Drink up, me 'earties

Ethan & Cassian

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    Quella sera Ethan decise di andare a bere qualcosa per svagarsi, era da poco giunto a Besaid e prima di andare alla ricerca di Edith -ammesso che ancora risiedesse nella città-. Aveva ritenuto che magari, con un po’ di fortuna, oltre a passare una serata diversa avrebbe potuto anche scoprire qualcosa sulla misteriosa persona che anni prima gli aveva lasciato il proprio disegno.
    Besaid tutto sommato gli piaceva, non si era ancora abituato a quello che vedeva a volte quando per esempio stringeva la mano ad una persona. Gli era stato detto che era una cosa “normale”, dal momento che a Besaid si potevano sviluppare strane capacità nelle persone, ed era riuscito quindi ad abituarsi -più o meno- a dette visioni, anche se dopo che le aveva avute non si sentiva molto bene.
    Il momento più singolare era stato quando stava leggendo un articolo sulla presa della Bastiglia, e di colpo era stato investito da una specie di filmato dell’evento, era stato strano vedere quell’evento come se fosse in prima persona, come se si trattasse di un filmato visto con gli occhi di una delle persone presenti nella folla rabbiosa. Ciò che era venuto dopo, però non era stato così incredibile, anzi, il dolore agli addominali probabilmente era stata la parte peggiore, ma durò solo qualche minuto. Certo se poteva essere decisamente fico vedere il passato, quel dolore ed il forte senso di fatica che aveva provato lo erano molto meno, tra l’altro si era chiesto perché proprio a lui dovesse toccare come particolarità quella di “farsi i fatti degli altri” come l’aveva ribattezzata tra sé e sé dal momento che a volte gli capitava di vedere sprazzi di eventi passati della vita delle persone, il che sarebbe stato interessante, se non fosse stato che vedeva avvenimenti fondamentalmente banali.
    Ma quella sera non aveva voglia di pensarci; Ethan si recò all’Egon Pub, indicatogli da alcuni suoi colleghi come il luogo più adatto per passare una serata in compagnia, in realtà lo Strand non aveva voglia di compagnia, o meglio il suo obiettivo principale era quello di bersi una birra fuori casa, non voleva rimuginare ancora sul disegno, su Edith o su altro.
    Entrò nel locale guardandosi attorno, in realtà se ad un occhio estraneo poteva sembrare che stesse cercando qualcuno, la realtà era che stava osservando l’interno del Pub, era molto diverso da quello che generalmente frequentava a Bergen pareva un locale più tranquillo, ma il detective aveva imparato a non fidarsi delle apparenze. Mentre osservava l’ambiente che lo circondava si andò a sedere al bancone, dove il cameriere gli chiese cosa desiderasse. «Una birra, grazie» fu la risposta di Ethan.
    Mentre l’uomo lo serviva si chiese se la donna che cercava fosse lì; scacciò subito il pensiero anche se si fosse trovata in quel luogo ed in quel preciso momento non aveva modo di riconoscerla, e di certo non si sarebbe messo ad urlare davanti a tutti i presenti se vi fosse una certa “Edith”. L’avrebbero preso per un ubriaco e sbattuto fuori dal locale in men che non si dica.
    Notò poco distante da lui un ragazzo, anche lui seduto ad uno degli sgabelli davanti al bancone, a colpirlo fu il colore che caratterizzava la sua figura: nero; i capelli, i vestiti, gli occhi… di certo non passava inosservato, ma ognuno ha i suoi gusti, no? si chiese cosa ci facesse in quel posto tutto solo, ma in effetti anche lui era solo, ritenne quindi che probabilmente come lui, il ragazzo in nero aveva solamente voglia di bere qualcosa in santa pace.
    Venne distratto dalla sua attività dall’uomo che poco prima aveva preso la sua ordinazione che ora gli stava servendo la birra «Grazie. » rispose lo Strand per poi bere un ampio sorso della fresca bevanda.

