French night

Kai & Roy || 11 pm

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    Crederci sembrava ancora impossibile e accettarlo troppo doloroso. Ci pensò su. No, non si era mai sentito così. Così ferito. No, aspettate. Non è così semplice. Essere feriti è facile. Le ferite ti capitano, e di solito non ci puoi fare niente. C'entrava anche quello, naturalmente. Coco gli aveva fatto male. Molto male. Ma anche lui a lei, innumerevoli volte nel corso della tormenta che avevano al posto di una relazione. E poi, non c'è parte attiva nell'essere feriti. La parte più dolorosa invece proveniva dall'interno, era incastrata da qualche parte, tra una vertebra e l'altra, si nascondeva dietro l'orgoglio ferito da segreti che si erano tenuti dentro e che, fuori, li avevano divisi. Non era stata onesta, gli aveva mentito, come aveva potuto tenere nascosta una cosa così grande? Se avesse saputo..."Già, Roy. Cosa avresti fatto, se solo avessi saputo?" Silenzio e dita serrate contro l'etichetta della sua birra Amundsen. Labbra umide, denti che stridono. Un cuore che pesa nella cassa toracica. Ieri sembrava lontanissimo, una serata mai successa o accaduta in un'epoca lontana. Non gli apparteneva e allo stesso tempo lo divorava. Si era sentito triste prima di allora, ma questo dava la sensazione di un buco nero che si allargava sotto i piedi. Aveva ingoiato molto, nelle ultime ventiquattro ore. Quasi tutto il mondo doveva essere già sott'acqua. La cosa peggiore era non riuscire a muoversi. Lui, proprio lui che non stava mai fermo, era ora paralizzato. Neanche l'idea di sbronzarsi riusciva a smuoverlo dalla sedia, sulla quale si doveva essere accasciato in qualche momento, dopo essere sgusciato via dalla casa degli orrori. É brutto, essere impantanati. Sabbie mobili altezza collo. "Che cazzo hai combinato, Roy." Ore intere passate a fissare il nulla, ignorare messaggi, e a stento accorgersi dei movimenti della cugina che, intorno a lui, proseguiva la sua vita. Qualche sporadica domanda e in risposta sempre il solito silenzio. "È così che ti sei sentita", avrebbe voluto chiederle, "alla morte del tuo ragazzo?" Non disse niente però, non apriva bocca da diverse ore, le labbra prosciugate. Iniziava a capire l'enigma celato dietro il cipiglio ombroso dell'unica parente che gli rimaneva e di cui accettava ogni silenzio. Gli sembrava di aver perso qualcosa, una roba importante e preziosa. Come fa a mancare una cosa mai conosciuta? Non avrebbe mai dovuto lasciarla sola, ma del resto lo sapeva, Roy non era in grado di prendersi cura di niente. Né dei pochi averi che da bambino possedeva, né delle poche persone che ancora gli gravitavano intorno. Meglio così, allora. Meglio aver perso un tesoro che avrebbe sicuramente rovinato. Non importa quanto si impegnasse, sarebbe riuscito a mandare tutto, comunque, a puttane. C'era chi era bravo a cucinare, chi a dipinge e chi a incasinare tutto. Era la sua specialità. Figurarsi lui a prendersi cura di...Essere un...Mosse con velocità la mano, uno scatto d'ira inaspettato. Vetri che si infrangono, birra spumeggiante sul pavimento.
    Si riscosse solo allora, svegliatosi dal torpore doloroso che l'aveva avvolto. La cucina era nella penombra, la casa silenziosa e vuota. Non aveva sentito Nora uscire. Alzandosi alcune giunture scrosciarono, colpi di frustra nella quiete serale. Raccolse i vetri senza prestare molta attenzione nel cercare di non ferirsi le mani, asciugando il pavimento con uno straccio trovato vicino al lavandino. L'odore forte di birra dalle mattonelle sembrò scuoterlo, non abbastanza da convincerlo a farsi una doccia ma in grado di fargli controllare il telefono. Quattro chiamate senza risposta. Aprì il menù. Tutte die Coco. Tre messaggi. Lesse le prime righe di anteprima. "Roy, dove sei?". Passò al secondo. "Per favore, torna a c--" Odiava quello stupido aggeggio elettronico. Il terzo messaggio catturò la sua attenzione, e questa volta ci cliccò sopra con il pollice calloso. "Hei amico, ti va una birra? Conosco un posto che fa per te." Era Kai, il suo migliore amico. Appena uscito di prigione era stato risucchiato da tutto il dramma di Coco da essersi ritrovato solo una volta davvero da solo con l'amico. «Fanculo.» sussurrò a mascella contratta, decidendo di accantonare Coco e i loro giganteschi problemi per qualche ora ancora. Alla fine, cosa poteva accadere di peggio? "Yo bro, manda l'indirizzo e ci vediamo lì." Digitò rapidamente, si infilò il cappotto imbottito e uscì con una nuova sigaretta incastrata fra le labbra screpolate.

