The ocean and the wind and the stars and the moon will all teach you many things

Sam & Adam

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    Era da qualche giorno ormai che si sentiva terribilmente confuse e spaesata. Aveva cercato di trovare il supporto di Mal e di Fae, le aveva tempestate entrambe di messaggi per spiegare ogni cosa, in ogni più piccolo dettaglio, nella speranza che questo bastasse a fare chiarezza nella sua mente, ma non era stato sufficiente. Non capiva che cosa fosse quella strana sensazione che le attanagliava lo stomaco quando pensava a lui, o forse lo sapeva, più che bene, soltanto che non era ancora pronta ad ammetterlo oppure a crederci. Lei e Adam erano amici, era questo che continuava a ripetere a se stesse e alle sue migliori amiche, come se continuare a ripeterlo fosse sufficiente a risolvere ogni cosa. Era vero, in qualche modo, dopo quel primo sfortunato incontro nella foresta, in cui lui l’aveva aiutata a tornare a casa, aveva iniziato a pensare a lui come un amico, piuttosto che ad un semplice conoscente con cui aveva scambiato pochissime parole. Avevano iniziato a scriversi, ad organizzare delle lunghe passeggiate nel bosco, e tutto per lei sarebbe stato assolutamente normale se soltanto qualche piccolo dettaglio non fosse sopraggiunto a modificare parzialmente le cose. Scoprire della sua particolarità era stato piuttosto strano. Non per la particolarità in sé che, per quanto inaspettata, non le aveva creato alcun problema, ma per il modo in cui era venuta a saperlo e per tutto quello che era capitato quel pomeriggio, con tanto di ferite e viste di Adam completamente privo di veli. Al solo pensiero era sicura di poter arrossire di nuovo, proprio come bambina. Non era certo la prima volta che vedeva un uomo nudo, cavolo! E allora perché gli aveva fatto tutto quell’effetto? perché non riusciva a togliersi quell’immagine dalla testa? Doveva esserci qualcosa che le sfuggiva. A questo, poi, si era sommato quel quasi bacio che lui le aveva dato quando aveva abbandonato la sua forza di lupo per tornare a quella umana. Non era stato neanche un bacio a tutti gli effetti, quindi perché aveva iniziato a fare tutte quelle storie ed era corsa a raccontarlo a Fae e Mal? Inspiegabile, anche questo. Tutto negli ultimi tempi era divenuto inspiegabile per lei ed era forse questo a confonderla così tanto, il fatto di non avere alcuna risposta, di sentirsi così smarrita, così… fragile? Insicura? Indifesa? Perché mai doveva sentirsi in quel modo? Sciocca, ecco come si sentiva. Stava dando troppo peso a quelle cose, se la stava prendendo a cuore come se fosse stato effettivamente importante, come se volesse dire davvero qualcosa, ma si sforzava di pensare che non fosse così. Doveva essere tutto soltanto un caso, probabilmente lui neanche ci pensava.
    A questo si era sommato il ballo che avevano condiviso la notte di Halloween, quando, per uno strano scherzo di zia Malgy, aveva creduto di essere davvero Emily, la sposa cadavere, ed era andata alla ricerca del suo sposo perdeto, credendo di trovarlo in Adam. Quando diavolo era incredibile? Perché mai gli era saltata in mente una cosa così stupida? Però ne avevano riso, seppure in maniera un po’ imbarazzata, trovando assolutamente buffa tutta quella serata, soprattutto il tizio strambo che aveva spruzzato su di loro tutta quella panna e l’aveva poi costretta a portare il costume in lavanderia, per eliminare tutto lo sporco. Riflettendo sulla serata con un’aria un po’ distaccata tutto poteva sembrare soltanto una cosa terribilmente divertente: Ivar più triste e rassegnato del solito, Adam più allegro del solito, Fae era stata comunque Fae, nonostante tutto, Mal era un adorabile Roger Rabbit, con una moglie-uomo piuttosto procace, che si era esibito in un buffissimo numero canoro, Eddie era stato un ottimo Spider-Man e avrebbe dovuto chiedergli qualcuna delle strepitose foto che doveva aver realizzato dall’alto delle sue ragnatele! E poi quel tizio che non conosceva affatto, che era arrivato alla festa da solo, con un improbabile vestito da fallo. Certo non era quello che si aspettava quando Fae l’aveva convinta a partecipare alla festa, ma si era divertita, nonostante tutto. Il problema continuava ad essere sempre lo stesso. Perché cercava sempre di aggrapparsi a quei dettagli? Perché continuava a pensarci?
    Erano stati i messaggi di Adam, che era apparso sin troppo tranquillo dopo quella serie di bizzarri eventi, che l’aveva spinta a cercare di darsi una regolata e riprendersi. Se lui sembrava tranquillo e si comportava come se niente fosse accaduto, perchè lei avrebbe dovuto fare altrimenti? Se ci fosse stato qualcosa di strano, o di diverso, ne avrebbero sicuramente parlato, no? Eppure Fae continuava a spingerla a chiedergli di uscire, a cogliere la palla al balzo. A nulla ovviamente serviva il suo continuare a ripetere che loro fossero amici, soltanto amici, l’amica non sembrava proprio volerselo mettere in testa. Però, in effetti, vedersi forse l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee e smetterla di farsi tutti quei problemi. Sarebbe bastato incontrarsi per capire se le cose erano esattamente come prima o se qualcosa di diverso avesse lasciato qualche segno. Scappare e nascondersi non sarebbe servito a nulla, lo aveva capito ormai. Quindi, quando Adam le aveva scritto un messaggio per chiederle come stava, lei aveva colto la palla al balzo e, senza neanche sapere da dove fosse arrivato tutto quel coraggio, dopo qualche messaggio, lo aveva invitato a raggiungerla in spiaggia. L’idea di vedersi di nuovo nel bosco, dopo le ultime avventure, non le aveva neanche sfiorato l’anticamera del cervello. Aveva bisogno di cambiare aria, almeno per un po’, e cercare di eliminare tutta quella negatività che sembrava seguirli ogni volta che mettevano piede nel bosco. Magari cambiare luoghi degli incontri poteva giovare alla loro amicizia. Gli aveva chiesto se gli andava di farle compagnia con il windsurf, dato che quelle ultime giornate erano state ottime per il vento e che lei comunque avrebbe potuto barare un po’ per rendere le cose più semplici, scoprendo perà che Adam non aveva neanche idea di come si utilizzasse. Da lì le era venuta un’idea geniale: potevano vedersi sulla spiaggia e lei avrebbe potuto spiegargli un po’ come funzionava così, più avanti, avrebbero potuto praticare quello sport insieme! Come aveva fatto a non pensarci prima? A nulla erano valsi i tentativi di lui di dire che non credeva che fosse proprio uno sport adatto e che era certo che avrebbe finito con il combinare qualche guaio, lei ormai aveva deciso: Adam avrebbe imparato quello sport. Chiuso. Fine del discorso.
    Gli aveva dato appuntamento mercoledì mattina alle 10.00 sulla spiaggia di Bedais, precisamente davanti al chioschetto che aveva come insegna una piccola palma e gli aveva consigliato di vestirsi in maniera comoda e un po’ sportiva, giusto per non avere problemi nei movimenti. Gli aveva assicurato che per quel primo giorno non lo avrebbe portato in acqua, anche perché in effetti senza il giusto equipaggiamento sarebbe probabilmente morto di freddo, e che gli avrebbe giusto dato qualche nozione base. Così, per iniziare. Quella mattina quindi si era svegliata con aria piuttosto pimpante, aveva preparato il caffè, e poi aveva iniziato a preparare tutto quello che le sarebbe servito per quella energica mattinata. Aveva sistemato la tavola la sera prima e aveva iniziato a mettere il tutto sopra la macchina, ma era comunque meglio controllare per evitare di dimenticare qualcosa. Fischiettando con aria sin troppo allegra aveva quindi guidato sino alla spiaggia, lasciando la muta in macchina e preferendo indossare anche lei, in quel caso, qualcosa di più semplice, giusto per non darsi un’aria troppo professionale e far sembrare il tutto meno impegnativo. Il sole splendeva alto nel cielo ed emanava, fortunatamente, un certo calore, cosa che li avrebbe aiutati a non pensare troppo al freddo o a qualunque altra cosa. Posizionò la tavola e il ring sulla sabbia e poi si sedette poco distante, dando un’occhiata al telefono, per controllare eventuali notizie, facendosi poi una foto con la tavola alle spalle e mandandola ad Adam, giusto per fargli capire che lo stava aspettando. Era in anticipo, se ne rendeva conto, ma non aveva potuto evitarlo, era stata davvero troppo impaziente di giungere a destinazione.
    -Ehi! Ciao! - lo salutò a gran voce, con un largo sorriso sulle labbra, quando vide arrivare, saltando subito in piedi come un piccolo grillo, sfoderando un’aria sin troppo pimpante. -Sei pronto? - chiese, senza abbandonare tutta quell’evidente euforia che in effetti avrebbe anche potuto spaventare Adam, ma non vi badò. -O preferisci prima andare a prendere un caffè o qualunque altra cosa? - chiese, dandogli comunque la possibilità di rimandare, almeno di qualche breve minuto, l’inizio di quella “lezione” privata. Probabilmente Adam si sarebbe ritrovato a chiedersi che cosa aveva fatto di male nella vita per dover avere a che fare con Fae e con Sam.
     
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    Adam non sapeva precisamente cosa gli fosse rimasto dentro, quando pensava alla sua vita romantica. Ad Engel aveva dato tutto ed anche di più, uscendo dalla sua comfort zone, cercando di farla felice, e di offrire se stesso come spazio sicuro per lei. Eppure, se n'era andata. Le sue ragioni erano state più che valide per lasciare Besaid, ma lo erano state altrettanto quelle per le quali aveva scelto di tenere Adam completamente all'oscuro della sua partenza? Era stato oltremodo ingenuo da parte sua, pensare di poterlo proteggere colpendolo con un'improvvisa sparizione; non quando avrebbero potuto parlarne, non quando avrebbero potuto vivere appieno dei momenti che, di fatto, erano stati gli ultimi di quella relazione. Non faceva più male ripensarci, non dava più quelle fastidiose fitte al petto ricordare, e Adam ormai aveva capito che non era nella sua natura restare fermo. Doveva trasformarsi, sempre. Non aveva mai amato così intensamente prima di incontrare la rossa, non aveva mai sentito quella paura terribile insinuarglisi nel cuore nel vederla ferita alla casa degli specchi; non aveva mai avuto il terrore di perdere o di vedere la vita abbandonare la persona che amava, prima di lei. Conoscere quelle sensazioni sfiorando la morte col palmo della mano lo avevano reso oltremodo protettivo dei suoi equilibri, fragilmente ricomposti dopo essersi rotti così disastrosamente. Eppure, adesso che era un uomo diverso, sentiva di poter accogliere della nuova felicità nella sua nuova forma. Era curioso, non più spento, voleva riprendere a vivere appieno come aveva sempre fatto, non solo con se stesso ma anche con gli altri. Per questo era motivato a lavoro, godeva del suo tempo con il branco e con i suoi amici. Eppure, non si era ancora concesso di esporsi romanticamente a nessuno. C'erano delle crepe dentro di lui che probabilmente sarebbero state riempite solo con l'amore di qualcun altro, ma erano così vulnerabili che il ragazzo cercava di ignorarne l'esistenza, faticando nel mostrarle ad altri. Allora, perchè Sam lo stava scombussolando così? Perchè da quando lui l'aveva aiutata nel bosco la prima volta, aveva iniziato ad osservarla di più, riservandole ogni attenzione possibile? Perchè poi, quando lei l'aveva guardato posando i suoi occhi azzurrissimi su di lui dopo averlo salvato dalla trappola, il cuore aveva preso a battergli più selvaggio nel petto, come se gli stesse davvero chiedendo di ascoltarlo? Che lei gli piacesse, era indubbio. Era raro, che Adam si sbilanciasse così per una persona durante i primi tempi di conoscenza, ma man mano che i due avevano iniziato a contattarsi e ad uscire qualche volta di più, lui aveva scoperto più cose su Sam, e la trovava sempre più interessante e piacevole; la sua presenza era positiva e rincuorante, e ogni volta che lui tornava a casa dopo essere uscito con lei, sentiva un po' come se il tempo fosse passato troppo in fretta e desiderava vederla ancora. Dopo aver invaso di messaggi Ivar, Fae e Jude, Adam si era finalmente deciso a scrivere di nuovo a Sam, cercando di essere il più naturale possibile; non voleva che le cose tra loro si incrinassero per il troppo imbarazzo, o per ciò che era successo nel bosco. Se non altro, lui non poteva che esserle grato per averlo salvato così coraggiosamente da quella trappola, di cui ancora portava i segni.
