurandosi di avere ben innestato il mantenimento della corsia perché non sbandasse mentre era lui a condurre la sua vettura. Rimase a guardarle il profilo del viso, il modo in cui si era incastrata le ciocche di capelli biondi dietro l'orecchio sinistro, mentre gli parlava della finestra, dell'idea che lui vi si lanciasse attraverso, del fare cose folli per qualcosa e qualcuno, ed era stato stolto a dirlo, se ne era reso conto, sarebbe stato meglio che avesse evitato di andarci proprio contro, perché così andava dritto in caduta libera verso qualcosa di misterioso e pericoloso. Fece il suo sorriso migliore, un sorriso buono e bello con il suo faccino pulito, sentendosi infinitamente piccolo. Lei fece una faccia seria commentando il suo abito, e poi riprese a sorridergli, ma lui aveva notato il cambio di espressione, e si chiese cosa le fosse passato per la mente sapendo che non glielo avrebbe chiesto affatto, ma sarebbe rimasto un dubbio che avrebbe taciuto tra sé e sé. «Mi fido. Guarda che se faccio brutta figura è colpa tua, io non mi controllo più.» Biascicò, parole vane, con un tono serissimo, che se avesse detto con tono petulante sarebbero state pesanti, eppure quel suo modo di fare, di dire le cose rendendo l'altra persona partecipe, fece sembrare il suo discorso esageratamente importante, come se avesse detto una frase compiuta e propriamente sensata. Rise, per accompagnare il suono della sua voce e sentì di aver smorzato la gravità del discorso che avevano cominciato, tra gelosie e piccoli screzi, e il tema del virus sconosciuto.
    «Va bene, aspetto che mi scriva tu.» Sentenziò, accordandosi con lei sul come avrebbero dovuto gestire i loro tempi. Quando avrebbe finito di occuparsi della sua missione a lavoro l'avrebbe raggiunta, era sicuro comunque che ci avrebbe messo più lui di lei. Lucas sperò silenziosamente che non gli sarebbe toccato compiere gesti avventati per assicurarsi che fosse tutto a posto a lavoro, perché non sapeva a chi avrebbe dovuto rivolgersi per correre invece ai ripari se avesse dovuto fare dei viaggi di lavoro fuori città. Era in momenti come quelli che gli mancava terribilmente Paul e la sua possibilità di tirarlo fuori dai guai. Glissò subito sull'argomento cameriere intercettando un terreno minatorio e pericoloso, e corse subito a dirle la prima cosa che gli passò per la mente. «Oh, non dimenticarti del numero del cameriere, se è almeno carino quanto Paul. Io ho bisogno di una nuova spalla.» Stavolta la stupidaggine la disse, secondo lui Paul era veramente un bell'uomo, ma comunque fatto stava che il suo impegno a lavoro era aumentato tanto che non riuscivano più a vedersi, e lui aveva cominciato a frequentarsi seriamente con una donna che gli teneva testa ed era gentile, oltre che bella, e con cui Lucas sperava potesse accasarsi e creare una nuova atmosfera serena con il suo bambino. Se lo meritava dopo tutte le cantonate vissute e dopo il fattaccio di Lys, argomento che con lui non poteva più toccare per forza di cose.
    Rispose quindi al suo occhiolino allo stesso modo. Lucas doveva tornare in gioco e non perdersi in chiacchiere inutili. Quel territorio poteva essere un campo minato, e non aveva voglia di sondare la sua pazienza in merito al dover essere geloso o meno di Samantha. Odiava essere geloso, e non per partito preso, ci aveva perso anni ad essere geloso, era anche il momento di smetterla e diventare adulti, lasciando da parte quella sensazione che continuava a giudicare bambinesca e superflua.