    Non era mai stato al Perception, visto che aveva aperto i battenti subito dopo il suo arresto. Sempre la solita fortuna. Comunque ora era lì e osservava l'insegna luminosa capeggiare sopra la sua testa, un invito poco desiderabile per uno nella sua situazione. Buttò la sigaretta per terra senza spegnerla con il piede, e in quel momento il rombo di un motore lo spinse a voltarsi in direzione della macchina che stava accostando. Era una bella auto, di quelle costose in cui non avreste mai visto Roy, a meno che non fosse riuscito a rubarne una. Ancora prima che scendesse, l'uomo sapeva che si trattava di lui e si avvicinò allo sportello, pronto ad abbracciare l'amico. Kai come al solito era vestito bene, e come al solito era di qualche spanna più alto di lui. «Dov'è il servitore che ti apre la portiera? É lo stesso che ti allaccia quelle fottuttissime scarpe che ti ritrovi?» Due colpi battuti sulla schiena e Roy sciolse l'abbraccio, osservando Kai con il solito sorriso strafottente che stava a dire: "Mi sei mancato". Tirò su col naso mentre con uno sguardo accennava all'insegna di fronte a loro. «Delaunay Bistro.» disse deluso, sbagliando la pronuncia e con gli accenti che cadevano un po' ovunque. «Lo sai vero che l'unica cosa che i francesi hanno inventato di buono e giusto è il menage a trois, il voulez-vous coucher avec moi e il vino. » Tutta la pronuncia era grezza, sbagliata, lontana dalla melodica lingua francese. Era palesemente sconfortato all'idea di passare una serata a mangiare cibo francese di indubbio gusto, tipo il pâté, l'escargot o uno di quei puzzolenti formaggi. Kai, dal canto suo, senza dire niente lo spinse dentro. Passarono una sala che somigliava in tutto e per tutto agli incubi di Roy, per poi prendere però una porticina laterale che portava verso il basso. A quel punto il cuore di Roy si alleggerì. Le cose si facevano promettenti, e quando si ritrovarono in quello che appariva in tutto e per tutto come un nightclub club, si voltò verso l'amico con gli occhi che brillavano nella luce soffusa. «Lo sapevo che i soldi non ti avevano fottuto il cervello.» Gli menò una pacca sulla spalla, incamminandosi verso uno dei tavolini vicino al piccolo palco dove due ragazze semi-nude stavano danzando. Si sedette pesantemente, intenzionato a bere fino a non risvegliarsi mai più. «É qui che hai riempito il vuoto lasciato da me negli ultimi due anni?» Gli chiese una volta che l'amico si era seduto di fianco a lui. «Ottima scelta, amico. Ottima scelta.» Si era leggermente incupito, pensieri oscuri minacciavano di sotterrarlo di nuovo. Fortunatamente in quel momento una delle cameriere arrivò con gli ordini che Kai doveva aver preso e per un attimo i pensieri di Roy furono tutti presi dalle tette della suddetta. « Alla vita di merda ma agli amici che contano.» Allungò la mano che stringeva la birra verso Kai, pronto a suggellare quel brindisi un po' sotto tono per i suoi standard.

    Edited by mesmeric - 19/5/2019, 13:34
     
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    Gli ultimi erano stati anni molto complicati per lui. Si era sentito mancare il pavimento da sotto i piedi e gli era sembrato di precipitare a fondo, giù, sempre più giù, senza alcun appiglio in grado di rallentare la sua rovinosa corsa. Aveva lentamente perso tutte le sue certezze, i suoi punti fissi, ed era stato costretto a costruirsene degli altri per cercare di tornare in superficie e imparare a galleggiare di nuovo, nel mare di una vita che quasi non sembrava più appartenergli. Era cambiato così tanto che, guardandosi allo specchio, quasi non riusciva neanche più a riconoscersi. In quegli ultimi anni si era avvicinato sempre di più alla figura che si era ripromesso di non diventare mai. Quando correva in bicicletta insieme ai suoi migliori amici a Besaid urlava al silenzio che lui non sarebbe diventato come suo padre, che non avrebbe permesso che altri decidessero per lui. Invece, alla fine, si era lasciato andare, complici gli ultimi critici avvenimenti della sua vita e aveva finito con l’indossare gli stessi abiti firmati di suo padre e occupare la sua stessa poltrona, col riempire uno spazio che, forse, avrebbe fatto meglio a restare vuoto per sempre. Tante volte quando si era recato in carcere a trovare il suo migliore amico avrebbe voluto rovesciargli addosso il fiume in piena di parole che gli devastava la mente, condividere con lui quello che lo spaventava, lo preoccupava, ma era invece sempre rimasto in silenzio, ad osservarlo, a lasciare che fosse lui a parlare, che si liberasse dei suoi di problemi, che dovevano essere sicuramente ben più gravi. E così facendo si era ritrovato, senza quasi volerlo, ad ancorarsi ad un’altra figura, a quella stessa ragazza che per anni era stata il centro dell’universo di Roy, senza avere il coraggio di rivelarglielo. Come avrebbe reagito il suo migliore amico se gli avesse detto che lui e Coco stavano diventando amici? Che loro ridevano e scherzavano là fuori mentre lui era condannato a marcire in prigione per un crimine che non aveva commesso? Così, quando Roy era finalmente uscito, piombando di nuovo nella sua vita con vivacità senza neanche chiedere il permesso, come se nulla fosse accaduto o cambiato, Malakai aveva semplicemente lasciato che lui riprendesse il suo posto, iniziando a contattare Coco in maniera un po’ più sporadica, evitando di parlare di uno quando stava in compagnia dell’altro, affinchè scegliessero loro il momento migliore per ricontrarsi, per rivedersi, per riempire il vuoto che avevano dentro.
