Let's put the fun in funeral

Liz x Navkee

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    Seduta al bordo della sedia del suo ufficio, Liz guardava il sole tramontare, sorseggiando il suo caffè nero corretto con sambuca. Dava le spalle alla porta e aveva lo sguardo rivolto verso il cielo: i colori che uscivano dalle nuvole erano forse i più belli che avesse mai visto, di recente. In effetti il tramonto migliore del mondo l'aveva visto anni fa a Portland: i colori autunnali degli alberi si sposavano perfettamente con il cielo violetto e con tutta l'aria di Halloween presente nella piccola cittadina. Portland era una di quelle città che gli aveva donato moltissimo e in così poco tempo: c'era stata con James, quando aveva solo ventidue anni, prima che i due si lasciassero definitivamente. Durante il viaggio a Portland, Liz aveva capito che quei momenti li avrebbe conservati nel cuore, gelosamente, e forse non avrebbe mai potuto provare di nuovo qualcosa di così intenso: ora come ora, lo credeva fermamente. La spensieratezza che aveva avuto a ventidue anni la rimpiangeva con particolare malinconia. Erano stati gli anni più belli della sua vita: gli anni in cui aveva smesso di nascondersi, quando aveva detto stop a sua madre e sicuramente gli anni di James, l'unica persona al mondo che era stata in grado di entrargli nel cuore e quanto pare ci sarebbe rimasto per sempre. Non aveva mai creduto a quelle frasi da canzoni melodrammatiche che dicevano che “il primo amore non si scorda mai”, eppure doveva ammettere che nel suo caso aveva funzionato più che perfettamente.
    Lo schermo del suo computer, dietro di lei, si illuminò. Liz girò lentamente appoggiandosi allo schienale della sedia ed aprì la mail che gli era arrivata. A scriverle era il suo capo, nientemeno che il direttore della Galleria, che al momento si trovava in Inghilterra ad una famosa asta di quadri: toccava a lei quindi dirigere tutto quanto: ed era la prima volta che le capitava i questi tre anni.
    “Ciao Liz,
    Perdonami il poco preavviso, ma sono stato sommerso dall'asta. Una vera figata, avresti dovuto esserci. Ricordati l'evento al Museo di questa sera, dovrai tenere quella piccola conferenza che ti dicevo!
    Stammi bene,
    Arthur”

    Liz chiuse lentamente gli occhi.
    “Cazzo!” Pensò, mentre si portava le mani ai capelli: se ne era completamente dimenticata. Iniziò a cliccare compulsivamente ogni cartella del computer per trovare orari ed informazioni riguardo l'evento, per fortuna almeno ricordava di cosa doveva parlare nel suo intervento.
    Iniziò ad agitarsi e finì per tirare giù di botto il caffè corretto, pensando di averne bisogno almeno di un altro paio. Quando finalmente riuscì a trovare la mail, si lasciò andare sullo schiena della poltroncina e sospirò lentamente. “Grazie al cielo” pensò, mentre tirava i capelli rossi all'indietro. L'evento si sarebbe svolto la sera stessa al museo: si trattava di una mostra sulle avanguardie, la Galleria partecipava come sponsor e dava in prestito al museo alcuni quadri della sua collezione permanente: il museo in cambio forniva pubblicità alla galleria e ovviamente la ripagava in denaro. Il compito di Liz era molto semplice: stare li e sorridere, rispondere alle domande e rimanere assolutamente perfetta ed elegante: si era ripromessa di non finirci sbronza, ma sicuramente non ci sarebbe andata da sobria. Nessun evento di questo genere si affronta da sobri.
    Ebbe il tempo di stampare il programma dell'evento: un aperitivo a buffet con open bar – dio, il paradiso – più la famosa conferenza che Liz avrebbe tenuto: contava di finirla in meno di un'ora, sperando di non ricevere troppe domande. Non amava stare al centro dell'attenzione, figuriamoci in un covo di artisti radical chic con la puzza sotto il naso. Tornò a casa e si fece una doccia per cancellare l'odore dell'alcol e del tabacco; poco dopo la doccia stappò la nuova bottiglia di vodka – un regalo assai gradito da parte di Nikolaj – e infine si preparò, indossando un abito dolcevita nero a maniche lunghe, un tacco super sobrio – l'unico che aveva nell'armadio – e due passate di rossetto rosso che conservava per le migliori occasioni, ma lo metteva così raramente che vederselo addosso le faceva parecchio strano.
