<i>Stay</i> is a charming word in a friend's vocabulary

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    Silenzio. Era questo che Sam aveva percepito negli ultimi giorni, un silenzio quasi assordante in cui la sua mente non riusciva a trovare pace. Aveva fatto la cosa giusta? Continuava a chiederselo, ancora e ancora, senza mai giungere ad una risposta che le sembrasse finalmente definitiva. Avrebbe voluto mettersi a urlare, sollevare la cornetta e chiamarlo, dargli una spiegazione più sensata, ma non avrebbe saputo cosa dirgli e non si sentiva così coraggiosa da poterlo affrontare. Una parte di lei provò l’impulso di fuggire a Bergen, di nascondersi all’interno della sua stanza nel dormitorio e restare lì, per chissà quanto tempo, ma temeva che in quel modo avrebbe finito con il lasciar passare troppi giorni e con il dimenticare tutto quanto. No, non era questo che voleva. Isolarsi e allontanare tutti, come aveva già fatto in passato, non l’avrebbe di certo aiutata a stare meglio, anzi, avrebbe soltanto peggiorato quel senso di vuoto che provava. L’unico modo per rialzarsi, per cercare di rimettersi in piedi e andare avanti, era sforzarsi di restare in compagnia, di parlare, di condividere i suoi pensieri con qualcuno. Il primo istinto fu quello di scrivere a Malice, o a Fae, ma in entrambi i casi dove aver scritto diverse versioni di un possibile messaggio li aveva cancellati tutti. Sapeva in cuor suo che cosa le avrebbero risposto le sue amiche, sapeva di non essersi comportata bene, di aver commesso un errore, ma ammetterlo di fronte a qualcun altro era tutto un altro paio di maniche. Fae sicuramente si sarebbe trovata in una posizione molto scomoda se lei gli avesse parlato di quanto era accaduto: avrebbe raccontato ad Adam quanto le diceva? O se lo sarebbe tenuto per lei? A Malice invece, come al solito, sarebbe bastato un semplice sguardo per vedere che cosa aveva dentro e per inveire contro la sua mancanza di coraggio. Samantha non era mai stata una ragazza che si tirava indietro davanti a una sfida, che scappava, che si nascondeva, eppure nell’ultimo periodo, quando si trattava di relazioni sociali, non riusciva più a farne a meno. Sentiva che qualcosa di molto importante si era spezzato dentro di lei e temeva di non avere la forza di rimettere a posto i pezzi e ricominciare. Era rimasta quindi a fissare il soffitto, con la schiena abbandonata contro il suo letto soffice, per ore e ore, senza sapere che cosa fare, fino a che una piccola scatola, sopra l’armadio, aveva attirato la sua attenzione. Era balzata giù dal letto, con uno scatto degno di un’atleta olimpionica e si era arrampicata per cercare di recuperare la piccola scatola rosa. Cadde con un sonoro tonfo sul pavimento ovviamente, spargendo in giro il suo prezioso contenuto. Sorrise mentre, tornando con i piedi per terra, cercava di recuperare tutte le foto, i biglietti e le varie cianfrusaglie che aveva conservato all’interno. Dovette quasi strisciare sul pavimento, sin sotto il letto, per recuperare la foto che era finita più lontana, ma non appena riuscì a girarla per rivelare il contenuto il sorriso sul volto si fece più largo. Holden. Era sempre incredibilmente piacevole ricordare i momenti trascorsi con lui, le lunghe passeggiate al parco, le serate davanti ad un frappè in cui lei parlava al vento e lui si limitava a sorridere e ascoltarla, senza mai interromperla. E mentre riportava alla mente quei ricordi un pensiero le balenò per la mente. Holden era tornato, da qualche mese ormai, e non avevano ancora avuto modo di passare un po’ di tempo insieme.
    Afferrò il telefono, scrivendo un frettoloso messaggio all’amico in cui cercava di comprendere i suoi prossimi impegni rendendo piuttosto evidente il suo bisogno impellente di incontrarlo. Scoprire che lui avrebbe dovuto suonare, per un evento di beneficienza, e che non se la sentiva affatto di farlo, fu ovviamente l’occasione perfetta. Dopotutto a cosa servivano gli amici se non a farti da supporto nel momento del bisogno? Non si sarebbe persa il suo ritorno sul palco per nulla al mondo, anche se si trattava di un piccolo evento. Si appuntò sulla mano l’indirizzo dell’auditorium e l’orario, per tenerlo sempre sotto controllo ed evitare di fare ritardo e poi iniziò a cercare gli indumenti più adatti da indossare. Era una cosa formale? O poteva andare vestita in modo casual? Non lo chiese a Holden, sapeva che la sua risposta sarebbe stata un “puoi venire come vuoi, non preoccuparti, l’importante è che tu ci sia”, ma lei non era per niente d’accordo. Optò quindi per un semplice abito azzurro che le arrivava appena sopra il ginocchio, né troppo elegante né troppo informale, che si sarebbe potuto adattare ad entrambe le situazioni e che non sarebbe stato troppo scomodo in caso poi avessero deciso di terminare la serata con una delle loro solite lunghissime passeggiate. Forse era così che era nato il suo amore per la natura, o forse lo aveva sempre posseduto ma non ci aveva mai dato troppo peso. Scrisse qualche altro messaggio all’amico, giusto per cercare di infondergli un po’ di brio e di coraggio e poi cercò di strappare a suo cugino, che invece sembrava piuttosto intenzionato a passare la serata sul divano, un passaggio in centro. La promessa di occuparsi delle pulizie per un’intera settimana bastò a farlo alzare senza bisogno di insistere troppo: una piccola vittoria che le strappò un sorriso. Sarebbe arrivata persino a tre settimane pur di non dover guidare per quella sera, ma per fortuna Jack non avrebbe mai dovuto scoprirlo.
    Dovette sgomitare in mezzo ad alcune coppie per farsi strada verso l’ingresso, stando attenta a non colpire troppe persone e non disturbare troppo mentre si muoveva. A lei interessava soltanto raggiungere una delle postazioni più vicine al paco, per poter guardare meglio l’amico e fare in modo che anche lui la vedesse e sapesse che era lì per lui. Aveva sempre adorato sentirlo suonare ed era stato un vero peccato per lei sapere che invece aveva deciso di allontanarsi in qualche modo dalla musica, dal pubblico. Anche lui aveva scelto di chiudersi nel suo personalissimo mondo, di fuggire dal resto delle persone che lui non riteneva adatte a condividere il suo tempo e Sam si era sentito invece molto fortunata di poter essere inscritta nella piccolissima cerchia di amicizie da cui aveva scelto di non allontanarsi. Holden poteva sembrare una persona altezzosa, forse persino un po’ egocentrica, ma la verità era che aveva un cuore troppo grande e troppo sensibile per poterlo aprire a troppe persone, per poter concedere i suoi sguardi e i suoi sorridi più veri a chi non aveva la pazienza e la voglia di condividerli davvero.
    Sorrise, quando lo vide raggiungere il palco, perso in chissà quali pensieri, come lo aveva visto spesso. C’era un intero mondo che popolava i suoi pensieri e che a volte lo rattristava, altre invece riusciva ad accenderlo di una luce che raramente Sam aveva avuto modo di vedere in altre persone. Holden era unico e mentre lo osservava, ancora assorto nei suoi pensieri, con quella sua chioma di capelli sempre troppo ribelli per poter essere domati con un semplice pettine o una spazzola, si rese conto di quanto in effetti il suo amico le fosse mancato e di come il mondo sembrasse girare in un modo un po’ più sereno quando si trovava con lui.
     
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    Seduto su una sediaccia di plastica nel backstage, Holden si tormentava le labbra con gli incisivi. Non sapeva bene cosa fosse ma lo rendeva irrequieto, le mani fredde sulle ginocchia ossute e gli occhi fissi di fronte a sé guardavano il muro. Anche se con la testa sembrava altrove, in realtà in quel momento percepiva i dintorni con una forza stordente. Il tessuto del completo che sul ginocchio si arricciava sotto le unghie, ruvido come formato da granelli di zucchero; la pelle sembrava andare a fuoco lì dove il rigido collo della camicia la incontrava, cristalli di sale sulla cute irritata; in bocca aveva il sapore acido della caramella che Lauren lo aveva forzato a mangiare, fragranza che di limone aveva ben poco, più agenti chimici che altro. Sapeva che Lauren aveva ragione, non ricordava l'ultima volta che aveva mangiato e sapeva che avrebbe dovuto mettere qualcosa sotto i denti prima di salire sul palco. A propostio di palcoscenico, il vociferare di dozzine di persone che respiravano e parlavano era assordante, appena al di là di quella sottile parete e l'unica barriera a dividerlo da loro. Si erano quadruplicate, o era il muro ad essersi assottigliata? Quante persone poteva contenere quella piccola sala di teatro? Non lo sapeva, e a pensarci lo stomaco guaiva. Inspirò aria dal naso, le palpebre frementi. Si era esibito prima di allora, prima di Utoya, prima di abbandonare il conservatorio. Prima. Negli ultimi tempi erano saltuarie le occasioni che aveva di farsi sentire, e comunque mai da qualcuno che fosse al di fuori della ristretta cerchia di persone amiche di cui aveva la fortuna di circondarsi, oppure quei tre, quattro studenti che due volte a settimana ospitava a casa per le loro lezioni private. Ma non era neanche davvero l'esibizione in sé a preoccuparlo. Sapeva che, una volta avuto lo strumento fra le mani, sarebbe andato tutto bene. Perché suonare era molto di più di un talento o una passione esercitata nel tempo libero. Produrre le note era come indossare una seconda pelle, quella originale, quella più vera. Si sentiva stranamente protetto mentre mostrava al mondo le sue vere fattezze. Stava tutto nel non perdere i nervi prima del momento, non lasciare che il rumore lo spaventasse distraendolo dalle cose che contavano. Se superata quella fase tutto sarebbe filato liscio. Ma non aveva passato dei giorni piacevoli, accumulando notti insonni sulle spalle e troppi pensieri nella testa. Doveva scacciarli via, zittire la rabbia e fare silenzio. Solo così avrebbe potuto riempirlo di musica.
