The rhythm of the night

Phoebe e Yuriy

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    43,898
    Reputation
    +147
    Location
    SSV Normandy SR-1

    Status
    Anonymes!

    Phoebe Møller-Volkov
    « THIS IS THE AGE OF MIRACLES. THERE'S NOTHING MORE HORRIFYING THAN A MIRACLE. »

    UHXK17J
    Principalmente, all’Egon, Phoebe lavorava dietro il bancone.
    Il suo compito era quello di servire i drink a chi li chiedeva, di conversare con i clienti e di intrattenerli.
    Doveva ammettere che, servire in un pub, non era quello che i suoi genitori avrebbero voluto, o pensato, per il suo futuro.
    Phoebe era sempre stata molto intelligente e portata per lo studio, ma le piaceva qualcosa di molto più concreto che lo starsene chinata sui libri, con il naso affondato tra le pagine.
    Le piaceva creare, le piaceva la dinamicità.
    Sin da quando era bambina, provava questo profondo desiderio di creare qualcosa di suo. Si era da sempre sentita completamente assorbita dall’idea, senza tuttavia essere mai riuscita a comprendere cosa volesse creare.
    Per un po’ di tempo aveva pensato ad un caffè letterario, ad un negozio di fiori, un’erboristeria, e così via. Le idee erano infinite, e Phoebe aveva cercato tra le sue passioni, tra ciò che conosceva, qualcosa che potesse riconoscere come suo e suo soltanto. Eppure, ancora non l’aveva trovato.
    Aveva da poco finito l’università quando i suoi genitori erano morti, e così non aveva avuto modo di capire bene quale strada intraprendere.
    Gerhardt si aspettava che facesse qualcosa di simile a quello che faceva lui. In certi momento sembrava addirittura che lo pretendesse, come se fare qualcosa di diverso avesse potuto ferirlo mortalmente.
    Phoebe invece pensava che non avrebbe intrapreso una carriera simile a quella di Ger.
    Amava i suoi genitori, era fiera del lavoro che facevano e invidiava la loro carriera, ma non voleva seguire i loro passi.
    Voleva tracciare una strada tutta sua.
    Cambiare tempo e vita, non aveva però cambiato quel profondo senso di voler fare di Phoebe, sebbene non sapesse nemmeno lei cosa.
    Era da settembre, circa, che faceva parte di quel nuovo mondo, così simile al suo ma così distante - tuttavia, si trattava di una distanza accettabile e necessaria -, ed era riuscita a trovare un labile equilibrio, dal punto di vista lavorativo, sebbene consapevole che non sarebbe stato quello il lavoro della sua vita.
    Al momento, ne aveva semplicemente bisogno, qualsiasi cosa sarebbe andata bene, e assieme a Jöel avevano pensato di cercare qualcosa di abbordabile, che le facesse comunque mantenere un profilo basso.
    Complici la sua bella presenza e la sua naturale predisposizione al dialogo - Phoebe amava interagire con le persone, ed il suo carattere la rendeva perfetta per stare a contatto con il pubblico -, era uscita ad ad ottenere un lavoro in uno dei pub più belli di tutta Besaid, l’Egon Pub.
    Si trattava di un bell’ambiente, ma Phoebe poteva sentire su di sé il biasimo di sua padre alla sola idea di ciò he stava facendo. Un po’ questo la faceva sorridere, un po’ intristire.
    Più volte aveva emulato, nella sua mente, conversazioni con Gerhardt a proposito del lavoro all’Egon.
    Lui l’avrebbe definito mortificante, ma Phoebe non lo trovava mortificante. Era una bella distrazione dai propri pensieri, dal dolore sordo che provava per la mancanza soffocante dei suoi genitori.
    Quella era, la musica attutiva qualsiasi brutto pensiero, ed il conversare con i clienti e i cocktail da preparare, erano un balsamo per la sua mente.
    Dopo aver servito un bellissimo e coloratissimo drink ad una coppia su di giri, Phoebe notò un ragazzone davvero imponente avvicinarsi al bancone.
    Sembrava un gigantesco orso cupo, ma la rossa non si sentì affatto in soggezione in sua presenza. Il suo carattere le rendeva quasi impossibile sentirsi in soggezione di fronte a qualcuno. Era uno dei vantaggi di tanta giovialità.
    « Cosa ti porto? » domandò al ragazzo, rivolgendogli un sorriso.
     
