All I want for Christmas is...

Grete e Zachary || Pub, Vigilia di Natale

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    Grete Jensen

    Grete aveva cercato di non ritornare troppo spesso con la mente su quanto successo solo qualche mese prima. Non avrebbe mai potuto immaginare di ritrovarsi, di intrecciare nuovamente il suo cammino con quello di Zach: il suo ex ragazzo.
    La loro relazione si dimostrò essere sempre molto tumultuosa e a tratti, anche soffocante così come tormentosa e decisamente poco sana. Non furono mai l'esempio perfetto della coppietta, dell'unione indiscutibile di due anime fatte esclusivamente per restare insieme. Insomma, potevano considerarsi totalmente estranei a quel genere di racconti e favolette che tanto piacevano alle donnicciole e ai uomini un po' troppo sensibili e romantici. Avevano sempre posseduto un attaccamento incredibilmente fisico. Poteva sembrare alquanto desolante, eppure, Zach e Grete, avevano sempre riconosciuto una predisposizione nel sapersi riconoscere, scoprire, avvicinare mediante la mera attività passionale e fisica. Il sesso, fu sempre la loro marcia spedita, la loro funzione principale. Erano giunti al punto che, neppure quello in cui eccellevano tanto sembrava essere stato capace di donare loro uno sprint ulteriore e quindi, si lasciarono. Si persero di vista. Continuarono con le loro vite, dimenticandosi piuttosto velocemente della presenza dell'altra. Tranne quel giorno.
    Quel mattino, quando nell'ufficio di Grete si presentò proprio Zach. Lavoro. Erano costretti nel ritornare a parlarsi per questioni di lavoro. Zach sarebbe stato un cliente di Grete, il denaro che avrebbe versato - in parte - sarebbe andato a finire nelle tasche della ragazza - come premio - mentre il resto direttamente all'azienda nella quale svolgeva la propria mansione. Persino in quel colloquio breve non riuscirono a comunicare come persone normali. Grete non fece assolutamente nulla per rendersi godibile, perché... Insomma, non era da lei. La ragazza possedeva un determinato modo di pensare, ossia, chi l'avesse mai sinceramente amata doveva essere disposto ad accettarla esattamente com'era. Non più gentile, non più educata, non più sensibile: no, una testa di cazzo qual era. Grete era convinta di potercela fare, insomma, lei sapeva sempre come cavarsela e come affrontare i problemi. Sì, con una certa baldanzosa sicurezza era convinta di poter superare anche quel momento e quella strana alleanza e collaborazione. Però, mai avrebbe potuto immaginare che, a complicare il tutto, ci sarebbe stata la presenza spettrale della madre di Zach. Lo spettro l'aveva obnubilata e infastidita per giorni. Inizialmente la sua figura e presenza era evanescente. Poteva solo percepirla di tanto in tanto. Poi, il fantasma, decise di giocare con più determinazione e forza. Si mostrò a Grete, le disse cose e sebbene la ragazza cercò di aiutarla in qualche modo - e in un altro, tentò di restarsene estranea alla faccenda - l'essenza immortale e spirituale; volle farle vivere alcuni aspetti del suo trascorso. E successe. Il giorno in cui Grete e Zach avrebbero dovuto incontrarsi per parlare di questioni di lavoro, una mera formalità e nient'altro, successe di tutto. Le rivelazioni. La scoperta. L'avvicinamento. La comprensione. Il supporto. Il conforto. Chissà come, ritornarono a compiere il medesimo errore di un tempo. Si abbandonarono alla passione, al desiderio travolgente. Pur tuttavia, sembrò essere così dannatamente diverso rispetto al passato.