    Edited by Delew - 7/8/2018, 18:29
     
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    Parigi, 31 Dicembre 2012



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    Non appena la ragazza aprì la porta, Cash alzò le braccia, in segno di resa: aveva promesso che si sarebbe fatto vedere il prima possibile, ma le prove con la band e la sala di registrazione gli avevano succhiato via tutte le energie.
    La sarta, dai capelli a caschetto neri, le labbra perennemente cariche di rossetto e gli occhi da cerbiatta incrociò le braccia, assumendo un'espressione corrucciata. Lui se ne stava ancora sul pianerottolo, così da riuscire a guardarla alla stessa altezza e attendendo che lo facesse entrare. Et je t'ai attendue L'accento francese della ragazza gli fece correre una leggera scarica elettrica su per la schiena: a differenza della maggior parte dei francesi, la voce e l'inflessione del suo accento non dava alcun fastidio a Cash che, invece, gli creava un'impotenza mentale e fisica quando la sentiva parlare.
    Lo so, avevo promesso che mi sarei fatto vivo, ma avevo degli impegni. Joe mi ha fatto lavorare più del previsto e appena toccavo il letto, perdevo letteralmente i sensi. Non menarmi, please Provò a scusarsi, sapendo quanto ella fosse un osso duro, ma il goth guy sapeva anche come farsi perdonare la maggior parte delle cose.
    Fece un passo per avvicinarsi a lei e la baciò, con trasporto e passione, come non avrebbe mai più fatto con nessun altra. L'amava, di un amore che si dedica ad una sola persona una sola volta nella vita. Le braccia della sarta gli circondarono il collo, mentre i loro respiri divenivano pian piano più caldi e corti.
    Dovette fermarsi, prima di andare oltre, prima di ritrovarsi nudi e avvinghiati su quel letto, quando guardavano serie tv di Netflix e lei gli faceva quegli stupidi video in cui lo faceva parlare in francese. Dio, quanto era pessimo il suo francese.
    Mi sei mancata. E nel frattempo, ho preparato una sorpresa per te... Ti va di vederla? In realtà, di sorprese gliene aveva fatte tante, ma avrebbe continuato: non gli importava di nulla, se non di lei, dell'immensa gioia che lo stare con lei gli provocava. Anzi, a volte gli pareva non fosse abbastanza.
    Un'altra sorpresa? Sembrò sorpresa, mentre la sua incantevole erre moscia risuonava nelle orecchie dell'inglese, facendolo annuire e sorridere. Tu devras attendre un moment...
    Cash roteò gli occhi, ma ovviamente scherzava: per Arielle avrebbe atteso tutto il tempo del mondo. Anche tutta la vita.

    Besaid, Oggi.



    Quel ricordo lo aveva colpito come tanti spilli al cuore, come una di quelle cazzo di bambole voodoo: sentiva la sua magnifica risata, vedeva i suoi stupidi e sensualissimi balletti quando ascoltava qualche orribile canzone r'n'b, la sua erre moscia, il suo profumo. Aveva fatto una doccia, messo ciò che di più nero vi era nel suo guardaroba, ed era uscito, alla ricerca dello sballo per dimenticare. Lo Xanax non gli sortiva più alcun effetto, ormai ne era assuefatto, ed il Tavor che lo psichiatra gli aveva prescritto per dormire inibiva qualsiasi tipo di emozione. Tranne per lei. Era come se invece di calmarlo e guarirlo, stesse affogando in quel mare nero di depressione che la mancanza di Arielle gli aveva provocato. La vita lo aveva abbandonato, come aveva fatto lei. Negli ultimi due mesi, aveva tentato due volte di tagliarsi le vene e almeno una volta di impiccarsi, ma alla fine si era ritrovato in ospedale, coi polsi ricuciti e un segno viola attorno alla gola. Le ferite guarivano, ma quelle che gli aveva lasciato lei non sarebbero mai riuscite a sanare.
    Il Bolgen era vuoto, stranamente, ma meglio così: non aveva voglia di stare in mezzo alla gente, né di dover conversare con qualcuno. La maggior parte delle volte che incontrava qualcuno fuori dal lavoro, aveva il desiderio di farle del male, come per scaricare il male che lei gli aveva fatto. A volte, desiderava sgozzare qualcuno e farsi un bagno nel suo sangue.
    Entrò nel bar ed ordinò un bourbon, sedendosi a testa china al bancone e fissando la superficie di legno, riflettendo su cosa avrebbe potuto fare quella sera: a casa vi era ancora della cocaina, poteva trovare qualche ragazza facile e parecchio ubriaca da portarsi a casa, aveva bisogno di scaricare tutto quel malessere.
    La porta si aprì, sentì il campanellino sopra di essa suonare, ma non alzò lo sguardo, si limitò a sorseggiare il suo bourbon e a tenere vicino il cane, così che non avrebbe dato fastidio a nessuno. Arielle gli aveva lasciato solo Bowie, un dobermann da combattimento che erano riusciti a salvare non appena il suo collega gli aveva detto che era da abbattere. Aveva fatto un lungo lavoro di riabilitazione su quel cane, per renderlo abbastanza mansueto, ma in tutti quegli anni aveva dovuto girare con la museruola per evitare che individui per cui non provava una certa simpatia venissero aggrediti. Ora, poi, con la natura mutata di Cash, il cane era diventato parecchio aggressivo.
    Era entrato da qualche giorno a far parte di quella setta, si era lasciato convincere e sperava che grazie a loro sarebbe riuscito a rintracciare Arielle.
    La puzza di sbirro lo invase, mentre Bowie ringhiava in maniera quasi impercettibile: il goth guy allungò la mano sulla grossa testa del molossoide dalle orecchie col taglio di fiamma, tranquillizzandolo. Alzò gli occhi, neri come la notte. Quasi sembrò che in quelle iridi non vi fosse pupilla da quanto erano scuri.
    Cosa ci fa un agente a quest'ora in un bar? Assomiglia quasi all'inizio di una barzelletta. Disse con tono freddo, distaccato. Quasi inquietante.
     
