The Dreamers

Lucille & nikolaj

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    Oscurato da coltri di nubi cupe e minacciose, il Kunstmuseum si stagliava imponente e lussuoso attorniato da piccole abitazioni tipiche tinteggiate di rosso e di blu, in contrasto con il candore dell'edificio storico. Lucille vi era stata numerose volte, ma mai per presenziare ad eventi di un certo livello come quel giorno. La comunicazione, o meglio l'invito ufficiale, le era pervenuto via mail poche settimane prima e la giovane donna non aveva saputo spiegare come mai tra tanti abitanti lei fosse risultata meritevole di un invito simile. Non era iscritta a nessun circolo d'arte, non era un'artista e con quel mondo purtroppo aveva davvero poco a che fare, così si era detta che semplicemente il suo indirizzo mail doveva essere finito in una qualche fortunata mailing list e non si era posta ulteriori quesiti. Era un sabato pomeriggio e tendenzialmente la norvegese avrebbe dovuto trovarsi come sempre in ospedale, ma si era presa un mese libero da quegli impegni per riuscire a gestire un progetto del Mordersønn Institute che stava seguendo assieme ad alcune colleghe, che era così complesso da dover essere portato anche a casa per seguirne gli sviluppi; in poche parole aveva bisogno di molto più tempo libero di prima ed aveva dovuto operare una scelta, mettendo in secondo piano l'impiego in ospedale. Da una parte si sentiva in colpa per questo e le mancavano i bambini che ogni sabato attendevano trepidanti il suo arrivo, dall'altra però sentiva come se si fosse tolta un peso e l'idea di avere più tempo per sé e i propri interessi (ovviamente il progetto non la teneva occupata l'intera giornata) era qualcosa che gustava dopo molto, troppo tempo.
    Visto il tipo di evento, aveva optato per un abbigliamento elegante sfruttando un abito indossato una sola volta per il battesimo di una lontana parente. Il bianco ben si accostava al tipo ti colori chiari che si susseguivano all'interno delle numerose sale del museo, ed era anche piuttosto comodo da indossare. Non poteva dirle lo stesso delle scarpe, d'altronde Lucille non indossava spesso i tacchi alti per cui anche se fossero stati bassi, alla lunga, non avrebbero giovato ai suoi piedi. Perchè indossarle, quindi? Perchè delle assai più comode ballerine o degli stivali avrebbero cozzato nell'insieme, quindi era fuori discussione che propendesse per la comodità, almeno quella sera. L'imponente orologio affisso alla parete della sala principale la informò che era decisamente in orario, si avvicinava la sera e dunque un certo languorino aveva sfiorato anche il suo stomaco. L'artista in questione era il celeberrimo Hans Thøger Winther, noto fotografo norvegese che aveva catturato con i suoi scatti l'essenza della vita umana in tutto il mondo, viaggiando per le punte più estreme del nord fino a patire la calura del deserto, trovando nei suoi viaggi sempre nuovi stimoli per le sue opere, riconosciute ormai in tutto il mondo.
    Ma ovviamente Hans non si trovava lì quella sera, e l'inaugurazione della sua mostra (così come la mostra stessa) era stata scarsamente pubblicizzata per evitare visitatori esterni alla cittadina. I motivi ormai penso siano più che risaputi. Quindi per i cittadini di Besaid occasioni come quella erano assai rare e, per i fortunati come lei che ne erano venuti a conoscenza, anche un party inaugurale come quello sviava dalla solita routine. La mostra aveva un titolo insolito, tradotto: il niente. La mail non dava maggiori informazioni ma assicurava la celebre maestria dell'autore in ciascuno dei venti scatti proposti.
    Ad attendere i già numerosi partecipanti (evidentemente Lucille rientrava in una lunga lista) vi era un ampio tavolo lungo quanto il perimetro della stanza, posizionato contro uno delle pareti ad ovest, era disseminato di prelibatezze gastronomiche che passavano da antipasti di caviale e tartare di carne pregiata a mouse con dieci stratificazioni una più invitante dell'altra. Lucille vi si fiondò avidamente scoprendo, mentre si deliziava il palato, di non conoscere nemmeno di vista nemmeno uno dei presenti. Per lo più erano persone palesemente più grandi di lei, tutte imbellite con trucchi e abiti sfarzosi. I modi e le fatture degli abiti denotavano il loro grado sociale. Non era gente alla quale Lucille si sarebbe accostata di sua iniziativa pertanto declinò l'invito di qualche rampollo ad unirsi alla sua cerchia e qualche avance di troppo.
