Summer Beach Party!🌊

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    Il fuoco del falò scoppietta e sfrigola sulle rive della spiaggia di Besaid. Il cielo è scuro, e alte in quella distesa nera brillano tantissime meravigliose stelle. Il rumore delle onde fa di sottofondo al chiacchiericcio dei presenti ed alla musica, che il DJ sta suonando per fare ballare i primi arrivati e che accompagnerà gli invitati sino alle prime luci dell'alba. Non appena l'asfalto stradale cede il passo alla morbida sabbia, le scarpe e la tristezza si lasciano sulla soglia della spiaggia, dove si può entrare liberamente da soli o con gli amici. Una volta all'interno della riviera, la prima cosa che colpisce la vista è l'ingresso, addobbato con lanterne e lucine di vario tipo, assieme ad allegri festoni estivi. E' proprio qui, che si potranno aspettare gli amici, conversare con loro, oppure, perchè no, conoscere qualcuno di nuovo! Cosa succede però, se un languorino attacca lo stomaco mentre siete ancora soli o già in compagnia? Sulla sinistra, troverete un delizioso chiosco, in cui ordinare dello squisito cibo di strada Norvegese. Troverete manicaretti buonissimi come ad esempio smørbrød (un sandwish aperto, farcito con pålegg/uovo bollito, reker/scampi, pesto e kylling/pollo), pølser (hot dogs) sia semplici in pane normale o Norvegese "lompe" farciti con salsiccia, salse oppure kebab avvolto nel bacon; oppure, potreste scegliere del kylling o kjøtt (che significa carne di manzo, ripiena con løk/cipolla, mais, peperoni e salsa avvolte in una pita. Non temete, per ogni piatto si trova anche una variante vegetariana e per gli amanti del classico, anche della pizza! Se però avete voglia di dolci, ce n'è per tutti i gusti! A parte i classici milkshake e gelati, potete anche trovare vafler (waffles) con sopra syltetøy (marmellata), bær (frutti di bosco) e/o crema. Tuttavia, ogni festa che si rispetti non può evitare di includere anche tanti freschi drink! Sulla destra, dalla parte opposta al chiosco trovetere un bar, in cui i bartender non potranno che deliziarvi con le loro creazioni, dalle più classiche come i mojito e sex on the beach a bevande più sperimentali come liquori con miele d'api, assenzio e sciroppi di tutti i colori. Gli ombrellini sono d'obbligo!
    Una volta che vi sarete messi a vostro agio e avrete goduto dell'atmosfera festosa e conviviale del party, alle 10 l'organizzazione ha previsto per tutti voi una sorpresa! Per incoraggiare le nuove conoscenze tra gli invitati, voi iscritti avrete il piacere di partecipare ad un divertentissimo gioco, che si chiama Ciak, si gira! In cui tutti voi lascerete i vostri panni di Besaidiani di tutti i giorni per assumere quelli di stelle del cinema! Casualmente siete stati divisi in sei coppie. Ad ogni squadra è stato assegnato, sempre randomicamente, un film molto famoso! Dunque, una volta che avrete letto il nome del vostro compagno ed il titolo della pellicola a voi assegnata, dovrete recitare in una scena molto famosa di quel film! Organizzatevi tranquillamente tra voi per decidere quale estratto del film mettere in scena, e poi, brillate! Vi posizionerete al centro della spiaggia, al lato del falò, e poi darete il via al vostro estro creativo. Alla fine della serata ci sarà una votazione per stabilire chi saranno state le best stars!
    Ecco qui le squadre:
    Attenzione cittadini: i turni ed i gruppi sono questi qui sotto. Il numero del vostro gruppo rappresenta il numro del vostro turno, dunque se siete nel gruppo uno Giocatore X e Giocatore Y dovranno postare per primi. Se desiderate essere spostati di turno, per favore fatecelo sapere entro 24 ore dall'apertura della festa, in modo tale che noi possiamo modificare questo messaggio con le nuove posizioni dei giocatori. I titoli dei film che troverete sono quelli che sono stati scelti randomicamente per voi, ma se preferite scegliere un altro titolo fate pure, l'uso di questi film non è obbligatorio. Grazie!

    Group 1 - Harry Potter
    Arwen Olafson
    Ivan Sokolov

    Group 2 - Guerre Stellari
    Drasil Mirene Blomst Mot
    Bluebell Serena Blythe

    Group 3 - Il Re Leone
    Agnieszka Lewandowski
    Helena Kuznetsova

    Group 4 - Il Signore Degli Anelli
    Wade Wilson
    Devon Christos

    Group 5 - E.T. - L'extraterrestre
    Levi Tarjei Hansel Kvist
    Camilla Peterson

    Group 6 - Titanic
    Dana Nora Gretel Årud
    Adrian Joel Axelsson

    Estratti da questo sito; lista dei film presa da IMDB.


    Infine, per concludere la serata, verso mezzanotte potrete assistere ad un meraviglioso spettacolo di fuochi d'artificio, che coloratissimi e brillanti si libreranno nel cielo, illuminando la notte scura di Besaid. Se preferite, dopo lo spettacolo pirotecnico potrete senz'altro tuffarvi in acqua e godervi un fresco bagno notturno. Insomma, la festa è appena cominciata, divertitevi e godete di questa meravigliosa notte!



    Edited by chimi-fucking-changas» - 22/7/2018, 18:42
     
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    Non c’è niente di più bello e divertente, appena escono il sole ed il caldo "afoso", di una bella festa in spiaggia, magari che duri tutta la giornata, o tutta la notte, chi può dirlo! O meglio, chi avrebbe mai detto che la sottoscritta potesse e volesse parteciparvi. Se mi fossi fatta prendere dalla modalità visiva di una civetta, i miei occhi avrebbero iniziato a dilatarsi e a proiettare nella retina un' immagine molto luminosa, quindi sarebbe stato come festeggiare di giorno (?). Fortunatamente andò tutto liscio e mi comportai come se fossi una persona normale. I pro di questa festa? Spiaggia raggiungibile in poco tempo, così da non crearmi troppa difficoltà, festa organizzata lontana dagli esami universitari e che permette di divertirsi e passare il tempo. Il punto più importante, da non sottovalutare, è la scorta di palloncini in lattice per far partire qualche simpatico “gavettone” posta nel piccolo borsone, altrettanto attrezzato con parei, qualche cambio e asciugamani che non si a mai. Anche la musica avrebbe aiutato a far passare più piacevolmente il tempo, coprendo tempi morti o, perché no, con una buona playlist, poter far partire qualche momento di danza. Non avrei ballato di certo! - Naaa, per stasera avrei fatto un'accezione! - Per il resto, dettagli e allestimento promossi: buffet allettanti e pieni di cose buone!
    I vestiti indossati erano semplici, ma comodi per muoversi: una tuta a pantaloncini e spalline strette arancione, un paio di sandali color oro, i capelli accroccati con un fiore finto in testa come fermaglio e nessun altro accessorio. Sulle spalle una maglia a maniche lunghe in caso avessi avuto freddo.
    Camminai sulla passerella per raggiungere il gruppo di persone attorno al falò, sembrava gente simpatica e con voglia di chiacchierare, per non dire fare gossip di chi riceveva frecciatine! - Sarei stata cosi cattiva da mettere zizzania tra gli invitati? Forse, ma non subito! - Venni accolta da sorrisi e braccia aperte che mi presero alla sprovvista, furono però ben accetti tanto da ricambiare! Chi di noi non ha mai partecipato ad una serata con gli "amici"- amici? Quali amici? - davanti ad un falò sulla spiaggia, aspettando l'alba? E chi non ha mai sentito o raccontato storie da brivido per rendere l'atmosfera notturna più elettrizzante? Storie piene di mistero e di personaggi ambigui, inquietanti, nati dalla fantasia o da esperienze realmente vissute. Non vedevo l'ora che quel momento arrivasse il prima possibile! Ragazzi, che bello vedervi! Questa notte, niente litigi e tanto divertimento, ok? A primo impatto diedero l'impressione di aver dato gas con l'alcool, il resto che salutai: chi diavolo erano? Gente a me sconosciuta, ma che importa, salutiamo e abbracciamo tutti e facciamoci due risate! Prendiamo ad esempio dalla canzone appena iniziata dancing alone, posai a terra ciò che mi ingombrava, in un piccolo spazio vuoto, e dopo aver preso il bicchierone di chissà cosa dentro, raggiunsi gli altri e ballai, da sola ma in gruppo! Presi in seguito per mano la ragazza che voleva alzarsi ma non lo faceva per vergogna. Come lo so? Glielo si leggeva in faccia e in più lo disse apertamente! Per quanto mi riguarda, a meno che non ci siano macchine fotografiche che immortalano le scene, domani nessuno ricorderà di chi ha fatto cosa! Ecco perché, contro il mio solito, mi buttai in pista senza problemi! Attorno al falò, coloro che non possono mancare: le chitarre! Ce n'erano più di due e ciò che mi chiesi fu di chi erano e cosa avrebbero suonato se già la musica c'era! Forza, dai! Ci sono io a farti compagnia! Ehi, di chi sono le chitarre? La seconda parte della frase la urlai sperando di aver superato il suono delle casse e un tizio, sentendosi preso in causa, alzò la mano e disse qualcosa che non capì. Gli feci cenno col pollice e nel frattempo una ragazza, a gesti, mimò che l' altra chitarra le apparteneva. Avrei scoperto gli altri proprietari e chissà, provarci con il primo carino e disponibile e da notare l'alcool che iniziava ad agire! Morale della favola: già non ero in me! Il liquore era immerso nel miele d'api o il contrario? Gente assaggiate, il miele d'api l'ho fatto io! Risi al solo pensiero, smisi di ballare e andai a prendere qualcosa da mangiare, pizza ovviamente, tanta pizza, ritornando a sedermi alla postazione iniziale, ascoltando in silenzio i discorsi altrui. Una cosa che notai è che, guardandomi intorno, nessuno aveva in mano un telefono. Avranno capito di doversi disintossicare! Il ragazzo accanto a me si lamentava di un professore che per l'ennesima volta lo bocciò, disse che fu preso di mira a causa di un collega che gli riferì un suo pensiero. non molto positivo sul professore. E alla fine cos'hai deciso di fare? Gli chiesi, sperando avesse trovato una soluzione. Mi rispose che fece richiesta alla segreteria per poter sostenere l'esame con la professoressa del primo anno. La richiesta fu accettata e l'esame superato. Andai avanti e indietro con i piedi scalzi nella sabbia tra un gruppo di ragazzi e l'altro, ma la persona ricercata non era tra quelle, però in compenso conobbi persone. Con una ho scoperto di frequentare la stessa facoltà ed eravamo allo anno e da li iniziarono le solite domande: com'è andato l'esame? se vuoi studiamo insieme e ti lascio il mio numero per organizzarci? con la scusa ci portiamo il thermos col caffè! Il suo nome è Annika e gira gira scoprimmo di aver frequentato le elementari insieme, lei poi si trasferì e ritornò a Besaid per l'università! Piccolo il mondo, right? Questa si che è una sorpresa! Ci sedemmo in un angolo, lontane dal caos, per ripercorrere tutti questi anni: dagli aneddoti più stupidi a quelli importanti. dai dispetti fatti in classe alle tirate di capelli fuori in piazza! Eravamo due pesti con un carattere forte e crescendo capimmo di averlo mantenuto! Una voce interruppe il vocio alzando il silenzio, disse a gran voce che a coppie avremmo dovuto mettere in scena un piccolo pezzo di un film, una scena importante del film. A me e ad un certo Ivan capitò la saga di Harry Potter, le coincidenze della vita! Chi è questo Ivan? Tu lo conosci Annika? Fece spallucce, Da parte mia mai visto e mai sentito nominare, pertanto da dove sarà sbucato, mah! E' sempre stato a Besaid e non l'ho mai incontrato? O forse lo conosco di viso, ma non l'ho mai associato il nome? Detto ciò dovrei farmi qualche domanda, dovrei darmi alla vita sociale estrema! La festa era un'ottima scusa!
    Una persona mi prese per il braccio e mi indicò dove poterlo trovare e con la diffidenza che mi appartiene andai a presentarmi! Ciao, tu devi essere Ivan. Sono Arwen, siamo in coppia per la scena! Bel tizio, ma l'età forse non quadra! Perchè incontro ragazzi più grandi? Bah! Hai qualche idea sul da farsi? No, perché pensavo di ricreare la scena di Lucius Malfoy e Dobby! Aspetta, conosci Harry Potter, si? Gli chiesi confusa e in fretta. Ero agitata, non per la situazione ma per la recitazione. Questa si che sarebbe stata una pessima figura da dimenticare! Il lato positivo è che saremmo stati i primi e mi sarei tolta il pensiero! Inoltre, per una questione di logica o meno, avrei fatto Dobby e Ivan, Lucius! Speravo fosse d'accordo sulla scelta e a quanto pare ricevetti una risposta affermativa. Dovevamo solo provare ed essere molto credibili. Che poi, coincidenze, io e Dobby abbiamo gli stessi occhi, a palla e chiari! Ho trovato da me un nuovo soprannome, cioè il primo! Avevo pensato di partire dal punto in cui Harry Potter consegna al mangiamorte il diario di Lord Voldemort che a sua volta lo consegna a Dobby che trova dentro un calzino. Dobby è ora libero della schiavitù. Dovevo intensificare la felicità mista a qualcos'altro, la frase doveva essere epocale!
    «Harry afferrò il diario e si precipitò fuori della stanza. Si udivano ancora le grida di dolore di Dobby, che si allontanavano lungo il corridoio. Rapido, sperando che il suo piano funzionasse, si tolse una scarpa, si sfilò il calzino sudicio e infangato e ci infilò dentro il diario. Poi spiccò una corsa lungo il corridoio immerso nel buio [...]» Il padrone ha dato a Dobby un calzino. Provai a dire in modo estasiato con le lacrime agli occhi uscite fuori a comando. Il padrone lo ha dato a Dobby! Ripetei. Dobby ha un calzino. Fece la finta elfo, incredula. Il padrone l’ha tirato e Dobby l’ha preso, e così, Dobby . . . Dobby è libero. Mi girai verso il vuoto, facendo finta di parlare ad Harry Potter, ma di fronte a me una persona che stava assistendo alle prove. Harry Potter ha liberato Dobby Strillava l’elfo di nome Arwen levando lo sguardo verso Harry, mentre la luce della luna si rifletteva nei suoi occhi a palla. Harry Potter ha liberato Dobby! Il ragazzo che mi osservava facendomi perdere la concentrazione. Gli tirai la prima cosa che mi capitò, qualcosa di morbido come il palloncino pieno d'acqua portata di mano. Ritornai seria e chiesi ad Ivan come fossi andata e se ci fosse qualcosa da migliorare! Chi si offre come Harry Potter per due minuti? Ho bisogno di una cavia! Il dito puntò un ragazzo con gli occhiali che non aveva nulla a che fare con il personaggio, però colsi l'occasione per fare nuove conoscenze. La solita Arwen strafottente! Mi disse che lui non era stato scelto per ricreare qualcosa e che quindi avrebbe osservato gli altri mangiando popcorn.
    Era ora di andare in scena e ripetere le battute come meglio potevo e come Dobby potesse fare! Dobby entra in me e facciamo vedere a questi babbani chi siamo! Nonostante la poca fiducia nelle mie capacità e nel poco provare la scena, potevo ritenermi soddisfatta. Feci altamente del mio meglio senza scoppiare a ridere e senza cambiare le parole, anche se venni distratta dai discorsi in lontananza, la recitazione poteva ritenersi passabile. Insomma congratulazioni a me. . .e anche ad Ivan, e all'Harry Potter improvvisato! Quando alla fine dissi Il padrone ha dato a Dobby un calzino. Iniziai a saltellare tenendo il libro in mano e il calzino, ormai simbolo di libertà. Si, per eventuali momenti di noia avevo portato con me un libro e il calzino lo presi in prestito da uno dei ragazzi! Diedi ad Ivan il cinque e come signor Malfoy non era niente male! Dopo di noi altre coppie, sei per la precisione. Molto bravi! Ebbi la sensazione che i vincitori sarebbero stati loro e non noi, l'imprtante è partecipare, no? Proprio per niente! Almeno in questo caso! Potevo consolarmi con cibo, scartai il resto del buffet per buttarmi sulla pizza, anche se il smørbrød meritava di brutto! Feci un piatto di altri manicaretti per Ivan, dovevo essere amichevole e gentile e perché non esserlo con il compagno di squadra?
    Lo spettacolo più bello e inaspettato arrivò allo scoccare della mezzanotte: lo spettacolo pirotecnico che illuminerà lo specchio d’acqua davanti la riva di Besaid! - Cenerentola sarà ritornata a casa in tempo? - I fuochi d'artificio di qualsiasi tipo mi ipnotizzano, sarà più una questione di chimica? Sono per me come cascate colorate e si, ogni colore è caratterizzato di ogni elemento. Chi, in effetti, non è mai rimasto ipnotizzato con il naso all’insù ad ammirare queste misteriose esplosioni di scie variopinte? Che colore potrei essere e quale elemento chimico mi rappresenta di più? Non ne sono ancora sicura perciò non mi esprimo!
    Le prime file erano distratte, era arrivato il momento di mettere in moto il mio piano, innocuo e divertente! Dal borsone tirai fuori i palloncini che per fortuna non sono scoppiati, li distribuì a chi si trovava vicino la mia postazione e giocando al "telefono senza fili" diedi loro le istruzioni! Una semplice regola: al mio via, lanciare! Lo spettacolo pirotecnico stava per finire, avremo preso alla sprovvista e bagnato gli inviati! Il rischio: essere presa in braccio ed essere lanciata in mare! Nulla di cui arrabbiarmi, me lo sarei aspettato e meritato! Non contai nemmeno, dissi direttamente Via e lo spettacolo poteva iniziare! Ragazze che urlavano dalle spavento, ragazzi che si addossavano ad altri loro simili e io che ridevo. Ce ne sono altri, ma pochi! Il borsone era aperto e chi poteva prese il resto con grande scatto! Come volevasi dimostrare venni beccata, presa e buttata in mare! La serata doveva ancora cominciare, anzi era appena iniziata!
    Mi svegliai con il sole negli occhi, aprii più volte le palpebre per capire dov'ero e chi avessi a fianco, non era Ivan e neanche Harry Potter di Besaid, un ragazzo niente male con lo sguardo da angelo. Pensai che lo avesse soltanto da addormentato e il resto del giorno lo immaginai spericolato. Mi svegliai ripercorrendo la notte prima e sorpresa delle sorprese, ricordavo tutto. Dimostrazione che non bevvi troppo! Sorridevo, mi ero davvero divertita ed ero felice. Mi promisi che se fosse capitato, avrei partecipato a più feste! Intanto continuavo a rimanere sdraiata, non avevo nè la forza, nè la voglia di alzarmi. Rimasi soltanto incollata al vicino di dormite, gli avrei dato il mio numero in un secondo momento!