    Lui non aveva mai avuto una relazione davvero importante e duratura, ma una parte di lui aveva imparato a riconoscerne e apprezzarne il valore nei volti di Roy e Coco e per questo sapeva che, prima o poi, nonostante i loro problemi e le loro differenze, avrebbero trovato un modo per rimettersi sulla stessa strada e ricominciare. Perché era così che facevano le persone, quando tenevano l’una all’altra. Nel frattempo, però, forse anche loro avrebbero fatto meglio a cercare di ricostruire un rapporto che sembrava essersi parzialmente spezzato in quegli anni di lontananza. Poco prima di terminare la sua giornata lavorativa, quindi, mentre uno dei ragazzi della segreteria lo aggiornava su qualcosa di cui a lui in quel momento non importava affatto, aveva afferrato il telefono e aveva digitato le prime parole che gli erano passate per la testa, sperando che Roy non avesse ancora preso altri impegni. Un sorriso divertito e finalmente tranquillo fece capolino sul suo volto quando arrivò la risposta dell’amico. Risollevò lo sguardo sul ragazzo che aveva di fronte, degnandolo solo allora della sua attenzione. -Boyd? Non mi interessa, me lo dirai domani. - proferì quindi, piuttosto lapidario, per poi alzarsi e dargli le spalle mentre recuperava il suo soprabito e le chiavi dell’auto. -Beh? Che vuoi ancora? Vai. - lo congedò quindi, in maniera abbastanza scortese, con un veloce gesto della mano, aspettando che quello si decidesse ad uscire prima di fare altrimenti e chiudere la porta del suo ufficio. No, probabilmente non si sarebbe mai abituato ad avere tutta quella gente intorno.

    La scelta del locale era ricaduta ovviamente sul Perception. Negli ultimi tempi se Kai voleva avere un po’ di quiete e trascorrere un po’ di tempo lontano da occhi indiscreti era lì che decideva di andare. Conosceva la proprietaria e con il tempo erano persino riusciti a diventare ottimi amici quindi si poteva dire che fosse di casa in quel posto, all’apparenza nient’altro che un semplice Bistrot. Mentre attraversava il vialetto di fronte al locale notò la figura familiare di Roy che spegneva una sigaretta per terra e sorrise, di nuovo. Accostò, senza preoccuparsi di parcheggiare la sua auto con troppa cura, e scese, accompagnato dalle prime parole sarcastiche del suo migliore amico. -Gli ho dato la serata libera, ho pensato che saresti stato geloso di condividermi con qualcun altro. - lo prese un po’ in giro, a sua volta, mentre l’amico gli dava qualche pacca energica sulla spalla e gli sorrise, a sua volta, piuttosto felice di rivederlo. Nessuno dei due era mai stato troppo bravo ad esprimere i propri sentimenti, a nessuno dei due piaceva farlo, eppure avevano comunque trovato il loro modo di capirsi, senza bisogno di parole sdolcinate o simili. -Oh andiamo, hai tutta questa fiducia in me? - chiese, quando lo sentì iniziare a lamentarsi del locale senza neanche averlo visto. Malakai aprì la porta e, senza metterci troppa forza, diede una leggera spinta al suo amico per convincerlo ad entrare senza fare altre storie. Se fossero rimasti là fuori a fissare l’insegna avrebbero sicuramente attirato l’attenzione e non era nei suoi piani per quella sera. Attraversarono la sala principale senza fermarsi mentre lui rivolgeva qualche leggero cenno di saluto ai vari camerieri, continuando a procedere verso una porticina laterale apparentemente insignificante. La aprì e lasciò che Roy passasse per prima, per poi chiudersela con cura alle spalle. Bastarono pochi passi lungo le scale che conducevano al piano inferiore per iniziare a sentire una musica completamente diversa, accompagnata da colori e profumi che non avevano nulla a che fare con la cucina francese. Sorrise, al commento ben più soddisfatto dell’altro. -Quando mai ti ho deluso? - chiese, e mentre terminava quella frase il largo sorriso sulle sue labbra si incurvò appena. Un pensiero decisamente meno allegro incupì i suoi pensieri, ma lo scacciò via velocemente. Quello non era il luogo né il momento per pensarci. Lasciò scegliere a lui il tavolo, accomodandosi a sua volta vicino al palco mentre faceva cenno ad uno dei camerieri si portargli quello che aveva già lasciato detto quando aveva prenotato due posti per quella sera. -Qui e.. da qualche altra parte, ma questo è il mio preferito, sì. -ammise, molto candidamente. Mai come negli ultimi tempi aveva sentito di avere la necessità di un posto dove poter staccare la spina, di un luogo sicuro dove nascondersi dai problemi e dalle responsabilità della vita di tutti i giorni. -Conosco la proprietaria, le ho dato una mano con gli affari. - spiegò, mentre un sorrisetto più divertito faceva capolino sulle sue labbra al ricordo delle prime serate passate in compagnia di Isie. Poteva sembrare un po’ fuori di testa a volte o persino un po’ svampita, ma Kai aveva imparato ad apprezzarla. -Agli amici. - disse, a sua volta, rispondendo al brindisi di Roy, facendogli un leggero occhiolino prima di mandare giù un primo sorso di birra. Solo in quel momento, mentre si guardavano con quell’aria non troppo seria, si rendeva conto di quanto il suo migliore gli fosse mancato, di quanto si fosse sentito solo. Eppure, più lo guardava mentre lui si osservava in giro e più gli era chiaro che ci fosse qualcosa che non andava in lui. -Beh? Cos’è quel muso lungo? Tua cugina ha già cercato di buttarti fuori di casa? - chiese, dandogli una leggera gomitata per attirare la sua attenzione. -Le hai già distrutto la casa in queste poche settimane di convivenza? - chiese ancora, sistemandosi un po’ meglio sulla sedia per poterlo ascoltare. Sapeva che avrebbe trovato qualcosa di divertente o di stupido da raccontare e non vedeva l’ora di poter recuperare un po’ del tempo che si erano lasciati alle spalle.
