Girls just want to have fun

Samantha&Fae

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    Tardo pomeriggio, 4 agosto 2018

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    Camminava lenta e distratta, più o meno come accadeva ogni volta che finiva per addormentarsi sul divano. Era stata una mattinata piuttosto lunga in libreria dato che non era entrata l’ombra di un cliente e aveva quindi finito per trascorrere la maggior parte del suo tempo a guardare fuori dalla finestra, con le braccia incrociate sul tavolo e la testa pigramente incastrata tra esse. Se la signora Nilsen l’avesse vista in quella posizione probabilmente avrebbe passato dei buoni quindici minuti a ricordarle che quello non era un comportamento da tenere dentro una libreria, ma non le era importato granchè, aveva continuato a mantenere quella posizione fino a che le braccia non avevano iniziato a farle male. Almeno, se la signora Nilsen fosse entratao, avrebbe avuto qualcosa da fare per quei quindici minuti. Invece aveva continuato a fissare le vetrate e guardare la gente passare per le vie del centro. Si era soffermata soprattutto sulle famiglie con bambini. La divertiva stare a guardare i bambini che si fermavano ad ogni piccola novità, mettendosi a fare i capricci per cercare di tornare a casa con un dolcetto, un giocattolo, o qualunque altra cosa: tutto era in ogni caso meglio di niente, persino una pietra raccolta da terra. lei, dal canto suo, non era mai cambiata troppo. Nonostante le piccole peripezie che aveva trovato sul suo cammino aveva comunque conservato, sotto molti aspetti, un carattere allegro e giocoso, lo stesso che aveva da piccola, unito però ad una maggiore consapevolezza. Sapeva che la vita non era un gioco, che più cresceva e più responsabilità le si presentavano, ma preferiva vivere alla giornata, senza preoccuparsi troppo di quello che le sarebbe potuto capitare il giorno dopo.
    Aveva raggiunto la cucinata e si era preparata un caffè, lasciandosi andare ad un grosso sbadiglio. Jack era già uscito per andare a lavorare e l’aveva lasciata comodamente appisolata sul divano. Probabilmente doveva aver riso delle buffe posizioni che aveva assunto durante il sonno, ma non troppo rumorosamente. Seduta sul tavolo, mentre sorseggiava il suo caffè, aveva dato un’occhiata al telefono, per vedere se ci fossero novità, poi aveva aperto la sua chat con Fae. -Tutto pronto per stasera? Passo da te alle 17, mi raccomando, sii puntuale. - aveva scritto, aggiungendo al tutto una faccina piuttosto divertita. La sua migliore amica aveva un po’ perso l’interesse per il Luna Park in seguito agli ultimi avvenimenti che lo avevano visto protagonista, ma quella sarebbe stata la serata in cui avrebbero cancellato quei pessimi ricordi per far posto ad una delle loro solite serata all’insegna delle risate e del divertimento. Non poteva permettere che i suoi ultimi ricordi su quel posto fossero così negativi, non dopo tutto il tempo che avevano passato lì dentro. Il Luna Park era una delle cose che più le piacevano di Besaid, anche perché, per qualche assurdo motivo, era uno dei posti che cambiava più spesso. Quella settimana, infatti, avevano inaugurato una nuova casa dei fantasmi e Sam non poteva certo perdersi quell’occasione.
    Non sapeva quanto tempo si sarebbero trattenute, le loro serate finivano spesso in lunghe chiacchierate, non sempre del tutto sensate, quindi aveva deciso di portare con sé una giacca, in caso avessero deciso di prolungare la loro serata. Aveva messo su un abbigliamento abbastanza casual, per essere pronta a qualunque tipologia di gioco o giostra, composto da una semplice maglietta azzurra e da un paio di jeans strappati qua e là, accompagnati da un paio di scarpe da ginnastica variopinte. Aveva lasciato i capelli sciolti e, come accadeva di frequente, non aveva messo su neanche un filo di trucco. Si era data un’ultima sistemata, aveva controllato a casa tutto quanto fosse a posto e poi, dopo aver afferrato la borsa, era uscita alla volta dell’abitazione dell’amica. Era da anni che, in maniera randomica, si incontravano di fronte a casa di una o dell’altra, o in qualche zona della città. Negli ultimi mesi, da quando Fred era sparito nel nulla, si era chiesta più volte come avesse potuto pensare di abbandonare quella città, di dimenticare i suoi amici, di perdere tutto soltanto per qualcuno a cui neanche importava davvero di lei. Era stata davvero una stupida a credere di aver incontrato finalmente la persona giusta, qualcuno che avesse le sue stesse passioni e condividesse così tante cose con lei. Il fatto che fosse così perfetto avrebbe dovuto insospettirla, farle capire che non poteva essere tutto vero, ma era stata troppo cieca per comprendere, ora lo sapeva, ma sapeva anche che, per sua sfortuna, non sarebbe stato così semplice dimenticare ciò che aveva perduto.
    Raggiunta la casa dell’amica riacciuffò il telefono, scrivendole di nuovo. -Son fuori! Ti aspetto. Si limitò a quello, senza suonare il campanello o altro, prendendosi quegli ultimi minuti di silenzio per pensare ancora un po’. Perché nel momento esatto in cui Fae avesse varcato quella porta avrebbe lasciato che ogni pensiero triste venisse spazzato via, lasciando il posto al solito sorriso che le si stampava sul volto quando vedeva quella testolina variopinta. Non era ancora guarita del tutto da quella delusione, ma non avrebbe lasciato che quello mettesse delle nuvole sulla loro serata.
    -Eccoti! - la salutò quindi, con sin troppa euforia, quando la vide. -Sappi che sto morendo di fame e che nessuno mi impedirà di avere il mio zucchero filato oggi. - sentenziò, come se qualcuno avesse mai provato a fermarla. -Com’è andata la tua giornata? Io credo di essermi addormentata sulla scrivania questa mattina , sono state davvero delle ore interminabili. - esclamò, sbuffando, mentre si avviavano verso il Luna Park. -Cielo! Quando è stata l’ultima volta che siamo uscite insieme? Credo di aver trascorso un po’ troppo tempo fuori città di recente, dobbiamo assolutamente recuperare. - continuò, senza riuscire a fermarsi, cercando di evitare uno degli argomenti che l’aveva tenuta maggiormente fuori da Besaid. -Hai sentito della nuova casa dei fantasmi? Che dici? Cominciamo da lì o ce la teniamo per ultima?
     
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    Eccoli lì, quei passi leggeri che ormai da anni Fae riusciva a catalogare come affettuosi e familiari. erano i passi decisi di zia Rory che, ogni qualvolta si avvicinavano alla camera di Fae, diventavano inspiegabilmente insicuri. La sentiva appropinquarsi alla porta, fermandosi lì davanti per qualche secondo prima di bussare. Se ne restava lì davanti in silenzio, cercando di capire attraverso la porta cosa sua nipote stesse combinando fra le mura della propria stanza. Non aveva il coraggio di interrompere la sua quiete così, irrompendo nella sua camera e pretendendo che la giovane capisse quanta preoccupazione ci fosse negli occhi della zia. «Fae? Dove vai?» colse la palla al balzo sua zia, vedendola uscire dalla stanza e scendere le scale di fretta, in cerca delle proprie converse. La seguì silenziosamente, tentando di tenere la fretta di quel passo decisamente più giovane del suo. «Esco con Sam.» le rispose semplicemente Fae, sperando che la donna smettesse di seguirla in giro per casa, ovunque lei andasse. Non le piaceva far la distante, ma alcune volte Lorelai sembrava proprio non capire di doverle lasciare i suoi spazi. D'altro canto, era il prezzo da pagare per non aver ancora affrontato l'argomento “me ne vado via di casa”, il quale faticava a venire a galla. «Torni tardi?» le domandò ancora la donna, i lunghi capelli rossi legati in una coda allentata. «Cosa intendi per tardi? È ancora pomeriggio, fuori c'è il sole. Il tuo tardi potrebbe essere il mio fra un paio d'ore.» le fece notare la ragazza dai capelli arcobaleno, sedendosi su una delle sedie poste nell'ingressino di casa. Si chinò leggermente con la schiena, sollevando prima un piede e poi l'altro per infilarli all'interno delle scarpe giallo canarino. Sentiva gli occhi di zia Rory addosso, mentre la guardava ferma sul ciglio della porta dal quale si vedeva la cucina, piccola e sempre ordinata. «Fae!» la riprese la donna, aspettandosi forse una risposta più loquace e meno critica. «Lorelai?» contestò lei, chiamando la zia per nome e spalancando appena gli occhi, impersonando una sorta di espressione stupita, del tutto fasulla. Sorrise subito dopo, sospirando appena. «Non fare tardi.» ripeté la donna, ancora impossibilitata nel capacitarsi del fatto che sua nipote aveva ormai la bellezza di ventotto anni suonati. «L'ho detto che devo trovarmi un appartamento mio... Ventottenne e ancora vivo con una zia che mi chiede di non uscire la sera per dormire tranquilla.» disse, più a se stessa che alla donna in piedi davanti a lei. Manteneva uno strofinaccio bianco a righe rosse, con il quale stava continuando a strofinare con cura una piccola pentola ormai più che asciutta. Si sollevò ancora Fae, sistemando meglio i jeans e dandosi un'occhiata veloce allo specchio di fronte a lei. Aveva indossato dei pantaloncini di jeans e un top rosa fluo che andava a cingerle il busto in maniera piuttosto aderente, mettendo in evidenzia il fatto che le curve non sarebbero mai state propriamente il suo forte. Non disse niente, zia Rory, restando lì con un mezzo sorriso e uno sguardo dolce, fino a quando Fae non si voltò a scoccarle un piccolo bacio sulla guancia, del tutto naturale. Era esattamente ciò di cui -ogni tanto- zia Rory necessitava. In un certo senso, quelle poche dimostrazioni d'affetto che Fae le regalava erano come la certezza che, sebbene passassero gli anni, sua nipote era quasi come una figlia, per lei. Quando la ragazza aprì la porta d'ingresso, la figura di Samantha apparve subito dietro di essa, solo qualche passo più distante rispetto alle scale che davano sul portico. Anche in quel frangente, zia Rory non perse neanche un secondo, preferendo fiondarsi al di fuori dell'abitazione per salutare l'amica di Fae ed approfittando per fare la stessa raccomandazione anche alla seconda. «Ciao Sam! Non fate tardi!» gridò per farsi sentire dalla giovane, prima che Fae potesse superarla e sbuffare pesantemente alle parole della donna. «Zia Rory, ti prego.» si lamentò solamente, prima di sollevare gli occhi al cielo e allontanarsi via di lì, raggiungendo l'amica. «Eccoti!» esclamò lei, vedendola arrivare. I suoi capelli dorati brillavano sotto la luce ormai più fioca del sole. Riconobbe in quello sguardo la sensazione di felicità che lei stessa provava nell'incontrarla, e ne fu felice. Con Sam ogni cosa era diversa: le paure sembravano annullarsi nel momento stesso in cui quegli occhi chiari incontravano i suoi. Era sempre stato così, d'altronde. Sin da quando l'aveva conosciuta, Samantha aveva illuminato quel buio che spesso Fae vedeva calare sulle proprie spalle. Da bambine si erano ritrovate spesso in silenzio nei momenti peggiori, sedute a gambe incrociate per terra con la speranza che l'altra avrebbe avvertito quanto l'amicizia che le legava potesse sostenere ogni cosa, aiutando entrambe a rimettere insieme i cocci dei pezzi di vita che andavano in frantumi. «Sappi che sto morendo di fame e che nessuno mi impedirà di avere il mio zucchero filato oggi.» affermò subito dopo l'amica. Fae si voltò a guardarla, un'espressione ormai rassegnata sul viso. «Come fai a riempirti con un po' di zucchero filato e basta? Io direi un bell'hamburger e patatine. Non ti sembra più invitante?» chiese lei, mentre tirava fuori dalla tracolla nera filtri, cartine e tabacco. Iniziò a prepararsi una sigaretta, lasciando cadere un po' di tabacco sul velo di carta che teneva sul palmo della mano, mentre fra le labbra reggeva il filtro. «Com’è andata la tua giornata? Io credo di essermi addormentata sulla scrivania questa mattina , sono state davvero delle ore interminabili. Cielo! Quando è stata l’ultima volta che siamo uscite insieme? Credo di aver trascorso un po’ troppo tempo fuori città di recente, dobbiamo assolutamente recuperare.» spiegò poi Sam, evidenziando con un tono di voce pacato e al contempo seccato quanto fosse stata noiosa la sua giornata. Fae, d'altra parte, non avrebbe potuto vantare nulla di meglio. L'unica parte divertente di quella mattina era stato il giro per i boschi con Maina. Aveva sostituito Adam, impegnato con un po' di lavoro arretrato, e di conseguenza aveva trascorso un paio d'ore in giro con quella palla di pelo dolcissima che Ivar gli aveva regalato. «Volevo passare, ma alla fine non ho più fatto in tempo. Sai, dovresti lasciar perdere il posto in libreria e dedicarti a scrivere un romanzo tu stessa. Le surreali avventure di Samantha in una surreale città di nome Besaid.» disse Fae, la sigaretta fra le mani pronta per il rullaggio. «Che te ne pare come idea? Ovviamente dovrai mettermi fra i ringraziamenti, per l'idea, sai. aggiunse, sollevando le spalle e voltandosi appena a guardarla, prima di avvicinare la sigaretta alle labbra e leccarne la velina, così che restasse chiusa. «Comunque sì, da un po'. Mi sono sentita un po' abbandonata, zia Rory anche. Settimana scorsa aveva preparato i suoi biscotti al cioccolato e voleva mandartene qualcuno. Quando le ho detto che eri fuori mi ha guardata come se l'avessi pugnalata.» scherzò ancora Fae, ridendo divertita nel raccontare quanto fosse accaduto solo qualche giorno prima. Qualcosa però, non quadrava: negli occhi di Samantha c'era del movimento. Il sesto senso che Fae aveva da sempre conservato nei confronti dell'amica era ancora lì, così come lo era stato per tanti anni quando insieme avevano combattuto i fantasmi che di notte venivano a bussare alle porte della loro mente. Non aveva idea di come le cose con Fred stessero evolvendosi, ma in qualche modo, qualcosa le suggeriva che quella malinconia nascosta avesse esattamente lo stesso nome. «Hai sentito della nuova casa dei fantasmi? Che dici? Cominciamo da lì o ce la teniamo per ultima?» chiese comunque lei, cercando forse di portare il discorso su un nuovo binario, diverso da quello che l'avrebbe portata a parlare di lui. Fae si limitò a rimandare le domande, provando a capire quanto a lungo Samantha avrebbe voluto evitare l'argomento. Non era mai facile, per loro, parlare di pezzi di cuore che le avevano abbandonate o che, prima o poi, sapevano avrebbero detto loro addio. Per nessuno, a Besaid, era facile allontanarsi completamente da qualcuno, chiunque egli fosse. «Solo se mi prometti che spaventiamo qualche sconosciuto!» affermò la ragazza dai capelli arcobaleno, cercando di non pensare al terrore e alla pelle d'oca che le avrebbe sicuramente attraversato la schiena una volta messo piede all'interno del Luna Park. I ricordi erano ancora vivi, così come se tutto fosse accaduto solo pochi istanti prima. Però si sarebbe recata lì, con la perfetta compagnia di Sam, proprio per cercare di superare -assieme a lei e al loro silenzio al riguardo- gli orrori che ormai mesi prima gli occhi blu della giovane avevano visto.