    Quando si sentì sufficientemente sazia decise che era giunto il momento di dedicarsi alla mostra vera e propria. E non fu l'unica a pensarlo visto che un uomo sulla sessantina, che indossava un panciotto nero con appesa una spilla a forma di saxofono, prese un microfono ed iniziò a presentare la mostra. Con dovizia di particolari spiegò l'estro creativo del fotografo in questione, spiegò loro quanto erano stati privilegiati a vederne l'anteprima visto che la mostra aveva una durata di dole due settimane e che due scatti in particolare sarebbero stati visibili solo quel giorno. Sciorinava parole su parole come fosse una macchinetta, stuzzicando più di uno sbadiglio nella giovane biologa. Una volta terminato quel noioso intervento, Lucille fu finalmente libera di piazzarsi di fronte al primo quadro esposto.
    Lo scatto, anzi la gigantografia, non era altro che un mezzobusto femminile che andava dalla base del collo sino ai fianchi. In bianco e nero, l'unica fonte di colore erano un paio di cappelli di Babbo Natale rossi e bianchi sistemati a coprire i capezzoli e rovesciati in modo che puntassero verso l'alto. Arte, si. Avevano un bel coraggio a considerarla tale.
    Lucille aggrottò la fronte ed incrociò le braccia al petto, pentendosi all'istante di aver deciso di recarsi a quella mostra (non fosse altro per l'ottimo cibo gratuito). Ma il suo pentimento si sarebbe presto ampliato difatti, quando stava per abbandonare la suddetta "visione", il suo sguardo fu oscurato da una figura sistemata poco distante da lei. Una figura nota, troppo nota. Nikolaj Petar Mordersønn, altrimenti noto come "il capo", dove Lucille lavorava.
    Maledizione! Dopo il loro ultimo incontro informale, sfociato in quello che sin dall'alba dei tempi è il passatempo preferito degli esseri umani, sia lei che lui avevano cercato accuratamente di evitarsi all'istituto. Ora le sorgeva il dubbio che ad infilare il suo nome ed il suo indirizzo mail nella mailing list fosse stato proprio lui, visto inoltre il grado di sfarzo ed ostentata eleganza mostrato. Che fosse un modo per circuirla e discutere di quanto successo? O forse Nikolaj non c'entrava nulla?
    Poco importava perchè, nonostante il folto numero di invitati, le sarebbe stato difficile non averci a che fare, quindi tanto valeva tagliare la testa al toro e, se non altro, avere il vantaggio di fare lei la prima mossa.
    Il ticchettio dei tacchi sulle mattonelle di marmo fu oscurato dal chiacchiericcio che si faceva via via sempre più animato. Quando lo raggiunse, fu abbastanza fortunata da trovarlo solo, intento ad osservare un quadro. -La consideri arte questa, Nikolaj?- domandò, per nulla attenta ad usare un tono di voce basso. Era facile che, se qualcuno avesse udito il suo pensiero a riguardo, l'avrebbe linciata o trafitta con un coltello d'oro. -Perchè il tema mi sembra piuttosto pleonastico e l'ironia malamente velata.- aggiunse passando la mancina tra i capelli piastrati, mulinandoli svogliatamente. Il quadro che stava osservando il suo capo, notò in quel momento, era se possibile ancora più inutile e vuoto di quello che aveva appena lasciato. -Non so te, ma personalmente considero maggiormente lodevole il cibo piuttosto che questi scatti.- Terminò la frase con una smorfia riservata alla fotografia, così anonima e piatta da sembrare un triste tentativo di fotomontaggio di un giovane alle prime armi.