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    Il pub dove si trovava era diverso dal locale che generalmente aveva frequentato a Bergen, più piccolo e dall’atmosfera però più familiare. Al contrario nell’altra città le sere le passava in una specie di pub dove c’era musica dal vivo e di gruppi sempre diversi, tuttavia vi era anche un continuo cambio dei frequentatori, ed erano ben pochi quelli assidui,
    Nonostante potesse esserci una certa confusione Ethan non ci fece caso, in fondo era anche normale che in un pub ci fossero musica alta e che le persone conversassero ad alta voce. Vi era però un motivo se lo Strand si era recato da solo al locale, ossia quello di ridurre al minimo -almeno per quella sera- i contatti sociali. Non perché Ethan fosse particolarmente timido od altro, ma semplicemente perché voleva evitare di avere visioni strane -almeno per quella sera-; dal momento che faticava ancora a gestirle e non sapeva dire perché esse si attivassero, ormai il solo stringere una mano ad un’altra persona era un’idea che non lo entusiasmava particolarmente.
    Non aveva notato immediatamente il grosso doberman che accompagnava il suo “vicino di bancone” e fu solo quando quest’ultimo gli rivolse la parola ed Ethan si fu voltato nuovamente verso il ragazzo che si accorse del cane vicino a questi. Non che Ethan fosse un cinofilo esperto, ma sapeva riconoscere un doberman quando ne vedeva uno, non credeva a tutte le dicerie che andavano girando sul fatto che fossero cani unicamente cattivi o che impazzissero una certa età, tuttavia una cosa era certa; con un cane come quello si poteva andare in giro con la certezza matematica di non essere importunati da nessuno, solo un folle avrebbe provocato un cane del genere e lo Strand non lo era di certo.
    Cosa ci fa un agente a quest'ora in un bar? Assomiglia quasi all'inizio di una barzelletta. ” Ethan volse lo sguardo verso l’altro e le iridi cristalline del detective si incontrarono con quelle nere e picee di Cassian, il detective aggrottò impercettibilmente le sopracciglia per un istante, era ovvio che si riferisse a lui, tuttavia il tono era strano, non era ostile o scherzoso era asettico, privo di inflessione, era strano. Una cosa era certa: non era affatto rassicurante quel giovane.
    «Dici a me?» domandò retorico, dal momento che era ovvio che quello strano figuro avesse apostrofato lui, in primis non vi erano altri detective nelle vicinanze, in secundis era Ethan ad essersio seduto lì poco prima.
    «E comunque agli agenti non è vietato andare di sera nei locali, nel caso te lo stessi chiedendo.» aggiunse, non fu scortese, lo Strand, ma tenne un tono neutro nell’inflessione della voce.
    «Piuttosto, non è cosa di tutti i giorni vedere qualcuno andare nei locali con il proprio cane» commentò, in effetti in tanti anni era la prima volta che vedeva qualcuno entrare in un pub assieme ad un doberman -o comunque un canide-.
    Bevve un altro sorso di birra mentre attendeva una risposta, distogliendo, finalmente lo sguardo da quello del proprio, singolare interlocutore, la temperatura fresca del contenuto del boccale fu un sollievo rispetto al locale che essendo pieno era molto caldo. Una volta terminato lo Strand tornò ad osservare il ragazzo, non aveva un aspetto rassicurante, ma come si dice: l’abito non fa il monaco, e magari il giovane era vestito in quel modo solo perché gli piaceva abbigliarsi di nero, eppure...vi era qualcosa di inquietante, anche se Ethan non sapeva ancora dire cosa.
     