    Riaprì con lentezza gli occhi, le mani che tornavano a muoversi dopo un tempo che sembrava infinito tirando fuori il cellulare dalla tasca. Sbirciò lo schermo, non del tutto sicuro di cosa sperasse di trovarci sopra. Qualcosa che lo rassicurasse. "Allora, vieni o no?". Si era pentito di aver mandato quel messaggio dopo che il primo, in cui informava Val che avrebbe lasciato un biglietto all'ingresso per lui, non aveva ricevuto risposta. Si pentì anche di provare tutto quel fastidio, non voleva avere troppi sentimenti stantuffati dentro che avrebbero potuto compromettere la perfomance.
    Neanche di Delilah aveva avuto notizie, e il petto si decompressò un po' solo quando lesse che Samantha ci sarebbe stata. Avrebbe avuto qualcuno da cercare tra la gente. «Pronto?» La moretta gli si parò davanti, un sorriso troppo grande a nascondere l'agitazione. Lo avrebbe accompagnato con il pianoforte, Lauren. Annuì alzandosi finalmente dalla sedia, le gambe irrigidite da tutto quel tempo di sedentarietà forzata.
    Il primo passo sul palco risuonò nelle sue orecchie, un tonfo sordo che dal tallone alla testa aveva smosso ogni osso del suo corpo. Il silenzio calò nella sala come un guanto spazza-suoni, ma nella testa del ragazzo vi era ancora quel rumore assordante. Per fortuna c'erano le luci intense ad accecarlo, non avrebbe retto notando certe assenze. Qualcuno li presentò, ma Holden non sentiva quasi nulla, gli occhi bassi puntati sul pavimento finché non impugnò lo strumento. Chiuse per un breve secondo gli occhi mentre posizionava il violino nella cavità formata dal triangolo mento - spalla - clavicola, una cavità che non conosceva nient'altro. "Non lasciare che i suoni ti stordiscano, lo sai che non sei solo." Solo allora raddrizzò la schiena e sollevò le palpebre, le iridi che, abituatesi un po' alla luce, potevano ora distinguere le prime due file di volti. Lui fissava loro, loro fissavano lui, e quando individuò la biondina in prima linea il viso si stiracchiò in un accenno di sorriso. Ora sì che era pronto.
    La prima era una canzone con cui si era subito connesso ad un livello emotivo, qualcosa di profondo e difficile da spiegare. Racchiudeva alla perfezione certi pensieri che Holden aveva del mondo e delle persone che lo popolava, non solo nelle parole, ma in ogni singola nota. Era come se l'insensatezza della gente riverberasse ovunque in quel pezzo che poteva risultare difficile da decifrare e che a lui piaceva per quello, perché spesso e volentieri Holden faticava a capire gli altri. A tratti le ciglia accarezzavano le guance mentre tutto il corpo di Holden sembrava svolgersi con la musica, una melodia lenta e dolce. La seconda, invece, era di tutto altro registro. «Ora potete ballare. Se volete.» Aveva detto con un leggero sorriso dopo che l'applauso si era estinto. Era un'altra delle sue passioni, quella di provare ad adattare alla musica classica alcune delle più famose canzoni pop. Una bella sfida che lo teneva occupato spesso fino all'alba senza che in qualche modo ne sentisse il peso.

    ❋❋❋


    C'erano mani di stringere e persone a cui sorridere, era un evento di beneficienza dopotutto, ma appena cinque minuti e Holden ne aveva già avuto abbastanza. Si allontanò da Lauren, camminando fra la gente con un bicchiere di prosecco fra le mani. Si tolse la giacca, faceva caldo lì sotto, ripienagola su un braccio - lo stesso che stringeva il calice- mentre cercava con lo sguardo sopra le teste della gente. Dove era finita? Quando la vide era di spalle, il vestito azzurro ondeggiava al passaggio delle persone e faceva pensare a un frammento di cielo caduto sulla terra. E non era forse un po' questo, Sam? Qualcosa che a vederla ti spuntava subito il sorriso sulle labbra. Per Holden era sempre stato così, non importava quale unione condividessero. Erano stati amici, fidanzati e poi di nuovo amici, forse persino più di prima nonostante gli anni passati a dimenticare, ricordare e poi dimenticare di nuovo. Ma stavolta Holden era tornato per restare ed era innegabile che gli fosse mancata.
    Le si avvicinò, silenzioso come solo lui sapeva essere, una mano che si posava poi sulla spalla dell'amica per attirnarne l'attenzione. «Sam! Che bello vederti. » Con il braccio che le avvolgeva le spalle in una delicata stretta, Holden le lasciava un bacio appena accennato fra i capelli biondi. «Grazie per essere venuta, petit soleil. » Piccolo sole, un epiteto a loro famigliare. La lasciò libera presto, i gesti attenti ma non per questo meno sinceri, un sorriso affezionato apparso fra gli zigomi affilati. «Hai ballato?» Le chiese riferendosi a quelle due-tre canzoni movimentate che avevano suonato poco prima. Era riservata, proprio come lui, ma sapeva anche essere istintiva quando lo voleva. Si passò una mano fra le onde scure, rese ancora più "pazze" dall'energie che aveva rilasciato sul palco, la mano libera dal bicchiere che andava ad allargare il collo della camicia. «Come sei venuta? Io sono a piedi, se hai tempo mi farebbe piacere una passeggiata con te, come ai vecchi tempi. Sono stanco di stringere mani e ascoltare i pareri di finti critici musicali. » Si guardò intorno con una smorfia prima di finire l'ultimo goccio del suo champagne. «E poi, mi devi parlare.» Aggiunse. Non, "dobbiamo parlare", perché era lei che ne aveva bisogno. Le lanciò un'occhiata che la diceva lunga. Nonostante non avesse accennato a nulla nei messaggi, Holden aveva capito che qualcosa la tormentava. A volte sapeva leggere tra le righe, il giovane Holden, anche quelle al di fuori dello spartito. Si era sempre preoccupato un po' per le sorti di Sam, se l'era tenuta stretta al cuore anche e forse sopratutto dopo che avevano capito che fosse meglio lasciarsi. Era come uno di quei palloncini che vorresti legare al mignolo per paura di perderlo. E se da una parte era vero che si è facilmente sostituibili, che prima o poi le persone si perdono come si perdono gli accendini il sabato sera, dall'altra Holden aveva fatto di tutto per evitare che questo accadesse fra loro. Per questo aveva fatto un doppio nodo alla stringa che li univa. L'aria era tiepida e la brevva che flaggellava le cime degli alberi risultava piacevole dopo il caldo atipico di quelle giornate. Una volta fuori camminarono per un po' in silenzio lungo il fiume, poi il ragazzo si incurvò leggermente per darle una "spinta" laterale con la spalla. «Allora, come stai?» Non era il tipo da forzare qualcuno nella conversazione anzi, gli piaceva dare e prendersi il tempo necessario. Voleva farle solo sapere che era lì in quel momento e sarebbe stato lì anche fra mezz'ora o due ore, se era quello il tempo che le serviva.
     
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    Si guardò intorno, una volta raggiunta la sua posizione, sporgendosi appena al di sopra della sedia, spingendosi con le punte dei piedi, per poter osservare meglio la sala senza tuttavia alzarsi. I suoi occhi vispi andarono alla ricerca della lunga chioma dell’amico in comune, senza tuttavia riuscire a individuarla. Era certa che Holden avesse invitato anche Valentine a quella sua prima riapparizione musicale davanti ad un pubblico e trovava strano che lui non ci fosse. Erano sempre stati piuttosto uniti quei due, sin da che lei ne avesse memoria e immaginava quindi che dovesse esserci qualche motivo importante per la sua assenza. Magari non era riuscito a liberarsi dal lavoro, o magari era stato male? A quel pensiero la sua mano corse velocemente al telefono per digitare un veloce “Ciao Val, come stai? Tutto bene?” mosso dall’agitazione. La particolarità dell’amico non era una cosa semplice da gestire e le capitava qualche volta di farsi prendere dall’agitazione quando pensava a lui, preoccupata che potesse essergli capitato qualcosa. L’idea che potessero esserci dei problemi tra loro due non le aveva neanche sfiorato l’anticamera del cervello. Si ricompose in fretta tuttavia, non appena le persone accanto a lei iniziarono a prendere posto, per evitare di infastidirli con i suoi movimenti o di colpirli sbadatamente. Picchiettò leggermente con le dita sulle ginocchia, cercando di trattenere la curiosità e l’emozione. Immaginava che, dall’altro lato del palco, Holden stesse iniziando ad agitarsi e le dispiaceva non poter essere lì, al suo fianco, a dirgli che tutto quanto sarebbe andato per il meglio, ma per lo meno era certa che sapesse che lei era lì, ad aspettarlo, pronta a sostenerlo una volta sceso. Era un grande passo per lui, quel cercare di riappropriarsi di quella parte della sua vita a cui aveva rinunciato dopo quel tragico avvenimento e non doveva essere per niente facile.
