Al diavolo la decenza, il gioco, signora Hudson è cominciato!

Lyra ft. Gerhardt

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    Lyra Melodie Mayfair | 1989 | scudo

    Le persone la riconoscevano e non era lo sguardo che avevano un tempo, quello di ammirazione, di voglia di avvicinarsi per poter fare una foto con te piuttosto che chiederti un autografo. Nei loro guardi c'era compassione, paura, timore per quella ragazza che avevano visto nei telegiornali o letto sui giornali della cittadina. Aveva ucciso un uomo, o forse no?, e per questo motivo era finita sui giornali di Besaid alla ricerca di qualcuno che potesse fornire alla polizia delle risposte sulla sua persona.
    Era come se il suo mondo si fosse ribaltato tutto d'un tratto, come se si trovasse in un luogo che conosceva da sempre ma non era realmente il suo. Besaid era cambiata e anche lei, era cambiata. Da futura star della musica a possibile ricercata. Anche il suo modo di percepire le cose, provare emozioni, cercare di esprimersi era diverso. Si era fatto tutto più difficile, più intenso come se prima, avesse qualcuno nella sua testa, una sorta di musa invisibile, capace di aiutarla a prendere le decisioni più alla leggera, con più facilità. Maverick era la sua unica costante, la sua unica sicurezza anche se, era la prima volta che riusciva finalmente ad averci un vero contatto e questo oltre ad eccitarla, un pò la spaventata. Lui era sempre stato il suo ero nelle storie, quello che compariva sempre al momento giusto per darle una mano o un'opportunità. Era quella persona che aveva sempre desiderato di riuscire a conoscere meglio ma che, non gli aveva mai dato la possibilità di farlo dato che, ogni volta che compariva silenzioso e misterioso, allo stesso tempo spariva fugacemente. Era un pò come l'idolo di ogni ragazzina, quello che desideravi incontrare ardentemente e che non riuscivi mai a raggiungere, adesso lui era lì, pronto ad ospitarla e Lyra dormiva nel suo letto, a poca distanza da quell'uomo misterioso.

    Quella mattina, si era alzata come faceva sempre negli ultimi due giorni e aveva preparato la colazione per tutti: uova con il bacon, frutta lavata e tagliata a pezzettini e un pò di pane e marmellata per chi, aveva bisogno di dolce. Si sentiva in dovere di ricambiare l'ospitalità ricevuta e si sentiva tremendamente in colpa per non riuscire a mettere un punto in tutta quella confusione che aveva in testa.
    Chi era? Dove si trovava? Dove aveva sempre vissuto?
    Di buon ora, usciva in strada per fare una lunga camminata alla ricerca delle sue origini e come ogni volta che passeggiava per quelle strade, un sentimento misto di familiarità e novità si faceva vivo in lei. Aveva provato ad andare nei bar che era solita frequentare, nei negozi dove usava scambiare qualche parola con i commessi eppure, di quei volti a lei famigliari, non ne aveva trovato neanche uno. Era come se fosse stata trasportata in quella città, in uno spazio temporale diverso rispetto a quello in cui era abituata a vivere. Tutto era rimasto uguale ma, alcune cose erano cambiate: come le persone, i nomi dei negozi, i loro proprietari.
    Mentre camminava per quelle strade spruzzate di neve, cercava annunci di posti dove cercavano un dipendente. Doveva trovare un lavoro, aveva bisogno di soldi per potersi permettere un appartamento, non avrebbe potuto sfruttare la gentilezza del suo unico amico in eterno. Nel frattempo, per farsi notare e per racimolare almeno qualche spicciolo per comprare il pane o pochi altri viveri, aveva deciso di esibirsi come artista di strada, recandosi la mattina al parco, dove molte persone affluivano per fare jogging, piuttosto che per portare il cane a passeggio ed il pomeriggio chiedeva in qualche locale della città se avessero bisogno di qualcuno, oltre ad iscriversi nelle liste dei karaoke o dei locali dove accettavano persone ad esibirsi dal vivo.
    Almeno la sua voce era rimasta, forse anche più corposa di quanto ricordava.
    Prese posto in un angolo nevralgico del parco, appoggiò a terra un vecchio cappello di Maverick dove poter raccogliere i soldi ed in mano, la chitarra che aveva noleggiato in un negozio di musica. La sua voce, pronta a liberarsi nell'aria gelida di quel parco innevato e ugualmente frequentato da persone.
     
