Se ne dicono di parole

Ophelia & Sam | brunch

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    Le luci ad intemittenza di quella stanza scura, con troppo fumo a creare un'atmosfera ancora più surreale, non aiutavano Ophelia a rimanere lucida. Le persone intorno a lei ballavano, muovendo le loro mani ed i loro corpi a ritmo di musica. C'è chi alzava le braccia verso il cielo, ad invocare qualcosa più grande di loro, chi invece strusciava sensualmente il proprio corpo sulla persona con cui stava danzando. Ophelia lasciava ondeggiare il suo corpo, muovendo i suoi fianchi e cercando con le mani di alzare i suoi capelli biondi per poter prendere un pò d'aria, mentre sorrideva all'amica che si stava divertendo insieme a lei. Andiamocene una voce calda raggiunse il suo orecchio, mentre con le labbra sfiorava delicatamente questo, lasciando poi un leggero bacio sul suo collo.

    Spalancò gli occhi sentendosi mancare il respiro. Era sudata e le coperte si erano avvolticciolate sul letto lasciando il suo corpo alla fredda aria invernale. Il cuore le batteva ancora a mille e, ancora divisa tra la notte ed il giorno, il mondo dei dormienti e quello dei vivi, si accarezzò con una mano il collo dove, pochi secondi prima quello che era stato il suo fidanzato, le aveva lasciato un leggero bacio. Era molto tempo che Ophelia non sognava il moro e raramente era successo da quando la loro storia era terminata, due anni prima. Osservò il soffitto bianco, cercando di riprendere il controllo sulla sua persona, mentre si chiedeva perchè si era fatto vivo nei suoi sogni, perchè continuava in qualche modo a tomentarla sempre, anche se lei faceva di tutto per lasciarsi quella storia alle spalle. Non era facile per lei, Ophelia era una persona fedele, che si concedeva con molta difficoltà agli altri e questo faceva si che i legami, vivi o finiti quali erano, rimanevano sempre ben presenti in lei e nel suo cuore. Non era un caso che dopo lui, Ophelia non aveva più avuto nessuno della sua vita amorosa: lei non era quel tipo di persona che si accontentava o che, aveva bisogno di qualcuno al suo fianco per vivere le sue giornate. Lei voleva amare e voleva essere amata, lei aveva bisogno di provare sentitmenti reali e non fittizzi per nascondere quel vuoto che aveva dentro.
    Din-din!. Il suono del cellulare si fece vivo nella stanza, la sera precedente non aveva messo il silenzioso in quanto suo padre era partito per un paio di giorni ed era andato a sperimentare una nuova tipologia di birra, fatta con una fermentazione tutta particolare e quindi, essendo l'uno lontano dall'altra, il loro telefono era pronto a squillare in caso di qualsiasi necessità. Buongiono pasticcino, hai dormito? è probabile che debba ritardare il mio ritorno a casa, qui hanno bisogno di me per ultimare alcune preparazioni.. ti manco?! sorrise leggendo quel messaggio del padre, che era partito da solo un giorno e già le chiedeva se mancava. Lui mancava sempre, in realtà. Il loro rapporto, si era trasformato in qualcosa di speciale, in qualcosa che andava oltre al semplice rapporto di pade-figlia, qualcosa di più profondo che andava a sfiorare un rapporto d'amicizia e di lealtà. Tranquillo papino, so cavarmela.. e si, un pochino mi manchi ma, resisterò senza vedere il tuo faccione per un giorno in più.. piuttosto porta qualcosa di stupendo a casa! come il padre, anche la figlia era ormai un'assidua consumatrice di birra e dal padre, aveva imparato molto motivo per cui, difficilmente consumava marchi commerciali e più facilmente, quando era fuori, finiva per bere vino e non consumare birre di bassa qualità.

    Si scrollò di dosse quel poco delle coperte che gli erano rimaste e con molta difficoltà, scese dal letto posando i piedi nudi sul parquet noce della sua stanza. Un brivido di freddo raggiunse la sua schiena: l'inverno era arrivato e lei, doveva prepararsi per affrontarlo. Consapevole di dover consegnare un plastico del suo progetto sulla riqualificazione della zona commerciale, Ophelia si diede una mossa scendendo al piano di sotto a fare colazione e dirigendosi poi, ben bardata, nel garage che suo padre aveva trasformato in laboratorio. Lì Ophelia poteva preparare i suo modellini in balsa o i plastici, puttosto che provare a cucire dei pezzi di pellame per dare vita ad alcuni bozzetti delle sue creazioni. Faceva freddo in quel posto, ma Robert aveva prontamente isolato le pareti e fatto installare una stufa per rendere l'ambiente più piacevole. Lì Ophelia si rifugiava a fare ciò che più amava: progettare, disegnare, sperimentare.
    Le piaceva fare i modellini ma quando arrivava alla parte più complessa, quella dove doveva tagliare e unire insieme le parti più piccole, Ophelia perdeva facilmente la pazienza, cosa che successe anche in quel caso dove, dopo la terza volta che aveva provato ad installare la flora che doveva andare intorno al laghetto artificiale che aveva creato per rendere il paesaggio più piacevole e armonico con l'ambiente verde della Norvegia, decise di lasciar perdere. Erano ormai le undici e quarantacinque passate ed un buon brunch, gli avrebbe permesso di non dover cucinare quindi, si diresse in camera sua pronta a cambiarsi per uscire un pò consapevole che un pò d'aria le avrebbe fatto più che bene. Indossati i jeans, uno dei suoi morbidi maglio in cachemire blu ed il suo amato rossetto rosso, Ophelia si diresse a piedi verso il centro pronta ad entrare in uno dei suoi locali preferiti per il brunch: lì avevano dei tè e del caffè ottimo, oltre ad avere dei dolci superbi e la gestrice era una signora di una certa età, sempre molto curata. Frequentandolo spesso Ophelia aveva appreso che era proprio la signora a fare tutto con le sue stesse mani e che, la ragazza più giovane che c'era ogni tanto ad aiutarla era la nipote. Prese posto al tavolo verso la vetrina d'ingresso, dove le piaceva stare per osservare i passanti e ciò che accadeva fuori, quando decise di mandare un messaggino ad un'amica per sentire se avesse avuto voglia di raggiungerla.
    Sammibella, dimmi che non mi lascerai finire da sola una caraffa di caffè e quella torta che tanto amiamo al cioccolato e lamponi spedì questo messaggio a Sam, allegandogli anche una foto del suo volto pregante zoommata quasi esageramente in quel piccolo schermo del cellulare.
     