    Edited by ;Fairytale» - 23/7/2018, 21:06
     
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    Le feste organizzate a Besaid avevano un che di unico, forse perchè a prendervi parte erano individui eccezionali sotto molti punti di vista. Non era raro vedere cittadini cimentarsi pubblicamente con le proprie particolarità nel quotidiano, tanto più in situazioni pubbliche come quelle dove gli spettatori di certo non mancavano. Si assaporava qualcosa di magico nell'aria, difficile da esplicare a parole ma che permeava a lungo, senza mai abbandonare chi prestava un po' di attenzione spirituale per captarla. Vi erano due motivi per i quali era insolito non veder Ivan Sokolov prendere parte a quegli eventi: la prima, e forse più scontata, la presenza di possibili nuovi clienti e di quelli che già erano in contatto con lui da diverso tempo mentre la seconda, più blanda, rasentava il divertimento più puro. Poche erano le regole vigenti in quel tipo di feste allargate e cose del genere erano una grande attrattiva per il russo. A differenza di molti dei presenti, però, Ivan non aveva rinunciato ai suoi abiti trasandati e per nulla alla moda -ma sempre rigorosamente puliti e stirati da lui- aggiungendo però un unico tocco festaiolo alla sua mise: una collana di finti fiori variopinti (si, avete capito bene, quelle hawaiane trash come poche) che ballonzolava sul suo collo teso come dei campanellini privi di suono. Molti dei presenti li conosceva per i motivi sopracitati, ma Besaid, sebbene fosse una cittadina di ristrette dimensioni, vantava un cospicuo numero di abitanti, allargato ancora di più negli ultimi anni grazie ad un passaparola velato di mistero. Non era arrivato né presto né tardi, la maggior parte dei partecipanti era già presente e l'uomo aveva pensato bene di intrattenersi con alcuni di essi, iniziando a bearsi di cocktail ghiacciati che gli solleticavano la giugulare e chiacchiere prive di secondi fini, una volta tanto. No, quella sera nonostante la stuola di presenti fosse appetibile, si era detto in vacanza, dimentico del lavoro e delle possibilità che quella serata, in tal senso, poteva offrirgli. Il tempo trascorreva rapido mentre una moltitudine di luci stroboscopiche raggiungevano persino la superficie del mare, piuttosto agitato quella sera per via di un forte vento da nord che se non altro aveva addolcito la calura di quei giorni. Ad un certo punto era stato indetto un gioco di gruppo, qualcosa di puerile ma anche dannatamente divertente. A furia di trascorrere del tempo con la sua nipotina, le rare volte che si allontanava da Besaid per farle visita, Ivan aveva ritrovato dentro di sé il lato bambinesco ormai assopito dal peso degli anni e degli eventi che avevano scandito la sua esistenza. Fu con una nota di ironia che fu accoppiato ad una ragazza che non aveva mai visto prima che hai suoi occhi pareva una bambina; i tratti fisiologici erano dolci ed angelicati, sebbene i suoi modi sembrassero piuttosto vispi e simpatici, e l'altezza non era dalla sua in quel caso visto che Ivan dall'alto del suo metro e novantatré centimetri pareva un gigante contro il suo metro e sessantatré. Erano un'accoppiata comica, il gigante e la bambina, il papà e la figlia, sentì qualcuno sghignazzare.
    La cosa lo divertì, specialmente quando si trovarono a dover decidere quale scena proporre ai presenti. Stando al regolamento del gioco potevano scegliere se seguire il film pescato a sorte per loro -Harry sfigato Potter- oppure un altro, ma Arwen (così si era presentata la sua compagna) intenerendolo oltremodo aveva optato per il maghetto occhialuto. Ivan non poteva dirsi ferrato in materia, quando i primi film della saga letteraria erano usciti al cinema lui non aveva undici anni come il protagonista, ma era già sufficientemente grande perchè un tema così fantasioso e prettamente pensato per un pubblico infantile non carpisse il suo interesse. Era stato trascinato a vedere qualche pellicola, addormentandosi il più delle volte e sbavando sui pop corn, e non si era mai azzardato a leggere uno dei sette libri. O erano cinque? Bah, poco importava. La cosa importante era che non aveva la minima idea di quale scena fosse quella proposta da Arwen. Siccome aveva chiesto un po' di tempo per fare delle prove, lui ne aveva approfittato per prendere persone a caso e farsi spiegare sommariamente la trama del secondo film. Man mano che questi narravano, qualche lieve flashback riaffiorò nella sua memoria arrugginita; peccato che non bastassero narrazioni sommarie per il loro fine, dunque cacciò in mano il telefono e cercò su YouTube la scena scelta. Cristo santo. Per un attimo pensò di fare dietro front, inorridito dalla qualità pessima dei dialoghi -chi cazzo era quell'elfo dagli occhi uguali a quelli del Gatto con gli stivali di Shrek?!- , dall'insensatezza della scena (forse era troppo grande per lasciarsi rapire da certe boiate) per non parlare degli effetti speciali dei primi anni duemila. Ma osservando l'entusiasmo di Arwen si disse che sarebbe stato un infame a rovinarle quel breve ritorno all'infanzia. Prima che andassero in scena abbandonò i suoi salvatori, ossia un gruppo di fan accaniti della serie che si erano immolati affinché Ivan si facesse trovare preparato, e raggiunse lo chalet sulla spiaggia che di giorno era assediato da bagnanti. Parlando con il proprietario che conosceva quasi più di suo fratello, si fece prestare un sacco dell'immondizia formato XXL che bucò impietoso per crearsi la “divisa da mago” (ebbene si, Lucius Malfoy vestiva più riDDiKolo degli studenti di Hogwarts), un mocio che si piazzò in testa per mimare la folta capigliatura albina del Sig. Malfoy ed infine un Bar spoon di vetro che avrebbe usato a mò di bacchetta. Come riusciva a stare ancorato un mocio in testa? Magia!
    Fece quindi ritorno dai presentì e riprese le prove finchè non sopraggiunse il loro turno. Si trovarono al centro di un cerchio creato da persone che si accalcavano pur di beccarsi i posti migliori. Si alzi il sipario.
    «Vieni Dobby. Ce ne andiamo.» il suo tono di voce si fece ancor più basso di com'era abitualmente, ma abbastanza alto affinché tutti i presenti potessero udirlo. Cercò di calarsi nel panni dello stronzo di turno (non me ne voglia, Mr. Malfoy), imbruttendo i propri tratti in una smorfia carica di odio verso un Silente invisibile. Degno di nota era il povero sfigato che interpretava Harry Potter, avente come unico tratto similare un paio di occhiali imbarazzanti. Stando attento ovviamente a non farle male, fece finta di dare pedate e coppini al suo eterno elfo domestico. Ma ecco che, proprio quando i due stavano per raggiungere il limitare del cerchio di persone, sopraggiunse l'eroe sfregiato. «Sig. Malfoy! Sig. Malfoy!!» Ce l'aveva con lui? Ahh cavolo, è vero! Per poco Ivan aveva dimenticato quel passaggio della scena -troppa erba pipa, probabilmente- Si voltò giusto in tempo per sentire il finto diario che gli veniva conficcato a forza tra le mani, e si limitò ad osservare il giovane, anch'esso basso per i suoi standard, palesando una finta aria sorpresa. «Che caz.. vuoi Pott- ehm, non so di cosa tu stia parlando.» Il poveretto, che probabilmente conosceva ogni monologo del film e non era preparato agli errori interpretativi di Ivan, rimase un attimo interdetto, salvo poi riprendersi e continuare con la parte. «Oh, io credo di si.» e via una filippica che per poco non addormentò il russo. «Tu dici?» gli sputacchiò curvandosi verso di lui ed intimorendolo con la sua mole. «Perchè allora...non lo provi?» domandò infine, facendogli il gestaccio, comicamente s'intende, che sottolineava l'impossibilità da parte di quest'ultimo di provare la sua partecipazione nei misfatti di Ginny Weasley. Tirò fuori la lingua a mò di serpente e gli mostrò il braccio, dove ovviamente non compariva il marchio dei Mangiamorte ma dei tatuaggi del tutto personali. Era un Mangiamorte Lucius, vero? Bah, chi se lo ricordava. «Dobby!!!» Di nuovo si stava dirigendo verso gli spettatori quando Arwen riprese parola. «Il padrone ha dato a Dobby un calzino.» la voce con la quale proferì quelle parole avrebbe messo pietà persino ad una pietra. Altro che Gatto con gli stivali, diamine! «Cosa? Io non ti ho...» Il tanfo del calzino raggiunse le sue narici affinate da anni di profumi felici. «Mi hai fatto perdere la mia Cenerentola!!» Sguattero? Servo? Schiavo? Com'era? Non c'era un gobbo, per la miseria?! Allungò la "bacchetta" verso Potter, il cui povero attore sbiancò per un attimo, ma Dobby lo schiantò a regola d'arte, facendo finire il povero Ivan con la schiena sulla sabbia. The End. Fine. Final. конец. Ebbastasta cazzo! Si rialzò e prendendo per mano Arwen fece un inchino ai presenti. Il mocio (che per magia non si era staccato quando era finito steso sulla sabbia) cadde producendo un sonoro 'pof'.
    Fine del calvario, era ora di deliziarsi con qualche prelibatezza offerta dal comitato organizzativo della festa e di godersi le successive esibizioni. Forse il giorno seguente si sarebbe ricordato di riportare gli oggetti di scena al suo proprietario.
    Abracadabra (cit.)
     
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    BLUEBELL SERENA BLYTHE ❖

    Non sapeva come fosse finita lì. Anzi, in realtà lo sapeva sin troppo bene. Era tutta colpa della sua nuova psicologa, Mrs Madsen, che sventolandole sotto il naso un volantino della festa, comodamente seduta nella morbida poltrona imbottita dello studio al primo piano del Mordersonn Institute, aveva rimarcato insistente quanto partecipare a eventi sociali ed interagire con persone nuove avrebbe potuto aiutarla a reinserirsi in una routine positiva ed appagante. Se in un primo momento Serena aveva accolto con ben poco entusiasmo quella proposta – o, per meglio dire, ordine - il volantino dai colori accesi, decorato con foto di falò estivi e spiagge al tramonto, si era cammuffato sotto forma di una minaccia apparentemente piuttosto innnocua. Dopotutto, se la signorina Madsen insisteva a tal punto affinchè lei vi si rechasse, la giovane Blythe avrebbe potuto farvi semplicemente una passeggiata, bere qualcosa, all’occasione scambiare un paio di parole con qualche sconosciuto – esattamente il contrario di quanto le era stato raccomandato sin da bambina – e, infine, tornare al pacifico conforto del grazioso portico della sua abitazione, dove il leggero venticello estivo, un buon libro ed un bicchiere di vino leggero o, in alternativa, thè freddo, rappresentavano l’apice della sua serata ideale.
    Avvolta in un grazioso abito a fantasia floreale su fondo blu scuro con la giacca di jeans sottobraccio, poco prima del tramonto Serena si era incamminata in direzione del luogo stabilito per la festa dove diversi partecipanti si stavano già facendo largo tra i chioschi presenti, le mani impegnate tra cibo e bicchieri di plastica ricolmi di birra ed altre bevande. Dalla passerella che costeggiava il litorale, Serena li osservò per qualche istante. Persino da quella distanza riusciva a vedere le loro labbra muoversi, i piedi affondare morbidamente nella sabbia, il corpo ondeggiare istintivamente a ritmo di una musica che, ne era certa, si accompagnava con spensierata leggerezza a quegli ultimi momenti di luce, investiti dall’odore di salsedine e d’estate. Osservando le figure a colori del suo personale film muto la giovane strinse spasmodicamente le mani attorno alla ringhiera, sino a far sbiancare le nocche. Sino a qualche tempo prima non avrebbe esitato; al contrario, simili occasioni avevano rappresentato una sorta di ossessione per lei: lì, silenziosa spettatrice della realtà altrui, avrebbe potuto scivolare nella mente dei presenti, percepire ciò che osservavano, provavano, sentivano. Il ricordo di simili sensazioni la investì, colpendola con la stessa violenza di uno schiaffo. Serena si allontanò dal corrimano di scatto, improvvisamente insicura. Resistere alla tentazione non era facile e, al tempo stesso, aveva paura. Paura di non riuscire a controllarsi, paura di ricadere in quel pericoloso circolo vizioso. Forse Mrs Madsen si era sbagliata. Forse non era pronta. Forse era ancora troppo presto.
    Chiuse gli occhi e respirò a fondo. Uno. Due. Tre. Il panico crescente si arrestò in una fastidiosa morsa all’altezza dello stomaco, permettendole di pensare con maggiore lucidità. Tornare indietro e fuggire sarebbe stato semplice. Le sarebbe bastato voltarsi e, un piede dopo l’altro, allontanarsi di passo in passo. Eppure non sarebbe servito a nulla: procrastinare avrebbe unicamente prolungato l’attesa del confronto, come un metaforico schiaffo nei confronti degli sforzi che aveva fatto sino a quel momento. Se era arrivata sino lì poteva andare avanti. Poteva farcela.
    Scese le scale e affondò con le scarpe nella sabbia, guardandosi distrattamente attorno alla ricerca di un volto familiare. Durante il suo momento di indecisione, i presenti erano aumentati, sparpagliandosi nelle diverse zone appositamente allestite. Era ormai giunta vicino al bar, desiderosa di placare il proprio nervosismo con qualcosa di fresco e fruttato, quando chissà come si ritrovò spinta nei pressi del falò, dove un organizzatore della festa, un ragazzo che non ricordava di aver mai visto prima, la accoppiò ad un’altra ragazza, blaterando qualcosa circa una famosa scena cinematografica e ficcandole in mano un foglio di carta, prima di sparire tra la folla, apparentemente all’inseguimento di qualche altro malcapatitato. Interdetta, Serena spostò lo sguardo sul viso della compagna, il cui sguardo chiaro esprimeva la sua stessa confusione. «Ehm…» Mormorò, imbarazzata, rendendosi conto che la stava fissando in silenzio. «Io sono Serena. Serena Blythe.» Si presentò, porgendole la mano libera, tentando di affievolire l’imbarazzo. Abbassò lo sguardo sul foglietto che le era stato consegnato, aggrottando lievemente la fronte nel leggere il titolo Star Wars, nonché pohe altre righe in cui veniva brevemente spiegato il “concorso” per cui erano appena state reclutate. Porse il biglietto all’altra ragazza, in modo che potesse leggere a sua volta. Avrebbe preferito fuggire a gambe levate piuttosto che ritrovarsi al centro dell’attenzione davanti a tutti i presenti, tuttavia l’espressione disorientata della giovane bionda con cui era stata accoppiata le impedì di sottarsi a quella messinscena. Se lei non ne era particolarmente felice, lo stesso si poteva dire della sua compagna. Abbandonarla sarebbe stato un colpo basso. «Ammetto di non conoscere molto bene la saga» Iniziò, tentando di capire se Drasil fosse appassionata di fantascienza. A giudicare dalla sua espressione, nessuna delle due sembrava essere una grande appassionata dell’opera di George Lucas. «…magari possiamo scegliere una delle scene più famose.» Propose, ripescando il cellulare dalla borsa e scorrendo una serie di video su youtube. Ne mostrò un paio a Drasil, concordando infine per una delle scene cult della saga: Serena avrebbe interpretato Dart Fener e Drasil, per cui il mondo di Star Wars sembrava rappresentare una vera e propria incognita sotto ogni punto di vista, si sarebbe calata nei panni del giovane Luke Skywalker. La quantità di battute tra i due era di lunghezza differente ma, visto il nervosismo, Serena fu felice di averne la maggior parte. Concentrarsi sulle labbra di Drasil e al contempo sulla propria “recitazione” non era semplice.
    Giocando nervosamente con la punta di una ciocca di capelli, riguardò il video un paio di volte mentre le coppie prima di loro intrattenevano la folla, in modo da memorizzare le battute. Era talmente nervosa che le tremavano le mani, ragion per cui non riuscì a prestare la dovuta attenzione alla coppia che si stava esibendo, riconoscendo Arwen unicamente con la coda dell’occhio. La sua amica sembrava cavarsela bene, divertita dalla situazione, mentre lei voleva solamente che tutto terminasse il più in fretta – e possibilmente in maniera indolore – possibile, nemmeno si trattasse di una tremenda interrogazione accademica. Mentre anche Drasil ripeteva la scena, Serena recuperò velocemente due confezioni di bicchieri di plastica ancora racchiusi nella confezione e un bottiglia di ketchup. Quando incontrò lo sgurdo dubbioso di Drasil le sorrise con fare nervoso. «Non abbiamo molti strumenti di scena, perciò… temo che dovremo accontentarci di questi» Agitò la confezione di bicchieri, impilati l’uno sull’altro. «come spade laser e del ketchup per il sangue finto.» Propose, stringendosi nelle spalle e porgendole una confezione di bicchieri, nonché la bottiglietta di salsa da poter schiacciare nel drammatico momento in cui Luke perdeva la mano. Quindi, notando che ormai la coppia che li precedeva aveva terminato, si sistemò il giacchino di jeans sul viso, a coprirle le labbra, annodandolo dietro la nuca in modo da poter realizzare un tono di voce più “roco” e soffocato – o almeno così sperava – rassomigliante quello del suo personaggio. Alla peggio, il giubotto le avrebbe nascosto il viso e mascherato il rossore dovuto ad un profondo imbarazzo.
    Gli applausi per la comica scenetta di Harry Potter cessarono ed il presentatore annunciò il loro turno. Le due ragazze si posizionarono vicino al falò, l’una di fronte all’altra, pronte a dare il via alla scenetta. Brandendo i bicchieri come una spada, Serena avanzò minacciosamente verso Drasil, fermandosi a poca distanza dal suo viso. Si schiarì la voce, imitando un tono gutturale e affaticato. «Sei battuto, resistere è inutile. Non lasciarti distruggere come Obi-Wan.» Utilizzando i bicchieri come spade laser, le due ragazze si cimentarono in una lotta eccessivamente impacciata e, a tratti, comicamente drammatica. Drasil seguì con le sue battute e l’intensità andò crescendo, sino al momento in cui Serena le colpì delicatamente il polso e la bionda lasciò cadere la “spada-laser”, spargendo ketchup ovunque come finto sangue e disperandosi per il dolore. I presenti fecero un paio di passi indietro, chi ridendo e chi protestando per i pessimi effetti speciali – o forse per la loro recitazione. «Luke, non ti rendi conto della tua importanza […] Se solo conoscessi il potere del lato oscuro. Obi-Wan non ti ha mai detto cosa accadde a tuo padre!» La gola iniziava a darle fastidio per lo sforzo fatto per imitare Dart Fener così come le era sempre stato descritto da suo padre Dillon, l’unico in famiglia ad essere un grande fan di Star Wars. Non sapeva se riuscissero a udirla tutti, né se stesse facendo un buon lavoro, ma ormai si era calata nella parte e l’avrebbe presentata con convinzione sino alla fine, con la speranza che i presenti decidessero di bere abbastanza da scordarsi di tutto ciò a cui avevano assistito.
    Giunte al momento clou della rappresentazione, si avvicinò a Drasil fingendo di torreggiare su di lei. Si chinò leggermente nella sua direzione e allungò una mano, pronunciando le sue ultime battute, soffocate dalla stoffa del giubotto. «Io sono tuo padre!» Sibilò, con eccessivo trasporto e teatralità, pronunciando la frase storica che, al pari con le citazioni sulla Forza, incarnava le origini di Star Wars.
    Quando il loro turno terminò, porse la mano a Drasil, aiutandola a rialzarsi da terra e – dopo un frettoloso inchino – si allontanò felicemente dal falò. Si tolse il giubotto dalla bocca e notando la ragazza bionda ancora al suo fianco le sorrise appena. «Finalmente è finita!» Si lasciò sfuggire, chiaramente sollevata. Spostò lo sguardo verso il falò, in parte curiosa di vedere cosa avrebbero presentato gli altri poveri partecipanti. Ora si che aveva bisogno di bere qualcosa!
     