    L'argomento musica smorzò la tensione, e Lucas riprese a parlare con Sam con naturalezza. Si animò e si addolcì al pensiero di suo fratello, mettendo da parte quello che aveva pensato, e il fatto che avesse tanto litigato con la sua immagine e il confronto costante che faceva tra entrambi, rendendosi conto di avere comunque così tanto affetto per lui da non riuscire ad odiarlo, non ci sarebbe mai riuscito. «Sì, è vero. Senza lui non sarei qui oggi.» Lo rammentò ad alta voce, dando eco alla sua frase facendo suo quel pensiero. Aveva ragione. Non aveva bisogno di nulla di più se non di rendersi conto che qualcosa di positivo era anche originato dal male e dalle ingiustizie, ancora una volta, gli faceva chiedere se il destino ci mettesse sempre troppo lo zampino o avessero davvero loro ancora del libero arbitrio rimasto per loro, che fosse ancora possibile per Lucas o chicchessia decidere la propria strada. «Se è per questo non ricordo di avertelo detto. Ho un altro fratello maggiore, il secondo, Noah, e una gemella di nome Marian.» Poi si interruppe, e si voltò di nuovo a guardarla prima di dover far inevitabilmente conto alla strada, oramai erano quasi a destinazione! «Te l'avevo detto vero? Non mi ricordo più, ma è decisamente più bella di me.» Lo disse sinceramente, stavolta involontariamente facendo eco ad un bambino colto con le mani nel vaso di marmellata. Lui davvero non si ricordava più quanto Sam sapesse del suo passato. Aveva detto tutto, ma proprio tutto della sua vita a Besaid e del lavoro a Bergen, forse anche più di quello che lei volesse sentirsi dire, ma su Londra era molto difficile discernere tutto senza menzionare Lily. Forse era quello il problema.
    Lucas fece un altro paio di svolte, prendendosi il tempo per guardare davvero la strada di fronte, adesso che avevano lasciato alle spalle la superstrada e potevano procedere lungo i vicoli e i segnali della città di Bergen. Ancora faticava a ricordare di percorrere la strada nel senso opposto, perciò il centro abitato rispetto alle super strade isolate a strapiombo sui pendii gli piaceva molto meno, odiava dover fare attenzione agli altri veicoli. Prima che andasse via parlarono della possibilità di viaggiare, visitare il mondo e guardarsi intorno. Si ripromise di riprendere il discorso dopo con più attenzione. «Possiamo andare da qualche parte se vuoi. Ho visto ancora poco in giro di qua. Comunque parliamone dopo.» Lo disse tutto d'un fiato, senza pensarci troppo. Sì, si sarebbe preoccupato dopo delle conseguenze, ancora una volta. La salutò anche lui con la mano, quando lei uscì di fretta e furia dall'automobile. Non sapeva ancora bene come fosse meglio salutarla, ma gli faceva piacere che anche lei sembrasse sempre titubante quando lo salutava e quando andava via da lui. Era come se dovessero ancora capire che legame avessero, perché non sapevano chiamare con nessun nome cosa stava succedendo tra loro.

    Al lavoro non era andata bene. Il viaggio che doveva fare fuori sembrava dovergli occupare tra il tragitto e la permanenza addirittura sedici giorni a Londra. Per carità, tornare a casa Dio se gli mancava, eppure sapeva che non aveva alcun senso pensare di dover spostarsi oltre la soglia minima imposta dal sindaco e dagli uffici amministrativi, non finivano di raccontargli che non poteva proprio pensare di estendere oltre le due settimane i viaggi fuori perché altrimenti avrebbe dimenticato, se non tutto, almeno la memoria breve degli ultimi giorni. E cosa avrebbe dovuto pensare di fare allora? Sbuffò, ben vestito nel suo completo blu, un passo dopo l'altro nelle scarpe di pelle evitando le pozzanghere gelate che spuntavano qua e là sulle stradine della città di Bergen. Cominciò a camminare velocemente, senza prendere il telefono per comunicare con Sam, ma utilizzando il suo potere, come oramai faceva sempre, per lanciarle visivamente la sua posizione una volta che aveva intercettato dove si trovasse. La vide avanzare lungo la strada come se sapesse con un segnale luminoso su di una mappa dove si stesse dirigendo e a quale velocità, ma si sentì confuso dal pensare che non sapendo dove fosse il luogo e come si presentasse si sarebbe perso se non fosse arrivata lei per prima. Poi alla fine passo dopo passo finì per trovare la strada della sua meta, imbroccò la direzione giusta. Vide spuntare l'insegna del locale che doveva raggiungere, e vide arrivare Sam assieme a lui dalla direzione opposta. Le alzò una mano per salutarla, poi Sam cominciò a camminare avanti e dietro di fronte alla seconda vetrina del posto, proprio come se non l'avesse visto. Si chiese come mai, ma poi senza usare il suo potere, decise semplicemente di andarle incontro, una manciata di passi verso di lei e le posò una mano sulla spalla. «Come è andata?» Le disse, notando lo sguardo in tralice di lei, senza capire cosa dovesse aspettarsi. Aveva fatto qualcosa di sbagliato lui? E poi si diede dello stupido a chiederselo, perché diamine doveva aver fatto qualcosa di sbagliato lui? Rispose alla sua domanda, sbuffando, ritornando al pensiero del lavoro.