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    Aveva dormito troppo. Era piuttosto evidente dal tremendo mal di testa che le rendeva piuttosto complesso persino tenere gli occhi aperti. Da tempo ormai non era più abituata a dormire così tanto, per via dei ritmi serrati che aveva acquisito per cercare di stare dietro allo studio, al lavoro e agli amici. Non aveva voluto rinunciare a nulla, e aveva quindi finito con il rinunciare al sonno, dicendosi che, prima o poi, lo avrebbe recuperato. Più facile a dirsi, che a farsi, chiaramente. Si girò sul fianco, alla ricerca del suo telefono, per cercare di comprendere che ore fossero, anche se la luce che filtrava dalla finestra semichiusa le offriva più di un chiaro indizio. Ancora una volta aveva studiato fino a tardi per poi controllare, senza neanche guardare l’orologio, dimenticando di mettere la sveglia. Di solito non ne aveva bisogno, la sua mente riusciva sempre a tornare attiva prima del tempo, ma in quell’occasione non c’era riuscita. Si alzò quindi dal letto di scatto quando notò l’orario, e un pesante giramento di testa la costrinse a portare ad allungare le mani verso il suo stesso volto, cercando di tenere dritta la testa e sperando che in quel modo avrebbe smesso di girare. Non funzionava mai, ma lei si ostinava comunque a provarci. Sapeva che doveva evitare di sollevarsi così di scatto appena sveglia, ma anche quella era una cosa a cui non badava mai troppo, finendo per rimanere poi diversi minuti immobile, cercando di riprendersi. Sbuffò sonoramente quando riuscì a rimettersi in piedi, sfregando le mani contro le spalle per riscaldarsi un po’ e ambientarsi a quella nuova temperatura. Era sempre stata una persona piuttosto freddolosa quindi la stagione invernale non era mai stata la sua preferita, ma faceva il possibile per combattere l’aria gelida con le sciarpe dai colori e dalle fantasie più disparate.
    Osservò pigramente i suoi libri, che ancora troneggiavano sulla scrivania, aperti sull’ultima pagina che aveva iniziato ad assimilare, prima di decidere di non essere più in grado di memorizzare altri concetti per un po’. Ormai le mancava poco alla tanta agognata laurea eppure sembrava che, più il numero degli esami diminuiva, e meno lei aveva voglia di prepararli. Aveva iniziato a scrivere delle email ad un docente, per chiedere un appuntamento per valutare alcuni argomenti di tesi, ma non le aveva ancora risposto. Aveva come la sensazione che sarebbe dovuta tornare a Bergen presto, forse persino prima della data del suo prossimo esame, per parlare di persona con il docente scelto e cercare di avere un po’ del suo tempo. Per sicurezza comunque aggiornò le mail, giusto per essere certa che non ci fosse alcuna risposta, prima di muoversi lentamente verso la cucina. -Jack? - chiamò, con la voce impastata dal sonno, cercando di comprendere se il cugino si trovasse ancora in casa, senza però ottenere alcuna risposta. Avrebbe dovuto memorizzare i suoi orari lavorativi prima o poi, lo sapeva bene, ma in quel periodo aveva così tante cose per la testa, così tanto da ricordare, da non poter aggiungere davvero nient’altro. si massaggiò la testa mentre, ancora a metà tra il sonno e la veglia, andava alla ricerca della caraffa del caffè, sperando che il ragazzo gliene avesse lasciato almeno un po’ prima di uscire. Forse sarebbe stato il caso di prendere una medicina per quel mal di testa, se voleva davvero rimettersi a studiare, ma in cuor suo sperava che un bel caffè sarebbe stato un rimedio sufficiente. In fondo doveva essere soltanto stanchezza. In cuor suo sapeva che, per evitare distrazioni, avrebbe fatto meglio a rimanere nella sua stanza all’università per preparare quell’esame, ma i suoi amici le mancavano e non era riuscita a resistere per più di qualche giorno senza di loro. Inoltre temeva sempre che qualche ricordo potesse sfuggirle, che prima o poi avrebbe dimenticato qualche dettaglio importante, la paura di scordare tutto la teneva sempre terribilmente sulle spine, un richiamo piuttosto forte che la faceva sempre tornare a casa il prima possibile.
    Bergen era una bella città, si trovava bene lì, aveva degli splendidi compagni di corso e andava d’accordo con le sue compagne di stanza, ma a Besaid c’era tutta la sua vita ed era qualcosa a cui non sarebbe mai stata pronta a rinunciare davvero. Aveva visto qualcuno dei suoi amici andare via e non tornare più e ne aveva sofferto incredibilmente, anche se aveva cercato di non darlo a vedere, quindi mai avrebbe fatto volentieri una cosa del genere ai suoi amici. Portando con sé una piccola scorta di caffè andò di nuovo a rintanarsi nella sua stanza, dopo aver messo qualcosa sotto i denti, cercando di riprendere il filo degli studi. Dopo poco più di un’ora il tuo telefono suonò per un breve momento e lei lo afferrò di fretta, ben contenta di potersi concedere un attimo di pausa. Sorrise, con aria piuttosto radiosa, quando lesse il mittente del messaggio, affrettandosi a guardare anche il contenuto. Dammi il tempo di cambiarmi e sono da te! Fu la velocissima risposta che digitò sul telefono, prima di correre a farsi una doccia veloce e mettere addosso le prime cose guardabili che riuscì ad afferrare nell’armadio. Il caffè con Ophelia era uno di quei riti a cui non sarebbe mai riuscita a rinunciare. Prese giusto per sicurezza il libro di letteratura con sé, giusto per evitare di sentirsi troppo in colpa, anche se era convinta che non lo avrebbe aperto neanche per un momento, lo infilò in borsa e poi si affrettò a raggiunger el’auto.
    Non ci fu neanche il bisogno di chiedere in quale locale si trovasse, era bastato l’invito a mangiare quella torta per farle comprendere esattamente dove fosse e fu quindi lì che si diresse, senza porsi neanche una domanda. Un sorriso euforico le si dipinse sul volto quando intravide la testolina bionda dell’amica, affrettando il passo per raggiungerla e abbracciandola, di soppiatto, prima di scoccarle un veloce bacio sulla guancia. -Mi hai appena salvato la vita!- trillò poi, senza abbandonare l’euforia, mentre si sistemava di fronte a lei, sfregando appena le mani una contro l’altra per scaldarle. -Credo che non sarei riuscita a sopravvivere ad un altro minuto di studio. - spiegò, giusto per farle intendere a che cosa si stesse riferendo, prima che lei potesse preoccuparsi senza un vero motivo. -Oh e… ciao, ovviamente, sono incredibilmente felice di vederti! - affermò, poco dopo, come se fosse stato necessario sottolinearlo e non fosse già abbastanza evidente nel suo sguardo e nei suoi gesti. -Hai già ordinato? - chiese, giusto per capire se la stava aspettando o se aveva già dato le ordinazioni di entrambe. In fondo ormai la conosceva e si sarebbe fidato ciecamente di qualunque cosa Ophelia avesse ordinato per entrambe. -Come stai? E’ da un po’ che non ci sentiamo! Scusami ma questi ultimi esami mi stanno davvero facendo impazzire. - mormorò, per poi decidersi a prendere una pausa da tutte quelle parole e lasciarle il tempo di rispondere. Era sempre stata una gran chiacchierona, per lo meno quando era contenta o quando era terribilmente nervosa, ma questo ormai Ophelia doveva averlo imparato sin troppo bene dato che era da una vita che si conoscevano ormai, senza che il loro legame si fosse mai affievolito. Potevano non sentirsi e non vedersi tutti i giorni, ma entrambe sapevano che sarebbe bastato un messaggio o un colpo di telefono per raggiungersi, sempre.