    Proprio per questo, Grete, aveva deciso di non ricamarci troppo sopra. In primo luogo non era da lei farlo, in secondo, non aveva alcuna intenzione di riflettere troppo su quanto accaduto. Si rividero, ovviamente. Le illustrazioni erano pronte. Zach sembrò apprezzarle e pagò quanto mancava nella quota prestabilita. Si salutarono, come se, quanto successo non avesse mai avuto luogo. Grete, era straordinariamente brava a farlo. Dimostrarsi indifferente e per nulla vincolata a qualcuno. Eppure, il caso, non voleva lasciarla stare. Di nuovo i suoi passi incrociarono gli stessi di Zach. Beh, che fare? Nulla, comportarsi come sempre, com'era da lei. Bevvero, fumarono, non mancarono anche di scontrarsi anche se, quelle sfide durarono complessivamente poco. E poi? Poi fu difficile separarsi. Forse troppo alcool nelle vene e nello stomaco, presumibilmente, la nottata si era dimostrata ben più divertente di quanto avessero mai potuto immaginare. Era strano, quasi umiliante d'ammettere - specialmente per Grete - ma, alcuni piccoli e odiosi aspetti di Zach sembravano esserle mancate in questi ultimi anni. Indubbiamente Zach poteva diventare un essere particolarmente odioso, meritevole solo di prendersi bastonate sui denti; ma in altre circostanze, sembrava veramente capace d'essere portato nel comprendere la ragazza. Non tutti sapevano comportarsi con lei. Non tutti sembravano determinati e predisposti nell'accettare il suo strano e ferreo carattere. Molti, diversamente, trovavano molto più semplice e facile odiarla, tenersela lontana e lanciarle occhiatacce minacciose. Zach... Beh, lui sapeva accettare la sua franchezza e sapeva anche quando combatterla, se questa proprio non gli andava a genio. Non era ipocrita e falso, come tantissimi altri: come quegli individui che Grete proprio non riusciva a sopportare. Si recarono a casa di lui. Ultimo bicchiere della nottata. Altre chiacchiere, altre sigarette fumate. Qualche piccola scaramuccia e poi... Di nuovo, si cibarono dell'altra, con desiderio. Grete aveva abbandonato quel giaciglio. Si era alzata, si era rivestita. Era mattino, ed era presto. Zach dormiva tranquillamente avvolto e in parte scoperto dalle lenzuola. Lo guardò, soffermandosi per qualche istante nel contemplarlo. Non poteva necessariamente iniziare di nuovo il tutto, non come un tempo. Grete probabilmente era la sola a non essere cambiata in questi ultimi anni, ma... Le sembrò che Zach lo fosse. No, quella faccia da schiaffi e di bronzo non era scomparsa nel nulla. Il suo ex metteva in mostra alcuni risvolti davvero affascinanti della sua personalità - sì, sarcasmo - ma, da quel pomeriggio di alcuni mesi prima; dalla scoperta della verità, dall'indagare nel profondo del suo trascorso - segreto che Grete mantenne esattamente come promesso - le sembrò che tutto era mutato. Era divenuto più maturo, complesso, responsabile. Semplicemente più adulto. Gli lasciò un messaggio, che adagiò sul guanciale del cuscino lasciato ormai libero da lei. "Bella serata, ci si vede." Sì, non era un asso in queste cose. Aggiunse poi una nota al fondo di quel biglietto. "P.s. Ti ho preso il pacchetto, sono senza sigarette." Presumibilmente altri si sarebbero aspettati parole diverse ma, Grete, non se la sentì di aggiungere altro. Sarebbe stato opportuno ma... No, non era capace. Non la sarebbe mai stata.