    Il Luna Park era lo stesso. Nei mesi in cui lei aveva accuratamente evitato di metterci anche solo un piede fra quei cancelli, il tempo sembrava essersi fermato a quel pomeriggio di terrore che lei stessa aveva avvertito sulla propria pelle. La casa degli specchi troneggiava in mezzo ad altre giostre come se fosse la regina del male nel paradiso terrestre. Chi lo avrebbe mai detto che sarebbe sopravvissuta a tutto quel caos, a quel dolore e a quei ricordi offuscati? Niente avrebbe potuto aiutarla più della presenza di Samantha nel suo ritorno a quel luogo. Forse solo lei che non vi era stata imprigionata era la chiave per superare la paura di ciò che in passato era accaduto. Gli occhi dell'amica guardavano e vedevano ciò che Fae non riusciva a cogliere completamente: Samantha vedeva la positività e l'innocenza di un semplice parco giochi, nulla di più; e Fae quella sera avrebbe provato a guardare con gli occhi della sua sorella acquisita. «Ti prego, una volta sola. Riesci a farlo una volta sola?» le sussurrò all'orecchio, tirandola verso di se e continuando a camminare lungo il percorso stabilito all'interno della casa dei fantasmi. Dei bambini accanto a loro erano pallidi in viso e, con gli occhi spalancati, si guardavano intorno con la speranza di non inciampare in qualche scheletro o cadavere apparso dal nulla. Fae conosceva il potere di Sam, e per questo era d'obbligo provare a farglielo utilizzare proprio lì dentro, dove un bel po' di venticello avrebbe spaventato non poco quei bambini che precedevano loro nel cammino. Le pareti buie erano decorate da ragnatele fosforescenti e scheletri dalle sembianze anche piuttosto reali. «Fai levitare uno dei bambini, ci riesci?» sussurrò ancora Fae, diverita. Non aveva idea della forza necessaria ad esaudire quel desiderio, e di certo non l'avrebbe costretta a farlo. Eppure, l'idea di spaventare il tipetto panciuto che avevano davanti e che si mostrava spavaldo con gli altri due amichetti, era qualcosa che avrebbero dovuto assolutamente fare. «Che fifone, sei!» aveva urlato lo stesso, dando una spintonata all'amico più magro di fianco, il quale si era spaventato terribilmente nel momento in cui una delle varie comparse era apparsa dal nulla per spaventare gli spettatori. Era stato un gridolino terrificante che, invece che spaventarle, aveva fatto ridere entrambe.
     
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    Un tassello importante della sua famiglia, ecco cosa era sempre stata Fae per lei. Si erano conosciute quando Sam era ancora soltanto una bambina, essendo state vicine di casa per diversi anni, e avevano iniziato a legare in fretta, fino a che Fae, per lei, era divenuta come una sorta di sorella maggiore, un punto di riferimento costante, qualcuno a cui appoggiarsi, qualcuno da cui trarre esempio, dato che lei sorelle biologiche non ne aveva mai avute. Ma con un’amica come Fae, sempre ad un passo da lei, sempre pronta ad ascoltarla e a starle vicino, non ne aveva neanche sentito troppo la mancanza. In passato, prima che tutta quella faccenda di Fred occupasse la maggior parte del suo tempo, era stata molto più presente per lei. Aveva anche voluto presentargli l’uomo con cui credeva che avrebbe trascorso il resto della sua vita, invitandola fuori da Besaid. Aveva evitato, con tutte le sue forze, di far vedere il suo piccolo microcosmo a Fred, di farlo entrare nella vita di quella cittadina. Certe volte aveva creduto di fare un errore, che tenerlo lontano dalla sua casa e dalla sua storia avrebbe potuto allontanarlo e far cadere quel fragile castello di carte che stavano cercando di costruire insieme, ma ora che sapeva come le cose sarebbero andate a finire tra di loro era felice di non averlo coinvolto in tutto quello, felice di non essere più in alcun modo costretta a rivederlo. Perché, sicuramente, se avesse scoperto di poter possedere una particolarità non avrebbe certo accettato di perderla.
    Rimuginandoci un po’ aveva bene in mente quale fosse la sua particolarità principale, quale sarebbe potuta quindi essere la particolarità di Fred, ma cercò di pensare a qualcosa di diverso, prima che tutti quei pensieri potessero farle perdere la pazienza e minare il suo equilibrio mentale. Sapeva che Fae avrebbe capito che qualcosa non andava, che c’era qualcosa che le stava tenendo nascosto e probabilmente non ci avrebbe messo molto a comprendere quale fosse l’argomento principale, ma non aveva intenzione di pensarci prima che la cosa si rendesse necessaria. Quel giorno voleva soltanto sentirsi libera, cercare di recuperare un contatto con la persona allegra e spensierata che era sempre stata e con quella parte un po’ folle che Fae aveva sempre saputo come tirarle fuori. Non che le servisse molto, dopotutto, in cuor suo Samantha sapeva che per lei, come per poche altre persone della sua vita, sarebbe sempre stata pronta a fare qualunque cosa, anche a costo di mettersi in grossi guai.
    Sorrise, quando la vide spuntare fuori di casa con le sue scarpe gialle, ridacchiando appena quando zia Rory la salutò, invitandole a non fare tardi. -Prometto di riportare Cerentola indietro sana e salva. - disse, scherzando, dopo aver salutato la zia in lontananza, prima che Fae la raggiungesse. Non era sembrata affatto felice della sua incursione, ma in qualche modo Sam poteva capirla, anche i suoi genitori avrebbero probabilmente avuto una reazione simile, se anche lei fosse ripassata da casa. Era da un po’ che si limitava a chiamarli di rado e scrivere loro qualche messaggio sporadico, senza mai passare per casa, probabilmente si stavano chiedendo che fine avesse fatto. La affiancò mentre iniziavano a camminare in direzione del Luna Park, ridacchiando per la sua uscita sullo zucchero filato. -Scherzi? Quello è solo l’antipasto! Anzi, neanche, è soltanto per tappare il buco nel mio stomaco prima di iniziare ad auto-fagocitarmi! Dopo sarà la volta di hamburger e patatine! - rispose quindi, arricciando appena il naso, mentre la osservava prepararsi una sigaretta. Anche a lei qualche volta era capitato di fumare, soprattutto quando si trovava in compagnia, ma non era un vizio che faceva davvero parte di lei. Forse, per via del suo contatto con l’aria, non aveva mai visto in maniera troppo positiva quell’abitudine e anche per questo aveva cercato di non farcisi coinvolgere troppo. Non disse nulla comunque, era raro che si lamentasse di qualcosa con i suoi amici, di solito tendeva a farsi andare sempre tutto bene. Cercò quindi di sostare l’attenzione su qualcosa di diverso e la prima cosa che le venne in mente, purtroppo, fu il lavoro. -Oh, non preoccuparti, capitano spesso giornate così in estate, infatti credo che a breve mi proporranno qualche giorno di ferie, o forse chiuderanno direttamente per qualche giorno. - mormorò pensosa, cercando di ricordare quali giorni di chiusura avessero effettuato l’anno prima, senza però riuscire a ricordarlo al meglio. -Tu saresti la co-protagonista in quel caso! I ringraziamenti non basterebbero. Le avventure di Samantha senza Fae a Besaid non possono certo esistere! - affermò in maniera piuttosto decisa, prima di abbracciarla appena, quasi di sfuggita. Sam era sempre stata una persona che cercava continuamente il contatto affettivo con gli altri, anche se cercava sempre di non minare troppo lo spazio vitale del resto del mondo. -Credo proprio che inizierò a scriverlo e appena avrò buttato giù qualcosa te lo manderò per un parere. - disse quindi, con un tono di voce che non faceva ben capire se stesse scherzando o se avesse tutta l’intenzione di farlo davvero.
    Si lasciò andare ad un’espressione un po’ più triste e colpevole quando Fae disse di essersi sentita un po’ abbandonata, così come zia Rory e anche se il tono di scherzo fu piuttosto evidente nella voce dell’amica, non riuscì comunque ad evitare di sentirsi un po’ in colpa per il tempo che effettivamente le aveva tolto. -Le manderò una lettera di scuse ufficiali. E il mio indirizzo all’università, così, in caso avesse voglia di spedirmeli. - rispose però, ridacchiando, cercando di fingere ancora che fosse tutto a posto, che non fosse successo nulla e che scherzare per lei fosse semplice come era sempre stato. Lo sguardo vagamente indagatore di Fae però non le era sfuggito, così come all’amica non dovevano esser sfuggiti tutti quei piccoli dettagli che la rendevano diversa dal solito, ma nessuna delle due aveva ancora deciso di parlare o di chiedere qualcosa. Questa era una delle cose che aveva sempre apprezzato molto di Fae: sapeva lasciarle il suo spazio e i suoi tempi e aspettare che Sam fosse pronta a sputare il rospo. Non per sempre ovviamente! Sapeva anche come trovare il modo di farla parlare. -Affare fatto! disse poi, con un sorrisetto ben poco raccomandabile, quando le chiese di spaventare qualche sconosciuto. Allungò la mano nella sua direzione, quasi del tutto chiusa a pugno a parte il mignolo, affinchè lei lo stringesse con il suo, proprio come avevano sempre fatto sin da piccole quando stringevano qualche patto. Era una cosa abbastanza sciocca, una cosa da bambine appunto, ma quella parte di lei che non era mai cresciuta del tutto non riusciva davvero a rinunciare a quelle piccole cose che le davano l’idea che nulla fosse davvero cambiato.


