Acorns don't cry, you know that as well as I do

Ola + Adam

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    le mie spade vogliono solo tagliarti e non punirti
    OLA HANSEN • 26 Y/O • SESTO SENSO


    Ci sono delle formiche per terra. Sono molte, brulicano su di una vespa.
    La stanno lentamente smembrando ed una di loro si allontana trascinando dietro di sé un’ala traslucida e pesantissima.
    Poco lontano c’é il loro formicaio, dunque il suo non sará un viaggio lungo. Tornerá tra qualche minuto per una zampa, un occhio o parte del torace che le sue compagne avranno pazientemente ritagliato.
    Ogni tanto un’antenna della vespa vibra, ma non sembra ancora viva. Forse le formiche che si stanno occupando del cervello toccano il sistema nervoso, facendo guizzare parti del cadavere.
    Le vespe hanno un sistema nervoso? Hansen non lo sa.
    É accucciato davanti al banchetto, lo sta riprendendo. Ogni tanto aggiusta il fuoco, sposta gli occhi dallo schermo estraibile per osservarlo senza il filtro dei pixel. Nell’altra mano regge una torcia, proietta un cerchio di luce traballante sopra quello scenario confuso.
    Sta lí da dieci minuti, gli fanno male i talloni per la posizione scomoda, ma non la può cambiare.
    Ola Hansen si sente molto fortunato: se é entrato nella foresta non é stato per riprendere gli abeti o un cervo intimidito dai suoi passi sgraziati.
    Sono solo le quattro, ma il sole sta giá iniziando a tramontare invadendo la foresta con una luce aranciata. Quando spegne la torcia passa altri cinque minuti lá davanti, lasciando che sia il sole a far brillare i corpi neri delle formiche.
    Ne avranno per un’altra mezz’ora.
    Lo pondera mentre chiude lo schermo, si alza sentendo le ginocchia che scricchiolano, indolenzite.
    E’ mentre si incammina che nota la formica che trascinava l’ala, a meno di un metro dall’imboccatura del formicaio ha quasi concluso il suo viaggio. Quattordici passi frenetici con le sue sei zampe, poi la suola di uno stivale la schiaccia.
    Hansen preme il piede, lo sposta con un movimento circolare, quindi s’allontana.
    S’é infilato nella tasca della giacca pesante e smunta che indossa sia la telecamera portatile che la torcia ed i suoi passi che rompono legni e calpestano l’erba sono l’unico rumore ritmico che disturba la foresta.
    Ogni tanto un volatile pigola, qualcosa gli ronza vicino all’orecchio, ma non si lascia piú distrarre da quello che vive (o muore) intorno a lui.
    Non ci vuole molto prima che raggiunga uno spiazzo familiare tra gli alberi, un posto dove s’é recato altre volte e che stava puntando fin dal principio. Agli inizi non era stato semplice orientarsi nella foresta e Ola ha dovuto perdersi diverse volte prima di imparare a riconoscere la piccola porzione di verde in cui é in grado di addentrarsi senza seguire i sentieri.
    Infatti non é tramite il sentiero che è arrivato davanti alla casa di legno, sbuca da un lato che è delimitato solo dagli alberi.
    Il suo bisogno di esplorarli, quegli alberi, non é stato finora mai dettato dal desiderio di congiungersi con la natura, quanto dalle brutalitá che vi ci può trovare. Ha visto piú violenza e crudeltá in mezzo agli abeti che nei vicoli dell’Oslo peggiore ed allora pensa di iniziare a capire perché tutti al mondo siano dei figli di puttana, se la madre dell’umanitá é la natura.
    Ora sta fiancheggiando la casa: passando di fianco a una finestra batte con distratta violenza le nocche sul vetro, ma non ci guarda dentro.
    « Amore » urla, sorpassandola e raggiungendo la porta d’entrata.
    S’appoggia allo stipite con il braccio, curvandosi per avvicinare il volto cosí tanto da poter quasi sfiorare la superficie di legno con la fronte, ma la voce rimane alta: « Sono a casa!».
    Aspetta, non sorride.