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    L’equilibrio psichico di Gerhardt era una cosa molto fragile, da trattare con estrema attenzione. Nessuno però, se non lui, se ne curava.
    La sua mente brillante e allenata aberrava la staticità. Per natura prediligeva il dinamismo, anche se non era raro vederlo sul divano tutto il giorno, di tanto in tanto vi si gettava sopra e non si muoveva per ore, incapace anche solo di cambiarsi d’abito o radersi la barba, quando si faceva troppo lunga.
    La staticità del suo corpo non presupponeva l’immobilità della sua mente, così diceva con un sorriso beffardo, quando si accaniva contro chi poltriva e faceva della sua vita il niente più assoluto, e Krystopher gli faceva notare che anche lui poltriva molto spesso.
    Il suo corpo poteva stare steso su di un divano, ma la sua mente correva costantemente in maniera frenetica.
    Quando aveva dei casi, era su di giri, complice quel piccolo aiuto che si dava facendo uso di eroina, e di cui nessuno - se non suo fratello maggiore - aveva mai sospettato. La droga lo aiutava a restare concentrato, a spingere il suo cervello oltre i suoi limiti. Gli faceva vedere tutto più chiaramente, ma se lo avesse detto a qualcuno, nessuno gli avrebbe creduto e, addirittura, lo avrebbero screditato per quel suo piccolo ed essenziale vizio.
    Quando invece Gerhardt non aveva un caso, quando subiva una brusca battuta di arresto e la sua mente non aveva carburante sufficiente per tenersi occupata, doveva cercarsi una distrazione.
    Poteva studiare qualcosa di nuovo, come quando si era provato a cimentare nella storia dell’arte, ma si era annoiato due secondi dopo, decretando l’inutilità di tale materia.
    C’era da dire che, le distrazioni a Besaid, non mancavano di certo.
    Tra feste di compleanno errate e improvvisate, ragazzine sboccate che gli piombavano in casa asserendo di parlare con i fantami, cacce al tesoro con inquietanti risvolti, c’era di che intrattenersi.
    Da un po’ di tempo però, Gerhardt teneva d’occhio qualcuno, qualcuno con cui non aveva mai avuto un diretto rapporto e che non aveva mai voluto chiedergli aiuto.
    Si trattava di una ragazza, una ragazza che aveva fatto il giro dei notiziari.
    Si era dichiarata colpevole di un omicidio non commesso, assassina di un padre che non esisteva. Lei stessa sembrava non essere mai esistita, anche se poi, si era imposta con una certa decisione nella quotidianità di tutti i cittadini di Besaid.
    Un po’ di tempo era passato, da quando aveva calcato gli schermi televisivi ed era stata la notizia più succulenta nella prima pagina dei giornali, ma nessuno aveva risolto il grande enigma che rappresentava.
    Così, spinto dal tedio quotidiano, Gerhardt si era recato al parco, dove sapeva l’avrebbe trovata. L’aveva tenuta d’occhio, o meglio, per lui l’avevano osservata i suoi occhi, ragazzini a cui dava qualche spicciolo in cambio di informazioni. I ragazzini sono molto utili, passano inosservati e colgono cose che nessun altro è capace di cogliere.
    Gerhardt, indossato il cappotto e lasciato l’appartamento, raggiunse presto il punto nevralgico del parco dove lei si era fermata, come di consueto.
    Un cappellaccio posato a terra e la sua dote svenduta su pubblica piazza. Gerhardt non aveva mai amato gli artisti di strada, li considerava dei perditempo, che amavano pavoneggiarsi, ma che non amavano abbastanza lavorare.
    Si avvicinò con passo fermo e non tolse le mani dalle tasche della giacca, per far cadere qualche corona all’interno del cappello tra di loro.
    « A riddle wrapped in a mystery inside an enigma. » recitò Gerhardt, che non aveva mai saputo in che modo introdursi alle persone.
    Solitamente tendeva a entrare a gamba tesa nella loro vita, imponendo la sua ingombrante presenza a individui che, non avevano fatto niente per meritarselo.
    I suoi occhi chiari restarono puntati sul volto della ragazza di fronte a lui, pronti a scrutare qualsiasi cambiamento di quel volto che tanto aveva studiato, quando l’aveva visto al telegiornale, riportato sui giornali o sui social media.
    Per quanto avesse imparato a stare alla larga dalle notizie fornire dai giornalisti - che razza disgustosa -, per informarsi su di lei aveva fatto ricordo a qualsiasi fonte fosse stato in grado di trovare.
    Il problema era che, di notizie sul suo conto, non ce n’erano, non di reali e tangibili.
    « Il mio nome è Geralt, possiamo parlare? »
     