    Appena varcato l’ingresso del Luna Park chiuse gli occhi per un momento, lasciando che tutti quei rumori e quei profumi la inebriassero come avevano sempre fatto. Qualcuno avrebbe sicuramente trovato fastidioso tutto quel fracasso, quell’agglomerato di persone tutte insieme che si muovevano come una massa non ben distinta e qualche volta ti spintonavano per raggiungere il loro traguardo, ma per lei, quel posto, era sempre stato sinonimo di libertà, da quando, per la prima volta, i suoi genitori avevano acconsentito a mandarla lì da sola insieme a Fae. Ricordava ancora quella prima avventura e quanto alcune attrazioni l’avessero fatta gridare di paura, ripensandoci ora si rendeva conto che fossero soltanto delle sciocchezze, che solo un bambino, appunto, avrebbe potuto crederci, ma era proprio questo il bello di posti come quelli: li vedevi con occhi diversi con il passare del tempo e imparavi ad apprezzare cose sempre diverse. Una volta dentro, dopo essersi guardata attorno per un po', afferrò la mano di Fae e la condusse verso il chioschetto dove vendevano pop corn e zucchero filato, sollevando appena la mano in direzione del proprietario, che subito rispose al saluto e le preparó il suo tanto agognato premio. -Tu vuoi qualcosa? - chiese all'amica, per poi allungare i soldi al proprietario, in mezzo al disappunto di qualche signora che non era molto d'accordo con il fatto che avesse superato la fila. -Sono una cliente affezionata. - si giustificò, facendo spallucce, mentre si allontanava da quel piccolo agglomerato di persone. Iniziò a sbocconcellare il suo zucchero filato, divertendosi poi ad appiccicare il pollice e l’indice a causa di tutto quello zucchero. Nulla intorno a lei sembrava essere cambiato troppo. -Sai, quel pazzo furioso del Professor Bold mi ha messo un esame il 20 agosto, ti rendi conto? E’ pura follia! - esclamò di punto in bianco, cercando il suo supporto mentre buttava il bastoncino ormai vuoto e si dava una veloce sciacquata alle mani sotto il getto corrente di una delle fontanelle. Poi, quelle parole sussurrate all’orecchio, un invito ad entrare nella casa dei fantasmi e spaventare alcuni bambini che stavano seguendo il percorso proprio a qualche metro da loro. Sembravano già così tesi che non ci sarebbe voluto molto a farli gridare di terrore, quindi, quando Fae le chiese di farne levitare uno in aria lei sorrise, annuendo in maniera energica, pregustandosi già le loro facce. Chiuse gli occhi per un momento, cercando di entrare in contatto con il lieve venticello che entrava dalle finestre socchiuse del lungo corridoio in cui si trovavano, poi, una volta riaperti, prese di mira il più panciuto dei tre, che per tutto il tempo non aveva fatto altro che prendere in giro i suoi due amici un po’ più piccoletti per la loro paura. Ci mise qualche istante a concentrarsi su di lui, iniziando ad immobilizzarlo per poi, molto lentamene, sollevarlo da terra, fino a farlo arrivare a dei buoni 50 cm al di sopra del pavimento. Non appena si era reso conto di non riuscire più a muoversi, il bambino, aveva iniziato a guardarsi attorno con fare spaesato, per poi strabuzzare gli occhi, in preda al terrore, quando aveva sentito i piedi staccarsi dal pavimento da soli. -Che cosa… che cosa sta succedendo? - aveva chiesto, con voce tremante, agli amici intorno a lui, che si erano limitati a fissarlo con gli occhi spalancati. -Aiuto. Aiutatemi. AIUTO!! - aveva iniziato quindi a gridare, cercando di dimenarsi, mentre Sam cercava di trattenere una sonora risata. Lo tenne in aria per qualche minuto, iniziando a farlo scendere soltanto quando iniziò a sentire un forte giramento di testa, per evitare che potesse cadere a terra da solo e farsi male. Afferrò quindi la mano di Fae, portandola velocemente dietro una delle porte che avevano di lato, chiudendola alle loro spalle prima di iniziare a ridere di gusto, portandosi le mani davanti alla faccia. -Cielo, hai visto che faccia ha fatto? - chiese, per poi scoppiare a ridere di nuovo. -Era T E R R O R I Z Z A T O! - continuò, scandendo bene le lettere, giusto per imprimere meglio il concetto. -Credo che non lo dimenticherà mai, e neanche io, è stato divertentissimo! - terminò, ridacchiando ancora un po’, prima di cercare di ricomporsi, allungando di nuovo la mano verso la maniglia della porta. Quando incontrò una certa resistenza cercò di metterci più forza. -Ehi, ma che? - mormorò, continuando a provarci, per poi sbuffare sonoramente. -Dovremo trovare un’altra uscita, sembra non aprire da questa parte. - affermò quindi, con un ulteriore sbuffo, iniziando a guardarsi intorno. L’ambiente non era ben illuminato, ma trattandosi di una delle attrazioni di un Luna Park tutto al suo interno doveva essere stato studiato nei dettagli, quindi dovevano soltanto capire come trovare una soluzione. -Ok, allora, calma e sangue freddo, ci deve essere per forza un’altra uscita da qualche parte, altrimenti troveremo un modo per sfondare la porta. - disse a metà tra il pensoso e il determinato, per poi iniziare a muovere qualche passo davanti a sé. Se indietro non potevano tornare dovevano necessariamente andare avanti. Non era stata un’idea brillante quella di chiudersi la porta alle spalle, ma, ehi, era soltanto una casa dei fantasmi dentro ad un Luna Park, che cosa poteva mai succedergli? Continuò a camminare per diversi metri, accompagnata soltanto dal rumore dei suoi passi e di quelli di Fae, poi, all’improvviso, un grido irruppe nel silenzio. -Ehi, hai sentito anche tu? - chiese, voltandosi velocemente verso l’amica, per capire se si era trattato soltanto della sua fantasia. Le era sembrata una voce femminile, ma non aveva capito neanche una parola. Avanzò ancora, mentre tutto sembrava essere tornato alla normalità, poi, sentì di nuovo lo stesso grido. -E che cavolo! Non posso essermelo immaginata, maledizione! - bofonchiò, abbastanza contrariata, portandosi le mani ad ancora sui fianchi e assumendo un atteggiamento come di sfida. -C’è qualcuno? Chiunque tu sia fatti vedere, ORA! - disse, sollevando un po’ il tono della voce. Sebbene fosse entrata in quel posto per divertirsi, tutto ad un tratto non sembrava più avere alcuna intenzione di scherzare.
     
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    Fae non era esattamente il punto di riferimento al quale attingere; non era un esempio lampante di donna forte ed indipendente. Certo, aveva i suoi potenziali, ma non avrebbe mai potuto considerarsi un esempio per gli altri. La sua vita poteva apparire idilliaca a qualcuno: la donna stravagante ed estroversa che in molti avrebbero voluto essere. Ma no, se solo avesse potuto, anche lei avrebbe cambiato più di qualcosa di se stessa. Non riusciva sempre a vedersi così come in molti dicevano, disegnandole intorno un alone di perfezione e menefreghismo che dopotutto neanche le stava poi così bene. Nell’ultimo periodo aveva potuto notare quanto anche lei fosse debole e fragile. Tutti gli avvenimenti che si erano susseguiti da qualche mese a quella parte, l’avevano radicalmente cambiata dall’interno, riportandola con i piedi sotto terra, laddove anni prima si era piantata alla ricerca di radici e un motivo per restare nella cittadina di Besaid. Erano pochi gli attimi della sua vita che ritenesse poco ripugnanti, e molti di questi erano quasi sempre in compagnia di Sam. La sua amica di sempre, quella che, malgrado non riuscisse a vedere o sentire ogni giorno, sapeva avere un orecchio sempre pronto ad ascoltarla, qualsiasi fosse l’evenienza. A volte si era chiesta cosa le avesse unite così tanto, e la risposta si era semplicemente mostrata nello sguardo complice delle due. Non c’erano ostacoli, non c’erano complicazioni fra di loro; era sempre stato tutto così facile da sembrarle quasi impossibile. Il rapporto con lei era da sempre una sorta di lunga strada priva di curve, priva di discese o salite. Una strada dritta senza una vera e propria fine, per fortuna: a Fae piaceva vederla così.
    - Prometto di riportare Cenerentola indietro sana e salva. - si rivolse gentilmente Sam a sua via Rory, che come al solito non ci metteva neanche un secondo a far innervosire sua nipote. Fae l’amava davvero, ma alcune volte non riusciva ad accettare quel suo intromettersi costantemente e comportarsi come una madre nei suoi confronti, esagerando e lasciando quasi intendere di voler rimediare -ancora dopo anni- alle perdite che la ragazza aveva subito in giovanissima età, come se tutto ciò che le era accaduto fosse anche un po’ colpa della donna. Ma questo Fae lo sapeva benissimo: lei non c’entrava nulla e il fatto che, in qualche modo, ancora se ne preoccupasse, la intristiva. Non era mai riuscita ad andare da lei e spiegarle di non doversi sentire in quel modo, dato che il loro rapporto aveva dei tabù prestabiliti, e il passato di Fae era uno di quelli. A differenza di zia Rory, i genitori di Sam avevano il permesso di intromettersi nella loro vita, per quanto le riguardasse: Fae li adorava, così ogni volta in cui riusciva a passare da casa Bezuchov, anche quando Sam era via per studi o altro, la ragazza dai capelli arcobaleno si soffermava da loro per un caffè e un pasticcino, felice di essere tanto vicina a loro quanto alla loro bambina. «Se non torniamo prima del tramonto hai il numero della polizia, rilassati.» gridò Fae, scherzando, in direzione della porta d’ingresso dove la donna era ancora ferma a guardarle allontanarsi. Un ultimo Fae!!! pregno di rimprovero e disappunto venne fuori dalle labbra della donna, non appena ebbe udito la battuta di cattivo gusto esclamato da Fae qualche istante prima, mentre si allontanava con Sam al proprio fianco.
    - Scherzi? Quello è solo l’antipasto! Anzi, neanche, è soltanto per tappare il buco nel mio stomaco prima di iniziare ad auto-fagocitarmi! Dopo sarà la volta di hamburger e patatine! - rispose l’amica, rispondendo all’affermazione di Fae riguardo al cibo. Arricciò il naso, Sam, mentre con gli occhi seguiva i movimenti della ragazza arcobaleno al proprio fianco, intenta a rollarsi una sigaretta. «Così mi piaci, ragazza!» esultò Fae, sorridendo divertita. Sarebbe stata la giornata all’insegna sì, del divertimento, ma soprattutto del cibo spazzatura; con Sam era tutto decisamente più semplice e il fatto di sentirsi una sorta di maialino mangia-tutto era almeno diviso per metà con la sua amica. Ricordò immediatamente di quando da piccoline, durante i loro pigiama party, s’ingozzavano letteralmente di schifezze, una dopo l’altra e senza alcun ritegno particolare. Chips, noccioline, crepe alla Nutella e burro d’arachidi, toast con mezzo contenuto del frigorifero spalmato sul pane; insomma, nulla di particolarmente salutare, eppure erano venute su decisamente troppo snelle, da far notare quanto invece da bambine fossero golose. - Oh, non preoccuparti, capitano spesso giornate così in estate, infatti credo che a breve mi proporranno qualche giorno di ferie, o forse chiuderanno direttamente per qualche giorno. - disse Sam, riferendosi alla giornata di lavoro appena giunta al termine. «Grandioso! Potremo andare in spiaggia oppure organizzare una grigliata. Qualcosa come ai vecchi tempi, piccola Sam.» rispose Fae, accendendosi la sigaretta ed aspirandone il primo tiro, lasciandolo andare di nuovo, poco dopo e nella direzione opposta a quella in cui si trovava l’amica. - Tu saresti la co-protagonista in quel caso! I ringraziamenti non basterebbero. Le avventure di Samantha senza Fae a Besaid non possono certo esistere! - sentenziò la ragazza, riferendosi alla storia del libro di cui Fae aveva parlato giusto qualche secondo prima. Ne era estremamente convinta, la ragazza arcobaleno: se solo la sua migliore amica si fosse data alla scrittura, le parole stampate su quella carta avrebbero avuto un successo per lei decisamente inaspettato; in qualche modo, la mente di Sam era per Fae una sorta di custode di parole, attimi, frasi e poesie. Fra le due, era difatti Sam che passava la maggior parte del tempo sui libri. Questo le donava un’abilità di parola e scrittura che in poche anime Fae aveva saputo riconoscere, e Sam era decisamente una di quelle. Glielo aveva ripetuto spesso, consigliandole di buttare giù qualcosa per se stessa, una volta tanto, senza stare così spesso col naso sui libri. «Solo se scrivi che sono l’amica figa della protagonista.» disse Fae, confermando appunto quella differenza fra le due; eppure, no, non era ciò che avrebbe voluto. Le piaceva scherzare su stessa, fare autoironia; la verità stava semplicemente nel fatto che, come al solito, la ragazza arcobaleno aveva poca fiducia in se stessa, sebbene facesse di tutto per mostrare il contrario. «Non voglio una parte da rammollita. Scrivi che ho un super potere, che riesco a volare e quando Sam ne ha bisogno, la prendo e le faccio vedere il mondo! Almeno fino a quando non perdo memoria e potere e quindi rimaniamo bloccate chissà dove, magari su un’isola dispersa nell’oceano e circondata da squali.» prese a sognare la giovane, blaterando cose che, in realtà, non avrebbero avuto alcun senso. E Sam parve darle finalmente corda: - Credo proprio che inizierò a scriverlo e appena avrò buttato giù qualcosa te lo manderò per un parere. - sentenziò l’amica, mascherando il proprio tono di voce cosicché Fae non avrebbe potuto intendere per davvero se stesse scherzando o meno. La guardò di sottecchi, cercando di indagare sul suo viso e sperando realmente che l’amica iniziasse a pensarci, per poi cambiare ulteriormente argomento e riferirle la reazione di Lorelai al suo non essere più così presente in città, per via dello studio. - Le manderò una lettera di scuse ufficiali. E il mio indirizzo all’università, così, in caso avesse voglia di spedirmeli. - affermò Sam, ridacchiando. Fae scosse il capo, immaginando la reazione di sua zia nel momento in cui Sam le avesse davvero fatto tale “sorpresa”. Sicuramente avrebbe accettato di buon grado la cosa e avrebbe davvero preso a spedirle cibo, lettere e regali di ogni tipo. «Lo farà sicuramente, stanne certa.» affermò l’amica dai capelli arcobaleno, annuendo con decisione ed apprestandosi a fare ancora un tiro alla sigaretta. Ormai erano quasi al Luna Park, e fortunatamente Sam aveva accettato con entusiasmo la proposta di Fae che prevedeva di far spaventare qualcuno all’interno della casa dei fantasmi. Ne avrebbero riso, ne era abbastanza sicura. Così, allungò anche lei la mano libera, chiusa a pugno, per intrecciare il proprio mignolo a quello dell’amica. Una promessa che lasciava intendere tante altre cose: che si sarebbero supportate; che sarebbero state l’una accanto all’altra qualsiasi cosa fosse successa; che, più di ogni altra cosa, non ci sarebbe mai stato il silenzio a dividerle.