    .
  2.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    186
    Reputation
    +71
    Location
    Wonderland

    Status
    Anonymes!
    Il profumo di salsedine gli arrivò alle narici: quell’odore pareva essere l’unica cosa di familiare all’interno di quell’ambientazione, di quella stramba città così colma di novità. La spiaggia, il mare, la sabbia, erano le uniche cose che rappresentavano una certezza; tutto il resto era visto con gli stessi occhi di quelli di un bambino: era come se guardasse alla vita per la prima volta, senza sapere nemmeno quale fosse il suo nome. Eppure -forse, non era più sicuro neanche di questo- era l’ennesima cosa della quale aveva certezza, visto che il modo in cui era mutata la sua esistenza lo aveva lasciato senza alcuna sicurezza. Se ne vergognava aspramente, ma da qualche giorno a quella parte aveva cominciato ad avere paura di sé stesso: ciò che di nuovo di lui si era manifestato lo aveva lasciato letteralmente senza fiato, si sentiva come se fino a quel momento non avesse vissuto per davvero, come se gli anni appena trascorsi fossero stati semplicemente il prologo della sua esistenza. E tutto il rancore che aveva serbato per Adele era stato inutile, come se non fosse mai veramente esistito.
    Nulla, oramai, pareva avere un senso.
    Nemmeno Yuriy Akinfeev ne aveva.
    Continuò a camminare senza una meta precisa, tenendo le mani in tasca e la testa bassa. Non aveva idea di cosa avesse in serbo per lui il futuro in quella città, non sapeva nemmeno se avrebbe deciso di rimanerci per davvero. Sentiva la testa gonfia, gli occhi stanchi, le gambe pesanti. Era solito viaggiare a piedi nella maggior parte dei casi, ma non si era mai sentito così stanco come in quel momento. Aveva voglia di dormire, ma allo stesso tempo desiderava percorrere ogni centimetro di quel posto.
    Doveva andare via? Voleva davvero farlo?
    Uscì dal perimetro della spiaggia senza nemmeno rendersene conto, fin quando alzò lo sguardo e si ritrovò dinanzi ad una moltitudine di abitazioni: pareva proprio essere un quartiere residenziale composto da un insieme di case colorate nelle quali non si sarebbe mai sognato di vivere ma nelle quali gli sarebbe piaciuto tanto abitare, magari un giorno. Non era tagliato per quel genere di cose -chiunque lo conoscesse, fuori da quella cittadina, avrebbe potuto affermare ciò-, ma una piccola parte di sé, nel fissare le iridi nei comignoli sui tetti e le staccionate bianche, cominciò ad avvertire quel pressante desiderio. Scosse il capo e continuò dritto, attraversando la strada senza nemmeno guardare a destra e a sinistra per essere sicuro di non venir messo sotto una macchina. Quasi non gli importava, ogni cosa oramai sembrava superflua.
    Entrò in un pub senza neanche la voglia di conoscerne il nome dello stesso e un cipiglio irritato scostò uno sgabello dal bancone per prendere posto. Poggiò i gomiti sul tavolo tenendo la testa bassa, fin quando una voce femminile non gli arrivò alle orecchie facendolo sussultare: da quando era entrato non aveva guardato in faccia nessuno, non era nemmeno sicuro che lì dentro ci fosse qualcun altro oltre che lui.
    Alzò gli occhi per osservare la figura che gli aveva rivolto la parola, chiedendogli con gentilezza cosa volesse portato.
    Yuriy non rispose subito, anzi distolse lo sguardo. Aveva davvero voglia di bere? A dire il vero non sapeva perché avesse deciso di entrare in quel pub. L’alcol era uguale a quello normale, nonostante di normale lì non ci fosse proprio nulla?
    «Assenzio, grazie.»
    La frase venne proferita senza nemmeno sollevare lo sguardo; anche senza guardarla, poteva percepire lo sguardo della ragazza su di sé, con i suoi capelli rosso fuoco a sovrastare il resto, come se fossero l’unica cosa vera, autentica.
    «Per caso avete delle camere al piano di sopra, o conosci un bed and breakfast dove potrei andare per questa notte? O se in giro c’è qualcuno che offre un posto di lavoro? Mi va bene anche spalare la merda, purché non rimanga con le mani in mano un altro giorno.»
    Scosse il capo ma non lo sollevò, ma passò una mano tra i capelli per scombinarli ulteriormente: in quel modo si sarebbero amalgamati al suo attuale stato d’animo.
    Quelle parole vennero proferite con noncuranza, senza preoccuparsi del fatto che stesse parlando con una perfetta sconosciuta ma chiedendosi, all’istante, se anche lei avesse qualcosa di speciale.