    Edited by Dr. Huxley - 29/11/2018, 00:10
     
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    Sfocato. Odiosamente sfocato. Ogni volta che Adam riapriva gli occhi in forma umana dopo essersi ritrasformato, era quello l’aggettivo più accurato per descrivere come i suoi sensi ricevessero gli stimoli del mondo - un po' come se lui si fosse appena svegliato da un potente sonno. Purtroppo però, questo non era l'unico inconveniente legato alla licantropia del ragazzo; man mano che riprendeva coscienza di sè, veniva sopraffatto da forti dolori in tutto il corpo, dall'ossatura ai muscoli, per via del cambio repentino della sua forma fisica. Solcando il terreno umido e fertile con le dita, Adam fece leva sulle braccia, per rialzarsi e guardarsi così intorno. Era solo, nel cuore della foresta. Non sapeva ancora dove si trovasse, nè aveva riacquistato tutte le sue facoltà mentali umane. L'odore delle foglie della pioggia era ancora fresco nelle sue narici, così come il vento che gli toccava la pelle. Minuto dopo minuto, il giovane iniziò a percepire l'ambiente circostante, ed al contempo anche ad recepirlo con chiarezza. Man mano che Adam ritornava nel suo umano, tuttavia, iniziava a sentire anche il dolore che gli avvolgeva le membra ogni volta che cambiava forma. Sospirando pesantemente, il ragazzo riuscì a rimettersi in piedi, vagando per il bosco proprio come una delle sue creature, stavolta con una meta ben precisa; c'erano dei posti della selva in cui il guardiacaccia aveva nascosto accuratamente dei vestiti, che gli avrebbero fatto comodo una volta terminate le trasformazioni che lo privavano sempre di ogni indumento. Ogni passo era un fastidio per Adam, che tendeva anche ad essere più sensibile e seccato per via delle fitte. Dopo aver percorso un paio di centinaia di metri, il giovane si fermò davanti ad un cespuglio dalle foglie ormai rossastre, pronte a cadere con l'arrivo dell'inverno. Tuffando la mano tra le fronde, recuperò una busta di plastica, eliminandone il nodo e recuperando un paio di jeans e una t-shirt. Una volta indossati, Adam si diresse lentamente verso casa. Non sapeva perchè, ma quel giorno era particolarmente infastidito dai dolori che provava; di solito era più paziente con se stesso e sopportava meglio gli inconvenienti della sua licantropia, eppure non riusciva a non avvertire un'irritazione ed un nervosismo dovuto al dolore fisico. A volte accadeva, specialmente con il cambio di stagione, che Adam avesse delle giornate no nei riguardi della sua particolarità, e purtroppo avrebbe solo dovuto stringere i denti ed andare avanti. Per fortuna, a breve sarebbe arrivato a casa ed avrebbe potuto riposarsi in compagnia dei suoi amati cani.
    Dopo un tragitto abbastanza lungo - in cui recuperò anche le tracce dei vestiti usati prima della trasformazione e di tutti gli oggetti personali custoditi in essi - e soprattutto freddo, Adam riuscì ad intravedere casa propria, e dopo aver afferrato le chiavi le infilò nella toppa, rientrando nell'abitazione subito salutato dalla sua volpina e dal suo maremmano. Hei.. Mormorò lui con la voce leggermente stanca e provata, ma più rilassato. Dopo aver lasciato un paio di carezze ai cani, il ragazzo si diresse velocemente sotto la doccia, per cercare di eliminare tutte quelle fitte e le tensioni nel suo corpo con un bel po' di acqua calda. Proprio nel momento in cui stava per mettere piede sotto il getto della doccia, Thunder e Maina iniziarono ad abbaiare, allertando Adam di una presenza estranea nel suo territorio; non aspettava Sam, e nemmeno Ivar, Fae o Jude quel giorno, quindi non aveva idea di chi potesse essere. Seccato, il giovane sbuffò e diede un colpetto alla manopola per fermare la fuoriuscita dell'acqua. Rivestendosi velocemente, uscì dal bagno e sbucò in soggiorno. Lì per lì dalle finestre non vide nessuno, quindi spostò lo sguardo sui cani, che sembravano invece all'erta, specialmente Thunder. Dove, Thunder? Domandò lui, portandosi una mano dietro la schiena ed assumendo un'espressione un po' sofferente, per poi assottigliare gli occhi scuri nel momento in cui vide una figura totalmente inaspettata ma familiarmente fastidiosa dietro la finestra, prima che essa colpisse con le nocche sul vetro. Ola. Adam non era per nulla affezionato a quell'omino molesto, e la sua espressione divenne sorpresa nel rincontrarlo dopo tutto quel tempo, proprio fuori casa propria. Qualche anno prima, mentre stava svolgendo la sua mansione di guardiacaccia in uno dei territori boschivi della città, aveva beccato il videomaker mentre teneva un festino abusivo all'interno della foresta, con tanto di spazzatura e falò. Interagire con lui per scacciarlo dallo spazio naturale non era stato facile, tanto che Adam fu costretto a contattare le autorità per rimuovere il giovane - ed i suoi amici ugualmente irrispettosi - dalla selva. Tuttavia, non si aspettava minimamente di rivederlo a Besaid, una cittadina così piccola e sperduta; inoltre, fu allarmante per il ragazzo sapere che Ola era riuscito ad arrivare alla sua abitazione, che peraltro in pochi conoscevano. Come aveva ottenuto quelle informazioni? Sin dal primo momento, guidato dall'istinto, Adam non aveva avuto una buona impressione di Ola; era come se sentisse una tensione palpabile tra la sua indole e quella dell'altro. L'interazione che avevano avuto anni prima nella foresta di Oslo sicuramente non aveva fornito tutti gli strumenti per leggere la personalità complessa di Ola, ma di sicuro aveva fatto scattare in Adam il desiderio di non rincontrarlo più. E invece... « Amore » Gridò Ola, sparendo dalla cornice della finestra e dirigendosi a passi pesanti verso la porta. Ma è mai possibile. Mormorando quelle parole scocciato ed incredulo del fatto che tra sette miliardi di persone sul pianeta proprio Ola avesse deciso di importunarlo, Adam sollevò gli occhi al cielo e sbattè piano le mani sulle cosce, emettendo un leggero rumore gutturale - un po' come se non avesse perso del tutto il suo legame con la sua parte lupina, che quasi lo costrinse a ringhiare. Proprio non ci voleva, la visita di quell'uomo fastidioso come una zanzara; avrebbe ronzato nelle orecchie del guardiacaccia tutto il tempo, proprio quando lui era stanco e certamente non in vena di ricevere quel tipo di presenza in casa. « Sono a casa!» Aggiunse Ola da dietro la porta d'ingresso, e proprio in quel momento, Adam scosse appena il capo dibattendo sul fatto che probabilmente avrebbe solo dovuto lasciare Ola lì ad urlare nel freddo finchè non si sarebbe stancato e se ne sarebbe andato. Tuttavia, forse sarebbe diventato ancora più fastidioso man mano che i minuti sarebbero passati, allora il ragazzo avvolse la maniglia della porta e la tirò verso di sè, per potersi trovare davanti la figura di Ola ed affrontarlo direttamente. Ola. Borbottò il guardiacaccia, abbandonando formalismi inutili ed aggrottando le sopracciglia, restando piazzato davanti all'entrata e trasmettendo chiaramente il messaggio che non volesse visite. Che cosa ci fai qui?! Non ho voglia di perdere tempo. Diretto e sintetico come sempre, Adam cercò di andare immediatamente al nocciolo della questione, volendo liberarsi della presenza di Ola il prima possibile. Era così strano incontrare persone appartenenti al passato; Adam aveva sempre avuto un rapporto particolarmente turbolento con ciò che esso rappresentava, e rivedere qualcuno dopo anni lo poneva sempre in uno stato difensivo, di agitazione: era un po' come se sentisse il rischio di non essere nel pieno controllo di se stesso - data anche la maledizione di Besaid a cui era stato soggetto. Questo stato psicologico ed emotivo, indusse il ragazzo ad essere più schivo burbero del normale, specialmente con le persone che non gli piacevano - specialmente con Ola.
     