    Riempì la fiaschetta poco prima di lanciarla in borsa, “non si sa mai” pensò, e quando fu pronta si infilò in macchina: sulle note degli AC/DC si dirigeva verso il museo, addobbato con luci e accessori di ogni tipo per l'occasione.
    Il compito di Liz, al momento, era quello di trovare chi dirigeva i fili del museo e dell'evento in particolare, anche se gli era capitato di incrociarlo in più di un'occasione: si trattava di un uomo molto alto e serio che Liz aveva sempre associato a quelli che lavorano nelle pompe funebri, infatti quando l'aveva visto entrare in Galleria, si era subito chiesta se fosse morto qualcuno di recente. Dopo aver dato il suo nome all'ingresso, Liz entrò, lasciando il cappotto ad un cameriere e tenendosi gelosamente la sua borsa con la famosa fiaschetta di vodka si diresse verso il buffett, perchè le toccava assolutamente mettere qualcosa sotto i denti prima di affrontare il resto della serata. Dopo aver preso della tartare di salmone – niente meno che una delle sue cose preferite – agguantò un calice di champagne e alzando lo sguardo verso l'ingresso vide arrivare il burattinaio, niente meno che colui che reggeva le fila dell'intero edificio dove lei adesso tentava di saccheggiarne l'intero buffet.
    “Ecco” pensò, lasciando che lo sguardo percorresse l'intero corpo dell'uomo, “costantemente in lutto”.
    Lasciò cadere il resto dello champagne in gola e poi si incamminò verso di lui, ricordando alla parte ironica del suo cervello che sarebbe stato alquanto fuori luogo e controproducente approcciarlo facendogli le condoglianze in vista del suo abbigliamento.
    Cercò di destreggiarsi fra le persone che passavano in mezzo alla sala: la quantità di gente presente era assolutamente fuori da ogni sua previsione. Non immaginava di dover attirare l'attenzione di così tanta gente: sarebbe riuscita a parlare in pubblico di fronte a così tante teste?
    Fu allora che incrociò lo sguardo di Navkee ed accennò un sorriso gentile e formale, credendo che fosse sicuramente il modo migliore per approcciarsi. I due si erano incontrati più volte in Galleria anche se non avevano mai avuto contatti troppi diretti: tutto molto formale e distaccato, anche se Liz credeva si trattasse di un atteggiamento costante dell'uomo.
    "Buonasera" esordì avvicinandosi, evitando di porgere la mano: non si trattava di maleducazione, ma il suo potere sarebbe sopraggiunto nel caso in cui Navkee avrebbe mantenuto il contatto per più di un minuto e per qualche strano motivo, era convinta che la stretta di mano dell'uomo sarebbe stata piuttosto corposa e lunga; o forse, non era pronta a vedere i ricordi negativi di un uomo così glaciale e distaccato, temendo di ricevere sorprese non piacevoli che avrebbero influenzato per sempre il suo giudizio e sapeva che questo, nei rapporti formali, sarebbe stata la cosa peggiore da fare. Fu allora, mentre elaborava quei pensieri, che notò i guanti in pelle nera che l'uomo indossava ad entrambe le mani, senza alcun accenno a togliergli, cosa che ogni essere umano fa, dopo esser entrato in un ambiente chiuso. Si soffermò su quel dettaglio forse più del dovuto, assottigliando gli occhi come un gatto, ricordandosi allora di averlo visto con gli stessi guanti anche le volte precedenti in cui l'aveva visto, anche se non ci aveva mai fatto caso come in questa circostanza.
    Alzò di nuovo lo sguardo su di lui e fu allora che gli porse la mano: era immensamente curiosa di capire se i guanti avrebbero bloccato il suo potere.

