Ed è subito. . . partita

Libera

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    Quanto può essere fastidioso sopportare tutte quelle voci, quelle urla. E per cosa? Per una partita. Una partita in cui la Norvegia non era protagonista. Beh, a pensarci bene non li biasimo, dovranno pur tifare per una squadra, no? Troppi uomini, ragazzi, maschi da una parte. Dall'altra ragazze sedute al proprio tavolo a parlare di cose futili e poco interessanti. Per loro un motivo in più di accalappiare il belloccio della situazione, una scusa per farsi notare. Come? Attorcigliando i capelli tra le dita e mettendo in atto lo sguardo da cerbiatto o da gatta. Per era come essere rinchiusa in una gabbia, era come essere disorientati, avvertivo le parole in modo amplificato, tutto si accavallava e la stanza girava. Non ero né drogata né con l'alcool nel sangue. Ero semplicemente poco abituata al brusio generale e quindi poco abituata agli istinti animali messi insieme. Il pompare del cervello si fermò nel momento in cui entrai nella saletta esterna, quella all'aperto, e con la porta scorrevole chiusa, il chiasso diminuì. Che sollievo! Le poche volte che accade, risulta difficile concentrarsi su ciò che mi interessa davvero, ovvero origliare da lontano sui casi della polizia o della salvaguardia delle persone in generale. A volte capita di ascoltare discorsi sulle cosiddette amiche, - non mie eh - di convenienza, coloro che dicono una cosa e poi rigirano la frittata dicendo altro. Non tutte sono così, non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, ma quando c'è di mezzo il benestare, funziona così. Poi ci sono io, definita "venuta da un altro pianeta", nel senso che mi piacciono cose che alle ragazze non salterebbe mai nella testa di fare, più una serie di difetti che possono essere chiamati pregi. Si, metto in mostra la parte meno solare del mio carattere, tant'è vero che sono arrivata ad una conclusione: non tutti meritano la parte migliore. Se prima si impara ad conoscere il lato nascosto di qualcuno e ad apprezzarlo, il resto è tutta discesa. Guarda chi c'è, cosa ci fa qui? Disse la prima che adocchió ogni singolo movimento: il sorriso rivolto ai dipendenti, il salutare con la mano e il dirigermi verso l'altra saletta, infine lo sguardo beffardo nei confronti di quel tavolo. Si saranno intimorite? Non saprei, poco importa. Salutai mio padre con il cenno del capo indicandogli il mio posto a sedere. Lo intravidi quando si voltò per vedere chi sarebbe entrato e niente, vide me. Ciao pa', ci si becca a casa! Mentre Besaid si scatenava guardando la partita, io, nella comodità assoluta, osservavo loro guardare la partita. Il tutto tra un morso e un sorso di quello che ordinai. Grazie cameriere e cucina per non avermi fatto aspettare. Tutto sommato aveva un non so che di divertente: erano tutti così buffi, stanchi e nervosi. Una vacanza, vi serve una vacanza! O un giorno lontano dal lavoro e dalla tecnologia. Un giorno lontano dal telefono, soprattutto. All'esterno tavoli, sedie e divanetti sono circondati da un recinto fatto di siepe, il gazebo è la parte che preferisco. Da fuori puoi vedere tutto ciò che succede all'interno. Una mano apri la porta, ma nessuno osava uscire. Pensai stesse parlando con qualcuno dietro di lui/lei. Ero curiosa di sapere chi fosse. Sei qui per una sigaretta o per prendere aria? Sei qui per calmare il tum tum che senti nella testa, vero? La cosa mi fece ridere, un modo carino per prenderlo/a in giro, anche perché mi sembrava il minimo. Ehi tutto ok? Sei indeciso da che parte stare? Sfacciata? Direi di sì! Stavo provocando? Mmh, non credo, solo un leggero sarcasmo. Non avevo nulla da fare se non mangiare e bere. Potevo permettermelo, o forse no.
     
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    DAG FEM {DAY FIVE}


    Aveva lasciato l’albergo, che per quanto piccolo, economico, e decentrato, comunque non gli avrebbe permesso di rimanere per tutto il tempo che stava progettando di rimanere lì a Besaid. Già durante il suo continuo girovagare per la Norvegia, il pensiero di fermarsi per qualcosa di più di un mese all’interno dello stato europeo era sorto nella mente di Travis. Quando si era fermato nell’isolata città sulla costa, il pensiero di aver trovato qualcosa di vagamente simile ad una pace interiore (almeno confrontato con quello che provava a rimanere negli Stati Uniti) aveva accentuato quella sensazione di… voler rimanere lì.