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    La porta non ci mette molto ad aprirsi ed è come tirato indietro da un filo invisibile che Hansen raddrizza la schiena. Il braccio non lo sposta dallo stipite ed è invadente come questo lo mantenga teso verso l’altro.
    Davanti a lui c’è Adam Kane, il guardacaccia di Oslo che anni prima diede fine a un festino nella riserva abbastanza squallido da meritarsi d’essere interrotto.
    Hansen guardandolo in faccia sente ancora l’odore di birra che gli impregnava il colletto, i polmoni bruciati dal crack e le risate masticate che gli sputò addosso quando chiese a lui e agli altri di ripulire ed andarsene. Lo spiazzo erboso era pieno di merda, spazzatura e le braci di un falò improvvisato.
    Nessuno di loro fu abbastanza lucido ( o saggio) da ascoltare quello che il guardiacaccia stava ordinando, apponendo solo scherno e una traballante resistenza, allora intervennero le forze dell'ordine. E ad intervenire furono poliziotti stanchi di doversela vedere con ragazzini che buttavano via le loro vite, verso cui non aveva più pazienza né pena, con una famiglia che li aspettava a casa, lontano dallo squallore che non avrebbero mai augurato ai propri figli. Allora Ola ricorda la polizia che gli spiega che avrebbero dovuto pagare una multa, a loro che non avevano neanche i soldi per il bus che li avrebbe riportati dalla centrale a casa, e come Annette gli sussurrò che se la sarebbe cavata facendo un pompino al poliziotto con la barba.
    Due di loro dovettero iniziare i servizi sociali per saldare la multa, Andrei si indebitò ancora di più e Annette... Annette non aveva mai capito se nella stanzetta l'avesse davvero succhiato a una guardia o no.
    Lui chiamò sua madre, promettendole che i soldi che gli avrebbe prestato li avrebbe usati per entrare in un centro di disintossicazione. Un'altra bugia: metà erano finiti per pagare la multa, gli altri per le dosi dei giorni successivi.
    Hansen ora è di nuovo nel presente e lo squadra piano, lo ascolta dire il suo nome, e sul viso non si presenta niente di nuovo. Nessuna reazione per quelle sopracciglia incupite e per il suggerimento velato di togliersi di torno. Si limita a fissarlo, riprendere familiarità con dei lineamenti che non vede da anni.
    Poi è con lentezza che gli angoli della bocca si sollevano.
    Hansen non ha un bel sorriso: la sua bocca è storta dalla nascita. Pende verso destra, deforma le sue espressioni e quello che dovrebbero comunicare al mondo. Eppure non è a quel difetto che si dovrebbe dare la colpa di come il sorriso che gli sta rivolgendo non abbia niente di gradevole.
    Se sapesse quale particolarità Besaid ha dato a Kane, Ola saprebbe anche spiegarsi perché il brusio che ha in fondo al cervello sia diverso dal solito.
    Non riesce a tradurlo in parole. E’ anomalo, segnala un pericolo diffuso e indefinito. Kane non sta pensando niente di specifico che i suoi sensi possano rintracciare, ma c’è qualcosa avvolto intorno alla sua persona che li fa vibrare.
    Eppure Ola con quel brusio ci convive da due anni, ha imparato a ignorarlo.
    Che cosa ci fai qui?! .
    Una domanda legittima, che tanto è sensata quanto è improbabile che riceverà una risposta degna.
    Cosa ci fa lì? Cosa ci faceva intorno alla sua casa, tutte le altre volte in cui s’è aggirato senza bussare alla sua porta?
    Il sorriso di Ola si spegne com’è comparso.
    « Aspetto la cena ».
    Si fruga in una tasca, estraendo un blister pieno di gomme da masticare alla nicotina a cui non rivolge nemmeno uno sguardo.
    Non ho voglia di perdere tempo.
    « Sì? » se ne ficca una in bocca, masticandola « E di cosa hai voglia, amore?».
    Così quegli occhi pigri e arrossati finalmente si scostano e vagano al di sopra delle spalle del guardiacaccia. Non si impegna a nascondere come stia spiando dentro la casa altrui, cercando di cogliere frammenti del salotto.