    Edited by jkavinsky - 1/12/2018, 11:02
     
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    Dobbiamo invitare tutti; ripassa la lista, è importante. Asserì Naavke, restando al telefono per accertarsi che tutto sarebbe filato liscio all'aperitivo e conferenza organizzati in collaborazione con la Galleria D'Arte Moderna. Sarebbe stata un'occasione ghiotta per entrambe le istituzioni: per la Galleria sarebbe stata un'opportunità per acquisire più visibilità e denaro, per il Besaid Kunstmuseum invece sarebbe stato utile guadagnare ulteriori visitatori ed investitori in una serata che avrebbe anche mostrato il panorama artistico cittadino sotto un'ottima luce. Rigirando con calma la penna stilografica tra le dita, Naavke appoggiò le spalle alla comoda e costosa sedia dietro la sua scrivania in mogano. Si, voglio un preventivo entro stasera. No, per la cena me ne occupo io. Grazie. Chiudendo la conversazione, il curatore iniziò a pensare a come organizzare un evento di tale portata in modo da non avere sguardi ficcanaso per il museo che avrebbero potuto minacciare il lavoro di Libra: si sarebbe fatto trovare pronto, il Kunstmuseum avrebbe brillato e nessuno avrebbe scoperto nulla - lui era fin troppo scrupoloso per tralasciare un dettaglio così importante; non sarebbe stata una cena a pregiudicare il lavoro di una vita, poco ma sicuro. Deciso a coordinare ogni aspetto della serata nel migliore del modi senza però dover esageratamente intervenire durante l'evento, Naavke si sentì molto più tranquillo, poichè la sua esperienza nel gestire il museo avrebbe garantito che tutto sarebbe andato bene. Alla fine aveva investito parecchio denaro, tempo ed energie per mettere tutto in piedi per quella sera, e dopo due settimane di commissioni ed attenta organizzazione, l’evento sarebbe andato a meraviglia. Nell'osservare il programma che era stato stilato, Naavke notò il nome della donna che lavorava alla Galleria d'Arte Moderna che avrebbe tenuto la conferenza e ne rimase incuriosito. Esperto proprio di quel tipo d'arte assieme a quella contemporanea, il curatore era più che interessato nei riguardi di ciò che la signorina Lisbeth Chapman avrebbe avuto da dire. Eppure la prima cosa che pensò leggendo il nome della donna non riguardava per niente l'ambito artistico nel quale entrambi operavano. Lisbeth era un nome che era segnato a fuoco nell'animo di Naavke, che ricordò molto velocemente il volto di sua madre. C'era sempre una disturbante dualità in quelle immagini del passato che di tanto in tanto gli tornavano davanti agli occhi come spettri. Da un lato, non era difficile immaginare, neanche dopo tanti anni, quel volto sorridente e felice assieme a lui e Kjetil; dall'altro, il ricordo che più aveva infestato la mente di Naavke da ragazzo non era che il volto di Lisbeth in un letto d'ospedale, piegata da un cancro che lui stesso le aveva causato. Uscito da quel momento di trasalimento, Naavke si concentrò sulla figura di Lisbeth Chapman, riflettendo sul fatto che la sua impressione di lei fosse piuttosto superficiale, avendola solo incrociata per pochissimo tempo in passato per sistemare affari del museo; avrebbe dovuto conoscerla anche prima della sera della conferenza per farsi un'idea più precisa di lei, tuttavia non ce n'era stato il tempo, e bisognava terminare tutti i preparativi.