    Aveva trovato un appartamento, e il tempo di trasferire i pochi bagagli che si era portato dietro, e di fare una veloce chiamata su skype e lo aveva già lasciato. Le nuove chiavi tintinnavano nella tasca dei pantaloni militari, una scelta di “moda” che a quanto pare lo avrebbe accompagnato per tutta la sua nuova vita in Norvegia mentre camminava per le strade di Besaid rivolto verso l’unico locale che conoscesse o che almeno avesse già frequentato. Non era un tipo abitudinario.
    Il progettare di vendere, o almeno di affittare, la casa che aveva acquistato assieme all’ormai sua ex moglie gli aveva lasciato l’amaro in bocca. L’aver passato una spiacevole mezzora a sentirsi urlare contro da quello che pensava fosse uno dei suoi migliori amici di quanto stesse distruggendo la sua vita non aveva aiutato. Stava quindi buttando via la sua vita in mezzo all’alcol e al tentativo di ricominciarne una nuova quasi dall’altra parte del mondo, lontano da tutto quello che potesse ricordargli quello che aveva perso? Forse. Ma non lo interessava.
    Inconsciamente sapeva di essere diventato una bomba ad orologeria. Sentirselo ripetere non era stato piacevole. Soprattutto quando lei era stata introdotta nel discorso. Il suo nome gettato con noncuranza di fronte ai suoi occhi, come se niente fosse mai successo. Come se fosse ancora lì.
    Sapeva che un paio di bicchieri di forte liquore avrebbero cancellato tutti quei pensieri. E in fondo, sì… stava bevendo un po’ di più di quanto non avesse mai fatto nella sua vita. Ma non era un problema. No? Poteva smettere quando voleva.
    O almeno, così continuava a ripetersi.
    Il locale era affollato. Rumoroso. Troppo. Riusciva a malapena a discernere cosa stessero gridando le persone mentre tutte, con gli occhi incollati al televisore. Non era football. Non lo interessava.
    All’occhiata preoccupata della cameriera, che per cinque giorni consecutivi lo aveva visto venire lì a distruggersi il fegato e ad alleggerirsi il portafogli, rispose scrollando le spalle e chiedendo ancora una volta il solito boccale colmo di birra. Quello era il primo passo, quello che serviva ad aprire la voragine nello stomaco.
    Il whisky poi avrebbe colmato quel vuoto, inebriando i sensi. Cancellando ogni pensiero. Aveva preso il boccale, aveva fatto per accendersi una sigaretta e dopo un breve scambio con la cameriera, lei in un fitto norvegese, lui nel suo arrancante tentativo di starle dietro, si era costretto ad uscire. Abbandonando il caos che rimbombava all’interno delle pareti dell’Egon. Il silenzio, o almeno, il più ovattato ronzare dei rumori del locale, dopo aver passato quasi dieci minuti lì dentro, lo colse quasi alla sprovvista. Fuori non c’era nessuno, nel piccolo giardino circondato di siepi, solo una figura intenta a mangiare si parava di fronte agli occhi di Travis.
    La ragazzina… non riusciva a inquadrarla se non in quel termine, lo stava fissando. Il volto da bambina, il mezzo sorriso sul viso, per Travis furono l’ennesimo pugno allo stomaco della serata. Continuava a reagire male nel vedere ragazze così giovani. Forse perché il pensiero di quello che sua figlia non sarebbe mai diventata era ancora lì, nella sua mente.
    Pronto a punzecchiare con le sue aguzze e crudeli dita artigliate i pensieri e il cuore.
    «No… »
    Rispose incerto, cercando di comprendere le sfumature del tono e allo stesso tempo di tradurre rapidamente quello che gli stava dicendo. L’umorismo veniva tradotto male, per lui. Il tono canzonatorio che aveva usato lasciava quasi intendere che quasi quella fosse una provocazione.
    Avanzò verso di lei, più per noia che per altro, la sigaretta stretta fra le labbra che mandava un sottile rivolo di fumo nel cielo e il boccale di birra nella mano libera.