    «Un disastro. Ora ti spiego.» Mormorò. La parte che doveva sbrigare delle sue mansioni era andata bene, era il discorso del viaggio che non quadrava e non sapeva cosa poteva dire a riguardo. Le fece strada con la mano, anche se era lei che conosceva il posto dei due, ma Lucas era fatto così, doveva far entrare lei e fare strada per entrambi. Si sedettero al primo postò che indicò il cameriere di sala, e Lucas si chiese se fosse quello che Sam conosceva o se fosse lì presente, senza chiederle nulla di più. «Io devo fare un viaggio di lavoro per sedici giorni a Londra. Credo che possa essere un problema e non so come sbrigare le pratiche.» Le disse tutto direttamente appena il cameriere li fece accomodare e rimasero soli. Notò la sua occhiata assente e sperò che l'argomento potesse aiutarla a distrarsi, qualsiasi cosa fosse successa, prima di chiederle se potesse fare qualcosa per lei.
     
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    Cercava di muoversi leggera, come il vento, scivolando sulle cose senza soffermarsi troppo a lungo, muovendosi veloce e libera. Invece, ogni volta, finiva con il rimanere impigliata da qualche parte, troppo coinvolta per poter semplicemente passare oltre, senza preoccuparsi di ciò che aveva attorno. Più andava avanti e più si rendeva conto di non essere in grado di tralasciare le piccole cose, quei piccoli dettagli che rendevano il mondo, e più in generale la vita, qualcosa di meraviglioso. Forse per questo aveva sempre sognato di divenire una giornalista. Era sempre stata convinta che chi svolgeva quel lavoro vivesse come con una lente di ingrandimento incorporata, che gli permetteva anche di vedere ciò che gli altri non riuscivano a cogliere. Si era detta che, dopo le relazioni durature che aveva avuto, aveva ora il bisogno di qualcosa di più leggero, effimero, qualcosa che le facesse battere il cuore il tanto giusto da farla sentire viva, ma senza farsi trascinare in un nuovo legame importante. Invece, più si soffermava a guardare Lucas da vicino, in tutti i più piccoli dettagli del suo viso, della sua voce e della sua postura, e più si rendeva conto che stava lentamente uscendo dai binari, facendosi trascinare in qualcosa che nessuno dei due aveva preventivato e desiderato. Le apparí un po' più chiaro quando si ritrovò a fissare quel suo sorriso allegro e tranquillo, pensando a quanto fosse bello e a quanto stesse bene incastonato tra i suoi zigomi e sotto quel naso elegante. Spostò lo sguardo, sforzandosi di guardare verso il paesaggio, lontano da lui, lontano da pensieri che in quel momento non voleva affrontare. Avrebbero dovuto trascorrere insieme ancora delle ore, pranzare insieme, tornare verso Besaid. Era decisamente troppo tipo per permettersi di arrovellarsi su questioni che non avevano né capo né coda. Ci avrebbe pensato una volta tornata a casa, in maniera più lucida, una volta messa una distanza di sicurezza da lui e poi avrebbe ragionato sul da farsi. Il loro era un legame senza vincoli, almeno sulla carta, quindi Sam sapeva che Lucas non si sarebbe stranito vedendola sparire per un po'. Avrebbe pensato che il lavoro l'aveva catturata completamente e sarebbe passato oltre, all'impegno successivo. Era lei ad avere quel groviglio di pensieri, lei che stava rischiando di superare il confine.
    Sorrise appena, divertita, quando lui cercò di scaricarle la colpa in caso di brutte figure a lavoro. -In quel caso sorridi, sono sicura che ti perdoneranno tutto. - disse, lasciandosi andare a una risatina leggera, come se fosse stato uno scherzo e non fosse affatto seria, mentre dietro quelle parole c'era stato un fondo di verità. Si accordarono per trovarsi in un locale che lei aveva frequentato spesso quando aveva vissuto in maniera più stabile a Bergen e scherzò sul fatto che ci fosse un cameriere particolarmente carino, sperando di vedere una qualche scintilla sul volto di Lucas, che invece non arrivò. -Vedró cosa posso fare. - mormorò, accompagnando la battuta con un occhiolino. Non si fermò sulla questione Paul. Aveva sentito solo da lontano che tra lui e Lys le cose non erano finite bene e aveva preferito non immischiarsi e mantenere le distanze. Conosceva Beat, conosceva Lys e grazie a Fare aveva conosciuto anche Paul, ma aveva capito che in certi casi era meglio non schierarsi e non dire nulla. -Dipende da quanto tempo intendi farmi aspettare. - terminò, stringendosi appena nelle spalle, come per dire che per quelle cose ci voleva un po' di tempo e che non poteva procurargli un numero in pochi secondi, o forse per invitarlo a non fare troppo tardi e non darle quindi il tempo di dedicarsi ad altre questioni.