    Edited by Comet - 31/10/2018, 14:13
     
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    «Mentre resto ferma lì, assorta nelle riflessioni sul passato, una fragranza familiare mi riporta di colpo al presente. L’aria è pervasa dal tenue profumo delle burrose tortine Stella, aromatizzate alla cannella e farcite di fichi e prugne, che preparo ogni giorno nella mia pasticceria.»

    Osservava le persone intorno a lei incuriosita Ophelia, mentre chiudeva la lista che la cameriera le aveva prontamente fornito. Andava così spesso in quel posto, che ormai poteva vantare di conoscere il menù a memoria - fatta eccezione per qualche modifica al menù dovuta a qualche necessità stagionale - ed anche le cameriere ormai, portavano lei il menù più per professionalità che per necessità.
    Ciao Ophelia! Sei da sola oggi? non c'è la tua amica? aveva chiesto la ragazza dai capelli bruni che, Ophelia aveva scoperto essere la nipote della proprietaria, nonchè pasticcera del posto. Oh, spero mi raggiunga presto! aveva esclamato lei in tutta risposta, sorridendo alla giovane che ricambiò. Liv, così si chiamava la ragazza, le aveva raccontato di lavorare part-time all'Athemis (la pasticceria dove si trovavano) e part-time nella palestra di famiglia cosa che, spiegava ad Ophelia il motivo del fisico perfetto di quest'ultima. Più di una volta Liv aveva provato a spingerla ad andare a seguire alcuni dei suoi corsi ma, Ophelia si era rifiutata garbatamente di partecipare, essendo troppo pigra per prendere un appuntamento costante con il proprio fisico piuttosto, preferiva andare a fare delle belle camminate quando la pioggia non incombeva sui cieli azzurri della Norvegia.
    Mia nonna sta per sfornare la torta stella che ti piace tanto! la avvisò Liv mi fai venire l'acquolina in bocca! Allora sicuramente una delle mie scelte ricadrà su quella! constatò ben felice, sentendo in bocca il sapore di quella torta che tanto amava e sentendo la stretta dello stomaco che le ricordava il bisogno di mangiare qualcosa di più sostanzioso. Nel frattempo ti ordino l'ultimo tè freddo alla lavanda.. consapevole che a breve avrò bisogno solo di scaldarmi il cuore e le mani.. è cambiato così nettamente il tempo eccome se era cambiato, le giornate si erano terribilmente accorciate e l'aria iniziava a farsi ogni giorno più pungente tanto che ormai, il cappotto invernale le era divenuto indispensabile. Perfetto bella, vado a prepararti il tè e a dire a mia nonna di metterti via un pezzo di torta! dopo quell'affermazione, vide Liv scomparire dietro il bancone ed iniziare a trafficare con i suoi marchingegni.
    Mentre si era persa nei discorsi con la cameriera, Ophelia non si era accorta che Sam aveva già risposto al suo messaggio che, sembrava proprio essere stato gradito. Sorrise, immaginando la facciona della sua amica osservare lo schermo del suo cellulare sorridente e saltare giù dal letto o dai libri - conoscendola! per correre a cambiarsi e raggiungerla. Ecco qua il tuo tè! esclamò Liv, che si era nuovamente materializzata al suo tavolo Appena arriva Sam puoi portare anche una bella caraffa di caffè caldo con del latte a parte e la torta stella, oltre ad una fetta di torta cioccolata e lamponi! la giovane si annotò tutto sul taccuino, prima di lasciarla sola ed andare ad aiutare sua nonna in cucina che, dall'odore intenso di cannella e mandorla, doveva aver sfornato non solo la torta, ma anche i suoi famosi biscotti cannella e mandorle. Inspirò Ophelia, per godere meglio di quel dolce odore e si lasciò andare con il corpo sullo schienale della poltroncina su cui stava seduta. Fuori la giornata si stava aprendo, facendosi meno uggiosa seppur sempre fredda, cosa che poteva constatare dalle nuvolette di vapore che poteva veder fuoriuscire dalle bocche dei passanti. Rabbrividì appena al pensiero dell'inverno e quasi le passò la voglia di bere il suo tè alla lavanda ma, era troppo buono per rinunciarci e a breve, veramente non l'avrebbe più ordinato. Guardando i passanti, potè notare una figura a lei nota, che avanzava sorridente e veloce nella stradina che arrivava al locale fino a recarsi al suo interno mi hai appena salvato la vita!. La sua amica era finalmente arrivata a farle compagnia e su volto di Ophelia, non potè che aprirsi un sorrisone enorme. Ciao Sammibella! esclamò, prima di essere sommersa dalle domande della biodina dagli occhi orientali, cui le parole non mancavano mai. Hai già ordinato? Come stai? le domande arrivarono a raffica e strapparono ora un sorriso più sonoro Ebbene si, Amarantha stava sfornando la sua buonissima torta stella e non ho potuto che cedere.. poi ho preso il caffè e la torta cioccolata e lamponi! non c'erano problemi con Sam, anche lei come Ophelia era piuttosto golosa dei dolci di quel posto che erano tutti freschi e fatti prontamente dalle mani sapienti della proprietaria. La torta stella, era stata proprio la torta simbolo di quel luogo ed era caratterizzata dai sapori della cannella, delle mandorle e dei semi di papavero. Poi mi sono concessa l'ultima tazza di tè freddo alla lavanda ma, devo ammetterlo, ormai per me è giunta la stagione dei pasti e dei liquidi caldi.. nonostante ami con tutta me stessa questo tè, duro un pò di fatica a finirlo.. ne vuoi un pò? chiese lei, porgendole appena la tazza che conteneva il liquido alla lavanda. Tornando a noi, stavo cercando di finire un modellino che devo presentare nei prossimi giorni, ma ormai avevo perso la pazienza e continuavo a perdere pezzi e buttarne giù altri mentre cercavo di inserire i nuovi.. lo sai che ho tanta manualità, so cucire, so tagliare.. ma i modellini, dio se li odio! esclamò Ophelia, facendo una faccia buffa ed esausta all'amica. Tu invece? Hai un esame a breve? Come stai? Cosa mi racconti? Era veramente troppo tempo che non ci vedevamo.. raccontami tutto e aggiornami sulla tua vita che sicuramente sarà più interessate della mia.. triste, piatta e noiosa! scherzò, ammettendo però una piccola verità che ultimamente la rendeva un pò agitata nel suo profondo.
     