    Ancora qualche minuto e poi una figura, che non riuscì a scorgere perfettamente a causa dei fari puntati su di lui, presentò i due ragazzi che si sarebbero esibiti sul palco per quella serata. Sorrise di rimando, allegra, senza tuttavia muoversi di un altro millimetro, quando vide l’amico abbozzare un leggero sorriso, appena accennato, nella sua direzione. Avrebbe voluto sollevare il braccio e lasciarsi andare ad un veloce saluto, ma sapeva più che bene che la situazione un po’ formale in cui si trovavano non lo concedeva e decise quindi di aspettare di poterlo avere più vicino a sé per salutarlo. Trattenne il fiato per un momento, mentre lui prendeva posizione e iniziava a suonare, chiudendo gli occhi nell’esatto istante in un cui l’archetto andò a sfiorare le corde del velino, perdendosi nella musica dell’amico. Conosceva la prima canzone, l’aveva sentita più volte eppure, suonata in quel modo, sembrava ancora più malinconica. Poteva percepire le emozioni di uno dei suoi migliori amici in quel pezzo, che probabilmente parlava anche un po’ di lui, di quel suo sentirsi spesso estraneo ad un mondo a cui non sentiva di appartenere del tutto. Era stato proprio quell’alone di mistero e di tristezza che l’aveva affascinata in un primo momento e l’aveva spinta a cercare di scrutare oltre la superficie, per vedere che cosa si nascondeva dietro il suo aspetto distante. Non era mai stata davvero sicura di aver raggiunto Holden davvero, di aver toccato le corde più nascoste del suo animo e del suo cuore, ma lei adorava comunque il rapporto che erano riusciti a costruirsi in tutti quegli anni e che con fatica avevano cercato di mantenere integro, nonostante tutti i colpi del tempo. Holden era stato il suo primo amore, quello che non si dimentica, che si conserva sempre nel cuore con un sorriso, e poi era diventato uno dei suoi migliori amici, quello a cui sapeva di poter raccontare tutto perché la conosceva forse meglio di chiunque altro. Non era stato affatto strano per lei parlargli di Fred, avevano sempre avuto un rapporto puro e cristallino, senza maschere, senza filtri. Samantha sapeva di potersi fidare di lui, sempre, non aveva importanza quanto fosse distante, quanti chilometri li separassero, Holden tornava sempre a fare capolino nella sua vita, con quel suo sorriso sghembo e i capelli sempre in disordine. Avrebbe riconosciuto quella testa scura tra mille, se si fosse perso in mezzo alla folla.
    Terminata la prima canzone tutti quanti applaudirono, quasi rapiti da ciò che avevano appena sentito e lui sorrise, prima di presentare la seconda, decisamente più movimentata e allegra della prima, invitando il pubblico persino a ballare. Sorrise, mentre lo osservava. Sembrava trovarsi così a suo agio ora sul palcoscenico, come se non lo avesse mai abbandonato, come se avesse fatto quello per tutta la vita.

    Aveva applaudito energicamente, insieme al resto del pubblico, quando il concerto si era concluso e aveva atteso che i primi si alzassero per andare verso i tavoli del buffet prima di farlo a sua volta. Non voleva restare incastrata nella calca, dove sgomitare per infilarsi una saletta distante solo pochi metri, che in condizioni normali avrebbe raggiunto in pochi secondi. Le piaceva stare a contatto con le persone, eppure in certe occasioni si ritrovava a sbuffare con un certo fastidio nell’osservare alcuni atteggiamenti che non avrebbe mai compreso davvero. C’era seriamente tutta questa fretta di arrivare? Che cosa pensavano di trovare raggiungendo quel luogo prima degli altri? Sistemandosi appena le pieghe del vestito si mosse quindi anche lei, con passo piuttosto tranquillo, guardandosi attorno per cercare di memorizzare tutti i dettagli di quel piccolo teatro in cui non era mai stata prima. Si trovava ancora con il naso all’insù, ad osservare il soffitto della stanza, quando Holden la raggiunse, posando delicatamente una mano sulla spalla. Sorrise istintivamente nel sentire il suono della sua voce, ancora prima di spostare lo sguardo su di lui. -Non me lo sarei persa per niente al mondo. - disse, mentre ricambiava calorosamente la sua stretta, osservando con un po’ più d’attenzione la sua eleganza. -No. - mormorò, con tono piuttosto abbattuto, quando lui le chiese se avesse ballato. -Ho provato. Ma la signora seduta accanto a me mi ha scagliato un’occhiataccia, quindi ho lasciato stare. - raccontò, sfoderando un broncio scocciato, mentre il suo sguardo andava alla ricerca della terribile signora che l’aveva guardata in malo modo, per far capire a Holden di chi si trattasse. -Sei stato eccezionale. - disse poi, continuando a sorridergli felice, annuendo quando lui le offrì una passeggiata, per poi farsi più seria e pensosa quando accennò al fatto che lei dovesse parlargli. -Io? E perché mai? Cosa te lo fa pensare? - chiese, come se fosse d’improvviso caduta dalle nuvole, per poi rivolgergli un sorriso più furbetto. -Ho chiesto un passaggio a Jack per arrivare, quindi sono a piedi anche io. - rivelò poi, senza alcuna preoccupazione, impaziente di poter finalmente trascorrere un po’ di tempo insieme a lui, senza troppe persone attorno. -Al tuo via ce la filiamo. - terminò, rivolgendogli uno sguardo complice e un altro sorriso.
    Non impiegarono molto tempo a filarsela da quella sala affollata, prendendo la strada che li avrebbe condotti verso il fiume. C’era una leggera brezza quella sera e lei chiuse gli occhi per un momento, per cogliere il canto del vento. Si sentì urtare leggermente di lato, quando la spalla di Holden incontrò la sua. -Domanda di riserva? - chiese, di rimando, cercando di smorzare che la tensione che ora sentiva sulla pelle, per poi prendere un profondo respiro e sospirare. -Ho tante cose per la testa.. un po’ di preoccupazioni. - iniziò, senza sapere neanche lei dove davvero voleva condurre quel discorso. -Ho qualche problema con la tesi, non riesco davvero a iniziare a scriverla, anche se dovrei, se voglio finalmente chiudere con questo strazio. - continuò, mentre si rendeva conto di stare straparlando giusto per cercare di allentare l’ansia e riuscire quindi ad aprirsi con lui. -Però.. ho la mente un po’ occupata. - disse ancora, ripetendo con altre parole quello che già gli aveva detto quando aveva cercato di aprire il discorso. -Ho conosciuto una persona.. - riuscì a sputare fuori, dopo una pausa di qualche minuto, seguita da un lungo sospiro. Il suo sguardo si spostò sul pavimento mentre dava qualche calcetto ad un sassolino che aveva incontrato lungo il suo cammino. Si sentiva un po’ sciocca a parlarne e sapeva che, se lo avesse guardato in volto, non sarebbe riuscita ad andare avanti. -Però poi.. ogni volta mi viene da ripensare a Fred e.. non lo so. - terminò, con un altro sospiro, mentre involontariamente iniziava ad accelerare il passo, per il nervosismo. Aveva una paura matta di lasciarsi di nuovo andare con qualcuno, di essere ferita di nuovo, di non riuscire più a leggere le persone e capire cosa si celasse dietro il loro sguardo. Lo guardò di nuovo, iniziando a mordicchiarsi le labbra, cercando di capire se lui avesse compreso qualcosa del suo discorso, senza riuscire più a proseguire.
     
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    Era strano dire di amare una persona molto più profondamente dopo essersi lasciati. Lo trovava bellissimo, Holden, un sentimento così poetico da avere ben pochi rivali. La cosa ancora più sorprendente era che fosse lui a provarlo, lui che solitamente veniva lasciato perdere perché carente nelle emozioni. Holden, che si studiava con smania incessante, aveva sempre guardato alle sue difettose social skills come alla carenza necessaria affinché ogni essere umano potesse valersi di questo nome, perché la perfezione non esisteva se non nella musica. Accettava senza grossi problemi il deficit che lo portava a trovare poco interessante la maggior parte delle persone; a voler mettere i puntini sulle i, era più un loro problema che suo. Ma sapeva di non essere insensibile, essendosi più volte trovato a provare sentimenti non nati da lui ma trasferitegli da altri. Era una cosa che lo affascinava sempre, quella specie di osmosi che agiva senza il necessario contatto fra due individui. Come funzionava, l'empatia di cui tutti parlavano? Non l'aveva inizialmente capita, rifiutandola alle prime avvisaglie degli instabili stravolgimenti della sua vita, compresi quelli a cui la mente di Delilah lo sottoponeva. Forse si trattava di un blando e latente autismo, forse era un semplice meccanismo di difesa per evitare il sovraccarico e scongiurare l'esplosione. Fatto sta che aveva impiegato tempo ed energie nel comprendere questo fenomeno che sembrava sfuggirgli, mettendoci la testa come succedeva solo con la musica. Poi una mattina, seduto a fare colazione dopo una notte di orrori e paure, Holden aveva finalmente capito. Il problema non era provare, bensì lasciare andare. Non sapeva buttare fuori, perdere, far uscire ciò che nasceva dentro di lui: per forza doveva filtrare gli impulsi mandati degli altri se voleva restare integro. Ciò di cui non parlava - quasi tutto, dunque - lo rovesciava via in un vomito di musica, l'unico mezzo che sembrava funzionare con lui. C'erano cose però di cui non si liberava mai del tutto, cose che ricominciavano a crescere fra le ossa non appena pensava, con un sospiro, mi sono svuotato. Holden non era mai completamente vuoto e certe volte la musica non ce la faceva da sola a depurarlo dai suoi malesseri. Erano quelli i momenti più brutti, neri come i terrori e le paralisi notturne che lo inchiodavano al materasso.