     
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    "Gli ho dato la serata libera, ho pensato che saresti stato geloso di condividermi con qualcun altro. -"
    Lo afferrò, un braccio intorno al collo, tirandolo giù per averlo alla sua altezza e fingere di baciarlo con estrema passione, un groviglio di braccia e teste che si muovevano sompostamente. Poi lo lasciò andare, sbottando in una di quelle sue risate irruente, direttamente dalla pancia. Una volta dentro, nel giro di qualche secondo da deprimente il locale passò a populare di promesse nascoste ovunque o per meglio dire, esposte in bella vista sui corpi seminudi delle cubiste. Credeva di aver bisogno esattamente di quel posto in quella serata specialmente. Era sicuro di aver bisogno di un po' di tempo con il suo migliore amico.
    Niente smancerie, nessuna dichiarazione. Non solo non se lo dicevano, spesso quei due neanche se lo dimostravano quanto bene si volessero. Ma c'era, il legame era lì sin da quando erano piccoli e sapeva di corse in bicicletta e ginocchia sbucciate, della prima birra bevuta insieme illegalmente e di tutti i guai in cui si erano cacciati dai quali, per fortuna o sfacciataggine, erano riusciti sempre a tirarsi fuori. Quasi sempre. Non so cosa fosse cambiato né l'istante preciso in cui era successo, ma era arrivato un momento in cui dalle marachelle come rubacchiare bottiglie di vino dalle cantine altrui, Roy era passato a uccidere civili in Iraq. Due anni erano serviti per tirarsi fuori da quel casino, ma il senso di colpa continuava a punirlo prendendo la forma di incubi terribili. Per tutta la sua vita era sempre stato un coglione, era cresciuto così e così probabilmente sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni. Ma, esattamente, come ci era arrivato il suo culo su quella maledetta jeep nel dannato deserto iraqueno? Non ci pensava spesso,era giusto che vivesse con le proprie colpe, ma in quel momento sì. Osservava l'amico seduto di fronte a lui e si chiedeva come sarebbe stata la sua vita se avesse fatto tutto al contrario. Comportati bene a scuola. Prendi il diploma. Cristo, che non la fai l'università? Non cedere come il suo vecchio al vizio del bere. Non tradire né imbrogliare. Trovati un lavoro fisso. Non partire. Resta. Con un gesto del capo Rinnegò quel flusso di coscienza.
    Era quella la sua vita, nessuna possiblità di fare tutto dall'inizio. E poi diciamocelo, pur avendo avuto un'altra chance persino lui non credeva di che sarebbe stato in grado di fare diversamente. Certa gente nasce con la bussola difettosa e per altri l'ago gira sempre intorno, impazzito. La lingua di Roy schioccò contro il palato e subito il rumore prodotto venne mangiato dalla musica, un po' come rana contro mosca. ≪Ah. Gli affari.≫ Chiarì a cosa alludeva con un gesto osceno della mano. Come se ci fosse pericolo di fraintendere, con quegli occhietti brillanti di malizia e il sorriso dai denti storti. ≪Dimmi, è qui questa proprietaria? I tuoi amici sono anche i miei, no?≫ Indicò lui e poi sé stesso, come a sancire nuovamente la promessa fatta in passato di condividere qualsiasi cosa. Tutto tranne Coco, questi i patti. Brindarono e dopo qualche minuto Roy era già a più di metà boccale. Alternava lo sguardo tra Kai e le donne sul palco, dove una in particolare aveva catturato la sua attenzione. Era bruna e si muoveva come chi ha voglia di essere ammirata. Tornò a concentrarsi esclusivamente sull'amico dopo la gomitata ben assestata che gli aveva sferrato fra le costole. Senza rendersene conto, doveva aver assunto un'aria tormentata per allarmare l'amico e rimediò subito con un sorrisetto. ≪Solo un paio di volte fino ad ora.≫ Ammise riferendosi al fatto di essere stato quasi sfrattato di casa della cugina dopo appena un mese di convivenza. ≪Nah, la verità è che andiamo d'amore e d'accordo. Non potrebbe più vivere senza di me tra piedi, le sono mancato una cifra e lo ha pure ammesso. Ma questo non dirglielo, altrimenti mi castra.≫ Nonostante ne sparasse un bel po', quelle non erano tutte cazzate. Sapeva di esserle mancato, ma certe cose non si dicono ad alta voce, neanche quando sono fortissime. Un po' come tra lui e Kai. Ordinò un'altra birra e si prese il tempo di pensare fino a quando non gli fu consegnata. ≪Mettila pure sul suo conto.≫ Disse alla camieriera mentre indicava Kai e prendeva il primo sorso di quella seconda birra. Aspettò che la donna se ne fosse andata per spingersi in avanti, un gomito sul tavolo e il viso più vicino a quello dell'uomo. ≪Una di loro è compresa nel mio regalo di bentornato spero.≫ Accennò con la testa alle ragazze che ballavano poi, tornando con la schiena al suo posto, aggiunse. ≪É il minimo che mi devi, dopo quello che mi hai fatto.≫ Sollevò il braccio ingoiando una grande quantità di birra, sciugandosi la bocca con il dorso della manica. ≪Ieri ho scoperto una cosa che mi ha detto Coco. E in effetti sono abbastanza incazzato con te.≫ Si era fatto improvvisamente serio, le nocche rigide contro il boccale e gli occhi puntati sulle ragazze in movimento senza vedere nient'altro che le luci colorate tutt'intorno. Di cosa stava parlando?