    Entrambi si erano mostrati intraprendenti e al tempo stesso vulnerabili, in tempi e modi diversi, ed ogni momento, Adam, l'aveva gelosamente custodito nella sua memoria, finchè finalmente le risposte da Sam non arrivarono più lineari, tanto che i due si organizzarono per vedersi in spiaggia. Il ragazzo adorava quel punto di Besaid, era collegato perfettamente al bosco e non faceva che estendere la distesa naturale della cittadina, incatenata tra i monti ed il mare. Di solito, il guardiacaccia visitava la spiaggia coi suoi cani, che erano sempre felici di poter zompettare allegramente nella sabbia, i ciottoli e l'acqua. Stavolta però, Adam aveva deciso di concedersi un giorno libero –dal lavoro e dai suoi doveri con Thunder e Maina, ed accettò più che volentieri di incontrare Sam mercoledì mattina alle 10.00. Era dalla festa di Halloween che i due non si vedevano, e nonostante l'ubriacatura quasi estrema, il bacio inconsulto ad Ivar, le foto di Zia Malgy, la panna di Roy, ed i vari invitati strambi e divertenti, Adam ancora non riusciva a togliersi dalla testa la sensazione del corpo minuto e femminile di Sam contro il proprio mentre ballavano. I capelli biondi di lei appena pressati contro il petto, le sue braccia minute attorno al torace, il suo respiro caldo e quieto contro la pelle. Come se fosse stato lucidissimo, Adam ricordava tutto proprio come se stesse avvenendo in quel momento. Eppure, sapeva che non avrebbe dovuto dare troppo spago alle sue sensazioni, ma piuttosto al cervello, che gli diceva di non allontanarsi troppo dalla realtà, di vivere nel momento, e non nelle sue percezioni del passato. Quando si trattava di Sam, tuttavia, farlo non era così semplice come sembrava. A dispetto di tutto però, il ragazzo aveva preso il coraggio a due mani e proprio qualche giorno dopo quella festa aveva contattato l'amica, chiedendole come stesse. Da lì, messaggio dopo messaggio, i due si erano accordati per quell'incontro. La sera precedente, nel sapere che avrebbe visto Sam, Adam si era addormentato più sereno; sapeva che, se ci fosse stato qualche problema - sia per via dei recenti avvenimenti nel bosco, che per via della festa - la ragazza molto probabilmente non avrebbe voluto vederlo o avrebbe espresso i suoi dubbi. Eppure, era stata lei a proporre quell'incontro successivo, quindi nel momento in cui aveva chiuso gli occhi, il guardiacaccia sapeva già che il giorno seguente sarebbe stato impaziente di incontrarla. Stranamente, quella mattina Adam si era svegliato più tardi del solito; nonostante fosse estremamente mattiniero, aveva iniziato a destarsi dal sonno alle nove. Nell'osservare la sveglia vicina al letto, il ragazzo si mise subito seduto, decisamente preoccupato di fare tardi, tutto d'un tratto. Il sole invadeva, nonostante la giornata ventosa, tutto lo spazio di casa di Adam, che sgusciò via da sotto le coperte e si occupò di dar da mangiare ai cani, per poi fiondarsi a prepararsi. Nel giro di mezz'ora, era quasi pronto. Portandosi un asciugamano sui capelli per asciugarli il più velocemente possibile, il ragazzo seguì alla lettera le istruzioni di Sam, che gli aveva suggerito di indossare abiti comodi. Dunque, data la bella giornata nonostante fosse Novembre, il guardiacaccia optò per una semplice canotta blu e dei jeans neri. Sapeva che avrebbe fatto una figuraccia, completamente inesperto di windsurf, ma avrebbe lasciato a Sam tutto il campo libero che le serviva per insegnargli qualcosa. Inutile dirlo, sulle prime lui aveva cercato di divincolarsi dal ruolo dell'allievo il prima possibile, ma Sam sembrava irremovibile sull'argomento, e Adam non potè più esimersi dall'accettare. Gli piaceva quello spirito propositivo e fiero che lei dimostrava sempre di avere, andandogli incontro con pazienza ma spronandolo anche a fare nuove esperienze - era un approccio che lo faceva sentire bene, vivo.
    Osservandosi solo qualche attimo allo specchio, Adam aggrottò appena le sopracciglia. Si sentiva troppo semplice, a volte. Forse, avere qualche tratto più sofisticato sarebbe stato più piacevole per le persone che lo circondavano, eppure non sarebbe stato da lui, e chi gli voleva bene, lo amava per ciò che era. Quindi, eliminate le insicurezze e presi portafogli, telefono e chiavi di casa, il giovane uscì dall'abitazione dopo aver salutato Maina e Thunder. Da lì, il ragazzo iniziò a camminare a passo sicuro verso la spiaggia, assottigliando appena gli occhi per via della luce radiosa del sole, quando posò le sue iridi castano-dorate sul cielo, per il momento privo di nuvole. Il vento echeggiava un po' insistentemente tra le fronde, segno del fatto che quel giorno soffiasse più potente. Passo dopo passo, Adam si rese conto di essere gradualmente sempre più impaziente di arrivare a destinazione, un po' per calmare il leggero nervosismo che ogni volta lo pervadeva quando avrebbe dovuto far qualcosa di nuovo, ed un po' per il fatto che dopo tutto ciò che era successo, avrebbe rivisto Sam. Mentre camminava, calpestando ritmicamente le foglie secche del bosco e seguendo inconsciamente il tamburellare regolare ma concitato del suo cuore, Adam ricevette un messaggio. Agguantando il telefono, si fermò un attimo per poter leggere di cosa si trattasse, ed era stata proprio l'amica a scrivergli, o meglio, a mandargli una foto. Lei era pronta, era già lì, e sembrava essere luminosa tanto quanto la luce del sole di quella mattinata. Riponendo subito il telefono in tasca con un leggero sorriso sulle labbra, il ragazzo allora allungò il passo - già rapido - verso la spiaggia, sbucando esattamente sulla costa, dopo aver percorso un sentiero poco conosciuto che si collegava direttamente alla foresta. L'aria del mare subito invase le narici di Adam, che avvertì immediatamente il cambio nell'ambiente circostante, ed iniziò subito a cercare Sam con lo sguardo. Dopo essersi guardato intorno ed aver proseguito ancora per qualche metro, ecco che la figura femminile e minuta della ragazza incontrò le sue iridi. Era seduta sulla sabbia, con i capelli lunghi e biondi che si muovevano morbidamente, mossi dal vento. Accanto a lei, c'era la famigerata tavola, su cui il guardiacaccia avrebbe dovuto imparare il nuovo sport. -Ehi! Ciao! - Non appena lei si alzò, saltellando in piedi con un bel sorriso dolce ed entusiasta sulle labbra, Adam si avvicinò e sorrise anch'egli, allargando le braccia per avvolgere Sam in un abbraccio breve ma affettuoso, in cui lei quasi sparì. Hey Sam. Come stai? Ricambiando il saluto della ragazza con uno altrettanto contento e gentile, il giovane slacciò la presa su di lei abbastanza rapidamente, e la osservò in volto. -Sei pronto? - Domandò allora lei, che sembrava non vedere l'ora di mettersi all'opera nel suo nuovo ruolo da insegnante. Ancora un po' agitato per il timore di fare una brutta figura, Adam cercò di superare la timidezza ancora una volta, annuendo energicamente. Prontissimo, mi concentrerò al massimo. Promise lui, con un tono di voce che esprimeva una forza di volontà adamantina. -O preferisci prima andare a prendere un caffè o qualunque altra cosa? - Facendo leggermente un passo indietro rispetto all'euforia dimostrata qualche momento prima, Sam cercò il più possibile di mettere Adam a suo agio, e a lui questo tentativo non sfuggì. Sorridendo di rimando, un po' più addolcito di prima, si rivolse a lei. Se tu stai bene così, io inizierei. Tu spiegami, e io ci provo. Asserì allora il ragazzo, spostando lo sguardo dalla figura di Sam alla tavola ed il ring, aggrottando le sopracciglia, non avendo effettivamente alcuna idea su come funzionassero - certo, il windsurf l'aveva visto fare, ma non sapeva come muoversi con quegli oggetti, nella maniera più assoluta. Si sarebbe lasciato guidare dall'istinto, ma soprattutto da Sam.
     
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    Samantha non poteva affermare di aver superato indenne l’abbandono di Fred. C’erano ancora dei giorni, particolarmente tristi e solitari, in cui continuava a chiedersi dove lui fosse, se gli capitasse, in qualche occasione, di pensare ancora a lei. Ovviamente immaginava quale fosse la risposta, sapeva che, se avesse pensato a lei anche soltanto per un istante, l’avrebbe certamente contattata, o sarebbe tornato indietro, da lei, ma cercava comunque di illudersi che esistesse una seppur minima speranza e che lui, semplicemente, non sapesse come fare a tornare da lei. Lo aveva sognato, di recente, ed era stato un sogno così vivido che svegliarsi aveva fatto ancora più male. Non aveva ancora dimenticato il tocco leggero delle sue mani, quel profumo di muschio selvatico che le lasciava nelle narici ogni volta che si avvicinava, per lasciarle un dolce e tenero bacio sul collo, non aveva dimenticato il tono caldo e suadente della sua voce e il modo in cui pronunciava il suo nome, con quell’accento appena diverso dal suo. Non era riuscita a dimenticare niente perchè, ancora, si sforzava al massimo delle sue capacità per non farlo. Aveva cercato di marchiare a fuoco nella sua memoria ogni dettaglio, anche il più piccolo, per non farselo sfuggire, mossa forse da quella paura insita in ogni cittadino di Besaid, dal desiderio di non dimenticare mai nulla in tutta la sua vita. Sapeva di sbagliare, sapeva che in quel modo l’unica a farsi del male sarebbe stata sempre e solo lei, ma non riusciva comunque a smettere di farlo. Aveva trascorso degli anni importanti al suo fianco e non voleva accettare che ogni ricordo che avessero condiviso insieme non fosse altro che una menzogna, una bugia ben orchestrata e sin troppo credibile. Davvero lui non aveva mai provato nulla per lei? Davvero era stato soltanto un gioco, sin dall’inizio? No, non voleva crederci, non poteva. Doveva essere cambiato qualcosa, doveva aver mancato di notare qualche segnale importante, era l’unica spiegazione accettabile che riuscisse a darsi, ancora, dopo tutti quei mesi, dopo tutto quello che aveva scoperto sul suo conto. Era incredibile che, proprio lei, che si era sempre ritenuta una persona sveglia e attenta, per anni non fosse stata in grado di vedere oltre il proprio naso. Non voleva affrontare la verità, non voleva accettare ciò che Mal aveva cercato di farle capire sin dall’inizio e quello che altri colleghi avevano iniziato a mormorare per i corridoi. Se soltanto fosse stata così forte da lasciarsi tutto alle spalle, da accettare quella verità così scomoda, sarebbe sicuramente riuscita a fare un po’ di chiarezza nella sua mente e a capire che cosa le stava capitando attorno in quegli ultimi giorni. Se fosse stata più attenta, se si fosse concessa il lusso di concentrarsi su qualcosa di diverso, su qualcuno di diverso, si sarebbe probabilmente accorta di come lo sguardo di Adam fosse lentamente cambiato, da quando lo aveva aiutato con quella tagliola e di come il suo cuore avesse iniziato a battere un po’ più frenetico ogni volta che lui si trovava nei paraggi. Invece, si sforzava di non vedere, di rimanere chiusa all’interno della sua bolla, dove tutti avrebbero potuto vederla, ma le cose l’avrebbero raggiunta in maniera un po’ più ovattata. Non voleva esporsi, non voleva abbassare le sue difese, non del tutto almeno, non si sentiva ancora pronta per quello. Era già abbastanza complicato per lei concedersi nuove amicizie, lasciare che uno sconosciuto la avvicinasse anche soltanto per scambiare qualche chiacchiera. La fiducia era divenuta qualcosa di ostile per lei, qualcosa che le veniva decisamente più complicato concedere.