    Edited by <Baxx> - 22/1/2019, 13:28
     
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    43,898
    Reputation
    +147
    Location
    SSV Normandy SR-1

    Status
    Anonymes!

    Phoebe Møller-Volkov
    « THIS IS THE AGE OF MIRACLES. THERE'S NOTHING MORE HORRIFYING THAN A MIRACLE. »

    UHXK17J
    Phoebe aveva notato che il suo interlocutore era abbastanza distratto. Non che fosse una cosa strana, le persone tendevano ad essere mentalmente poco presenti, quando erano al bancone, troppo impegnate nelle loro conversazioni o sul rimuginare.
    I motivi per cui qualcuno poteva andare in un pub erano diversi, ma principalmente lo si faceva per bere e dimenticare.
    Di solito lei non faceva strane domande, non si impicciava troppo nella vita degli avventori al pub. Faceva il suo lavoro e parlava finché sentiva che era cosa gradita.
    I suoi genitori le avevano insegnato l’educazione, e nonostante avesse un carattere molto energico e frizzante, Phoebe non entrava mai a gamba tesa nella vita delle persone, eccezione fatta per il suo amico – ma con lui… beh, più che altro lo aveva travolto.
    Domandò al ragazzone senza drink cosa volesse da bere e lui rispose: «Assenzio, grazie.»
    Gli occhi si Phoebe brillarono.
    « Assenzio! » esclamò, assaporando la parola sulle labbra.
    Solitamente serviva drink un po’ più diversi, e solo poche volte aveva servito dell’assenzio.
    Ricordava che suo padre, ne conservava una vecchissima bottiglia in alto, su uno scaffale dove lei non riusciva ad arrivare neanche ricorrendo ad una sedia.
    Ricordava anche il particolare cucchiaio che, si diceva, andasse usato quando si beveva dell’assenzio.
    Probabilmente, quello di Gerhardt era in argento, regalatogli da un cliente molto facoltoso e del quale non aveva voluto rivelare il nome.
    « Amo il colore. » ammise Phoebe, anche se il suo non era un commento richiesto, abbassandosi dietro al banco per armeggiare con le bottiglie dei liquori.
    «Per caso avete delle camere al piano di sopra, o conosci un bed and breakfast dove potrei andare per questa notte? O se in giro c’è qualcuno che offre un posto di lavoro? Mi va bene anche spalare la merda, purché non rimanga con le mani in mano un altro giorno.»
    Una volta riemersa da dieto il banco, Phoebe soffiò via una ciocca di capelli rossi dal viso, e la rimise al suo posto dietro l’orecchio sinistro.
    Prese un bicchiere e iniziò a preparare il drink dell’uomo, ancora senza nome.
    « Sei nuovo in città? » da come parlava sembrava proprio nuovo.
    « Comunque no, mi spiace. » ammise, gli occhi abbassati sulla bottiglia che teneva in mano ed il bicchiere che andava piano piano riempiendosi.
    Sollevò gli occhi sul ragazzo.
    « Non è facile trovare un posto in cui stare in questa città, anche io e il mio attuale coinquilino stiamo cercando qualcosa. » disse in tutta onestò, perché anche lei e Joel stavano cercando un nuovo posto in cui andare a vivere, visto che suo padre gli aveva tagliato i fondi e Phoebe non guadagnava abbastanza da permettersi un alloggio costoso.
    Cercavano un coinquilino, o comunque qualcuno con cui potersi dividere ulteriormente le spese.
    Una ricerca apparentemente semplice, ma che invece sembrava essere molto ardua.
    « Ecco a te. » disse, prendendo il cucchiaino da assenzio e spingendolo assieme al bicchiere, verso di lui.
     
    .
2 replies since 12/1/2019, 22:05   89 views
  Share  
.
Top
Top