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    Come fosse finita di fronte a tutta quella folla, non lo sapeva neanche.
    Si era ritrovata a passeggiare lungo la riva appena prima del tramonto, ripercorrendo con gli occhi e in silenzio l'orizzonte, chiedendosi quanto fosse distante e sopprimendo il desiderio di raggiungerlo a nuoto. Drasil amava il mare, il rumore delle onde che con una calma innaturale si estendevano sulla superficie sabbiosa, ricoprendola appena e ritirandosi in acqua subito dopo. Un movimento costante che mai sembrava avesse pace. Man mano che avanzava, un lontano vociare aveva raggiunto le sue orecchie, incuriosendo la donna e stuzzicando quell'interesse dormiente nei confronti di quel mondo moderno che ancora non riusciva pienamente a comprendere. Certo, aveva fatto molti passi avanti fino a quel momento, ma ancora si sentiva tanto estranea a quella complicità che fra molti cittadini vedeva. Si sentiva perciò sola, fuori da quella cerchia strana di persone che andava girando per le strade con strani vestiti -ormai costretta ad indossare- e fra le mani strani e tecnologici oggetti di metallo che si illuminavano di tanto in tanto e attraverso i quali le persone sembravano riuscire a comunicare anche ad estreme distanze. Liv aveva voluto affidargliene uno, un vecchio modello che non usava più, ormai - come lei stessa le aveva comunicato – e che Drasil aveva rifiutato di accettare, sentendosi in qualche modo ancora un po' minacciata da tutta quella modernità che lei non conosceva bene. Il vociare, comunque, scoprì derivare da una sorta di festa sulla spiaggia, con tanto di falò e chioschetti da cui prendere da mangiare e da bere. Per un breve istante, ripensò al proprio tempo, ritrovando in quello scenario semplice e tranquillo, qualcosa di ciò che nei suoi ricordi viveva ancora. Era forse la festa più semplice che avesse avuto modo di vedere a Besaid, fino a quel momento. Liv l'aveva trascinata spesso al Bolgen -post odioso all'interno del quale la musica trapanava le orecchie e la gente si strusciava l'una contro l'altra anche solo per divertimento- e a qualche festa in casa di amici; e tutte le volte, Drasil non aveva smesso neanche per un secondo di sentirsi un pesce fuor d'acqua.
    Si avvicinò quindi con lentezza alla piccola folla che circondava quel grande falò, dove una musica leggera e festosa faceva da sottofondo alle chiacchiere leggere degli invitati. Riconobbe qualche volto, scrutando qui e la intorno a sé e cercando di capire cosa si festeggiasse in particolare. Adrian, il tipo strano che parlava di cose strane; Wade, una sorta di umano in tutina che Drasil incontrava ovunque e che ormai aveva quasi iniziato ad evitare; Agnieszka, il viso più dolce che avesse avuto modo di osservare in giro per Besaid. Loro e tanti altri volti conosciuti erano lì presenti. Fece quindi qualche passo in avanti, immergendosi nel calore e accoglienza di quell'ambiente curato, appositamente creato per una sola notte con l'intento di lasciar dare sfogo ai cittadini di Besaid in una notte estiva e bellissima come quella. Si avvicinò silenziosamente alle spalle di Wade, intento a parlare come suo solito di cose che probabilmente a nessuno interessavano -come al solito, no?- con ragazzi che lei non aveva mai visto prima. Allungò un braccio e afferrò silenziosamente il contenitore di plastica all'interno del quale c'era il drink del giovane, posto su di uno degli alti tavolini in legno fissati nella sabbia. Si voltò immediatamente, cercando di non farsi notare e allontanandosi in fretta dal ragazzo con il suo bicchiere di plastica fra le mani. Serrò le labbra attorno alla cannuccia verde e sorseggiò con curiosità una piccola parte di quel liquido azzurro. Che diamine beveva? Si voltò appena con il viso, curvandosi verso il basso e sputando via tutto quello che aveva appena bevuto, strofinando poi un avambraccio contro la propria bocca per pulirsi. Dopodiché rovesciò il contenitore verso il terreno, lasciando che il drink si riversasse sui granelli di sabbia lasciando quindi una bella macchia scura su di essi. Disgustoso. sentenziò, guardando ancora la sabbia sotto i propri piedi e lasciando poi il bicchiere vuoto su di un altro tavolo, accertandosi che Wade non se ne fosse accorto e non la stesse rincorrendo per tutta la spiaggia.
    Qualche attimo dopo, qualcuno l'afferrò per un braccio tirandola verso una ragazza dai capelli color carota, lunghi e sciolti in lievi onde naturali. Le piacque, per qualche strana ragione, il modo in cui i colori della sua pelle e le sfumature arancioni dei capelli andavano a sposarsi, li sotto la luce accesa e viva del grande fuoco che avevano davanti e che scoppiettava contro il cielo sereno sopra le loro teste. Non capì bene ciò che stava per accadere, ma vide solo il viso interdetto della giovane donna dinanzi a lei, quasi preoccupata. Ricambiò quello sguardo, Drasil, lasciando che il proprio sorriso si spegnesse sulle labbra rosee e corrucciando appena le sopracciglia, cercando di intendere di cosa si parlasse. Arrossì violentemente, sentendosi come al solito un pesciolino fuor d'acqua. Avrebbero dovuto recitare? Per davvero? Era forse tutto uno scherzo? E poi, che diavolo era Guerre Stellari? «Ehm… Io sono Serena. Serena Blythe.» le disse la ragazza, presentandosi a Drasil e porgendole cordialmente la mano. La giovane donna dai capelli dorati serrò appena la bocca, inspirando e cercando di non lasciar notare quanto fosse ancora estranea a quel tipo di gentilezze. Allungò a sua volta la propria mano, andando a stringere quella appena più esile della sua interlocutrice. «Drasil, è un piacere conoscerla. Conoscerti. Posso darti del tu?» le domandò, incerta sul da farsi. Era ben vestita e in un qualche assurdo modo dava come l'impressione di essere anche regale. Afferrò subito dopo il foglietto che Serena tentò di passarle, con l'intento forse di farglielo leggere. Ed ecco che un roseo colorito prese nuovamente il via sulla sua pelle, colorando le guance paffute di Drasil per qualche secondo ancora. Non aveva idea di cosa ci fosse scritto, dato che non aveva mai imparato a leggere. Strinse il foglio con entrambe le mani, guardandolo con un po' di disappunto misto a tristezza. Cercò di concentrarsi qualche secondo, lasciando che Serena le parlasse ancora e di conseguenza non ascoltandola con la dovuta attenzione. «Ammetto di non conoscere molto bene la saga, magari possiamo scegliere una delle scene più famose.» affermò la ragazza dai capelli color carota, richiamando quindi l'attenzione di Drasil su di se nel momento esatto in cui anche la donna estrasse il proprio affare luminoso dalla borsa, sul quale ben presto lasciò scorrere qualche stranissima immagine di due uomini -uno mascherato, uno vestito molto simile agli uomini del suo tempo- che sembravano fare la lotta utilizzando armi decisamente pericolose, più pericolose forse di qualsiasi spada o pistola lei stessa avesse mai visto. Sgranò gli occhi, Drasil, portando una delle due mani alla bocca e coprendola con un'espressione di stupore sul viso. Non aveva idea di ciò che passava su quello schermo, e si chiedeva silenziosamente se tutto ciò fosse reale, se quelle armi potessero davvero esistere in quel presente che a lei non apparteneva. Era così crudele il tempo in cui era approdata? «Ma...» disse solamente, prima di poter aggiungere altro. Serena le disse di memorizzare le stesse parole di quel Luke, e di ripeterle successivamente a ciò che avrebbe sentito dire da lei. Annuì sconcertata, Drasil, cercando di capire a che diavolo stavano per fare. «Non abbiamo molti strumenti di scena, perciò… temo che dovremo accontentarci di questi, come spade laser e del ketchup per il sangue finto.» disse ancora la ragazza, iperattiva e pronta ad andare in scena. Drasil cercò quindi di stare al gioco, notando come lei riuscisse a dimostrarle la propria volontà e non volendo deluderla, tutto ad un tratto. Annuì con convinzione, afferrando una delle pile di bicchieri ancora sigillate nella plastica e mantenendola con entrambe le mani.
    Giunse quindi il loro turno, dopo una scenetta piuttosto divertente all'interno della quale una ragazzina aveva finto di essere un prigioniero, e un ragazzo dall'aspetto sicuro aveva finto probabilmente di essere un guardiano. (?) Non ci aveva capito granché neanche in quel caso, ma al termine della scenetta aveva applaudito con convinzione, fingendo di aver compreso quasi tutto. Le due ragazze presero il posto dei due attori precedenti, inspirando profondamente e iniziando a mettere in atto quella strana ed assurda scenetta.
    «Sei battuto, resistere è inutile. Non lasciarti distruggere come Obi-Wan.» parlò Serena, arrugginendo la voce e coprendosi il viso con la giacchetta di jeans che aveva indossato fino a qualche secondo prima. La vide avanzare verso di lei con fare minaccioso, mentre con la mano brandiva la pila di bicchieri come se fosse una vera spada luminosa. Partirono entrambe all'attacco, sfidandosi a suon di clack e plaf, mentre le pile di bicchieri si scontravano l'una contro l'altra. Drasl schivò un colpo facendo una mezza piroetta e finendo alle spalle di Serena; perse però appena il controllo della pila, che andò a schiantarsi contro la spalla di uno spettatore. «Oh, mi perdoni!» sussurrò appena, voltandosi ancora e tornando a far fronte alla Serena oscura. Non riusciva a ricordare ciò che avrebbe dovuto dire, per cui provò ugualmente a ricordarsi e sperò di aver azzeccato la battuta giusta. «Non verrò mai con te!» urlò con sentimento, prima di lasciare che Serena le tagliasse via una mano. Fu allora che tirò fuori dalla tasca il barattolo di ketchup, schiacciandolo con foga nel mezzo dopo aver gettato la pila di bicchieri alla propria sinistra, probabilmente colpendo qualche altro spettatore. Il liquido rossiccio schizzò in direzione di Serena, finendo per terra sul sabbia, dove qualche istante dopo lei stessa si inginocchiò con il viso rivolto alla donna dai capelli rossi, lo sguardo adirato e intristito al contempo. «Luke, non ti rendi conto della tua importanza […] Se solo conoscessi il potere del lato oscuro. Obi-Wan non ti ha mai detto cosa accadde a tuo padre!» continuò a recitare Serena, avvicinandosi a Drasil e guardandola dall'alto. «Mi ha detto abbastanza: che sei stato tu ad ucciderlo!» urlò Drasil, nel pieno della recitazione. «Io sono tuo padre!» sibilò Serena, ponendo sentimento in ciò che aveva appena affermato, quasi fosse davvero lei quel personaggio. Drasil si portò le mani al viso, posando i palmi aperti sulle guance e spalancando la bocca, mentre con il capo negava ciò che aveva appena udito. «Non è possibile, sei una donna! Nooooooooo!» urlò ancora, prima di gettarsi improvvisamente nella sabbia a braccia e gambe spalancate. Restò lì per terra con gli occhi chiusi per qualche secondo, prima di riaprirne solo uno e e sbirciare da dove provenissero quelle risate divertite intorno a loro. Si sollevò subito dopo, ridendo e scrollando via i granelli di sabbia dalla sua tutina blu a fiori, prestatale da Liv. «Finalmente è finita!» esclamò Serena, sorridendole dolcemente. Drasil fece lo stesso, scuotendo appena il capo e sentendosi ancora del tutto elettrizzata dallo spettacolino appena messo in scena. Ancora non aveva idea di cosa diavolo avesse appena fatto, ma tutto lì intorno sembravano essere divertiti, allora perché non concedersi un po' di tregua?
     