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    Allegria. Era questo che Ophelia era sempre riuscita a trasmetterle, sin da quando l’aveva conosciuta. Non erano che due bimbe biondissime allora, con dei grandi occhi azzurri come il cielo. Qualcuno avrebbe potuto scambiarle per sorelle e loro, probabilmente, non avrebbero neanche cercato di negarlo, forti com’erano dell’affetto che provavano l’una per l’altra. Sam custodiva con cura nella sua camera la prima foto che si erano scattate insieme e le mancava trovarsela davanti tutti i giorni, ora che aveva deciso di non rimettere piede in casa dei suoi genitori per un po’ di tempo. Si chiedeva se fosse ancora lì, appesa sopra lo specchio, alla destra del letto, o se qualche folata di vento un po’ troppo forte l’avesse fatta cadere, facendola finire sotto il letto, come era capitato in più di un’occasione. In quei casi si muoveva disperatamente per tutta la stanza, alla ricerca del suo tesoro smarrito, per poi ritrovarla puntualmente sempre nello stesso punto, avrebbe dovuto imparare a cercarla lì, come prima cosa, piuttosto che farsi prendere dal panico. Ma Sam era sempre stata una persona troppo emotiva, di quelle che si facevano investire appieno dalle emozioni, che si buttavano a capofitto in ogni cosa, riflettendo soltanto dopo essersi cacciata in un grosso guaio. Agiva spesso d’istinto, senza pensarci troppo, finendo con il dire o fare qualcosa di sbagliato, mossa soltanto dalla troppa foga, dalla voglia di aiutare, di mettersi in gioco, di fare qualcosa. Il problema però era che nell’ultimo periodo qualcosa era profondamente cambiato in lei, si era fatta un po’ più triste, meno socievole, più riflessiva. I problemi le sembravano montagne insuperabili e le capitava di rimanere immobile, per diverse ore, senza avere idea di che cosa fare. Aveva cercato di rendere la cosa il meno evidente possibile ai suoi amici, ma era abbastanza convinta che, nonostante cercassero di lasciarle i suoi spazi, dovevano essersi accorti di quel cambiamento. Ci stava provando, comunque, a tornare ad essere se stessa, a riappropriarsi di ciò che sentiva di aver perduto. Se in un primo momento si era isolata nella sua stanza all’Università di Bergen, nell’ultimo mese aveva invece cercato di andare fuori città il meno possibile e trattenersi a Besaid, lì dove c’erano tutte le persone che conosceva e a cui teneva di più al mondo.
    Si precipitò quindi fuori di casa il prima possibile quando lesse il messaggio di Ophelia, che invece visualizzò un po’ più tardi il suo. Immaginava comunque che non ci fosse alcun bisogno per lei di leggere che cosa avesse risposto. Quando la raggiunse scoprì che, come aveva pensato in precedenza, l’amica aveva già ordinato tutto il necessario per poter sopravvivere alla fine di quella mattinata nel migliore dei modi: la torta cioccolato e lamponi e poi, la preferita di Ophelia, la torta stella. Sorrise mentre l’amica ammetteva di non essere riuscita a resistere davanti ad un’offerta come quella. Annuì quando le chiese di darle una mano a finire il suo tè freddo, decidendo che non sarebbe stato più il caso di prenderlo almeno per qualche mese. -Sono sicura che finirai con il prenderlo di nuovo, nonostante il freddo. - mormorò Sam, con un sorriso divertito. Sapeva quanto l’amica adorasse quel tè alla lavanda e quanto fosse difficile per lei rinunciare a quell’abitudine nel periodo invernale. Sam invece, per quanto fosse in grado di apprezzare il tè, aveva sempre preferito una buona e sana dose di caffè. Probabilmente ormai tutti i liquidi all’interno del suo organismo dovevano essere composti da quella bevanda, avrebbe dovuto iniziare a ridurne il consumo, ma proprio non ci riusciva. Mandò giù qualche sorso mentre l’amica le raccontava della sua disavventura mattutina con il modellino che doveva presentare nei giorni successivi. Ridacchiò appena, non riuscendo proprio ad immaginare una Ophelia con così tanti problemi nel realizzare qualcosa di manuale, visto che l’aveva sempre considerata un asso in quel genere di cose. -Cavolo, dovevi essere proprio esausta! Davvero non riesco a immaginarti mentre butti giù ogni cosa! Una piccola Godzilla alla riscossa! - la prese un po’ in giro, amorevolmente, rivolgendole però un’occhiata ricolma d’affetto, dopo aver mimato il personaggio appena citato che buttava giù un’intera città. -Io ho un esame tra cinque giorni e sono un po’ in alto mare, davvero non riesco a concentrarmi in questo periodo, non vedo l’ora di prendermi una piccola pausa dallo studio! - ammise, con un sono sbuffo, mentre Liv portava loro la prima fetta di torta ed il caffè. Le sorrise, rivolgendole un leggero cenno di saluto con il capo, mentre continuava a parlare. -A parte questo direi che sto bene, soltanto un po’ più svogliata del solito, ma sto cercando comunque di tenermi in movimento per evitare di poltrire tutto il giorno a letto. - disse ancora, ridacchiando appena, mentre cercava di immaginare come sarebbe stato poter trascorrere un’intera giornata al di sotto delle coperte. -Il primo freddo mi mette sempre un po’ di malumore, ma stare vicina ad un bel fuoco sistema tutto! - continuò, sfregandosi appena le mani contro le braccia soltanto al pensiero del venticello freddo che soffiava all’esterno. -A parte questo, uhm… vediamo un po’… - mormorò, cercando di pensare a che cosa avrebbe potuto raccontarle di più per aggiornarle sugli ultimi sviluppi. -Credo di essermi fatta un nuovo amico qui a Besaid, è un caro amico di Ivar e.. direi che Fred è definitivamente sparito, puff, volatilizzato, come se non fosse mai esistito! - terminò, con un sonoro sbuffo, al solo ripensare al modo in cui se ne era andato, senza dare neanche una spiegazione. Pensandoci bene entrambe non erano state affatto fortunate in campo amoroso. -Tu ahi conosciuto qualcuno? Tuo padre come sta? - domandò mentre, una volta terminato il tè, iniziava a versarsi una generosa tazza di caffè, tagliando un pezzetto di torta e assaggiandola, giusto per essere certa che avesse lo stesso gusto che aveva nei suoi ricordi. -Dovremmo uscire a fare shopping, uno di questi giorni! Giusto per rilassarci un po’ e provare tutte le cose più bizzarre che ci capitano tra le mani! - propose, di punto in bianco, dopo un po’, iniziando a pensare al posto più assurdo in cui potesse portarla.
     