    Però non si può sempre e solo dare, poteva essere carente nell'interazione fra le persone ma non era stupido. Si arriva ad un punto in cui il bisogno di ricevere inizia a farsi sentire, il pensiero fiorisce, attraversa cuore e mente, fino a far capire che parte delle persone che abbiamo accanto non sono fatte per noi. Che raramente sono come noi le immaginiamo. E questo, Holden, non voleva che accadesse.
    Per questo ritrovarsi dopo tanti anni non solo a voler bene a qualcuno, ma a sentire i loro sentimenti come propri, era un gran bell'affare per uno come lui. La verità è che non c'era stato bisogno di intenzionale impegno, Samantha c'era riuscita senza che Holden quasi se ne rendesse conto.
    Era una di quelle persone che entrano nella tua vita in punta di piedi, nessun tornado che distrugge tutto, piuttosto una stella ferma sopra la tua testa che se ne sta lì, ogni giorno più luminosa di quello precedente. La cosa bella? Sam non aveva smesso di brillare dopo la loro rottura anzi, era più accesa che mai nonostante le difficoltà che anche la loro amicizia aveva dovuto affrontare.
    Resosi presto conto della fortuna avuta, il ragazzo non aveva nessuna intenzione di perdere di vista quella stella polare. Sarebbe stato lì fin tanto che a lei fosse stato necessario averlo attorno. Erano passati tanti anni, Sam era andata avanti e aveva continuato a raccontarsi a Holden che, dal canto suo, aveva come vissuto un po' della vita attraverso le esperienze dell'amica. Non si poteva dire infatti che dopo di lei avesse avuto altre storie anzi, quella parte dell'esistenza era rimasta in standby e da allora non aveva provato quel genere di sentimenti per nessun altra ragazza.
    Le sorrise, i piccoli incisivi sfiorarono il labbro inferiore e poi Holden seguì un po' perso lo sguardo di Sam che vagava alla ricerca della malefica signora. Comunque sia, non c'era possibilità che la conoscesse. Si prese il complimento perché gli piaceva riceverli, anche se stava lavorando duramente per non ostentare troppo compiacimento. Ti rende arrogante, gli era stato più volte detto. Mercì petit soleil. Si piegò in un mezzo inchino. Voleva proprio strafare quella sera. Questa rughetta qui, fra le sopracciglia. Il polpastrello dell'indice toccò con precisione la piccola falda sulla fronte di Sam, un gesto che aveva fatto spesso nel corso degli anni. Non poteva dirlo di molti, ma quelle due o tre persone che conosceva le conosceva a menadito. Gli veniva naturale studiarle alla perfezione alla stregua di una melodia, o come faceva quando doveva imparare un nuovo spartito, memorizzando dalle più grandi alle più piccole increspature. In realtà erano stati gli hashtag su instagram a insospettirlo, e aveva impiegato poco tempo a convincerci dell'idea che qualcosa dovesse preoccuparla. Cò non toglie che quella ruga d'espressione le si formava sempre quando aveva qualcosa per la testa. A giudicare dalla profondità del solchetto, si trattava di qualcosa di abbastanza serio.
    Se la filarono quasi subito, incapace com'era Holden di resistere a quel genere di eventi e persone. Fuori, all'aria aperta, si sentì subito meglio e si concesse di tornare con la mente indietro a uno dei tanti pomeriggi che avevano passato proprio così, camminando fianco a fianco. A volte con le dita delle mani intrecciate, altre no. Non chiamerei platonico ciò che li aveva uniti, piuttosto puro. Gli piaceva, era bella con i suoi occhi - cielo e i capelli biondo-grano; baciarla era piacevole ma sebbene ci fosse attrazione non si erano mai spinti troppo in là e Holden aveva sempre evitato di chiedersi il perché. Non ne ho un'altra, scusa. Alzò le spalle, anche lui cercava di smorzare la tensione palpabile nell'aria. Lasciò che Sam la prendesse alla lontana, annuendo una o due volte quando parlava delle difficoltà che stava trovando con la tesi. O dovrei dire, quando tentava in tutti i modi di non dire ad alta voce quale fosse il problema reale. Ma Holden attese paziente, conosceva abbastanza bene il suo piccolo sole personale per sapere che aveva bisogno di tempo. L'unico aiuto che posso darti a riguardo è leggerla ed essere sincero su quel che ne penso. Rispose con semplicità fornendole l'unico reale aiuto che avesse: la sua brutale onestà. Non sapendo mentire molto bene, holden era il candidato ideale per essere un giudice imparziale. Entrambi sapevano che nessuno poteva aiutarla a quello stadio dell'impresa, era una cosa che solo lei poteva iniziare. Lui l'avrebbe aiutata in corso d'opera, se le sarebbe servito il suo parere. Lasciò comunque cadere il discorso, curioso di sentire il vero motivo per cui fosse tutta la sera che la fronte di Sam era arricciata. Era raro che due ex si parlassero così. Era fortuna, e più parlava più Holden capiva che quelle storie non le raccontava a chiunque, quelle storie andavano guadagnate. Quindi la ascoltò con attenzione, capendo molto di più dai silenzi che dalle sue parole. Alla fine fece un sospiro, se c'era una cosa che non voleva è che Sam stesse male. Ma sapeva anche che il conflitto interno era l'unico modo che avevano di crescere.
    Pensò a Val. A come non aveva voluto il suo aiuto. A come non riuscisse a non pensare a Javier dopo tutto quel tempo. Anche quando era solo con lui. Sai che non mi piaceva ma... non lo so. Ammise infilando le mani in tasca e osservando il cielo per un po' continuando a camminarle accanto. Per lui era diverso, pensava. Non avrebbe mai incontrato un nuovo fratello da cui dover scacciare l'ombra di Heath. Perché per quanto Frederick fosse un figlio di buona donna, il suo abbandono aveva colpito Samantha alla stregua di un lutto importante. Forse dovresti provare a smetterla di cercare di non pensare a lui. Forse si deve abbracciare il pensiero che ci fa più male, accettarne la presenza prima di poter andare davvero avanti. Forse... si era fermato, lo sguardo che si abbassava ora sull'amica. Tutti dicono sempre che la cura migliore sia il tempo e una mente libera. Io sono in dubbio su entrambi. Facci caso: più ti dici non pensarci, più ti ossessiona e finisce per bloccare qualsiasi altra cosa. Pensò a Val e all'assenza di quella sera. Non voleva pensarci eppure non faceva altro. Forse dovresti accettare il fatto che non solo non puoi togliertelo dalla mente, ma sarà sempre con te perché, volente o nolente, quel cretino ti ha segnata. Forse è questo il segreto per andare avanti. Permettiti di pensarci, non forzarti a fare altrimenti, guarda dove questa mania ha portato mia sorella. Magari quando smetti di provarci sarà quel cerebroleso ad andarsene una volta per tutte, anche dai tuoi pensieri. Si piegò a stringere un piccolo sassolino fra le dita, prese la mira e lo lanciò nel fiume. Fece quattro rimbalzi. Sei fatta delle tue esperienze e sei bella per questo. Se di questa persona ti fidi sono sicuro che capirà e ti darà il tempo necessario. Non non lo eh, ma non credo che l'amore sia una corsa ad ostacoli. Aveva parlato lentamente, con la solita calma esteriore così diversa dalla tempesta che aveva dentro e dalla matassa di riccioli che aveva in testa. Holden in quel momento si siflò la giacca per metterla sulle spalle dell'amica, visibilmente infreddolita. Non credo abbia senso quello che ho detto ma, se puo consolarti, da tuo ex mi proclamo molto felice che tu abbia incontrato questo qualcuno Abbozzò un sorriso, piccolo ma sincerissimo, riprendendo a camminare dopo averle offerto di nuovo il braccio. Quando camminavano così a Holden piaceva immaginarsi in Cime Tempestose. Non le avrebbe chiesto di rivelargli l'identità di questo nessuno non perché non lo interessasse ma, piuttosto, per rispettare il suo silenzio. Rimaseroper diversi minuti in silenzio fino ad arrivare al piccolo molo dove si erano seduti un centinaio di volte prima di allora. Rimasero in piedi ma si fermarono, lo sguardo di Holden che vagava sulla distesa nera e calma. Tu ti ricordi perché ci siamo lasciati? Le chiese all'improvviso con quel suo modo di uscirsene con domande random e direttissime. Ci aveva di nuovo pensato l'altro ieri dopo moltissimi anni, arrivando a constatare che forse una ragione specifica non se l'erano mai data. Era finito il sentimento? O era stato lui a voler quell'interruzione? Era insoddisfatta di quell'altro aspetto della loro vita di coppia, quello che non avevano mai esplorato? Quelle domande gli affollavano la testa dal litigio con Val così, apparentemente senza nessuna correlazione. Lo infastidivano anche molto, quei pensieri impertinenti su cui era decisamente inutile rimuginare. Era stata lei o Holden a non voler addentrarsi in quei territori sconosciuti?