    Sam, come anticipato da lei stessa solo poco prima, si avvicinò con desiderio al chiosco dello zucchero filato, ordinandone uno per se e chiedendo a Fae se avesse voglia di qualcosa anche lei. «Una piccola porzione di Poppys!» esclamò lei, riferendosi ai pop corn ed afferrando il piccolo contenitore di cartone pieno di confetti bianchi e salati non appena il tipo lo ebbe allungato in sua direzione. - Sono una cliente affezionata. - aggiunse Sam, riferendosi al fatto di aver superato la fila senza attendere troppo e sotto gli occhi vigili ed infastiditi delle altre persone, lì ferme in attesa. La guardò sorridendo divertita ed inarcando appena le sopracciglia, imitando quella che avrebbe dovuto essere un’espressione di stupore. «Ma dai, abbiamo il VIP-pass a tutti i chioschi o solo questo?» chiese, scherzando e trattenendo una mezza risatina.
    - Sai, quel pazzo furioso del Professor Bold mi ha messo un esame il 20 agosto, ti rendi conto? E’ pura follia! - prese poi a spiegarle Sam, riferendosi all’università, mentre continuavano a camminare in direzione del loro primissimo obiettivo: la casa dei fantasmi. «Suvvia, Signorina Bezuchov, la cultura non ha stagioni.» scherzò Fae, ripromettendo a se stessa che mai, per il resto della vita, avrebbe ripensato a quanto forse le sarebbe stato utile avere un titolo di laurea. Terminarono lo zucchero filato e i pop corn, liberandosi del bastoncino e il contenitore di carta, per poi addentrarsi finalmente fra quelle mura di metallo. Un passo dopo l’altro, si ritrovarono dietro ad un piccolo gruppetto di bambini, due dei quali visibilmente spaventati. Era a loro che Fae e Sam avevano puntato: la richiesta di Fae, difatti, divenne immediatamente azione messa in atto dall’amica, vicina a lei. Fu un solo attimo e Sam riuscì magnificamente nel suo intento. Mantenne in aria uno dei tre bambini, il più cicciottello e spavaldo, mostrando agli amici di lui che, dopotutto, non era poi il leader vero e proprio del gruppo. Rise di gusto, Fae, portandosi una mano alle labbra per coprirle ed attutire il suono vorace della sua risata. Solo dopo qualche secondo, Sam decise di fermare la magia e lasciarlo libero di rimettere i piedi a terra, pronto per correre via alla ricerca dei genitori, fra le risate colme comunque di paura degli altri due. Al che, afferrò la mano di Fae e la trascinò oltre una porta lì vicino, aspettando che si richiudesse alle loro spalle per iniziare a dar sfogo alle risate. - Cielo, hai visto che faccia ha fatto? Era T E R R O R I Z Z A T O!- esclamò Sam, entusiasta. - Credo che non lo dimenticherà mai, e neanche io, è stato divertentissimo! - rise ancora, insieme a Fae, che ormai aveva poggiato la mano su una delle scure pareti che le circondava, solo per cercare di restare in piedi, dato che le risate l’avevano fatta piegare in due. «Sei stata strabiliante! Resterà uno degli scherzi più belli della storia! Questo lo metti nel libro, se lo scrivi. Ti avverto!» minacciò scherzosamente l’amica, continuando a ridere come se avesse quell’immagine ancora davanti agli occhi. Nel mentre, Sam tentò invano di riaprire la porta dal quale avevano fatto ingresso in quella specie di stanza vuota, dalle pareti scure e poco illuminata. - Ehi, ma che? - esclamò appena Sam, notando che la porta non aveva alcuna intenzione di riaprirsi. Fae spalancò gli occhi, d’un tratto lontana dal divertimento di qualche istante prima. «Ti prego, non scherzare. Sono claustrofobica certe volte. Questa potrebbe diventare una di quelle, Sam.» affermò, il panico che iniziava a farsi sentire. Si girò l’amica, arrendendosi e provando ad optare per una soluzione differente. - Dovremo trovare un’altra uscita, sembra non aprire da questa parte. - propose, allontanandosi da essa e provando a guardarsi intorno per trovare una nuova via d’uscita. - Ok, allora, calma e sangue freddo, ci deve essere per forza un’altra uscita da qualche parte, altrimenti troveremo un modo per sfondare la porta. - era entrata in azione, Sam, con la sua testa ben pensante e la logica che Fae adorava vederle negli occhi. «Io direi sfondiamola e basta, non voglio di certo mettermi a correre qui dentro e… non mi piace l’idea di restare qui, semplicemente.» sussurrò Fae, guardandosi intorno con fare incerto. I ricordi di quel giorno di mesi prima comparvero nella sua mente come se non fosse poi trascorso così tanto tempo. Cosa stava per accadere? Si sarebbe ripetuto tutto ancora una volta? Non voleva che Sam stesse male, che vedesse ciò che lei e tutti gli altri avevano visto, ciò che tutti loro avevano dovuto subire per mano di un pazzo squilibrato. Solo qualche istante dopo aver compiuto dei passi in una direzione sconosciuta, un grido irruppe nel silenzio, lasciando che le due si immobilizzassero e gelando il loro sangue nelle vene. - Ehi, hai sentito anche tu? - le domandò Sam rivolgendosi all’amica, la quale iniziò stranamente a tremare di paura. Odiava reagire in quel modo ad alcuni avvenimenti, ma l’idea che ogni cosa potesse ripetersi le tagliava il respiro. Rivide il dolore negli occhi di Adam, negli occhi di Larsen, Ivar e tutti gli altri. Rivide lo sguardo glaciale dell’uomo che aveva osato giocare con loro; «L’ho sentito, ma speravo fosse solo nella mia testa.» affermò, sospirando e cercando di fare dell’ironia per tranquillizzare entrambe. Qualche secondo dopo, eccone un altro, appena più forte. - E che cavolo! Non posso essermelo immaginata, maledizione! - esclamò ancora Sam, fermandosi nuovamente, cercando di cogliere qualche altro suono. - C’è qualcuno? Chiunque tu sia fatti vedere, ORA! - urlò ancora, l’amica. La seguì, Fae, avanzando di qualche passo e giungendo quindi ad una svolta del corridoio. Con il cuore in gola, osservò Sam prima di compiere l’ultimo passo e voltare l’angolo. Dinanzi alle due si presentò l’immagine flottante di una donna dai lunghi capelli argentati. Un lungo abito bianco le cingeva il corpo, estremamente magro. Le guardava con aria spaventata, mentre si avvicinava lentamente a loro due. FAe restò immobile, completamente. Incapace anche solo di sbattere le proprie palpebre, strinse la mano di Sam, impaurita. «Ma che diavolo sta succedendo?» disse, scandendo le parole una ad una e lasciando che il proprio sguardo non perdesse di vista neanche per un momento quell’affare fluttuante. Fu solo in quel momento che la donna vestita di bianco spalancò le labbra, urlando ancora un’altra volta nella loro direzione, posando lo sguardo prima su Sam e poi su Fae. Fecero due passi indietro, andando a far aderire la schiena contro la parete fredda di quella specie di corridoio, quando, terminato il terzo urlo di quel fantasma, una porta dietro di lei si spalancò: dal buio, una figura in jeans e t-shir sbucò all’interno della camera, ridendo divertito. Forte, eh? chiese il tipo di scura carnagione, ridendo ancora nel vedere le loro facce prive di colore. Allungò una mano in direzione del fantasma, sfiorandolo appena e lasciando che si trasformasse in fumo bianco, prima di scomparire del tutto. Colpa mia. Sembrava reale, vero? E tutto solo grazie a Besaid e ai suoi segreti. esclamò, sorridendo ancora ma appena più gentilmente di prima. «Wow, forte. Facciamo a cambio?» scherzò Fae, d’un tratto nuovamente capace di respirare e controllare le proprie gambe. Scherzi? Io ci faccio i soldi con questa particolarità! rispose il tipo, ridendo di gusto ancora una volta. E comunque non dovreste imbucarvi nella sezione addetta allo staff, ragazze. le ammonì, riaprendo la porta con l’ausilio del braccio e lasciandola spalancata per invitarle ad uscire. Da questa parte. disse, indicando alle due la via d’uscita. Scosse il capo, Fae, ridendo di se stessa e staccandosi dalla parete per avvicinarsi alla porta tenuta aperta da lui. «Se cerchi ancora del personale, facci sapere. Abbiamo Delle particolarità interessanti anche noi e potrebbero esserti utili.» scherzò la ragazza arcobaleno, fermandosi brevemente davanti al tipo dello staff ed ammiccando in sua direzione, prima di riprendere a camminare e ritrovarsi all’interno del percorso, dove poco prima avevano fatto spaventare quei tre bambini, ormai sicuramente fra le braccia dei rispettivi genitori.
     
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    Sam e Fae erano piuttosto simili per certi aspetti, sebbene per molti altri fossero assolutamente sulle rive opposte dello stesso fiume. Avevano entrambe un rapporto molto particolare con le loro famiglie, sebbene il passato delle due non potesse essere più diverse. La famiglia di Fae, da qualche anno, era una famiglia un po’ fuori dalla norma, composta soltanto da sua zia, da sua sorella e dalla nipote. Non c’era più neanche un uomo in casa Olsen da quando Vels era stato vittima di un incidente stradale. Quello era uno degli argomenti di cui non si parlava mai, perché Sam non sapeva cosa dirle a riguardo. Amava suo padre, nonostante le loro differenze e i litigi e non sapeva proprio come avrebbe fatto senza di lui. In quel periodo lei era troppo piccola per stare vicina alla sua amica. A due anni non si è in grado di capire certe cose. La famiglia di Fae, in quel periodo, le sembrava strana, ma sua madre le aveva spiegato con il tempo che certe cose era meglio non dirle se non voleva rattristare l’amica. E lei non lo aveva fatto, preferendo lasciare che quel tabù rimanesse tale. La famiglia di Sam, invece, era sempre stata molto unita. Era stata fortunata a crescere in una famiglia come quella, in mezzo all’affetto e al calore dei suoi genitori, ma con il tempo tutto quel calore e quelle attenzioni era diventati un po’ troppo opprimenti, tanto che, ormai, quando tornava a casa, si sentiva quasi soffocare. Anche questa cosa l’aveva tenuta per sé. Si sentiva in colpa a lamentarsi dei suoi genitori davanti a Fae, lei che, da qualche anno ormai, non ne aveva più neanche uno vicino. Sapeva che avrebbe dovuto ringraziare per quello che aveva avuto, ma certe volte desiderava che le lasciassero un po’ di libertà in più e non si impicciassero tanto. Basil e Anna avevano sempre adorato Fae e avevano cercato di starle accanto, quando avevano potuto, tanto che lei era sempre felice di andare a fare loro visita. Anche per questo Sam non aveva voluto esprimerle i suoi fastidi, per evitare che l’amica si sentisse in dovere di prendere le sue parti e quindi allontanarsi a sua volta da loro. Sapeva che non lo meritavano, così come non meritavano i suoi silenzi e il suo distacco. Erano delle bravissime persone, ma lei sentiva comunque quel forte bisogno di indipendenza, un po’ come capitava tra Fae e sua zia Lorelai. Gli scambi di battute tra loro erano sempre piuttosto divertenti e si ritrovò a ridacchiare appena, sapendo che Lorelai non l’avrebbe presa molto bene, quando Fae le suggerì di chiamare la polizia in caso non fossero rientrate prima del tramonto. Il suo nome, pronunciato con rimprovero e disappunto, risuonò per diversi metri prima di spegnersi del tutto. Quella probabilmente la zia Rory non l’avrebbe mai dimenticata e se la sarebbe segnata. Probabilmente avrebbe davvero chiamato la polizia per assicurarsi che stessero bene se avessero fatto troppo tardi!
    Adorava la spensieratezza che Fae era sempre stata in grado di infonderle, sin da piccole, quando tutto insieme a lei sembra giusto, anche le più grandi sciocchezze. La conosceva da così tanto tempo che non le sembrava neanche di possedere dei ricordi senza di lei. E da che lei ricordasse si erano sempre intese in quanto a cibo. Se voleva provare un nuovo ristorante, se voleva cucinare una nuova e strana pietanza, se voleva soltanto uscire e riempirsi di schifezze sino a scoppiare, sapeva di poter sempre contare su Fae. Sembravano assurdo che avessero entrambe un fisico così esile considerando tutto quello che avevano mangiato nel corso degli anni. Ma il segreto era non pentirsi mai di ciò che si mangiava, solo così si poteva essere sicuri di non ingrassare! O almeno questa era sempre stata la loro filosofia. -Oh si! Magari qualcosa tutti insieme! E’ da parecchio che non partecipo ad una festa! Organizziamo davvero qualcosa sulla spiaggia! - mormorò, annuendo energicamente, quando l’amica le propose la grigliata. Sarebbe stata davvero un’idea grandiosa e se avesse ottenuto i suoi tanti agognati giorni di ferie avrebbe sicuramente cercato di realizzare quell’idea. In fondo non serviva poi molto per trascorrere una bella serata: bastavano la spiaggia, un gruppetto di buoni amici, un fuoco e qualcosa da mangiare e da bere. Era strano sentirsi chiamare piccola Sam da lei, ma non le aveva mai dato alcun fastidio. Sapeva di essere la più piccoletta tra le sue amiche, se fosse capitato loro qualcosa avrebbe comunque lottato con tutte le sue forze, con le unghie e con i denti, pur di dare loro una mano. Avrebbe scatenato una tempesta pur di tirarle fuori dai guai. -Ma tu sei l’amica figa della protagonista! Su questo non ci sono dubbi! - mormorò divertita, quando Fae tirò in ballo quel piccolo dettaglio. -Però credo sarebbe meglio cambiare i nostri nomi, tirare fuori degli alias così che nessuno possa riconoscerci e venire a cercarci, sai, il successo può essere una gran scocciatura. - continuò, con aria pensosa, da donna di mondo, come se sapesse esattamente di cosa stava parlando. In realtà non era mai stata una persona famosa, neanche tra i suoi coetanei, quindi non aveva idea di cosa volesse dire, ma aveva letto tante storie a riguardo e, visto il suo carattere, non avrebbe accettato di buon grado irruzioni da parte di strani conosciuti che volevano sapere la verità su “Le avventure di Sam e Fae a Besaid”, sarebbe stato sicuramente un delirio. No, sarebbe stato molto meglio fingere che fosse soltanto una storia e che non ci fosse nulla di reale in essa. Per quanto le loro vite non fossero perfette a lei piaceva tutto quanto com’era e non voleva strane intrusioni.
    -Vorresti poter volare? - chiese, incuriosita, sentendola parlare in quel modo. Non le aveva mai chiesto in effetti quale particolarità avrebbe desiderato avere se avesse potuto scegliersela da sola. -E’ bello stare in aria, ma non credo sarebbe quello che sceglierei se potessi decidere. - continuò poco dopo. Certo l’idea di Fae che la portava via quando ne aveva bisogno per farle vedere il mondo era un’idea incredibile, un po’ meno il restare disperse in un’isola sperduta in mezzo agli squali, ma volare in fondo ti permetteva soltanto di fuggire dai problemi, come stava cercando di fare lei, senza affrontarli. -Non c’è una particolarità che potrebbe piacerti di più? - chiese quindi, in maniera più aperta. In fondo se potevano avere degli alias potevano avere anche la particolarità dei loro sogni. -Io certe volte vorrei imparare tutti i concetti del mondo soltanto con uno sguardo, per dare gli esami molto più in fretta… altre invece mi piacerebbe potermi teletrasportare, per poter andare dove voglio quando voglio. - iniziò, sollevando lo sguardo al cielo per qualche momento, mentre rifletteva su ciò che avrebbe potuto desiderare. Erano semplici sciocchezze, niente in confronto a cose come super forza, super velocità, che potevano davvero trasformarti in un super eroe, ma lei non aveva mai voluto essere un’eroina.
    Forse però l’idea del libro non era davvero così male come credeva. Forse avrebbe potuto aiutarla a mettere su carta alcuni dei suoi pensieri, dei suoi dubbi, delle sue incertezze, cercando di valutarli da un punto di vista più esterno, da quello dello scrittore che, guardando i suoi personaggi, cerca di trovare un modo per rimettere tutti i pezzi al loro posto. Forse era soltanto di questo che avevano bisogno entrambe: di qualcosa che le distraesse dai loro pensieri e dai loro problemi, qualcosa su cui avrebbero potuto scherzare allegramente senza alcuna paura.