    Porca troia! Esclamò improvvisamente, bruscamente, ritrovandoselo praticamente davanti: mentre usciva dal tabacchino della città. Non si erano visti per giorni. Non si erano più incontrati e non si erano ricercati. Quella sorta e forma di incontrollabile fame che li aveva costretti nell'incontrarsi ancora, sembrava essersi assopita e saziata. Erano trascorsi mesi. Natale era alle porte. Grete odiava terribilmente tutte queste romantiche e fantasiose stronzate. Poteva accettare che i bambini sperassero ma gli adulti? Dai, dovevano aver compreso come il mondo non fosse magico, felice, o buono. Bastava guardarsi attorno per comprendere quanto marcio e quanto schifo regnasse in ogni dove. E l'ipocrita predisposizione nel voler stare insieme, vicini ad altri? Ma per piacere! Nel corso dell'anno, molti non facevano altro che sparlarsi senza censure e poi, a Natale, bramavano avere accanto le persone amate. Da vomitare, come un idrante. Eppure poteva essere comprensibile tanto pessimismo e negazione da parte di Grete. Lei non festeggiò mai il Natale, o meglio, se lo fece lo trascorse in Orfanotrofio. Non era il massimo. Non sarebbe mai stato il massimo, neppure se quella struttura fu agghindata di ogni bellezza e decorazione. Qualcosa sarebbe sempre mancato all'appello. Il grigio del consueto, mai avrebbe abbandonato quelle stanze e coloro che le popolavano e nelle quali venivano ospitati. Che? Alla Vigilia? Domandò, intascando le sigarette dentro a quella borsa ampia e a tracolla. Si strinse poi nel giubbotto. Lo aveva lasciato sbottonato, la cerniera era rotta. E per fare che? Chiese nuovamente, inarcando le sopracciglia. Sospirò, annuendo poco dopo col capo. Ok, perché no! Esclamò in seguito. Presentarsi al Pub della città, alla Vigilia. E detto espressamente e personalmente da Zach. Sperava solo che non se ne uscissero con canti di Natale. Una massa di ubriaconi ilari era tollerata, ma cantanti e pervasi dalla magia del Natale... Anche no!
    Come concordato: eccola lì. Dentro al Pub della città, la sera della Vigilia. Il locale era estremamente accogliente. Brulicante, gioioso, e si sentiva sotto al naso l'odore dell'alcool scorrere a fiumi. Un vero peccato che Aurora e Coco fossero impegnate con altro. Sarebbe stato bello averle accanto. Si sarebbero devastate, quanto meno. Un po' di stronzate innocenti, certamente, non avrebbero rovinato la nottata. Oh, finalmente! Esclamò appena individuò Zach. Lo guardò, non potendo fare a meno di sorridere, anche se poi mutò radicalmente la sua espressione facciale: dandole quell'aspetto sempre minaccioso e infastidito che tanto le stava bene indosso. Ho già iniziato. Commentò, alzando il boccale di birra stretto nella mano: mostrandogli quindi la sua volontà a lasciarsi un po' andare quella notte. Ciò, presumibilmente, avrebbe compromesso la sua capacità. Quando esagerava nel bere, le voci dei fantasmi si riducevano, sino a scomparire. Per quella sera, almeno per qualche ora, avrebbero potuto fare a meno di lei, no?

    Edited by LìäÐëBêäümônt - 10/1/2019, 16:55
     
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    Rapido e indolore, così doveva essere il loro incontro: eppure per un motivo o per un altro i due non riuscivano mai a lasciare che le cose filassero lisce come sarebbero dovute essere. La serata si era svolta in maniera placida, tranquilla, concludendo rapidamente la questione per cui si erano visti: il pagamento per i disegni era arrivato naturale, senza alcun tipo di contrattazione né altro. Grete era davvero brava in quel che faceva e lui non aveva voglia di mettersi a lesinare su qualche corona, anche perché che senso avrebbe mai potuto avere? Era potenzialmente uno dei più ricchi di Besaid, se solo avesse saputo sfruttare al meglio la sua particolarità quantomeno: era straordinariamente pigro su quel fattore, per qualche strano motivo.