    Edited by Dr. Huxley - 8/12/2018, 12:33
     
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    Protettivo. Ecco come Adam si sentiva nei confronti di se stesso e dei suoi spazi. Tutti i suoi amici e le persone a lui care sapevano che era un ragazzo che doveva essere libero di gestire come preferiva il suo ritmo ed i suoi "territori" - che fossero emotivi o fisici - più di un individuo nella media. Essendo già molto schivo per natura, gli atteggiamenti e le reazioni del guardiacaccia nel salvaguardarsi si erano acuiti dopo la casa degli specchi; per molto tempo era rimasto isolato da tutti, fermo non solo nella paura che quella orribile esperienza si ripetesse, ma anche nel dolore di aver perso la donna che amava. In quel periodo parecchio difficile, il suo primo istinto era stato quello di rinchiudersi non solo in casa, ma anche in se stesso; solo grazie ai suoi amici era riuscito a riacquistare le forze necessarie per andare avanti e ritornare a contatto con mondo. Paradossalmente, nonostante il distacco con l'esterno fosse ciò che cui Adam aveva avuto bisogno, il confine tra guarigione ed eremitaggio poteva diventare estremamente sottile, fino a creare una situazione tossica per lui. Rimanere da solo, riflettere e rimuginare aveva infatti sopraffatto il giovane, che per qualche tempo aveva voluto diventare invisibile agli occhi altrui. Era un costante lavoro, quello di superare e sconfiggere i suoi demoni senza però rimanere rinchiuso in quella lotta, ricordandosi che la vita come prima cosa andava vissuta, andava sperimentata appieno nonostante tutto, e su questo frangente Adam era riuscito a fare dei grandi progressi, anche grazie alla sua particolarità. Senza di essa sarebbe stato un uomo radicalmente diverso. Proprio grazie a questo continuo cambio di prospettiva, il ragazzo riusciva a ricordarsi sempre cosa fosse importante, cosa significasse non voler sacrificare la propria libertà e non lasciarsi schiacciare dai pesi del passato. Uno dopo l'altro, i ricordi tornavano al loro posto, nel mosaico spesso troppo confuso che era il passato del guardiacaccia. Proprio da esso tornava Ola Hansen, una figura che Adam non aveva dimenticato; a dispetto di quanto Besaid avesse causato nella sua mente, Adam non dimenticava mai nessuna faccia, e quella di Ola era stata difficile da rimuovere, anche perchè la sensazione di scomodità che essa portava con sè era rimasta vivida tanto quanto i ricordi di quel festino ad Oslo. Era stato più che inaspettato vedere Hansen lì, sulla soglia di casa, appoggiato allo stipite della porta con uno sguardo apparentemente vacuo ma invece tangibilmente esigente. Non si spostava, Ola, e Adam non accennava a fare altrettanto, piazzato davanti alla porta. Voleva continuare a proteggere i suoi spazi, a non renderli penetrabili in un momento così vulnerabile per lui; le trasformazioni lo rendevano sempre dolorante, sempre sensibile nel tornare in una forma che era la sua tanto quanto quella animale. Le ossa, i muscoli, la mente, tutto di lui doveva riabituarsi ad essere umano. Eppure, Ola era stato invadente, entrando deliberatamente negli spazi e nel tempo di Adam per chissà quale ragione - probabilmente, aveva solo voglia di disturbare.
    Nell'approcciarsi al guardiacaccia Ola era criptico, esattamente come il ragazzo lo ricordava. Nessuna reazione era leggibile nel suo volto e nessun movimento faceva capire le sue intenzioni. Solo dopo qualche secondo, le labbra del giovane si incurvarono in un sorriso. Adam, invece, era rimasto con la medesima espressione che era spuntata sui suoi lineamenti non appena aveva intravisto Ola fuori dalla finestra: sopracciglia leggermente aggrottate, volto serio. Si chiese come mai quel videomaker scapestrato avesse deciso di riapparire dopo così tanto tempo, e soprattutto, come avesse fatto a trovare la sua casa. Tutto ciò non faceva che confermare gli istinti di Adam nel voler stare lontano da Ola e dalle sue attività. Come suo solito, il guardiacaccia non si perse in inutili formalismi, chiedendo subito ed in maniera molto diretta all'altro uomo che cosa ci facesse lì a casa sua. Così, il sorriso di Ola scomparve, mentre le sue labbra si mossero per rispondere. « Aspetto la cena ». Asserì lui, ovviamente dando una risposta poco seria ad Adam, che non ne sembrò soddisfatto. Sbuffando leggermente, il ragazzo non ribattè per il momento, osservando i movimenti dell'altro mentre agguantava un blister, dal quale fece spuntare una gomma da masticare. Fu rapido, il guardiacaccia, nel far notare ad Ola di non voler essere disturbato. Non solo lui non era minimamente la persona che Adam si aspettava di ricevere alla sua porta, ma non aveva neanche voglia di interagire con lui nel momento che stava attraversando, poichè il dolore diminuiva sensibilmente la sua soglia di tolleranza nei confronti di qualsiasi fastidio. « Sì? » Domandò Ola, portandosi una di quelle gomme da masticare tra le labbra. « E di cosa hai voglia, amore?» Puntando le iridi scure sulla figura più esile dell'altro, Adam notò quanto egli fosse curioso di spiare all'interno della sua abitazione; per questo motivo, non si scostò di un centimetro, parandosi con la sua corporatura più solida davanti all'entrata. Prima di tutto, che tu smetta di chiamarmi amore perchè io e te non siamo in confidenza. Iniziò lui, puntualizzando il fatto che, effettivamente, Ola non lo conoscesse affatto. Si erano incontrati solo una volta prima di allora, e quel momento non era neanche stato particolarmente piacevole per nessuno dei due. Inoltre, Adam faticava a fidarsi di chi non conosceva, e sicuramente Ola non stimolava il suo sesto senso molto positivamente. Secondo, ho solo voglia di dormire. Torna a casa Ola. Non so perchè tu sia a Besaid, cosa voglia da me, nè come tu abbia fatto a trovarmi, ma non sono in vena di stare qui a parlare.. Asserì infine il guardiacaccia in un deciso borbottio, pronto a chiudere la porta, ancora indolenzito dappertutto. In quel momento, un leggerissimo rumore di passettini impedì al guardiacaccia di serrare l'entrata di casa propria, perchè la volpina dal pelo fulvo fece capolino dall'ingresso, incuriosita dalla nuova presenza vicino ad Adam. Sgusciando fuori dall'abitazione, la cagnolina iniziò ad annusare i pantaloni di Ola, ed appena il boscaiolo se ne accorse, si chinò per raccogliere quel minuscolo corpicino pieno di pelo in una mano, tirando su la cagnetta. Hei.. Abbassando lo sguardo verso la volpina curiosa, Adam scosse appena il capo, rassegnato al fatto che ora Ola si sarebbe senza dubbio dimostrato interessato nei confronti della cagnetta. Okay, io torno dentro, ho avuto una giornata lunga. Asserì infine il guardaboschi, pronto a tagliare corto con la conversazione con Ola, cercando di scoraggiarlo nel rispondere alcunchè, anche se sapeva in cuor proprio che non ci sarebbe riuscito; quel videomaker era testardo, a modo suo, e non avrebbe mollato l'osso tanto facilmente.
     