    Una volta giunte al Luna Park Sam non perse l’occasione per procurarsi un po’ di cibo per trascorrere il tempo, prima di arrivare alla cena. Se fosse stato per lei avrebbe trascorso l’intera giornata a sgranocchiare qualcosa, qualunque cosa, ma di norma riusciva a mantenere almeno un minimo di contegno. -probabilmente in tutti, anche se questo è senza dubbio il mio preferito per questo genere di cose! - rispose prontamente, di fronte alla domanda dell’amica, senza riuscire a cogliere lo scherzo che c’era dietro le sue parole. I chioschetti del Luna Park per lei erano un argomento serissimo e li conosceva davvero tutti. Ogni volta che ne sbucava uno nuovo era sempre lì a mettersi in fila per sperimentare i nuovi prodotti. -Oh e poi c’è anche il chiosco degli hot dog di Buddy, anche quello è favoloso! Devo portartici prima o poi. - continuò, mentre sbocconcellava il suo zucchero filato, esattamente come avrebbe fatto una bambina di sei anni. Lo spirito, dopotutto, era rimasto sempre quello.
    Si diressero subito verso l’attrazione che lei aveva suggerito e Sam non perse troppo tempo prima di far spaventare uno dei bambini che erano entrati con loro, proprio come aveva promesso a Fae poco prima. Le loro risate divertite riecheggiarono per tutta la stanza dove erano andate a ripararsi. Se le avessero viste ridere così di gusto i bambini avrebbero capito subito che era stata tutta colpa loro e non voleva spezzare la magia così presto. Sarebbe stato senza dubbio molto più divertente se i bambini avessero continuato a guardarsi attorno con una certa paura, temendo che chiunque di loro potesse levarsi in aria da un momento all’altro. Anche la ragazza arcobaleno sembrava aver apprezzato la sua performance tanto che fu costretta ad appoggiarsi ad una delle pareti per reggersi in piedi, mentre continuava a ridere. -Tu dici? Così non diventerebbero le perfide avventure di Sam e Fae? - chiese, continuando a ridacchiare. Il titolo di quello strambo libro la divertiva parecchio e continuare a rimuginarci su, modificandolo con quei nuovi piccoli dettagli lo rendeva soltanto più divertente. La gioia comunque si spense molto velocemente quando si rese conto di non riuscire a riaprire la porta che aveva chiuso alle loro spalle, iniziando a farlo presente a Fae, cercando però di non spaventarla troppo. Sapeva della sua ultima brutta esperienza con il Luna Park e anche del fatto che, certe volte, i luoghi chiusi troppo piccoli potevano darle qualche problema, ma non sarebbero rimaste chiuse lì dentro, questo poteva assicurarglielo. -Non passeremo la serata chiuse qui dentro, te lo assicuro. Ok? - le disse quindi a quel punto, prendendo per un momento le mani di Fae nelle sue, cercando di trasmetterle un po’ di sicurezza. Era un po’ spaventata anche lei all’idea di trovarsi chiusa dentro un bizzarro stanzino, ma era ben più arrabbiata all’idea di aver rischiato di rovinare la serata, quindi di certo non si sarebbe arresa a quella piccola difficoltà. L’amica aveva subito approvato la sua idea di sfondare la porta, ma lei era convinta che non sarebbe stato così semplice, visto il modo in cui era bloccata dall’esterno, quindi doveva sicuramente esserci un’altra uscita. -Sono sicura che ci sia un’altra porta, siamo soltanto finite in un posto sbagliato, dobbiamo trovarla e uscire. Semplice e lineare, stai tranquilla. - iniziò quindi, con fermezza e serietà. Se Fae stava per andare nel pallone era evidente che lei invece doveva restare assolutamente calma, oppure avrebbero iniziato a gridare entrambe come due forsennate nella speranza che qualcuno le trovasse e le salvasse. Ma se quelle dovevano essere le loro mirabolanti avventure non potevano certo accontentarsi del ruolo di donzelle in difficoltà!
    Il grido che spezzò il silenzio poco dopo, ovviamente, non fece che peggiorare le cose. Vide Fae iniziare a tremare, sempre più spaventata e allora allungò di nuovo una mano nella sua direzione, afferrando quella di lei. Sarebbero rimaste insieme e avrebbero trovato una soluzione, ne era certa. -Oh no, no. Assolutamente no! Se lo abbiamo sentito entrambe allora non siamo pazze, punto primo, e punto secondo possiamo cercare di capire insieme da dove proviene e porre fine a tutto questo pasticcio! - affermò, più seria che mai. Per un attimo aveva temuto che tutto quello stress le avesse fatto andare in pappa il cervello, completamente. Poi, un altro grido più forte. A quel punto la sua pazienza iniziò a vacillare, lasciando il posto ad un temperamento decisamente più irascibile. Se quello era uno scherzo in quel momento non era affatto divertente. Certo, probabilmente se lo erano meritate per quello che avevano appena fatto a quei bambini, ma questo non cambiava comunque le cose. Vedere Fae così preoccupata la faceva andare i n bestia e non si sarebbe calmata fino a che la soluzione non sarebbe stata finalmente lampante davanti ai suoi occhi. Avanzò quindi di gran carriera, alla ricerca della fonte di quei rumori, ma non riuscì a trattenere un grido quando, davanti a loro, si materializzò l’immagine di un fantasma dai capelli argentei. Si fermò di scatto, abbastanza colpita da quella visione, che non si era certamente aspettata. Anche Fae si bloccò al suo fianco, continuando a fissare quello strana affare, che avanzava con aria spaventata nella loro direzione, come se stesse fuggendo da qualcosa. -Senti! Non abbiamo alcuna intenzione di disturbarti, vogliamo soltanto uscire da qui. - disse, di punto in bianco, cercando di ragionare con il fantasma, che per tutta risposta spalancò le labbra in un grido ancora più agghiacciante dei precedenti. -Santo cielo… - mormorò quindi, tappandosi una delle orecchie con la mano libera. Iniziarono ad arretrare, cercando di mettere almeno un minimo di distanza tra loro e quello strano coso. Era sul punto di mettersi a sbraitare di nuovo, oppure cercare qualcosa con cui tapparle la bocca, quando, da una delle porticine alle loro spalle, uscì un ragazzo sin troppo divertito. Ovviamente quel pessimo scherzo doveva essere stato tutto una sua idea, come non tardò infatti a rivelare. -Si, si, un vero spasso… vedi di abbassargli il volume però, o qualcuno finirà per denunciarti per avergli spaccato i timpani. - ribattè lei, ancora abbastanza irritata. Fae sembrava essersi ripresa e cercare di scherzare con il ragazzo, lei invece continuava a guardarlo con una faccia ostile. Si rese conto solo dopo di essere stata un po’ troppo dura e cercò quindi di ammorbidire lo sguardo. -Bello comunque, in un altro momento probabilmente sarebbe stato molto più divertente. -disse, cercando di abbozzare una risata che però non suonò troppo convinta.
    Annuì distrattamente, facendogli un cenno con la mano, quando rese noto ciò che anche lei era arrivata a pensare giusto qualche minuto prima: si erano imbucate dentro una stanza riservata allo staff ed era per quello che non riuscivano più ad uscire. -Sai, dovreste rendere gli ingressi un po’ meno accessibili e le uscite più semplici, almeno così la gente non entrerebbe per caso. - gli fece notare, ora decisamente più tranquilla e socievole. -Non volevamo comunque, non capiterà più. - continuò, mentre lui faceva loro strada verso l’uscita. Lo salutò con un veloce gesto del capo, felice che le cose si fossero risolte molto più in fretta del previsto. Si guardò attorno, alla ricerca dei ragazzini di prima, senza però riuscire a percepire più neanche le loro voci. -Forse ce lo siamo un po’ meriate, per lo scherzo di prima. - disse, stringendosi appena nelle spalle, quando si ritrovarono di nuovo sole, questa volta sul giusto percorso. -Come stai? E’ tutto apposto? - chiese, cercando lo sguardo dell’amica con il suo, per accertarsi che fosse davvero tutto ok. -Ce la siamo davvero bevuta! - continuò ancora, scoppiando a ridere di nuovo di gusto. Ora che tutto si era sistemato poteva davvero ridere di quanto fossero state delle credulone anche loro, proprio come quei bambini poco prima. -Vieni, troviamo l’uscita. - terminò, indicandole la strada con un cenno del capo. Le altre attrazioni che incontrarono nel loro percorso, compreso il fantasma di prima, non erano più così spaventose dopo quell’esperienza e riuscirono a ridere più o meno di ogni cosa. Certo, si ritrovò a saltare sul posto per la sorpresa, ma non era più terrorizzata e arrabbiata come prima. Una volta fuori si prese qualche momento per prendere una grossa boccata d’aria, chiudendo gli occhi per un momento. -Scusami per essermela presa così tanto prima. - mormorò, quando si sentì pronta, riportando lo sguardo su quello della ragazza arcobaleno, al suo fianco. -E scusami anche per essere stata un po’ strana e distante in questo periodo. - continuò, decidendosi finalmente a sputare il rospo con lei e raccontarle che cosa le stava passando per la testa in quei giorni. -Io e Fred ci siamo lasciati. - le disse, di punto in bianco, senza alcun preavviso, abbassando lo sguardo a terra per qualche momento. Non le andava di parlarne, non le piaceva affrontare quel discorso, ma sapeva di doverglielo, in qualche modo, di doverle una spiegazione. -O per meglio dire lui se ne è semplicemente andato via con un’altra. Studia in un’altra università ora, insieme a lei. Non so chi sia e non voglio assolutamente saperlo. - continuò, mettendo in chiaro quel piccolo dettaglio. Una parte di lei in realtà era curiosa di vedere che faccia avesse, un’altra invece voleva soltanto dimenticare tutta quella storia. -Non mi andava tanto di parlarne, ero troppo arrabbiata e delusa… è per questo che sono andata a stare da Jack, non volevo che la mamma mi riempisse di domande a riguardo e continuasse a chiedermi come stava lui e tutto il resto. - sospirò, nel continuare quel discorso, abbozzando un mezzo sorriso nella loro direzione. -Non lo sanno, non ancora. - rivelò, rendendo evidente quale fosse il problema. Non riusciva a parlarne quasi con nessuno, lo aveva detto a Mal soltanto perché era stata lei per prima a farle notare che c’era qualcosa che non quadrava in lui e perché lo aveva conosciuto, sin troppo bene, con tutte le volte che era passata a trovarla a Bergen. -Scusami se non te ne ho parlato prima. Una parte di me sperava che, non parlandone, tutto sarebbe semplicemente scomparso. Lui sarebbe tornato, o io avrei smesso di starci male, ma non è andata esattamente così… - ammise, con un sorriso ben più triste e malinconico, sforzandosi tuttavia di non mettersi a piangere. Non voleva farlo, sapeva che lui non lo meritava. -Lui non tornerà, ma io starò meglio, prima o poi… - terminò, stavolta con un sorriso più limpido, aspettando una qualunque reazione da parte dell’amica.
     