    Occupatosi personalmente di supervisionare l'organizzazione dell'evento e anche il catering, essendo particolarmente appassionato di cibo, Naavke attese la serata particolarmente soddisfatto e tranquillo. Libra era stata avvisata, e nessuno sarebbe entrato nel museo durante la serata. Con in mano un bicchiere di vino bianco, il curatore conversava con gli ospiti, non solo interessandosi dei loro impegni o mostre, ma anche per persuaderli ad investire maggiormente nella scena artistica Norvegese, che già florida avrebbe potuto ricevere ulteriori spinte nel panorama internazionale. Per quell'occasione, Naavke indossava un completo su misura color blu scuro che gli dava un'aria elegante, autoritaria e di classe. Poi, ad attirare la sua attenzione furono i passi di Lisbeth, che si avvicinò a lui. Incrociando lo sguardo della donna e accennando un sorriso gentile in sua direzione, il curatore si ritrovò ad essere particolarmente curioso nei confronti della sua particolarità - lo era con quella di tutti; del resto, Besaid poteva riservare qualsiasi tipo di sorpresa. Se solo Cassandra fosse stata lì, avrebbe letto immediatamente quali fossero i poteri di ogni cittadino presente a quel buffet. "Buonasera" Iniziò lei, salutando cordialmente, e Naavke, che era particolarmente attento ai movimenti ed ai comportamenti altrui, notò subito che lei non gli offrì la mano per farsela stringere. C'era sempre un motivo in più, a Besaid, per non farlo, ed era lo stesso che costringeva l'uomo a portare sempre i guanti. In molti casi erano proprio le mani ad essere i conduttori delle particolarità, e così come lui schermava la propria, che crudele arrivava dritta nelle parti più recondite dei cuori degli altri, anche Lisbeth probabilmente stava facendo lo stesso. Per questo motivo, il curatore non si mostrò per nulla perplesso e sempre con un leggero sorriso sulle labbra rivolse un leggero cenno del capo nei confronti della donna dai capelli rossicci. Buonasera signorina Chapman. Rispose allora lui, affabile, voltandosi del tutto verso di lei. Fu proprio in quel momento, che Naavke colse prontamente lo sguardo di Lisbeth che sfuggente ma attento si stava soffermando sulle sue mani. Assottigliando gli occhi, lei si concesse qualche secondo in più per fare le sue considerazioni silenziosamente, ed il curatore si appuntò mentalmente di quanto era appena accaduto. C'era qualcosa in quella donna che lo spinse a voler sapere di più: sarebbe potuta essere una interessante pedina nel gioco della Setta, oppure qualcuno per il quale restare in guardia. Solo dopo qualche secondo, lei sollevò le iridi chiare per riportarle in quelle castane di lui, porgendogli quindi la mano. Avvolgendo le dita più minute di lei nelle proprie, Naavke le strinse brevemente e con leggero vigore, per poi lasciarle andare, accogliendo tacitamente anche il rischio che la presunta particolarità avrebbe potuto rappresentare per lui. Di sicuro, il tocco del vizio di Naavke non avrebbe potuto funzionare: il potere si propagava dal palmo della sua mano, che protetto dai guanti non avrebbe causato alcun problema a meno che lui non l'avesse attivamente voluto, eliminando la stoffa. Sono molto curioso di sentire la sua conferenza, dopo. E ottima scelta con quello champagne, è uno dei migliori, e può distendere i nervi prima di doversi esporre davanti a così tante persone. Tuttavia sono convinto che la ascolteranno tutti con molto interesse e resteranno entusiasti, me compreso. Come si sente? Domandò allora Naavke, intenzionato a studiare la sua interlocutrice esattamente tanto quanto lei stava facendo con lui. Nelle interazioni con gli altri, tendeva ad essere come un serpente: paziente, silenzioso, pronto ad insinuarsi nelle pieghe dell'anima del prossimo per trarne vantaggio, senza però invaderne gli spazi in modo evidente e violento. Del resto, nel mondo si usa e si viene usati, non sempre per scopi negativi, e Naavke era solo estremamente consapevole di questa dinamica, pronto a trarne il massimo risultato con chiunque, Lisbeth inclusa. La serata di fatto era solo all'inizio, ma prometteva interessantissime scoperte.