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    Se Ola fosse ancora il ragazzino contro cui Adam sguinzagliò la polizia, probabilmente accoglierebbe quella risposta con una risata rauca e l'offerta d'aiutarlo ad estrarsi dal culo la scopa che ci tiene infilata.
    Non lo fa, continuando a proiettare la direzione sfocata del suo sguardo, la linea piatta della sua bocca, facendo vagare le pupille sul guardiacaccia.
    Nessuna intenzione di muoversi, a quanto pare, di ritrarre il braccio o allontanarsi dalla porta di una casa che non vuole accoglierlo.
    Non è strano. L'atteggiamento che Kane gli sta rivolgendo è quello che aveva ricevuto da chiunque lo conoscesse prima di andarsene a Besaid, quello che dagli altri si aspetta. C'è abituato, non sa più come restarne offeso.
    Hansen mastica lentamente la propria cicca, senza che la nicotina che contiene possa spegnere la voglia di fumare, e fa silenzio.
    Le sue risposte sono tarde, l'ha già dimostrato. Mastica i propri pensieri e le proprie parole insieme alla consistenza della gomma, aspettando che siano ben digerite prima di rigurgitarle lungo la gola, fuori dai denti e infine nell'aria fredda in mezzo a loro.
    Dunque è con la nuvola calda del proprio alito che stanno per uscire, quando qualcosa di inaspettato sguscia fuori dalla porta.
    C'è un volpino che improvvisamente gli annusa il bordo dei pantaloni e il balzo con cui Hansen si allontana è davvero rapido. E' sorprendente vederlo muoversi con uno scatto veloce, lui che si comporta come se fosse immerso in un barile di melassa.
    Soffia fuori dai denti qualcosa che sembra una imprecazione, ma non è intelligibile. Insieme una smorfia nervosa, amara sulle labbra. La copre sfregandosi forte il naso con una mano e gli occhi saettano dall'animale ad Adam, mentre quest'ultimo lo prende fra le braccia.
    Ad Hansen non piacciono i cani, proprio per niente. Qualcuno direbbe che ne ha paura, infatti continua a sfregarsi il naso in un gesto ripetitivo e sintomatico di qualcosa.
    Non gli ci vuole molto a ricomporsi: deglutisce la sorpresa, spazza via il fastidio abbassando il braccio. Il cane è molto piccolo ed ora lontano, visto che sta ben fermo nella braccia del guardiacaccia.
    Peccato che lo abbia anche fatto staccare dallo stipite ed ora è la sua distanza da Kane a sembrargli troppa.
    La lingua esce dalla bocca per toccare quella labbra secche e ferite dai suoi stessi denti, le inumidisce e quindi parla: « E se mi fossi perso? ».
    C'è sia insinuazione che della malizia in quella frase.
    « Mi lascerebbe assiderare nel bosco, uno come te? »
    'Uno come te' dice, quasi Hansen avesse un piccolo diagramma nella tasca di chi sono quelli come Adam Kane. Quelli amici delle guardie, con la pazienza corta e i polmoni puliti dall'aria silvestre di un bosco dove hanno deciso di vivere, lontano da chiunque.
    Quelli nettamente diversi da lui.
    « Per quale altro motivo potrei essere qui, mh? » mormora, lo sguardo statico e il solco che è il suo ghigno diventato lungo sopra il volto. Quasi sia un taglio che al posto del sangue fa colare qualcosa di ambiguo fino al mento.
    Se sottintende che davvero esiste un motivo ulteriore o che sarebbe sciocco da parte di Kane anche solo supporlo, è un dubbio che rimane legato al modo in cui lo guarda.