    «Io solo non… sapevo… che non si può fumare dentro»
    Ogni scusa era buona per provare il norvegese in fondo. Il peso immediato del dolore della perdita innescato dal vedere quella ragazzina presto se ne sarebbe andato, in fondo, soffocato fra il fumo e l’alcol.
    «Tu sei sicura di essere nel how do you say it? Posto corretto? E di poter bere quello?»
    Non era più un padre. Certo. Ma questo non voleva dire che una ragazzina così giovane (le dava forse poco più di diciotto anni) che stava bevendo quello che sembrava un alcolico in un posto che, almeno per come lo aveva conosciuto lui, sembrava un locale più adulto, non lo colpisse in qualche modo. Forse era istinto di protezione… una voce crudele nella sua mente suggeriva che si voleva solo impicciare nella vita altrui. E cercare di vivere attraverso la loro vita.
     
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    Rimasi di stucco, da una risata dispettosa passai al silenzio più totale quando la figura della persona venne alla luce. Forse causa imbarazzo? Si! Che figura di m****! Non il ragazzo, ma l'uomo che rispose alla piccola e ingenua provocazione, non solo aveva un accento straniero (almeno credo), ma aveva una sguardo così affascinante da mozzare il fiato. Peccato! Non potevo essere più grande o lui più piccolo. - Diamine Arwen, può essere tuo padre! Fu una sorpresa inaspettata! Chi è, da dove è sbucato fuori? Ero sicura di non averlo mai visto per le strade di Besaid e curiosa di scoprire qualcosa di più. A parte ciò, ricordai che con le persone più grandi e non il rispetto è d'obbligo. La coda si era messa tra le gambe. Mi scusi, non volevo essere impertinente! Pensavo fosse uno dei ragazzi seduto li, da qualche parte tra i tavoli! Indicai senza meta la saletta interna ancora più piena del previsto e i tavoli ancora visibili dalla mia visuale. Un modo di parlare impacciato, che non mi appartiene, prese il sopravvento. Non riuscivo a parlare, balbettare suoni a caso sembrava anormale. Cosa diavolo mi stava succedendo? Un uomo entra, mi parla e io vado in tilt. Ammisi a me stessa che esprimermi divenne complicato. Per giunta divenni rosea in viso. Non mi è mai successo. Tutto molto strano. Che qualcuno mi salvi. Ora. Da questa situazione imbarazzante. Intanto risucii a parlare in norvegese molto meglio di me e tutti i casinisti li dentro. Si, sono sicura di essere nel posto giusto e, è analcolico. Feci per muovere il bicchiere, il solito aperitivo analcolico che non ti fa perdere la testa al primo colpo. Non bevo perché non mi piace tanto, anche se a casa, quando so che non esco o che non devo lavorare, la birra va giù. Una volta stesa sul letto o divano cado in un sonno profondo. Più che altro non bevo per non perdere i sensi animali, bere significa non distinguere cos'è umano e cosa animale. Avere alcool nel sangue significa ritrovarsi con le zanne al posto dei denti e non vorrei ferire chi mi porta ad avere un livello di sopportazione pari a zero. Un evento simile capitò quando non risucivo a gestire i poteri, era il periodo dei 14/15 anni. Gli ormoni impazziti e quel mezzo bicchiere di spritz (?) durante un'uscita tra ragazze diede inizio a qualcosa che non sarebbe andata a buon fine. Fui ancora lucida da poter chiamare mio padre che tempestivamente mi riportò a casa e una volta li mi fece bere quasi due litri d'acqua. Comunque i miei 22 anni mi possono permettere di fare un'eccezione, ogni tanto. Passai il posacenere che si trovava alla mia sinistra, nella direzione dello sconosciuto, il minimo in segno scuse. Spero apprezzi! E spero apprezzi la mia non invadenza nel scoprire il motivo del suo arrivo in questa piccola cittadina. Che poi pensandoci bene, un uomo di una trentina d'anni parlerebbe mai della sua vita con una ragazzina come me? Credo di no, anzi mi direbbe di non impicciarmi degli affari altrui, degli adulti. Però tentar non nuoce, giusto? Lei.. non è... di queste parti? È qui per una vacanza? Un buon inizio con domande spontanee. Due erano le opzioni: avrebbe risposto o acceso la sua sigaretta ignorandomi. Opzione uno: avrei provato a mettere in piedi una piacevole conversazione, opzione due: lo avrei ignorato altrettanto. Potevamo rimanere tranquillamente in silenzio, a fare chiasso ci pensavano gli altri.