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    Sam era stata, per Fae, una sorta di appiglio al quale attingere, da sempre. La ragazzina vicina di casa dai capelli chiari e gli occhi argento aveva avuto sempre un certo riguardo per lei, e Fae non aveva potuto far altro che ricambiare. Sin da bambine, quando il mondo sembrava un posto piccolo e loro credevano di poterselo intascare come e quando avrebbero desiderato, la mano di Fae era sempre stata protesa in direzione dell’amica, alla ricerca di quella di lei appena più piccina. Non aveva avuto molte amiche, durante la sua infanzia, risultato di quanto la perdita dei genitori avesse influito sulla sua vita, in quel periodo. Tutto era cambiato crescendo, permettendo a Fae di scoprire nuovi lati di sé e del mondo, desiderosa di lasciarsi alle spalle l’impronta della morte di suo padre, ancora impressa nei suoi occhi. Forse, proprio quella mancanza le aveva fatto apprezzare, più di una volta, la famiglia dell’amica. I genitori di Sam avevano sempre avuto un occhio di riguardo per lei, e Fae non aveva potuto far altro che ricambiare quell’affetto, sentendosi, a volte, parte di loro. Le era piaciuto e aveva immaginato a quanto avrebbe potuto essere simile il rapporto che lei stessa avrebbe avuto con la propria famiglia, se quella ancora fosse stata intatta. Ovviamente però, aveva saputo che così come ogni cosa ha il suo lato perfetto e lucente, si possiede anche un secondo lato della medaglia, soprattutto per chi vive le cose appieno, in prima persona. Per questo, non aveva mai rimproverato Sam per i litigi a cui spesso anche lei aveva assistito o di cui l’amica stessa le aveva spiegato. Capiva, Fae, che la rabbia è uno dei sentimenti più forti che l’animo umano è capace di provare, e per questo non aveva mai fatto alcuna colpa a Sam per qualche parolina cattiva nei confronti dei suoi stessi genitori. Ne aveva compreso le ragioni e, da buona amica, le aveva consigliato il possibile nei limiti della sua scarsa esperienza in ambito della famiglia. C’era una piccola e sottile differenza fra le due e per fortuna questo non aveva comunque mai compromesso la loro amicizia. Sam era stata una delle ragioni che spingeva Fae a restare, allontanando spesso il pensiero del voler fuggire via, affrontare il pericolo che si celava oltre i confini della città, laddove avrebbe dimenticato ogni cosa, compreso lo sguardo attento e affettuoso dell’amica. Non avrebbe mai potuto rinunciare a quello e, sebbene lei si allontanasse per via degli studi ogni settimana, Fae rimaneva lì, fra quelle strade e in quella casa, pronta ad accoglierla ad ogni suo ritorno. -Oh si! Magari qualcosa tutti insieme! E’ da parecchio che non partecipo ad una festa! Organizziamo davvero qualcosa sulla spiaggia!- esclamò Sam, entusiasta dell’idea esposta dalla ragazza arcobaleno appena prima. Annuì Fae, sorridendole divertita. Le piaceva vederla di buon umore, si trasmetteva anche su di lei come per riflesso. Aveva un sorriso contagioso, così naturale ed efficace che, Fae, non avrebbe mai voluto veder spento. «Certo, organizziamo una cosa carina. Dimmi solo quando e me ne occupo io.» disse semplicemente Fae, strofinando i polpastrelli del dito medio e pollice e lasciando che schioccassero, come se volesse intenderle che, dopo tutto, grazie al suo lavoro non ci avrebbe impiegato molto a metter su qualcosa per farla divertire. Continuarono a scherzare, facendo riferimenti al possibile libero che Sam avrebbe scritto, riguardo le folli avventure delle due. -Ma tu sei l’amica figa della protagonista! Su questo non ci sono dubbi! Però credo sarebbe meglio cambiare i nostri nomi, tirare fuori degli alias così che nessuno possa riconoscerci e venire a cercarci, sai, il successo può essere una gran scocciatura.- esplicò Sam, come se davvero conoscesse il prezzo della fama. Rise di gusto, Fae, nell’udire quelle parole e la mezza serietà con cui vennero pronunciate dalla testolina bionda accanto alla sua multicolor. «Sono pronta a tutto, pur di far parte di queste avventure di cui scriverai!» disse lei, di rimando, sollevando un braccio e mostrando amabilmente i pochi muscoli che aveva, quasi volesse farle notare di esser forte abbastanza anche per la fama. Ma no, non lo sarebbe stata per davvero.
    -Vorresti poter volare? E’ bello stare in aria, ma non credo sarebbe quello che sceglierei se potessi decidere.- le domandò Sam, riferendosi alle particolarità che Besaid donava ai propri cittadini. Riflette per qualche secondo, Fae, domandandosi cosa avrebbe scelto se solo avesse potuto. forse, dopo tutto, avrebbe preferito la totale normalità: nessun potere, nessuna stranezza. Solo una vita come un’altra, colma in ogni caso di emozioni e sensazioni, impronte sulla pelle. Forse avrebbe rinunciato a tutto, pur di vivere una vita normale. -Non c’è una particolarità che potrebbe piacerti di più?- le domandò ancora Sam, curiosa. Si portò nuovamente la sigaretta alle labbra, Fae, aspirando ancora e lasciando che il fumo fuoriuscisse nuovamente dalle sue labbra grandi e sottili. «Hm. Bella domanda. Penso che mi piacerebbe viaggiare nel tempo, rivivere alcuni momenti.» disse, guardando dinanzi a sé senza vedere qualcosa per davvero. La mente viaggiava pari passo con la sua immaginazione, in una Besaid all’interno della quale avrebbe potuto farsi male come tutti gli altri e, in cambio, avrebbe avuto la possibilità di rivivere attimi ormai lontani, impossibili da recuperare, se non dai cassetti della memoria. Avrebbe potuto rivedere suo padre, sua madre, la piccola Sam andarle incontro con due bambole fra le mani, una per lei. Avrebbe potuto rivedere ogni cosa, cogliere più particolari, ormai sfuggiti alla sua vista tanto tempo prima. -Io certe volte vorrei imparare tutti i concetti del mondo soltanto con uno sguardo, per dare gli esami molto più in fretta… altre invece mi piacerebbe potermi teletrasportare, per poter andare dove voglio quando voglio.- confessò invece Sam, esponendo il proprio desiderio all’amica. Si voltò a guardarla, Fae, ridacchiando divertita. «Smettila di pensare allo studio, sarà la tua rovina! Non puoi dirmi davvero che preferiresti imparare le cose in fretta invece di… teletrasportarti! Ma sai che figata?!» esclamò Fae, rifilando un’energica gomitata all’amica e quindi spintonandola appena. Continuò a scuotere lievemente il capo, rendendosi conto che -per fortuna- gli anni passavano anche per loro, ma Sam restava la sua Sam. Caparbia, intelligente, frizzante e metodica. Era ciò che a Fae serviva avere al proprio fianco.