     
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    Samantha non aveva mai avuto problemi ad avvicinarsi alle altre persone, a fare il primo passo, a rompere il ghiaccio e il silenzio. Adorava la compagnia delle altre persone ed era sempre riuscita a trovare il suo posto in mezzo agli altri, sentendosi perfettamente a suo agio. Soltanto negli ultimi tempi il suo temperamento allegro e aperto si era parzialmente spento, lasciando il posto ad una ragazza un po’ più frenata e chiusa nel suo mondo, che faticava ad avere dei veri e propri contatti con l’esterno. Poteva ancora percepire la superficie delle bruciature che le ultime delusioni affettive avevano lasciato dietro di lei, quella sensazione di inadeguatezza che sembrava non volerla abbandonare. Ne aveva parlato così tante volte con tutte le sue amiche e tutte quante le avevano dato la stessa risposta: non era lei il problema, non lo era mai stata, ma allora perché continuava a non volerci credere davvero? Era come se una parte di lei avesse ormai trovato così tante familiarità con la solitudine da non volerla più abbandonare. Si sentiva al sicuro all’interno delle strette mura della sua stanza, dove i problemi sembravano non riuscire a raggiungerla, dove poteva cercare di chiudere gli occhi e fingere che niente fosse accaduto, che non le importasse affatto di quanto fosse successo. Eppure, in cuor suo, sapeva che quella non era lei, che arrendersi all’idea di non rialzarsi più non poteva essere in alcun modo un’opzione ragionevole. E quindi ci aveva tentato, andando a cercare l’unico che forse avrebbe potuto fare un po’ di vera luce su tutte quelle preoccupazioni. Perché, nonostante fossero passato degli anni e ormai la loro relazione non fosse che un ricordo lontano, nessuno meglio di Holden avrebbe potuto dirle se davvero lei era stata così terribile come fidanzata e se i problemi fossero sempre e soltanto dovuti a lei, anche tra di loro. Non era certo stato con questa intenzione che lo aveva contattato o che aveva accettato di andare al suo concerto per vederlo finalmente condividere di nuovo la sua musica con il resto del mondo, eppure mentre aspettava di poterlo riabbracciare si era ritrovata a chiedersi giusto un paio di volte se non avrebbe fatto bene a fargli quelle domande, giusto per fare un po’ di chiarezza nel mare agitato che erano divenuti i suoi pensieri. Holden era come un’ancora in mezzo alla tempesta, un punto fermo e sicuro, un porto in cui sapeva di poter sempre attraccare senza paura.
    Un sorriso radioso comparve sul suo volto nel vederlo finalmente e nella sua mente ci fu finalmente silenzio, per la prima volta dopo così tanto tempo. Raccontò il suo spiacevole incontro con una signora del pubblico, cercando di colorarlo nel miglior modo possibile, affinchè lui potesse comprenderlo a pieno, senza tuttavia trovare la fonte del suo disagio, che sembrava essere sparita chissà dove in mezzo alla folla. Arricciò appena il naso, colpita nell’orgoglio e vagamente indispettita all’idea di quella piccola rughetta che Holden non faceva che sottolineare, ogni volta che lei aveva qualcosa per la testa. Aveva sempre amato il loro rapporto, la complicità che si era instaurata in maniera del tutto naturale e che la portava a sentirsi sempre a suo agio con lui, in qualunque momento. Tuttavia, a volte, avrebbe anche desiderato riuscire a nascondergli qualcosa. -Lo sai che odio quando mi capisci così in fretta vero? - gli disse, con una leggera risata a rivelare che, ovviamente, non era affatto così. Lo diceva sempre, cercando di darsi un tono, eppure il suo sguardo sapeva dimostrare che, al contrario, era felice di essere in grado di comunicare con lui senza quasi il bisogno di parlare. Perché a volte le parole erano troppo difficili da tirare fuori, o non si sapeva come dire le cose e gli sguardi sapevano dire altrettanto a chi aveva la pazienza e l’attenzione di notare ogni piccolo dettaglio. Holden era sempre stato un esperto in questo, così attento a notare ogni più piccolo cambiamento di ciò che gli stava attorno. Era capitato in molte occasioni che lui le facesse notare qualcosa che lei non era stata in grado di notare, sempre con la delicatezza tipica del suo modo di parlare. Holden aveva sempre avuto l’abilità di dire schiettamente quello che pensava, ma di dirlo in un modo così candido da non sembrare mai una cattiveria. Si lasciò condurre velocemente all’esterno, dove il silenzio li avvolse come un mantello candido, in grado di cancellare con un colpo di spugna ogni cosa. Sebbene Sam avesse sempre amato la compagnia e il chiacchiericcio allegro delle persone, negli ultimi tempi non riusciva più a sentirsi così a suo agio in mezzo ad una moltitudine di sconosciuti. Si sentiva sempre osservata, sotto giudizio, anche se magari non c’era nessuno a guardarla. Si sentiva molto meglio in compagnia di quelle poche persone a cui non avrebbe mai saputo dire di no e componevano la sua più ristretta e attenta cerchia di affetti. Aveva bisogno di sentirsi al sicuro per potersi rimettere in sesto.
    Quando Holden le chiese che cosa le passasse per la testa cercò di raccogliere nella maniera più razionale possibile tutte le cose che negli ultimi tempi le avevano dato da pensare. Aveva iniziato da quella più semplice da tirare fuori e da affrontare, l’unica che sapeva che prima o poi avrebbe certamente avuto una fine. Il suo sguardo scattò verso l’amico, con un’espressione sorpresa ma al tempo stesso colma di ringraziamento quando lui si offrì di leggere la bozza di quello che avrebbe inserito all’interno della tesi e darle il suo personale e sincero parere. -Dici sul serio? Lo faresti davvero? - chiese, come se non riuscisse a credere a quello che aveva appena sentito. Sapere di avere qualcuno disposto a darle di tanto in tanto qualche consiglio sarebbe stato un ottimo supporto per aiutarla a sciogliere almeno il nervosismo iniziale. -Sarebbe fantastico e so che tu, tra tutti, non avresti alcuna remora nel dirmi che qualcosa non ti piace affatto. - ammise quindi, con un candido sorriso sul volto, mentre continuava a tenere lo sguardo sull’amico. Holden non era mai stato particolarmente capace di mentire e il suo spirito da artista sarebbe stato senza dubbio il miglior consigliere per poter scrivere un buon testo che fosse in grado di colpire le persone, come lei voleva cercare di fare. Dopo la piccola spinta data dal rompere il ghiaccio con un argomento con cui si sentiva più a suo agio, aveva lentamente cercato di arrivare a quello che era il punto nevralgico del suo malessere, l’argomento intorno al quale continuava a girare, senza mai riuscire ad approfondirlo del tutto. Aveva paura di mettersi davvero a confronto con se stessa, di capire come andare avanti e uscire dalla routine che aveva imparato a crearsi da sola. -Lo so, a quanto pare ero l’unica a trovarlo piacevole. - ammise, con una punta di vago divertimento nella voce. Trovava incredibile come, per quei pochi anni che aveva trascorso accanto a Fred, non si fosse mai resa davvero conto di quella che era l’opinione di tutti i suoi amici sul suo conto. Forse se avesse ascoltato più a fondo e si fosse lasciata guidare dal loro giudizio più oggettivo si sarebbe evitata non pochi problemi. Ma purtroppo certe cose si riusciva a capirle soltanto quando era ormai troppo tardi. La sorprese parecchio, poco dopo, sentirgli dire che forse la cosa migliore per lei sarebbe stato smettere di cercare di non pensare a lui e invece affrontare a pieno viso il problema. Annuì distrattamente, mentre ragionava sulle parole dell’amico che, come sempre, erano riuscite a colpire nel segno. Il rumore del sassolino lanciato nel fiume fu l’unico per un breve momento a spezzare il silenzio, mentre lei continuava a rimuginare. -Forse hai ragione. - disse infine, convinta di quanto aveva appena sentito, e mentre lui continuava a parlare si ritrovò a formulare nella sua mente il volto di Adam e a chiedersi se lui sarebbe riuscito a capire, se soltanto lei gliene avesse dato l’occasione. L’amore non era una corsa ad ostacoli. Ancora una volta Holden aveva ragione, eppure era così complicato pensarci quando ci si ritrovava a tu per tu con quei momenti e il cuore iniziava a martellarti nel petto come se volesse scoppiare. Continuava a rivivere nella sua mente, ancora e ancora, il momento in cui era fuggita di corsa da casa di Adam, senza dargli neanche una spiegazione.