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    Lyra Melodie Mayfair | 1989 | scudo

    Era come tornare nel passato, con l’incapacità di prendersi cura di se stessa e delle persone a cui teneva. Lyra era tornata come una bambina, capace si di intendere e di volere, ma incapace di scrivere la sua storia perché, non riusciva a ritrovare la sua provenienza.
    Da quando si era svegliata nel bosco, non aveva scoperto niente di diverso dal fatto che fosse come un fantasma e la cosa che più la mandava in confusione, era proprio il fatto che riusciva a ritrovare i suoi ricordi in quelle strade, in quella cittadina dalle case colorate ed i tetti a punta eppure, non c’era neanche una traccia del suo passaggio. Provava le stesse sensazioni di quando era una bambina radicata nella sua casa mobile, quella roulette posta in riva al fiume e che era obbligata a chiamare casa. Impotente ed in balia degli eventi, quegli eventi che non era capace di pilotare a suo favore. Se da bambina cresciuta, Lyra si rifugiava tra le mura della scuola per non tornare troppo presto a casa, quando era ormai un adolescente capace di rendersi desiderabile dagli altri, usava il suo fascino per sedurli e per tenersi lontano più di un giorno da quel luogo.
    Oggi, Lyra si ritrovava nuovamente a doversi rimboccare le maniche, sfruttare le sue capacità e le sue doti per provare a mettersi un tetto sopra la testa o potersi permettere un pasto caldo. Non era facile per lei, perché nella vita nella sua testa, lei aveva già un ruolo, era già una persona con un futuro scritto eppure, doveva accettare quella realtà così distopica rispetto ai suoi ricordi. C’era un motivo per tutto quello che stava accadendo?. Non riusciva a smettere di farsi tutte quelle domande, d’altronde come poteva smettere, senza trovare delle risposte? Avrebbe voluto ingaggiare qualcuno per poter scoprire qualcosa di più eppure, non poteva farlo dato che non aveva neanche la possibilità di pagarsi un caffè nel primo bar sconosciuto di quella cittadina dove aveva sempre nonvissuto.