     
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    Il forte accento americano, che nonostante tutto cercava di smorzare in qualche modo, la più che evidente mancanza di confidenza nel parlare, quasi dovesse cercare ogni volta le parole giuste, tradivano le origini di Travis. O quantomeno che non fosse di quelle parti. La sensazione di essere un estraneo in quei luoghi lo aveva accompagnato per tutto il suo solitario viaggio all’interno dello stato europeo, ma si era acuita quando era arrivato a Besaid. Probabilmente perché tutti in quel luogo, in un modo o nell’altro, parevano quasi conoscersi. O non avere rapporti con l’esterno. Besaid era, agli occhi di Travis, come una bolla isolata, un microcosmo che come un solitario pianeta, viaggiava nel suo spazio senza interferire con le stelle attorno a cui ruotava.
    E il modo in cui a volte gli abitanti rispondevano alla sua presenza, come se chiaramente non appartenesse a quel luogo e fosse un qualcosa di bizzarro, strano. Un’eccezione a quella che altrimenti sarebbe stata la norma, acuivano ancora di più quella sensazione. Come l’improvviso balbettare della ragazzina che aveva di fronte. Eppure, nonostante tutto, fu rapida a scusarsi e ad offrirgli un posacenere quasi a volerlo invitare a sedersi. Appoggiò al solito tavolo dove era seduta la ragazza la sua birra.
    «Scusami tu… non volevo sembrare inopportuno per… per… quello»
    Le parole gli sfuggivano in quel momento, e con un gesto distratto aveva indicato l’analcolico. Si riferiva all’età. Più che inopportuno, non voleva sembrare quasi invadente. Era, per lei, un perfetto sconosciuto. Uno che si interessava al motivo per cui stava bevendo alcolici o se poteva farlo.
    Abbozzò un mezzo sorriso spento. Una sorta di saluto o di ennesimo segno di scusa. L’espressione spenta e triste lo facevano sembrare allo stesso tempo più vecchio e meno imponente.
    «Decisamente no»
    Rispose alla domanda e fosse di quelle parti, e dato che a quanto pareva quello che doveva essere un distratto saluto e disinteressate scuse si stavano trasformando in una sorta di conversazione, prese una sedia e si sedette di fronte alla ragazzina. Cercava di non soffiare fumo in sua direzione, e a dire il vero, di finire il prima possibile la sua sigaretta così da non costringerla a respirarlo più del dovuto.
    «So- vengo da Houdston. Texas. Si nota vero? Che non sono di qui»
    Besaid era una cittadina tipicamente norvegese, almeno per lui che aveva viaggiato poco nella sua vita. Un po’ più grande di tante altre, certo, ma comunque… tipica. E lui spiccava come un qualcuno di esterno. Lo sapeva. Fece cadere la cenere della sigaretta co un paio di colpetti distratti. Evitava di guardare direttamente nel viso la ragazza, e lo sguardo era per lo più tenuto basso.
    «E… penso si possa dire una cosa del genere. Non… proprio una vacanza»
    Esitava a parlare dei motivi per cui si trovava lì. L’idea di rimanere si stava ogni giorno consolidando un po’ di più nella sua mente, anche solo perché quello avrebbe voluto dire rimanere il più possibile distante dagli Stati Uniti. Trovare il modo di compilare tutti i documenti necessari senza tornare in America sarebbe stata una piaga, ma avrebbe fatto il possibile.
    «L’idea era di rimanere. È così strano?»