    Il calore della giacca di Holden sulle proprie spalle la fece ridestare da quei pensieri e sorrise nel sentirgli pronunciare le successive parole. -Ah si? - chiese, divertita, al sentirlo definirsi suo ex, come se quell’appellativo potesse bastare a definirlo. Era vero, dato che erano stati insieme per qualche tempo era così che potevano definirsi, eppure non era mai stato quello il nome che lei aveva voluto dare al loro rapporto quando la loro relazione si era interrotta. Non amava quel genere di definizioni, quel modo di settorializzare i rapporti interpersonali e sapeva che anche per Holden valeva lo stesso e che il suo era stato un semplice tentativo di tirarle su il morale, esattamente come cercava sempre di fare. Prese il suo braccio, ora un po’ più sicura di sé, e ripresero a camminare, immersi nel buio della notte illuminata soltanto da delle timide stelle. La sua domanda successiva lo colpì. Era da qualche tempo che non ripensava alla cosa, sebbene non potesse certo dire che quello fosse stato un periodo infelice della sua vita. -Perché dimenticavi sempre quanto io fossi bella e spiritosa ed ero stanca di doverti spiegare ogni volta quanto fossi speciale. - disse lei, sfoderando un tono da oca giuliva, muovendo appena la mano per darsi un’aria da nobildonna altolocata, prima di ridere, dandogli un leggero buffetto sul naso, con la punta dell’indice, come faceva spesso quando lo prendeva in giro. No, in realtà.. non lo so bene neanche io. - rispose poi, in maniera più onesta, riprendendo il giusto contegno, mentre sollevava lo sguardo verso il cielo con aria pensierosa. -Forse ci siamo semplicemente accorti che le cose erano troppo complicate o che.. in realtà.. sei sempre stato il mio migliore amico, ed eri già speciale così, senza dover aggiungere un contorno. - continuò, riabbassando lo sguardo su di lui mentre si lasciava andare ad un nuovo e sincero sorriso. Si era sempre trovata perfettamente a suo agio con lui e sapeva che, nonostante tutto, quella sensazione non sarebbe mai cambiata. -Perché me lo chiedi?- domandò poi, con una punta di curiosità nella voce, mentre si sedeva tranquillamente su una fredda banchina del molo. -C’è qualcosa che non riesci a ricordare? - chiese ancora, per prima cosa, ben sapendo quanti problemi di memoria avesse avuto Holden con il fatto di andare e tornare dalla città. Non aveva mai saputo con esattezza quanti e quali ricordi avesse perduto e non aveva mai voluto chiederglielo esplicitamente per non essere invadente. -O c’è qualcos’altro che ti preoccupa? - aggiunse infine, facendogli cenno con la mano di sedersi accanto a lei, pronta a cercare di capire che cosa avesse improvvisamente turbato i pensieri dell’amico. C’era qualcosa che non aveva ancora voluto esternare con nessuno? Qualcosa che gli veniva difficile esprimere ad alta voce?
     
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    Samantha era per Holden un porto sicuro in cui rifugiarsi quando la tempesta si abbatteva con violenza fra i riccioli bruni. Era pace, tranquillità, l'attimo necessario a ritrovare il respiro. Al contrario dell'amica, Holden non era mai riuscito ad andare d'accordo con tutti e spesso preferiva passare il tempo in solitudine, fra i propri pensieri. Se da una parte trovava fin troppo semplice ribattere a una provocazione o pressione esterna, dall'altra gli era difficile trovare l'iniziativa per tirare fuori sé stesso. E così poteva apparire altezzoso, poco empatico, freddo. A volerlo conoscere meglio, Holden poteva rivelarsi una gran sorpresa però, riscoprendolo invece un giovane uomo capace dei più profondi sentimenti. L'unico suo problema era che, bivendo in una società che predilige l'apparenza e il mostrarsi, Holden non si metteva a nudo abbastanza da risultare "vero", per quantp veritiere possano essere i diecimila selfie postati su instagram. L'aveva sempre pensato: era nato nell'epoca sbagliata. Ci si vedeva bene nel 1801, a marciare con Heatcliff nella brughiera; o a bere vino insieme a Laurienel nel 1861 mentre, fra i tumulti della guerra, si disperavano per amore. Ma lì, nel ventunesimo secolo, Holden non sentiva di appartenere a niente se non alla musica, forma d'arte sopravvissuta al passare del tempo e delle generazioni. E così, incapace di comunicare secondo i dettami socialmente accettati, il riccioluto si era messo ad ascoltare e a d osservare non solo le note, ma anche le persone. Più le guardava e più gli sembrava conoscerle, anche se non sempre arrivava a comprendere quell'elaborato miscuglio di cose che le componevano. La voce, il tono, i gesti, lo spasmo involtatrio dei muscoli, le persone parlavano ancor prima di aprire bocca e c'era così tanto da ascoltare, vedere, interpretare che spesso Holden ne usciva spaventato.
    Ma c'erano due o tre eccezioni la cui complessità non lo intimoriva anzi. Tra queste, Samantha. -Lo sai che odio quando mi capisci così in fretta vero? - Eccola lì, la risata che suggeriva l'opposto di ciò che le labbra avevano appena pronunciato. Erano complicati, gli esseri umani, e Sam era uno dei pochi che Hold amasse davvero. Era dolce, simpatica ed estremamente intelligente, forse era proprio del suo cervello che si era innamorato prima di ogni altra cosa. Portava calma ovunque andasse, qualcosa di non scontato nel caos del loro mondo. La lasciò parlare della tesi, se c'è una cosa che Holden aveva capito in quei ventiquattro anni di vita era di non forzare niente, conversazioni, amicizie, relazioni, attenzioni o amore. Perchè qualcosa di forzato non porta da nessuna parte, se deve andare nella direzione giusta, lo fa e basta. -Mmm mmm.- Confermò annuendo, l'accenno di un sorriso sincero a stiracchiare le labbra. Gli piaceva molto, vedere Sam illuminarsi. Di solito lo faceva per le cose più infinitesimali, come l'offrirsi di Holden di leggere la tesi, cose che forse non sarebbero state così importante per altri. E invece Sam si illuminava, ringraziandoti con un sorriso che faceva venir voglia ricambiare. Aveva un dono speciale, Sam, che Holden sperava che non avrebbe mai perso.
    -Ho apprezzato il gentile giro di parole per sottolineare la capacità innata che ho di essere uno "direttissimo stronzo".- Scherzò un po', ridendo con leggerezza causando un turbinio di onde sulla testa. Lo sapeva, Holden, che poteva essere una vera spina nel fianco quando ci si metteva. Lui e la mania di dire sempre la sua su ogni cosa che gli stesse a cuore, a prescindere che la sua opinione fosse negativa o positiva. La verità è un bene prezioso che secondo il moretto in molti sottovalutavano, rilegandola a oggetto anziché soggetto della vita. Per Holden, la verità era essenziale, il punto di partenza di ogni cosa. Per questo lottava quotidianamente con Delilah affinché la accettasse, si accettasse senza nascondersi dietro altri volti, corpi che le facevano dimenticare chi fosse in realtà. Per questo combatteva con Valentin per cercare di convincerlo che non era umano, non era mostro, e andava bene così. Parlava chiaro, diretto, onesto e in modo gentile alle persone. Probabilmente la gente non apprezzava comunque ma almeno Holden non aveva niente di cui pentirsi. - Che c'è? - Si finse sorpreso, la punta della lingua che faceva capolino tra i denti aperti in un sorriso. -Aaah giusto, dimenticavo. Il tuo "affascinante, intelligente, simpatico, carismatico e di una bellezza fuori dal comune" ex.- Il sorriso si ampliò sfociando in una breve risata, perché a volte era bello improvvisarsi un po' ottusi. E poi sì, l'unica cosa che cercava di fare al momento era tirarle su il morale. Camminarono ancora per un po', il cielo scuro avvolgeva le loro figure come un guanto ma delicato, per niente asfissiante. Anche il silenzio era spesso così con Sam, docile e calmo, sereno. Il tocco dei polpastrelli di Sam sulla punta del suo naso spinse Holden ad arricciarlo leggerlemente, mentre una dozzina di piccole rughette esplodevano ai suoi lati. Era un gesto dolce che lo faceva sentire ancora un po' bambino, ma era una vulnerabilità buona. - Ah, dovevo essere un disastro di ragazzo! Perdonami se puoi, mio "essere speciale".- Aveva calcato il tono sull'ultima coppia di parole, rimarcando quanto aveva detto Sam poco prima. Perché no, partecipare a quella farsa era divertente. In realtà alcune cose sembravano essere ancora confuse in quella testa riccia. Nonostante gli fosse stato spiegato e detto tutto più volte, a Holden ancora capitava di avere la sensazione che qualcosa gli sfuggisse, di aver per sempre perso dettagli fondamentali che mai avrebbe potuto recuperare del tutto. Era una brutta sensazione, lo faceva sentire instabile e se c'era una cosa che Holden detestava era la mancanza di equilibrio. Si misero seduti sulla punta più lontano del molo. Così, seduti l'uno di fianco all'altra, sembravano due sottili fari bui. La luna riflessa nei capelli faceva apparire Sam come una stella cometa. A quel pensiero - e nel sentire la dolce frase che lo seguì - disegnò un sorriso sincero su quel volto sottile. -Oh. Allora avevo anche io qualcosa di speciale.- I complimenti, quelli Holden proprio non sapeva come prenderli. Inspirò forte l'aria frizzantina, felice di essere lì con Sam. Avrebbe fatto di tutto per quel nome, un nome che apparteneva ad una ragazza dai grandi occhi azzurri venati di grigio e dal sorriso caldo che Holden aveva imparato a conoscere a ad amare.
    Era incredibile pensare a quante cose Samantha fosse per Holden e come tutte, ma proprio tutte, fossero rinchiuse in una singola persona piccola e minuta come la sua amica. Era stato così sin dall'inizio, dal primo giorno in cui si erano conosciuti. Il molo era il loro posto per antonomasia, anche se non si incontravano lì da un po'. Come già detto, le cose erano cambiate, si erano evolute per tutti tranne che per lui. Il tempo sembrava essersi dimezzato, sembrava ci fossero sempre più compiti da fare ed esami da superare, impegni e appuntamenti a cui attendere. Molte cose si erano andate a ficcare in mezzo al dinamico duo, cose che non c'entravano nulla con loro e il loro mondo che prima era l'unico esistente e contemplato.