    Edited by Dr. Huxley - 25/12/2018, 02:10
     
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    Era immobile, Ola Hansen, ed agli occhi di Adam non stava che cambiando la forma di ciò che aveva fatto anni prima: infastidire. Personalmente, il guardiacaccia non era mai rimasto offeso dai comportamenti di Ola, poichè sapeva che poco avevano a che fare con lui direttamente; ogni sguardo, ogni sbuffo o imprecazione, erano tutti modi di Hansen di leggere se stesso e di reagire a tale lettura. Tutti lo facciamo, seppur in modi sempre diversi. Dunque, se in quella desolata foresta di Oslo Ola era stato sin troppo irrequieto, ora infastidiva Adam con la sua immobilità, in una presa di spazio sin troppo gagliarda. Il guardaboschi era legato ai suoi territori, sia fisici che emotivi, e ne concedevano molti solo a chi riusciva a guadagnarsi la sua fiducia sia come lupo che come essere umano. Ola, purtroppo, non era tra questi e quindi non sarebbe stato accolto in uno spazio marchiato dalla presenza di Adam. I suoi occhi continuarono a vagare sulla figura più esile del suo interlocutore, che sembrava davvero non voler mollare l'osso e tornare a casa. Masticando in lenti movimenti della mandibola quella gomma, Ola sembrava quasi distaccato dal mondo, proprio perchè ne faceva parte fin troppo; sembrava che fosse una di quelle persone che a furia di sentire troppo non sentivano più nulla, intrappolate in una sensazione di intorpidimento. Effettivamente, Adam non conosceva nulla di Ola. Dopo quella notte nel bosco ad Oslo, naturalmente aveva perso il contatto con la presenza del videomaker, ed in realtà non credeva che l'avrebbe mai più incrociato in vita sua. Eppure, Besaid toglie tanto quanto dà, e Adam si era ritrovato con questa persona davanti alla sua porta per un motivo, come una conchiglia trascinata sul bagnasciuga dall'incessante movimento delle onde - nonostante il guardiacaccia non fosse del tutto certo che Ola contenesse alcuna perla in sè.
    Fu una questione di attimi, e Maina schizzò fuori casa, zampettando fuori dalla porta, sfuggendo al controllo non autoritario del guardiacaccia. Non appena la cagnolina iniziò ad annusare i pantaloni di Ola, l'espressione di Adam mutò lievemente in una di silenziosa sorpresa, nel notare lo scatto all'indietro dell’uomo, e le labbra del guardaboschi si incurvarono impercettibilmente verso l'alto in un leggerissimo sorriso istintivamente soddisfatto. Si chinò, agguantando la bestiolina tra le braccia prima che potesse scappare nella radura antistante l'abitazione, e la strinse appena a sé, lasciando trasparire anche un grande istinto di protezione. L'imprecazione di Ola sfiorò solamente l'udito di Adam, che dopo aver raccolto la cagnetta lanciò uno sguardo incuriosito al suo interlocutore. Hai paura dei cani, quindi. Constatò il ragazzo, restando con le sue intense iridi scure sulla figura di Ola, leggermente scosso dall'incontro appena fatto con la creaturina a quattro zampe. Penso che questa non sia la casa giusta per te... Aggiunse poco dopo Adam, il cui sorriso divertito si distese maggiormente, ripensando all'ironia della situazione. Se solo Ola sapesse di essere finito non solo a casa di un amante dei cani, ma anche di un licantropo, probabilmente gli sarebbe venuto un infarto; quindi, il guardiacaccia pensò di risparmiargli la notizia - almeno sul momento. Maina squittì una specie di saluto nei confronti di Ola, per poi raggomitolarsi tra le braccia più ampie di Adam, e lui abbassò lo sguardo qualche attimo, notando la velocità con la quale il videomaker si ricompose nella sua postura, ora leggermente più distante. Lì per lì, il ragazzo si chiese quale fosse la particolarità di Ola. Quale dono gli aveva consegnato Besaid? E soprattutto, come l'avrebbe utilizzato lui? Fu quasi tentato, Adam, di rivelargli la sua, però come sempre la sua riservatezza ebbe la meglio, almeno per il momento, e pensò di non aprire bocca su qualcosa di così importante per lui. Non si trattava solo di un "potere", qualcosa che lo rendeva semplicemente diverso dagli altri; la mutazione era parte integrante del suo essere, e Adam non era certo di voler condividere così tanto di sè con Ola.
    « E se mi fossi perso? » Se c'è una cosa che Adam riteneva di spartire con Ola, era il loro modo di andare oltre con le parole. Dove lui era diretto e profondo, Hansen era sottilmente accurato, pronto a graffiare la superficie delle maschere altrui, arrivando con la sua personalissima sfacciataggine a toccare ciò che si nascondeva dietro di esse. Inclinando appena il capo, il guardiacaccia lasciava distrattamente delle carezze nel manto della volpina, che era così piccola da esser coperta quasi del tutto quasi dall'ampio palmo della mano di Adam. Dubitava profondamente del fatto che Ola si fosse realmente perso: per quanto potesse sembrare un indolente, era invece abbastanza attento all'ambiente che lo circondava. Inoltre, Adam era consapevole di quanto tagliente potesse essere la sua parlantina, avendone avuto un assaggio ad Oslo. « Mi lascerebbe assiderare nel bosco, uno come te? » La domanda di Ola era una evidente provocazione, volta ad inquadrare Adam in un modo particolare e preciso. Chinandosi un'altra volta per lasciar andare Maina all'interno dell'abitazione, il ragazzo si tirò nuovamente su, cercando di limitare i movimenti al massimo ma non riuscendo a sopprimere un leggerissimo lamento per via dei dolori, e poi incrociò le braccia, facendo un passo avanti verso Ola. E com'è, uno come me? Domandò allora lui, rifiutandosi di distaccare le iridi castane da quelle dell'altro, intrepide tanto quanto le sue. Tra loro calò un silenzio denso per qualche secondo, uno di quelli pregni di tensione e di attesa, che però Ola spezzò egli stesso con le sue parole. « Per quale altro motivo potrei essere qui, mh? » Ghignò, Hansen, pronto nuovamente a partire all'attacco con le sue taglienti parole, che lui era abile a sfoderare come fosse uno spadaccino navigato. Devi aver avuto una vita noiosa, se ora ti ricordi di me e sei venuto a trovarmi dopo così tanto tempo. Adam sollevò gli occhi al cielo qualche attimo, non pronto a sopportare l'apporto di energie che Ola richiedeva, esigente con i suoi occhi e con le sue parole. Il punto è che mi divertirei, forse, a starti a sentire… Ma non è proprio il momento. Poi, visto che ti sei perso, non vorrai rimanere a girare per il bosco fino al tramonto. Può diventare pericoloso, sai... Qui è pieno di lupi. Spiegò Adam, continuando ad usare il suo solito tono basso e leggermente malinconico, senza però limitarsi ad essere serio. Lui sapeva a cosa si riferiva, e così come Ola stava giocando con lui, lui aveva capito di dover conversare ad armi pari, se avesse voluto tornare alla comodità del suo divano, dove avrebbe potuto riprendersi con calma.
     