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    Sicuramente sarebbe stata una serata diversa da tante altre. Ad Agnieszka piaceva partecipare ad eventi simili, e seppur fosse particolarmente capace nell'instaurare amicizia o della semplice conoscenza col prossimo, dimostrandosi quindi una persona alquanto socievole: gli ambienti eccessivamente affollati non la facevano sentire bene, a suo agio. Non c'era nulla a che vedersi con l'autostima o con altri peculiarità ad essi intrinsechi, ma era solo una mera questione di gusto personale. Ad una spiaggia affollata, avrebbe senz'altro preferito un lago ignorato e sconosciuto, quindi silenzioso e immerso e circondato dalla natura: esattamente quella che lei amava e che non smetteva mai di ricercarla, tutelarla - per quanto potesse e le permettessero le sue possibilità - nonché studiarla, sia pure niente delle sue conoscenze potessero eguagliare quelle dei studiosi. La sua particolarità l'aveva resa molto più sensibile su questo aspetto, anche se fu sempre una parte consistente della sua personalità. Però, quel tardo pomeriggio, aveva deciso di trascorrere una serata diversa. Chiaramente, era consapevole che tra i partecipanti, probabilmente, sarebbe stata una dei pochi facenti parte degli over 25, ma non le interessava. Era vero, era prossima ai quaranta, mancavano solo cinque anni per farle raggiungere quella soglia, ma dentro di sé si sentiva ancora una ventenne. Dopotutto, lo scopo e il modo più adatto per vivere appieno la vita, quella breve linea messa a disposizione a tutti, era proprio questo?, no?, perseguire ciò che si amava, ciò che dava lo stimolo per alzarsi alla mattina e compiacersi di quanto conquistato: non sentendosi mai troppo vecchi o troppo giovani per attuare determinate scelte. Certo, il tutto dipendeva dalle scelte, ovviamente. Quelle buone, quelle sani e per nulla inclini a strizzare l'occhio alle regole della società, fingendo che non esistessero. L'illegalità quindi, non era qualcosa di cui tenere conto per la donna, ma altri, sì.
    Esattamente per questo, aveva lasciato la sua casa, dopo aver svolto alcune faccende in essa ed essendosi anche dedicata alla pittura di alcuni quadretti: i quali certamente avrebbe rivenduto alla prossima fiera dell'artigianato. Solitamente si teneva nel mese autunnale, quando le persone, iniziavano a guardarsi attorno andando quindi alla ricerca di doni natalizi: almeno i più previdenti e quindi inclini a non ritagliarsi con la spesa all'ultimo minuto. Aveva provveduto poi a lavarsi il corpo, gettandosi e rinchiudendosi dentro il box della sua doccia, sistemandosi per l'occasione. Poteva essere una tra le donne più mature, ma questo non l'avrebbe mai indotta a mostrarsi agli occhi degli altri, conoscenti, amici o perfetti sconosciuti, trasandata o scialba. No, la sciatteria era un dettaglio che non faceva parte della sua personalità. Tutto doveva essere curato e perfetto, da autentica Vergine, era doveroso che ogni dettaglio fosse riguardato tenendo conto della piccolissima virgola. La precisione, la puntualità, il rigore e il pragmatismo erano caratteristiche intrinseche della sua natura ma anche del suo segno zodiacale. Sì, oltre a tremila altre cose a cui Agnieszka si interessava, c'era anche l'oroscopo. Non lo faceva in modo spasmodico, non leggeva i quotidiani andando alla ricerca delle notizie riguardanti l'astrologia e certamente, non si lasciava forviare o controllare da essa, pur tuttavia, aveva notato come alcune caratteristiche fossero esaudenti e specifiche. Lo aveva notato dapprima sulla sua stessa persona e successivamente, rapportandosi con altri. Poi ovviamente, ognuno era fatto a modo suo. Comunque conclusa la sua abluzione, provvide a celarsi le nudità al di sotto di un outfit decisamente adatto ad un party sulla spiaggia. Niente tonalità grige o corvine, ma solo morbidezza e lucentezza. Sì, forse il look era un po' troppo sbarazzino, scoprente persino, ma con una semplice scrollata di spalle: aveva lasciato che quel pensiero si allontanasse dalla sua mente. Indossò quindi, anche perché la forma del fisico glielo permetteva, un vestitino completamente bianco, il quale richiamava moltissimo la moda bohemian. Il tessuto di morbidissimo lino, le lasciava completamente scoperte le spalle anche se infine la fibra era stata cucita sotto la rotondità, in modo tale che si congiungesse sino ad alcuni centimetri sotto i gomiti. L'abito non era aderente quindi ricadeva morbido sul suo seno e su tutto il busto ma corto, difatti sembrava un coordinato - più che un vestito - giacché le gambe parevano celate da shorts: ma l'effetto era ingannevole. Ai piedi indossò dei semplicissimi sandali color cuoio, i quali richiamavano un po' la linea degli antichi gladiatori romani. Ultimò il tutto spruzzandosi qualche goccia di profumo, nonché indossando un cappello sulla testa: color sabbia che concluse il suo look, molto easy.
    Qualche tempo dopo, si ritrovò sulla spiaggia. Tutto si mostrò ai suoi occhi e fu bellissimo, uno spettacolo. Il luogo era gremito ma non così tanto da conferirle un senso di chiusura e affanno. Si potevano sentire le onde del mare baciare la riva della spiaggia, la musica echeggiare e con esse, anche i suoni delle diverse voci dei partecipanti e presenti. C'erano gruppi di giovanissimi, poco più che adolescenti - o meglio tardo adolescenti - e le sembrò anche di vedere qualche persona prossima alla trentina, sempre se l'ambiente complessivo non le ingannava la contemplazione. Per prima cosa decise di dirigersi nel punto in cui, altri, presero da bere. Qualche cocktail le avrebbe rinfrescato un po' la gola e il palato. Optò per un drink non alcolico, o quanto meno, non eccessivamente. Non aveva alcuna intenzione di sudare come un maialino in quel momento e, poi, la brezza che proveniva dalle acque salate, raggiungendo la terra ferma era una goduria indescrivibile. Prossima a quel banco, intenta a succhiare dalla cannuccia il liquido gustoso, un po' zuccherino ma anche dissetante, non mancò di salutare alcuni: non li conosceva, ma questo non era un problema. Un saluto educato non avrebbe certamente infastidito. Almeno lo sperava, altrimenti... Beh, pazienza, non sarebbe accaduto nulla di inglorioso. La musica le piaceva. Non mancarono persone che trovarono lo stimolo per gettarsi sulla pista a danzare. I suoi occhi si soffermarono su una ragazzina - almeno sembrava tale - alquanto scatenata. Sorrise, continuando a sorseggiare il drink. Agnieszka non era da buttarsi sulla pista da ballo, preferiva notevolmente starsene a lato, intenta magari a tenere il tempo col piede, picchiettandolo sul suolo sottostante: ma gettarsi così... No. Sapeva d'essere un pezzo di legno, anche quando si sarebbe ritrovata accanto un cavaliere di tutto rispetto. Improvvisamente si domandò se avrebbe incontrato Helene, sarebbe stato bello vedersi così, senza mettersi d'accordo. In effetti, avrebbe anche potuto telefonarle ma... Un peccato che non ci avesse pensato prima e, il cellulare si ritrovava a casa, a caricare attaccato alla spina della corrente. Arricciò un poco le labbra, non lasciandosi però sconsolare dalla mancata decisione e intraprendenza. Si divertì, molto, scambiò qualche chiacchiera anche con chi aveva visto a Besaid ma non ebbe occasione prima di parlarci. S'intrattenne in conversazioni ora scherzose e ora, ancora di più, non mancando di far echeggiare il suono della sua ridacchiata cristallina.
    Poi... Poi giunse il gioco. Agnieszka inarcò le sopracciglia e cercò di comprendere con chi - principalmente - finì in coppia e anche il nome dell'altra. Il Re Leone. Era da una vita che non lo vedeva. Le piacque tantissimo da bambina e, lo aveva apprezzato moltissimo, tanto da ricordarsi molte battute a memoria. Alcune erano davvero spassose. Lesse il nome della sua compagna di battute e recita quindi, si mosse, chiedendo a persone se rispondessero a quel nome. Camminando, i suoi occhi si soffermarono su una donna. Le sembrò molto seria, statica, riservata. Aveva capelli neri, corti e dei lineamenti marcati ma non per questo meno femminili dei suoi. Slanciata e dall'aspetto complessivamente autorevole. Prima di rivolgersi espressamente a lei, però, decise di chiedere qualche informazione ad altri. Si diresse quindi, alla sola coppia d'anziani presenti. Chi meglio di loro potevano sapere chi fosse chi? Istintivamente, Agnieszka pensò che quella coppia vivesse a Besaid da tempo immemore e che quindi, sapesse tutto di tutti: anche perché la cittadina non era certo come la capitale dello stato. Gli anziani glielo confermarono quindi... Non le spettò altro che avvicinarsi alla donna, la medesima che poco prima aveva colto la sua curiosità. "Ciao Helene, io sono Agnieszka!" La salutò, prendendosi forse un po' di confidenza non dovuta o sancita, non mancando tuttavia di presentarsi. Ma orsù... Erano donne entrambe, che male avrebbe mai potuto fare? "Abbiamo il Re Leone e stavo giusto pensando ad una scena divertente." Commentò sperando di non aver infastidito quella donna e soprattutto di non averla annoiata con alcune peculiarità e precisazioni delle quali, fondamentalmente, avrebbe potuto disinteressarsi.
    Agnieszka complottò con la sua compagna di recita e gioco e quando giunse il loro turno, salì su quel palchetto sistemato appositamente per l’occasione. Guardò i presenti e abbozzò loro un sorriso. “Un momentino e siamo da voi, tempo di prepararci!” Esclamò, ridacchiando leggermente mentre prese quei pochi oggetti che avrebbero avvantaggiato la loro recita. Prese una seggiola, piccola e di plastica, dietro alla quale si dispose. Successivamente volse lo sguardo ad Helene, dandone quindi il via. O quanto meno, cercò di farle comprendere che per lei potevano anche procedere. “… Con le lacrime io devo partir e solo il blu mi salverà...” Iniziò a canticchiare, sconsolata e affranta. Mimò anche un poco, accompagnando alla tonalità della voce anche l’espressione del viso. Quando Helene pronunciò la sua battuta, Agnieszka, riprese a recitare. Issò l’arto, volgendo lo sguardo a lato e altrettanto alto, fingendosi intenta a riflettere nonché pronta nell'aver raggiunto presto una soluzione. “E’ un mondo piccoloooo...” Canticchiò ancora, ma venne immediatamente interrotta – proprio come la scena originale richiedeva dalla sua compagna di recitazione – allorché fingendosi spaventata, la guardò con occhi strabuzzanti. Sospirò e infine riprese cantando: “Ho tante noci di cocco splendide, tittiritti tutte in fila per tre per tre per tre! Grandi grosse, anche più grandi di te!” Un altro sospiro, accompagnato poi da un’espressione lievemente sconsolata quanto disgustata. “Deoh… Questo Re Mufasa non me l’avrebbe mai chiesto!” Borbottò, scuotendo lievemente il capo, appoggiandosi e in qualche modo avviluppando in un abbraccio quella sediolina che, con un poco d’immaginazione, avrebbe potuto rappresentare la prigione all'interno della quale il pennuto del cartone animato, Zazu, fu rinchiuso. Improvvisamente la reazione della controparte la condusse a reclinarsi, scivolando quasi sulle tavole sottostanti, tentando quasi di scansare qualsiasi gesto violento avrebbe mai potuto coglierla e colpirla: anche se ovviamente per finta. "Certo Sire, voi siete il Re... I-io... Io beh, l'ho solo nominato per dimostrare la differenza del vostro sistema manageriale..." Recitò ancora, esternando un sorriso decisamente finto, tirato, non mancando finanche di congiungere entrambe le mani e soprattutto le dita, fingendo di scaricare a quel modo l'ansia dovuta dal rimprovero.
     
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    ›› Helena Kuznetsova • 38 yo • Former MI6 Agent
    • Pilot and Hacker • Fierce Fighter • Dress‹‹



    I suoni che le solleticavano l'udito erano moltissimi. Helena Kuznetsova accoppiata a qualsiasi evento mondano sarebbe parso a chiunque uno stridente controsenso. Donna solitaria, meditativa, rigida, non amava granché mescolarsi fra la gente in eventi dove chiunque avrebbe potuto invadere il suo spazio.
    Tuttavia, pensare ad un modo per rompere la propria quotidianità parve meno complesso del necessario. La comunità attiva e colma di incredibili segreti di Besaid le aveva dato più di un pensiero in quell'ultimo periodo e studiarla non sarebbe stata una cattiva idea. Inoltre, recarsi in spiaggia per godere della frescura e della brezza marina le era sempre piaciuto.
    Era stata organizzata una grande festa in spiaggia, per Helena ampia a sufficienza per potersi ritagliare il proprio mimetico spazio e restarci per tutta la durata, sorseggiando qualcosa in riva al mare, sulla battigia. Per l'occasione indossò un fresco áo dài, abito tipico vietnamita che ebbe acquistato al termine di una missione MI6 oramai quella che le parve essere una vita fa. Avendolo messo addosso decine di volte, aveva perfettamente chiaro come indossarlo anche ad occhi chiusi. Lei, nella sua cecità interrotta di tanto in tanto dall'attivazione dei propri poteri che ancora stava imparando a gestire, stava imparando molto. Aveva fatto passi da gigante nell'orientarsi anche da sola, col preziosissimo aiuto, inestimabile, di Bran, il suo cane guida che anche quella sera sarebbe stato immancabile presenza al suo fianco.
    Il vestito stretto, di seta, le cingeva perfettamente il busto ed i fianchi, esaltando il corpo snello e tonico, scoprendo in parte le braccia ornate da cicatrici vecchie e nuove, procuratesi durante i propri incarichi e missioni dentro e fuori i servizi segreti di cui oramai non faceva più parte. Sotto l'ào dài, poi, campeggiavano candidi dei pantaloni chiari in contrasto col capo scuro e leggerissimo.
    Bellezza quasi esotica, dalle fresche e gentili sfumature orientali, per certi versi quasi ascetica, Helena si recò in spiaggia ad immergersi in quel caos di suoni ed odori.
    Cullata come unica fonte di relax dalla brezza che, fresca, le scompigliava i capelli castani, si recò silente in quel mare vicino al mare. Di gente ce n'era tanta, di voci conosciute pochissime. Lungi da lei immischiarsi nei discorsi altrui ma, priva della vista, con l'udito decisamente più acuito di altri, le fu impossibile non notare o carpire alcuni discorsi: chi parlava di fatti strettamente personali, chi del più e del meno, chi provava a rompere il ghiaccio ed attaccar bottone. «Ragazzi, che bello vedervi! Questa notte, niente litigi e tanto divertimento, ok? », ascoltò discreta, passando oltre a quella voce giovane e limpida. Insomma, succedevano molte cose allo stesso tempo.
    Avvertì il calore improvviso e scoppiettante, il suono e l'odore del fuoco, forse a dare vibrazioni alla serata in grandi falò tipici di quel genere di eventi a cui aveva assistito ben poche volte nella propria vita.
    Bran, quieto, la guidava fra la gente: particolarmente felice di trovarsi al mare, era certa che un bagno non gli avrebbe fatto che bene. Helena si sarebbe riservata quella coccola al suo animale compagno più in là nella serata. Nel mentre, carpiti odori deliziosi ed il pungente ed intenso ma non invadente sentore d'alcol, la donna si recò nei pressi dove, intuì, distribuivano bevande e cocktails. Optò per un mojito da sorseggiare in santa pace, adorando la nota fresca della menta ed il freddo bicchiere fra le dita sottili e letali, toccasana in quella serata.
    Udì voci nuove, sia maschili che femminili, alcune stranamente conosciute. Le parve di carpire, nel caos generale, la voce di Wade Wilson, collega di vecchia data quando Helena aveva preso ad operare in proprio. Si faceva chiamare Deadpool e ricordava ancora bene quanto fosse caotico il suo modo di procedere.
    Impossibile, dopo Fredrik, un incontro altrettanto inaspettato.
    Bran abbaiò una volta e lei, tranquilla, si chinò a carezzargli il capo, grattando piano fra le orecchie.
    Fu allora che una voce interruppe il suo flusso di pensieri ed invase, in modo tutt'altro che spiacevole, quell'aura di solitudine che tendeva ad abbandonare di rado.
    "Ciao Helene, io sono Agnieszka!" una voce fresca, gentile, proruppe nelle vicinanze. Helena volse le iridi celesti ma buie alla sua interlocutrice (indubbiamente donna) che la mise a parte del fatto che era stata messa in coppia con lei per un'attività organizzata durante la festa: riprodurre alcune scene di lungometraggi famosi. Gran parte degli invitati erano stati divisi in gruppi da due per mettere sul palco, a turno, un dialogo a loro piacimento.
    Helena, dopo aver salutato ermeticamente Agnieszka, senza però farle notare quanto la scoperta di quell'attività, dapprincipio, l'avesse indispettita non poco, si concesse un attimo per pensare.
    Dopotutto che sarebbe stato, stare su un palchetto per trenta secondi o poco più? Inoltre, ora che era cieca, non avrebbe sentito ( o almeno così si disse ) la pressione di essere osservata da molti, ricambiando i loro sguardi.
    Dal fastidio all'accettazione fu un passo breve: Helena acconsentì a quella sfida, prendendola piuttosto seriamente, tanto da vederla quasi come un incarico da portare a termine. In quanto ex-spia aveva spesso cambiato identità, recitato pur di ottenere qualcosa, di completare una missione, interpretando un personaggio in grado di concederle di giungere efficacemente all'obbiettivo. Cosa ci sarebbe stato di tanto diverso?
    Il film a loro assegnato fu Il Re Leone di cui lei ricordava ben poco se non le scene più iconiche. Lo aveva visto forse una, due volte al massimo nella sua vita ma sarebbe bastato. Domandò quindi alla sua compagna di farle ascoltare un video in cui, chiaramente, venivano espresse le battute della scena a cui aveva lasciato carta bianca nella scelta.
    Agnieszka optò per una di commedia, in cui Helena avrebbe dovuto interpretare l'antagonista della storia: Scar. Così lei, con le cuffie nelle orecchie, cercò di memorizzare ogni battuta più rapidamente possibile mentre, di già, si avvicendavano le altre coppie promettenti e divertenti della serata. Ancora vagamente estranea al norvegese, impiegò ogni metodo assimilato in addestramento all'MI6 pur di metabolizzare il tutto con la giusta pronuncia, il giusto tono tipico del personaggio, i giusti ritmi.
    Lei dunque ascoltò le altre performances solo in parte, carpendo alcuni brani di Harry Potter, sicuramente, e Star Wars, in un'interpretazione magnetica e drammatica che le strappò l'ombra di un sorriso. Per poco, difatti, il suo prezioso ào dài non si sporcò di ketchup tanta fu la foga della recitazione di quella che doveva essere una frizzante fanciulla. Fatto sta che, non potendo di fatto vedere gli attori amatoriali che si avvicendavano sul palco, Helena si concentrò al massimo per tentare di riprodurre Scar al meglio, nel modo più rispondente possibile al personaggio. Decise che avrebbe concesso alla sua figura (che non aveva idea fosse stesa, in quella scena, ma certamente annoiata) una prospettiva più femminile, senza modificare la propria voce.
    Agnieszka fu tanto gentile, quando cominciò il loro turno, da accompagnare Hel e Bran sul palco. Terminato e sfumato l'applauso ai contendenti precedenti, l'ex spia si sedette a gambe incrociate sulla superficie indubbiamente lignea, presenza stoica ed immobile, simile ad una nivea statua orientale, con Bran accovacciato, con la testa sulle sue gambe. Tastò con le dita il pavimento, percependone la consistenza materica ma liscia.
    Con la mano libera, carezzò il suo Bran lentamente, udendo il vociare del pubblico, le onde sulla spiaggia, figurandosi altresì nella calda e magica savana. Portò una mano fra i capelli, appena tesa, con le iridi azzurre a guardare un punto fisso, nel vuoto, in attesa che la sua compagna cominciasse, ben più leggera e divertita di lei, che aveva preso il tutto molto sul serio, come un vero incarico da portare a termine.
    “… Con le lacrime io devo partir e solo il blu mi salverà...” ascoltò infine come il LA d'accordo iniziale ad un'orchestra, carezzando minacciosa ma mansueta Bran, il quale guaì quasi stando al gioco, simile ad una sfinge. Entrambi letali anche solo guardandoli.
    «Oh Zazu, su con la vita!» pronunciò Helena guardando fintamente distratta un punto oltre il pubblico, continuando a carezzare Bran con una mano mentre con l'altra, in un gesto elegante ed intenso, si portava una mano sotto il mento, come se fosse annoiata e meditabonda.
    «Canta qualcosa un po' più mh... brillante, d'accordo?» pronunciò svogliata, atipicamente espansiva e drammatica nelle emozioni come mai soleva essere nella vita reale. Stava entrando nel personaggio, sicuramente!
    “E’ un mondo piccoloooo...” a quel punto, mentre Agnieszka cominciò a canticchiare, Helena come realmente un leone, si mise a carponi, aggrottando le sopracciglia corvine per poi voltarsi di scatto nella direzione del palco da cui proveniva la fonte di voce della sua compagna.
    «NO! No.. qualunque cosa ma non questa!» disse fingendosi rabbiosa, punta sul vivo dalla canzoncina che interruppe sul nascere.
    “Ho tante noci di cocco splendide, tittiritti tutte in fila per tre per tre per tre! Grandi grosse, anche più grandi di te!” Assecondando la melodia di Agnieszka-Zazu, Hel canticchiò ad alta voce con lei, avendo comunque un tono leggermente più basso del suo. Si sovrapposero in modo eccellente e qualcuno, tra il pubblico, certamente rise.
    “Deoh… Questo Re Mufasa non me l’avrebbe mai chiesto!” soggiunse quindi la sua compagna, permettendo così ad Helena di avvicinarsi ulteriormente a lei a quattro zampe (grazie alla guida di Bran), che abbaiò una volta in protesta e sintonia con lei mentre lei scuoteva con vigore il capo corvino.
    «COSA? Che cosa hai detto?!» A quel punto le dita di Hel trovarono quella che doveva essere la prigione improvvisata di Zazu, una seggiola piccina, entro cui lei infilò minacciosa, realmente leonina, una mano come un artiglio.
    «Conosci la legge! Non bisogna pronunciare mai quel nome in mia presenza.. IO, SONO LA REGINA!» ruggì, di fatto, Helena, che pensava nessuno da anni l'avesse mai sentita così (fintamente) fuori dai gangheri.
    A quel punto, nonostante cieca, fece un occhiolino ad Agnieszka per infonderle il coraggio finale, necessario ad entrambe per alzarsi e prendere il meritato applauso.
    L'ex spia si alzò infine in piedi, ringraziando con un tipico inchino orientale, secco e disciplinato, mentre Bran si concesse degli abbai di giubilo mentre la coda mulinava felice, sbattendo di tanto in tanto contro le gambe asciutte della sua padrona.
    Dopo essere scese dal palco ed aver ringraziato la sua compagna d'avventura per essere stata tanto paziente con lei che, non vedente, avrebbe potuto creare più di un grattacapo, si congedò da lei per terminare in tranquillità il proprio Mojito, ritenendo giusto liberare Bran dal guinzaglio per permettergli di bagnarsi le zampe in un bagnetto serale nel mare placido di quella sera. Sedutasi un po' distante dai falò colmi di avventori, in disparte, Helena godette di quella serata meditando ed assaporando ogni istante, nonostante la vista buia e cieca. Sobbalzò quando percepì il primo fuoco d'artificio, come se realmente l'avesse visto, allontanandosi, nera silhouette, proprio nel momento in cui quelle meraviglie scoppiettavano colorate nel cielo.
     