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    L'egon era diventato un suo compagno di serate, una specie di luogo felice dove di solito finiva per ubriacarsi e crogiolarsi nella marea di ricordi che lo invadeva quasi ogni sera. La vedeva, nei suoi sogni, nei suoi incubi, come se lo richiamasse e, al tempo stesso, lo allontanasse. La musica alta –sempre molto scadente– del pub e il vociare delle persone non gli davano più così tanto fastidio: alla fine, lo aiutavano ad estraniarsi maggiormente dal mondo. Così la sua attenzione era stata catturata da un uomo della legge: ne aveva riconosciuto l'olezzo di benevolenza e rassicurazione. Era un odore che li accomunava tutti quanti, poliziotti, detective... Non vi era differenza.
    Gli sbirri di quella cittadina, comunque, erano particolari: non solo tentavano di multarti o arrestarti anche solo se tentavi di guardarli storto, ma usavano anche il loro potere per fotterti, quindi per Cash era sempre un chi va là, restando comunque, all'apparenza, molto tranquillo.
    Lo sbirro in questione –un tipo dall'aria totalmente depressa che sembrava gli fosse morto il cane, il gatto, i due figli, la moglie, l'amante, nonni vari, padre e madre, insomma tutti– si era seduto a qualche sgabello di distanza, e Bowie lo aveva guardato freddamente, alzando leggermente il labbro per mostrare un canino, ma Cash lo aveva rassicurato che andava tutto bene. Bowie non era un cane particolarmente mansueto, anzi, si poteva dire che era alquanto protettivo e territoriale, ma Cash sapeva che la vita di quel cane non era sempre stata tutta rose e fiori: già a sei mesi combatteva già in gare clandestine tra cani, in giro per il suo corpo c'erano cicatrici a comprovare quanto detto, gli mancavano due molari ed un orecchio era stato ricucito alla ben che meglio. Era arrivato al rifugio quando aveva solo un anno e mezzo, ma era già distrutto e non si faceva avvicinare da nessuno, tentando di aggredire chiunque gli si avvicinasse. Cash aveva testato il morso di quel cane e sapeva quanto non perdonassero quei denti, ma solo con un enorme dono di fiducia puoi avvicinare un animale ferito. E la stessa cosa valeva per le persone. L'aveva curato facendo proprio quello: dandogli fiducia e amore.
    Lo sguardo del detective si voltò verso di lui, perplesso, quando sentì il suo tono freddo, distaccato, quasi inquietante, mentre l'indice disegnava il contorno del bordo del proprio bicchiere.
    Dici a me? Iniziò quasi a pensare che fosse anche un po' scemo, o comunque, che non fosse proprio una gran cima.
    Non vedo molti altri uomini di legge in questo luogo. Gli disse, senza distaccare i suoi occhi dall'uomo che si stava godendo la sua bevanda, finchè non era arrivato lui a smorzarne la tranquillità.
    E comunque agli agenti non è vietato andare di sera nei locali, nel caso te lo stessi chiedendo. Sì, era decisamente uno un po' scemo.
    Non ho mai inteso questo, agente. La mia curiosità era solo volta a capire che cosa ci possa fare uno come lei qui. Per giunta, non mi pare di averla vista negli ultimi due mesi gironzolare qua intorno, quindi devo dedurre che lei sia nuovo. Spiegò, in tutta tranquillità, portandosi poi il bicchiere alle labbra, facendo tintinnare i piercing sul vetro cristallino, senza distogliere lo sguardo dal tale a poca distanza da lui.
    Piuttosto, non è cosa di tutti i giorni vedere qualcuno andare nei locali con il proprio cane Cash virò lo sguardo sulla testa del grosso molosso nero focato che stava ancora fissando l'uomo con un canino scoperto. Sì, decisamente non gli piacevano gli sbirri.
    Bowie ama la compagnia, ma non sempre gli aggradano tutte le persone. Perdoni il suo pessimo carattere: non ama propriamente gli uomini in divisa. Passò una mano sulla grossa testa del cane, cosa che fece socchiudere gli occhi di Bowie e abbassare leggermente le orecchie in un'espressione rilassata. Poco dopo gli sussurrò un platz e le zampe anteriori del cane scivolarono in avanti, mentre alzava la testa e lo guardava negli occhi, come a voler capire se aveva fatto un buon lavoro. Ottimo cane, piuttosto ubbidiente.
     