    Perdona il ritardo e il post striminzito, sto piano piano riprendendo la mano <3


    Edited by E.T.PhoneHome - 8/9/2019, 11:37
     
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    Con un verso a metà tra il divertito e lo scocciato cercò, senza troppo impegno, di allontanare un po’ Roy da sè. -Andiamo amico, un p’ di contegno in pubblico. - lo prese quindi un po’ in giro, dopo quel suo scherzoso tentativo di baciarlo. Rise anche Roy, quando decise finalmente di lasciarlo andare e lui sorrise felice, lieto di quella ritrovata complicità che tanto gli era mancata in quei suoi lunghi anni di assenza. Roy era istintivo, viscerale, e forse neanche si rendeva conto a pieno di quanto la sua presenza riuscisse a diventare necessaria nella vita delle persone che si legavano a lui. Roy era sempre stato la sua metà complementare, così diverso da lui in ogni cosa, eppure così simile nel profondo da riuscire sempre a ritrovarsi nello sguardo dell’amico. Non avevano mai avuto bisogno di molte parole, eppure erano sempre riusciti a capirsi, quindi gli bastò una semplice occhiata per comprendere che qualcosa nella mente del suo amico non dovesse essere del tutto a posto e che si fosse qualcosa che lo turbava. Restò in silenzio comunque, lasciandogli il tempo di decidere se parlare o meno volontariamente di qualunque cosa lo stesse infastidendo. Forse era soltanto perché doveva ancora abituarsi alla vita fuori di prigione, o forse c’era qualcosa di più importante o di più grave che non voleva ancora condividere con lui. Scosse il capo, con aria piuttosto divertita, quando Roy sembrò non credere al fatto che il suo rapporto con Isolde fosse basato principalmente sul lavoro, oltre che su una certa amicizia. -Era sposata. Suo marito è deceduto. - ci tenne a precisare lui, per fargli comprendere per quale motivo ci fosse sempre andato con i piedi di piombo con lei. Certe cose per Kai erano ancora piuttosto difficili da mandare giù, come ad esempio la scomparsa di suo padre. Si guardò attorno tuttavia, alla ricerca della figura esile e biondissima della proprietaria, senza tuttavia scorgerla, quindi anticipò la risposta con un cenno di diniego. -No, anche se penso che di norma passi più tempo al piano superiore. - gli spiegò, anche se in realtà non riusciva a ricordare perfettamente quel dettaglio, visto che non ci si era mai soffermato troppo.
    Dopo aver lasciato trascorrere diversi minuti, in cui si erano limitati a bere e osservare le ragazze ballare sul palchetto, Kai aveva deciso di prendere la situazione di petto e chiedere a Roy che cosa lo turbasse. Iniziò da quello che poteva essere uno dei problemi meno rilevanti, ossia il fatto di non avere ancora un appartamento proprio e di dover convivere con Nora, sua cugina. Aveva sempre trovato quella ragazza una tipa un po’ strana, non capiva mai bene quanto lo ascoltava e quando invece faceva di tutto per ignorarlo, ma non era stato difficile comprendere quanto Roy tenesse a lei, quindi aveva sempre evitato di lasciarsi andare a troppi commenti a riguardo. -Fammi un fischio allora quando deciderà di cacciarti definitivamente, verrò a guardarvi con i pop corn! - scherzò, prendendolo un po’ in giro. Ovviamente non avrebbe mai trovato davvero divertente una cosa come quella, ma avevano sempre cercato di scherzare su ogni cosa, soprattutto su quelle serie. -Se riesci a convincerle. - continuò quindi, ridacchiando appena e dandogli una pacca sulla spalla, quando gli chiese di poter terminare la serata con una ragazza, come regalo di bentornato. Il locale aveva una politica molto attenta alle ragazze, ma lo avrebbe scoperto da solo se davvero avesse deciso di provarci con qualcuna che non aveva intenzione di reggergli il gioco. Corrucciò la fronte tuttavia, quando Roy sembrò parlare di qualcosa che era successo in sua assenza, qualcosa che Coco sembrava avergli raccontato il giorno prima e che lo aveva fatto piuttosto arrabbiare. Lo guardò per un momento, cercando di capire a che cosa si riferisse, anche se in cuor suo sapeva esserci soltanto una cosa che non aveva avuto il coraggio di rivelargli. Per un momento pensò di chiedergli di che cosa si trattasse, ma quando il suo sguardo si scontrò con la sua espressione terribilmente seria capì che non era più il momento di scherzare. -Senti Roy, so come può sembrare e che sicuramente avrei dovuto parlartene prima. - disse, senza neanche pensare, per un solo momento, che quello dell’amico potesse anche soltanto essere un bluff per capire se lui sapeva qualcosa o se gli avevano nascosto qualcosa. Dopotutto ormai era inutile continuare a tenerlo soltanto per loro e negarlo, se lei glielo aveva già raccontato, avrebbe solo peggiorato la situazione. -Non lo avevamo previsto, anzi, a dire il vero nessuno dei due ci aveva mai pensato. - continuò, rendendosi conto soltanto dopo aver iniziato a parlare di quanto quello che stava per dire potesse sembrare fraintendibile e ben più grave di quanto fosse. -Eravamo entrambi ubriachi e.. io non c’ero molto con la testa, mio padre era appena morto ma.. è stato solo un bacio, te lo assicuro e quella è stata l’unica volta. - si decise quindi a sputare fuori, sollevando appena le mani come chi avesse tutta l’attenzione di ammettere finalmente tutte le sue colpe, sperando di non aver ulteriormente peggiorato le cose.