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    Quel posto era un luogo che la rilassava, aveva come un effetto placebo per lei e ogni volta che si sentiva un pò strana o particolarmente giù, Ophelia sentiva la necessità di recarvisi. L'Anthemis era un luogo tranquillo e che trasmetteva calore, grazie alla dimensione del locale non troppo grande e all'arredo naturale e dalle tonalità semplici. Automaticamente le persone che vi entravano lasciavano fuori dalla porta i loro nervosismi e la maleducazione, come se quello fosse un luogo senza tempo e chiunque, giovane o vecchio che fosse, assumevano un tono pacato anche là dove, fissavano per fare due chiacchiere e stare in compagnia. L'insonorizzazione della stanza era ottima e la musica che la proprietaria metteva sempre di sottofondo, attraversava tutte le epoche tanto che incuriosita, Ophelia chiese quale fosse il CD prodotto e Liv - che aveva pensato alla musica - le aveva spiegato che erano un gruppo statunitense che produce cover di brani musicali celebri e di ogni genere, i The Piano Guys. A fare da cornice a quella location, erano proprio le proprietarie del locale che trasmettevano amore e gentilezza da tutti i pori: anche i quei rarissimi casi in cui si ritrovavano a dover rispondere a tono a qualcuno della cliente, riuscivano indubbiamente ad essere sempre professionali e persino divertenti. Perfino la posizione dell'Anthemis era perfetta: vicinissimo al centro, ma ben lontano dal caos di questo. Chi sedeva davanti alle grandi vetrate del locale aveva la possibilità di vedere passare le persone dirette verso il centro oppure, pronte a fuggirne via: Ophelia sperava sempre di poter vedere una scena come quella iniziale della carica dei 101, dove padroni e cani risultavano essere l'esatta copia gli uni degli altri. Quando era sola, si ritrovava spesso ad immaginare le storie dei passanti: cosa stava scrivendo la ragazza che passava al suo cellulare, osservandone l'espressione oppure, la conversazione di quei due amici che stavano passando tirandosi le pacche sulle spalle. Le piaceva liberare la sua fantasia e lasciarla navigare libera tra le onde dei passanti, più o meno in tempesta.
    Sorrise quando Sam dava per certo che avrebbe ordinato nuovamente il tè freddo alla lavande e, forse aveva ragione visto che succedeva sempre, ogni anno. Oh, non è più una novità ormai, no?! sorrise scuotendo la testa Dovrebbero farne una versione invernale.. ma sono certa che non sarebbe la stessa cosa e che risulterebbe molto più banale! ammise convinta. Di contro, c'era da dire che Amarantha faceva un ottimo tè caldo con dentro cannella, arancia e ginger che Ophelia ordinava ogni volta che il freddo le era entrato nelle ossa, senza parlare del vin brulè che capeggiava per odore nella sala, dalle 17 in poi nei giorni invernali. Ho aspettato te per prendere il salato.. non sapevo cosa avevi voglia di prendere e tanto le torte non freddano! spiegò poi, Ophelia avrebbe ordinato sicuramente un toast a base di salmone e avocado, dato che ne era ghiotta e raramente se lo preparava a casa, anche se era un piatto facile e poco pretenzioso. Cavolo, dovevi essere proprio esausta! Davvero non riesco a immaginarti mentre butti giù ogni cosa! Una piccola Godzilla alla riscossa! sorrise guardando l'amica che faceva dei gesti, cercando di mimare il grande mostro non vedo l'ora che arrivino le vacanze di natale.. ho bisogno di staccare un pò e ho la testa da tutt'altra parte.. e vedo che anche per te è uguale! ammise, ascoltando la confidenza di Sam che a sua volta, aveva difficoltà a stare con la testa sui libri. Credo di essermi fatta un nuovo amico qui a Besaid, è un caro amico di Ivar e.. direi che Fred è definitivamente sparito, puff, volatilizzato, come se non fosse mai esistito! Oph spalancò gli occhi incuriosita, osservandola con insistenza come a sollecitarla di raccontare di più UOH! La tua vita è decisamente più interessante e movimentata della mia.. ancora piattissima e triste, tutti gli uomini di questa città mi scansano come se avessi la lebbra! scherzò, consapevole che era anche lei stessa a mettere mille paletti verso gli uomini che incontrava, nonostante ciò era vero che non era facile per lei fare nuove conoscenze, nonostante avesse una vita piuttosto varia. Raccontami tutto! Chi è? Ti piace? E' carino? Lo conoscono? Come l'hai conosciuto? E soprattutto..... chi è Fred?! la rintronò con milioni di domande poste a raffica, come era solita fare quando c'erano delle novità interessanti e non poteva assolutamente togliersi quel sorrisino furbo che le si era stampato sul volto. Fred.. certo che sapeva chi era Fred, ma era ancora il caso di parlarne?! Ne valeva davvero la pena?! Lui era un coglione - o almeno, si era certamente comportato da tale - e Sam non meritava certo una persona così al suo fianco. Pensando a quanto potevano essere maligne ed egoiste le persone, un voltastomaco la raggiunse, per poi trasformarsi in assoluta tristezza. Abbassò gli occhi malinconica, consapevole che doveva prendere nuovamente coscienza della scomparsa della sua migliore amica dalla città. Aveva sopportato una volta la partenza di Astrid e ora, che l'aveva ritrovata, perderla di nuovo l'aveva messa a terra, era come se lentamente stesse scoprendo di non averla mai veramente conosciuta, che l'Astrid con cui aveva avuto a che fare non era la vera Astrid. Se n'era andata di nuovo, incurante di ferire le persone che le avevano voluto bene e che l'avevano vista ri-apparire nelle loro vite. Forse era veramente stanca di soffrire Astrid e non era pronta ad affrontare il suo dolore: la perdita della madre, la perdita del padre, il dover ricominciare a ricordare tutto.. perfino di lei, di Ophelia, la sua sorella per scelta personale e perfino del suo amore passato.. tutto questo per lei era troppo ma allora, chi era quella ragazzina coraggiosa che le aveva dato la forza di andare avanti quando era morta sua madre? Chi era quella bimba dalla chioma rosso fuoco che tutti i giorni e tutte le notti, la supportava prendendola per mano e costringendola a fare dei passi avanti per imparare a percorrere la sua vita anche senza sua madre? Non lo sapeva più e questo, la demoralizzava e la rattristiva allo stesso tempo. Astrid se n'è andata. Lasciò fuggire via quelle parole dalla sua bocca, incapace di tenerle ancora dentro, almeno non con lei che era una delle persone più care che aveva in quella città e che, a sua volta, aveva avuto modo di conoscere bene Astrid. Di nuovo e questa volta, credo sia per sempre ammise, guardando la tazza fumante di caffè che aveva in mano, a sostituire quella del tè alla lavanda ormai finito.
     