    Cantava, con quella sua voce dolce amara, canzoni del suo repertorio. Avrebbe voluto cantare una delle sue canzoni, quelle del disco, quelle per cui era partita in tournée eppure, non riusciva a ricordare le parole dei loro verso. Era strano tutto quello, come fosse stata un’amnesia fulminante che aveva cancellato una parte del suo cuore e del suo cervello perché, quelle canzoni provenivano proprio da lì, raccontavano la sua storia e la sua persona.
    Your beauty is beyond compare
    With flaming locks of auburn hair
    With ivory skin and eyes of emerald green
    Your smile is like a breath of spring
    Your voice is soft like summer rain
    And I cannot compete with you,
    Jolene

    Era talmente presa nel lasciarsi trasportare da quella sua passione, che non si era neanche accorta dell’uomo che le si era parato difronte e che, da qualche secondo la stava osservando.
    Una persona intelligente, le avrebbe detto di fare molta più attenzione, di riconoscere chi le si parlava di fronte, anche solo per proteggere quei pochi spiccioli che riusciva a guadagnare stando lì da sola, al freddo e al gelo, a cantare. Non era facile essere un artista di strada, molte volte i passanti erano così presi dalla loro frenetica vita, che non riuscivano neanche a rendersi conto dei possibili talenti che gli si paravano miracolosamente di fronte. Lyra, aveva sempre amato soffermarsi ad osservare le persone, rimaneva affascinata da chi praticava la sua stessa arte ma anche da chi, aveva la capacità di dipingere un mondo. Vedere le mani sapienti di qualcuno muoversi su tela, impastare e mischiare i colori creando una storia, là dove prima c’era la profondità del bianco. Era capace, fin da bambina, di passare ore ad osservare gli artisti di strada: circensi, pittori, musicisti, quel mondo così astratto è legato all’anima del fautore l’aveva sempre affascinata, forse perché anche l’uomo che le aveva dato vita, faceva proprio parte di quella cerchia.
    « A riddle wrapped in a mystery inside an enigma. » pronunciò finalmente l’uomo, prendendo parola nonostante Lyra stesse finendo ancora la sua strofa, ma riuscendo così ad attirare la sua attenzione. Non sapeva cosa l’uomo volesse da lei, ma se in un primo istante ebbe il dubbio che questo si stesse rivolgendo proprio a lei, poco dopo ne ebbe la conferma quando questo si presentò. « Il mio nome è Geralt, possiamo parlare? » finalmente Lyra ebbe finito la sua canzone e, consapevole che l’uomo stesse cercando di attirare proprio la sua attenzione, evitò di iniziarne un altra rivolgendosi a lui Lyra, ci conosciamo? le venne spontaneo domandare. Era confusa, già di natura dato che non riusciva a ritrovare se stessa e quell’uomo che si era rivolto direttamente a lei, le aveva fatto accendere un briciolo di speranza. Sperava che lui la conoscesse in qualche modo, che poteva darle delle informazioni in merito a tutta quell’assurda situazione. Lo osservava, nell’attesa di una sua risposta è poteva riconoscere in lui i lineamenti di una persona adulta. Era affascinante, con il capello chiaro portato leggermente lungo e gli occhi chiari che brillavano di curiosità. Quegli occhi, sembravano più giovani dello stesso corpo,, come spinti da una strana è assurda vivacità che il corpo, seppur attraente ed in forma, sembrava aver ormai superato.
    Le maestre, le avevano sempre detto fin da bambina di non fidarsi mai di nessuno eppure, Lyra aveva sempre scritto la sua vita in quegli incontri fugaci con il corpo umano. Quelle conoscenze e quell’affidarsi a qualcuno che non conosceva affatto, la spaventavano ma al contempo eccitavano e poi, nelle sue storie, aveva sempre avuto il suo eroe (ndr. Maverick) pronto a salvarla. Quindi perché doveva avere paura a parlare con lui? Lui che forse, poteva rappresentare una possibilità per fare chiarezza nella sua vita?
     