    Una sigaretta, due, tre, poi quattro, accompagnate da bicchieri di vino e da qualche snack sporadico, costante all'interno dell'appartamento ben arredato di Zach: era venuta lei da lui quel giorno, forse per comodità dato che viveva praticamente in centro a Besaid. Era entrata, senza tanti giri di parole, aveva poggiato sul tavolino quel che gli aveva commissionato e, nello spiegargli ogni cosa, si era seduta sul suo divano, fumando insieme a lui una sigaretta: «Sì, va bene.» le aveva detto, stringendo fra le mani quei fogli di carta, osservandoli con attenzione e pensando a come avrebbe potuto impaginare il tutto. Le prese il computer, un MacBook PRO, e le chiese di trasferire sul desktop i file contenenti quel che gli aveva dato e, nel dire ciò, si sollevò per dirigersi in cucina e prendere qualcosa da bere e da mangiare: non avrebbe rifiutato qualcosa, ne era quasi certo. L’aveva fatto per educazione, forse anche per parziale abitudine con lei, senza fare tanti giri di pensieri e parole, ritenendo fosse la cosa più giusta e normale da fare. Le offrì un bicchiere di bianco e si sedette accanto a lei, attendendo che tutto fosse finito per richiudere il portatile: aveva ancora gli occhi cerchiati dalle occhiaie, sembrava ancora molto stanca. Doveva esser dura la sua vita considerato la mole di problemi che la particolarità le dava: non aveva mai pensato, anni prima, che potesse esser proprio questa a darle così tanti problemi. Si sentiva sciocco e superficiale se ripensava al suo passato, alla sua mente tanto cieca in maniera del tutto volontaria: era andata così, c’era stato un motivo alle spalle di tutto, eppure continuava ad apparirgli futile e sciocco. Si era nascosto dietro una sua idea errata semplicemente per non esporsi, per non scottarsi ancora, protetto dalla nube di lavoro e di stress in cui volontariamente si immergeva: facile, senza problemi, indolore. Superficiale e sciocco allo stesso tempo.
    Quarto bicchiere, quinto bicchiere, sesto: ridevano per sciocchezze, come bambini, litigando al contempo per le medesime, senza troppi problemi però, senza porsi dilemmi come normalmente solevano fare. Fu questione di poco prima che l’alcool e la libidine facessero il resto ed i loro corpi potessero unirsi ancora una volta, com’era stato qualche settimana prima: la pelle di Grete aveva sempre lo stesso profumo, era così liscia e morbida da apparire invitante per le dita di Zach che, imperterrite, scorrevano lungo il suo corpo seminudo, intente a spogliarla.
    Era tardi, avevano ceduto alla passione a tarda notte, finendo con l’addormentarsi l’uno sull’altra, in una posizione non tenera come si potrebbe immaginare ma molto confortevole e comoda per entrambi, coperti solo da una coperta in pile che stava al di sopra del piumone: non avevano pensato ad infilarsi sotto di esso, avevano recuperato la cosa più calda e vicina senza perdere tempo. I capelli della ragazza accarezzavano il petto di Zach: quasi gli facevano il solletico, ma era troppo stanco per pensarci o per scostarli. Si assopì sereno, col capo sul cuscino e la mente sgombra da ogni pensiero: benedetti siano l’alcool e le endorfine.
    Si svegliò di primo mattino, com’era abitudine, nonostante fosse sabato e l’Università fosse chiusa: si era rigirato nel letto appena durante la notte, finendo con lo sbattere il viso contro un piccolo foglio di carta, che gli si attaccò alla guancia. Ancora con gli occhi semichiusi, lo recuperò e ne lesse il contenuto: Tipico. pensò, accennando un lieve sorriso e lasciandosi ricadere sul guanciale, tenendo ancora stretto fra le dita quel bigliettino. Decise di riaddormentarsi, approfittando per una volta di quel tempo libero che, in qualunque altra occasione, avrebbe usato in maniera decisamente più produttiva: la settimana seguente sarebbe stata impegnativa per lui, tanto valeva tenersi ben strette un po’ di energie prima di stramazzare al suolo per la stanchezza.

    Le settimane seguenti passarono rapide, tra un convegno e l’altro, tra una telefonata con l’editore e con il professor Andersen: la vita del ricercatore sapeva essere tanto sorprendente quanto sfiancante. Si lavorava per mesi, anni talvolta, ad un progetto, per vederlo gettare alle ortiche dopo tanta fatica e, allo stesso tempo, si finiva col pubblicare ed impegnarsi tutto ad un tratto per qualcosa che, dapprima, sembrava esser priva di qualunque fondamento scientifico: bizzarro, davvero molto.