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    Quella piccola ed elegante pasticceria era divenuta ormai da anni il loro personalissimo e irrinunciabile punto di ritrovo. Non era più quasi neanche necessario specificare dove si sarebbero incontrate dato che, automaticamente, entrambe, avrebbero pensato subito a quel posto. Ci si erano imbattute quasi per caso, in una giornata particolarmente piovosa in cui si erano andate a rifugiare dentro il primo locale che avevano visto, ritrovandosi davanti una bellissima sorpresa. Le era bastato trascorrere qualche primo minuto in quell’atmosfera calma e accogliente per chiedersi come avesse fatto a non notare quel posto prima d’allora. Poi, lentamente, era divenuto il loro posto, quello dove si incontravano sempre quando avevano bisogno di annegare la tristezza, di staccare dai piccoli e grandi problemi della volta, o di condividere qualcosa di meraviglioso che era appena capitato. Ogni motivo era buono per fare un salto all’ Anthemis, anche soltanto per un breve caffè al volo o per un piccolo saluto alla proprietaria e a sua nipote, che ormai avevano imparato a conoscerle. Iniziavano quasi a preoccuparsi se non le vedevano fare capolino nella pasticceria per troppo tempo. -No, sono sicura che prima o poi lancerai una nuova moda. - ridacchiò Sam, riferendosi ancora al tè freddo alla lavanda, che era da qualche tempo divenuto la nuova passione dell’amica. Lei in un primo momento lo aveva trovato un po’ strano e aveva storto il naso all’idea di provarlo, affezionata com’era all’idea di una bella tazza calda da stringere tra le mani. Era stata ovviamente Ophelia a convincerla, dopo un po’ di tempo e aveva dovuto ammettere anche lei che non era affatto male, sebbene comunque continuasse a scegliere le versioni più calde. -Già. ci ho pensato diverse volte, però in effetti credo che perderebbe tutta la sua poesia. - rispose, immaginando di nuovo come sarebbe stato un tè caldo alla lavanda, arricciando appena l’angolo destro delle labbra mentre si immergeva nei suoi pensieri, per poi scuotere appena il capo. No, probabilmente non avrebbe avuto lo stesso successo.
    -Credo proprio che questa volta mi farò convincere da un Croque monsieur. - mormorò, con un sorrisetto vagamente divertito, quando si iniziò a parlare di quello che avrebbero mangiato. Lo disse come se quella fosse una novità e lei non fosse sempre solita ordinare qualcosa di ipercalorico. Era certa che, prima o poi, il suo fisico avrebbe smesso di assimilare al meglio tutte quelle calorie, ma fino a che poteva approfittarne avrebbe continuato a farlo! Non avrebbe mai detto di no ad un bel cheeseburger con le patatine fritte ad esempio, accompagnate da tanta maionese. Era sempre stata un vero e proprio pozzo senza fondo, ma non se ne era mai vergognata molto. -Ma dai! Io non credo! Secondo me sei tu che non lo noti, sono certa che ci sia la fila, solo che tu non riesci a notarlo! Sei troppo carina perché nessuno ti abbia notata. - disse, in risposta alle parole di Ophelia, annuendo energicamente con il capo. Ophelia era una persona così solare e vivace che per lei sarebbe stato davvero impossibile non notarla, il suo problema era che sapeva essere un po’ timida, a differenza di Sam, che finiva con l’attaccare bottone con chiunque, anche nei momenti meno opportuni. -Si chiama Adam, è il guardiacaccia di Besaid. - iniziò a spiegare poi, parlando della sua nuova amicizia, con un bel sorriso sul volto. Parlare di lui in qualche modo riusciva sempre a metterla di buon umore. -Ci eravamo già incontrati qualche volta per caso, oppure in compagnia di Ivar, ma non avevamo mai parlato molto. - continuò, mentre mandava giù un altro bel sorso di caffè per prendersi una piccola pausa. -Qualche settimana fa sono andata a fare una corsetta nel bosco e sono inciampata come un sacco di patate su una radice sporgente perché una piccola volpe mi ha spaventata. Mi sono presa una piccola storta e non riuscivo a stare in piedi, quindi lui mi ha dato una mano. - terminò, spiegando in breve il modo in cui lei e Adam si erano conosciuti davvero, nonostante lei sapesse ormai da un po’ di tempo chi lui fosse. -Sì è… piuttosto carino. Ma non credo che ci sia niente di più di una bella amicizia. - borbottò poi, arrossendo appena, senza neanche rendersene conto. La verità era che non era mai riuscita a pensare lucidamente alla cosa, ogni volta che ci provava il suo cervello partiva in una direzione tutta sua e lei si ritrovava con più dubbi che risposte. -Già. Dovrei cercare di imparare a vederla così anche io. - disse invece, davanti al suo chiederle chi fosse Fred. Ovviamente Ophelia lo sapeva bene, ma come ormai tutte le sue amiche avevano cercato di farle capire in quei sette mesi, avrebbe fatto meglio a smettere di pensarci e a dimenticarlo, a lasciarlo finalmente andare, esattamente come lui aveva fatto con lei.
    Poi, poco dopo, notò il volto dell’amica rabbuiarsi e allora si sistemò meglio sulla sedia, pronta ad accogliere la brutta notizia che, se lo sentiva, sarebbe arrivata presto. Sentirle nominare Astrid cancellò il sorriso anche dalle sue labbra. Sapeva del suo ritorno, l’aveva incontrata una volta per caso nella libreria dove lavorava ed era stato difficile per lei accettare che non avesse alcun ricordo di lei e del tempo trascorso insieme, quando erano delle ragazzine. Scoprire che se ne era andata di nuovo, senza avere alcuna possibilità di ricordarla, la ferì ulteriormente. Prese un profondo respiro, abbassando gli occhi per un momento prima di rispondere. -Di già? Non era ancora riuscita a ricordarsi di me. - disse quindi, con aria piuttosto infelice, puntando lo sguardo all’interno della sua tazza di caffè. Aveva affrontato il suo ricordo cullandosi nell’idea che, un giorno, sarebbe riuscita a farle riacquisire la memoria dei momenti passati insieme, ma da quanto le aveva appena detto Ophelia non avrebbe più avuto alcuna occasione per riuscirci. -Come lo sai? Ti ha detto qualcosa? - chiese, sporgendosi appena in avanti, come se in quel modo sarebbe stato più semplici sentire le sue parole e quindi riuscire ad assimilarle senza che le facessero male. -Ehi… - la chiamò poi, allungando una delle sue mani per sfiorare quella dell’amica, guardandola di nuovo in volto e rivolgendole un dolce sorriso. -Io ci sarò sempre, in qualunque momento, potrai sempre contare su di me. - mormorò quelle parole con tono serio e deciso, come se volesse accertarsi che Ophelia capisse quanto credeva in quello che le stava dicendo. Lei non sarebbe mai stata in grado di lasciarsi qualcuno alle spalle, né voleva farlo. -Che dici? Ordiniamo e anneghiamo i nostri dispiaceri nel cibo? - le chiese, a quel punto, facendole un leggero occhiolino e riportando la sua mano alla tazza di caffè, per poi fare un leggero cenno a Liv per chiederle se potevano darle le loro ordinazioni. Astrid sarebbe sicuramente mancata ad entrambe, ma avrebbero dovuto imparare a convivere con la cosa e con la consapevolezza di non poterla più riavere indietro.
     