     
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    Faceva lo schizzinoso, Kai. Ti vergogni di me? Lementarsi non era da lui, lo faceva per finta. Atteggiò persino un broncio rivolto a quel pubblico inesistente, una smorfia che esasperava gli angoli delle labbra verso il basso. Le sopracciglia? La stessa sorte gravitazionale. Aveva passato anni ad osservare le donne, sapeva quel che faceva. Alla fine ci diede un taglio, basta con la pantomima, una notte di baldoria li attendeva. O almeno così sperava. Manifestò a più riprese l'approvazione che quel posto gli tirava fuori, un luogo nuovo, diverso, un miraggio in quel deserto senza acqua. Fino a quel momento la libertà s'era rivelata una schifezza, lo faceva incazzare perché invece avrebbe dovuto essere tutto il contrario. A parte qualche sprint adrenalinico con Nora, il resto era stato un continuo ammucchiarsi di merda. Era incazzzato, imbestialito della cosa, così miserabile non ricordava di essere mai stato. E di chi era la colpa? Indovina-chi. Tirò sul col naso, più tic spasmotico che necessità, scolandosi ogni birra che gli piazzavano davanti. All'inizio le aveva ordinate lui, ma dopo un po' non sapeva più a chi dovere quel paradiso in terra. Kai. Si sporse in avanti, i gomiti puntati forte sul tavolino tanto quanto le iridi nell'altro. Era merito suo, l'amico ricco ed elegante che gli sedeva di fronte. Togliti quel palo dal culo, ti prego. "Era sposata blah blah"...Cazzo, mi sembri un ottantenne. Riprenditi! Non si rendeva conto di quanto facesse lo stronzo. Si spinse indietro, schiena contro schienale, cambio repentino di peso che per poco non lo fece ruzzolare all'indietro. Sorrideva mentre studiava l'amico con lo stesso interesse con cui osservava le curve di una donna, un'attenzione mai dedicata ai libri o alla scuola. Gli sembrava di trovarsi di fronte a una versione sdoppiata di lui. Da una parte il migliore amico di una vita, quello delle giornate passate a pedalare e dei guai in cui erano caduti insieme; dall'altra, Roy guardava una persona che non conosceva. Era sempre stato così abbottonato? Di quella serietà che neanche Roy riusciva a smussare, battuta sconcia dopo battuta sconcia. Alla sua allusione, il Kai che conosceva non avrebbe forse proposto una scopata con quella certa Isie? Nah, quello è ciò che avrebbe fatto Roy. Era sempre stato Roy, infatti, quello così fra i due. L'alienazione era colpa degli anni passati recluso nel carcere della città. Sticazzi. Non era bravo a pensare, tantomeno a rimuginare. Fece una smorfia, non si era reso conto di star sudando. Ora la fronte era imperlata di sudore, minuscoli chicchi salati. Era l'alcool. Si mosse sulla sedia. Doveva anche pisciare.
    Gli occhi, magneti su metallo, si erano spostati ancora una volta sulle ragazze che di fronte a loro ballavano come se fosse il loro ultimo giorno sulla terra. Si ricordava dei suoi capelli nero-notte, o universo, quella vigilia di natale di chissà quale anno. Era la prima volta che si sbronzava, una scena patetica e bellissima. E Coco danzava, sola nel soggiorno, gli occhi chiusi e una bottiglia di champagne nella mano, con la stessa spaesante forza di chi potrebbe affrontare qualunque cosa. Anche l'apocalisse. Lasciò cadere il discorso "Nora", era bella incasinata anche lei e Roy non sapeva come cazzo comportarsi. Che novità. La tristezza altrui, profonda e incolmabile, gli metteva una paura fottuta. Temava che se la sarebbe presa pure lui sentendosela gravitare attorno, come fosse un virus trasmissibile. Aveva già un bel da fare nel tenere lontani i casini che aveva dentro e, non sapendo gestirseli, come avrebbe potuto prendersi cura di quelli degli altri? Sperava che ormai chi lo conosceva non se lo aspettasse più da lui, ma a v0lte aveva la sensazione che con la cugina fosse diverso. Era il modo che aveva di guardarlo, come se la delusione che le dava fosse costante.
    -Se riesci a convincerle.- Rise finché aveva fiato, sbattendo le mani l'una contro l'altra e producendo uno schiocco lingua contro palato. Ora sì che ti riconosco. Bentornato amico, mi sei mancato, pensò. Roy diceva una cosa, Kai lo provocava e si finiva con scrosci di risa pazzesche. Era quello che intendeva prima dire con tutta la questione del palo negli orifizi. Voleva che le cose tornassero ad essere com'erano prima, sempre incasinate, sul filo del rasoio e discutibili, ma vere. Dal giorno del finimondo, tutto era crollato e, sebbene Kai fosse stato forse l'unico a fargli visita, gli anni in prigione avevano lasciato un vuoto nella vita di tutti. Spesso non se ne rendeva conto anzi, quasi mai, che le sue azioni toccavano anche gli altri. Non gli era mai importato, cresciuto dall'esempio di due genitori disgraziati che niente di sano che avevano insegnato.