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    Quel ragazzo era strano ed inquietante, Ethan non aveva problemi ad immaginarlo vivere tutto solo in una specie di antro oscuro assieme a quel cane, cane che da quando il ragazzo gli aveva rivolto la parola non aveva cessato di ringhiargli, o comunque di mostrargli i denti, un atteggiamento affatto rassicurante, questo era poco ma sicuro.
    Quel giovane lo continuava ad apostrofare come “poliziotto” e lo Strand non riusciva a capire da cosa avesse potesse intendere chi fosse egli, insomma doveva iniziare a credere che davvero poliziotti, detective e personaggi in divisa fossero così facilmente riconoscibili? Probabilmente era così.
    Gli anni dell’Accademia erano stati lunghi e scanditi da orari rigidi routine sempre uguali giorno dopo giorno, dovevano ripiegare i panni in un determinato modo così che entrassero nei piccoli armadietti metallici che avevano a disposizione, il letto andava rifatto sempre allo stesso modo e mai una coperta poteva essere fuori posto, il tutto, ovviamente fatto sempre entro un certo orario, dal momento che la vita era regolata al millesimo di secondo, o quasi. Per cui si; non era impossibile che poliziotti e detective potessero avere atteggiamenti tutto sommato simili che li “tradissero” in qualche modo.
    Uno come lei” aveva detto il suo inusuale interlocutore, il detective non riusciva a comprendere cosa intendesse “uno come lui”, forse non aveva l’aria di una persona che frequentasse spesso i locali, anche se Ethan non riteneva di avere un’aspetto da uomo che indossa solo smocking e abiti da sera, o frequenta solo circoli letterari. «Uno come me? È davvero così strano che io possa bere una birra in un locale?» domandò l’uomo per poi aggiungere «Si sono nuovo, mi hanno trasferito da poco qui.» dal momento che dell’altro non sapeva nulla, Ethan preferì restare sul vago, non era il caso che gli dicesse come stavano effettivamente le cose, il detective sapeva benissimo di essere stato avventato nel chiedere il trasferimento a Besaid solamente per un disegno, e perché voleva scoprire il motivo per cui non ricordava un accidente. In effetti alla seconda domanda aveva ricevuto -più o meno- una risposta, ma ancora aveva avuto il coraggio di cercarla, per un attimo allo Strand balenò in mente di domandare se il ragazzo la conoscesse, ma decise di evitare, Ethan non era il tipo da chiedere informazioni a qualcuno appena incontrato in un locale, e poi, come si dice, se vuoi qualcosa fatta per bene, è meglio farla da solo, per cui era meglio che si recasse personalmente alla scuola che -da quello che aveva capito- aveva frequentato da bambino e chiedere chi potesse essere mai la misteriosa fanciulla.
    Sebbene Cassian avesse usato un tono neutro di voce, di certo le parole che aveva pronunciato avevano fatto balenare nella mente dell’uomo un aggettivo: irriverente. Ethan non era quel genere di persona che pretendeva rispetto perché poliziotto, o meglio lo pretendeva quando era in uniforme, ma di sera, in un locale qualunque… non aveva certe pretese, eppure qualcosa gli diceva che quel ragazzo non andava preso sottogamba, se pochi istanti prima era deciso a non giudicarlo solo dall’aspetto bizzarro e dal cane dall’aspetto tutt’altro che rassicurante, qualcosa lo stava facendo ricredere, pian piano.
    «Capisco» commentò Ethan volgendo una rapida occhiata al doberman mentre questi riceveva una carezza dal proprietario, a vederlo in quel momento pareva quasi un cane mansueto, quasi perché dato il corpo martoriato di cicatrici non aveva comunque un aspetto rassicurante.
    «Tu invece, come mai ti trovi qui?» domandò al ragazzo, se era strano che Ethan si trovasse in quel posto da solo, non era nemmeno normale vedere un ragazzo -con un cane- al bancone del bar «Comunque io sono Ethan» disse porgendo la mano all’altro per presentarsi, sia perché stavano discorrendo ormai da alcuni minuti, sia perché il detective non amava non sapere nulla di chi gli stava davanti.
     
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4 replies since 30/4/2018, 22:06   160 views
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