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    Ophelia Jensen-Spector | 24 anni | proiezione mentale

    Aveva una fame matta. Pensava al cibo da quando si era svegliata quella mattina e sentire tutti quei buoni odori che aleggiavano nell’aria della caffetteria, non aiutava molto. Ophelia non amava cucinare ma, amava moltissimo mangiare e soprattutto, mangiava di gusto. Non era mai stata una ragazza che si faceva problemi nel mangiare, ciò che le andava lei lo buttava giù, senza pensare ad una dieta o che, sarebbe potuta ingrassare di qualche chilo di troppo. C’era da dire che era in sé, fortunata per due motivi: il primo, perché le avevano donato un corpo ed un metabolismo che bruciava abbastanza grassi, il secondo, perché come persona, amava gusti semplici e per lo più i mangiari sani. Era soltanto nei periodi vicini al ciclo che si lasciava andare a tutte le schifezze di cui il suo corpo aveva bisogno.

    Sam come sempre, era adorabile e Ophelia se la osservava compiaciuta mentre la ascoltava parlare. Aveva un’eleganza innata d’altri tempi, tutto quello che faceva o che diceva, appariva quasi etereo ed era una fortuna non indifferente. Condivido il tuo pensiero mia cara, caldo perderebbe sicuramente tutto il suo perché sorrise, guardando gli occhi cerulei della sua amica. Delle volte, aveva provato invidia – una sana invidia, ovviamente – nei suoi confronti. Quando Ophelia stava con Erik, si era ritrovata a dover fare presenza a degli eventi dove tutta la società altolocata di Besaid prendeva parte e lei, si sentiva un pesce fuor d’acqua oltre che inadatta. Era una persona semplice lei, dai modi si sempre educati e gentili, ma al contempo molto semplici per quanto poteva notare, nell’osservare tutte le persone che la circondavano a quegli eventi. Sam invece aveva quella postura e quella delicatezza che l’avrebbero indubbiamente resa parte integrante di quel quadro dipinto dall’alta società, qualcuno che certamente sarebbe riuscita a conquistare con il passare del tempo il suo posto tra quelle persone così chiuse.
    Quel ricordo le portò un po' di malinconia, insieme ai discorsi che aveva appena fatto con la sua cara amica. Erano ormai troppi anni che Ophelia non aveva nessuno, due anni di pura magra nella sua vita sentimentale perché lei, non era capace di donare il suo corpo ed il suo cuore a chiunque. Ophelia era capace di stare da sola, l’aveva sempre fatto nella sua vita, quando era venuta a mancare sua madre e poi, quando era rimasta da sola, senza la sua migliore amica e senza il suo fidanzato. Era diventata brava ormai, a lasciarsi cullare da quella silenziosa malinconia e solitudine che sembravano cullarla come le onde del mare, che violente arrivavano sugli scogli senza mai scalfirli però. Aveva imparato a farsi compagnia da sola, a parlare con i suoi demoni e ad affrontarli, come da piccola quando da sola si trovava a giocare nella sua mansarda sotto il tetto piovente, in quell’angolo che tanto amava e che si era ritagliata per sé con una tenda dai mille colori. Perché doveva accontentarsi? Perché doveva accettare di condividere la propria vita con qualcuno che non sentiva abbastanza affine a sé? C’era un proverbio che diceva meglio da soli che male accompagnati e questa era un po' la sua filosofia di vita, nonostante oggi sentisse maledettamente la mancanza di qualcuno a suo fianco, con cui condividere le proprie passioni e dal quale farsi coccolare un po'.

    Oh Sam, tu sei troppo buona con te e sono i tuoi terribilmente dolci e amorevoli occhi dell’amicizia a vedermi così.. ma ti voglio bene anche per questo! le aveva confidato Ophelia. Era veramente grata alla sua amica per starle vicino e per condividere ogni momento della sua vita con lei, di aver accettato la sua amicizia con Astrid e poi, di averla consolata – non solo una volta, ma ben due – quando questa se n’era andata. Sam aveva sempre una parola buona per tutti e come lei, nella maggior parte dei casi era una persona dalle vedute positive. E comunque, direi che non dobbiamo parlare di me.. piuttosto di te, dato che hai qualcosa di molto interessante da raccontare! la incitò, cercando anche di cambiare il discorso e di farsi distrarre da qualcosa di decisamente più interessante della sua triste vita amorosa, che si era fermata a ben due anni fa, quando il suo primo ed unico amore si era allontanato da lei con la coda tra le gambe. Appoggiò la testa sulle mani, pronta ad ascoltare con attenzione i racconti della sua amica, che prese finalmente a narrare la storia di come aveva conosciuto Adam. Oh, era un amico di Ivar, quindi anche Ophelia sicuramente l’aveva conosciuto, data la vicinanza di quest’ultimo con Astrid, peccato che Ophelia fosse pessima con i nomi e spesso finiva per dimenticarsi quelli delle persone che aveva visto poche volte. Però, mentre Sam le parlava, la giovane bionda dal volto più paffuto poteva vedere in quegli occhi che conosceva anche fin troppo bene, una luce diversa, più viva e luminosa. I tuoi occhi parlano, mia cara Sammibella e questo, potrebbe essere moooolto interessante! Quindi smettila di parlare di amicizia e di mettere le mani avanti prima di provare a vivere quello che da qui in avanti succederà.. potrà essere una bella amicizia, come potrà essere qualcosa di più.. ma promettimi di lasciar correre le cose e di non metterti dei paletti perché sei troppo spaventata di quello che potrebbe succedere o di come potrebbe finire le disse tutto d’un fiato, nella paura che la sua amica potesse lasciarsi trascinare dalla brutta esperienza vissuta da quella faccia da clown che aveva avuto nella sua vita. Spesso, quando una persona veniva ferita, automaticamente creava un muro davanti a se per non soffrire nuovamente ed Ophelia, non voleva questo per la sua amica perché Sam, si meritava amore, sorrisi e divertimento. Si meritava qualcuno che si sarebbe preso cura di lei e nonostante gli alti e bassi di una vita mortale, avesse fatto di tutto per far funzionare le cose. Sai, questa cosa di Astrid mi ha insegnato che spesso abbiamo troppo poco tempo per perderlo in pensieri e cose non vissute! confessò, confermandole che Astrid se ne fosse andata veramente e confidandogli anche, a malincuore, che se doveva fare così, tornare e andarsene quando voleva, Ophelia preferiva che questa prendesse la sua strada per non ritrovare più quella di casa, perché così continuava a ferire troppe persone che non lo meritavano affatto. Quindi, raccontami di più.. com’è questo Adam? Biondo? Moro? Se è un amico di Ivar l’avrò sicuramente visto con Astrid.. si chiese, provando a pensare un po' ai vari volti che aveva visto vicino all’ex fidanzato della sua amica rossa.
     