    Aveva ancora addosso quello stupido sorriso felino quando Kai diede il via a quella confessione. Un minuto fa si parlava di culi e lap dance e ora non lo sapeva più neanche lui, di cosa cazzo si parlava. Che cazzo hai detto? è uno scherzo, pensò. Uno scherzo di merda. Aspettava che parlasse, rilassati amico - non lo farei mai! Perché forse neanche Roy sarebbe mai caduto così in basso. Aspettava ancora, la Cosa che cominciava a muoversi nelle budella, calda, bollente, presagio organico di una minaccia imminente. Poi Roy fece una cosa senza senso, illogica, folle: scoppiò a ridere. E lo fece per un tempo che sembrava non giungere mai alla fine. Sguaiato, unn ringhio sordo, interno, magma che ribbolle. Le risa si mischiarono alla musica, mangiate dal fracasso che niente era in confronto al baccano che aveva nelle tempie. Il cuore correva, o forse fuggiva da una situazione troppo assurda per essere accettata, i palmi delle mani che si strinsero a pugno erano sudaticci. Sapeva cosa stava succedendo. Avrebbero tutti fatto meglio a correre ai ripari. E così, dal nulla, la risata cessò di botto, una frazione di secondo passata a scrutarsi, gli sgoccioli delle risa che si estinguevano fino all'ultimo dei sorrisi, graduale come una morte lenta e inevitabile. Poi Roy scattò in avanti, testa bassa contro lo stomaco di Kai. Tutto si ribaltò, la sua sedia, Kai e Roy insieme a lui. Finirono al suolo con un tonfo sordo, pesante, legno che si spezzava contro le scapole dell'uomo su cui Roy era appena atterrato. TESTA DI CAZZO Gli urlò in faccia, sputacchiando. Sferrò un pugno sulla sua faccia, dove atterrava atterrava. Vedeva sfocato, doppio, il sudore negli occhi bruciava come sale su una ferita, la scatola cranica sotto pressione dall'interno. Nel momento in cui la loro pelle si sfiorò fu ghiaccio contro fuoco. Odiava le persone che facevano le vittime. Vuoi fare la vittima? Muori! Bella mossa, buttare in mezzo il padre morto. Il secondo pugno ci mise poco a volare. Odiava Kai. Odiava Coco. Odiava Kai e Coco. Li odiava con un'intensità da animale ferito. Un paio di braccia lo tirarono su di peso, appendici contro cui lottò con furia, scalciando e sputando. Se gli avessero misurato la temperatura, doveva aggirarsi sui 40 gradi al momento. Fra le tante che potevi scoparti ti sei preso quella che amo io! Continuava a urlare a Kai, tenuto a bada da un altro paio di bodyguards a poca distanza da lui. Tremava vistosamente, riportato indietro nel tempo da quella famigliare sensazione di tradimento. Ogni figura della sua vita lo aveva in qualche modo deluso fino a quando non aveva iniziato a farlo per primo. Battere tutti sul tempo, sferrare il primo colpo, ferire prima di essere ferito. Avoglia che ti dicevano: tranquillo, di me puoi fidarti. E poi? Aveva abbassato la guardia ed eccoci qua. A fotterti sono gli stessi pezzi di merda per cui potevi farti fare a pezzi. Lasciami, stronz--Lasciami. A quel punto la sua temperatura corporea era talmente elevata da cominciare a scottare, le dita che gli stringevano le spalle si allontanarono, e Roy fu di nuovo libero. Fatto qualche passo, sferrò a Kai una testata sul naso. Sei un pezzo di merda come tuo padre. Gli occhi rossi d'ira, i capelli appiccicati alla fronte: era alla deriva. Doveva uscire di lì, altrimenti sarebbe esploso e avrebbe dato fuoco a tutto. Letteralmente. Sputò ai suoi piedi, voltandogli allora le spalle con l'intenzione di uscire da quell'incubo.
     
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    Scosse la testa, lasciandosi andare ad una leggera risata divertita, quando Roy gli disse, nella sua solita maniera piuttosto colorita, di smettere di farsi tutti quei problemi. Gli era mancato quel suo modo sin troppo schietto di dire le cose, senza peli sulla lingua, il suo modo di pensare, così diverso da quello di tutta quella massa di persone altolocate con la puzza sotto il naso cui era stato costretto ad avere a che fare negli ultimi due anni. Era stato così concentrato sul suo lavoro, sull’immagine pubblica che era costretto a tenere per il bene dell’azienda, da essersi quasi dimenticato che cose volesse dire sentirsi davvero liberi. Essere il volto di una grande multinazionale era una gran seccatura e portava con sé molte più responsabilità di quanto si fosse mai aspettato. Forse era a questo che suo padre aveva cercato di abituarlo da piccolo, senza tuttavia riuscire davvero nel suo intento. Continuò a mandare giù un altro sorso di birra, mentre osservava l’amico alzare un po’ troppo il gomito per quella sera. Forse avrebbe dovuto fermarlo, ma non se ne preoccupò troppo, dopotutto era lui quello che doveva guidare, Roy poteva anche godersi una serata tranquilla senza troppi pensieri. -Probabilmente hai ragione, questo lavoro mi sta distruggendo. - spiegò poi, con un leggero sorriso malinconico ad oscurargli le labbra rosee. L’aveva detto come se fosse stata una semplice battuta, ma in realtà era una verità ben più dolorosa di quanto fosse disposto ad ammettere. Erano cambiate parecchie cose dall’ultima volta che erano usciti a bere insieme qualcosa, così tante che persino lui faceva fatica a rimettere insieme i pezzi e cercare di ricostruire un quadro che gli fosse familiare. Non era più il ragazzino scapestrato e senza pensieri che Roy si era lasciato alle spalle quando era entrato in prigione e probabilmente non lo sarebbe stato più. Eppure non voleva credere che tutti quei cambiamenti potessero spezzare la loro amicizia, che non avessero più speranza di restare uniti. Perché nonostante i segreti che aveva dovuto celare al suo migliore amico il suo affetto nei suoi confronti non era mai scemato, né si era affievolito, anche se non era riuscito a mandare giù il fatto che Roy non gli avesse permesso di aiutarlo, almeno pagandogli un buon avvocato. E anche quando lui era stato in prigione Kai aveva cercato di esserci, per quanto possibile, di andare a trovarlo, di fargli sentire che lui era comunque lì, anche se c’erano quelle spesse e gelide mura a separarli. Gli sarebbe bastata una telefonata dal penitenziario per farlo arrivare.