    Avevano scherzato e chiacchierato con gusto, prima di infilarsi nella casa dei fantasmi. Riconosceva in Sam un certo orientamento all’interno del Luna Park che lei stessa non aveva, specialmente perché negli ultimi mesi aveva sempre cercato di non mettere piede la dentro. I ricordi di quel giorno trascorso fra le pareti a specchio della Spiegelhaus erano ancora impressi nella sua mente, sebbene cercasse con tutta se stessa di relegarli nella parte più scura e inaccessibile della propria mente, regalandosi un nuovo inizio, qualcosa di diverso dalla paura che l’aveva afflitta fino a qualche tempo prima. Eppure, in compagnia di Sam, lì dentro sembrava essere tutto decisamente più leggero, più sopportabile. Lei riusciva a rendere le cose semplicemente più vivibili del normale, ed era per questo che adorava il modo in cui Sam prendeva di petto le situazioni, affrontandole a testa alta. Le dava coraggio. -Tu dici? Così non diventerebbero le perfide avventure di Sam e Fae?- chiese ironica l’amica, riferendosi alle parole che Fae aveva pronunciato appena prima. Ancora quel libro, ancora le avventure di Sam e Fae. Immaginò per un momento a come sarebbe stato se davvero qualcuno avesse scritto di loro, cosa avrebbe pensato leggendosi in quelle righe assieme alla sua migliora amica; forse avrebbe scoperto cose che, vivendo nel proprio corpo, neanche aveva potuto notare. «Perfide, amorevoli… non ha importanza, se sono di Sam e Fae!» esclamò, ridendo ancora per lo scherzo appena fatto al povero ragazzino preso di mira dalle due. Era levitato per qualche secondo per aria, grazie alla particolarità controllata dall’amica, la quale di buon grado aveva accettato di sostenere l’idea della ragazza dai capelli arcobaleno. Un divertimento piccolo, che sembrò arrivare a spegnersi un po’ prima del previsto nel momento in cui Sam non riuscì ad aprire la porta che le avrebbe riportate sul percorso giusto nella casa degli specchi. Il viso di Fae perse per un momento quella naturale allegria che sembrava conservare spesso, spaventata dall’idea di poter restare chiusa la dentro. -Non passeremo la serata chiuse qui dentro, te lo assicuro. Ok? Sono sicura che ci sia un’altra porta, siamo soltanto finite in un posto sbagliato, dobbiamo trovarla e uscire. Semplice e lineare, stai tranquilla.- cercò di tranquillizzarla Sam, la quale aveva intercettato la preoccupazione nello sguardo dell’amica. Sapeva cosa era accaduto lì dentro qualche mese prima, Fae glielo aveva spiegato, evitando di entrare nei particolari ed omettendo alcune parti, non essendo stata capace di ritornarci completamente sul discorso. però, aveva voluto metterla al corrente dalla pazzia che si era vista scivolare davanti agli occhi, così come ne aveva sentito il bisogno di raccontare tutto a Jude, mettendolo al corrente non solo per via della sua posizione nella polizia locale, ma anche a livello affettivo. «Ci provo, credimi. Mi fido di te.» le disse, voltandosi e guardandosi intorno, alla costante ricerca di un segnale, di una porta secondaria o qualsiasi cosa potesse ricondurle all’esterno di quell’edificio. Eppure, l’urlo che udirono successivamente fu qualcosa di così agghiacciante da riportarla nell’aria oscura della sua mente dove aveva conservato tutto. Ogni immagine, ogni parola, ogni paura e ogni sensazione. Un lieve senso di nausea fece capolino, strizzandole le pareti dello stomaco e mozzandole appena il respiro, per qualche istante. Guardò Sam, riconoscendo in lei una sicurezza che Fae stessa aveva perso qualche tempo prima e che ringraziò di vedere, fortunatamente, negli occhi dell’amica. -Oh no, no. Assolutamente no! Se lo abbiamo sentito entrambe allora non siamo pazze, punto primo, e punto secondo possiamo cercare di capire insieme da dove proviene e porre fine a tutto questo pasticcio!- le disse Sam, metodica, logica, come al solito. Scosse il capo Fae, compiendo qualche passo e cercando di capire che diavolo stesse accadendo. «Giuro che se è uno scherzo sono pronta a commettere un omicidio, come si deve.» sbraitò la ragazza dai capelli arcobaleno, appena più adirata del normale, pronta a sclerare malissimo se avesse ritrovato di fronte ai propri occhi una situazione simile a quella di mesi prima. Voltarono l’unico angolo presente in quella specie di corridoio, ritrovandosi di fronte all’immagine di una donna spaventata, dall’aspetto per niente vitale, pronta ad avanzare nella loro direzione. -Senti! Non abbiamo alcuna intenzione di disturbarti, vogliamo soltanto uscire da qui. provò a gestire la situazione Sam, che di tutta risposta ricevette un altro stritolante urlo da parte della figura. Arretrarono, ponendo una certa distanza fra di loro e l’immagine che prendeva vita davanti agli sguardi incerti e preoccupati delle due amiche, almeno fino a quando una porta alle spalle di quella figura si aprì, lasciando che un tipo dello staff facesse il proprio ingresso beato, ridendo come se avesse assistito allo scherzo più esilarante del mondo. -Si, si, un vero spasso… vedi di abbassargli il volume però, o qualcuno finirà per denunciarti per avergli spaccato i timpani. Bello comunque, in un altro momento probabilmente sarebbe stato molto più divertente. furono le parole pungenti di Sam che, a differenza di Fae, sembrò trovarci poco di davvero divertente in tutta quella storia. Per la ragazza con i capelli arcobaleno però, il solo fatto di aver compreso che il tutto fosse innocuo, così come il sorriso divertito del ragazzo di fronte a loro, era stato come togliersi un peso dalle spalle e dallo stomaco. Aveva ripreso a respirare regolarmente, trovando in quella scenetta addirittura qualcosa per cui sorridere di gusto. «Concordo riguardo al volume, ragazzo. Devi lavorarci un po’ su.» annuì Fae, riferendosi alle parole di Sam e al suo rimprovero nei riguardi del tipo. Lo seguirono quindi al di fuori di quella parte riservata allo staff della casa dei fantasmi e si ritrovarono sul percorso principale, lasciato poco prima. Udì le parole di Sam indirizzate al tipo, rimproverandolo e criticando ciò che era messo a disposizione dello staff e di chi andava lì per divertirsi. Sorrise, osservando con interesse il viso di Sam e pensando a quanto era magnifica la sua abile dimestichezza nel riconoscere i punti deboli delle cose, anche delle persone. «Suvvia, andiamo Sam. Avremo tempo per fare delle recensioni online, se vuoi. Ma più tardi, dopo aver mangiato un bel gelato!» la riprese Fae, tirandola via dal tipo dello staff che ancora la guardava con aria colpevole, come se la ragazza avesse centrato esattamente il problema, forse presentatosi già fin troppo spesso. -Forse ce lo siamo un po’ meriate, per lo scherzo di prima. sentenziò Sam, e Fae scoppiò a ridere di gusto, cingendosi il busto con le braccia e chinandosi appena in avanti, per via del ridere. «E’ decisamente colpa del karma.» disse lei, risollevandosi ed infilando un braccio fra quello di Sam e il suo busto magro, tirandola quindi a sé e terminando di percorrere quel corridoio ancora buio fino all’uscita della casa degli specchi. «E’ tutto ok, siamo intere. Questo basta.» le disse, sorridendo dolcemente e chinando appena il capo da un lato, lasciando che il profilo del proprio viso andasse a posarsi leggermente sulla spalla dell’amica, per poi ritirarsi su e lasciare che la luce fioca del tramonto riavvolgesse le figure di entrambe, ormai al di fuori di quell’edificio mobile. -Scusami per essermela presa così tanto prima. E scusami anche per essere stata un po’ strana e distante in questo periodo.- prese a confessarle Sam, dopo un po’, riportando lo sguardo sul viso di Fae e provando ad aprirsi con lei. Ecco il momento che la ragazza dai capelli arcobaleno aveva atteso e che, sapeva, sarebbe giunto presto. Aveva visto negli occhi di Sam una strana luce, appena più fioca del normale, attivando in lei quel campanello d’allarme che aveva sempre funzionato, da quando erano divenute amiche. Fae sapeva perfettamente quando qualcosa turbava la sua amica e, sebbene non volesse mai fare domande ma attendere le risposte, sperava sempre che Sam avesse la forza e il coraggio di confidarsi con lei, che non avrebbe mai potuto giudicarla. Ogni scelta compiuta da Sam, era quella giusta per Fae, se fatta con il cuore. «Non devi scusarti con me, Sam. Mai.» le disse, sollevando appena le spalle ed andando a sedersi su una delle panchine presenti nel mezzo del grande viale caratterizzato da giostre di ogni tipo. -Io e Fred ci siamo lasciati.- confessò di punto in bianco Sam. Fae non distolse lo sguardo da lei, mentre l’amica lo abbassava in direzione del terreno sotto i loro piedi magri. «Hm.» mugugnò Fae, di risposta, attendendo altre informazioni, sebbene avesse immaginato perfettamente cosa fosse accaduto. Lo aveva saputo, dal modo in cui lei aveva scritto messaggi fino a qualche giorno prima, dal modo in cui gli occhi avevano preso una curvatura appena più triste, così come le sue labbra. L’aspetto generalmente più fresco aveva lasciato il posto a due lievissime occhiaie, segno forse di qualche notte insonne. Li conosceva quei sintomi, Fae, malgrado non avesse mai avuto un partner da amare così come Sam aveva amato Fred. Era, da quel punto di vista, appena più indipendente dell’amica più piccola. -O per meglio dire lui se ne è semplicemente andato via con un’altra. Studia in un’altra università ora, insieme a lei. Non so chi sia e non voglio assolutamente saperlo.- continuò a spiegare Sam. -Non mi andava tanto di parlarne, ero troppo arrabbiata e delusa… è per questo che sono andata a stare da Jack, non volevo che la mamma mi riempisse di domande a riguardo e continuasse a chiedermi come stava lui e tutto il resto. Non lo sanno, non ancora.- disse, il tono della voce appena più basso e incupito del normale. Sollevò un braccio, Fae, posandolo sulle spalle di Sam ed avvolgendola in un abbraccio leggero, poco invadente. «Sarà banale ma… ciò che non resta non vuole seguire le tue orme.» disse Fae, scuotendo appena il capo e sollevando leggermente le proprie spalle. Lei non aveva mai pregato nessuno di restare. Non era una decisione che spettava a lei, e mai avrebbe domandato a qualcuno di far parte della sua vita, sebbene un abbandono potesse distruggerla con la velocità di un battito cardiaco. -Scusami se non te ne ho parlato prima. Una parte di me sperava che, non parlandone, tutto sarebbe semplicemente scomparso. Lui sarebbe tornato, o io avrei smesso di starci male, ma non è andata esattamente così…- spiegò Sam, provando comunque a sorriderle. Sospirò Fae, indecisa su cosa dire, come riuscire a sollevarle il morale. Lei, di certo, era l’ultima a credere nei “ritorni”, lo aveva provato sulla sua stessa pelle: una persona dopo l’altra, piano piano, l’avevano abbandonata. Aveva visto parecchi cuori andare infranti, passo dopo passo, non appena qualcuno di sua conoscenza aveva oltrepassato quei confini, e l’aveva accettato, soffocando il dispiacere come meglio aveva saputo fare; non sempre la soluzione più giusta. «Hai avuto bisogno del tuo tempo, lo capisco. Non è facile, per niente. E posso immaginare la speranza, che forse neanche ora è del tutto morta… non è così?» le domandò, sorridendo dolcemente e provando ad immaginare quanto ancora lei ci sperasse, nel ritorno di Fred. «Lo sai, al riguardo non sono esattamente la persona in grado di dare i migliori consigli. Ti offrirei un paio di cicchetti e un bicchiere di vino, se ti va, ma passate un po’ di ore il dolore sarebbe di nuovo lì, pronto a mangiarti.» disse, carezzando dolcemente la schiena dell’amica, al suo fianco. «Prenditi il tempo che ti serve, piccola Sam. Non scappare dal dolore, se ne avverti un po’. Vivilo, prima o poi si assottiglia e scompare.» sussurrò lei, stringendola nuovamente a sé, piano, come se non volesse mandarla in frantumi, come se fosse d’un tratto divenuta fragile, molto più di quanto sentiva di essere se stessa. -Lui non tornerà, ma io starò meglio, prima o poi…- concluse Sam, sorridendo appena più vivacemente di quanto avesse fatto prima. «Esatto. E poi, se vuoi posso presentarti qualcuno, che ne dici? Ti piacciono quelli alti e scuri di capelli, giusto?» le disse, sorridendo. Hm. Forse sì. Forse aveva perfettamente idea di chi potesse essere divertente presentarle. «Nel frattempo, l’idea dei cicchetti e il bicchiere di vino ti sembra avvincente? Possiamo iniziare da qui.» esclamò, sollevandosi dalla panchina e offrendole una mano, per aiutarla a sollevarsi. No, non l’avrebbe lasciata da sola. E non avrebbe permesso che il dolore le separasse. Era lì per lei, e sempre l’avrebbe aiutata.
     
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    Era incredibile quanto le due ragazze fossero cambiate nel corso degli anni. Da piccola era stata Fae quella più restia a farsi degli amici, forse perché in parte allontanata dagli altri bambini poiché non aveva una famiglia normale. I bambini sapevano essere più cattivi degli adulti in certe occasioni e appigliarsi alle cose più piccole trasformandole in ostacoli insuperabili. O forse era stata Fae ad allontanarsi, quasi impercettibilmente, da tutti gli altri, chiudendosi in un dolore che non le aveva permesso di relazionarsi agli altri bambini come avrebbe voluto. Limitandosi soltanto a pochi e controllati affetti. Crescendo però Fae era divenuta molto più socievole e incline ai rapporti sociali, tanto che ora si occupava dell'organizzazione di eventi di successo per lavoro. Al contrario, invece, Sam da piccola era sempre circondata di bambini. Stringeva amicizia così in fretta da non riuscire quasi a ricordare neanche i nomi di tutte le sue conoscenze e così aveva finito per perderne molti nel corso degli anni. Con il tempo però per lei era stato sempre più complicato riuscire a mantenere quei rapporti ed era stata lei, al contrario di Fae, a chiudersi e iniziare a circondarsi soltanto di poche persone. Era stato forse l’abbandono di Besaid da parte di alcuni amici, insieme alle loro famiglie, a cambiarla, a farle capire che nella vita forse era più importante circondarsi di affetti sinceri, dedicare il proprio tempo alle persone a cui teneva davvero, piuttosto che sprecarlo in giro senza stare a pensarci troppo. C’erano dei giorni in cui la sua infantile spensieratezza le mancava e avrebbe voluto imparare di nuovo a buttarsi a capofitto su nuove amicizie senza stare neanche a pensarci, ma poi tornava sempre sui suoi passi. Sapeva di non avere più a disposizione tutto il tempo libero di un tempo e di aver lasciato le sue amiche da una parte per troppo tempo. Voleva rimediare, voleva cercare di recuperare almeno un minimo di quel tempo cercando di riempirlo fino all’orlo con tutto il suo affetto e la sua vivacità, come se nulla fosse mai cambiato, come se il tempo non fosse mai passato. La famiglia per Sam, dopotutto, non era mai stata soltanto quella con cui aveva dei veri legami di sangue, ma anche quella rappresentata dagli amici, dalle persone di cui sceglievi di circondarti, le persone con cui aveva stretto un legame simile a quello che avrebbe potuto avere con un fratello o una sorella, se soltanto ne avesse mai avuto uno. E così era stato nel caso di Fae, che i suoi genitori avevano sempre accolto tra le mura di casa loro come se fosse stata effettivamente loro figlia, una sorella maggiore che Sam non aveva mai avuto davvero, ma che in effetti non le era mancata.
    Ma le era mancato il tempo trascorso con lei, le era mancata la sua presenza colorata e non voleva che la cosa accadesse mai più. Per questo aveva colto al balzo l’opportunità di organizzare una festa, magari sulla spiaggia, qualcosa che le permettesse di rivedere un po’ tutto il loro gruppetto di amici. Sorrise quando Fae si offrì di organizzare il tutto, schioccando appena le dita. Per lei sarebbe stato senza dubbio un gioco da ragazzi organizzare una cosa come quella quando, tutti i giorni, si occupava di feste ben più grosse e impegnative. -Appena mi libero di questo esame tornerò a Besaid per un mesetto almeno, quindi potremmo organizzare qualcosa a fine agosto, o magari direttamente a settembre. - rispose, iniziando a rimuginare sui suoi impegni universitari, cercando di capire quale potesse essere il periodo migliore dato che ormai di esami da dare non gliene erano rimasti poi tanti. -Ovviamente se per te quello non è un periodo troppo impegnativo, altrimenti possiamo sempre rimandare ad un’altra occasione. - continuò, correggendo subito il tiro. Per quanto si sarebbe trattato di una semplice festicciola tra amici, dove ognuno avrebbe dato il suo contributo per portare qualcosa, non voleva comunque darle del lavoro in più se per lei era un periodo complicato a livello di eventi. Sebbene avesse cercato di imporsi di cambiare e iniziare a smettere di rimandare sempre tutto, convinta che ci sarebbe sempre stato tempo, per Fae avrebbe sicuramente potuto fare un’eccezione, se fosse stato necessario.
    Forse l’idea di un buffo libro su una loro versione alternativa poteva essere davvero un buon consiglio su qualcosa a cui dedicarsi una volta completati i suoi studi. Probabilmente lo avrebbe scritto soltanto come uno scherzo, e soltanto Fae avrebbe potuto leggere di quelle mirabolanti avventure, ma era comunque una cosa che era riuscita a darle un certo slancio e che quindi non sarebbe riuscita a dimenticare del tutto, non dopo tutti quei buffi dettagli che erano riuscite a mettere in piedi. Davanti all’idea di volare dell’amica, tuttavia, non riuscì a trattenere una domanda sulla particolarità che le sarebbe piaciuto avere. Sebbene entrambe conoscessero le capacità dell’altra prima di quel momento non le era mai venuto in mente di chiederle se le sarebbe piaciuto poter cambiare qualcosa a riguardo e che cosa avrebbe desiderato se le fosse mai stata data la possibilità di cambiare. Dopotutto era la città stessa a scegliere per i suoi abitanti, sia in positivo che in negativo e nessuno poteva fare nulla per cambiare, se non semplicemente abbandonare tutto, decidendo di trasferirsi altrove e perdere quindi ogni particolarità, ogni memoria e ogni legame con quel posto, qualcosa a cui entrambe, almeno una volta nella vita, avevano pensato, senza tuttavia mai riuscire a farlo davvero. Non si stupì troppo quando Fae le disse che avrebbe voluto poter viaggiare nel tempo, era abbastanza convinta di sapere quali momenti specifici le sarebbe piaciuto rivivere, quindi non aggiunse molto altro, rivolgendole un leggero sorriso. -Già, sarebbe bello. - affermò soltanto, prima di ridere, di gusto, quando l’amica la sgridò per la faccenda dello studio. -Quelli sono i pensieri di una studentessa stanca e davvero stufa di studiare, ma non durano mai troppo a lungo. - spiegò, senza tuttavia smettere di ridere, annuendo invece all’idea del teletrasporto, che era senza dubbio molto più intrigante. -Si, potremmo andare ovunque vogliamo e vedere tutto il mondo… perché ovviamente ti porterei con me! Questo è chiaro! - continuò, dato che in effetti la sua vita a Besaid non sarebbe mai stata la stessa senza la sua amica di una vita. -Sai, forse dovremmo davvero pensare di organizzare un piccolo viaggio insieme prima o poi, giusto per pochi giorni, per dare un’occhiata al mondo, sarebbe bello. Tu che ne dici? - chiese, ora ben più seria di prima. L’idea di andare lontano l’aveva sempre un po’ spaventata, ma farlo con qualcuno che conosceva, qualcuno di cui si fidava e a cui avrebbe potuto aggrapparsi per ricordare ogni cosa, l’avrebbe sicuramente fatta sentire molto più a suo agio. Magari avrebbero potuto approfittarne per il loro compleanno, per cui, visti i pochissimi giorni di distanza, avevano sempre organizzato qualcosa insieme. Non sapeva se ne avrebbero mai avuto davvero il coraggio, se sarebbero riuscite ad organizzarlo, ma lei comunque ci sperava e sperava anche che Fae ne sarebbe stata altrettanto entusiasta, anche solo come idea passeggera.