    -È che stavo pensando al fatto che non ci siamo mai spinti oltre e mi sono ritrovato a chiedermi il perché. Probabilmente mi ci sto scervellando sopra più del dovuto, non eravamo pronti, eravamo troppo piccoli, come dici tu eravamo solo amici. Deve essere stato quello.- Fece un sospiro mentre poggiava i palmi aperti dietro la schiena, sul molo, appggiandovi sopra il peso. Per quanto cercasse sempre di soppesare le parole, Holden aveva accennato alla loro mancata vita sessuale senza troppi peli sulla lingua. -Oppure c'è qualcosa che non va in me e sono destinato a stare da solo per l'eternità.- L'aveva detto con un sorriso, ma si vedeva che fosse qualcosa che lo preoccupava un po'. La verità è che non capiva più cosa volesse, cosa gli piacesse, doveva scegliere per forza? Scrollò le spalle come a scacciare un brutto pensiero, le lunghe gambe che ondeggiavano pigre oltre il bordo del molo. -Non so spiegarti bene come mi sento, forse posso mostrartelo.-
    Si tastò nella giacca finché le dita non si richiusero sulla forma sottile di una penna. Le prese delicatamente il braccio lasciando che la sua giacca scivolasse leggermente di lato, e cominciò a disegnarle sopra un cerchio con tanti puntini in mezzo. - Prendiamo un atomo, vedi? O l'universo o Besaid. I punti fuori dal centro sono in orbita, non vuoi essere uno di loro perché sei impigliato senza un inizio o una fine. - Continuava a tracciare linea leggere, sovrappensiero, il braccio di Samantha sulla gamba.-Il centro, è questo il posto che vuoi occupare. Da lì puoi osservare tutto, immobile. Lasciò andare il braccio di Sam, portando la penna a scivolare di nuovo nella tasca. Era strano, probabilmente non avrebbe avuto alcu nsenso per lei, ma era l'unico modo che Holden avesse di provare a spiegarsi. - Disegnarlo mi aiuta a ricordare come ritrovarmi. Io ero il centro e questo mi bastava per schiarire la mente, per ripartire. Ma ora ci sono così tanti punti esterni, altri corpi la cui importanza non riesco ad ignorare, sensazioni e situazioni che non so capire o gestire. Sam, ora mi sembra di essere del tutto perso. -Sospirò di nuovo, alzando lo sguardo verso quello di Samantha per la prima volta da quando aveva iniziato quel discorso. Non era triste o malinconico, aveva della confusione in testa che lo lasciava sveglio per notti intere. Allungò una mano a stringere quella dell'amica, le dita intrecciate in un gesto fraterno. -Comunque, se la mia teoria è giusta: è il tuo turno di occupare il centro. Cerca di seguire un po' di più il cuore, con questo qualcuno. - Le sarebbe apparso incredibile che fosse stato proprio Holden a pronunciare per concetto, lui che della mente aveva sempre fatto la sua più grande arma. Ma Samantha non era lui, Samantha era cuore, emozione, risata. Meritava un po' di felicità in quella vita che le aveva già tolto molto. Si era sempre occupata degli altri, ponendo le loro necessità prima delle sue. Avrebbe dovuto seguire la teoria dell'atomo e occupare il mezzo, pensare un po' a sé stesse ed essere felice con questo misterioso qualcuno.
    Forse però era anche un monito inconscio che Holden aveva di dire a sé stesso: pensa di meno e sentiti di più.

    Non ho riletto, scusaaaaa
     
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    Era sempre stati molto diversi loro due, così tanto che, nel periodo in cui erano stati insieme, in molti le avevano chiesto se riuscissero davvero ad andare d’accordo. Sam era rumore, irrequietezza, movimento; Hold, al contrario, era silenzio, riflessione e tranquillità. Erano così dissimili da riuscire ad incastrarsi perfettamente e trovare una strana pace nel confronto e nella vicinanza. Holden era e sarebbe sempre stato un pezzetto importantissimo del puzzle della sua vita, senza il quale non si poteva dire completa. Ne avevano passate tante insieme, così tante che a volte persino lei faceva fatica a ricostruire tutti i pezzetti del loro passato, ma ogni volta che lo rivedeva era come se il tempo non fosse passato, come se tutto fosse rimasto esattamente come la prima volta che i loro occhi si erano incrociati. Si conoscevano, ormai, così tanto bene da non necessitare quasi di parole per comprendersi, anche se quelle aiutavano sempre. Era piacevole, certe volte, sapere che bastava uno sguardo perché lui la capisse e la stringesse a sé, altre invece avrebbe tanto preferito potergli nascondere che c’era qualcosa che non andava, poter fingere in maniera credibile di stare bene, senza che lo sguardo di lui le rispondesse, silenziosamente, che sapeva che quella era una bugia non molto credibile. Quindi, visto che le era impossibile nascondergli qualcosa, optò per l’iniziare con i problemi più visibili e più semplici da discutere, come l’ansia per l’imminente fine della sua carriera universitaria, su cui non riusciva a concentrarsi come avrebbe dovuto. Urlò quasi di gioia quando lui si offrì di darle una mano in tal senso, dando una lettura alla sua tesi e poi il suo parere a riguardo. Rise, portandosi una mano davanti alle labbra per coprirle appena, quando lui parve prendere un po’ troppo sul personale le parole che lei aveva appena proferito, ammettendo da solo di saper essere un po’ troppo diretto in alcune occasioni. -Queste parole non sono mai uscite dalle mie labbra. - ribatté lei, a quel punto, continuando a sorridere felice. Le bastava pochissimo tempo in compagnia di Holden per sentirsi di nuovo tranquilla e serena e ridere, senza più pensare a tutte quelle cose che la affliggevano. Forse lui non si rendeva conto di quanto la sua presenza fosse preziosa per lei e di quanto valore avesse. Le era sempre mancato nei periodi in cui lui andava via, immensamente, anche se aveva sempre cercato di tenere quei sentimenti per sé, perché lui non ne soffrisse. Si preoccupava spesso delle emozioni degli altri, di non arrecare loro danno, soprattutto quando si trattava dei suoi amici ed era sempre pronta a tenere le sensazioni negative per se stessa, se questo poteva aiutare loro a stare meglio.
    Ora che la tensione si era parzialmente alleviata e che i primi argomenti erano fluiti all’esterno da soli, senza troppo bisogno di pensare, si spinse verso quelli che, negli ultimi tempi, erano stati i pensieri che l’avevano tenuta maggiormente impegnata e per i quali non riusciva davvero a trovare un filo logico che la aiutasse ad analizzarli in maniera più attenta e razionale. Gli fece la linguaccia, con un certo trasporto, quando lui la prese un po’ in giro sulla questione Fred, ridacchiando appena nell’elencare tutta una serie di aggettivo che probabilmente lei doveva aver utilizzato per descriverlo in passato, mentre ora avrebbe utilizzato parole molto diverse. -Sai Hold, non si merita affatto i tuoi complimenti. - disse poi, divertita, lasciando che la rabbia e i brutti ricordi scemassero davanti a quel momento di risate e leggerezza. Forse era così che avrebbe dovuto prenderla sin dall’inizio. Tirati fuori tutto, le cose belle e quelle brutte di una storia che era stata parte di lei per anni e che ormai si avviava ad essere un ricordo sbiadito di cui non sapeva più distinguere correttamente i contorni. Molte cose nella vita andavano e venivano e lui sarebbe stata una di quelle se lei non si fosse impuntata troppo nel trattenerlo con sé, dandogli uno spazio più grande e importante di quanto lui in realtà si meritasse. Tendeva sempre ad affezionarsi troppo alle persone, a dedicare loro tutta se stessa con il rischio di bruciarsi in profondità. E le scottature, si sa, sono difficili da far sparire completamente.
    La colpì sentirlo esprimere alcune domande riguardo il loro passato. Era da un po’ di tempo che non ne parlavano ormai e non immaginava che per lui ci potessero de punti oscuri o qualcosa che lo tormentava. Aveva sempre pensato che tutto si fosse chiuso nel migliore dei modi, di comune accordo, per questo gli diede una prima risposta piuttosto scherzosa, sottovalutando l’importanza del problema, osservandolo arricciare il naso, come se fosse stato un bambino, quando lei lo toccò con la punta delle dita, per poi ribattere alla battuta che gli aveva appena fatto. -No, non abbatterti così tanto, anche tu avevi i tuoi lati positivi. - continuò, prendendolo in giro ancora per qualche momento, lasciando che una risata cristallina avvolgesse il silenzio della notte attorno a loro. Posò delicatamente il capo sulla sua spalla, sorridendo appena davanti alla sua incapacità di ringraziare per un complimento. Poteva esprimere fieramente le sue opinioni, anche quando queste erano terribilmente negative, ma non sapeva davvero come affrontare le parole gentili. Socchiuse gli occhi per un momento, lasciando che l’odore di salsedine le invadesse le narici, mentre continuava a tenere il capo sulla spalla dell’amico. Era da tempo che non tornavano in quel luogo, che per un certo periodo era stato il posto dove si recavano più spesso, il loro posto quando volevano trascorrere un po’ di tempo da soli. A volte le mancavano quei tempi, quando erano entrambi due ragazzini che ancora neanche sapevano bene che cosa volessero dalla vita, ma ci ripensava in fretta visto che, in fin dei conti, preferiva di gran lunga il loro rapporto attuale.