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    Fate largo, fate largo! Mamma incinta in arrivooo! Un po' come in una epica scena della Bibbia, la fiumana di gente che era in spiaggia vicino al chiosco del cibo iniziò a scostarsi, creando un piccolo corridoio, per lasciar emergere... La signora Wade Wilson, con in mano almeno cinque piatti di plastica ricolmi di pizza tra le braccia, di cui due appoggiati sul ventre. Grazie! I miei bambini sono salvi! Cinguettò sollevato lui, sfarfallando le ciglia ad una donna, che dopo essersi spostata gli aveva lanciato uno sguardo a dir poco stranito, avendo notato che la persona davanti a sè non era decisamente una mamma incinta. Poggiando con difficoltà i vari piatti su un tavolino già occupato, Wade ricevette un grugnito di disapprovazione dal ragazzino che era seduto lì - e che molto probabilmente era la persona che aveva preso posto prima di lui. Hei! Ci sto io qua! Protestò il teenager, che Wade aveva notato da poco prima, divertirsi a fare battutine infelici sulle ragazze. E..? Aggrottando le sopracciglia confuso, il mercenario si tolse il cellulare dalla tasca dei suoi bermuda neri, appogiandolo sul tavolo. E ti devi togliere, scemo! Replicò velenoso il ragazzino. Al che, l'ex militare - che aveva appena iniziato ad addentare un trancio di pizza - si fermò e lo posò sul piatto. Amico mio. Asserì infine, voltandosi del tutto verso quel bulletto pieno di sè. Farai bene a non farmi incazzare, e anche a smettere di fare battute cretine sulle ragazze. Si vogliono divertire, e tu anche no? Devi essere più rispettoso e... gentile. Poi per carità, anche io più o meno ero come te alla tua età - oddio, non proprio, ma ho dovuto mettere la testa a posto molto presto. Con un tono tranquillo e un po' più grave del solito, Wade sollevò il tessuto leggero della sua maglia di cotone azzurra, mostrando involontariamente le sue tante cicatrici sul fianco, ed invece più che volontariamente il lungo coltello seghettato che teneva nel fodero, fermo ed appeso al proprio bermuda. Fissando i propri occhi castani in quelli del bulletto, lui sollevò entrambe le sopracciglia, e sorrise dolcemente. Allora, deal: mi tengo il tavolo e tu ti vai a fare una camminata, che dici? Domandò teneramente il mercenario, che ricevette non solo uno sguardo di puro shock dal ragazzino, ma anche un veloce cenno d'assenso, seguito dalla sparizione immediata del giovanotto, che si dileguò immediatamente dai paraggi di Wade. Ti tengo d'occhio, campione! Gridò lui, per farsi sentire dal teenager che accelerò il passo, emettendo un leggero "eek" di spavento. Sospirando, Wade tornò a divorare la sua pizza, notando che il suo interlocutore di poco prima aveva lasciato la sua coca cola sul tavolo. «Ahh ragazzini d'oggi!» Commentò White Box, al che il mercenario ridacchiò e prese un sorso dal bicchierone di bevanda ghiacciata.
    Non appena aveva saputo in giro di questa festa, Wade non aveva esitato a mostrare il suo entusiasmo a riguardo. Non aveva molti amici, ma era un uomo che sapeva come divertirsi anche da solo. Non sentiva Brook da un po' e aveva immaginato che fosse troppo impegnata con il lavoro per dedicarsi a una serata estiva in spiaggia. Dunque, lui avrebbe partecipato lo stesso, e avrebbe conosciuto persone nuove! Inoltre, uno dei lati positivi delle grandi feste cittadine era che si incontrava sempre qualcuno di già noto. Senza una minima preoccupazione, Wade si era diretto verso la splendida baia Besaidiana, lanciando via le Vans scure che indossava una volta sfiorata la sabbia dorata con le suole. Quindi, dopo essersi conquistato quel bel posticino comodo al tavolo, non aveva intenzione di lasciarlo almeno finchè non fosse stato rotolante di cibo e anche abbastanza brillo. Per questo, si alzò e corse al bar, prendendo un cocktail "puffo", azzurro con una cannuccia verde fluorescente. Poco dopo però, ecco che le iridi color nocciola del mercenario - attente come sempre - si posarono sulla figura di una ragazza bionda. Drasil Mot! Si stava per caso... nascondendo? Lo… stava forse evitando? Dopo quell'affare interessante con Oscar non l'aveva più incontrata. Nonostante l'avesse notata, il giovane non si avvicinò a lei per parlarle, perchè impegnato ad attaccare bottone con un tipo a caso che era seduto poco lontano, da cui Wade voleva ottenere a tutti i costi la collanina di fiori finti stile Hawaiano che indossava. Fu allora, che sentì la ragazza arrivargli alle spalle, per poi sfilare con calma il drink dal tavolo. Con un sorrisetto il mercenario la lasciò fare e non disse assolutamente nulla, contento oltretutto di aver sfinito così tanto il suo interlocutore da prendergli la collana. Nel voltarsi e sedersi nuovamente, il ragazzo ridacchiò non appena vide Drasil sputare per terra il sorso di drink che aveva rubato. Lo sapevo che non ti sarebbe piaciuto, angioletto! Alzando leggermente la voce, Wade sorrise appena e fece notare alla dolce bionda ormai lontana che aveva notato il suo piccolo "furto", e poi si stravaccò sulla sedia.
    Guardandosi intorno, Wade iniziò a scandagliare il posto con gli occhi, mentre giochicchiava con la collana che aveva indossato. Un po' per deformazione professionale, lui era più che abituato ad analizzare gli spazi e le persone attorno a sè, per neutralizzare potenziali minacce. Dopo qualche minuto però, non sembrava aver riconosciuto nessuno di familiare, a parte... Ivan! Ivan Sokolov. «Tra tutte le persone che ci sono qui mi sorprende di vederlo!» Alzando gli occhi al cielo, Wade ridacchiò. Buongiorno White Box, ben svegliato! E’ logico che lui stia qua, è uno spacciatore! Commentò quieto il mercenario, continuando con quel discorso tra sè e le sue voci. Ivan gli stava un sacco simpatico, e nonostante non fosse esuberante come lui, l'ex militare lo apprezzava sia come persona che professionalmente. «Beh ma allora approfitta, chiedigli se ti vende della roba!» Aggiunse entusiasta Yellow Box, al che Wade scosse appena il capo, incrociando le braccia spesse al petto. Naah, ce ne ho un sacco a casa, non serve. Ahh beh, come vuoi Wade-- Sbuffando appena, il mercenario si alzò e tornò al bar, per recuperare un altro drink. Voglio del Sex on the beach! Intendo il cocktail, poi, per carità, non dico mai di no-. Sollevando ed abbassando un paio di volte le sopracciglia, Wade strappò una risata sentita dalla barista che gli servì velocemente il drink. Avvicinandosi con calma al centro della spiaggia, dov'era lo spiazzo adibito a pista ed il DJ, l'espressione del giovane cambiò in una di puro stupore. Nah. Sussurrò, del tutto spiazzato. Helena Kuznetsova. La Helena Kuznetsova. La valchiria! Wade la osservò per qualche lungo secondo, per poi buttare giù un lungo sorso di cocktail. Che ci faceva quella donna in un posto come Besaid? Lui la conosceva per via del loro lavoro. Lei era davvero una persona da temere. Qualificatissima, forte e dal sangue freddo, era praticamente impossibile sfuggirle. Ahhhhh, sono innamorato! Borbottò lui, portandosi la mano libera sul petto, all'altezza del cuore mentre osservava l'assassina che era in compagnia di un... cane guida. Un cane guida? Assottigliando gli occhi, Wade notò proprio ciò che aveva iniziato a sospettare data la presenza dell'animale: Helena era cieca. Aggrottando le sopracciglia alla consapevolezza nel cambio della condizione della sua collega, Wade si rese davvero conto che Besaid fosse un luogo molto più particolare di quanto sembrasse. Era come se fosse un rifugio ed al tempo stesso una trappola, che custodiva segreti molto più importanti di quelli di qualsiasi altra città. Ognuna delle persone che erano lì erano depositarie di verità più o meno particolari o tragiche. Chissà cosa doveva essere successo alla grande valchiria.
    Sedendosi su un masso sulla sabbia, il mercenario continuò a bere più pensoso di prima, conversando comunque con delle persone a caso e ondeggiando a ritmo di musica. Dopo una mezz'oretta notò che molti dei partecipanti spostarsi per lasciare spazio sulla pista alle coppie che avrebbero partecipato al gioco della serata. Curioso ed entusiasta, Wade restò seduto ad osservare la scena, mentre le prime coppie venivano formate. A quanto sembrava, i fortunati avrebbero dovuto recitare una scena di un film che era stato assegnato loro. Nel giro di due minuti, il mercenario scoppiò a ridere, non appena capì che Ivan era stato scelto per recitare Harry Potter. Conosceva il tipo, e sicuramente non si sarebbe tirato indietro, nonostante quest'attività non fosse decisamente il suo genere. Fu davvero divertente vederlo nei panni di Lucius Malfoy, assieme a quella dolce ragazza dai capelli castani che aveva fatto uno splendido Dobby. L'applauso fu decisamente meritato! Mentalmente, Wade si ricordò di farglielo pesare, la prossima volta che sarebbe andato a comprare da lui. Povero Ivan! La seconda performance invece era di Drasil e di un'altra donna. Erano entrambe bellissime, e poi avevano avuto un film d'oro per continuare: Star Wars! Woo! Vai Drasil! Che la forza sia con te! Facendo il tifo per l'angioletto biondo, Wade si appollaiò ancora di più sul masso, per avere una visuale migliore - non solo delle ragazze, ma anche beh... di quel che stavano facendo! Dunque, qualche minuto dopo, le due optarono per la scena iconica tra Luke e Darth Vader di "L'impero colpisce ancora", e Wade ne andava matto. Osservò colpito Drasil e l'altra ragazza darci sotto con la recitazione e il ketchup ed i bicchieri usati come spade laser, ed una volta che ebbero finito, lui si alzò in piedi e si scolò quasi tutto il cocktail, gridando incoraggiamenti per la coppia di attrici - assieme a qualche complimento da flirt. Dopo che tutti si furono rimessi al loro posto, Helena si fece largo tra la gente, arrivando a quel palco improvvisato. Sorpreso come non mai, il mercenario si fermò ad osservarla. Chissà come mai si era prestata a fare questo gioco! Assieme a lei c'era una donna dai capelli rossi meravigliosa. «Certo che a questa festa ci stiamo sciacquando gli occhi come mai!» Annuendo sornione, Wade ridacchiò alle parole di White Box e finì il cocktail, tenendo comunque il bicchiere di plastica vuoto in mano. Vai Helena! Crack em' Arya Stark! Incoraggiò il giovane a modo suo, riferendosi alla similitudine tra Helena e il personaggio di Game of Thrones per poi osservare la performance delle due donne, che si rivelò dannatamente divertente, sia per la spensieratezza della signorina dai capelli rossi, che per l'estrema serietà di Helena, che si era dedicata al 300% a quella recitazione di Scar, che l'aveva resa incredibilmente divertente. Applaudendo, Wade rise contento e si preparò a vedere i prossimi attori amatoriali.
    Too bad il DJ si avvicinò proprio a lui, prendendolo con calma per un braccio. Tocca a te adesso! Un po' sorpreso, ma fingendo un vero e proprio shock, Wade si portò una mano al petto con fare drammatico. Io? Davvero? Ahh mmh no daiii, fammici pensare! ... Okay va bene. Rispose lui ridacchiando, per poi attendere che venisse selezionato anche il suo partner in crime, assieme al film che avrebbero dovuto interpretare. Dopo pochi minuti, ecco arrivare un ragazzo bellissimo, sul metro e ottanta forse, molto atletico, dai lineamenti gentili del volto. Squadrandolo dalla testa ai piedi, Wade annuì appena come a dire "niente male" e subito estese una mano. Wade! Piacere di conoscerti Re del Nord! Nonostante si fosse concesso una seconda reference a Game of Thrones, scoprì che il nome del giovane era Devon. Probabilmente, non l'avrebbe mai usato fino alla fine della serata. Bene campioni, per voi c'è Il Signore degli Anelli! Iniziate quando volete. Esclamò il DJ, per poi allontanarsi e dirigersi nuovamente alla sua postazione. Senza che potesse controllarlo, un urletto acuto di entusiasmo uscì dalla labbra del mercenario, che era più che felice di aver ricevuto quel film. So cosa possiamo fare! Alzando l'indice, l'assassino fece notare al suo compagno di squadra di aver avuto un'idea. Nonostante lui fosse un Gollum vivente date le voci che gli albergavano nel cervello, a Wade non sfiorò neanche per un momento l'idea di interpretare il piccolo Smeagol, piuttosto, di fare un'altra scena. Guarda qui, Robb! Agguantando il suo smartphone mentre rideva a perdifiato, aprì subito YouTube e mostrò a Devon... "They're taking the Hobbits to Isengard". Fa troppo ridere! Okay, bando alle ciance, a lavoro! Esclamò, non appena finito il video, senza lasciare al povero Devon neanche il tempo di commentare, e selezionò un altro video, optando per la scena di Eowyn contro il Re Stregone. Che ne dici? Farai un personaggio super badass dai! Aggiunse poco dopo il mercenario prendendo per scontato che Devon avrebbe accettato, per poi sorridere entusiasta e prepararsi al suo ruolo da capo dei Nazgul. Dovendo procurarsi un drago su cui salire e ancor meglio, una armatura, Wade iniziò a girare per la spiaggia. Valchiria, sono talmente emozionato nel rivederti che credo di avere una boner emotiva. Prendo in prestito il tuo amigo e te lo riporto appena finisco, vieni a sentire la nostra esibizione, Miss Ray Charles! Hollywood mi chiama! Senza lasciare alla letale collega tempo per obbiettare, Wade sequestrò gentilmente il suo grande pastore tedesco che sembrò essere abbastanza indisturbato, per poi chiedere alla simpatica barista del chiosco delle bevande se avesse un rotolo di carta stagnola, una tovaglia scura ed un coltellino di plastica. Poi, una volta chiesto in prestito uno yoyo da un bambino, Wade si reputò pronto per la sfida e si preparò.
    Per riflettere lo stile del Re Stregone di Angmar, il mercenario si portò la tovaglia attorno alle spalle, legandola con un nodino come fosse un mantello, per poi srotolare una grande quantità di carta stagnola ed arrotolarsela attorno alle braccia ed alla faccia - spiaccicandosela, per creare l'elmo e l'armatura. Dopodichè, agguantò il coltellino e lo yoyo, che sarebbero diventate le armi; infine, si portò il cane di Helena tra le gambe, un po' come se lo stesse cavalcando - senza ovviamente sedersi per non pesare sulla schiena dell'animaletto, in modo che esso fungesse da drago. Nel frattempo, anche Devon si era preparato, ed una volta che anche lui fu in posizione calò un po' di silenzio in spiaggia. Si va in scena! Agguantando il più delicatamente possibile uno spettatore ignaro, Wade gli fece capire di sdraiarsi con un cenno e lui seguì le istruzioni; questo aiutante sembrava fare al caso loro! Era un ragazzo che sembrava piuttosto timido, ed aveva detto di chiamarsi Adrian. Nel ruolo di Théoden, il ragazzo si calò benissimo, mostrandosi terrorizzato mentre Wade camminava come una papera in groppa al cane di Helena. Brandì il coltellino di plastica trasparente e si avvicinò ancora di più. Saziati... Della sua carne! Esclamò rivolgendosi al cane, con fare serio ed un tono di voce spaventoso - in netto contrasto con l’outfit e le armi. Fu allora che intervenne Devon, e allora Wade aggrottò le sopracciglia, che di pochissimo si vedevano sotto quel groviglio di carta stagnola. Non metterti... Tra il Nazgul... E la sua preda! Asserì, tirando fuori una voce che era a metà tra Batman e una persona col mal di gola. Spinse leggermente Bran in avanti, lasciando che il cane si liberasse e saltasse leggermente verso Devon, per poi scappare e tornare dalla padrona - al posto di farsi tagliare la testa di netto come nel film. Cascando per terra in modo drammatico, per poi rialzarsi accentuando leggermente la sua potenza fisica, Wade si rimise in piedi stabile, per poi lanciare uno sguardo assassino al povero Devon, voltandosi molto moooolto lentamente verso di lui, più come una brutta top model che come un cavaliere del male. Non appena furono faccia a faccia, lui lasciò penzolare lo yoyo, per poi riprendere a recitare e lasciando vedere bene il coltellino di plastica trasparente che doveva essere lo spadone del re stregone. Avvicinandosi di un passo, il mercenario agguantò il filo dello yoyo, per poi farlo ondeggiare contro Devon, sfiorando la sua figura e facendo atterrare l'oggettino nella sabbia una, due, tre volte, usando il giocattolo come fosse l'arma del Nazgul. La quarta volta lanciò lo yoyo contro il finto scudo del compagno - che avrebbe dovuto disintegrarsi ma che invece fu colpito leggermente, producendo un lieve "tic". Per finire, Wade scosse lo yoyo un'ultima volta, mentre iniziava a perdere pezzi di stagnola dalle braccia, colpendo con forza Devon sotto il mento proprio come nel film, facendo in modo che lui cadesse. Si, forse quel colpo gli avrebbe dato un bel livido il giorno dopo. Si inginocchiò su di lui, portandogli una mano attorno al collo, e lo sollevò piano piano fino a rimetterlo in piedi. Stupido... Nessun uomo può uccidermi. Ora, muori. Avvicinando il coltellino di plastica alla faccia di Devon, poi la scena ospitò un cambio negli eventi, poichè fu proprio lui ad uccidere Nazgul-Wade, che cadde in ginocchio e prese la carta stagnola (o quel che ne rimaneva) che aveva sulla faccia, spezzettandola e lanciandola come fossero coriandoli. Nnnnooooooo! Disperato, finse di morire, e poi cadde per terra. Dopo qualche attimo la gente iniziò ad applaudire e a imprecare, esprimendo il suo parere sulla performance.
    Ancora sulla sabbia, il mercenario iniziò a ridere divertito come non mai, togliendosi il mantello di dosso e tutte le altre cianfrusaglie, per poi darle ai loro legittimi proprietari, così come gettare i rifiuti. Grazie, grazie, vorrei ringraziare i miei fan ed il mio producer, nonchè le mie co-star! Inchinandosi un paio di volte, Wade si avvicinò a Devon e gli diede una pacca sulla spalla. Bravo Robb! Ci si vede in giro, principessa! Ah, e scusa se ti ho colpito con lo yoyo! Salutò gentilmente lui, dando un bacino sulla guancia dell’altro, per poi sollevare i pollici in segno di assenso e vittoria ed avvicinarsi alle altre persone che erano ferme ad osservare lo spettacolo pirotecnico, solo dopo aver assistito a tutte le scene recitate. Sorridendo soddisfatto della serata, il giovane si fermò ad ammirare i tanti colori che iniziarono a tingere il cielo notturno, salutando persone a caso mentre si godeva lo spettacolo. Nel mentre, vari drink scivolarono nel corpo di Wade ormai brillo, che spassando e ripassando tra le persone in spiaggia notò Helena e le lanciò un bacetto volante. Grazie per il cane, Trinity! Incrociò anche la ragazza dai capelli rossi, che aveva capito chiamarsi Agnieszka. Sei stata brava a fare Zazu! Alla fine, è veramente un mondo piccolo. Sono Wade, ci vediamo sweetcheeks, chiedi di me in giro! Si complimentò lui, per poi votarsi ed adocchiare il ragazzo, Adrian forse? Che aveva recitato come Théoden nella loro scena. Pian piano, molti dei partecipanti si iniziavano ad avviare verso il mare, dove era previsto un bel bagno notturno. Perchè non approfittare? Calando dietro le spalle del ragazzo come un uccello del malaugurio, Wade sorrise e gli picchiettò sulla spalla. Hey, Théoden! Ottimo lavoro. Gli disse, per poi osservare l'orizzonte. Fa un sacco caldo, ti ci vuole una ricompensa, Flash! Gli disse, un po' più lentamente e romanticamente del solito per via dell'alcool, e agguantò con inaspettata delicatezza le gambe di Adrian, avvolgendogli le spalle con l'altro braccio e prendendolo stile principessa. Tenendolo saldamente in una amorevole e ermetica stretta, Wade iniziò a correre verso l'acqua completamente vestito con il ragazzo in braccio, con fare vittorioso, senza fermarsi finchè non si fossero tuffati. PER FRODOOOOOOO!
     
