Drink&Drug

Chelsea + Wade

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    Non era arrivata da tanto tempo a Besaid, eppure le sembrava che fosse passata un’eternità: non aveva avuto modo di conoscere chissà quante persone dal pomeriggio in cui era entrata in quel sinistro bosco (prima ancora di rendersi conto di aver trovato quella cittadina), e inoltre cominciava a sentire qualcosa dentro di lei che stava cambiando – anche se ancora non era riuscita a capire cosa, esattamente.
    L’unica cosa della quale era sicura era che ormai da qualche mese aveva cominciato a vedere e sentire cose alquanto strane, arrivando addirittura a pensare di essere pazza.
    Chelsea Kimberly Wood si stava spegnendo poco a poco, stava perdendo quella lucentezza che l’aveva caratterizzata durante tutta la sua vita; ogni qualvolta che entrava in una stanza piena di gente si sentiva puntati addosso gli occhi di tutti, reazione accompagnata ad un contenuto brusio che non le era mai dispiaciuto. Le piaceva essere guardata, e altrettanto le piaceva essere desiderata. Tuttavia, da quando era arrivata a Besaid, l’insistenza nel trovare risposte alle infinite domande nella sua testa l’aveva consumata gradualmente, lasciando della sua luce soltanto un lieve luccichio nei suoi occhi chiari.
    Se solo avesse avuto qualcuno con cui parlare, in quella maledetta città dimenticata dal resto del mondo, forse i suoi timori sarebbero potuti essere attenuati dall’eventualità di sentirsi dire “Tranquilla, io ti capisco”. Oh, quanto le sarebbe piaciuto poter udire quelle semplici parole.
    Quella sera, una delle tante durante la quale aveva deciso di percorrere le strade di quella città col fine di scoprine sempre di più le sfaccettature, Chelsea si era ritrovata dinanzi un pub nel quale ancora non era entrata; strano, dopotutto, che non l’avesse ancora fatto – visto che, da quando era arrivata, aveva preferito passare le serate a sbronzarsi piuttosto che pensare a tutto il resto. Malgrado, poi, Kimberly non riuscisse a capire quale fosse il motivo per il quale non aveva ancora lasciato quel posto, sentiva che c’era qualcosa – quasi come un filo invisibile – che la legava a quella città.
    Indi, con l’aria tiepida della sera ormai estiva che le sferzava il viso, la ventiseienne attraversò l’ingresso del pub e si sedette – dopo essersi guardata un po’ in giro – in uno sgabello posizionato davanti al bancone di legno scuro. Aveva indossato un paio di scarpe comode, una semplicissima t-shirt monocolore ed un paio di jeans smessi: tutto, in quell’outfit, dava modo di capire quanto fosse ormai precaria la situazione – proprio come lo spoglio appartamento nel quale aveva cominciato a vivere. E non le importava nemmeno più di tanto.
    « Una vodka liscia, per favore. » avrebbe ordinato al barista, per poi indugiare sul suo didietro una volta giratosi verso gli alcolici; ciò che aveva visto le era piaciuto, ma nello stesso momento in cui quel pensiero aveva attraversato il suo cervello, si era sentita viscida: quella era una Chelsea che non conosceva, e della quale avrebbe fatto sempre più fatica ad abituarsi.
     
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    Questa role contiene una lieve presenza di violenza e linguaggio forte, i mean, si parla di Wade... :>