     
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    La vita di Nikolaj non gli era mai apparsa così noiosa. Un infinito numeri di riunioni, eventi e cerimonie si susseguivano giorno dopo giorno scandendo l'esistenza dell'uomo che, nonostante prossimo ai trenta, sarebbe volentieri tornato indietro nel tempo. A quando, non ne era certo, forse a quel periodo in cui non aveva tra le mani la compagnia più grande della Norvegia e quando le feste erano solo quello, parties per sballarsi senza doverose rogne a cui pensare. La droga e l'alcool erano ancora consolazione a cui ricorreva quotidianamente, sopratutto se doveva fare fronte ad oneri del genere, ma ora c'erano dozzine di mani da stringere, tante - troppe - parole da dire, accordi da chiudere. Tra un bicchiere di whiskey e l'altro, gli affari avevano finito per prendere gran parte del divertimento e il vero piacere faceva ormai da contorno anziché da prima portata. Erano questi i pensieri che lo tormentavano mentre le iridi di un azzurro sporco accarezzavano le forme delle trentacinque diverse cravatte che poggiavano sul ripiano del cassetto scorrevole, ripiegate come tante piccole lumachine. Sospirò mentre allungava il braccio destro, le dita sottili che si stringevano sul tessuto pregiato della favorita per la serata. Nikolaj ripeté gesti famigliari davanti allo specchio senza però vedersi, la mente persa altrove, da qualche parte tra gli ultimi avvenimenti che si erano susseguiti nelle settimane appena trascorse.
    Aveva ritrovato un'amica, almeno così sperava, e aveva scoperto che una parte di lui riusciva ancora a provare qualcosa. Non l'aveva accettato, naturalmente, ne era anzi rimasto scioccato, si era spinto fino al limite superato quella notte al Bolgen durante la quale fortunatamente aveva trovato un appiglio, lo stesso che tanti anni prima era riuscito a farlo respirare sott'acqua. Il tempo aveva cambiato molte cose, quella notte aveva capito che scappare da sé stesso non poteva più essere un'alternativa percorribile, almeno in quell'aspetto della sua vita. Farci i conti sarebbe stato difficile, ma prima lo faceva e prima si sarebbe tolto quell'impiccio dal petto.

    Scese dalla limousine avvolto in un completo grigio fatto su misura. Una stretta di mano arrivò immediatamente, sarebbe stata solamente la prima di centinaia di altre che avrebbe dovuto fingere di apprezzare quella sera.
    Il Kunstmuseum si ergeva nel suo lusso traboccante ma non per questo ostentato, attorniato da una schiera di piccole case variopinte che somigliavano a una pattuglia di commilitoni pronti all'attacco. Nikolaj non diede segno di essere impressionato dalla maestosità delle colonne ai lati dell'ingresso, uno dei più ampi che ci fossero a Besaid. La magniloquenza era una della tante cose a cui aveva fatto abitudine tanto da trovare difficile riuscire a rimanere ancora sorpreso da qualcosa. Attraversò una grande hall, strizzando l'occhio a qualche volto femminile conosciuto e stringendo altre mani impomatate di chi non aveva mai alzato un dito se non contro le proprie donne, nell'intimo delle loro grandi ville.
    Quel mondo all'apparenza perfetto nascondeva una violenza che colpiva per il contrasto con gli ambienti scintillanti e gli abiti cuciti a mano. Quelli erano uomini d'affari carismatici e affabili, i tuoi migliori amici fino a quando le cose andavano bene. Quando il vento cambiava, lì sì che erano guai seri. Nikolaj si era ormai abituato anche a quello anzi, era stato cresciuto con il chiaro intento di diventare come ognuno di quei signori dai sorrisi smaglianti e il bicchiere di vino sempre in mano.