    Lo vide cambiare espressione quando iniziò a raccontarle qualcosa su suo fratello e più in generale sulla sua famiglia, come se quell'argomento, di cui parlava così poco, fosse per lui un rifugio sicuro. Si fece più curiosa quando andò avanti, citando anche altri fratelli e sorelle di cui lei non aveva mai sentito parlare. -No in effetti no, non me lo avevi mai detto. - rispose, con aria tranquilla. Per un momento si chiese se avrebbe mai avuto occasione di conoscere tutti quegli altri membri della sua famiglia, primo tra tutti il fratello che viveva a Besaid, per poi rispondersi che no, in effetti non ce ne sarebbe stato alcun motivo. -Potresti anche mostrarmi una loro foto prima o poi. - disse, con un'espressione divertita che non aveva nulla di accusatorio ma solo tanta curiosità. Poteva essere un modo come un altro per scoprire qualcosa in più su di lui senza doversi esporre troppo. -Prometto anche di stilare una oggettiva classifica di bellezza. - continuò, portandosi una mano al petto, come a esprimere un patto impossibile da spezzare. Era una cosa che aveva sempre fatto, sin da bambina. Ricordava le volte in cui lei e Holden si erano fatti delle promesse prima di allontanarsi al termine dell'estate e quante altre aveva dovuto ricordargliele, visto che la lontananza da Besaid gli faceva sempre dimenticare ogni cosa. In effetti c'erano tante cose che anche lei non aveva raccontato a Lucas, ma immaginava che fosse giusto così, che non ci fossero regole precise in quel loro frequentarsi senza dare peso alle conseguenze. Forse era proprio il fatto di non conoscersi mai a fondo che rendeva così semplici quel tipo di relazioni e che le manteneva su un piano sospeso. Rimase quindi per un momento senza parole quando lui abbozzò l'idea di viaggiare insieme da qualche parte, magari proprio in Norvegia e di vedere insieme qualche posto sconosciuto a entrambi. -Sí, certo, parliamone dopo. - rispose, forse un po' troppo velocemente, mentre lo salutava e scendeva dall'auto. Era stata la sincera voglia di trascorrere del tempo insieme? O forse la necessità di fuggire da quell'argomento il prima possibile?
    Lasciò scivolare via quel pensiero senza soffermarcisi troppo, convinta che, alla fine, si sarebbero dimenticati entrambi di tornare su quell'argomento e che quindi l'invito si sarebbe dissolto nell'aria, con la stessa velocità con cui era arrivato.
    Si era mossa con passo sicuro e tranquillo per i corridoi dell'università, lasciandosi guidare dalla sua memoria muscolare. Ricordava ancora bene ogni angolo di quel luogo, come se non fosse passato che un giorno dall'ultima volta che c'era stata, come se fosse ancora un'abitudine abitare quegli spazi. Aveva ritrovato alcuni dei suoi vecchi colleghi, a cui aveva scritto per avvisarli di quella breve visita e aveva trascorso un po' di tempo con loro, tra una chiacchiera, un caffè e una fetta di torta, ritrovando un po' della leggerezza perduta nel tempo. Quando avevano deciso di salutarsi aveva scritto un veloce messaggio a Lucas, per avvisarlo che si stava incamminando verso il punto del loro appuntamento e poi, con le cuffiette nelle orecchie e la mente aperta agli stimoli, si era mossa con passo veloce tra le strade della città. Aveva intercettato il negozio dove Mal l'aveva portata per comprare il suo primo completino sexy e aveva sorriso nel riscoprirsi di nuovo alle prime armi con Adam, spaventata al pensiero di venire ferita di nuovo, ma allo stesso tempo felice di provare di nuovo quel genere di emozioni. Era passata oltre, ritrovando altri luoghi e altri ricordi prima che uno decisamente più duro e invadente la colpisse in pieno volto quando aveva rivisto un profilo conosciuto che aveva creduto di aver ormai dimenticato.