    Eppure, con Adam, era stato più semplice del previsto. Il ragazzo ci aveva messo davvero così poco a conquistare la sua fiducia e a ritagliarsi un suo personalissimo spazio nelle vita di lei, tanto che, lentamente, era divenuto quasi indispensabile per lei avere notizie di lui almeno un giorno sì e uno no, giusto per non risultare esageratamente invadente. Qualcosa era cambiato tra di loro negli ultimi tempi, poteva percepirlo quasi nell’aria, che si faceva appena più pesante quando lui era nei dintorni, come se ci fosse qualcosa di strano che lei tuttavia non riusciva, o forse non voleva, comprendere. Avrebbe dovuto prendersi del tempo per analizzare il tutto, per cercare di trovare una risposta alle domande che affollavano la sua mente e a quelle che le sue amiche le avevano fatto negli ultimi tempi, ma aveva cercato in tutti i modi di non farlo. Temeva che, se davvero avesse iniziato a pensarci, la magia si sarebbe spezzata in un istante e che tutto si sarebbe irrimediabilmente danneggiato. Ancora una volta stava incappando nello stesso errore: non voleva vedere oltre il proprio naso. Si sforzava di non prestare alcuna cura ai dettagli, di lasciarseli scivolare addosso come se nulla fosse mai successo. Sbagliava, di nuovo, per l’ennesima volta, ma non riusciva a farne a meno. Non si sentiva pronta per qualcosa di diverso e temeva con tutta se stessa il momento in cui si sarebbe dovuta ritrovare faccia a faccia con la realtà.
    Cercava di convincersi che nulla fosse accaduto, che nulla stesse succedendo tra di loro, tra un messaggio e l’altro, tra un incontro fortuito e uno ben definito. Ci aveva messo sin troppa cura a prepararsi quella mattina, aveva fatto tutto quanto con cautela, cercando di non commettere alcun errore, nel tentativo inconscio di rendere tutto quanto perfetto. Soltanto quando si era ritrovata sulla spiaggia, con un certo anticipo, si era resa conto di essersi mossa senza quasi rendersene conto. Era stato tutto così terribilmente naturale da non aver avuto alcun bisogno di riflettere. Si era quindi accomodata sulla sabbia, aspettando qualche momento prima di scattarsi una foto per far sapere ad Adam che lei era già arrivata, senza tuttavia cercare di mettergli fretta. Lui era sempre stato piuttosto puntuale in quasi tutti i loro incontri e quel messaggio voleva solo fargli capire quanto fosse impaziente di portare avanti i loro piani per quella mattinata. Aveva insistito parecchio per riuscire a convincerlo ad accettare di mettersi alla prova con il windsurf e ora che c’era riuscita era curiosa di vedere come se la sarebbe cavata. Non dovette comunque attendere molto prima di vederlo finalmente arrivare, scattando in piedi per salutarlo. L’abbraccio di lui la colse vagamente alla sprovvista, sorpresa da tutto quell’affetto che non si era aspettata, dopo gli ultimi momenti di imbarazzo tra di loro, ma si affrettò a cercare di ricambiare, seppure in maniera un po’ più timida. Adam era così alto che, tra le sue braccia, si sentiva quasi una bambina. Sorrise, cercando ancora una volta di cancellare qualunque pensiero, quando lui le chiese come stesse. -Benone visto che questa mattina mi sono presa una gran bella pausa dallo studio! - borbottò, ridacchiando appena, rendendolo partecipe della sua scarsa voglia di studiare in quell’ultimo periodo. Era abbastanza convinta di averglielo già detto attraverso qualche messaggio, ma le cose non erano cambiate da quel momento. -Tu invece? - chiese, lanciando una leggera occhiata alla sua gamba, prima di riportare lo sguardo sul suo volto. -Sei riuscito a riprenderti? - chiese, un po’ più esplicitamente, per essere certa di ottenere una risposta per quel suo quesito. Il fatto che riuscisse a camminare da solo, in maniera abbastanza spedita, era comunque un buon segno per lei. Solo in quel momento si rese conto che forse sarebbe stato meglio aspettare ancora qualche altro giorno, permettergli di riprendersi del tutto, ma rinunciare in quel momento sarebbe stato probabilmente peggio quindi di sarebbe limitata a cercare di fargli vedere solo le basi.
    Il ragazzo cercò di mostrarsi energico almeno quanto lei mentre affermava di essere prontissimo per iniziare, assicurandole inoltre che ci avrebbe messo tutta la sua concentrazione. Abbandonarono l’idea di prendersi un caffè e probabilmente avrebbe utilizzato quella scusa per dargli un po’ di tregua se si fosse resa conto che ci fosse il bisogno di una tregua. -Vedrai, è molto più semplice di quanto credi. - gli assicurò lei, che non aveva mai incontrato particolari in quello sport, probabilmente perché l’aveva affascinata sin da quando era una bambina. Era fondamentalmente una questione di equilibrio.
    -Ok, allora… - iniziò, andando a posizionare l’albero perpendicolarmente rispetto alla tavola, portandosi dal lato opposto rispetto ad esso. -Prima di issare l’albero devi sempre cercare di portarlo in quella posizione per darti un po’ più di stabilità. - gli spiegò, rimanendo ferma, ancora davanti alla tavola, prima di procedere. -Se ti trovassi in acqua per salire dovresti spingerti con le braccia e cercare di salire subito con la pianta del piede, stando attendo a restare un po’ sbilanciato sul bordo da cui sei salito perché la vela, dall’altro lato, bilancerà il tuo peso ed eviterà che si ribalti dandoti un po’ di stabilità. - iniziò a spiegare, cercando di essere il più chiara possibile, mentre saliva sulla tavola, comodamente distesa sulla sabbia. -La prova in acqua la facciamo un’altra volta, magari con una giornata migliore. - disse poi, rivolgendogli un leggero occhiolino, mantenendo la schiena dritta e tenendo il busto bene in verticale. -Devi posizionare i piedi sull’asse della tavola, in maniera simmetrica rispetto al piede dell’albero. - continuò, assumendo la posizione e rimanendo ferma per qualche momento, così che lui potesse memorizzarla. -Ora devi prendere la cima di recupero e piegare le ginocchia, tirandola su con le braccia ben tese. - continuò, spiegando i passaggi mentre li faceva, per poi tirare lentamente su l’albero, fino a portarlo perfettamente perpendicolare alla tavola. -La cosa fondamentale è cercare di tenerlo perpendicolare, quindi mentre lo sollevi cerca di correggerlo se tende a spostarsi, ok? - chiese, cercando di capire se il ragazzo fosse riuscito a seguire tutti i passaggi, almeno sino a quel momento. -Devi sempre tenere il busto verticale, in modo tale da sforzare la schiena il meno possibile e garantirti una certa stabilità. - precisò ulteriormente, dato che non era certa di averlo spiegato in maniera abbastanza esaustiva prima di quel momento. -Avanza con le mani sulla cima solo quando la vela si sarà sollevata un po’ o finirai con lo sbilanciare il busto. Una volta arrivato in prossimità del boma dovrai afferrarlo, senza però allungarti in avanti. Puoi usare la tecnica ad incrocio, oppure piegare il gomito della mano che hai sulla cima e quindi arrivare al boma. Scegli tu la tecnica che preferisci. - disse, mostrandogliele entrambe, prima di proseguire con gli ultimi passaggi rimasti. - Quando avrai messo la prima mano sul boma allargate un pò il piede di poppa. Infine dopo aver afferrato con la seconda mano il boma, porta il piede di prua parallelo alla tavola accanto al piede d'albero. - terminò, rimanendo in quella posizione per qualche altro momento, tenendo la testa dritta davanti a sé, per poi voltarsi verso di lui. -Sei riuscito a memorizzare tutto? Altrimenti ripassiamo i passaggi. - disse ancora, aspettando una sua risposta prima di lasciar andare di nuovo la vela sulla sabbia e scendere dalla tavola, così che lui potesse fare un primo tentativo. -Coraggio, fammi un po’ vedere come te la cavi!