    FERMO! TESORO DOVE SCAPPI!?! Wade emise un grido acuto, estendendo un braccio ed una mano dal palmo aperto in avanti, mentre correva come un forsennato saltando di tetto in tetto a Voss, una cittadina Norvegese vicino Bergen, nel tentativo di fermare la sua vittima. Si trattava di un trafficante di persone coinvolto in un giro di prostituzione minorile, un tale che si faceva chiamare Kassander. Mai! Vaffanculo Deadpool! Gli rispose l'altro, con una pronuncia molto più comprensibile di quella del mercenario Americano, che aveva iniziato ad ingranare con il Norvegese efficacemente solo da poco tempo. Il trafficante era per strada, e stava cercando di scappare dalle grinfie dell'ex-militare, che era parecchio temuto nei circoli illegali della zona. Col fiatone, Wade continuava a saltare sui tetti spioventi tenendosi in precario equilibrio, e nonostante fosse un desolato primo pomeriggio, un po' di caos si stava già iniziando a creare nella strada teatro di quello strambo inseguimento. Seriamente? Pensi di sfuggirmi?! Domandò divertito mentre correva, e nel frattempo tirò fuori una delle sue pistole automatiche dalla fondina che era legata attorno alla sua coscia, sparando dritto al motore della motocicletta sotto di sè. Il veicolo iniziò a fumare e rallentare, e proprio mentre Kassander perdeva il controllo del mezzo, Wade scivolò giù per le tegole, lasciandosi inesorabilmente cadere sull'asfalto. Ouch! Dopo aver prodotto un sinistro rumore di ossa spezzate dato dalle sue gambe, il mercenario sembrò essere svenuto. Mmm. fa sempre male, cazzo. Borbottò a bassa voce lui, gemendo leggermente dalla sotto la sua maschera di spandex rosso, prima di sentire le ossa scattare nuovamente al loro posto. Mentre teneva la pistola ferma in mano, si rimise seduto e sparò una seconda volta verso il trafficante, che si fermò per la ferita ricevuta ad una spalla mentre cercava di correre via dopo essere saltato giù dalla moto in panne.
    Approfittando di quei minuti in cui il criminale si era fermato, ansimante mentre si lamentava per il dolore e constatava la gravità della ferita, Wade si rimise in piedi, zoppicando appena mentre correva, ondeggiando visibilmente; era abbastanza ridicolo a vedersi, sembrava uno di quei cerbiatti che appena nati non sanno ancora camminare. Il tutto divenne ancora più marcato qualche attimo dopo, poichè la particolarità del mercenario aveva iniziato a fare effetto, e mentre aggiustava un problema nel corpo del giovane (le gambe rotte) ne causava un altro - in questo caso, un forte giramento di testa. Oh... dai... Protestò lui, osservandosi le gambe mentre la frattura ad una di esse guariva, ma nonostante tutto Wade raggiunse il suo obbiettivo. Dandogli uno scappellotto sulla nuca, il mercenario lo voltò verso di sè, agguantando con la sua mano destra la spalla ferita dell'altro, marcando volontariamente la presa sulla ferita. Kassander! Kassander Kassander Kassander... Dove vai? Tutti che scappano, mamma mia. Nessuno che voglia fare due chiacchiere con me! Mentre spinse con forza il corpo del trafficante terrorizzato per terra in modo che fosse costretto a sedersi, Wade si piazzò in mezzo alla strada, seduto a gambe incrociate accanto alla sua vittima. Portò l'imponente canna della pistola a picchettare un paio di volte sul mento, in segno di riflessione. Mi chiedevo.. Ma Kassander è il tuo vero nome oppure l'hai scelto tu? No perchè assomiglia tanto ad un mobile dell'IKEA. Ahhh, adoro i mobili dell'IKEA, dovreste esserne orgogliosi, a casa ho un Kullen bellissimo! Ahh si, si, è una meraviglia, tutto laccato di nero. Kassander mi dà l'idea... boh di una libreria? No, no mi correggo... Kassander... Fermandosi per pensare, Wade sospirò rumorosamente, ed appoggiò la mano libera su un ginocchio. Ma che stai dicendo... Certo che sei proprio fuori di te- Prima che l'altro potesse continuare, il mercenario gli diede un secondo scappellotto, decisamente più forte del primo. Nah.. Ho cercato qualcosa di meglio, ma sicuramente se fossi qualcosa dell'IKEA saresti Kassander: "Carta igienica cheap". Alzandosi velocemente in piedi, Wade puntò la pistola proprio in mezzo agli occhi del trafficante, prima di premere il grilletto. Lo sparo fu udibile nell'eco della strada deserta, e l’asfalto si sporcò irrimediabilmente di sangue e grumi. Facendo spallucce, Deadpool ripose l'arma nel fodero e si avvicinò alla potente motocicletta di Kassander, adocchiandola per qualche istante. Controllando i fili elettrici collegati alla centralina esposti per via dello sparo avvenuto in precedenza, Wade staccò lo spinotto e fece partire la moto, saltando immediatamente su. Con un'espressione contenta e soddisfatta, visibile perfino da sotto la sua maschera, il mercenario tirò fuori una delle sue katana dal fodero e distrusse la targa, prima di partire con la sua tutina indosso a tutta birra alla volta di Besaid. Un attimo… ma IKEA è Svedese!