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    | Devon Christos | 27 y.o. | pilot
    Una festa. Da che è arrivato a Besaid, Devon ha avuto poche interazioni con gli abitanti della cittadina. Non che non potesse averne – soprattutto perché a lui piace stare al centro dell’attenzione e avere gli occhi delle ragazze puntati addosso – ma per un po’, dopo l’arrivo nella cittadina, ha voluto tenere un basso profilo. La sua decisione di raggiungere la cittadina norvegese è stata presa considerando che la Grecia – la sua amata Grecia – cominciava a stargli stretta: troppi ricordi, legati a troppe cose. La Grecia è un posto che gli resterà per sempre nel cuore, ma cambiare aria non può che fargli bene, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti.
    Ecco perché ha raggiunto Ethan a Besaid. Stare col cugino con cui è cresciuto in un posto in cima al mondo, dalla parte opposta rispetto alla Grecia, non può che fargli bene. Ha bisogno di staccare, necessita di allontanarsi da quella terra calda e il fresco perenne della Norvegia, oltre che la compagnia di suo cugino, non possono che fargli bene.
    Ed è sempre Ethan che gli ha consigliato quella festa. Un tipo allegro e gioviale come lui, uno a cui piace stare al centro dell’attenzione, non può che far bene andare a una festa sulla spiaggia, con tante ragazze, musica, cibo, cocktail. Insomma, potrebbe anche divertirsi, no?
    Così eccolo lì, sulla spiaggia di Besaid, un paio di pantaloncini al ginocchio e una maglia non troppo vistosa – e ovviamente gli immancabili occhiali da sole, come se fosse ancora in Grecia e dovesse nascondersi dai fan. Non che sia impossibile conoscerlo anche lì, ma insomma, il rally non è famoso come certi altri sport – ad esempio, la Formula 1 – quindi a dirla tutta solo un appassionato può effettivamente riconoscere Devon Christos, il pilota che si schiantò contro un albero e dovette rinunciare alla carriera. In ogni caso, gli piace atteggiarsi, fare un po’ la diva, quindi perché non farlo anche in un posto tanto lontano dal suo ambiente naturale?
    Il problema è che Ethan non è venuto alla festa, e questo è effettivamente un problema: non conosce proprio nessuno da quelle parti. Ethan è il suo unico contatto, dato che è arrivato da poco, e non ha ancora fatto in tempo a orientarsi all’interno della cittadina. Così la prima cosa che fa è dirigersi verso il bar, dove chiede un cocktail col miele d’api. Ha deciso che assaggerà tutte le cose più strane che gli capiteranno a tiro in quel posto un po’ strano in cui è capitato, e mantiene sempre le promesse, anche quelle che fa a se stesso. Poi si guarda intorno, osservando al spiaggia addobbata a festa, il falò, il chiosco del cibo e i tavolini sparsi per la spiaggia. Non c’è che dire: l’organizzazione ha fatto un bel lavoro. Tutto è equilibrato e modesto, sebbene allegro e dà subito l’idea di festa. Devon si siede a un tavolino libero, sorseggia il suo cocktail e si guarda un po’ intorno, levando gli occhiali e lasciandoli con noncuranza sopra la testa. Almeno per il momento vuole godersi la festa così, molto tranquillamente osservando i presenti e decidendo solo una volta aver immesso un po’ di alcool in corpo come muoversi. Potrebbe anche decidere di provarci con una ragazza: chissà, magari lo aiuta a dimenticare gli eventi di Atene come se non ci avesse provato, poi.
    È mentre sta sorseggiando il secondo cocktail che comincia il divertimento: non troppo lontano dal falò comincia un gioco che sembra simpatico e che porta diverse persone a raggrupparsi attorno al falò. A quanto sembra vengono scelte delle coppie per improvvisare delle scene da dei film che gli vengono assegnati; Devon non conosce i partecipanti ma si ritrova divertito da Lucius Malfoy e Dobby che litigano perché Harry ha liberato l’elfo domestico, o da Zazu che canta sotto ordine di un dispotico Scar. Per non parlare della storica scena del io sono tuo padre. Devon si ritrova a ridere e applaudire diverse volte, perché se anche le scene non sono recitate alla perfezione – mi hai fatto perdere la mia Cenerentola lo ha fatto davvero molto ridere – si vede che gli attori ci hanno messo tutto loro stessi.
    Ed ecco che arriva un momento che non si era aspettato: ha finito il suo cocktail quando viene chiamato per rappresentare Il Signore degli Anelli. Devon, da buon fan del cinema quale è, conosce tutta la saga, ovviamente, ma da lì a recitarla...
    « Come? Aspettat- oh d’accordo, vediamo che riesco a tirare fuori » il suo compagno di scena è un tizio che sembra tutto tranne che serio: gli piace. Devon non è mai stato un tipo serio e quel Wade, già solo perché lo ha chiamato Re del Nord, ha tutta la sua stima. Devon è sempre stato consapevole di somigliare a Robb Stark e se deve essere sincero è un personaggio che gli è anche sempre piaciuto. La sua morte lo ha lasciato con un po’ di amaro in bocca: dopotutto, ci si era affezionato! Così ride alla presentazione di Wade, stringendogli la mano. « Devon, ma immagino che non lo userai mai, vero? Tu somigli molto a Dead Pool, invece. Non è che ti diverti ad andare in giro con una strana tuta in spandex rossa? » in ogni caso, Wade gli sta già simpatico ed è felice che sia lui il suo compagno. Che estrae il cellulare per cercare una scena da interpretare.
    Sebbene dapprima mostri Merry e Pipino che vengono portati via dagli orchi, subito dopo Wade tira fuori un’altra perla: Eowyn contro il Re Stregone. « Che ne dici? Farai un personaggio super badass dai! » come come? Interpretare Eowyn? In effetti la cosa potrebbe essere simpatica. Già si vede a uccidere il Re Stregone e prendersi la gloria. « Ci sto! Sarò un perfetto Eowyn, fidati di me! »
    ...certo, forse è anche l’alcool che ha in corpo ad avergli dato tutta quella euforia. In ogni caso, c’è da cercare gli oggetti di scena: gli servono una parrucca bionda e la scatola di un pandoro. Che in piena estate non è sicuro di trovare, ma ci deve provare comunque, no?
    Si guarda intorno, cercando delle idee per trovare gli oggetti: una bottiglia di Coca-Cola vuota sarà la spada con la quale ucciderà il Nazgul; un piattino di plastica lo scudo e una scatola di un pandoro – che stranamente avevano al chiosco – con i buchi per guarda ad altezza occhi il suo elmo. Il problema è la parrucca, che proprio non sa dove recuperarla.
    « Scusa, non è che hai una parrucca bionda? » la ragazza a cui l’ha chiesto è piccolina, carina oltretutto, con grandi occhioni scuri e una chioma castana che le circonda il viso dolce. Non è assolutamente paragonabile alle ragazze immagine cui è abituato Devon, e non ha la bellezza selvaggia della sua ex ragazza, eppure la trova decisamente più bella di tutte loro. Quel visino dolce, molto acqua e sapone, lo lascia incantato per qualche istante, dopo averle posto la domanda. Alla quale risponde con sarcasmo, asserendo di non portarla nella borsetta. Eppure è proprio lei che poco dopo gli porge una parrucca bionda, trovata non si sa bene dove, ma che rende Devon decisamente allegro. « Sei magica! Come ti chiami? Mi ricorderò di te! » le lancia un occhiolino, si infila parrucca ed elmo e si prepara a fare una colossale figura di merda cimentarsi come Eowyn che sconfigge un Nazgul.
    La scena si svolge come nel film: un ragazzo, chiamato da Wade a fare da comparsa, si stende in terra per simulare il re abbattuto e Devon si mette in mezzo con fare da cavaliere che protegge la sua amata. Non proprio l’atteggiamento di Eowyn, ma comunque... « Ti ucciderò se osi toccarlo! » esclama, brandendo la bottiglia di Coca-Cola come se fosse una spada. « Non metterti... Tra il Nazgul... E la sua preda! » risponde NazgulWade, avvicinandosi lentamente a lui. Il cane che sta cavalcando fa un balzo, Devon si sposta di lato e finge di colpirlo, mentre quello corre via, tornando dal suo proprietario, probabilmente. Poi il combattimento continua, con NazgulWade che si volta verso di lui con il fare di una top model che non sa fare il suo lavoro, usa lo yo-yo come arma impropria e prima gli fa volare il piatto di plastica lo scudo via dalla mano, poi lo colpisce sotto al mento e lo fa cadere, fingendo di strozzarlo – e Devon finge di non riuscire a respirare, lanciando occhiate al ragazzo che prima faceva il re e che, evidentemente, comprende di dover fare anche Merry che colpisce il Nazgul e lo distrae.
    « Stupido... Nessun uomo può uccidermi. Ora, muori » ha detto NzgulWade prima di essere colpito. Così Devon si fregia della scena madre, quella per cui si è preparato tanto ma dove ma cosa ma quanto se la tira: con la mano che tiene ancora la bottiglia spada, Devon si toglie l’elmo e lo fa cadere sulla sabbia, atteggiandosi con le mani sui fianchi ed esclamando la battuta della sua controparte filmica. « Io non sono un uomo! » esclama con convinzione, sebbene il leggero accenno di barba dica decisamente il contrario. Resta per qualche istante in atteggiamento cavalleresco, prima di colpire Wade con la bottiglia, che muore spargendo carta stagnola sulla sabbia.
    A quel punto, la gente comincia ad applaudire, anche se alcuni imprecano ed esprimono pareri sulla performance. Devon ride, rosso in viso per il caldo che la parrucca gli fa provare, e si inchina come se fosse un attore provetto. « Siete un pubblico magnifico! » esclama, prima di volgersi verso Wade non più Nazgul che gli parla. « Bravo Robb! Ci si vede in giro, principessa! Ah, e scusa se ti ho colpito con lo yoyo! » Devon gli rivolge un sorriso allegro. « Non ti preoccupare, Dead Pool! Ottimo Nazgul! » esclama, prima di togliersi la parrucca e decidere di restare a guardare le coppie successive.
    Ci sono la ragazza della parrucca e poi un’altra biondina, che però non guarda, perché è alla mora che sta pensando: non solo le deve restituire la parrucca, ma ha proprio voglia di scambiare due chiacchiere con lei. « Ehi, streghetta! » sì, anche lui ha la fissa per i soprannomi. « Grazie per la parrucca. Il tuo intervento ha reso tutto più realistico » seh, come no.


    Edited by Comet - 3/8/2018, 14:31
     
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    COOObUj

    I can't believe how much I hate
    Pressures of a new place roll my way
    Jumpsuit, jumpsuit, cover me
    I crumble underneath the weight
    Pressures of a new place roll my way

    Jumpsuit, jumpsuit, cover me
    Spirits in my room, friend or foe?
    Felt it in my youth, feel it when I'm old
    Dusting off my jumpsuit, cover me


    Lui ha il bavero della camicia, una camicia anche decente per i suoi standard, che gli esce da un lato dei pantaloni.
    Lei vorrebbe sistemarglielo, in un impeto ossessivo compulsivo maniacale mascherato da affetto.
    Lui ha dipinto in volto un sorriso che sembra abbastanza convincente, parla in maniera disinvolta, la sigaretta immancabile tra le dita e una mano appoggiata al tavolo della saletta relax dove lei, forse la prima volta che si sono parlati, gli ha detto che le piaceva come suonava. E parla con un'altra.
    Ed eccola, l'altra, a indicargli la camicia un po' fuori, mentre lui si sistema e la ringrazia. Ha la pieghetta a lato degli occhi a sottolineare che è un sorriso vero, ma forse questo l'altra non lo coglie.
    E, a troppi chilometri di distanza, lei picchia un pugno su un tavolo, facendosi anche un po' male.

    No, quello che ha visto non significa niente. Sì, lui può fare ciò che vuole, ora che si sono lasciati. Evidentemente lo faceva anche prima, quindi perchè arrabbiarsi adesso se ci prova con la prima che gli passa a tiro?
    Il mal di testa l'assale, così come la rabbia, ogni volta che le capita di vedere lui che fa qualcosa.
    Perchè, certo, Besaid regala ad ogni suo abitante una particolarità che lo rende unico. E lei ha avuto la capacità di farsi ossessionare dal passato. Fortunata, no?
    La vita a Besaid sta iniziando comunque a prendere una forma, una sorta di quotidianità, anche se contrariamente da ciò che si era aspettata nel momento in cui aveva scoperto di essere nata in quella strana cittadina, non riesce ancora a sentirsi a casa. Si sveglia la mattina e ci impiega quel minuto abbondante a rendersi conto che non c'è Fran dall'altro lato del muro, o Naomi a preparare il caffè in cucina. Viene assalita da una botta di nostalgia che le si concentra tutta sulla gola, impedendole quasi di respirare ma poi... poi si specchia negli occhi cisposi di Levi, iniettati di sonno e alcol e si rende conto di non poter chiedere altro al Fato: è lì, ha una persona che è famiglia, una radice, un motivo per restare. E nessun motivo per andare.
    Londra le manca, è vero: il suo lavoro, i suoi amici, Tom, la vita che si era costruita ad Est del Big Ben... ma niente, nessuno significa più di Levi. Ed è per questo che resta.
    Fa fatica a dormire, passa le notti a litigare con i fantasmi del suo passato, finendo spesso con l'urlare nel sonno, quando finalmente riesce a prenderlo. Deve staccare, rompere quel circolo vizioso, ricostruire lì dove si trova... deve solo integrarsi meglio, farsi nuovi amici, aggiungere qualche altro mattone a quelli che con tanta fatica ha posato all'ombra della montagna che porta tatuata sul fianco.
    Besaid è casa sua, lo è sempre stata e presto tornerà ad esserlo.