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    le mie spade vogliono solo tagliarti e non punirti
    OLA HANSEN • 26 Y/O • SESTO SENSO



    Con il cane sistemato nelle braccia di Adam, Hansen può stare tranquillo.
    Non si ricorda da dove venga la sua paura verso quegli animali e di certo se chiamasse sua madre potrebbe ascoltare una qualche storia d'infanzia con un brutto cane cattivo a traumatizzare il suo io settenne.
    Incorretto: sentirebbe la voce rauca di una donna povera ma imbellettata che fa domande per sentirsi madre, nonostante non abbia più la voglia di sentire la risposta. E lui non risponderebbe.
    Con il cane sistemato nelle braccia di Adam, Hansen può tornare a dedicare tutta la sua attenzione a quello che gli sta venendo detto.
    A quello che vede: Kane sorride mentre constata l'ovvio, dice che ha paura dei cani.
    Hansen non conferma né smentisce. Rimane in silenzio, perchè gli importa molto di più notare una curva sulla bocca altrui piuttosto che raccontare una bugia che gli salvi la faccia. Non prova vergogna: è impegnato a prendere quel sorriso che ha fatto allungare sulla bocca del guardiacaccia, studiarne la composizione, le cause e le implicazioni, girarselo fra le mani ed infilarlo in tasca.
    Il cane infine sparisce, lasciato a terra e libero di rientrare in casa.
    Kane incrocia le braccia, gli chiede com'è uno come lui.
    Un'ondeggiare lieve del capo, Hansen ricambia lo sguardo fermo che gli è rivolto: « Un guardiacaccia ».
    Tronca ogni possibile implicazione a quanto ha precedentemente detto, negando a Kane d'aver avuto ragione nel pensare che ci fosse qualcosa di denso dietro a quelle sue parole.
    Ed il tono con cui lo dice è come il suo volto. Non precisamente serio, più simile ad una faccia da cui s'è andata a stingersi ogni espressione. Vuoto e rammollito dal modo in cui sono colate via.
    Adam non ha finito e fa qualcosa di molto giusto: sottolinea come la sua vita sia noiosa se ancora si ricorda di lui.
    Davanti a questo Hansen non può che alzare appena gli angoli della bocca. Una curva minuziosa, appena accennata, che non viene accompagnata da alcuna parola.
    Si ricorda ancora di lui, sì. Ha voluto andarlo a trovare, è così.
    Ma il gioco ora è diverso e le regole vogliono che una spiegazione ci sia, per quanto falsa. E' solo perchè s'è perso che Ola Hansen si trova lì.
    Qui è pieno di lupi.
    Beata l'ignoranza e come fa sì che Hansen non possa capire quello che Adam sta dicendo.
    Nessuno gli ha detto che Adam Kane è un licantropo, solo che è proprio quello il nome del guardiacaccia di Besaid.
    Ma non c'è motivo per soffermarsi su quella frase, non per Ola, che già sa quali siano i pericoli del bosco di notte dal momento in cui ha deciso di farci delle riprese.
    « E' un bel problema » commenta, ma non c'è alcuna preoccupazione in quel mormorio basso. Rimane in silenzio per un poco, infilandosi le mani in tasca e masticando la gonna.
    « Aspettavo giusto un principe che mi scortasse a casa » riprende, squadrando l'altro in un modo che non lascia dubbi su chi abbia elevato a tale ruolo « O che mi ospitasse nel suo castello ».
    Che lui sia una principessa o Cappuccetto Rosso, Hansen ha idea di saper trattare con i lupi.
     