    Aveva ormai concluso ogni cosa almeno, con le feste di Natali incombenti aveva chiuso il cerchio, toccava solo aspettare la risposta da alcuni colleghi che, con ogni probabilità, sarebbe arrivata soltanto dopo l’epifania: mancava ancora un bel po’ di tempo a quella festività. Prese dalla tasca il pacchetto di sigarette, rendendosi conto di averle finite: da quando riponeva in tasca involucri vuoti?! Doveva esser proprio stanco. Recuperate le sue cose dal laboratorio, salì in sella alla sua moto per raggiungere il tabacchino più vicino e fare scorta delle sue fedeli American Espirit: parcheggiò lì vicino, tenendo il casco in mano e spulciando le email dalla sua casella di posta. Sollevò lo sguardo per non perdersi il negozio, incrociando, invece che l’insegna del suddetto, gli occhi di Grete: era una persecuzione quella ragazza. Aveva pensato di scriverle diverse volte ma alla fine, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, aveva sempre lasciato perdere: era meglio così, meglio lasciare che tutto rimanesse come l’ultima volta che erano stati insieme. Perché rovinare ogni cosa?
    «La solita principessa norvegese.» le disse, sollevando appena il sopracciglio nel sentirla parlare in maniera tanto “raffinata”, non stupendosene, preferendo solo prenderla in giro, come sempre d’altro canto. «Non sei intenta a fare la spesa per il cenone della vigilia?» le chiese, sarcastico, immaginando che sarebbe finita con l’andare a casa di qualche sua amica. Lui era solo, come d’altro canto sempre: suo padre non amava festeggiare il Natale da quando sua madre era morta ed, ormai, era diventato un giorno come un altro. Non si occupava nemmeno di fare tanti regali in giro, di solito ricambiava solo quando altri ne facevano a lui, preferendo magari “sorprendere” con qualche sciocchezza durante l’anno. A quanto pareva, però, anche Grete non aveva tanti impegni per quella sera: fu spontanea la proposta che le fece, forse se avesse pensato di più l’avrebbe evitata. «Io credo andrò all’Egon, vuoi venire anche tu?» le domandò, affrettandosi poi a chiarire: «Non ho molta voglia di mettermi ai fornelli per mangiare e bere da solo.». Sì, forse avrebbe dovuto pensare di più ed agire di meno. Grete accettò e non sembrò nemmeno annoiata dalla cosa, come se davvero le facesse piacere trascorrere quella giornata insieme a lui: l’inizio della fine? Forse, ma ormai era tardi anche per pensarci. Si salutarono e lui entrò all’interno del tabacchino, prendendo ciò per cui era venuto e tornando in seguito al suo lavoro, come sempre soleva fare, senza troppe perdite di tempo.

    I pochi giorni che li dividevano trascorsero rapidi, intervallati da pochi impegni, perlopiù sociali piuttosto che lavorativi, fino a quando non arrivò il grande giorno: era in ritardo, di poco, ma era comunque in ritardo. Aveva indossato i suoi soliti abiti, con al di sopra una giacca calda foderata da finto montone, con all’interno della tasche molto capienti in cui inseriva tutto ciò che gli serviva.
    «E’ già la terza?» le chiese, vedendola indicare il boccale di birra che stringeva. Aveva appena sorriso, giusto per un attimo, preferendo tornare in seguito alla sua classica espressione: quando beveva i sorrisi però continuavano a persistere, nonostante la sua voglia di trattenerli. Si sedette accanto a lei, chiedendo al cameriere una pinta di birra rossa ed un centrotavola con patatine e contorni di vario tipo, misti tra verdura e carne: «Sei ancora vegetariana?» chiese tuttavia a Grete, un attimo prima di congedare il ragazzo, ordinando dunque in conseguenza alla sua risposta. Ricordava una mezza cosa a riguardo, ma non poteva esserne certo. La birra arrivò in un manciata di secondi, giusto il tempo di spillarla, e ne fece un bel sorso, volgendosi verso Grete che gli stava di fronte: «Non avevi proprio di meglio da fare che passare la vigilia con qualcuno che detesti?» le chiese, sollevando appena il sopracciglio. Gliel’aveva detto così tante volte da far perdere di credibilità a quella stessa frase, di fatto, l’aveva pronunciata senza serietà, in maniera tranquilla e persino sarcastica.