     
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    Adam sapeva cosa significasse sentirsi feriti da un cuore spezzato. Probabilmente era un dolore più comune del previsto, eppure ogni volta che lo si doveva affrontare ci si sentiva sempre come chiusi in una bolla, isolati in una sofferenza che nessun altro può capire. Certamente, più o meno a tutti è capitato, di sentire quel rumore terribile di un cuore che si rompe: lo si ascolta nella pancia, negli occhi, nelle ossa. E' un dolore così profondo da tramutarsi presto in male fisico. Tutto il corpo e tutta l'anima rifiutano di essere state abbandonate, urlandolo in ogni modo che conoscono. Adam non avrebbe mai scordato quanto male aveva fatto perdere Engel, di punto in bianco, nel cuore della notte. Non avrebbe mai scordato quanto Ivar e Fae erano stati pazienti, cercando di afferrarlo ogni volta che lui era in procinto di cadere. Tuttavia, le circostanze cambiano da persona a persona, ed ogni sofferenza non solo viene elaborata e manifestata diversamente, ma cambia anche gli individui in modo molto differente. Adam ancora non conosceva la storia di Sam, nè sapeva nulla del suo cuore spezzato, eppure stava cercando a prescindere di non ferirlo in nessun modo: nel momento in cui si entrava nei favori del guardiacaccia, si poteva essere certi che lui non avrebbe mai fatto nulla, intenzionalmente, per far del male alle persone alle quali teneva. Fedele, protettivo e generoso, si sarebbe sempre impegnato nel far sentire Sam al sicuro in sua presenza; nonostante non fosse poi così bravo a comunicare i suoi sentimenti a parole, Adam cercava sempre di dimostrare le sue emozioni in maniera efficace, e sperava che con la ragazza ci sarebbe riuscito. Nei suoi confronti, tuttavia, qualcosa stava cambiando, e lui lo sentiva chiaramente; dopo l'incontro nel bosco e la festa di Halloween, il guardiacaccia aveva capito di star iniziando a serbare un vero punto debole per Sam, ma per il momento non riteneva opportuno farglielo sapere. Come tutti gli animali, prima di esporsi, Adam avrebbe voluto tastare il terreno, approfondire la conoscenza con lei, costruire un rapporto di salda fiducia, e poi, se avesse capito che sarebbe stato il caso, avrebbe iniziato ad articolare meglio le emozioni dietro a quei battiti del cuore accelerati e quelli sguardi più languidi. Del resto, anche lui aveva paura, proprio per via del suo cuore spezzato. Ormai era passato più di un anno dalla partenza di Engel, però il ragazzo era ancora terribilmente spaventato di rivivere ciò che aveva avuto modo di provare quella notte, subito dopo essersi addormentato nella serenità di aver riallacciato il rapporto con la sua ragazza di allora, alla luce dei traumi vissuti da entrambi alla casa degli specchi. Quel senso di sicurezza e sollievo, tuttavia, si era rotto in mille pezzi solo poche ore dopo. Adam le aveva pensate tutte, quella mattina, mentre continuava a chiamare quel dannato numero di telefono e girava la città per ritrovare la sua fidanzata scomparsa. Aveva persino pensato di rivolgersi a Jude, ma non fu necessario. Nel ricevere quel pacco con dentro la cassetta che custodiva tutte le spiegazioni di quel gesto, Adam si era sentito crollare il mondo addosso; eppure aveva aspettato, avrebbe aspettato la rossa per tutto il tempo necessario, anche per più degli otto mesi di cui lei aveva parlato. Nonostante la tristezza e la rabbia l'avrebbe fatto, per lei. Tuttavia, passati quasi dieci mesi, era chiaro ed evidente che Engel non sarebbe mai più tornata. Lei era andata via, ma la paura di perdere le persone che amava all’improvviso era rimasta, in Adam. Questo motivo, assieme agli altri, lo spinse a muoversi con i piedi di piombo nella conoscenza di Sam, non appena ebbe capito che stava iniziando a sentire qualcosa di diverso da una amicizia.
    Ciononostante, il ragazzo non voleva tirarsi indietro o negare le proprie emozioni. Lo sentiva così bene, quel senso d’impazienza ogni volta che avrebbe rivisto Sam, o il cuore iniziare a correre quando lei lo guardava, oppure quello slancio nel volerla vedere sorridere ancora una volta. Proprio come lei, Adam era sorpreso nel notare quanto velocemente la sua presenza fosse diventata importante per lui; di solito, era difficile per lui fidarsi, e ci voleva parecchio tempo per farlo sentire a suo agio. Sam, però, si era mostrata molto costante e rispettosa nei suoi comportamenti e nel suo modo interagire con lui, e questo le aveva garantito un posto nel cuore del giovane, che nonostante non ricordasse molto di quella festa di Halloween così stramba, si era ritrovato a ripensare a lei e a quanto fosse stato bello tenerla stretta a sè quella sera. C'era una certa familiarità, nello stare tra le braccia di Sam; esse facevano sentire Adam a casa. Non gli era neanche sfuggito quel modo della ragazza di essere pacata ma decisa, combattiva e coraggiosa, colpendolo positivamente e incuriosendolo maggiormente nei suoi confronti. E poi, molto più banalmente, Sam gli piaceva. La sua figura minuta e femminile, i suoi capelli dorati, la sua risata radiosa, quegli occhi chiari dallo sguardo quasi antico, tutto di lei le conferiva una bellezza particolare, delicata, diversa e poetica, un po’ come se lei fosse appena uscita da un romanzo dell'ottocento, acquisendone tutto il potente ma semplice fascino. Queste osservazioni e questi pensieri si stavano insinuando sempre di più nella mente di Adam, che man mano diventava sempre più consapevole della cotta che lo stava colpendo, e che lo rendeva sempre un attimino ansioso quando un messaggio di Sam gli compariva sul display del cellulare - che ancora non sapeva usare bene. Quella mattina, nonostante fosse impaziente di vedere la ragazza, il guardiacaccia era deciso a darsi del tempo; voleva solo conoscerla meglio, e nonostante sapesse che forse il suo ruolo da allievo di windsurf sarebbe stato un vero e proprio fallimento, lo consolava il fatto che avrebbero passato del tempo insieme e che probabilmente avrebbe saputo qualcosa di più su di lei. Quindi, dopo aver quasi inciampato in un arbusto non appena ebbe ricevuto la foto di Sam, Adam decise di allungare il passo, dalla falcata già notevole, per arrivare prima in spiaggia, considerando che lei fosse già lì. Uno sbuffo lasciò le labbra del ragazzo, non appena si diede un'occhiata; era più forte di lui, non sarebbe mai stato un uomo sofisticato, eppure sperava di essere presentabile agli occhi gentili dell'amica. Una volta sbucato sulla spiaggia, Adam identificò senza troppe difficoltà la figura di Sam, aiutato anche dall'immagine che aveva ricevuto poco prima. Agendo caldamente e d'istinto, il ragazzo avvolse l'amica in un abbraccio affettuoso e breve, per poi sorridere di rimando e chiederle come stesse quel giorno. -Benone visto che questa mattina mi sono presa una gran bella pausa dallo studio! - Annuendo appena, Adam simpatizzò con Sam; si ricordava del fatto che lei studiasse in università, e nonostante lui non l'avesse fatto, poteva immaginare quanto pesante era studiare, e di tanto in tanto avrebbe fatto comodo distrarsi. -Tu invece? - Lo sguardo di Sam gravitò lentamente verso la gamba di Adam, coperta dalla stoffa nera dei suoi jeans, rimandando alla ferita che si era procurato qualche giorno prima e che proprio lei aveva medicato. -Sei riuscito a riprenderti? - Aggiunse qualche secondo dopo, mentre il ragazzo annuiva con calma, portandosi una mano ampia sulla coscia in questione. Sto bene… Sono guarito, è rimasto solo un piccolo segno. Se non fosse stato per te, sarebbe andata molto peggio. Rispose sincero il guardiacaccia, ribadendo anche tramite il tono della voce quanto fosse grato a Sam per il suo aiuto e per averlo salvato qualche giorno prima, apprezzando molto il fatto che si fosse interessata a lui anche in quel momento. Ormai il dolore era passato, Adam aveva rimosso e buttato via quella tagliola, e riusciva a camminare come se nulla fosse successo, considerando anche che era guarito in fretta per via dell'intervento tempestivo di Sam.
    Facendo capire alla ragazza di essere ormai pronto a farsi insegnare qualcosa di basico sul windsurf, il giovane si mostrò genuinamente entusiasta e confermò di voler iniziare. -Vedrai, è molto più semplice di quanto credi. - Lo rassicurò allora lei, e Adam abbozzò un sorriso in tutta risposta, portandosi una mano tra i capelli scuri, per toglierseli dagli occhi in modo che non gli schermassero la visuale. Speriamo.. Borbottò lui gentilmente ed a bassa voce, per poi affiancarsi a Sam e grattarsi appena la nuca, iniziando a concentrarsi sulle sue indicazioni per cercare di ricordarne il più possibile. -Ok, allora… - Restando al fianco di Sam, Adam abbassò lo sguardo su di lei e sui suoi movimenti nel reggere l'albero, ora perpendicolare alla tavola. -Prima di issare l’albero devi sempre cercare di portarlo in quella posizione per darti un po’ più di stabilità. Se ti trovassi in acqua per salire dovresti spingerti con le braccia e cercare di salire subito con la pianta del piede, stando attendo a restare un po’ sbilanciato sul bordo da cui sei salito perché la vela, dall’altro lato, bilancerà il tuo peso ed eviterà che si ribalti dandoti un po’ di stabilità. - Fin lì era tutto chiaro: Sam sembrava essere molto a suo agio con l'argomento, e per questo, farlo capire ad Adam era facile; annuendo di tanto in tanto, il ragazzo faceva intendere all'amica di starla seguendo nel suo discorso e di aver capito le sue indicazioni. Dopodichè, lei salì sulla tavola, che per fortuna era posata sulla sabbia - segno del fatto che per quella prima lezione non sarebbe avvenuto nulla in acqua. -La prova in acqua la facciamo un’altra volta, magari con una giornata migliore. - Confermò allora Sam, rivolgendogli un occhiolino, e Adam sbuffò una risata, scuotendo appena il capo. Sarò già molto goffo senza il rischio di cadere in acqua... Quindi ti ringrazio di aver avuto pietà di me- Scherzò lui, ammettendo però sinceramente il fatto che a volte gestire le sue grandi membra poteva risultare abbastanza difficile, specialmente in attività che non aveva mai svolto prima, portandolo ad essere un po' impacciato. -Devi posizionare i piedi sull’asse della tavola, in maniera simmetrica rispetto al piede dell’albero. Ora devi prendere la cima di recupero e ... - Nonostante fosse sicurissimo che Sam avesse pronunciato delle altre frasi, per qualche secondo - o forse minuto? – Adam non era riuscito a captare molto bene le sue parole, distratto nell'osservarla e rapito dal suo tono di voce, che sembrava averlo avvolto in una specie di torpore, per fortuna non ben visibile all'esterno, concentrato su di lei. In quegli istanti, erano stati i dettagli a rubare l'attenzione del guardiacaccia: lo sbattere lievissimo delle ciglia lunghe di Sam, i suoi capelli che svolazzavano nel vento, i movimenti delle sue labbra. Tutti piccoli, impercettibili movimenti che però erano interessanti per lui, che lasciava vagare le iridi scure su di lei, in modo che la tavola e l'albero del windsurf si passassero in secondo piano. -... ok? - Chiese allora Sam, destando quasi immediatamente Adam dal suo momento di abbandono, facendolo annuire immediatamente in un riflesso quasi involontario. Prendendo molto silenziosamente un respiro ampio, il ragazzo cercò di schiarirsi le idee, sentendosi oltremodo imbarazzato, un po' come se fosse stato scoperto in quel momento di distrazione, anche se ciò non era avvenuto; non poteva permettersi di distogliere così l'attenzione, avrebbe fatto una brutta impressione a Sam, che si stava impegnando così tanto nel descrivere ogni movimento per lui. -Devi sempre tenere il busto verticale, in modo tale da sforzare la schiena il meno possibile e garantirti una certa stabilità. Avanza con le mani sulla cima solo quando la vela si sarà sollevata un po’ o finirai con lo sbilanciare il busto. Una volta arrivato in prossimità del boma dovrai afferrarlo, senza però allungarti in avanti. Puoi usare la tecnica ad incrocio, oppure piegare il gomito della mano che hai sulla cima e quindi arrivare al boma. Scegli tu la tecnica che preferisci. - Cercando, con più fatica del previsto, di non ricadere in quel dolce stato di trance a cui era particolarmente disabituato, Adam si concentrò sulle tecniche che Sam gli stava mostrando, con l'infausto presentimento nelle ossa che anche se avesse ascoltato tutto con la massima attenzione, non avrebbe fatto un ottimo lavoro nel momento in cui avrebbe dovuto provare lui stesso. - Quando avrai messo la prima mano sul boma allargate un pò il piede di poppa. Infine dopo aver afferrato con la seconda mano il boma, porta il piede di prua parallelo alla tavola accanto al piede d'albero. - Il corpo di Sam ora era fermo, nel mostrare un'ultima volta ad Adam la posizione i cui avrebbe dovuto trovarsi, tenendo adesso lo sguardo fisso sull'orizzonte; le iridi scure del ragazzo, però, si spostarono nuovamente in quelle di lei, trovando particolare il fatto che quegli stupendi anelli azzurri diventassero chiarissimi e brillanti come gemme preziose, nel momento in cui il sole li accarezzava. Per questo, nel rendersi conto di star partendo nuovamente per la tangente, il giovane abbassò la testa per qualche secondo, iniziando a pensare di essere diventato ridicolo in quei piccoli momenti in cui era perso nella sua mente nell'osservare l'amica. -Sei riuscito a memorizzare tutto? Altrimenti ripassiamo i passaggi. - Domandò la ragazza, scendendo dalla tavola e portandosi vicina ad Adam. Si, penso di si. Ripose lui, sfoderando un tono di voce più deciso di quanto si sentisse in realtà, per nascondere anche il fatto di essersi distratto qualche secondo di troppo durante la spiegazione. -Coraggio, fammi un po’ vedere come te la cavi!- Tirando allora le mani fuori dalle tasche, Adam lanciò uno sguardo leggermente esitante verso Sam, per poi annuire e cercare di seguire meglio che poteva le indicazioni che si ricordava. La brutta figura era proprio dietro l'angolo, ma ora era in ballo, quindi tanto valeva ballare, no? Passo dopo passo, il ragazzo si sistemò sulla tavola, iniziando a fare proprio come Sam gli aveva spiegato poco prima, portandosi dal lato opposto all'albero, mentre l'amica gli si avvicinava, restando di fronte a lui per monitorare i suoi movimenti e correggerli se necessario. Ed ecco che il momento fatidico era arrivato. Una volta presa la cima di recupero, Adam non riuscì a fare mente locale su come doversi accovacciare - dato che era stato disattento durante quel pezzo di spiegazione - e nel chinarsi, con un mano attorno alla corda, il ragazzo scivolò dalla tavola, inciampando e cadendo in avanti proprio su Sam, che gli era troppo vicina per scansarlo. Per fortuna, lei non sembrava essersi fatta male nell’impatto con la sabbia, ed il ragazzo riuscì a puntare le mani ed un ginocchio tra i granelli dorati all'ultimo momento, evitando di schiacciare Sam sotto di sè. Restando qualche momento immobile per la sorpresa e per evitare di combinare ulteriori guai, il giovane lasciò vagare molto velocemente lo sguardo sul corpo dell'amica, per assicurarsi che stesse bene. Ti sei fatta male, Sam?! Sono una frana, scusami... Mormorò lui, in preda all'imbarazzo della peggiore specie, mentre avvertiva il respiro della ragazza contro una guancia, da quanto gli era vicina.