    Il volantino della festa in spiaggia giace abbandonato sul tavolino da caffè, ha qualche cerchio lasciato dalle tazzine che gli erano state poggiate sopra, ma è ancora leggibile. Attrae la sua attenzione quasi miracolosamente, è quel che ci vuole per iniziare. Scatta quindi una foto e la invia a Levi, che forse è a lavoro o forse è a pomiciare con Larsen (chi può dirlo), chiedendogli se si possono vedere lì. E' stufa marcia di stare male, di ripensare a Tom ogni singolo giorno, di restare incatenata a qualcosa che non esiste più. E poi, se lui va avanti, perchè non dovrebbe farlo lei?
    Fa partire una playlist a caso (ma non troppo: sempre generi ben selezionati!) e inizia a prepararsi: Jumpsuit inizia a riempire la stanza, non è esattamente il suo stile, ma almeno rispecchia il momento. Apre l'armadio e sì, si copre con una tutina corta al punto giusto, che di certo farà ingelosire Levi quando la vedrà. Prende la bicicletta e si dirige in spiaggia, con quella canzone in loop. E' sul piede di guerra, e ha deciso che quella sarà la sua marcia: sguardo fiero, cuffie nelle orecchie e sigaretta accesa anche se sta pedalando. E' una bimba cattiva, stanotte.
    Abbandona la bici e punta il baretto. Un occhiolino ben piazzato al tipo dietro al bar e magicamente si trova con un cocktail bello forte in mano. Forse non l'ha nemmeno pagato, ma non importa. Lo butta giù in tempo record e decide che sì, non si metterà troppi freni, per questa sera.
    Ed è così che qualcuno la trascina vicino al falò, stanno facendo delle scenette, c'è un tipo con una parrucca bionda e un altro ancor più strano, fanno boh! qualche scena da quei film coi druidi e draghi e nani... Non presta attenzione, perchè le puntano quasi subito addosso un tipo anche interessante, gli dicono che sono i prossimi e che dovranno fare Titanic.
    - Ciao, Rose...
    Lei ammicca e ride, non vuole lasciargli nemmeno la possibilità di scegliere quale personaggio interpretare. Lo prende da parte, il tempo di guardarlo meglio negli occhi (è gnocco oh!) e di decidere con lui quei due o tre dettagli, ché sono già buttati nella mischia. Stanno per iniziare e Dana si ricorda all'ultimo di un aspetto importante: afferra la prima persona che trova e - Hey, signora! Lei, lei è l'addetta agli effetti speciali!. E' così spaesata che non sa nemmeno come si chiami, ma anche lei non ha diritto di scegliere. Cerca qualcuno dietro il bancone con lo sguardo, ma alla fine annuisce. - Saprà cosa fare, ne sono sicura. Altro occhiolino e sguardo eloquente al cestino di ghiaccio lasciato abbandonato su uno dei tavoli.
    - Signori e Signore, Adrian e Dana in Titanic!
    Qualcuno li annuncia e un applauso tutt'altro che caldo apre loro la scena. E' quasi nervosa, ma poi guarda Adrian (così si chiama quindi!) e stranamente si sente un po' più tranquilla. Prende una sedia e la gira di tre quarti verso il pubblico, sedendosi a gambe aperte ed appoggiandosi allo schienale con le mani.
    - Ci dica, cara decrepita signora Rose con la sedia a rotelle anche se può camminare, cosa sa del Cuore dell'Oceano?
    Assottiglia lo sguardo e lo lascia parlare... un poco.
    - Non ci interessa la storia della sua vita! Si alza e si avvicina minacciosa al suo compagno, rubando un cellulare a qualcuno e puntandoglielo diretto in faccia come se fosse un faro minaccioso negli occhi durante un interrogatorio. - Vuole farci davvero credere che lo indossava lei? Che quelle del disegno erano le sue tette e che una volta sono state sode?
    Lo vede andare in confusione mentre cerca di difendersi, a lei viene da ridere, cerca di trattenersi, diventa viola, ride. O sbotta. O sbotta a ridere.
    - Sta scena fa schifo, cambiamo. Balliamo in terza classe? Tende le mani alla sua Rose, come un vero gentleman, piegandosi in avanti e sollevandolo?/a? dalla sedia perchè balli con lei. - Signora, cortesemente, ci mette una canzone? La vecchia (quella vera) armeggia con il cellulare, tenendolo così lontano che forse per metterlo a fuoco le servirebbero un altro paio di braccia, per poi selezionare accuratamente! la hit del momento. Un tantino autocelebrativa, signora?
    I due si guardano e fanno spallucce, iniziando a ballare come due burattini mossi da un burattinaio con il Parkinson, ma è un ballo seducente! Si lanciano degli sguardi che manco un lanciafiamme... in fondo si vogliono così, un po' selvaggi e rudi e tutti loro (?!?).
    Il ballo sembra sortire comunque il giusto effetto: Rose la sta guardando con gli occhi dell'amore e Jaaack capisce che è l'ora di approfittare per conquistarla: prende la sedia e fa salire elegantemente la sua donzella (Ma è un uomo!), per poi salire dietro a lei. Le apre le braccia facendola volare, intanto però un po' glielo appoggia. - Chiudi gli occhi Rose, ti fidi di me? ed è là che glielo appoggia con troppa forza e lei (lui?) quasi cade. - Fai male. PAURA EH? Con una mano la regge, con l'altra le (gli?) chiude le dita ritmatamente davanti agli occhi in un gesto di strizza, ridendo come una cretina.
    Ma ecco, ecco il dramma assalirli. Il Titanic affonda e loro sono lì, ad aggrapparsi alla balaustra finchè non finiscono in acqua.
    - Rose, metti il giubbetto di salvataggio, stiamo per morire! Stiamo per AFFOGAAAARE!
    La vecchia no, non coglie. - Stiamo per CADERE IN ACQUA E BAGNARCI TUTTI! SIGNORA STIAMO PER BAGNARCI TUTTIIIII! Ma lei niente. Cerca qualcuno dietro il bancone, ancora, finchè qualcuno accanto a lei ha pietà di loro e le passa il cesto del ghiaccio ormai sciolto. Finalmente, dopo quella che sembra un'era, la signora riesce a bagnarli tutti.
    - Scusate, scusate, non avevo capito.
    I due intanto si trasferiscono sul tavolo lì accanto, con Rose seduta comodamente e Jaaack accucciato, appeso solo dalle mani.
    - No, macchè, figurati, tu stenditi, io sto bene nell'acqua gelata. Le palle tanto mi si sono atrofizzate dieci minuti fa, quindi ormai è andata. Gesticola, facendo spallucce. - Ma quelle sono carte piacentine? Buttiamo su una partita a Burraco? No, signora, lei gioca dopo, qui siamo in mezzo all'Oceano, non le conviene naufragare con noi sa? Si arrampica sulla porta dimostrando che sì, c'era spazio per entrambi.
    - Bene, a Burraco vince la signora, passa qualche scialuppa e li salvano, perchè sì... insomma... c'era spazio per entrambi.
    Prende la mano di Adrian e si inchina verso il pubblico, cercando lo sguardo di Levi e ridendo sotto i baffi. Fortunatamente per Adrian, pare sia il prossimo a recitare.
     
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    Adrian Joel Axelsson|27 y.o.|Archaeologist|
    Boys cry for Titanic, men cry for Teutoburgo.


    C’è una diceria che afferma che gli archeologi sono alcolizzati. Beh, signori, è vero. Nella sua vita, Adrian non aveva mai conosciuto colleghi che non bevessero come spugne, a prescindere da nazionalità, età o sesso. Sarà che intere giornate a spicconare e spalare portano allo sfinimento, ma nessuno, in tale categoria professionale, si esime dal rientrare in questa generalizzazione. Per questo, quella sera, aveva accettato di buon grado di recarsi a quella festa sulla spiaggia, dopo aver fatto una bella doccia rigenerante e un riposino post scavo. Dettaglio non irrilevante: il giorno dopo non si lavorava. Si conosceva, e conosceva lo stereotipo. Dopo i venticinque anni non si regge più l’alcol come una volta, quindi, se vuoi ubriacarti, fallo in un giorno in cui potrai permetterti tempi di ripresa molto lenti. Quella vecchia volpe di Adrian Axelsson conosceva bene la vecchiaia(?) – beh, lui era abituato a lavorare con cose moooolto vecchie- ma cosa diamine sto scrivendo, ormai era diventato un giovane Albus Silente che dispensava punti a Grifondoro e sparava cazzate anche nelle occasioni che non lo richiedevano. Dicevamo? Ah, si. Dopo essersi ripreso dal pisolino e ed aver cenato col Gaviscon, perché prevenire è meglio che curare –perché si sa, per bere bisogna fare il fondo(?)- indossò dei bermuda verde militare, una t-shirt beige –stranamente senza supereroi o roba del genere- e delle scarpe da ginnastica bianche ed uscì. Aveva preso accordi con un paio di persone conosciute all’università per andare alla festa insieme, ma come capitava sempre, i due gli diedero buca con un messaggio. Scrollò le spalle, non troppo dispiaciuto. Per quello che valevano i rapporti superficiali per lui, andare da solo o presentarsi alla festa in compagnia non faceva poi molta differenza. E così l’archeologo percorse il lungomare, perdendosi con lo sguardo verso le poche luci dei pescherecci che si avventuravano di notte nel gelido mare Norvegese. Era bello immaginare quante navi fossero salpate da quei lidi, nel corso del tempo, alla ricerca di pesce, di nuove terre, di navi da affondare. Faceva sembrare tutto dannatamente piccolo il tempo che, col suo scorrere inarrestabile, consumava vite come un tritacarne.
    La musica si sentiva lontana un chilometro, ed avvicinandosi, Adrian si trovò a implorare gli dei di non aver frainteso l’invito e che quella non fosse una festa per tredicenni. A colpo d’occhio comunque, l’età media sembrava piuttosto alta. Si avvicinò al chiosco, unico punto di luce in quella spiaggia illuminata solo dall’ardere di LA BRACE ACCESAAAH fuochi, che oltre a creare atmosfera, scaldavano anche l’aria, dato che in quel lembo di terra dimenticato dagli dei, di notte le temperature scendevano bruscamente. E lui era a maniche corte, perché era un fottuto genio. Ordinò un cocktail dal nome palesemente inventato, ignaro di cosa ci fosse entro, ma a lui piaceva sperimentare i prodotti locali(?). Aveva un colore verdino e una fetta di lime che galleggiava sopra. Avrebbe potuto essere anche veleno, a quanto ne sapeva, ma confidava nel fatto che, come per il buon Socrate(?), il solo veleno non avrebbe potuto ucciderlo. ragionamenti confusi e di dubbia logica. Ne buttò un sorso e…niente. Non riuscì a capire che cosa fosse il liquido verde. Si sentiva solo la vodka. Poco male. Una signora –che era palesemente passata dalla categoria milf alla categoria granny da un pezzo- si avvicinò a lui. Indossava un lungo abito rosso a maniche lunghe. Un caschetto di capelli rossi contornava un volto adornato da trucco pesante. “Concedi un brindisi a una vecchia signora” Ecco. Te pareva che tra tutte le ragazze che c’erano non gli si accozzava la vecchia? La sua voce però gli risvegliò qualche ricordo. Certo, quella era la professoressa Tsaniski! Insegnava Storia della musica all’università. Allora forse non ci stava provando! La donna fece tintinnare il suo bicchiere con quello di Adrian, e si profuse in un lungo e sbieco occhiolino che chiaramente distrusse lo slancio ottimistico dell’archeologo. Si, ce stava a provà. Si divincolò dalle spire della professoressa Eeva Tsaniski ed andò a sedersi su un muretto, rollando una sigaretta e salutando qualche volto conosciuto. C’era Serena, la figlia di Martha, che non sembrava troppo contenta di vederlo. Si, faceva questo effetto alle persone di solito. Riconobbe anche Drasil, la tipa che doveva certamente avere qualche disturbo della personalità e che credeva di venire dal Settecento. Le salutò entrambe, continuando a fare gli affari suoi e a pensare ai romani(?). La gente poi si radunò in un punto della spiaggia mettendosi in cerchio. Avevano organizzato una specie di gioco in cui la gente avrebbe recitato scene di film. E lui, con la sua spocchia era lì, pronto ad individuare ogni minimo errore riguardo ai film che conosceva. Prese un altro cocktail e si avvicinò al gruppetto restando in piedi, i primi erano una ragazza che gli sembrava di aver già visto in giro e un ragazzo a lui sconosciuto, che avrebbero interpretato Harry Potter. In realtà la sua spocchiosità lasciò subito il posto a risate divertite. Lui era un perfetto Lucius Malfoy, e alla fine se la cavarono egregiamente. Fu poi il turno di Serena e Drasil. Star Wars. Cavolo, perché non era capitato a lui quel film? Conosceva tutte le battute a memoria! tipo: “Luke, Obi Wan ti ha detto cosa succede al tuo treno? Il treno regionale …[…] Allontanarsi dalla linea gialla! Non così tanto!”. Drasil sembrava piuttosto impacciata. A volte iniziava a pensare che venisse davvero da un’altra epoca, anche se ciò era impossibile. Ci furono scrosci di applausi per le due ragazze che interpretarono il Re Leone. Si chiese come facesse la gente a ricordare perfettamente battute di film randomici. A parte Star Wars, nemmeno lui che aveva una memoria da computer, riusciva a ricordarli. E poi un tizio lo prese per un braccio e lo costrinse(?) ad interpretare Theoden in un folle remake di LOTR. Senza obbiettare, chiedendosi tacitamente perché proprio a lui capitassero quelle cose, posò il drink e si distese a terra. Avrebbe dovuto interpretare il re morente, ma gli era impossibile non ridere guardando il tizio vestito di carta stagnola che interpretava il Nazgul. Il suo tono di voce poi, che sembrava quello dell’ultimo Batman, provocava il lui risate incontrollate, che cercava di soffocare inutilmente. Ed Eowyn, in effetti se la ricordava più figa. Inchino con il cast(?), ed anche quella figura di merda era fatta. Uno degli organizzatori poi trascinò una ragazza al suo cospetto, dicendo che sarebbe toccato a loro. Un momento…Chi cacchio l’aveva deciso che anche lui avrebbe dovuto partecipare a quel gioco? Avevano messo il suo nome nel calice di fuoco? Un altro studente lo aveva fatto al posto suo??? Venti punti a Grifondoro!#wat “No, aspetta cosa?” Guardò la ragazza. Biondina, minuta. Decisamente il suo tipo, che avrebbe però preferito conoscere in circostanze migliori. Che poi, interpretare il Titanic era la sfiga delle sfighe. Cioè, tutti avevano avuti film fighi, e a lui era toccata quella mazzata sui coglioni di tre ore e mezza di cui non ricordava molto, perché lo aveva visto a dieci anni e probabilmente si era anche addormentato mentre lo guardava. Fece per scappare, quando vide la professoressa Tsaniski calarsi le braghe e cagare dietro al bancone del bar. No, forse stava meglio dove stava. La ragazza non gli diede nemmeno il tempo di decidere. “Ciao Rose…” Esordì. Rose? “Aspetta, perché io dovrei essere Rose? Ti sembro rossa, tettona, con manie suicide…” Protestò, ma quella nemmeno lo sentì e decise pure la scena. Decisamente doveva essere una di quelle ragazze che sanno ciò che vogliono(?). Sospirò. L’alcol che aveva in circolo gli impedì di protestare oltre, mentre un’altra vecchia veniva ingaggiata per gli effetti speciali. ”Ma come mai tutte queste signore partecipano alle feste? La serata sarà sponsorizzata dall’ospizio?” si chiese, raccattando da terra un asciugamano con un pellicano disegnato, che avrebbe usato come abito di scena(?), da to che, a proposito di vecchie, la scena riguardava l’intervista a Rose anziana. Si sedette sullo sgabello, mettendosi l’asciugamano in testa. Bene, ora sembrava E.T. sulla bicicletta, o in alternativa la Madonna, ma non di certo Rose. Quando annunciarono i loro nomi, un tizio dai capelli rossi, palesemente invasato e con un nano da giardino sotto braccio (Larsen), urlò ”ADRIDANAAAA”, (#ship) parafrasando Rocky ed attirando l’attenzione su di sé. Dopo di ché sparì verso il mare, lanciando il nano tra le onde e mettendo fine a quella parentesi. Dana assunte un tono serio, e iniziò l’intervista. ”Ci dica, cara decrepita signora Rose con la sedia a rotelle anche se può camminare, cosa sa del Cuore dell’Oceano?” ”Il che?” Sussurrò, nel panico. Per la prima volta, AdrianHermione Axelsson era impreparato sull’argomento. Gli sguardi dei presenti erano su di loro. Avrebbe dovuto improvvisare. ”Allora, innanzitutto non le permetto di darmi del falso…ehm, della falsA invalida e poi..." Si guardò intorno alla ricerca di suggerimenti. ”E poi sono passati 84 anni, e ancora sento l’ardore…no aspetta, ma che diamine dici?” Disse al tizio che stava dando suggerimenti sbagliati. ”Che poi, pensandoci, questa battuta è obsoleta. Ormai ne sono passati 106 di anni. E ancora non sono riusciti a tirar fuori il relitto dal fondo del mare, creando un danno non indifferente all’ecosistema. Una grave tragedia, si, non lo metto in dubbio. Ma quest’oggi vorrei commemorare con voi una tragedia ben più grave. Sono passato 2009 anni e ancora si sente l’eco delle testate che Augusto diede contro il muro dopo la più grave disfatta della storia di Roma. Quest’oggi commemoriamo le legioni cadute a Teutoburgo.” Concluse, in tono solenne. ”Non ci interessa la storia della sua vita!” Era evidente che Dana non lo stava ascoltando. La guardò, stizzito poiché aveva interrotto il suo momento quark. ”Questa è la storia di tutti noi, signorina giornalista, abbiamo perso ben due legioni in quella selva maledetta!” Ok, forse stava andando un attimino fuori tema. Non che Dana fosse da meno, dato che ormai aveva abbandonato le battute canoniche per dare sfogo al disagio. ”Vuole farci credere che lo indossava lei? Che quelle del disegno erano le sue tette e che una volta sono state sode?”. Ok, forse era il momento di accantonare il lutto mai sopito per i legionari caduti a Teutoburgo e dare sfogo alla drama queen che albergava in lui. ”E certo baby, è tutta roba naturale. Che c’è, sei invidiosa? E’ che sono dimagrita, è la tiroide(?)” Mise il dito indice avanti a Dana e lo mosse ondeggiando come una nigga del ghetto. Evidentemente la bionda non apprezzò la sua fusione tra Rose e Gwen Stefani, dato che volle cambiare scena.
    ”Sta scena fa schifo, cambiamo. Balliamo in terza classe? Signora, cortesemente, ci mette una canzone?” Era evidente che Dana fosse bipolare, dato che quella scena l’aveva scelta lei. Comunque, Adrian annuì e si alzò dalla sedia, lasciando l’asciugamano e afferrando la parrucca bionda –eh, rossa non c’era, erano parecchio organizzati *sarcasm*- che la vecchia gli passò prima di tirare fuori il telefono. Ci mise un po’ per capire come funzionasse quell’aggeggio del male. Passarono istanti interminabili, in cui la gente fece in tempo a tornare al bar, prendere da bere, sposarsi, fare figli, cambiare un paio di lavori, ammalarsi, invecchiare, morire, reincarnarsi e tornare su quella spiaggia e tornare. Finalmente la musica partì, così prese Dana a braccetto e iniziò a saltellare(?). Ma che canzone è?? Chiese alla vecchia, sconvolto da quella storpiatura di bad romance, che già era discutibile anche nella versione originale. ”L’ho scritta io. E’ opera mia!” Rispose soddisfatta lei, sorridendo sorniona. ”Ah.” Nessuno tra i presenti potè controbattere o dire nulla. In realtà non sapeva nemmeno come ballarla quella canzone dal testo incomprensibile. Fortunatamente tutta la spiaggia sembrò partecipare a quella follia, mettendosi a ballare intorno alla vecchia che cantava sopra al video di youtube ancheggiando e basta perché era praticamente un tronco di legno. Presa dalla foga, o forse troppo immersa nel ruolo di Jack lo squartatore, Dana lo prese per mano e lo fece salire su una sedia, pronta per la scena più famosa del film. Tentennò, Adrian, in precario equilibrio e con la parrucca che gli cadeva avanti agli occhi, precludendogli la visuale su dove stesse mettendo i piedi. E si chiese che problemi avesse, quella ragazza, mentre tentava di appoggiargli al culo qualcosa che -per sua fortuna- non aveva. Forse era sessualmente confusa, chissà. "Chiudi gli occhi Rose, ti fidi di me?" Domanda da un milione di dollari. Una pazza che ti tiene per la vita è l'unica cosa che si interpone tra la tua vita e il dare una facciata nella sabbia, e tu ti fidi di lei? "Ovviamente N.." Dovette fare affidamento su tutta la forza che aveva nelle gambe per non rotolare a terra quando Dana iniziò a spintonarlo, anche se forse, se Rose fosse caduta nell'oceano, quella storia avrebbe avuto un finale alternativo -comunque sempre migliore di quello di Batman vs. Superman- e sarebbe finita lì. E invece no, mainagioia, Dana Di Caprio scese dalla sedia e iniziò a pressare la vecchia affinché producesse nuovi effetti speciali. La povera signora aveva già dato tutto col balletto. Adrian temette davvero che quella sera se la sarebbero giocata. Eeva Tsaniski nel frattempo riemerse da dietro il bancone facendo la vaga, come se nessuno l'avesse vista. Il suo pensiero volò al povero barista del chiosco. Pover'uomo, che esistenza grama. Non aveva ben capito di che effetti speciali si trattasse, finché la vecchia, aiutata da qualche giovincello, gettò loro addosso un secchio d'acqua gelata. Rimase senza fiato per qualche istante, e perse per un attimo il controllo della sua capacità, mandando in tilt tutti i cellulari dei presenti. In quel momento, come un flash, si fece largo una frase di Rose nel film che calzava a pennello in quella situazione. "Ma dentro urlavo" descriveva esattamente come Adrian si sentisse in quel momento. Si sdraiò sopra al tavolo, con Dana che lo fissava dalla sponda(?) per la scena finale. "Te sei fuori come un terrazzo. Mi piace". Le sussurrò, non ricordando ulteriori battute. Ricordava che Rose farfugliasse qualcosa durante quella scena, ma erano passati 84 anni, e ancora sentiva l'odore della vernice fresca. I servizi di porcellane non erano mai stati usati vent'anni da quando aveva visto Titanic, chi caspio se lo ricordava?"Ros...ehm, Jack. Ma sali su! Dai che ci stiamo!" Esclamò. No, macchè, figurati, tu stenditi, io sto bene nell'acqua gelata. Le palle tanto mi si sono atrofizzate dieci minuti fa, quindi ormai è andata. La guardò poco convinto. "Fa come ti pare". Fece spallucce, poco convinto. Bastò uno sguardo d'intesa scambiato con Dana, per capire come quella storia sarebbe dovuta finire. Si mise seduto a gambe incrociate sul tavolo, e la aiutò a salire. "Muori tu, muoio io, giusto?" Disse parafrasando una delle poche battute che ricordava la bionda lo assecondò. "Ma quelle sono carte piacentine? Buttiamo su una partita a Burraco? No, signora, lei gioca dopo, qui siamo in mezzo all'Oceano, non le conviene naufragare con noi sa." Dana, iperattiva e probabilmente sotto effetto di qualche droga strana, gestiva egregiamente la situazione. Adrian si sentiva un sacco valletta inutile in quel momento. Si vedeva che la vecchia avrebbe voluto partecipare attivamente(?), ma quel pubblico non era pronto per lei. "Bene, a Burraco vince la signora, passa qualche scialuppa e li salvano, perchè sì... insomma... c'era spazio per entrambi." Indicò Dana sottolineando la sua affermazione con un "THIS IS GOLD" mimato col labiale e concluse la storia. "Sopravvissero entrambi, si sposarono, litigarono, e via ognuno per i cavoli suoi, come sempre. Fine." Prese Dana per mano e fece un inchino al nulla(?). Finalmente quell'agonia finì e potè tornare più o meno nella sua comfort zone. Riprese il suo drink e si mise a guardare gli ultimi che si esibivano, con la vecchia che ormai era in pole position, smaniosa di esibirsi ancora. Ancora al fianco di Dana, si voltò verso di lei. Comunque, visto che siamo sopravvissuti alla tragedia, potresti darmi il tuo nuAAAH..." Adrian non era il tipo che faceva la prima mossa di solito. Forse c'era un motivo. Forse il fato lo stava punendo per aver contravvenuto a quella regola non scritta ed aver peccato di hybris. "Hey, Théoden! Ottimo lavoro. Fa un sacco caldo, ti ci vuole una ricompensa, Flash!" Sentì l'equilibrio venir meno e qualcuno che lo sollevava. Si attaccò l'artefice di quella malefatta, che altri non era che il tizio che lo aveva trascinato a fare Theoden. "Ma che...nononononononononono" Lo implorò, pronunciando quei "no" con una velocità che Nicky Minaj levate, su questo beat non riesci a twerkarci sopra(?). Troppo tardi. Con una forza encomiabile quel tizio, senza motivo, lo lanciò in acqua. Con tutto il bicchiere. E il cellulare. Bene ma non benissimo. Senza contare il fatto che il mare Norvegese era tipo gelido e che, probabilmente, avrebbe fatto la fine di Jack, quello vero, che alla fine era diventato Jack Frost(?)#wat. "Ma sei matto? Nazguuuul!" Gli urlò contro, tossicchiando e sputando acqua, ma quello già se l'era filata. Mica scemo. Dana intanto, sulla riva, se la rideva di gusto. Tremando si avvicinò a lei, e tirò fuori il cellulare, ormai passato a miglior vita, dalla tasca. "Ehm. Forse non è stata una buona idea. E comunque, non ho più nemmeno un cellulare su cui segnare il tuo eventuale numero" Fece spallucce. "Puoi passare a trovarmi al negozio di dischi, se vuoi". Rispose lei, sorprendendolo. Solo una pazza come lei poteva assecondare i suoi approcci dannatamente sbagliati. E a lui piacevano le cose movimentate(?). Contravvenendo a tutte le regole scritte sul provarci senza mostrare subito il reale interesse per una persona(?), si abbassò leggermente, e le stampò un bacio piuttosto casto sulle labbra. Non gli importava di beccarsi un ceffone dalla semisconosciuta, quella situazione era già abbastanza assurda di suo. Si staccò da lei e sorrise. "Ok. Magari quando ho un attimo passo". Concluse, dandole un buffetto bagnato sulla guancia e allontanandosi di qualche passo. Era carina, davvero, e non aveva alcun motivo valido per lasciarsela sfuggire. Certo, forse il tizio che da lontano lo guardava furioso poteva essere un buon deterrente, ma il bello di essere praticamente un estraneo a Besaid, era proprio il non dover rendere conto a nessuno -se non ai cops- dei propri comportamenti.