    D’altra parte, anche lui non aveva proprio nulla di meglio da fare che trovarsi lì: le aveva persino preso un regalo, un pensiero va’. Era andato contro se stesso e la voglia di non fare alcun tipo di dono durante le feste, ma l’aveva visto e, cazzo, gli era venuta proprio in mente la ragazza che tanto l’aveva ossessionato. Il cameriere portò un centrotavola con qualcosa da mangiare e, di lì a poco, Zach prese dalla giacca una piccola busta in carta con all’interno quanto le aveva preso, senza commentare né altro. Glielo porse, attendendo lo afferrasse, aspettandosi una reazione fastidiosa e urticante: una volta che lo ebbe preso, lasciò la presa e cominciò a mangiare, guardandola con la coda dell’occhio.
    All’interno, vi era una piccola midori in ecopelle, dentro la quale era stato messo un quadernetto a righe ed una penna: «Non so se scrivi ancora quel diario o qualunque altra cosa fosse, ma va beh, al massimo ci piazzi la lista della spesa.» le disse, sollevando appena le spalle. Non aveva mai letto il contenuto della mole di quaderni che aveva visto in casa sua ma, osservando la costanza con cui ogni tanto si metteva d’impegno a scribacchiare qualcosa, aveva dato per scontato che fosse terapeutico, forse per deformazione professionale.
    «Buon Natale.» concluse infine, quasi a volersi implicitamente giustificare dall’averle fatto quel dono: sì, certe volte persino un brillante scienziato come lui non era in grado di guardare apertamente alla realtà.
     
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    Grete Jensen

    Grete si domandava ancora, a distanza di giorni, il motivo per il quale Zach avesse deciso di invitarla a trascorrere quella sera - di festività - in quel pub cittadino. Da quel che ricordava di lui, durante il periodo in cui furono una coppia - sia pure unica nel loro genere e probabilmente neppure identificabile in quanto tale - non si persero mai in sciocchezze come quella. Le festività, le ricorrenze, i doni che spesso venivano associati ad essi, mancarono totalmente di fare la loro comparsa: sorprendendo l'altra. Ad esempio, Grete, non aveva mai festeggiato San Valentino. A suo dire, non esisteva una festività più stupida e inutile come quella. Il senso di celebrare il fatto di ritrovarsi affiancati ad un'altra persona, considerandosi quindi più fortunati e quindi superiori a chi non la possedesse, era una concezione del tutto sbagliata: secondo il suo modesto parere. Effettivamente sarebbe stato molto più realistico festeggiare il 14 febbraio per la strage accaduta in quel giorno diversi e tantissimi anni prima; un evento tanto luttuoso e cruento aveva sensibilizzato e sconvolto - presumibilmente - il mondo intero. Esattamente come, non aveva mai visto di buon occhio il festeggiamento dell'anniversario. Un anno di relazione, due, tre, quattro, cinque... Questo genere di cose le facevano avvertire una profonda quanto spasmodica urticaria. Era necessario festeggiare e celebrare determinate ricorrenze? Qual era lo scopo? A suo modo di scorgere le cose, le sembrava più un atto di egocentrismo e vanità. Presumibilmente, le sole feste per le quali valeva effettivamente la pena compiacersi della loro comparsa, erano altre: un po' contaminate dal consumismo impellente. A lei piaceva poter festeggiare e dare riguardo ad una festa in particolare e chissà, se tale preferenza fosse mossa dalla sua proverbiale indole femminista e rivoluzionaria: generalmente parlando. La festa dedicata ad ogni donna, era un dettagli non trascurabile, sia pure, quella non poteva considerarsi propriamente una vera e propria celebrazione. C'era un motivo molto importante, vitale, istruttivo di fondo malgrado negli anni, quella ricorrenza aveva assunto sfumature decisamente differenti dalla volontà iniziale. Ora, cosa c'era di vitale nell'omaggiare quella data specifica? Cos'era se non un pretesto per recarsi in qualche streap bar ad osservare sederi danzanti e corpi scolpiti, unti di olio profumato? Eppure, una storia gravosa si ritrovava alle basi di quella ricorrenza. La morte, ingiusta e crudele di un numero considerevole di operaie, lasciate a bruciare in un edificio in fiamme.