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    Era sera ormai, quando Wade saltò giù dalla moto alle porte della cittadina mentre era ancora in movimento, lasciandola esplodere contro un albero. Attento a non farsi notare troppo con la tuta e la maschera in giro per le strade, il mercenario si diresse a casa propria. Era un piccolo monolocale ricavato da uno spazio industriale con il muro composto da mattoni a vista; un open-space costituiva la maggior parte dell'appartamento, in cui erano congiunti cucina, camera da letto e soggiorno. Essendo all'ultimo piano, sulla parte sinistra della casa si estendeva una grande finestra da cui filtrava la luce. L'arredamento era semplice ma accogliente; accanto alla finestra c'erano due poltrone, dietro di esse degli scaffali bassi per i libri e i dischi, e adiacente ad essi c'era il letto spazioso. Le pareti erano tappezzate di fotografie e poster di artisti famosi come gli Wham! o Celine Dion, di film cult oppure di fumetti. C'era anche una serie di oggettini sparsi ovunque, tra cui anche le amatissime action figures di Wolverine che Wade custodiva gelosamente. Più avanti c'era il divano, su cui erano appoggiati numerosi cuscini, tra cui uno foderato con l’immagine di un unicorno e l’altro su cui c’era scritto “FEMINIST” grande in caps, e di fronte era posizionata la tv. Ancora più infondo, accanto alla porta d'ingresso, c'era la cucina, piccola ma funzionale. Dall'altro lato c'era il piccolo bagno, e dal lato opposto della casa un ripostiglio, in cui invece erano custodite le numerose armi del mercenario, soldi illegalmente ottenuti in contanti, molta cocaina e le foto dei suoi prossimi obbiettivi - insomma, uno studio di sorta. Appena messo piede nel monolocale, Wade si staccò la fondina delle katana dalla schiena, lasciando scivolare le armi per terra e si stiracchiò, calciando via le scarpe, per poi allentare il velcro della maschera dietro la testa e sfilarla. Controllando l'orario sul suo orologio di Adventure Time, il giovane inclinò appena il capo. «Dovresti andare a bere qualcosa, la notte è giovane!» Cinguettò una delle due voci nella testa di Wade, White Box. Mmmh. Non hai tutti i torti. Perchè no? Rispose lui, evidentemente parlando con se stesso, prima di slacciarsi le armi dalle cosce e dalle gambe. Sgusciò via dalla tutina di spandex e si avviò a grandi falcate verso il bagno. Dopo aver fatto una doccia veloce, Wade si vestì in abiti civili, in modo da poter uscire. «Metti la canotta! Magari incontri qualcuna, sexy motherfucker!» Ridacchiando, il mercenario osservò i suoi vestiti e agguantò proprio la canotta bianca e azzurra vagamente larga indicata da Yellow Box ed un paio di jeans, niente di elaboratissimo. Considerando che la Norvegia non era propriamente un paese tropicale, il giovane indossò anche la sua adorata giacca tartan di pelliccetta sintetica bianca. Bene, andiamo a divertirci!
    Dopo aver camminato un po' per le vie della periferia di Besaid, Wade arrivò sino all'Egon Pub, un posto abbastanza centrale; alcune persone erano fuori dal locale, a godere del fresco della serata mentre parlavano tra loro con una sigaretta oppure una birra in mano. Scansando i gruppi davanti all'entrata, il mercenario varcò la soglia e si guardò intorno, scandagliando il posto con i suoi attenti occhi castani. «Bar!» E bar sia! A passo deciso, Wade si avviò verso il bancone, e notò che c'erano solo due posti liberi: uno ad un angolo isolato del bar, e l'altro al centro, di fianco ad una ragazza dai capelli biondi ed un uomo con la testa del tutto rasata. La scelta era ovvia. Prendendo posto tra i due, il giovane si appoggiò vistosamente al bancone, leggendo con attenzione i drink dietro al barista, scritti ordinatamente su una lavagna con un font dall'aria vintage. Il suo occhio però cadde anche sulla figura della donna al suo fianco, i cui splendidi occhi chiari erano intenti ad osservare il fondoschiena del bar-tender, dopo che le ebbe servito una vodka liscia. Si, concordo, ha proprio un bel sedere. Sussurrò forse troppo rumorosamente il mercenario come se ciò che aveva detto fosse un'ovvietà, protendendosi leggermente verso la ragazza e portando una mano davanti alle labbra come se volesse tenere il segreto. Lei aveva un volto pallido dai lineamenti meravigliosi, delicati. I capelli biondi ricadevano attorno ad esso con eleganti onde, come se fossero una cornice per il viso, caratterizzato anche da un delizioso nasino alla francese. Spiccavano anche le sue lunghe ciglia, che ora erano anche più visibili per via del fatto che la giovane avesse gli occhi rivolti verso il basso. Spostando la sua attenzione verso il barista, Wade iniziò a muovere una mano in segno di saluto, per attirare la sua attenzione. UUH. Hei hei, hei? Mi fai un Dexter? Sembra una figata, coi guanti in lattice e tutto il resto! Constatò raggiante, prima di appoggiare entrambi i gomiti alla superficie legnosa del bancone. Mentre aspettava, il mercenario si concesse di osservare qualche attimo in più la ragazza seduta vicino a lui e poi l'altro uomo che si era accomodato al lato opposto. Ho letto fuori che oggi è serata karaoke, magari alla fine riesci ad farti dare il suo numero. Ti unisci a me? Tornando alla donna, con cui Wade aveva iniziato a parlare in quel momento con aria complice. E tu, Moby? A quella domanda, l’uomo pelato seduto al fianco di Wade sbuffò e fece notare con la sua postura di non voler essere disturbato. Il mercenario incrociò gli avambracci e notò qualcosa che non andava; la donna sembrava molto abbattuta, spenta. Bisognava fare qualcosa. Così, lui aprì il palmo della mano, in direzione dello sguardo della bionda. Beh.. Tu sembri molto più triste di me stasera. High five? Domandò lui fiducioso, con un tono meno squillante e più tenero, per poi lanciare uno sguardo al barista che stava finendo di preparare il drink che aveva ordinato. La serata si prospettava decisamente interessante.
     
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1 replies since 23/6/2018, 15:22   91 views
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