     
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    Adorava il suo lavoro: fin da bambina, Liz aveva capito che i normali lavori borghesi da colletto bianco non facevano affatto per lei: l'idea di rinchiudersi in banca vedendo scendere o salire di livello i target dei soldi l'avrebbe sicuramente portata sull'orlo della pazzia. Non che ora come ora fosse sana di mente - la sua dipendenza dall'alcol lo confermava - ma preferiva di gran lungo la sua vita com'era adesso. Il solo pensiero di finire davvero in un lavoro statale la terrorizzava parecchio. Stessa cosa per il lavoro di sua madre: organizzava matrimoni e/o compleanni per l'elitè di Manatthan, un gioco di perfezione plateale dove più volte si scontrava con i capricci di chi aveva molto e voleva sempre di più. Ecco, quel lavoro lì sicuramente non solo l'avrebbe fatta uscire di testa, ma sicuramente sarebbbe finita in carcere per omicidio colposo plurimo. Essendo cresciuta in un ambiente di nobilità fittizia erogata dai soldi, Liz non ne era stata attratta, quanto più disgustata: trovava fuori luogo l'impostazione conservatrice di alcuni ambienti, quasi come quella del Medioevo. In Norvegia si trovava molto meglio e aveva fatto sua la filosofia hygge, di cui faceva parte anche in America nel suo piccolo. Lavorare in un ambiente creativo e pieno di stimoli rendeva Liz sempre più orgogliosa: sapeva che con questo lavoro non si sarebbe annoiata mai, specialmente con l'opportunità di conoscere teste nuove. Sebbene non fosse una persona estremamente socievole, Liz trovava affascinante conoscere nuove persone e sapere che tipo di vita avessero avuto: quasi come un'antropologa adorava di più i personaggi ecclettici e oltremodo strani per poter scorpire sempre qualcosa in più. Besaid era certamente il posto perfetto per quello, considerando che ogni persona in quella città aveva qualcosa di nuovo e del tutto originale. A lei non era andata poi così bene, anche se ora come ora non aveva in mente alcun potere che non avesse in sè un lato negativo: probabilmente però non ne aveva conosciuti molti o forse la sua mente non era poi così sviluppata da trovarne un lato positivo. Quella sera Liz era emozionata all'idea di dover parlare di fronte a tante persone, perchè non lo aveva mai fatto. Tutte le volte che aveva agito per conto della Galleria era sempre stata in background, nella parte dietro dove si organizza e monitora tutto, mai in prima linea a parlare lei stessa. Aveva sempre scritto i discorsi, questa volta le toccava farsi funzionare in primis.
    Buonasera signorina Chapman La voce di Navkee sembrava mostrare parecchia sicurezza ed affidabilità: nonostante il completo scuro e da funerale, l'uomo aveva una qualcosa di molto elegante, qualcosa che lei stessa non riusciva bene a spiegarsi. Lo trovò persino delicato, come uomo, sebbene fosse alto ben più di lei e anche massiccio. Si rese conto che tutte quelle considerazioni venivano dal fatto che lo trovava oltremodo affascinante, proprio perchè misterioso. Amava le persone così: quelle che non dicevano nulla e venivano avvolti da un'aurea di mistero. Questo era anche uno dei motivi per cui odiava il suo potere: annullava ogni tipologia di sorpresa; il bello però era che le faceva capire che tutti gli esseri umani, specialmente a Besaid, avevano qualcosa da nascondere, e la maggior parte di loro sembrava sempre innocente. A quel punto Navkee accettò la sua mano e come ogni previsione, Liz non ebbe alcuna visione: anche lei era solita portare spesso i guanti, proprio per evitare di avere visioni con ogni soggetto capace di creare contatto. Quella sera non li aveva portati perchè sapeva che i contatti prolungati, in un ambiente così formale, sarebbero stati scarsi. Liz fece un sorriso amaro: la curiosità di scoprire le