    Dunque, si domandava della scelta di Zach. Cosa lo spinse e per quale motivo? Era sinceramente cambiato così tanto nel corso di quegli ultimi due anni? Le sembrava impossibile, dato che, Grete, fu sempre del parere come la gente fosse totalmente incapace al cambiamento. Si poteva certamente mutare, crescere, evolversi, ma sino ad un determinato punto. Esattamente come aveva sentito pronunciare da una vecchietta sul bus, lo scorso giorno, una personalità poteva perfettamente nascere di forma sferica, ma mai, sarebbe stata capace di morire di forma quadrata. Cosa era successo al suo ex? Probabilmente, volle solo sdebitarsi dell'aiuto che gli aveva dato. Chissà, l'incontro con lo spirito di sua madre doveva averlo scombussolato particolarmente. Grete, poteva comprenderlo e al contempo, no. Lei non aveva mai avuto una famiglia. Lei non aveva mai avuto una madre o un padre. E a dirla tutta, non aveva mai fatto in modo di ricercarne un surrogato. Non le era mai importato, infondo. Indubbiamente durante la sua età più puerile, aveva sofferto di tale mancanza, ma l'orfanotrofio, la vita all'interno di quella struttura era riuscita a fortificarla incredibilmente bene: e a detta di alcuni - Zach compreso - anche sin troppo. Ma alla fine, a Grete piaceva essere la donna ch'era diventata. Era straordinariamente compiaciuta di se stessa e non rimpiangeva assolutamente niente: né in lei né del suo passato.
    «E’ già la terza?» Zach aveva preso posto e immancabilmente aveva dato ancora una volta dimostrazione di quanto potesse essere così... Così dannatamente seccante. Un tempo, avrebbe avuto modo di rimproverarle la totale mancanza d'espressione sul suo viso, mentre adesso, bastò un sorriso per indurlo a rinfacciarglielo: attribuendo a quel mutamento il consumo eccessivo di alcool. Ah ah ah. Replicò la ragazza, con tono più che eloquentemente sarcastico. Non mancò neanche di alzare gli occhi verso il soffitto del pub, lasciandoli roteare come se, il suo ex, avesse appena espresso la stronzata più epocale del secolo. Lo sai che sei davvero uno specialista nel far calare tutto l'umore? Disse, ponendo una domanda decisamente retorica e sempre carica del medesimo spirito evidenziato solo qualche secondo prima. Sbuffò infine, scuotendo il capo, lasciando vagare lo sguardo sul pub. Sinceramente Grete non aveva alcuna intenzione di mettersi a litigare, no che le importasse di dare spettacolo ma; semplicemente non aveva voglia. Eppure Zach, sapeva sempre come urticarla e infastidirla. Era dannatamente detestabile. Sexy, certo, ma anche irritante come pochi. «Sei ancora vegetariana?» Lo sguardo di Grete, leggermente seccato si posò sul viso di Zach. Mosse il capo, annuendo e lasciò che facesse l'ordinazione. Sì, se non volevano ritrovarsi sversi sul pavimento di quel pub, pieni come zampogne era meglio che mangiassero anche qualcosa. Bastarono pochi minuti d'attesa. Il cameriere ritornò con la birra richiesta dal ragazzo biondo e con esse, portò anche quei cestini ricchi di schifezze. Senz'altro buone e di ottimo sapore ma tutt'altro che salutari. Grete allungò la mano, andando direttamente a recuperare uno snack dal proprio cestello, vegetariano. Lo portò alla bocca e lo mangiò, con un solo boccone. La femminilità e l'eleganza, non erano i suoi punti forti. E poi... Che senso avrebbe avuto limitarsi, apparendo per ciò che non era? Ognuno poteva strafogarsi quanto volesse e di cosa volesse, senza dover necessariamente dar conto a nessuno.