     
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    La paura di perdere le persone che le stavano vicino era l’unica cosa a cui riuscisse a pensare negli ultimi tempi. La sparizione improvvisa di Fred l’aveva segnata nel profondo e da allora, ogni giorno, aveva paura che qualcun altro se ne fosse andato, eliminandola dalla sua vita senza darle neanche una spiegazione. Era stato quello a farle più male, a lei che, provenendo da una città complicata come Besaid, non era mai riuscita ad accettare di buon grado che qualcuno se ne andasse di punto di bianco, da un giorno all’altro. Era stato questo, più di ogni altra cosa ad averla lasciata senza parole: il fatto che lui non le avesse dato neanche una spiegazione, che non si fosse preso qualche minuto per spiegarle che cosa gli passasse per la testa, per salutarla. Si era semplicemente lasciato tutto alle spalle e lei era rimasta lì, da sola, a cercare di raccogliere tutti i pezzetti di un cuore andato in frantumi. Si chiedeva dove avesse sbagliato, che cosa si fosse persa di quei due anni trascorsi insieme, ma più si sforzava di farsi delle domande e meno riusciva a darsi delle risposte. Avrebbe voluto potergli parlare un’altra volta, poterlo guardare in faccia e chiedergli delle spiegazioni, costringerlo a spiegarle che cosa era successo, così da potersi finalmente liberare di quel peso e lasciarsi scivolare via una relazione che era finita prima ancora di iniziare. Ma non avrebbe mai avuto quell’occasione e forse era proprio per questo che non riusciva a smettere di pensarci. Voleva essere forte, voleva lasciar perdere, ma non ci riusciva. Ogni mattina si svegliava e controllava che tutto quanto fosse al suo posto, che i suoi amici fossero ancora lì, che tutti rispondessero ancora al loro telefono. E aveva iniziato a farlo anche con Adam, lentamente, arrivando a tempestarlo di messaggi senza un vero e proprio motivo, in maniera quasi irrazionale, soltanto per assicurarsi che lui non se ne fosse andato. Era un atteggiamento sciocco e infantile, mosso da una paura del tutto immotivata, ma non era ancora capace di farne a meno. Forse un giorno avrebbe smesso di avere tutta quella paura, forse i pezzi del suo cuore si sarebbe rimessi a posto da soli, senza neanche il bisogno che lei si sforzasse si ricomporre il puzzle, di ritrovare le giuste forme, ma per il momento non credeva che quel giorno sarebbe arrivato nella sua vita.
    Si sforzava comunque di apparire tranquilla e di continuare a vivere la sua vita nella maniera più naturale possibile. Non voleva che gli altri si preoccupassero troppo per lei, che passassero il loro tempo a chiedersi se c’era qualcosa che non andava, che la turbava. Faceva il possibile, soprattutto con Adam, di tenere tutti quei pensieri da parte, di non permettere loro di emergere. Perché lui non sapeva niente di quel periodo della sua vita, non poteva farle domande scomode, guardarla e capire con facilità quanto fosse cambiata. Con lui era come se potesse sentirsi libera di dimenticare, di fingere che niente fosse mai successo, di non soffrire affatto. Si sforzava di convincersi che fosse tutto lì, che niente andasse oltre un’amicizia semplice, nata quasi per caso, che loro continuavano ad alimentare giorno dopo giorno, senza farsi troppo domande, senza chiedersi nulla, limitandosi a guardarsi negli occhi e vedere soltanto ciò che, entrambi, volevano vedere. Continuava ad affrontare la cosa in maniera superficiale, a non prestare attenzione alle parole delle sue amiche. Temeva che, se avesse dato loro ascolto, se ci avesse pensato davvero, allora l’incanto si sarebbe spezzato e lei non era pronta per farlo, non era disposta ad affrontare la realtà dei fatti, non ancora. Quindi se ne stava lì, seduta sulla spiaggia, ad aspettarlo, ad attendere che le cose capitassero e basta, senza che lei dovesse fare troppo per causarle o impedirle. Aveva deciso di non crearsi delle aspettative particolari nella mente, di non immaginare nulla, di non pensare, eppure non riusciva a frenare il suo entusiasmo, il cuore che le batteva frenetico nel petto all’idea di rivederlo e trascorrere un po’ di tempo con lui. Perché si sentiva bene quando stavano insieme, al sicuro, come se tutti i pensieri negativi non potessero più raggiungerla. Sorrise quindi, radiosa, quando lo vide apparire da un sentiero che conduceva alla spiaggia, uno che lei non credeva di aver mai percorso. Era incredibile quante cose Adam sembrasse conoscere dei paesaggi naturali, quanti sentieri di cui lei non aveva quasi neanche notato l’esistenza. Quante altre sorprese il ragazzo le avrebbe riservato?
    Per un momento tutto intorno a lei sparì quando lui la strinse tra le sue braccia, lasciandola senza parole, incapace di pensare a come reagire. Non riusciva a comprendere per quale motivo ogni gesto, compiuto da lui, per lei avesse qualcosa di diverso e del tutto incomprensibile. Non era mai stata una persona che temeva il contatto con gli altri, anzi, era sempre stata lei a concedersi slanci d’affetto nei confronti dei suoi amici, senza mai chiedere il permesso o fermarsi a pensare, eppure con lui si sentiva fragile, completamente disarmata, incapace di reagire, come se il contatto con lui riuscisse a mandarla del tutto fuori di testa. Lo strinse appena, giusto un attimo prima che lui sciogliesse l’abbraccio, rispondendo alle sue domande e ponendogliene qualcuna a sua volta. Sembrava stare meglio e anche lui le confermò che ormai era rimasto soltanto un piccolo segno, ringraziandola ancora per il pronto supporto che gli aveva dato. -Sono sicura che anche tu avresti fatto lo stesso. - disse, con un sorriso sincero, senza avere il minimo dubbio a riguardo. Dopotutto lui non si era tirato indietro per lei, quando ancora quasi neanche si conoscevano. -Cerca comunque di non esagerare ok? E’ stata una fatica riportarti a casa! - borbottò poi, ridacchiando appena, cercando di sdrammatizzare un po’ sulla faccenda. In realtà quella vicenda l’aveva scossa parecchio, aveva avuto davvero paura di non essere in grado di aiutarlo, di non poter fare abbastanza per lui ed era sollevata ora all’idea di vedere che sembrasse stare davvero bene. Si prese comunque qualche altro attimo prima di proporgli di andare avanti con la loro idea del windsurf, giusto per assicurarsi che lui stesse bene davvero e che non ci fossero particolari rischi, che non stesse mentendo soltanto per farla sentire più tranquilla.
    Si portò in posizione per poi iniziare a spiegargli tutti i passi, cercando di scandire le parole con calma e di prendere delle piccole pause, per assicurarsi che lui riuscisse a seguirla. Sapeva che, a volte, tendeva a parlare un po’ troppo velocemente, presa dalla foga dei suoi pensieri, e quindi si stava sforzando in quell’occasione di essere il più chiara possibile. Dopo ogni breve serie di movimenti si fermava e rivolgeva la sua attenzione su di lui, in attesa di una conferma, di un cenno, di qualcosa che le facesse capire che non c’era alcun problema. Si sentì quindi sollevata di vederlo annuire e ridacchiò, scuotendo il capo con aria piuttosto divertita, quando le disse che temeva che sarebbe stato già sin troppo goffo fuori dall’acqua, senza il bisogno di aumentare la difficoltà. -Oh, andiamo! Non essere così negativo! - cercò di spronarlo lei con un sorriso. -Secondo me ti sottovaluti troppo, dovresti credere un po’ di più in te stesso. Conosci tantissime cose e sono sicura che ne sai fare tante altre. Quindi… non darti per vinto così in fretta. - continuò, senza mai spegnere il sorriso rassicurante che le era comparso sul volto. Credeva molto in lui e aveva un’opinione troppo buona sul suo conto per poter pensare che lui davvero potesse dimostrarsi un disastro. Riprese poi con le sue spiegazioni. Forse stava dicendo troppe cose tutte insieme, forse avrebbe fatto meglio a spezzare la spiegazione in tanti piccoli pezzetti che lui avrebbe potuto provare volta per volta, ma in quel momento le sembrò meglio mostrargli prima di tutto la sequenza per intero, così che lui comprendesse quale fosse lo scopo finale. Se si fosse resa conto di averlo confuso avrebbe cercato di riprendere ogni movimento con più calma per aiutarlo. Portò a termine la spiegazione, chiedendogli di tanto in tanto se tutto fosse sufficientemente chiaro, per poi invitarlo a fare una prima prova, per capire se fosse riuscito a memorizzare tutto. Annuì appena, cercando di invitarlo a sentirsi più sicuro, quando lui si mostrò un po’ titubante davanti al suo invito.