     
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    Di solo non sono molto brava a chiedere scusa, a volte non sono neanche brava a tenere in piedi una conversazione, ma in quel caso avrei fatto uno sforzo. Notai che era stranamente un piacere chiacchierare con codesta persona. A volte cerco vie traverse per chiedere scusa e per spezzare una conversazione, facendo notare all'interlocutore che non ero in vena. Tranne in quel momento, davanti quell' uomo, di cui non sapevo neanche il nome, fui diretta e piacevolmente in vena di parlare e la cosa mi stupì. Fui sorpresa anche delle sue di scuse; Figurati, in ogni caso ho chi mi controlla, anche a distanza. Le sue parole, dette con garbo, avevano il sapore della paternale, ma mio padre bastava e avanzava anche al pub. Mi accorsi del suo spiuzzare tra la televisione e me! Con un gesto del capo gli feci capire che era tutto ok, che il signore sembrava una persona tranquilla e che stavamo parlando cordialmente. Si, si nota. Merito del suo accento e dell'essere il nuovo arrivato. Non riceviamo visite estere, raramente succede. Besaid, come si sa, è una cittadina dove tutti si conoscono, ognuno sa tutto di tutti e i nuovi arrivati diventano sfoggio di pettegolezzi innocenti. Non vorrei sbagliarmi, ma il sottoscritto ha fatto breccia nelle donne non sposate o divorziate, ma anche in quelle con età avanzata. Almeno cosi sanno di cosa parlare, sanno come passare le giornate e come attirare l'attenzione. Non vedo l'ora di vederle all'opera. Basterà osservarle dalle scale della piazza, ha un'ottima visuale. Una cosa è certa, stando qui ci si sente sempre a casa. Potete contare su tutti gli abitanti per qualsiasi cosa! Adesso che ci penso, nessuno di noi ha mai abbandonato Besaid, almeno non per troppo tempo. Non abbiamo mai varcato i confini, nessuno ha osato farla causa perdita poteri. Mi chiedo se qualcun odi loro abbia mai perso la pazienza e detto basta a tutto ciò. Pensai mentre guardavo la folla esultare per un goal fatto o mancato. Chissà se i miei genitori avranno mai pensato all'idea di andare via e rifarsi una vita dimenticando ciò che li trattiene qui. No, non è assolutamente strano, o forse sì! Se si resta ci sarà un motivo, no? Anche se credo non ci debba essere per forza. Gli chiesi, sempre per curiosità, dove andrà a stare, se ha già un alloggio o se ne sta cercando uno. Non penso sia venuto qui allo sbaraglio, ma non fa male chiedere. Potrei aiutarlo e dargli le giuste indicazioni, come la casa sulla spiaggia. Sarebbe magnifico svegliarsi e adocchiare come prima cosa il mare. Tra la folla vi è il proprietario, sarà felice di trovare un acquirente. Comunque il fumo non mi da fastidio! Sono abituata al fumo della pipa e del sigaro fumati da mio padre, una sigaretta non mi darà fastidio più di tanto. Per non parlare del vagare tra un caminetto e l'altro sottoforma di volatile durante l'autunno e l'inverno.
     
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    Stare dietro alla ragazzina era difficile. Non tanto perché il suo Norvegese facesse schifo, per sua stessa ammissione e anche a sentire quello che avevano da commentare alcune delle persone con le quali si stava sforzando di parlare il più possibile. Mancava di un vocabolario che potesse essere degno di questo nome, la pronuncia era stentata. E dire che il piccolo quaderno dalla copertina di pelle, macchiato il suo primo giorno che era arrivato lì, era già pieno di nuove parole. Ma non bastava. Soprattutto se davvero aveva intenzione di lasciarsi davvero la sua vita, il suo passato e ogni suo ricordo, alle spalle. Lontano. Con un oceano in mezzo.
    Non le chiese dunque di rallentare, o di ripetere, sforzandosi invece di catturare il più possibile il senso delle sue parole. Sbuffando sottili rivoli di fumo dalle labbra, nonostante tutto cercando di evitare che il fumo le andasse addosso. La vide scrutare all’interno, e il pensiero di essere
    «Lo spero…»
    Fu la malinconica risposta all’accennare della ragazza sul sentirsi a casa in quel luogo che per lui era completamente sconosciuto e che nonostante tutto continuava a trattarlo da tale.
    «Non mi sento più a casa a Houston. Magari lo ritrovo qui»
    La speranza era l’ultima a morire in fondo, o almeno così dicevano.
    «Non ci sono molti nuovi abitanti vero? »
    Era una cosa strana, quella che aveva notato in Besaid. Il fatto che tutti si conoscessero e che la città fosse completamente isolata era quello che lo aveva portato a fermarsi a dire il vero, più che altro perché in quel modo poteva davvero perdersi fra i suoi pensieri, ma era una cosa che dopo qualche istante era risaltata agli occhi del texano.
    Aveva spento finalmente la sigaretta e aveva preso a sorseggiare la birra che si era portato dietro, quando la ragazza gli domandò il motivo per cui si trovava lì-
    «Sì»
    Travis, nel rispondere, si era come spento. Dopo un istante di silenzio, come se un peso si fosse abbattuto su di lui e gli avesse strappato le parole di bocca e il fiato dal corpo, aveva tirato a forza quell’unica parola.