    «Non avevi proprio di meglio da fare che passare la vigilia con qualcuno che detesti?» Inarcò il sopracciglio, masticando il boccone. Un poco di sale rimase appiccicato sul suo polpastrello e se ne liberò, succhiandolo. Deglutì, tenendo sempre fisso lo sguardo su Zach. E tu? Cos'è? I tuoi amici ti hanno dato buca? Domandò umettandosi il labbro inferiore. Non capisco dove vuoi andare a parare? Hai voglia di litigare, per caso? Continuò dicendo, sgranando lievemente gli occhi chinando anche il mento, rendendo il suo sguardo particolarmente diretto e indagatore. Sempre a voler cercare una spiegazione di tutto. Se ho detto sì, boh, finiscila lì! Concluse, sperando che la questione potesse passare oltre. Per quale motivo? Beh, semplicemente perché Grete non sapeva in che modo rispondere. Sarebbe sempre stata schietta, come si era dimostrata sino a poco fa, ma una vera e propria spiegazione non sarebbe stata capace di darla a Zach. Forse... Forse quell'ultima sera, in cui si ritrovarono a spendere il tempo - pressapoco in questo stesso modo - fu divertente, le piacque e volle ripeterlo.
    Grete ritornò ad affondare la mano nel suo cestino. Recuperò un altro snack, vegetariano, una verdura sicuramente in pastella e resa croccante ma dal cuore morbido e decisamente saporito dall'aggiunta di sale finissimo. Fece per portarselo alla bocca, ma quel gesto, quella leggera movenza di Zach: le bloccò ogni intenzione. Un pacchetto e cosa poteva essere se non un regalo. Guardò quell'oggetto rialzando poi lo sguardo sul viso di Zach. Pur senza dire nulla, il suo ex, era stato capace e abile da zittirla: da ammutolirla. Grete sembrò diventare improvvisamente e per magia una statua di sale o marmo. Mai, mai si sarebbe aspettata quel gesto. Condusse lo snack alla bocca e lo inglobò dentro le fauci. Mosse poi l'arto e con esso, andò ad asciugarsi sul tovagliolino di carta, pigiando i polpastrelli liberandoli dalla presenza di olio utilizzato nella frittura dell'alimento. «Non so se scrivi ancora quel diario o qualunque altra cosa fosse, ma va beh, al massimo ci piazzi la lista della spesa. Buon Natale.» Lo ascoltò parlarle. Possibile che se ne ricordasse ancora? Possibile che avesse osservato le sue mosse sino a questo punto? Eppure, a Grete, mai le era sembrato che Zach avesse dimostrato una qualche curiosità sulla sua vita, sulle sue abitudini. La loro relazione era sempre stata così atipica, così fuori dagli schemi. Allungò quella mano, avvicinandosi l'oggetto a sé. Lo liberò dall'involucro di carta col quale era stato impacchettato e, guardò infine quel midori. Le piacque, aveva carattere, esattamente come lei. Si grattò il naso, esternando un po' di disagio. Grete non aveva mai badato a queste cose e, conseguentemente, quella sera non aveva portato nulla per Zach. Sbatté le palpebre, non sapendo cosa dire o cosa fare. Quella era la prima volta, in tutta la sua vita che riceveva un regalo. E' bello. Disse rialzando lo sguardo sul volto di Zach, apparentemente impassibile e laconica. Pur tuttavia, non volendo, i suoi occhi seppero e riuscirono - indipendentemente - a comunicare il guazzabuglio di emozioni celate all'interno del suo corpo. Mi serviva un nuovo diario, in effetti. Commentò poco dopo, mordendosi lievemente il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo dagli occhi di Zach.

    Edited by LìäÐëBêäümônt - 10/1/2019, 16:56
     
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