macchie nere di quell'uomo era davvero alle stelle, ma questa volta toccava resistere. Sono molto curioso di sentire la sua conferenza, dopo. E ottima scelta con quello champagne, è uno dei migliori, e può distendere i nervi prima di doversi esporre davanti a così tante persone. Tuttavia sono convinto che la ascolteranno tutti con molto interesse e resteranno entusiasti, me compreso. Come si sente? Lisbeth accennò un sorriso e fece allora un altro sorso dal suo champagne, trovandosi pienamente d'accordo con quanto detto da Navkee. Sapeva bene come l'alcol potesse effettivamente distendere i nervi, era una cosa che faceva fin troppo spesso. "Curiosa, più che altro" lo informò, rispondendo alla sua domanda. "Non sono mai stata un'ammaliatrice da conferenza, quanto più una copywriter che gestisce la sceneggiatura del discorso" continuò, dichiarando che il suo lavoro era sempre stato quello da dietro le quinte. "Ha sempre parlato Arthur e sappiamo entrambi quanto invece lui sia assolutamente perfetto nel parlare davanti ad un sacco di persone. Credo che sia proprio nelle sue corde. Ma al momento è ancora da un'importante asta in Inghilterra perciò tocca a me metterci la faccia" disse, citando il suo capo e direttore della Galleria che Navkee stesso conosceva e con cui si era accordato numerose volte. "Suppongo sia anche giusto: finalmente posso prendermi le critiche in prima linea per quello che scrivo" ridacchiò appena, stringendosi nelle spalle. Dopodichè i ragazzi del Museo, addetti alla conferenza, iniziarono ad imbandire il piccolo palco dove era posta una scrivania bianca: Liz capì che adesso toccava davvero entrare in scena. "Credo sia il mio turno" disse, voltandosi verso di lui e rivolgendogli uno sguardo formale e gentile. S'incamminò verso la scrivania e una volta spente le luci Liz accese il proiettore dietro di lei e mentre iniziò a parlare alcune opere si muovevano, introducendo l'argomento di cui aveva intenzione di parlare: quando poi iniziò la musica, ella si zittì e si guardò davanti e aprì leggeremente le labbra, sorpresa nel vedere quante persone effettivamente ci fossero a quell'evento: diverse persone di diverse età ed estrazioni sociali diverse, praticamente come una metropolitana all'orario di punta. Portò alle labbra lo champagne - un nuovo bicchiere preso prima di salire - e lo tirò giù in due sorsi, approfittando del buio e della musica classica che accompagnava la visualizzazione dei quadri sul proietettore. I membri del museo poi portarono, affianco della scrivania, la tela dell'opera su cui Liz avrebbe parlato: si trattava chiaramente di un originale, proprietà della Galleria, si trattava di un'opera di Munch che rifletteva chiaramente il senso di angoscia, malinconia e tristezza: per l'occasione Liz aveva portato con sè da mostrare altre opere del movimento Die Brucke per farne un discorso completo. La conferenza di Liz durò poco più di mezz'ora, dove il resto della platea ascoltò con grande interesse: lei non aveva quasi considerato le facce altrui, completamente sommersa dalla passione che aveva per l'arte e sopratutto per quel genere. Quando la conferenza finì fu allora che Liz tornò nel mondo del museo e mentre il resto della platea applaudiva e si dava l'inizio al banchetto ufficiale della cena, la ragazza scese dal piccolo palco, già troppo affatticata da tutti gli occhi che aveva avuto addosso. Quando alzò gli occhi le sembrò di vedere Navkee andare verso di lei - o comunque nella sua direzione - e decise allora di avvicinarsi, cercando l'opportunità di poter parlare e ricevere un feedback da una persona che sicuramente ne capiva molto bene. "Spero di non aver annoiato i suoi ospiti con i miei racconti su Munch. Ho una passione smisurata verso quell'uomo" Esordì una volta azzerrate le loro distanze.