    Entrò nella sala seguito dal suo entourage di gente. Una guardia del corpo e il suo braccio dentro, quell'odioso che il nonno gli aveva lasciato dietro, Nikolaj ne era sicuro, solamente per dispetto. -Sono stufo di voi, mi fate venire la depressione. Andate entrambi a cuccia in qualche angolo, da bravi. - Aveva liquidato i due uomini con un gesto molle della mano, beccandosi un'occhiataccia dal suo braccio destro che Nikolaj candidamente ignorò per dirigersi subito verso il catering. Più che al cibo - comunque da far venire l'acquolina in bocca - l'uomo era interessato al reparto bevande che scoprì con enorme delusione non essere self service. Infatti si ritrovò di fronte al viso squadrato di un uomo sulla quarantina a cui madre natura non aveva donato una capigliatura fiorente - si stava già stempiando copiosamente sulle tempie. Nikolaj lo studiò con interesse, lo sguardo un po' confuso come se fosse una specie rara di uccello tropicale mai vista prima. "Cosa desidera da bere, Sir?" A giudicare dal tono insistente e l'espressione un po' preoccupata, doveva essere già la seconda o terza volta che il cameriere pronunciava quella domanda e Nikolaj aveva perso le prime due, il cervello incapace di registrare e accettare il fatto che le probabilità di ubriacarsi quella sera fossero meno del 25%. In un evento come la mostra a cui era stato invitato quella sera, Nikolaj aveva imparato a rendersi brillo con compostezza - tanta era grande la quantità di alcolici che il suo corpo era arrivato a dover assumere prima di perdere totalmente il controllo. Ai gala di beneficenza, lì sì che si ubriacava davvero. -Whisky liscio, due cubetti di ghiaccio. - Rispose finalmente Nikolaj, lo sguardo che vagava per la sala alla ricerca di tutto e di niente. "Serviamo solo vino, bianco e rosso. E champagne. Tutti delle migliori produzioni francesi ovviamente. Vuole che gli mostri le bottiglie?" Era tornato a puntare gli occhi a palla sul cameriere e se solo lo sguardo potesse uccidere...- Un calice di Chateau Margaux, dunque. - Nikolaj indicò una delle bottiglie e attese non tanto pazientemente che l'uomo gli porse il calice. Non gli sorrise ma se ne andò senza proferire una parola di ringraziamento Si sarebbe diretto verso uno degli angoli più remoti della sala se qualcuno non lo avesse fermato iniziando a parlare di affari, nessuno dei quali lo interessava minimamente. Quella sera si sarebbe solamente voluto godere dei bei quadri, anche se a prima vista dubitava potessero persino definirsi arte. L'artista era in realtà un amico del nonno, divenuto famoso in tutto il mondo per via di quei quadri che apparentemente venivano venduti per centinaia di dollari. Quando un signore con il panciotto e il viso paonazzo cominciò una lunga, noiosissima presentazione, Nikolaj approfittò del momento per liberarsi da quell'impiccio e dirigersi verso uno dei quadri davanti al quale si posizionò, la sua alta figura che dava incurante le spalle all'uomo che parlava e a cui tutti prestavano invece attenzione. Non era sicuro di quanto tempo passò, ma quando la voce lo raggiunse il suo bicchiere era ormai vuoto e il signore si era azzittito, sostituito dal classico e anestetizzante chiacchiericcio di sala. -La consideri arte questa, Nikolaj?- Non aveva bisogno di voltarsi per sapere a chi appartenne quella voce. D'altronde era stato proprio lui a inserirne la proprietaria sulla lista esclusiva degli invitati a quella mostra. Continuò a fissare il quadro, il capo che si piegava leggermente verso sinistra come a valutare meglio quella che era a tutti gli effetti un'opera di scempio. - Personalmente? Chi non troverebbe sexy e affascinante osservare una donna nell'atto della defecazione. - Rispose mentre un abbozzo di sorriso tirava all'insù gli angoli di quelle labbra piene. La fotografia davanti a cui si erano ritrovati ritraeva infatti una persona completamente nuda piegata sulle gambe sopra quelli che sembravano proprio resti di feci. Solo allora si voltò verso la donna e prima di aggiungere altro si prese tutto il tempo di squadrarne da capo a piedi l'impeccabile mise. - Lucille. - La salutò