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    Sam adorava trascorrere del tempo insieme ad Ophelia, erano così simili sotto certi aspetti e così complici, che in un’altra vita sarebbero probabilmente potute essere sorelle. Essendo figlia unica Samantha non poteva sapere esattamente che cosa volesse dire avere una sorella, ma sapeva bene quanto forte fosse il legame che la univa alle sue più care amiche. Tra le tre Ophelia era la più timida e la più dolce, quella con cui poteva stare seduta ad un tavolo per delle ore, chiacchierando del più e del meno, senza rendersi conto dello scorrere del tempo. Fae e Malice invece sapevano essere molto più movimentate e finiva sempre con il seguirle in una delle loro bizzarre idee. Ophelia era dolce e pacata, un piccolo raggio di sole sempre sorridente, un punto fermo all’interno della sua vita che non avrebbe mai cambiato posizione. Anche loro avevano avuto dei momenti in cui si erano un po’ perse di vista, per i motivi più disparati, e avevano iniziato a sentirsi un po’ meno, eppure entrambe sapevano che, in qualunque momento, sarebbe bastato digitare il numero dell’altra, o scrivere poche parole in un messaggio, perché l’amica si precipitasse nel punto stabilito, senza neanche fare domande. Si conoscevano da talmente tanto tempo che ormai bastava una semplice occhiata per comprendersi, oppure un tono di voce leggermente diverso dal solito. Erano così abituate ai dettagli l’una dell’altra da notare subito una piccola differenza quando se la trovavano davanti. Ed era questo il bello delle amiche, il fatto che queste riuscissero a capirti senza il bisogno di rivelare ogni cosa.
    Non poteva comunque dire che non le fosse mancata in quelle settimane in cui, per colpa dello studio, entrambe avevano avuto poco tempo per uscire. Sam si era sentita sola in quegli ultimi tempi, sebbene fosse stata lei a cercare di isolarsi dai suoi amici e dalla sua famiglia, per cercare di assimilare la scomparsa di Fred senza l’aiuto di nessuno. Da mesi ormai non faceva che rimpiangere la sua scelta di essersi scritta all’Università di Bergen e in più di un’occasione aveva pensato di chiedere un cambio di sede e di terminare di dare gli esami a Besaid. Salvo poi rendersi conto che mettere nelle mani di docenti che non aveva mai conosciuto gli ultimi voti che le mancavano prima della laura e cambiare relatore, buttando via tutto il lavoro già svolto per la tesi, non fosse poi un’idea così brillante e che avrebbe quindi fatto meglio a stringere i denti e trascorrere meno tempo a Bergen se questo poteva aiutarla. Le mancava la sua casa, la sua famiglia, i suoi amici. E si era pentita anche di aver allontanato tutti, cercando di evitare il telefono per qualche settimana, prima di tornare sui suoi passi e rendersi conto di non poter sopravvivere senza tutti loro. Erano i suoi affetti, dopotutto, ad aver sempre mantenuto ferma la sua idea di tornare a Besaid, settimana dopo settimana, per non dimenticare mai nessuno, per non lasciare che i suoi ricordi sbiadissero sino a finire nel dimenticatoio forse per sempre. Sentiva il bisogno di passare più tempo con loro, di dimostrare alle persone che voleva bene che lei era ancora lì e che, nonostante le avversità, non aveva alcuna intenzione di andare via ed escluderli davvero dalla sua vita.
    Dopo le prime chiacchiere generali il discorso si fermò sulla questione Adam e Sam si ritrovò ad arrossire appena nel trovarsi incastrata in un argomento sul quale non sapeva bene che cosa dire. Lei fino a quel momento si era sempre sforzata di non dare alcuna definizione al loro rapporto, di lasciare che le cose fluissero, senza soffermarsi troppo a pensare. Sapeva che, se si sarebbe fermata ad analizzare il tutto in maniera più lucida, avrebbe finito con il fuggire via, il più lontana possibile, spaventata dall’idea di poter provare di nuovo dei sentimenti per qualcuno. Si strinse quindi appena nelle spalle, abbassando leggermente lo sguardo, quando l’amica la invitò a non precludersi volontariamente delle strade e a non mettersi dei paletti da sola, soltanto per paura. Era come se Ophelia potesse leggerle nel pensiero e sapere esattamente che cosa lei stesse pensando. -Non lo so. Credo di non essere ancora pronta per affrontare una cosa del genere ma ci penserò e cercherò di fare il possibile per seguire il tuo consiglio. - disse quindi, con l’accenno di un sorriso sperando di avere davvero abbastanza coraggio per farlo. Negli anni precedenti si era sempre buttata a capofitto con le persone, sfoderando la sua parte più espansiva e spensierata, aprendosi spesso anche troppo con chi non lo meritava. Poi tutto era cambiato e ora si sentiva come se attorno a lei tutto fosse cambiato e le persone avessero iniziato a seguire delle regole che lei non conosceva più, come se avesse perso il libretto di istruzioni della sua stessa vita e non sapesse come riuscire a riprenderne il controllo e trovare la giusta via. Non riuscì ad aggiungere altro quando Ophelia rincarò la dose, parlando di come la seconda sparizione di Astrid l’avesse aiutata a pensare e a comprendere che il tempo con le persone era poco e per questo non poteva andare sprecato. Annuì appena, prendendo un lungo respiro. Sapeva che la sua amica aveva ragione eppure dentro di lei sentiva che i frammenti non erano ancora tornati tutti al loro posto e di non essere pronta per lasciarsi andare con qualcuno. Probabilmente era sbagliato e un giorno se ne sarebbe pentita, ma per il momento preferiva preservare se stessa e prendersi il tempo necessario per guarire.
    -E’ moro. - disse, ridacchiando appena, sottolineando quindi la palese differenza con Fred che invece era biondo. -Non so però da quanto lui e Ivar si conoscono. Credo di averli visti insieme qualche anno fa ma non ho mai chiesto ad Adam se lui sia sempre stato qui oppure no. - mormorò, stringendosi appena nelle spalle. Erano sempre stati entrambi piuttosto riservati e premurosi nei confronti della vita dell’altro, evitando di porre troppe domande personali, entrando in punta di piedi prestando sempre attenzione a chiedere il permesso prima di aprire la porta. Forse era proprio per questo che si trovava così bene con lui, perché era paziente e sempre molto attento a non fare neanche un piccolo passo in più di quanto lei volesse concedergli. -Nessuno dei due ha mai fatto troppe domande personali, abbiamo lasciato che le cose venissero fuori da sole ed è per questo che mi piace passare del tempo con lui, perché non pretende che io gli racconti tutto subito, non è una persona aggressiva. - continuò, rendendosi conto di poter trovare molti pregi in lui e, per il momento, davvero nessun difetto. -Comunque anche tu dovresti cercare di lasciarti un po’ andare e di permettere a qualcun altro di avvicinarsi a te. - disse, a voce un po’ più bassa, riprendendo a guardare l’amica negli occhi. Sapeva che, da quando lei e Erik si erano lasciati, non era riuscita a guardare nessun altro nello stesso modo e non voleva che, neanche lei, finisse con l’arrendersi. -Sono sicura che ci sia qualcuno là fuori che ti sta soltanto aspettando. - terminò, con un largo sorriso, sperando di essere abbastanza incoraggiante.
     
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