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    Quella per Gerhardt era una novità.
    Non la ragazza in sé e per sé, ma il fatto di recarsi fisicamente da coloro che supponeva, con una certa arroganza, avessero bisogno del suo aiuto.
    Seduto sulla sua poltrona, ascoltava e giudicava i casi che gli venivano sottoposti.
    Annuiva a quelli interessanti o scuoteva la testa di fronte alla banalità. Faceva piangere delle persone e sorriderne altre, ma tutto comodamente seduto sulla sua comodissima poltrona.
    Mai che si fosse preso il disturbo di recarsi personalmente da qualcuno.
    Gli unici che decideva di visitare, erano i corpi senza vita su una scena del crimine, oppure quelli pallidi e gelidi all’obitorio.
    Eppure quel giorno era lì, vicino a una persona viva e reale, per quanto irreale sembrasse la sua esistenza.
    Lyra, ci conosciamo? si presentò lei, con poche e semplici parole del tutto superflue.
    Gerhardt scosse la testa, in segno di diniego. No, non si conoscevano.
    « C'è per caso qualcuno che in città non ti conosce? » domandò poi, retoricamente, per farle intendere che sapeva benissimo chi lei fosse, e che l’aveva avvicinata proprio perché era a conoscenza della sua identità.
    « Sono un detective privato. Sono interessato al tuo caso. » aggiunse infine, senza troppi preamboli, andando diritto al sodo.
    Non era mai stato un amante del tirare le cose per le lunghe.
    Comunque, non era sicuro se definire “un caso” il suo vuoto di memoria, fosse appropriato. Tuttavia, per Gerhardt ogni cosa era un caso da risolvere, anche le persone.
    A differenza di una scena del crimine, però, le persone non lo intrigavano come invece avrebbero dovuto. E, ovviamente, non lo intrigavano perché non le capiva. Come un bambino capriccioso, quando qualcosa sfuggiva al suo ferreo controllo, tendeva a interessarsi ad altro, a cose che poteva controllare e che lo facevano apparire il migliore.
    Era Krystopher quello che sapeva fare a interpretare le persone, che voleva leggerle e scoprirle.
    Gerhardt era interessato a ciò che era costruito loro attorno, ai gesti compiuti e non al profondo “perché”.
    Anche nel caso di Lyra, non si stava realmente interessando perché la sua storia lo aveva intenerito, perché aveva visto in quel volto smarrito e giovane qualcuno da aiutare, una patologia da interpretare e psicanalizzare… no, assolutamente.
    Lui era stato incuriosito dall’alone di mistero che la circondava, dall’assenza di informazioni, da quell'omicidio confessato che invece non era mai stato commesso.
    Eppure, per riuscire a capire ciò che circondava Lyra, doveva cercare di capire anche lei.
    Possiamo quindi dire che si trattava di una sfida, n on di altruismo, ma di un gioco in cui Gerhardt aveva deciso di mettersi alla prova, pensando che se era capace Krystopher a capire le persone e suddividerle secondo schemi comportamentali ben precisi, poteva riuscirci anche lui.
    Quanto sarebbe potuto essere difficile?
     
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    Lyra Melodie Mayfair | 1989 | scudo