    Eppure i segreti non potevano durare in eterno e infatti bastò una parola fraintendibile da parte di Roy per fargli tirare fuori qualcosa che avrebbe fatto meglio a tenere per sé. L’espressione turbata sul volto dell’amico, di chi non si aspettava di sentire una cosa del genere, gli fece capire di aver cannato con la scelta delle parole e che non era a quello che Roy si stava riferendo poco prima. Ma ormai era andata, non poteva tornare indietro, non dopo aver espresso quei pensieri ad alta voce. Rimase in silenzio, ad osservare il ragazzo che aveva davanti, senza riuscire ad aggiungere nulla. Quello lo fissò in un primo momento, in attesa di un’ulteriore spiegazione che non giunse mai, poi scoppiò a ridere, una risata isterica, per niente divertita, che lasciava intendere le sensazioni che stava trattenendo dentro, pronte ad esplodere. Lo conosceva il calore che l’amico irradiava ogni volta che stava per perdere la pazienza, che stava per esplodere in uno dei suoi momenti di ira. Percepiva il cambiamento di temperatura sulla sua pelle gelida, ma tentò di mantenere la calma, di non lasciarsi turbare, di non lasciare che la sua particolarità avesse il sopravvento anche su di lui. Erano sempre stati come il fuoco e ghiaccio, terribilmente diversi eppure compatibili, si completavano l’un l’altro. Kai continuò a fissarlo mentre Roy smise di ridere, giusto un attimo prima di scattare in piedi e avventarsi su di lui. Non ebbe quasi il tempo di reagire nel trovarsi addosso, con una furia che mai gli aveva visto scagliare contro di lui. La sua sedia cadde sul pavimento, spinta dalla furia di Roy che se ne stava a cavalcioni sopra di lui e urlava, iniziando a sferrargli pugni in pieno volto. Avrebbe dovuto fermarlo, cercare di reagire, ma in quel momento sapeva di meritarsi quella rabbia e quello sfogo da parte dell’amico. Avevano fatto un errore, non lo avevano fatto di proposito ed erano tornati immediatamente indietro sui loro passi, ma era successo. -Non sto cercando di fare la vittima. - mormorò soltanto, a fatica, mentre sentiva il sapore del sangue invadergli la bocca. Gli aveva spaccato il labbro, o forse era uno zigomo? Non riusciva a comprenderlo.
    Qualcuno dovette intervenire per separarli perché ad un tratto si sentì mancare il peso di Roy dal busto e lo vide continuare a dimenarsi e urlare. -Ma che cazzo? - chiese, quando lo sentì inveire cose senza senso. -Brutto coglione, non me la sono scopata! - gli urlò di rimando lui, per sovrastare le sue grida, mentre un altro buttafuori lo aiutava a rimettersi in piedi. -Non lo avrei mai fatto! - continuò, mentre sentiva la rabbia iniziare a montare anche dentro di lui. Come poteva anche solo pensare che si fossero spinti tanto? Che fossero andati oltre il semplice bacio di cui gli aveva parlato? Fece cenno ai bodyguard di lasciarlo andare, poteva quasi vedere il fumo fuoriuscire dalla sua pelle e si beccò una testata dritta sul naso. Si portò una mano al volto, cercando di darsi una ripulita. Non avrebbe voluto fargli del male, non voleva toccarlo, ma quando Roy tirò in ballo suo padre, dandogli del pezzo di merda, non riuscì più a trattenersi. Lo caricò a testa bassa, dandogli una testata nello stomaco senza neanche stare a pensarci. Sapeva che quello avrebbe fatto male, gli allenamenti in palestra di quegli ultimi anni lo avevano aiutato ad imparare dove e quando colpire. -Non osare parlare di mio padre. - sbottò lui, prima di tirargli un pugno gelido in pieno volto, sullo zigomo. -Tu non sai un cazzo Roy, non hai mai saputo un cazzo perché a te degli altri non te ne frega un cazzo. - gli urlò contro, in preda alla rabbia. Sapeva che se si fosse fermato a pensare lucidamente non avrebbe continuato a parlare. Gli stava rovesciando addosso un fiume di parole che sapeva che lo avrebbe ferito perché era quello che voleva fare in quel momento, fargli del male, come lui aveva fatto con lui. -Che cazzo ne sai tu di come stavano le cose qua fuori? Di come stava lei? Di come stavo io? Lo hai mai chiesto? - lo accusò, ben sapendo quale fosse la risposta. Non gli aveva mai parlato dei suoi problemi, né di quelli di lei, aveva sempre lasciato che fosse Roy a parlare e a raccontargli quello che voleva. -Se avessi voluto portartela via avrei avuto tutti i mezzi per farlo, e invece come un coglione ho sempre pensato che voi fosse fatti per stare insieme. - aggiunse, sferrandogli un altro pugno, lasciando che una risata amara abbandonasse le sue labbra. -Ma la sai qual è la verità Roy? Tu non ti meriti un cazzo e di certo non ti meriti lei. - terminò, lapidario, tirandogli un’altra gomitata nello stomaco, prima di fare un passo indietro e lasciare che i ragazzi della sicurezza li separassero di nuovo. Allungò una banconota in direzione di uno dei ragazzi, quello che conosceva meglio, avvicinandosi al suo orecchio. <b-E’ ubriaco Matt, portalo fuori, io me ne vado. - spiegò, senza soffermarsi troppo, prima di voltargli le spalle e incamminarsi verso un’altra uscita.
    Non era certo quello il modo in cui aveva immaginato quella serata e dopo quello che era successo e che si erano detti non sapeva se le cose tra loro sarebbero mai tornate come erano. Forse erano davvero cambiati troppo. Forse non sapevano neanche più chi fossero.
     
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