    Il piccolo scherzetto al gruppetto di bambini le fece ridere come matte, andando quindi a nascondersi dietro la prima porta che trovarono per evitare che i ragazzini potessero vederle e quindi comprendere che era stata tutta quanta colpa loro. Di certo non aveva voglia di combattere contro un esercito di genitori inferociti per un semplice scherzo che non aveva fatto del male a nessuno. Era stata una cosa innocente, giusto per movimentare il loro percorso, ma era abbastanza convinta che i genitori dei bambini non l’avrebbero pensata come loro e avrebbero iniziato a straparlare e sgridarle. Una gran scocciatura, soprattutto per una che, in quell’ultimo periodo, stava facendo di tutto anche per evitare i suoi di genitori. No, molto meglio evitare. La sua geniale idea di nascondersi, tuttavia, le fece finire in un’area interdetta al pubblico da cui non fu affatto semplice riuscire ad uscire. Cercò dio mantenere la calma e la lucidità, dato che immaginava che per Fae tutta quella situazione dovesse essere molto più difficile che per lei, che fino a quel momento al Luna Park non aveva mai visto nulla di strano o di esageratamente spaventoso. Nulla di davvero reale e letale come quello che i suoi amici avevano vissuto mesi prima. Cercò di mantenere i nervi saldi e di trovare una soluzione, mentre cercava di guidare Fae verso una via d’uscita, qualunque questa fosse. Contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, comunque, scoprire che si era trattato soltanto di un semplice scherzo di un ragazzo dello staff non la aiutò a calmarsi e ritrovare il buon umore, non subito per lo meno. Tutta la rabbia, la frustrazione e il senso di colpa che erano gravati su di lei per tutti quei mesi si riversarono come un fiume in piena sul ragazzino che sorrideva in piedi davanti a loro, come se fosse stato lui la causa di tutti i suoi mali. Vedere la sua amica così spaventata, quasi impietrita, aveva smosso dentro di lei sensazioni che avrebbe voluto mantenere sopite, tenere a bada per occasioni migliori, per momenti diversi. Avrebbe voluto che quella fosse soltanto una serata tranquilla, tra amiche, di quelle in cui l’unica preoccupazione doveva essere quella di evitare che il troppo cibo potesse farle scoppiare o che le troppe risate avrebbero potuto farle rotolare a terra come due bambine. Non pensava certo che la serata avrebbe invece preso quella pessima piega e, sebbene tutto si fosse concluso per il meglio, era abbastanza convinta che ci sarebbe voluto del tempo per cancellare dalla sua mente l’espressione smarrita e preoccupata di Fae. Si sentiva così fragile e ferita per colpa di Fred da non essere in grado di sopportare che nessuno dei suoi amici potesse provare delle simili sensazioni, non di fronte a lei, non in quel momento.
    Non riuscì quindi a trattenere una leggera sfuriata nei confronti del ragazzino, leggermente frenata dall’amica che la invitò a dimenticare il tutto con un bel gelato. Annuì appena, immaginando che quella dovesse essere l’idea migliore per entrambe. Sicuramente qualcosa di dolce l’avrebbe aiutata a mettere una pietra sopra tutta quella faccenda e prendere la cosa un po’ più alla leggera. Anche in questo sapevano essere diverse. Fae sembrava riuscire a recuperare il sorriso in un attimo, a dimenticare le preoccupazioni quando queste erano dettate da semplici sciocchezze facilmente cancellabili, Sam invece tendeva comunque ad ancorarsi alle cose, a prendere tutto sempre un po’ troppo sul personale, anche quando non ce n’era bisogno. Viveva ogni cosa sempre con tutta se stessa ed era forse per questo che, ogni volta, finiva con il lasciarsi scottare troppo in fretta, senza riuscire ad evitarlo. Si lasciò avvicinare da Fae, che la strinse a sé con un braccio spingendola nella sua direzione, cercando di farla calmare facendole capire che erano ancora tutte intere e che non era successo davvero nulla di grave. Lei annuì, abbassando appena lo sguardo e prendendo un lungo respiro. Ne stava facendo un dramma, stava esagerando, ma non riusciva a farne a meno purtroppo. C’erano così tante cose che non le aveva detto, così tanto che avrebbe voluto raccontarle per sentire il suo appoggio, ma non voleva tediarla con i suoi problemi o rattristarla. Sebbene sapesse di avere bisogno dell’affetto e del sostegno degli altri, tendeva sempre e comunque a cercare di fare tutto da sola, senza coinvolgere troppo le altre persone.
    In quel momento, tuttavia, si rese conto che non poteva più fingere che le cose andassero bene e che nulla fosse cambiato nella sua vita, che la sua lontananza forzata da quasi tutti i suoi amici non avesse una ragione e cercò quindi di iniziare a sputare il rospo, spiegandole per quale motivo avesse reagito così male di fronte allo scherzo innocente dello staff. Cercò di scusarsi per la lontananza di quell’ultimo periodo, sebbene l’amica si affrettò a farle presente che non doveva mai scusarsi con lei perché non ce n’era il bisogno, ma in quell’occasione lei aveva sentito di doverlo fare comunque. Andò quindi avanti, rivelandole quello che avrebbe dovuto dirle mesi prima, ossia che le cose tra lei e il suo ragazzo erano finite. Era abbastanza convinta che l’amica avesse già intuito da sola che c’era qualcosa che non andava, soprattutto perché lei aveva smesso di fare riferimento a lui, di parlarne, di raccontare cose legate a loro due. Per chi la conosceva quel cambiamento doveva essere stato piuttosto evidente, eppure sino a quel momento non se l’era comunque sentita di parlarne troppo. Cercò di spiegarle, almeno a grandi linee, che cosa fosse successo, come si fosse sentita, e per quale motivo avesse scelto di trasferirsi per un po’ a casa del cugino, che sapeva già tutto, alla ricerca di un po’ di pace e libertà, lontana da tutte le domande che la sua famiglia le avrebbe sicuramente fatto riguardo la sua vita privata. Prima o poi avrebbe dovuto condividere quell’informazione anche con loro, sempre che non l’avessero già capito da soli, ma anche per quello le sarebbe servito del tempo. Non aveva ancora le parole adatte per raccontare come si sentisse, per spiegare che non aveva alcuna intenzione di stare troppo a pensarci e quindi raccontare troppi dettagli. Sua madre avrebbe chiesto e lei non voleva offenderla ignorando tutte le sue domande. Sorrise appena, non del tutto convinta, quando Fae le fece presente che chi se ne andava non voleva seguire le sue orme. Capiva che cosa voleva dirle eppure non era del tutto convinta di poter accettare la cosa. Annuì, quindi, quando Fae stessa le chiese se, almeno in parte, nutriva ancora la speranza di un suo ritorno. -Già, Mal si infurierebbe per una cosa simile, lei non lo ha mai sopportato. - aggiunse quindi, con un leggero sospiro, tirando in ballo l’altra delle sue migliori amiche, quella che aveva avuto modo di conoscerlo in più di un’occasione, quando era andata a trovarla all’Università di Bergen, dove studiavano entrambi. Con lei era stato un po’ più semplice vuotare il rospo, perché sapeva che Malice l’avrebbe aiutata a trovare tutti i suoi difetti, anche quelli che non esistevano davvero e a mettere in luce tutto ciò che di negativo e terribile c’era in Fred, soltanto quello, cancellando completamente tutte le cose positive.
    Si sciolse un po’, ridacchiando appena, quando Fae si offrì di recuperare qualche cicchetto e un buon bicchiere di vino per affrontare quella serata con un po’ di lucidità in meno e cercare di non pensarci. Sam non era mai stata una di quelle persone che abusava di alcolici o che li vedeva come l’unica soluzione a tutti i suoi problemi, ma anche lei doveva convenire che, in alcuni casi, un bicchiere di troppo se lo sarebbe potuto permettere persino lei. Il suo consiglio comunque sul vivere il dolore senza cercare di evitarlo e scappare, le sembrò la cosa più giusta da fare. Forse Fae più di chiunque altro poteva capire che cosa si provasse quando qualcuno se ne andava dalla propria vita, visto che sua madre aveva compiuto quella scelta diversi anni prima e sapeva quindi che, quel consiglio, dato da lei, aveva forse un valore aggiunto, qualcosa che non avrebbe dovuto assolutamente trascurare. Si lasciò stringere nella sua stretta affettuosa, ritrovando almeno un po’ del suo allegro sorriso. -Hai ragione. Cercherò di tenerlo a mente. - mormorò, abbracciandola appena, per qualche momento, godendosi quei brevi attimi di tranquillità che la presenza colorata dell’amica sapevano infonderle. -Penso che sia quello il mio genere, sì. - continuò, ridacchiando, rispondendo all’offerta dell’amica. -Ma non sono per niente sicura si essere pronta per quello. - terminò, in maniera sincera ma un po’ più tranquilla, ora che era riuscita finalmente a parlarne anche con Fae. Si sentiva come se un peso opprimente all’altezza del petto se ne fosse finalmente andato e ora riuscisse finalmente a respirare di nuovo, a pieni polmoni. -Si, direi che è molto avvincente, ma che prima è meglio se andiamo a mangiarci quel famoso hamburger con le patatine, se non vuoi vedermi k.o. dopo il primo bicchiere. - rispose, in maniera piuttosto divertita, davanti al suo invito. -Sai che non reggo affatto bene l’alcol e che dovrai trascinarmi a casa, non è vero? - chiese, giusto per essere sicura che Fae ricordasse quel piccolissimo dettaglio e che lo avesse tenuto in conto prima di farle quella proposta. -Quindi prima mettiamo qualcosa di sostanzioso sotto i denti e poi andremo a cercarci un bel locale come si deve per terminare la nostra serata in allegria. - affermò, annuendo energicamente tra sé e sé. Già immaginava come sarebbe andata a finire quella serata e quante figuracce avrebbe fatto, probabilmente, ma non aveva molta importanza. Sapeva che, al fianco di Fae, avrebbe potuto affrontare qualunque cosa.
    Attese una conferma da parte dell’amica, per poi dirigersi, senza aggiungere molto altro, verso il fast food del Luna Park, come sempre gremito di famiglie e ragazzini che non vedevano l’ora di addentare uno di quei magnifici panini. -Credo che oggi prenderò il panino più enorme che abbiano nel menù e una super porzione di patatine fritte! - trillò, come una bambina, una volta raggiunta la coda della fila, indicando a Fae un panino decisamente troppo alto e pieno di qualunque schifezza potesse passarle per la testa. Se proprio doveva farsi male voleva farlo bene. -Tu invece? - chiese, preventivamente, così da poter ordinare una volta arrivato il loro turno. Ci misero circa una mezz’ora a raggiungere il bancone per l’ordinazione, ma i panini che ottennero in cambio si valsero tutta l’attesa. Per quanto il resto del mondo non facesse che dirle che quella roba andava evitata e che le avrebbe fatto male, lei avrebbe comunque continuato a pensare che quella fosse una delle delizie più grandi del mondo. -Ottimo, ora che credo di aver fatto un buon fondo per i cicchetti direi che possiamo scegliere la nostra prossima tappa. Tu che sei la regina degli eventi che posto consigli? Qui mi rimetto a te. - disse, una volta terminato di mangiare, lasciando che fosse l’amica a scegliere il locale più opportuno. Potevano anche allontanarsi dal Luna Park se preferiva, e scegliere un posto migliore, oppure potevano infilarsi in qualche locale a tema pieno di baristi in maschera e strane attrazioni. -Oh e… ovviamente, mi fido ti te anche per l’ordinazione. Sono completamente nelle tue mani! - terminò, permettendo a Fae di ordinare tutti i suoi drink per quella serata. Sapeva che probabilmente alla fine non sarebbe riuscita a tornare a casa sulle sue stesse gambe, ma non le importava, per una serata voleva soltanto staccare dal resto del mondo e smetterla di pensare.
     
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