    «Ho viaggiato un po’ prima. Visto alcune… »
    Un gesto eloquente della mano, mentre cercava le parole giuste. Sapeva che assomigliava a qualcosa che non aveva alcun senso in inglese, ma in quel momento gli sfuggiva. Cercò rapidamente un sinonimo, giusto per mantenere la conversazione attiva, per quanto deprimente fosse per lui in quel momento.
    «Posti in Norvegia. Avevamo prenotato una crociera sulla costa… è passata, ma avevo bisogno di cambiare aria»
    Non avevano avuto modo di viaggiare né di godersi quella vacanza. Sotto certi aspetti si sentiva in colpa per trovarsi lì, come se in qualche modo stesse tradendo il ricordo di lei a visitare quei luoghi.
    Un senso di colpa che difficilmente lo avrebbe mai davvero abbandonato.
     
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    z9eZ5MA
    Houston, una città cosi lontana, ma anche così' vicina se si pensa a tutti i trasporti possibili per raggiungerla; stessa cosa vale per gli altri punti della terra. Avranno lo stesso panorama le città affacciate sul mare? Di sicuro non farà freddo d'inverno come da noi, o forse si? Come sarà Houston e in quale parte dell'America si trova? Avrà il mare? Notai di essere ignorante in materia, o forse avevo voglia di sentire cosa aveva da raccontare - se voleva farlo - di avere tante domande da fargli! Arrivando qui, avrà affrontato un bel cambiamento: posto nuovo, lingua nuova, da imparare per giunta, persone nuove con "strani" modi di fare e il cibo, sarà lo stesso? Di sicuro non avranno il salmone che abbiamo qui! No, hai ragione! Gli abitanti sono gli stessi del secolo scorso. Dissi mettendo in mostra la risata migliore che avevo, ero davvero divertita! Eh si, mi bastava poco per ridere! Non si vedono molti cambiamenti, anzi la situazione sta diventando abbastanza monotona! Anche se, a dire la verità, non conosco proprio tutti! O meglio, le persone con cui parlo veramente sono poche e per quanto riguarda gli altri, non si è creata quella sintonia! Colpa mia e del carattere che mi ritrovo, lo ammetto! Se le cose dovessero cambiare sarebbe una scoperta in più per me e sarebbe come aver conosciuto persone nuove! Fidati, per conoscere il popolo di Besaid, sei entrato nel posto giusto! Tutto quello che cerchi lo puoi trovare qui, tra tutta quella massa! Con fare teatrale allargai le braccia, con in mano il bicchiere contenente il liquido analcolico, per accogliere in modo ironico la folla che, non so come (?), riusciva a non farmi capire nulla di quello che dicevo! Dove si trova il pulsante del volume delle persone? Oppure la stanza, potevano farla insonorizzata. Ci risi su e sbruffai, non me ne va bene una e mi lamento su tutto! Questa è una di quelle giornate! Con "trovare" mi riferivo al lavoro, ad un posto fisso in cui stare e non in un b&b o qualunque altro luogo, alle questioni burocratiche, all'assicurazione medica ecc
    C'è un lato positivo, uno dei tanti, di Besaid, il fatto che c'è sempre qualcosa da fare e non si sta mai fermi! Come quando si vuole organizzare una semplice grigliata, si mette in moto tutta la cittadinanza e si finisce per mangiare e stare insieme! Non si direbbe, ma sono una buona forchetta: il giorno mangio, la sera mi alleno e la notte mi trasformo; che vita stressante la mia! Per essere agile e scattante mi conviene correre e saltare, praticare quindi i seguenti sport: salto in lungo o salto con l'asta, aggiungo anche la corsa, anche se sottintesa! Pensandoci la grigliata poteva essere un modo per dargli il più caloroso dei benvenuti, avrei dovuto parlarne con mio padre il giorno dopo! Avremmo trovato un giardino abbastanza grande a disposizione!
    Avevamo? Avevamo chi? Non parla solo di se, giusto? Avevamo? Ripetei la parola detta dalla sua voce. Tu e un'altra persona? La sua famiglia? Credetti di aver preso, mentalmente, un tasto dolente o forse era solo una mia impressione! In ogni caso avrei voluto, un secondo dopo, poter rimangiare le parole e far finta che quello non fosse mai successo e trovare un altro argomento!
     
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6 replies since 18/6/2018, 13:21   225 views
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