     
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    Anche Naavke era inequivocabilmente innamorato del suo lavoro. Essere un cultore dell'arte e della bellezza in tutte le sue forme non poteva che soddisfarlo; effettivamente, l'arte stessa l'aveva salvato anni prima, dandogli uno scopo per vivere e per lottare per se stesso dopo la morte dei suoi genitori. Non si immaginava in nessun altro posto, mentre studiava le opere degli artisti più famosi, così come quelli più di nicchia. Così, dopo molte ricerche e molto impegno, Naavke era riuscito nel suo intento, accedendo al Besaid Kunstmuseum e scalando i suoi ranghi sino a diventarne il curatore ed il direttore. Eventi come quello che stava organizzando in collaborazione con la Galleria d'Arte Moderna erano il pane quotidiano di Naavke, che era molto felice di occuparsi di iniziative che promuovessero l'arte e lo scambio culturale. Attento ad ogni minimo dettaglio, il curatore non si lasciava sfuggire nessuna sbavatura in tutto ciò che faceva - Libra inclusa. In questo caso, doveva essere molto abile nel gestire un manipolo non solo di artisti, ma anche di pomposi altoborghesi arrivati da ogni parte della Norvegia per dimostrare le loro conoscenze e tessere relazioni con persone d'affari, ed in questo Naavke eccelleva particolarmente. Nato in una famiglia che di nobile non aveva nulla, era anche riuscito ad innalzare il suo status sociale, non solo finanziariamente, ma anche culturalmente. Ora che Naavke aveva creato una delle famiglie più potenti di Besaid, era non solo un uomo elegante e di successo, ma anche fermo con i piedi per terra, non chiuso in una torre d'avorio che non avrebbe fatto altro se non limitarlo nei rapporti con gli altri; l'elitismo non faceva per lui, e non l'avrebbe mai usato come arma per soddisfare eventuali mancanze nel suo ego.
    Quella sera era tutto perfetto, e la ciliegina sulla torta sarebbe stata Lisbeth. La Galleria d'Arte Moderna godeva di un'ottima fama, e la signorina Chapman era conosciuta dagli avventori, tutti parecchio sulle spine nel sapere che lei avrebbe tenuto una conferenza. Naavke era sereno; non c'era stata nessuna complicazione, e la serata andava a gonfie vele. Avendo speso la maggior parte delle sue energie nel sincerarsi che tutto fosse ben organizzato, il curatore non potè che restare tranquillo a godersi la serata. Di lì a poco, la donna di cui tanto si parlava entrò, rivolgendogli poi un saluto affabile e cortese, che Naavke ricambiò prontamente e con la stessa attitudine. Nonostante potesse essere un uomo davvero temibile e pericoloso, non gli piaceva esercitare il suo controllo sul prossimo in maniera caotica e violenta; spesso, era particolarmente facile cadere nei piani tessuti da Naavke proprio perchè sapeva come essere sottile. Anche se era capace di ferire e persino di uccidere, lui avrebbe preso le anime delle sue pedine, lasciando in esse una parte di lui difficile da dimenticare. Nel rivolgersi a Lisbeth, Naavke capì subito che fosse una donna interessante, e non solo per il suo aspetto; era sicuro che lei avesse tante qualità intellettuali e umane, ed era rimasto incuriosito anche dal suo modo di gestire i dettagli. Le sue microespressioni, tese a mostrarsi formale abbastanza da stabilire un contatto con lui ed i suoi gesti, specialmente delle mani, suggerivano a Naavke che lei potesse nascondere molte sfaccettature intriganti, e forse utili ai suoi scopi. Avvolgendo la mano attorno a quella di lei, il curatore la strinse brevemente e con un tocco gentile, mostrandosi davvero interessato alla sua interlocutrice.