    Si posizionò vicino a lui, lasciandogli però lo spazio di salire sulla tavola senza essergli di ostacolo, restando finalmente in silenzio e lasciando che lui si prendesse tutto il tempo di cui aveva bisogno per iniziare. Seguì i suoi movimenti con lo sguardo, pronta a correggerlo se avesse notato qualche piccolo difetto, ma inizialmente lui sembrò aver registrato ogni cosa nel dettaglio. Poi, quando fu il momento di recuperare la cima lo vide vacillare appena, senza tuttavia avere il tempo di afferrarlo saldamente per evitare che perdesse l’equilibrio e che cadesse in avanti, proprio nella sua direzione. Non aveva immaginato che potesse scivolare sulla tavola, quell’idea non le era neanche balenata per la mente e quindi si ritrovò senza alcuna soluzione veloce da provare a compiere, mentre entrambi finivano contro la sabbia. Lei non riuscì a frenare la sua caduta in alcun modo, atterrando di schiena mentre invece Adam cercava di puntare le mani e un ginocchio per non atterrare contro il suo corpo. Trattenne il fiato nel notare il volto del ragazzo così incredibilmente vicino al suo. Era giusto ad una manciata di centimetri e le sarebbe bastato un movimento piccolissimo per raggiungerlo se lo avesse voluto. Si perse in quel pensieri, rimanendo in completo silenzio mentre si lasciava cullare dal profumo di lui, così familiare e nuovo al tempo stesso. Strinse per un istante le dita contro la sabbia, provando l’impulso di sollevare le mani per stringerle attorno a lui. Aveva ancora impressi nella mente alcuni flash del ballo che avevano condiviso la sera di Halloween, di quei brevi attimi in cui si erano stretti l’uno all’altra senza pensare. Una parte di lei desiderò tornare indietro a quel momento, stringerlo forte e chiedergli di dirle che tutto sarebbe andato per il meglio, che non aveva niente da temere, che non doveva essere spaventata. Il suo sguardo si perse sul volto di lui mentre lei guardava un punto che non riusciva bene ad identificare. I suoi occhi si offuscarono e ci mise qualche momento a comprendere le parole che lui le aveva appena rivolto, quelle scuse imbarazzate che arrivarono con qualche secondo di ritardo al suo cervello. Battè le palpebre, cercando di riprendere coscienza dell’ambiente circostante, abbassando per un attimo lo sguardo, pensierosa, sforzandosi ora di non riportarlo in quello di lui. Temeva che lui, così dolce e attento, avrebbe saputo leggerci più di quello che lei era disposta a dire.
    -Sto… bene. - mormorò, dopo una lunga attesa, con tono di voce vago e un po’ distante, prima di cercare di costringersi a ridestarsi da quei pensieri e riprendere in mano il corso delle cose. Sollevò le braccia e posò le mani contro il petto di lui, premendo appena per invitarlo a rialzarsi e permetterle quindi di respirare di nuovo. La sua vicinanza la lasciava senza fiato e non le permetteva di ragionare lucidamente. -Può capitare, non preoccuparti. - aggiunse, dopo un po’, cercando di fare mente locale su quanto era accaduto e su cosa sarebbe stato più corretto dire o fare in un momento come quello. Tutto ciò che sapeva era che non era sicuro per lei, stargli così vicina. Attese quindi che lui si allontanasse un po’, che si rimettesse in piedi, restando per qualche attimo ancora distesa sulla sabbia, troppo confusa per poter agire in fretta. Stava accadendo tutto troppo velocemente e si rendeva conto che, forse, avrebbe avuto bisogno di trascorrere un po’ di tempo da sola con i suoi pensieri, ma non era certo quello il momento più adatto. Cercò quindi di rimettersi in piedi, scrollandosi la sabbia di dosso, continuando a mantenere un certo pensieroso silenzio. Avrebbe voluto afferrare il telefono e iniziare a mandare messaggi confusi a tutte le sue amiche in cerca di aiuto, ma sarebbe stato un comportamento sciocco e infantile. Doveva restare lucida, doveva restare cosciente, glielo doveva. Prese un profondo respiro, sforzandosi di mettere su un sorriso tranquillo, che risultò un po’ più sbiadito del solito, mentre cercava di pensare a qualcosa di intelligente da dire. -Forse sono stata un po’ troppo veloce nelle spiegazioni. - disse, cercando di giustificarsi, di tornare indietro con la mente a qualche attimo prima, quando il suo mondo non aveva ancora iniziato a vorticare frenetico e lei sentiva di avere ancora un’ancora a cui aggrapparsi per restare ferma. Si sentiva come una barca alla deriva in mezzo alla corrente e non era una sensazione affatto piacevole. -Ti va di riprovarci? - chiese, risollevando finalmente lo sguardo su di lui, per poi guardare la tavola da surf. -O preferisci che ti rispieghi tutto con più calma? - aggiunse, con un po’ di timore. Aveva paura di non essere stata abbastanza chiara con lui poco prima, ma non soltanto per quanto riguardava le spiegazioni. Sentiva di non essere onesta neanche con se stessa, di essere ormai del tutto spaesata e fuori controllo, ma non voleva accettarlo, non voleva lasciarsi guidare dall’istinto che, silenziosamente, la spingeva a compiere determinate azioni. Puntò i piedi, impercettibilmente, forzandosi a stare ferma, a qualche passo da lui, a non ripercorrere la distanza che li separava per abbracciarlo, istintivamente, senza alcun motivo. Era l’unica cosa a cui riuscisse a pensare e allo stesso tempo era l’unica cosa che non voleva assolutamente fare. -Oppure possiamo anche lasciar perdere. - disse, abbozzando un sorriso mesto, arricciando appena la labbra. Sembrava una domanda così semplice, eppure, nel profondo, si sentiva come se gli stesse chiedendo qualcosa di completamente diverso.
     
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    Il dolore di Adam era molto simile a quello di Sam, e per questo, simili erano le sue paure. Aveva visto Engel scivolare lontano da lui, come se fosse scomparsa per via di una maledizione, un losco incanto che l'aveva strappata via da lui, dal suo letto quella notte, e dalla sua vita per sempre. Era stato tutto così improvviso da colpire con una violenza fuori dal comune il guardiacaccia, che si era ritrovato da solo, appena dopo essersi ripreso dal terribile residuo di traumi della casa degli specchi. Graffiava, di tanto in tanto, quel dolore, e Adam non poteva fare altro se non accoglierlo, abbracciarlo e lasciare che facesse il suo corso. Allo stesso modo, Sam aveva visto Fred andarsene, intraprendere una strada diversa dalla sua, una che l'avrebbe diviso da lei. Non era facile, raccogliere i pezzi di un cuore rotto, e nelle crepe lasciate dai frantumi, la paura si insinuava molto facilmente, cementificandosi anche una volta guariti. Non aveva smesso di avere paura, Adam, ma aveva capito come convivere con essa. Sapeva di aver fatto del suo meglio, ed era certo che anche se avesse fatto degli errori, avrebbe trovato il modo di rimediare ed imparare da essi. Con Sam era diventato sempre più attento, sempre più premuroso, sempre più affezionato a lei. Voleva sincerarsi che stesse bene, e per farlo, stava cercando di cogliere ogni minimo segno, ogni cosa che lo potesse aiutare a delineare le costellazioni dell’anima della ragazza che gli interessava così tanto. Giorno dopo giorno, il rapporto con Sam diventava più rilassato, più profondo e più stretto. Lei gli scriveva sempre più spesso, e Adam aveva iniziato a leggere tra le righe di quei tanti "come stai?" così apprezzati, delle foto e di quelle chiacchiere che banali potevano sembrare ma che non lo erano affatto. C'era affetto, sincero interesse, ma anche timore, in quei brevi contatti giornalieri che Adam condivideva con lei. Lo sentiva chiaramente, senza bisogno che lei gli dicesse nulla a riguardo, poichè era un'emozione che lui conosceva bene, e che come un fratello lontano qualche volta lo visitava, lasciandogli quella sensazione così familiare di blocco ed immobilità, in cui ogni cicatrice e frattura veniva a galla, pronta a romperlo di nuovo in mille pezzi. Era certo che, in qualche misura, anche Sam avvertisse lo stesso sentimento mentre gli scriveva quei messaggi - quella staticità che però imponeva al tempo stesso di muoversi per difendersi, rassicurarsi, fare in modo che quei pezzi rotti non ricadessero così come avevano fatto prima.
    Era così istintivo, Adam, così selettivo nelle sue conoscenze, che la sua personalità gli impediva di fermarsi alla superficie. Doveva andare a fondo, guardare dentro agli individui che voleva attorno a sè, e per lui non era stato difficile ammettere di desiderare qualcosa di più dal suo rapporto con Sam. Ancora non la conosceva bene, ma con lei si sentiva al sicuro. Il ragazzo sapeva che, nell'anticamera del suo cervello, la voce che gli imponeva di stare attento e di proteggersi dal fatto che lei se ne sarebbe andata di punto in bianco come Engel non avrebbe mai smesso di sussurrare, eppure lui l'avrebbe resa sempre più silenziosa, finchè non sarebbe stata altro se non un trascurabile brusio. In questo, lo stava aiutando Sam stessa. Ogni volta che la sentiva, che la guardava e la incontrava, era come se improvvisamente tutto tornasse al suo posto, un po' come se nel nuovo Adam post-casa degli specchi, lui avesse finalmente trovato la spensieratezza e la felicità che era riuscito a raggiungere prima di quello spaventoso evento - in una forma diversa, ma persino più promettente e radiosa. Nel bosco, ed alla festa di Halloween, quando il corpo minuto di Sam era avvolto tra le sue braccia, Adam l'aveva sentito, odorato e persino toccato, quel sentimento di sicurezza, quella sensazione di essere con una persona che lo avrebbe fatto sentire a casa. Lei non si era mai risparmiata, dimostrando la sua buona volontà sin dall'inizio, sin dal primo sguardo, sin da quando in quella piccola grotta gli offrì quelle barrette di cioccolato schiacciate ma ancora integre. Con lo stesso slancio e lo stesso impulso di averla vicina, il ragazzo semplicemente allargò le braccia, stringendo con delicatezza Sam tra esse in un breve abbraccio, agendo guidato dalla contentezza nel vederla, senza pensare troppo. Ecco, quello sarebbe stato l'obbiettivo della giornata: non lasciarsi trasportare dalle preoccupazioni, non fare in modo che esse potessero offuscare una giornata altresì spensierata e serena. Solo dopo qualche secondo, anche se praticamente inglobata in quell'abbraccio, Sam rispose, stringendo Adam a sua volta per qualche attimo, e lui accennò un sorriso, riscaldato dall'affetto di quel breve ma gentile gesto. Dopodichè, i due iniziarono a parlare delle tracce lasciate dalla tagliola e di quel pomeriggio nel bosco, che nel guardiacaccia avevano lasciato sia residui fisici che emotivi: ancora ricordava il profumo del collo di Sam, la sua presa salda mentre lo stringeva contro di sè, si suoi fianchi sottili e le sue mani dal tocco attento. -Sono sicura che anche tu avresti fatto lo stesso. - Affermò lei, con decisione, come era solita pronunciare le sue frasi. Annuendo lentamente, con un pacifico sorriso sulle labbra, Adam le fece capire che si, senza alcun dubbio l'avrebbe aiutata in ogni modo, se lei ne avesse avuto bisogno, così come aveva fatto lei qualche giorno prima. -Cerca comunque di non esagerare ok? E’ stata una fatica riportarti a casa! - Al leggero borbottio e la lieve risata di Sam, il ragazzo rispose sbuffandone un'altra di rimando, più fragorosa. Sono pesante, lo so- Commentò lui sempre ridendo, consapevole del fatto che la sua massa corporea e muscolare fosse parecchio voluminosa, e che quindi lo rendesse abbastanza pesante. La povera Sam aveva dovuto trascinare quasi a peso morto ben 80 kg di bestione, senza alcun aiuto. Se non era coraggio quello! Ad ogni modo, Adam era ancora infinitamente grato per ciò che Sam aveva fatto per lui, per la sua preoccupazione ed il suo immenso riguardo, non solo per lui in forma umana, ma anche animale. Anche quando aveva cercato di spaventarla, lei non si era tirata indietro, dimostrando un grande spirito di iniziativa ed una forte volontà, tutte qualità di valore inestimabile per Adam, trovandole in quella ragazza che ancora non conosceva perfettamente. Per questo, si soffermò a pensare al fatto che il resto delle stelle che componevano le costellazioni dell'universo interiore di Sam non fossero che da scoprire.