    Scusate eventuali errori. pure oggi vado di fretta.
     
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    Non le importava quello che aveva detto Sebastian. Lei alla festa ci sarebbe andata. Punto. E se il fratello non era d’accordo...beh peggio per lui.
    Non aveva riflettuto molto, in effetti, ma seppure l’idea di partecipare ad una festa in parte la spaventasse e la rendesse inquieta sapeva che non poteva fare la monaca di clausura per tutta la vita, sicché avrebbe partecipato. Fine della storia.
    Era giunta in bicicletta fino alla spiaggia, era un percorso un po’ lungo, ma in fin dei conti era estate e non vi erano certo le rigide temperature invernali o la neve che rendeva impossibile andare in bicicletta, il venticello fresco che le aveva accarezzato il volto fino a quel momento scomparve quando arrestò il suo potente mezzo e percorse a piedi l’ultimo tratto di tragitto. l’odore acre della salsedine le arrivava alle narici facendole dimenticare i pensieri negativi -e soprattutto la discussione- con suo fratello maggiore. Sarebbe stata una serata piacevole e si auto impose di non pensare a cose tristi dal momento che Camilla sapeva benissimo che altrimenti non si sarebbe affatto goduta l’evento.
    Indossava dei semplici pantaloncini a mezza coscia neri ed una maglietta a mezze maniche a tema “la città incantata”, non che fosse un esperta di cinema, ma generalmente i film di studio ghibli le piacevano molto.
    Più si avvicinava al luogo della festa, più si rendeva conto che forse aveva avuto una pessima idea a recarsi lì. Non conosceva nessuno dei partecipanti che bello, tuttavia Camilla non era il tipo da abbattersi per così poco, fece spallucce e proseguì diretta al chiosco del cibo, dal momento che il buon odore che da ivi proveniva le aveva messo un certo languorino.
    Al buffet vi era davvero di tutto, e la Peterson per qualche istante non seppe davvero cosa scegliere, ma alla fine la sua golosità ebbe la meglio e scelse uno di quei panini con così tante calorie che probabilmente per tornare al proprio peso forma avrebbe dovuto mettersi a dieta per almeno due mesi, ma pazienza, di certo uno strappo alla regola ogni tanto non faceva male.
    Si guardò attorno nella speranza di poter trovare un volto noto, ma nulla, evidentemente tutti coloro che conosceva erano rimasti a casa.
    Restò a mangiare tranquillamente il suo panino fino a quando la sua attenzione non venne catturata da un assembramento di persone poco distante da lei, fu la curiosità -ed anche in parte la noia- a convincerla ad andare a dar un occhiata a quanto accadeva, si fece largo nella piccola folla per comprendere di cosa si trattasse e quando lo comprese...avrebbe voluto fuggire, ma era troppo tardi, a quanto pare i presenti partecipavano tutti, ed ora avrebbe partecipato anche lei perfetto. Venne accoppiata ad un ragazzo -di cui ignorava l’identità, tanto per cambiare- ma che aveva la faccia simpatica.
    Cercò di non impanicarsi e godersi le scenette che venivano di volta in volta rappresentate, la prima era tratta da Harry Potter, anche se la Peterson aveva sempre preferito i libri, gli adattamenti cinematografici della saga non le dispiacevano troppo. “Mi hai fatto perdere la mia Cenerentola!! ” esclamò uno degli “attori” della scenetta, magari non era propriamente la battuta del film -o del libro- ma si, era decisamente divertente, forse anche di più della battuta originale di Lucius Malfoy.
    In seguito toccò al “remake” di Star Wars...credeva, o era Star Trek? Boh! Non era mai stata una cinefila, né le interessava la fantascienza… o si trattava forse di Space balls? Chi poteva dirlo? Comunque la scena fu esilarante soprattutto nel momento in cui uno dei due personaggi fece notare al padre che era una donna.
    Seguì poi la scenetta tratta dal Re Leone, non era uno dei classici Disney che la Peterson amava di più -non comprese nemmeno quale fosse la scena in questione, ma i due ragazzi erano davvero bravi, questo era poco ma sicuro.
    … E poi… arrivò il momento del Signore degli anelli. Camilla si era allontanata un attimo per procurarsi qualcosa da bere e quando tornò per osservare quale altro spettacolo sarebbe stato rappresentato, ecco che un tizio carino le andò a chiedere se avesse una parrucca bionda. Per un attimo la Peterson lo guardò più che stupefatta, perché mai avrebbe dovuto avere una parrucca bionda? E soprattutto dove avrebbe potuto tenerla, nella borsetta? Restò per alcuni istanti in silenzio per poi notarne una tra gli attrezzi di scena «Eccone una lì» proferì indicandola e recandosi a prenderla, quando la porse all’interlocutore di cui nemmeno conosceva il nome questi le rispose con un… “Sei magica” ? La ragazza sgranò gli occhi, insomma, aveva preso una parrucca non aveva evocato un patronus! Pazienza, evidentemente il ragazzo non era propriamente normale, oppure apparteneva alla categoria “bello, ma scemo”.
    Comunque l’esibizione del “bello, ma scemo” fu molto divertente, nonostante la scena che avevano scelto fosse particolarmente seria e tragica, vedere una Eowyn barbuta diede un tocco di comicità non indifferente alla performance come se tutto il resto non glielo avesse dato. Comunque alla fine la “sexy Eowyn” uccise il Nazgul, tutto era bene quel che finiva bene, circa, insomma non che invidiasse quelle povere comparse che probabilmente avevano di meglio da fare, ma dettagli.
    Ehi, streghetta! ” Streghetta? Prima era magica, ora era una streghetta… che quel tipo fosse un fan accanito di Harry Potter? Boh! Comunque Camilla cercò di non pensarci, chi era lei per giudicare? “Grazie per la parrucca. Il tuo intervento ha reso tutto più realistico seh, certo .
    «Figurati, per così poco» rispose la ragazza accennando ad un leggero sorriso ,ma con un tono di voce che tradiva un certo nervosismo era strano, ma anche se quel ragazzo le pareva tutto sommato una brava persona -sebbene al momento Camilla nutrisse seri dubbi sul suo acume- la ragazza non poteva non sentirsi in soggezione, erano passati anni, si, ma ancora lei provava un certo disagio quando si trattava di esponenti dell’altro sesso che lei non conosceva.
    «Anzi, complimenti per la performance» continuò lei, del resto vedere una Eowyn lievemente barbuta non era cosa da tutti i giorni, no? «Tu non sei di qui, vero?» Domandò la ragazza, in effetti aveva notato che il suo interlocutore aveva un accento strano o forse dipendeva dall’alcol decisamente poco norvegese, inoltre era certa di non averlo mai visto per la città prima di allora; non che lei conoscesse proprio tutti gli abitanti della città, ma qualcosa suggeriva a Camilla di essere sulla strada giusta, in primis per la parlata particolare del ragazzo. «Io sono Camilla, comunque» favellò più per educazione che per altro, insomma, non che le interessasse particolarmente sapere il nome di “Eowyn” o forse si? solamente che … insomma, era una questione di semplice e pure educazione, non perché il ragazzo fosse carino ci crediamo tutti Camilla, credici.
    Comunque, appena Eowyn ebbe svelata la propria identità, qualcuno chiamò la Peterson, a quanto pare toccava a lei e ad un certo Levi portare in scena E.T., Camilla fu sorpresa -a voler usare un eufemismo- a parte che non ricordava di essersi proposta volontaria, ma a quanto pareva qualcun altro aveva deciso per lei.
    Mentre raggiungeva il suo compagno di recitazione, Camilla fece mente locale sul film per rendersi conto che non ricordava un bel nulla. Probabilmente l’ultima volta che l’aveva visto aveva dieci anni, e forse anche meno, forse addirittura non l’aveva mai visto. Ben le stava, così avrebbe imparato a guardare anche altri film oltre quelli del suo “amato” Edward; Camilla prese un appunto mentalmente “guardare E.T. una volta tornata a casa” -sempre che se ne fosse ricordata-.
    «A quanto pare ci hanno messo assieme, io sono Camilla» si presentò al ragazzo una volta raggiuntolo «Tu hai qualche vago ricordo di E.T.? perché io ricordo solo qualcosa riguardo una bicicletta che ho visto su un video di Youtube» probabilmente il ragazzo pensava di trovarsi davanti una pazza appena fuggita da qualche manicomio dei dintorni, ma tant’era, la Peterson non lo lasciò nemmeno ribattere che già aveva trovato la scena incriminata con il cellulare, si, fortunatamente era di quel film la scena della bicicletta meno male.
    «Io propongo questa, sicuramente è una scena famosa...» propose «Se serve ho la mia bicicletta qui» si, magari non era proprio identica a quella del film, ma sempre una bicicletta era, ed inoltre dubitava anche di poter entrare nel cestino, ma tanto valeva provare. Si, il fatto che non ci fosse nessuno che lei conoscesse a quella festa era decisamente un bene, avrebbe evitato figure del cavolo davanti ai suoi amici perchè davanti a degli estranei è meglio, vero?.
    La scena non era molto lunga, in verità, probabilmente avrebbero dovuto improvvisare con le battute e dubitava fortemente che Levi possedesse proprio la particolarità che serviva a loro in quel momento: far volare le biciclette, ma decisero che avrebbero provato a ricrearla più facile a dirsi che a farsi.
    Intanto che Levi cercava dei materiali di scena -la felpa rossa di Ethan o si chiamava Elliot, il protagonista? e il lenzuolo bianco per E.T.- Camilla andò a recuperare la propria bici, non aveva idea di chi avrebbe fatto chi, in quello sketch, ma di sicuro, per guidare un olandesina sulla sabbia, servivano tanti muscoli.
    Ed eccoli finalmente pronti a “girare” la scena, lei che era avvolta in un asciugamano bianco, da cui spuntavano le gambe e che a stento entrava nel cestino della bicicletta -e che non aveva idea di come avrebbe fatto ad uscirne- ed il suo compagno di scena con un asciugamano rosso -ovviamente, con quel caldo dove avrebbero trovato una felpa del colore adatto- legato al collo a mo’ di mantello, somigliando più al cosplay di Superman che ad Evan o come si chiamava il protagonista.
    «Forza!» esclamò Camilla, mentre Levi si apprestava nello sforzo -titanico- di pedalare sulla sabbia «Ce la possiamo fare!» esclamò la Peterson totalmente dimentica del fatto che in quella scena E.T. non parlasse, mentre si dirigevano -con la velocità di una tartaruga- verso alcuni ragazzi che interpretavano i poliziotti che nella scena avrebbero dovuto impedire ad il ragazzino e all’alieno di fuggire, i ragazzi -reclutati da Levi- non erano molto convinti di quanto stava avvenendo, ma in fondo, bastava usare l’immaginazione per rendere tutto credibile o forse no.
    Il suono che proveniva dalla bicicletta della Peterson non era dei migliori, pareva davvero il Titanic mentre stava affondando, che fosse entrata in simbiosi con la recita precedente? Fatto sta che non appena Levi riuscì ad acquistare un po’ di velocità… qualcosa andò storto, sebbene la bicicletta non avesse preso un andatura troppo spedita -e meno male- semplicemente, non frenò quando il ragazzo dietro di lei tentò di arrestare la bicicletta, non vi riuscì -fortuna che le “comparse-poliziotto” si erano spostate. Camilla non se ne avvide subito, del problema tecnico, tanto che se ne uscì con un «Ora puoi fermarti, ho visto una cabina...così telefono a cas...» non terminò la battuta, dal momento che la bicicletta si bloccò nella sabbia, probabilmente aveva urtato qualcosa di coperto una lancia dei caduti di Teutorburgo, magari, la ruota anteriore si girò di colpo facendo letteralmente volare fuori la ragazza dal cestino -a quanto pareva si era preoccupata inutilmente di come avrebbe fatto a disincastrarsi dal porta oggetti della sua bici, mentre la bici collassava sulla sabbia assieme a Levi -forse anche la bicicletta avrebbe voluto partecipare alla messa in opera del Titanic assieme ai due ragazzi di poco prima, a quanto pareva-.
    Bene era fatta. Camilla si alzò ancora avvolta in quello che poco prima era un asciugamano bianco ed ora era un asciugamano sporco, non sapeva cosa dire, era anche troppo se aveva “recitato” davanti ad altre persone, a quel punto si volse contro Superman-Elliot-Levi Grazie per il passaggio, ora vado a prendere l’astronave o faccio tardi per il fish and chips» e si affrettò ad uscire dal “palcoscenico” o comunque ad uscire dalla scena, probabilmente non era una citazione da E.T., ma non le erano venuti in mente altre battute dal film adatte a congedarsi.

    Perdonami Levi! T^T
     
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    Grazie a tutti per aver partecipato! ♥️
     
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