    Cantare la distraeva, le faceva sentire meno il freddo di una stagione glaciale come l'inverno, lì in Norvegia. Le tormente di neve facevano parte di quel clima dai colori candidi e Lyra, nonostante fosse sempre stata abituata a convivere con il freddo, negli spazi angusti e precari che la sua famiglia poteva permettersi, non lo amava troppo, soprattutto quando le entrava nelle ossa. Le mani ed i piedi erano il suo punto debole, sempre fredde e le mani, sempre screpolate come le sue labbra se non usava trattarle con apposite creme, cosa che non poteva assolutamente permettersi in quei giorni.
    « C'è per caso qualcuno che in città non ti conosce? » la voce dell'uomo la raggiunse più profondamente di quanto avrebbe voluto. Forse era vero, tutti la conoscevano perchè l'avevano vista su giornali e telegiornali eppure, nessuno sapeva chi lei fosse veramente, cosa che invece Lyra avrebbe voluto. Lei si conosceva, sapeva chi fosse, dove era nata e dove aveva sempre abitato, conosceva l'indirizzo dell'appartamento che aveva comprato - quello dove si ricordava di aver ucciso suo padre - eppure, niente di lei sembrava essere reale in quella città che, era la sua città. Lei dice? Perchè non mi sembra che fino ad ora abbiano saputo dare molte risposte alle domande su di me.. ammise Lyra, esternando il suo pensiero più profondo.
    « Sono un detective privato. Sono interessato al tuo caso. » un detective privato. In un altro caso, forse Lyra avrebbe provato ad investire un pò dei suoi soldi con una persona come quella, soprattutto in quel momento così critico dove non riusciva a darsi una spiegazione su chi, lei fosse e sul perchè, non esisteva nei registri. Oh esclamò sorpresa da quell'affermazione anche se forse, non doveva poi esserlo molto. Era il caso del mese e perchè, non guadagnarci su un pò di soldi? Era rimasta sorpresa che ancora nessun giornalista si era fatto vivo per farle domande scomode sulla sua confessione. Mi spiace, non ho i soldi per pagarla confessò nonostante farei di tutto per capire cosa mi sia successo io... io cosa? cosa poteva dire ancora? cosa poteva fare? Viveva come una barbona a casa di una persona che conosceva a malapena, era sempre stato il suo angelo custode Maverick eppure, anche nei suoi ricordi non si era mai fatto così vivo da poter dire di conoscerlo davvero. Però si fidava di lui, Lyra ed in modo incondizionato. Era come se Maverick avesse la capacità di farla sentire a casa, come se potesse infondergli tranquillità e nonostante lei si sentisse una spina nel fianco per lui, era felice che ci fosse qualcuno che apparteneva ai suoi ricordi.
    Fà freddo qua.. ammise poi, stringendosi in un abbraccio, come se questo potesse aiutarla a partire meno il freddo. Sperava di poter andare via da lì, di poter andare in un caffè dove scaldare un pò le sue mani rosse come il fuoco e lo avrebbe sicuramente proposto a Gerhardt, se questo non fosse fuggito a gambe levate data la povertà della ragazza che aveva di fronte. D'altronde, Lyra non aveva i soldi per pagare una notula del detective ma per offrirgli un caffè con gli spiccioli guadagnati, e per ringraziarlo per il disturbo, li aveva.
     