    Un tassello si aggiunse al mosaico, nel momento in cui la ragazza gli aveva spiegato di essere brava col windsurf, ed anche a costo di fare una figuraccia, Adam decise di superare la sua grande timidezza ed esporsi, una volta tanto, accettando così il suo invito a praticare un po' di quello sport che a lui era sconosciuto. Anche se sempre sull'orlo della distrazione, il guardiacaccia cercava di fare del suo meglio per essere il più ricettivo possibile, annuendo ogni volta che le iridi chiarissime di Sam si posavano su di lui. Tuttavia, era sicuro di non godere della classica fortuna del principiante, e per questo volle cercare di scongiurare almeno a parole ogni figuraccia, cercando di preparare Sam a quell'eventualità. -Oh, andiamo! Non essere così negativo! - Replicò lei incoraggiante, con un luminoso sorriso sulle labbra. -Secondo me ti sottovaluti troppo, dovresti credere un po’ di più in te stesso. Conosci tantissime cose e sono sicura che ne sai fare tante altre. Quindi… non darti per vinto così in fretta. - Man mano che la ragazza parlava, Adam venne colto da un enorme imbarazzo, che lo portò a sollevare le spalle ed abbassare lo sguardo. Beh, io.. Okay. Ci proverò. Bofonchiò malamente, sempre disabituato a ricevere complimenti, specialmente se era Sam a rivolgergliene. Dopodichè, la ragazza iniziò a mostrargli passo dopo passo cosa avrebbe dovuto fare per maneggiare la vela e le altre parti del windsurf efficacemente. Tuttavia, la mente di Adam viaggiava, persa nei lineamenti di Sam e non intenzionata a trovare la strada per tornare indietro nell'immediato. Per questo, non appena lei gli chiese di provare, lui avvertì una leggera ansia, come se lei avesse avuto la possibilità, per qualche secondo, di leggergli nel pensiero, e fosse stato colto sul fatto. Non fare lo stupido. Si ammonì mentalmente Adam, cercando di mettere in pratica ciò che Sam gli aveva detto, consapevole del fatto di non aver ascoltato praticamente un quarto della sua spiegazione intera. Dunque, era bastato un passo, solo uno, messo nel punto sbagliato della tavola, a sbilanciare il baricentro del corpo di Adam nel momento in cui andò ad afferrare la cima. Piuttosto che cadere dritto nella sabbia, il ragazzo investì con le sue membra quelle di Sam, finendoci entrambi. Fu il fatto di non aver potuto attutire la caduta dell'amica, a preoccupare il giovane immediatamente, che portò lo sguardo su di lei per controllare che stesse bene, rivolgendole qualche parola imbarazzata e concitata per la figuraccia appena fatta e nel voler sentire che tutto fosse apposto. La nebbia dell'agitazione si diradò in pochissimi minuti, lasciando spazio all'attrazione e all'imbarazzo che ne derivava. Nel sentire Sam così vicina, Adam ripensò a quel momento nella foresta in cui le sue labbra l'avevano sfiorata, premendosi sul suo volto senza che potesse controllarlo, senza che potesse fermare ciò che in realtà desiderava nel profondo. Questa volta però era diverso, non c'era il velo della sua particolarità a cambiare la sua prospettiva; era lui che avrebbe dovuto capire come agire, seguendo o accantonando la voce del suo istinto. Restando fermo qualche istante mentre affondava le dita nella sabbia chiara, il ragazzo si soffermò in quegli attimi colmi di possibilità, di una miriade di se che si stagliavano davanti ai suoi occhi, passando dritti dal suo cuore.
    Bastò un attimo, velocissimo come un battito d'ali di farfalla, e le labbra di Adam raggiunsero finalmente le loro gemelle, pressandosi quasi esitanti contro quelle di Sam, che erano soffici, lisce, e leggermente salate per via della salsedine che si era depositata su di esse nell'attesa in spiaggia. Le palpebre di entrambi erano chiuse, lasciando che i due si abbandonassero a quel momento quasi sospeso nella vastità del tempo. Il ragazzo sollevò un braccio, avvicinando le dita alla guancia vellutata della ragazza, per accarezzarla appena, quanto bastava per farle sentire che era lì e che non se ne sarebbe andato, per poi lasciar scivolare quegli stessi polpastrelli dietro il suo collo, per sorreggerla leggermente ed al tempo stesso spingerla appena verso di sè. Le braccia di Sam si avvolsero attorno al torace di lui, stringendolo affettuosamente ed energicamente, e la piccola mano di lei si sollevò ancor di più, tuffandosi tra le ciocche scure dei capelli di Adam. Sbattendo le palpebre un paio di volte, il ragazzo, con il volto ormai bollente, si risvegliò da quelle immagini che aveva appena creato nella sua mente, tanto vivide quanto effimere. Un bacio. Esso era così vicino, eppure terribilmente distante, separato da quella realtà che Adam aveva immaginato da parole e gesti non ancora compiuti. Era stato tutto un sogno di pochi attimi. Eppure, il cuore di lui aveva iniziato a battergli selvaggiamente nel petto, rifiutandosi di dargli tregua, ed i sensi ci misero qualche attimo per captare le parole che Sam gli aveva rivolto qualche secondo prima. -Sto… bene. - Era stato un mormorio, un sussurro appena accennato, a porre un'ulteriore distanza tra Adam e ciò che, o meglio, chi, sapeva di volere. I piccoli palmi delle mani di Sam si posarono sul suo petto, e fu allora che il ragazzo capì di doversi spostare, intimorito persino che quel tocco breve, caldo e leggermente sporco di sabbia potesse captare il battito del suo cuore inferocito. - Può capitare, non preoccuparti. - Ancora fermo, Adam annuì leggermente, ora chiuso nel silenzio, per poi farsi indietro lentamente. Si mise seduto, e poi si alzò con un gesto veloce, riprendendo tutta la sua notevole altezza. Spostando lo sguardo sul mare, il ragazzo si prese qualche momento per riordinare le idee, diventate caotiche pochi attimi prima. Il moto delle onde, seppur tranquillo, gli ricordava un po' la vita in generale: tutto ciò che è sospeso torna indietro prima o poi, o per infrangersi contro la sabbia, oppure per unirsi gioiosamente all'eternità della natura. Con pazienza e calma, Adam era convinto che sarebbe successa una delle due cose anche con Sam, chissà in quale forma. Era intenzionato ad aiutarla ad alzarsi, ma appena lei parlò lui capì che era già in piedi. -Forse sono stata un po’ troppo veloce nelle spiegazioni. - Volgendosi verso di lei dopo aver riposto le mani nelle tasche, il ragazzo scosse appena il capo, più tranquillo e con un sorriso rassicurante sul volto. Era stato lui a distrarsi, piuttosto che Sam a fare tutto troppo velocemente. Forse, l'unica cosa che avrebbe potuto suggerirle per non farlo perdere ancora, sarebbe stato fargli vedere in pratica passo dopo passo cosa fare, come lei stessa aveva pensato. Naturalmente, già quella prima frase che lei aveva pronunciato in quei momenti stava acquisendo un altro significato, aggiunto a quello letterale. Stavano davvero andando troppo velocemente le cose tra loro? Così come aveva risposto in maniera negativa a Sam, Adam era convinto che tutto stesse procedendo naturalmente, senza il bisogno di forzare nulla nel loro rapporto. Le cose accadevano e basta. -Ti va di riprovarci? - Il battito del cuore di Adam accelerò impercettibilmente, nel sentirsi rivolgere quella domanda. "Ti va di riprovare ad avere fiducia in qualcuno?", "Ti va di darci una possibilità?". Lo sguardo di Sam scivolò sulla tavola da surf, mentre quello del ragazzo restò fermo su di lei. -O preferisci che ti rispieghi tutto con più calma? - Il tono della voce femminile dell'amica era leggermente più sommesso ed insicuro. In quel momento Adam aveva rivisto quel timore che percepiva anche nei messaggi di Sam emergere ancora una volta, dritto nelle azioni e nelle parole della ragazza, mandandola in una leggera confusione, in un posto dal quale lei stava cercando faticosamente di disincastrarsi ma che al tempo stesso era ancora familiare per lei. -Oppure possiamo anche lasciar perdere. - Aggiunse lei poco dopo, con il capo lievemente chino ed un piccolo sorriso rassegnato sulle labbra. Adam allora le si avvicinò, e con calma avvolse una mano attorno a quella di Sam, tirandola appena verso il windsurf, in modo di avvicinarla ad esso, mentre con l'altra afferrò la cima di cui lei gli aveva parlato poco prima. No, non aveva intenzione di lasciar perdere, non questa volta, non con lei. Voglio riprovare. Dimmi solo se sbaglio, un passo alla volta. Rispose lui deciso, intenzionato a farsi guidare da Sam nella sua scoperta, e sicuro nel volersi affidare a lei e nel lasciarle il tempo e lo spazio necessario per oltrepassare quel timore ingombrante che a volte assaliva anche lui, per poter davvero riprovare, se lei avesse voluto. Quindi, dopo ogni fase, il ragazzo si sincerò di star facendo tutto nel migliore dei modi, riuscendo poi a seguire la spiegazione dell'amica facilmente, fino ad imparare del tutto ciò che lei gli aveva mostrato. Una volta terminata la prova, Adam sorrise soddisfatto e poi si rivolse a lei. Ora vuoi prenderlo, quel caffè?