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    I silenzi sono sempre stati fondamentali per Adam. Non amante di lunghi discorsi vuoti, era più a suo agio nella quiete, e nello spazio confortevole che essa costruiva per lui. La familiarità con silenzio non era solo parte della sua indole schiva ed introspettiva, ma gli permetteva anche di leggere meglio gli altri. Uno come Ola, che tante parole non pronunciava, era molto più simile ad Adam di quanto lui volesse ammettere. I loro caratteri ed i loro vissuti, così distanti e diversi, erano invece accomunati dall'attesa, da quei silenzi che pregni di significato potevano rivelare molto più di un fiume di parole riversate sull'udito altrui. Ed ecco che, sempre in silenzio, Adam non si spinse più in là di un sorriso, nel constatare l'ironia della sorte. Un uomo spaventato dai cani a casa di un licantropo. Certamente, il guardiacaccia non si sarebbe mai sbilanciato nel rivelare la sua particolarità ad Ola, e per quanto fosse incuriosito nel sapere la sua - più per diffidenza che per interesse - si astenne dal rivolgergli anche quella domanda. Alla constatazione di Adam, Ola rimase in silenzio, abbracciando un modo di comunicare che il ragazzo conosceva bene. Il guardaboschi non ne rimase turbato, ed i suoi occhi scuri restarono sulla figura dell'altro, scandagliandolo quieti. Le poche parole pronunciate da Ola erano taglienti, inaffidabili nella loro calma eppure solide nel voler sorreggere l'atteggiamento del videomaker, che non sembrava volersi schiodare dal portico di casa Kane. Adam era un attento ascoltatore, e ciò gli permetteva di essere terribilmente ricettivo alle parole altrui; per questo motivo, dopo aver liberato la volpina dalla stretta lieve delle sue braccia domandò al suo interlocutore esattamente cosa intendesse dire con le sue parole, convinto del fatto che a dispetto di ciò che i suoi lineamenti inespressivi comunicavano, ci fosse un sottile messaggio nascosto. In tutta risposta, Ola scosse appena il capo, e la sua chioma indisciplinata si agitò lievemente in quel movimento. I suoi occhi sostennero il peso dello sguardo denso di Adam, ricambiandolo irremovibili. « Un guardiacaccia ». Ogni insinuazione che era stata pensata, fatta o ipotizzata si era dissolta, in quel tono asettico che Ola lasciava scivolare dalle labbra leggermente distorte con naturalezza. Inclinando appena la testa, Adam annuì appena, rinunciando ad ogni tentativo di ribattere o indagare quella apparentemente semplice affermazione per sfinimento. Era troppo stanco, dolorante, e suscettibile per impigliarsi in una conversazione che già si stava tessendo attorno ad entrambi come un nastro appiccicoso. Erano le mancanze, ad essere perfettamente leggibili nella figura, nella voce e negli occhi di Ola. Mancava di fervore, di intenzione, di vita quasi. Eppure, agli occhi di Adam, Ola non era solamente questo. C'era qualcosa di continuamente sotteso in lui; avrebbe potuto essere tutto, niente, ma il guardiacaccia ne sapeva troppo poco e questa condizione d'ignoranza non gli piaceva, gli puzzava di rischio. Già il fatto che qualcuno avesse trovato e varcato il suo territorio non gli piaceva - qualcuno dal passato poi, ancora meno. Adam non era un uomo che tendeva a restare fermo, imprigionato tra le gabbie invisibili dei ricordi, che già di per sè avevano lasciato le loro cicatrici. Per evitare di riaprire vecchie ferite, il ragazzo tendeva ad osservare con sospetto i ritorni; era come se tasselli di un mosaico già incollati si staccassero, per cercare un collocamento nuovo, quando per loro non c'era più spazio nell'opera d'arte.
    Proprio alla supposizione di Adam sulla sua vita, Ola sollevò lievemente gli angoli delle labbra per lasciare che il fantasma di un sorriso gli infestasse i lineamenti. Ancora, silenzio. Ciò, al guardiacaccia, era bastato. In fin dei conti, aveva ricevuto un assenso alla propria constatazione, e ciò gli fece stringere appena gli occhi per la circospezione. Come mai uno come Ola, che di sicuro una vita piatta non aveva avuto, aveva voluto cercarlo? Perchè proprio adesso? La risposta più superficiale sarebbe certamente stata quella del caso. Ola l'aveva voluto e basta, solo per dar fastidio, solo per divertirsi o perchè non aveva niente di meglio da fare. Tuttavia, anche dietro alla più randomica delle scelte risiede un'intenzione se si tratta di gesti umani. Quel era stata l'intenzione di Ola? Probabilmente, proprio quella di colmare qualcuna delle sue mancanze. Probabilmente, perdersi non era che un segnale, per il videomaker - che fosse intenzionale o meno, non importava. Probabilmente, perdersi avrebbe avuto un qualche significato per lui, anche se non lo ricercava. Era quello, uno dei tanti poteri del bosco. Far perdere le persone, per lasciare che loro trovassero altro. Con le sue parole, Adam volle giocare ancora un po' con quel destino che tanto ironico quanto strampalato lo aveva riportato da un elemento del suo passato ad Oslo. Naturalmente, se non avesse avuto una particolarità idonea, Ola non avrebbe potuto decifrare quelle frasi ambigue sui lupi, ed il guardiacaccia lo sapeva; poteva anche immaginare, che uno che sicuramente della notte non aveva paura come Ola, fosse ben conscio - o sconsiderato? - dei rischi della foresta una volta calate le tenebre. « E' un bel problema » Commentò lui, tranquillo, riprendendo ad articolare ogni suono con un tono di voce piatto. Le iridi castane di Adam non lasciarono quella figura leggermente contorta neanche un secondo, mentre le mani dell'altro si muovevano con calma per poi scomparire nelle tasche dei suoi pantaloni, e quel suono flebile dell'attività della mandibola di Ola continuava imperterrito. Dal canto suo, il guardiacaccia non si mosse di un millimetro, respirando lentamente e profondamente, e tenendo le braccia conserte. « Aspettavo giusto un principe che mi scortasse a casa » Amore, uno come te, principe... Sembrava che Ola, senza averlo mai espresso esplicitamente, avesse inquadrato la figura di Adam in modo particolarmente preciso, per quanto lui lo negasse. « O che mi ospitasse nel suo castello ». Riportando le braccia lungo i fianchi ed appoggiando una mano alla porta, Adam abbassò lo sguardo, come se stesse ispezionando se stesso, osservandosi brevemente. Ola era un uomo particolarmente brillante, anche se probabilmente non avrebbe voluto vedersi riconosciuto neanche con quell'attributo. Era pronto, e per quanto il suo fare fosse statico, la sua mente era tutto tranne che pigra - così come i suoi occhi. Facendo un passo indietro e volgendo per qualche istante lo sguardo all'interno della casa, da cui provenne il guaito più grave di Thunder, il ragazzo prese un respiro calmo, per poi tornare a rivolgere la sua attenzione verso Ola. Beh, l'hai detto tu Ola. Commentò allora Adam, portando lo sguardo nel suo. Non sono un principe, sono un guardiacaccia. Aggiunse lui, con un leggero sorriso sul volto, per poi compiere un leggero ma visibile cenno del capo verso sinistra. Per tornare a casa, la strada è di là. Indicò infine, facendo un ulteriore passo indietro, per poi chiudere la porta davanti a sè.
     
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