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    Geralt non aveva mai amato particolarmente l’arte, in nessuna sua forma.
    Questa sua mancanza d’amore, presupponeva una certa ignoranza in tal senso. Era sempre stato un uomo che eccelleva solo in ciò che lo interessava, e più si interessava a qualcosa più informazioni ricavava. Al contrario, le sue lacune andavano a ingigantirsi con il corso degli anni, con quell’insofferenza verso gli argomenti che non lo stuzzicavano, che riteneva tedianti e inutili.
    Geralt non sapeva nulla d’arte, nulla d’astronomia o di qualsiasi altra materie che non ritenesse utile al vivere quotidiano e a ciò che faceva, affiancando la polizia di Besaid quando il caso lo richiedeva.
    La musica, non era una delle cose che riteneva utili. Era uno svago, un modo per deliziare chi ci circondava, ma nulla più.
    Gerhardt stesso aveva imbracciato il violino qualche volta, tentando di strimpellare qualche nota aggraziata, anche se non sapeva affatto come si faceva.
    L'arco che scivolava sulle corde non emetteva i suoni soavi che s’immaginava, così aveva messo lo strumento da parte, vinto e infastidito.
    Era un uomo che gettava la spugna quando non riusciva in qualcosa al primo colpo. Non perché mancasse di carattere, ma perché il suo tempo era prezioso e di sprecarlo non ne aveva voglia.
    Così si dedicava ad altro, fingendo di non essere stato punto nell’orgoglio dalla precedente sconfitta.
    Tuttavia, perfino per un ignorante d’arte era impossibile non riconoscere che la ragazza avesse una voce molto melodica.
    Lei dice? Perché non mi sembra che fino ad ora abbiano saputo dare molte risposte alle domande su di me..
    « Mi avrebbe sorpreso il contrario. » commentò Gerhardt « Su Besaid stessa sappiamo darci poche risposte. »
    Fu poi il momento di rivelare a Lyra la sua natura di detective, e a quanto pareva la colse di sorpresa.
    Mi spiace, non ho i soldi per pagarla, nonostante farei di tutto per capire cosa mi sia successo io...
    Ger inarcò un sopracciglio.
    « Non ho mai parlato di un compenso. » disse allora a quel punto, perché se la ragazza pensava che fosse andato in cerca di denaro da lei, si sbagliava di grosso.
    Quello che cercava Ger, non era un compenso di tipo monetario, non aveva mai avuto bisogno di soldi e aspirava a ben altro.
    Quello che lui voleva era il poter dire di aver risolto un caso che nessuno aveva risolto. Voleva svelare l’arcano dietro quel mistero che Lyra rappresentava.
    Da una supposizione, basata sul senso logico, poteva immaginare che la peculiare vicenda della ragazza aveva a che fare con le particolarità di tutti loro a Besaid.
    Se qualcosa esulava dall’irrazionale, quell’irrazionale era spiegato con la cosa più razionale di cui si poteva disporre.
    Fà freddo qua.. Lyra si avvolse il corpo con le proprie braccia e Ger non si rese nemmeno conto di quello che faceva, finché non lasciò scivolare via la giacca dalle braccia e la posò poi sulle spalle della giovane.
    « Andiamo a bere qualcosa? » propose quindi Ger, accennando alla via che li avrebbe condotti verso una fonte di ristoro e calore « Così puoi iniziare a raccontarmi qualcosa di te. » perché nonostante sapesse già molto, preferiva sentire tutto da capo.
    Lyra poteva fornirgli dettagli che non conosceva, che gli altri avevano trascurato per mera idiozia, ma che a lui sarebbero invece stati preziosi.
     
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    Lyra Melodie Mayfair | 1989 | scudo