    Non aveva neppure pensato che potesse esserci l'occasione di vedere di nuovo Fred quando aveva scelto quella data. Era da tanto che lui si era allontanato dalla città insieme alla sua nuova fiamma e da allora lei aveva perso ogni contatto con lui. Non lo aveva cercato, non aveva tentato di riprendere le comunicazioni e sapere che cosa era successo, né perché l'aveva lasciata così, senza neppure una parola o una spiegazione, proprio quando parlavano di andare a vivere insieme. Con il senno di poi era stata felice di non averlo fatto, di non essersi lasciata Besaid e tutti i suoi ricordi alle spalle per uno come lui, eppure rivederlo, sebbene di sfuggita, le aveva comunque fatto male. Un flash da parte di Lucas la fece allontanare dall''immagine di Fred, perdendolo di vista. Battè le palpebre una, due o forse tre volte, mentre cercava di capire dov'è lui si trovasse e quanto gli mancava per raggiungerla. A volte era ancora strano sapere che qualcuno poteva entrare nella sua mente e lasciarle suoni o immagini. Le prime volte aveva provato un misto di curiosità e di paura. Era un potere molto particolare, senza dubbio affascinante, ma lo aveva anche visto come un'invasione della sua privacy che non era certa di voler accettare. Si era poi abituata, giorno dopo giorno, a quelle piccole incursioni, ma a volte ancora le suonavano strane e improvvise. La figura di Fred tornò in bella mostra, proprio a pochi passi dall'ingresso del locale e allora lei si voltò dall'altra parte, sperando di essere stata abbastanza rapida da non farsi scorgere da lui. Sollevò lo sguardo da terra solo quando Lucas le chiese come era andata la sua mattinata. -Uhm? - domandò in un primo momento, ancora sovrappensiero, prima di recuperare quelle sue poche parole. -Ah, sì. Bene, è andato tutto bene. - mormorò, anche se la sua voce non suonò convinta quanto avrebbe voluto. Lui in compenso non sembrava essere stato molto fortunato e doveva avere alcune cose da raccontarle quindi forse avrebbe monopolizzato la conversazione almeno il tempo necessario per riprendersi. Entrarono nel locale e lei cercò con lo sguardo lo spettro del suo passato, individuandolo a un tavolo che dava sulla via principale quindi, quando uno dei camerieri le diede la possibilità di scegliere tra due tavolini, cercò di scegliere quello più distante da lui. Si accomodarono e lei prese subito il menù, usandolo quasi come uno scudo contro il resto del mondo. Iniziò a far scorrere lo sguardo sui piatti, fermandosi però immediatamente quando lui le disse che sarebbe dovuto partire, per circa due settimane. Risollevò lo sguardo su di lui, in silenzio, fissandolo per un momento alla ricerca di qualcosa da dire. Non tentò neppure di mascherare un’espressione un po’ turbata davanti a quella notizia, sapeva che con il caos che aveva in testa non sarebbe stato possibile fingere di stare bene. -Ah. - disse quindi, per poi annuire appena, come se la notizia non avesse lasciato un solco dentro di lei, tornando con lo sguardo sul menù. -Sarai felice di tornare a casa. - disse, senza guardarlo. Un piccolo tarlo si insinuò dentro di lei. E se non fosse più tornato? Quel pensiero le martellò in testa per alcuni momenti. In fondo che cosa lo avrebbe trattenuto lì in città? Certo, c’era suo fratello, ma lui lo conosceva da molto tempo prima, non lo avrebbe certo dimenticato. -Non so, perché un problema? - domandò ancora, lo sguardo sempre fisso sul menù, anche se a essere onesta non stava leggendo alcunchè. -Forse dimenticherai alcune cose. Ma non dovrebbe trattarsi di nulla di importante. - disse, senza però sapere davvero se quello che diceva era la verità. Sapeva, dai racconti delle altre persone, che si dimenticavano prima cose di poco rilievi, che si perdevano i propri poteri, ma che le cose importanti potevano restare circa un mese. E lei? Si sarebbe ricordato di lei? Ripensò a Holden, a tutte le volte che aveva dovuto ricordargli chi era e si chiese se possedeva ancora quella stessa forza d’animo. Era giovane in quel periodo, credeva che lui sarebbe stato il suo unico grande amore e si era poi rivelato il suo migliore amico, ma con Lucas avrebbe avuto senso buttarsi in una situazione così dolorosa? -Quello che potresti fare altrimenti è tornare per il finesettimana. Magari ripartire il venerdì sera o il sabato, tornare per un giorno e spezzare il viaggio. - propose, con una leggera scrollata di spalle, riportando in maniera titubante lo sguardo su di lui. -Sarebbe una gran seccatura però e una perdita di tempo e di denaro, quindi.. beh, devi valutare tu se ci sono ricordi a cui tieni particolarmente oppure no. - terminò, posando il menù chiuso davanti a sé. Avrebbe preso del baccalà e delle patate come contorno e poi forse si sarebbe concessa persino del vino.
     
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