mentre gli occhi si soffermavano su suoi. - Stai molto bene stasera. Con quel vestito potresti quasi passare per una di questo ambiente. - Se non avesse fatto una delle sue crudeli battute, Nikolaj non sarebbe stato l'uomo che era. Nell'osservarla dalla testa ai piedi, l'immagine del corpo nudo di Lucille bagnato dall'acqua della doccia si era sovrapposto a quella davanti a lui, procurandogli un piacere sottile e recondito. Non si vantava di quello che aveva fatto o meglio, del modo in cui l'aveva costretta a concederglisi con l'ausilio della sua abilità di "burattinaio". Non si erano mai più parlati da quel giorno anzi, si erano evitati con una cura quasi maniacale. Se doveva commissionarle un lavoro, mandava qualcuno dei suoi assistenti ai piani inferiori a riferirle le istruzioni e lei usava gli stessi mezzi per comunicare con lui. -Perchè il tema mi sembra piuttosto pleonastico e l'ironia malamente velata.- Abbozzò con il capo un gesto vagamente consenziente prima di risponderle. - Non credo ci sia nulla di velato nelle intenzioni dell'artista. E' tutto fin troppo ostentato, direi. Vorrebbe confondere, impressionare e scioccare. Ti scioccano, queste foto? - Posò il bicchiere ormai vuoto su uno dei vassoi che i camerieri facevano girare per la sala, il suo palato ne desiderò subito un'altro. -Non so te, ma personalmente considero maggiormente lodevole il cibo piuttosto che questi scatti.- In quel momento quasi sorrise per davvero, la concentrazione che per qualche secondo era andata a concentrarsi sul vino ora di nuovo sulla sua sottoposta. - Non ho ancora assaggiato nulla, ma posso dirti che il vino francese merita un applauso. Voglio presentarti una persona, ma prima andiamo a fare rifornimento. - Non sapeva a quale gioco stessero partecipando e se mai avrebbero parlato di quello che era successo, ma per il momento Nikolaj le porse il braccio piegato ad angolo retto in attesa che Lucille vi si aggrappasse. Che l'avesse fatto o meno, i due ritornarono sui loro passi fino alla postazione dove l'uomo del rinfresco attendeva. - Due calici di vino. - disse Nikolaj prima di chinarsi leggermente verso l'orecchio di Lucy e sussurrarle a voce non poi così bassa. - Trovo oltraggioso il fatto che non ci si possa servire da soli e che debba essere tutto dosato da un damerino impomatato. - Nikolaj sorrise, un sorriso a trentadue denti, all'uomo che, a giudicare dal colorito paonazzo, aveva chiaramente udito le sue parole e ne era rimasto offeso. Con i loro calici in mano, Lucille e Nikolaj camminarono un po' per la sala osservando le altre fotografie, Nikolaj che faceva girare lo sguardo alla ricerca di qualcuno in particolare. Quando lo individuarono i suoi occhi chiari si assottigliarono, la presa che si stringeva leggermente di più sul braccio di Lucille mentre la faceva virare verso l'angolo est del museo in direzione di un gruppo di uomini ben vestiti. Una volta giunti alle loro spalle Niko si schiarì la voce per attirare l'attenzione, rivolgendosi poi ad un uomo in particolare al quale strinse calorosamente la mano. - Mr. Winther, che piacere rivederla. Probabilmente non mi riconosce, ne è passato di tempo. Sono Nikolaj, Nicolaj Mordersonn. - Disse mimando un trasporto mai visto prima da uno come lui. "Oh figliolo, io e tuo nonno eravamo come pane e acqua, chiamami Hans! E questa graziosa fanciulla chi è?" Gli occhi dell'artista che i due si erano divertiti tanto a criticare si illuminarono alla vista di Lucille. - Lucille, Mr. Winther, l'artista mondiale di cui tutti parlano. Hans, Lucille - una mia... collega. - Aveva tentennato, ma cercò di non pensarci. I due si presentarono, il sorriso sarcastico che svettava sul volto di Niko. - Stavamo proprio discutendo delle sue fotografie... Come le hai definite? Ti spiace ricordarmi le parole esatte, Lucy? - Si era rivolto ora alla donna mentre la guardava dall'alto e Hans aspettava una risposta, già gongolando alla prospettiva dei complimenti da parte di una bellezza come quella al fianco di Nikolaj. La serata stava prendendo una piega parecchio divertente.
     
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