    Xavier non era Maverick. Maverick non esisteva. Lyra non esisteva in quella Besaid che invece esisteva ma era diversa da quella in cui la giovane era nata e cresciuta. La sua storia era un rompicapo decisamente complicato e, si era resa conto con il passare delle settimane e delle notizie che erano state rilasciate su di lei - alcune anche volte a cercare qualsivoglia conoscente - avevano attirato l’attenzione di soggetti particolari. Come appunto Xavier, che aveva deciso dal niente di darle un rifugio, ed il suo tempo, oltre la fiducia dato che, lei appariva come un’estranea. E poi c’era stato Gerhardt, che le aveva offerto un aiuto esperto per scoprire chi lei fosse e quella propensione dell’uomo a dover risolvere tutti i misteri del mondo, l’aveva incuriosita proprio dal momento in cui Lyra aveva potuto capire che non era il denaro, ad interessare il detective ma proprio il suo caso, il suo essere un vero mistero.
    Osservava Gerhardt con quel suo fare sicuro davanti a lei: un uomo affascinante, dai caratteri fisionomici piuttosto duri e che probabilmente, l’avrebbero collocato nella cerchia di coloro che si stavano incamminando per gli anta. Lo sguardo era quasi austero, ma non le incuteva timore, Lyra aveva avuto a che fare con ben altri mostri per lasciarsi intimorire da un semplice sguardo severo e da una voce dura, seppur profonda e gutturale. Sembrava un uomo incapace di trasmettere emozioni, qualcuno incapace di provare a dare tranquillità alla persona che aveva di fronte piuttosto che gentilezza, nonostante le sue parole volessero dimostrare altro, come in quel momento in cui chiese a Lyra di andare a bere qualcosa altrove. Non era stata evasiva la giovane donna, aveva chiaramente comunicato che stava soffrendo il freddo di quella stagione norvegese fin troppo rigida e l’uomo, ebbe la delicatezza di assecondare la velata richiesta di lei. Almeno, aveva fatto la scelta giusta per ottenere qualche informazione in più, Lyra non avrebbe certamente continuato quella conversazione se qualcosa, non fosse andato a suo pro ed in quel momento, la strada stava volgendo sicuramente a suo favore: stava andando al caldo, a bere qualcosa e tanto più, avrebbe ricevuto una mano per scoprire qualcosa della sua natura da un professionista, gratuitamente.
    La fortuna prima o poi iniziava a girare, le ripeteva spesso la sua maestra di musica e l’unico suo punto fermo per tutta la sua infanzia. Credeva a quello che lei le diceva perché, era l’unica persona ad essere realista e positiva al contempo, l’unica persona che realmente si interessava alla vita di Lyra e che riusciva a darle consigli imparziali, seppur dosando sempre le parole, così da non essere mai troppo cattiva con lei. Non che fosse un problema quello per la giovane donna, che ormai si era abituata ad avere a che fare con persone poco sensibili. Fatto sta, che forse quello era il suo momento, quello in cui la ruota della fortuna riprendeva a girare per il verso giusto, dato che fino ad allora le cose non gli erano andate proprio bene, partendo dalla morte di suo padre, al risvegliarsi in una città dove lei sembrava essere il fantasma di una sé stessa mai esistita, al morire quasi assiderata. « Andiamo a bere qualcosa? Così puoi iniziare a raccontarmi qualcosa di te. » Quelle parole furono musica per le sue orecchie ed al contempo, un piccolo brivido freddo di terrore che le attraversava tutta la schiena. Doveva ricordare nuovamente tutto e quello, non era certamente piacevole per lei che soffriva, nel ricordare ogni volta.
    Immagino che vorrà sapere tutto, in ogni minimo particolare e cercherò di fare del mio meglio, per non tralasciare nulla.. sospirò appena, ordinando poi una bella tazza di caffè americano con la quale, sperava di potersi scaldare un po’. Prese posto ad un tavolo, quello più lontano dalla bolgia dove pochi secondi dopo la raggiunse il detective, intento ad osservare ogni sfaccettatura di lei come se stesse facendo una analisi profonda della sua figura. Mi chiamò Lyra Mayfair, in arte Melodie, e sono nata a Besaid il 28 giugno del 1989 in una roulotte in riva al fiume iniziò, cercando di buttare le basi sulle quali costruire la loro storia. Accennò ai suoi genitori, al suo passato complesso, fino ad arrivare all’inizio della sua carriera. Ho vissuto a Besaid tutta la vita, nell’ultimo anno l’ho frequentata meno perché ero in tournée in giro per il mondo.. eppure ci sono cose che non tornano, nella mia testa. La città non è come la ricordavo, sia da un punto di vista estetico, che da un punto di vista pratico: poteri o capacità, memoria cancellata con l’allontanamento…. prese a raccontare, riflettendo su quanto si trovava a dover constatare. Nei suoi ricordi, la città non era popolata da umani superdotati, ma da persone comuni in grado di far funzionare degli elettrodomestici con il tasto on/off, piuttosto che capaci di mandare le macchine guidandole. Nei suoi ricordi, non doveva tornare in città per non dimenticarsi della sua vita li, piuttosto doveva farlo per tornare a controllare che suo padre fosse ancora vivo e non avesse combinato grossi danni - come per esempio, dare fuoco all'appartamento che Lyra aveva acquistato con i primi veri risparmi. Eppure le strade, i parchi, l’ambiente era così lui, perfino i negozi più datati, erano gli stessi… ma mancava la sua casa, o il bar aperto da qualche mese. Non esisteva più il bar in cui amava andare a consumare un tea, mentre c’era ancora quello del suo cappuccino preferito. È tutto così confuso…. sospiro, consapevole di dover raccontare lui, anche il dettaglio sulla morte di suo padre, prima o poi.
     
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