     
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    La paura poteva essere un grande ostacolo, Sam lo sapeva bene eppure aveva comunque lasciato che la sua mente cedesse ad essa. Sin da piccola era sempre stata una bambina coraggiosa, sempre pronta a lanciarsi in nuove avventure, del tutto sprezzante del pericolo. Solare e istintiva non aveva mai lasciato, prima di quegli ultimi tempi, che fossero gli altri ad avvicinarsi a lei, ma anzi aveva sempre fatto il primo passo nella loro direzione, senza alcuna paura. Si era sempre lanciata a capofitto sulle cose senza neanche pensare, finendo per bruciarsi in più di un’occasione, ma aveva sempre trovato la forza di rimettersi in piedi e tornare a mettersi in modo, più forte e radiosa che mai. Non capiva quindi perché da quando Fred aveva deciso di sparire nel nulla il vuoto che sentiva dentro di sé sembrasse così incolmabile. Avrebbe dovuto mandarlo al diavolo, fingere anche lei, come lui, che nulla fosse successo, seguire i consigli delle sue amiche e lasciar perdere. Invece continuava ad ostinarsi ad aggrapparsi a quell’idea e a tenerla stretta nel suo petto come se fosse un tassello fondamentale di tutta la sua esistenza. Non voleva lasciar andare la tristezza e il dolore, non voleva abbandonare quei pesi che la stavano lentamente trascinando a fondo. Non voleva guardarsi davvero indietro e notare di essersi sempre persa tantissime cose soltanto perché non aveva avuto vederle. Quante volte Malice aveva cercato di avvisarla? E quante ancora lei lo aveva coperto senza neanche porsi un dubbio? Temeva di aver perso la sua capacità di giudizio, di non essere più in grado di comprendere le persone che le stavano attorno e quindi si sforzava con tutta se stessa di non lasciarle avvicinare troppo, di non raggiungere quella soglia da cui non sarebbe più riuscita a tornare indietro. Voleva credere che Adam fosse diverso, con tutte le sue forze, voleva pensare di potersi lasciare andare, di potergli rivelare ogni cosa si portasse dentro, ma ogni volta che si trovava sul punto di farlo c’era sempre una molla che scattava dentro di lei, riportandola indietro di diversi passi, al punto di inizio, costringendola a rivalutare ogni cosa. Non avrebbe voluto perdersi niente di lui eppure non aveva mai fatto nulla di particolare per sapere qualcosa in più sul suo conto. Non aveva mai chiesto davvero niente di rilevante sul suo conto, sul suo passato. Continuava a rimanere nascosta, protetta da una barriera invisibile dentro la quale si sentiva al sicuro. Non muoveva mai più di qualche breve centimetro in avanti, per scorgerlo e lasciarsi scorgere, ma tornava poi subito indietro, temendo di aver commesso uno sbaglio.
    Avrebbe dovuto lasciar stare se non si sentiva pronta per tutto quello, permettergli di starle lontano, di non affezionarsi a lei, invece, egoisticamente, non faceva che cercare di tenerlo sempre più vicino. Era la prima volta in vita sua in cui si stava sforzando di non pensare agli altri e di pensare soltanto a se stessa e a ciò che sentiva di desiderare, per quanto sbagliato potesse essere. Aveva bisogno di tenere Adam vicino a sé, eppure allo stesso tempo con i gesti faceva di tutto per tenerlo ad una certa distanza. Aveva paura che, se lo avesse lasciato avvicinare davvero, ne sarebbe rimasta ferita. Si faceva tanti, troppi problemi, si perdeva così spesso nei suoi pensieri e nei suoi ragionamenti da non riuscire quasi più ad agire. Non faceva che immaginare nella sua testa infiniti possibili scenari, tutti con dei pessimi finali e quindi continuava a rimanere immobile, mentre il mondo attorno a lei aveva iniziato a girare in maniera sempre più frenetica. Le sarebbe bastato allungare una mano per afferrare tutte quelle cose, per buttarsi in un’avventura del tutto nuovo di cui ancora non poteva conoscere le sorti, invece si imponeva di mantenere le mani lungo i fianchi, ben attaccate al resto del suo corpo e lasciare che tutto il resto fluisse senza il suo intervento.
    Cercò comunque di scherzare su quanto era capitato loro in quelle ultime settimane e di partecipare ad una conversazione tranquilla e amichevole. I problemi, dopotutto, si trovavano soltanto all’interno della sua testa e non era giusto che lui ne risentisse senza motivo. Adam era sempre stato così gentile e comprensivo con lei, così attento a mantenersi sempre all’esterno della sua barriera, lasciando che fosse lei a decidere quando abbassarla appena e quando invece tenerla ben salda di fronte a sé. Mantenendo quindi sempre il sorriso sulle labbra tentò di spronarlo a credere maggiormente in se stesso, senza quindi partire con il piede sbagliato. Era abbastanza convinta che, il più delle volte, fossero le persone stesse a non credere abbastanza nella loro riuscita, finendo con il sbagliare senza davvero volerlo. Un po’ come lei stava facendo con lui, anche se non se ne rendeva ancora bene conto. Aveva notato il sottile imbarazzo che sembrava cogliere Adam ogni volta che lei cercava di fargli un complimento, come se non fosse abbastanza abituato a riceverli o, più semplicemente, lui non avesse mai pensato quelle cose sul proprio conto. Era una persona semplice, pura, diverso sotto ogni punto di vista dalla persona con cui aveva condiviso due anni della sua vita. Non c’era niente in lui, né nell’aspetto, né nel carattere, che potesse farla ripensare al suo ex ragazzo, eppure lui continuava a rimanere un punto fisso, come una macchia indelebile che non le permetteva di vedere al di là di essa e che oscurava gran parte del suo cono ottico.
    Descrisse tutti i passaggi preparativi per il wind surf, fermandosi di tanto in tanto per lanciargli delle leggere occhiate e assicurarsi di essere stata abbastanza comprensibile, prima di cedergli il posto e tenere sotto controllo i suoi movimenti. Non ci mise molto a capire che qualcosa dovesse essergli sfuggito, ma non ebbe il tempo di dargli dei consigli o cercare di correggerlo poiché senza quasi rendersene conto si erano ritrovati entrambi sulla sabbia con un silenzio imbarazzante che aleggiava tra loro. Poteva percepire il calore del suo corpo propagarsi attraverso l’aria fino a raggiungere il suo, sentiva l’aria vibrare attorno a loro e fremere, come impazzita. O forse era soltanto lei ad infondere quel pizzico di follia e agitazione nell’elemento che più le era affine visto il caos che aveva iniziato a vorticare all’interno della sua mente. Si sentiva così confusa e non aveva idea di che cosa fare, si sentiva divisa, sospesa a mezz’aria, tra due forze che volevano spingerla in direzione completamente opposte. Una parte di lei continuava a ripensare alle parole di Ophelia e in generale di tutte le sue amiche. Le aveva detto di non frenarsi, di buttarsi, di non sforzarsi di perdere le sue occasioni, ma l’altra parte invece le suggeriva di continuare a rimanere immobile, di fare l’esatto contrario, di non fare nulla di cui si sarebbe potuta pentire. Perché sarebbe bastato poco, nella situazione in cui si trovavano, per cambiare radicalmente le cose, in maniera positiva o negativa, non avrebbe saputo dirlo con certezza in quel momento. C’era il rischio che tutto quanto potesse andare in frantumi e che la loro amicizia venisse buttata all’aria per sempre, soltanto per una mossa sbagliata, per un dettaglio poco considerato. Si sforzò di mantenere la lucidità, di lottare contro l’istinto che l’aveva spinta a muoversi nella sua direzione di qualche millimetri, prima di tornare indietro, sperando che lui non avesse notato nulla. Erano amici e voleva che le cose si mantenessero tali. Voleva rimanere ferma nelle poche certezze che le erano rimaste ed evitare di scombussolare troppo la sua vita.
    Dopo qualche attimo di smarrimento, in cui entrambi si erano limitati a guardarsi senza avere idea di che cosa fare, Sam aveva cercato di prendere l’iniziativa, premendo appena contro il petto di Adam per cercare di suggerirgli di rialzarsi in piedi, così da permettere anche a lei di farlo. Non era certa di aver compiuto la scelta giusta, di aver davvero valutato la cosa con razionalità, ma in quel momento sentiva soltanto di avere bisogno di spaio e di aria, dato che sentirlo così vicino l’aveva costretta a trattenere il respiro per lungo tempo, come se temesse che anche soltanto un sospiro avesse una forza tale da poter mandare in pezzi entrambi. Ad entrambi erano bastati pochi sguardi per comprendere di stare vivendo una situazione molto simile, che avrebbe probabilmente potuto unirli, il problema era che le strade che avevano deciso di percorrere erano purtroppo abbastanza diverse. Lui voleva riprendere in mano la sua vita, aprirsi a nuove possibilità, concedersi la possibilità di sbagliare di nuovo pur di poter sperare in qualcosa di bello, lei invece riteneva che fosse meglio lasciar perdere, rinunciare a tutto piuttosto che stare male di nuovo. Iniziò a parlare, giusto per riempire il silenzio, mentre lui si rimetteva in piedi e iniziava a guardare la superficie del male, forse scosso anche lui da una serie di pensieri che non si sentiva in grado di condividere. Perché le cose insieme a lui riuscivano a sembrarle semplici e terribilmente difficili al tempo stesso? Sentiva la paura pervaderle i sensi fino ad annebbiarli, quindi si sforzò con maggiore attenzione di continuare a parlare, di seguire un filo logico che le impedisse di dare fiato a tutto quello che invece avrebbe voluto ammettere. Avrebbe voluto che le lancette dell’orologio potessero tornare indietro e permettere loro di rivivere un medesimo episodio in mille modi diversi, ma non era possibile. Non si poteva tornare indietro, non si potevano cancellare le proprie scelte e ora che aveva deciso che cosa fare avrebbe dovuto cercare di mantenersi salda su quella posizione. Che impressione avrebbe dato, dopotutto, se non avesse fatto altro che fare avanti e indietro, senza una meta precisa? Si sforzava di restare in piedi, di mostrarsi sicura e decisa, ma la verità era che non sapeva neanche lei dove stesse andando e che cosa volesse. Era come se all’improvviso nulla fosse più chiaro per lei, non se lui si trovava a pochi passi da lei. E il suo discorso si manifestò quindi confuso tanto quanto i suoi pensieri, ricco di parole non dette e lasciate soltanto in sospeso, di domande nascoste sotto una superficie diversa. Stavano entrambi sbagliando tutto? O era soltanto lei ad aver perso del tutto il controllo?
    Cercando di riportare l’attenzione sulla lezione e di allontanarla da tutto il resto gli chiese quindi se fosse intenzionato a riprovare o preferisse piuttosto lasciar perdere e dedicarsi a qualcosa di diverso. Sorrise appena, con una certa gratitudine, quando lui affermò di essere pronto a riprovare se lei lo avesse seguito passo passo. Annuì piano, riportandosi al suo fianco e lasciando che lui ricominciasse da capo, cercando di capire quanto avesse davvero memorizzato per poi, lentamente, ripetergli ogni procedimento nel dettaglio, così che lui cercasse di portarlo a termine nel migliore dei modi. Gli lasciò il suo tempo, rimanendo tuttavia sempre ad una distanza di sicurezza e limitandosi a mimare di nuovo i gesti se lui sembrava vagamente confuso, senza mai avvicinarsi troppo. Temeva che, se lo avesse fatto, tutto avrebbe ripreso a girare troppo in fretta e lei non sarebbe stata in grado di adattarsi al giro della ruota su cui si trovavano, finendo per perdere il tempo giusto. Impiegarono circa un’altra oretta nell’esercitarsi in ogni dettaglio di quella fase iniziale, fino a che Adam riuscì a replicare tutti i movimenti da solo, senza il bisogno del suo aiuto. Sorrise quindi, piuttosto felice del risultato raggiunto. -Hai visto? Sei stato bravissimo! - trillò quindi lei, battendo appena le mani per dimostrare tutta la sua approvazione, mentre lasciava che lui scendesse di nuovo dalla tavola, riprendendo una posizione più stabile sul terreno. -In realtà ammetto che mi è venuta una certa fame. - mormorò, portandosi una mano dietro la nuca con aria vagamente imbarazzata. Lui di certo non poteva ancora sapere quanto spesso fosse solita mettere qualcosa sotto i denti, ma quale situazione migliore per rivelargli quel piccolo dettaglio? -Quindi che ne dici se vado a rimettere questa in auto e poi andiamo a mangiare qualcosa in uno di questi chioschetti? Prometto di lasciare qualcosa anche a te. - disse, ridacchiando, prima si prendere la tavola sotto braccio. Si sentiva come se almeno parte di quella tensione che avevano accumulato in precedenza stesse iniziando ad andare via e sperava quindi che le cose sarebbero andate meglio, da quel momento in avanti.
     
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