    Incurvando le labbra in un sorriso accennato, Lisbeth le avvicinò poi al suo flûte di champagne, mentre Naavke si concesse un sorso del pregiato vino bianco che era racchiuso nel bicchiere di vetro che teneva tra le dita. Cultore non solo dell'arte ma anche del cibo, il curatore preferiva godere della vita anche sotto questo aspetto; amava cucinare, ed era un profondo conoscitore di vini e pietanze varie, dimostrandosi parecchio ingegnoso anche in famiglia, occupandosi il più delle volte dei pasti. Cassandra, d'altro canto, non amava mettersi all'opera ai fornelli, e Naavke era ben contento di occuparsi di questo lato della vita domestica. "Curiosa, più che altro" Specificò la rossa, premurandosi di rispondere alla domanda rivoltale. "Non sono mai stata un'ammaliatrice da conferenza, quanto più una copywriter che gestisce la sceneggiatura del discorso" Il curatore annuì silenzioso, accennando un sorriso e portando i suoi occhi da cervo sulla figura della donna davanti a lui, studiandola senza essere invadente. "Ha sempre parlato Arthur e sappiamo entrambi quanto invece lui sia assolutamente perfetto nel parlare davanti ad un sacco di persone. Credo che sia proprio nelle sue corde. Ma al momento è ancora da un'importante asta in Inghilterra perciò tocca a me metterci la faccia". Continuando ad ascoltare con attenzione Lisbeth, ed inclinando leggermente il capo di lato, Naavke ripensò qualche attimo alla figura di Arthur; lo conosceva bene, e aveva lavorato con lui in precedenza, rimanendo davvero soddisfatto col suo modo di gestire la Galleria e le persone che vi lavoravano. "Suppongo sia anche giusto: finalmente posso prendermi le critiche in prima linea per quello che scrivo" Distendendo le labbra in un sorriso gentile e sincero, Naavke prese un altro sorso di vino, per poi portare la mano libera nella tasca dei suoi pantaloni scuri. O degli applausi. Sarà molto più probabile che riceva quelli, piuttosto che delle critiche, mi creda. Arthur è un curatore che stimo moltissimo, ma se è lei la persona che si occupa di fargli da ghostwriter sicuramente la sua conferenza renderà onore ai discorsi che ha già creato. E' una donna molto brillante, signorina Chapman. Lasciando vagare lo sguardo sulle opere esposte e sulla sua interlocutrice, Naavke la rassicurò esprimendole la sua opinione genuina nei riguardi di ciò che pensava su di lei e sul suo capo.
    Proprio di lì a poco, i tecnici ed i ragazzi impegnati nel gestire il dietro le quinte dell'evento si accinsero a preparare la sala per la conferenza di Lisbeth. "Credo sia il mio turno" Annunciò lei, portando quelle belle iridi brillanti sul volto di Naavke, il quale annuì appena. Andrà benone, signorina Chapman. Rispose lui incoraggiante, per poi avvicinarsi alla zona nella quale la donna avrebbe dovuto esporre le sue idee, per avere una visuale perfetta. La conferenza fu densa, originale e dalle argomentazioni profonde e solide, e Naavke ne rimase piacevolmente colpito. Era sicuro che Lisbeth avrebbe fatto un lavoro impeccabile, ma quella sera aveva capito che lei aveva superato perfino le sue aspettative più positive. Molti si avvicinarono a lei per complimentarsi sul suo lavoro, ed il curatore rimase in disparte, almeno in principio, per darle lo spazio necessario per gestire le persone che erano andate da lei. Dopo qualche minuto, decise di avvicinarsi anche lui per esprimerle la sua gratitudine per quella conferenza. "Spero di non aver annoiato i suoi ospiti con i miei racconti su Munch. Ho una passione smisurata verso quell'uomo" Aggrottando lievemente le sopracciglia, Naavke scosse appena il capo in segno di dissenso. Annoiato? Certamente no, vede, sono rimasti tutti davvero soddisfatti, ed io per primo. Munch è uno dei miei artisti preferiti. "Era il periodo in cui la vita aveva ridotto a brandelli la mia anima." Quei diari... Rivelano tanto quanto i suoi quadri, e lei ha fatto un lavoro impeccabile. Dovrebbe tenere conferenze più spesso. Asserì quindi Naavke, intenzionato a dare più spazio a Lisbeth, casomai avesse voluto fare altre conferenze in futuro presso il Kunstmuseum. Abbassando nuovamente lo sguardo fugacemente sulle mani della donna, il curatore venne colto dalla curiosità che fino a poco prima era rimasta assopita. Mi chiedo se Munch avesse visitato Besaid cosa avrebbe pensato di tutti noi, esseri umani a cui è stato fatto dono di poteri che lui avrebbe solo potuto sognare. Sarebbe rimasto turbato dalla sua particolarità? La domanda di Naavke poteva sembrare indiscreta, eppure lui non intendeva offendere Lisbeth, anzi, tutt'altro. In punta di piedi, voleva intrufolarsi nella mente della donna, e capire quale fosse il dono che Besaid le aveva consegnato. Il gioco era iniziato, e Naavke avrebbe cercato di capire se quella preziosissima pedina avrebbe voluto farne parte.
     
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