    Portò leggermente il volto in avanti, osservandolo con attenzione, quando lui d’un tratto sembrò farsi più serio, mentre ragionava ad alta voce sul motivo per il quale non si fossero mai spinti oltre dei contatti abbastanza casti e non fossero quindi mai arrivati a consumare sino in fondo la loro relazione. Lei non aveva mai dato troppo peso alla cosa, non lo aveva visto come un problema insormontabile con cui dover fare i conti. Non avevano mai avuto tantissimo tempo per stare insieme, la loro relazione era stata costellata di continui arrivi e partenze e forse questo aveva contribuirlo ad allontanarli, senza che loro lo volessero davvero. era stato complicato per lei convivere con l’idea che lui, al suo ritorno, potesse non riuscire più a ricordarsi di lei, a recuperare quel poco che, di volta in volta, accettava da parte sua. Era come dover ricominciare da capo, ancora e ancora, senza mai potersi fermare. Come stare costantemente sulle montagne russe, senza sapere come poter scendere e avere quindi un po’ di quiete. Tuttavia, non poteva dire che quello fosse stato un periodo terribilmente doloroso e che non avesse amato le lunghe conversazioni telefoniche che si concedevano dopo le sue partenze, ogni volta. Corrucciò la fronte quando lo sentì dire che riteneva che potesse esserci qualcosa di sbagliato in lui e che per questo fosse destinato a stare da solo. Si sollevò velocemente, guardandolo con un cipiglio molto più serio, trattenendosi dal partire in quarta, con la solita foga che la contraddistingueva quando c’era qualche argomento che le stava particolarmente a cuore. Attese che lui andasse avanti, che recuperasse una penna dalla sua giacca in modo da poterle descrivere, mentre tentava di disegnarlo, qualunque cosa lo rendesse così nervoso.
    Seguì la mano di Holden mentre lui iniziava a disegnare un cerchio sul suo braccio con tanti puntini nel mezzo. Tentò di fare un parallelismo con Besaid, o forse con il mondo intero, qualcosa che lei non riuscì ad afferrare del tutto ma mantenne lo sguardo su quel punto centrale quando lui lo segnalò, facendole capire che quella era in qualche modo la posizione da ambire. Forse iniziava a comprendere, inizialmente si era sentito bene da solo, senza il bisogno di avere troppe relazioni con gli altri, con l’esterno, mentre piano piano aveva iniziato a legarsi a delle persone, così intensamente da non riuscire più ad ignorarle come forse avrebbe desiderato. Le sarebbe venuto quasi da sorridere di fronte ad un’affermazione come quella se solo lui non avesse espresso ad alta voce un terribilmente senso di smarrimento. Scosse il capo, lasciando che un sorriso incoraggiante comparisse sul suo volto mentre stringeva forte la mano dell’amico che l’aveva allungata nella sua direzione forse alla ricerca di un leggero conforto. -Non c’è niente che non vada in te Hold. - disse, fermamente convinta di quelle poche parole che aveva appena pronunciato. -Sono certa che troverai qualcuno che accenderà delle sensazioni forti e imprevedibili in te. - continuò, parlando forse con una certa esperienza personale mentre andava avanti nel suo discorso perché era così che anche lei si sentiva quando si trovava vicina ad Adam ed era qualcosa di inaspettato con cui ancora non riusciva a fare i conti. -Qualcuno dalla sensibilità così raffinata che non potrai fare a meno di innamorarti di lui. - disse ancora, continuando a guardarlo con i suoi occhi azzurri, cercando di trasmettergli tutta la convinzione di cui era capace. -E quando succederà ricordati che sarò sempre qui, per te e che potrai sempre parlarmi di qualunque cosa, anche quelle che ti sembrano troppo spaventose o impossibili da affrontare. - terminò, andandosi a sdraiare al suo fianco e posando delicatamente il capo sul suo petto, mettendosi di traverso rispetto alla posizione di lui, puntando lo sguardo dritto sul cielo stellato sopra le loro teste.
    -Forse hai ragione. Forse dovrei prendermelo quel centro. E’ solo che.. - mormorò, fermandosi appena nel mordicchiarsi il labbro, come se non sapesse bene che cosa dire. -Ho paura che tutto possa andare storto, di nuovo. - ammise, con un sorriso malinconico sul volto. Non era mai stata una persona paurosa eppure in quel caso era come se la paura più intima di lei volesse proteggerla da una possibile nuova scottatura, ergendo un muro altissimo davanti a sé, impenetrabile. -Non voglio stare di nuovo male e forse è soltanto questo a frenarmi. - ammise, con un sospiro liberatorio, mentre si prendeva un momento di silenzio per pensare. Sapeva che la vita non era fatta di attese inutili, che certe volte era necessario buttarsi e tentare se si voleva ottenere qualcosa, ma temeva anche di essere divenuta troppo avventata, troppo sprezzante del pericolo e non voleva commettere nuovi errori. -Come mai Val non ci ha raggiunti stasera? - chiese, ad un tratto, volendosi togliere quel pensiero che l’aveva attanagliata sin dal primo momento, quando il loro amico comune non aveva risposto al suo messaggio. Era strano da parte sua perdersi un concerto di Holden, soprattutto visto che era passato così tanto tempo dall’ultimo. Forse aveva appena toccato un tasto terribilmente dolente del pianoforte che Holden poteva rappresentare in quel momento, ma se non avesse chiesto non avrebbe mai potuto comprendere.
     
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    L'estate faceva esplodere Besaid di colori, profumi, suoni che d'inverno non esistevano, rendendo la città come nuova. Sciolta la neve, il prato aveva fatto capolino in un verde brillante, lo stesso che aveva tinto le dita di quel ragazzino che con aria assente giocherellava con un filo d'erba tra le dita. Lo intrecciava e slegava ripetendo quel gesto come faceva spesso con le piccole ossessioni, all'infinito, senza che si rendesse conto del loop nel quale era piombato. Come se niente lo circondasse, le voci arrivavano alle sue orecchie ma Holden decideva di scansarle per ignorarne il contenuto che, quasi sicuramente, non sarebbe stato interessante come quella piccola e sfilacciata stringa d'erba. Samantha. Pronunciando quel nome, qualcuno aveva inaspettatamente colto l'attenzione del piccolo Holden che alzò gli occhi in alto, lontani dal piccolo mondo in cui viveva, per puntarli sulla ragazzina seduta sotto l'albero a pochi metri da lui. Frugando nella mente, era riuscito a collocarla in quasi tutte le stesse classi del club del libro a cui partecipava lui, ricordando alcuni suoi interventi che avevano stupito positivamente Holden. Holden lanciò uno sguardo al gruppo di ragazzi alla loro sinistra: stavano chiaramente sparlando di lei come se le dicerie non le fossero a portata d'orecchio. Se Holden le avvertiva, doveva farlo anche Samantha. Cosa fare? Dopotutto, non si erano mai davvero parlati. Prima che quel pensiero arrivasse da una meninge all'altra, Holden era già in piedi, un bambino già troppo alto per i suoi undici anni. Aveva detto qualcosa di probabilmente troppo sofisticato per la loro età, tipo che a fare le malelingue poi la lingua l'avrebbero persa davvero insieme al cervello che già era in declino. La cosa assurda? Anche Samantha si era alzata e nello stesso istante aveva dato contro al gruppetto, difendendo però Holden. A quanto pareva dovevano aver preso di mira prima lui che non li aveva sentiti, preso com'era dal filo d'erba e a schivare ogni suono. Holden aveva guardato Samantha come se la vedesse per la prima volta, genuinamente confuso dall'accaduto. Il filo d'erba cadde sul prato e lì restò. Per Sam e Holden, invece, era il giorno numero uno di una lunga amicizia.


    Spesso Holden lo dimenticava, ma sotto la neve ci sarebbe sempre stata l'erba pronta a verdeggiare contro il cielo di Besaid e, forse, nel suo cuore. È che nel freddo ci si era trovato sempre bene, la solitudine dei lunghi inverni non l'aveva mai preoccupato più di tanto. Quando il gelo diventava insopportabile, Holden sapeva di avere quelle due tre persone scalda-anima. Aveva Sam, aveva Delilah e aveva Valentin, era tuttora così. Allora perché sentiva ancora freddo? Sentiva che le cose si complicavano, i sentimenti si infittivano e intrecciandosi Holden non riusciva più a districarne le estremità. Dov'era l'inizio e dov'era la fine? Per una mente programmatica come la sua, quella nozione era tutto. Si sentiva instabile, insicuro, meditava su cose a cui di solito non prestava ascolto, pensava ai se e ai forse come se non fossero da sempre suoi nemici. Non lo so, Sam. La gente quando pensa al futuro si vede al fianco di qualcuno, con una famiglia. Io mi sono sempre visto solo. Quel pensiero era parte di lui da quando Holden aveva ricordo e non l'aveva mai turbato anzi, c'era sempre stato una sorta di sollievo nella convinzione che quello non fosse il suo destino. Ultimamente però aveva provato a immaginarsi qualcuno accanto, si era sforzato davvero di vedersi a condividere la vita con qualcuno all'infuori di sé stesso e degli amici. E l'unica persona che era riuscita a dipingersi nella mente non era quella che si era aspettato. Nessuno se l'aspettava, ne era sicuro. L'idea gli aveva fatto venire le farfalle nello stomaco e, al contempo, l'aveva turbato. Forse però ho sempre provato a impormi al fianco le persone che ci si aspetterebbe da me, forse ora non sono le persone giuste. Era una constatazione fatta più a sé stesso che a lei, perché a dirle ad alta voce le cose assumono una realtà che prima non avevano, diventano quasi tangibili.
    Con l'indice premuto sul centro del piccolo atomo che le aveva disegnato sulla pelle, Holden si ritrovò a pensare a come dovesse essere mettere gli altri in quel punto e mai sé stessi. Da egoista, non era mai riuscito davvero a farlo; da fifone, era sempre stato spaventato dal cosa sarebbe successo se non fosse stato lui al controllo. Perché alla fine questo è: lasciare che qualcun altro occupi il centro è come donare le note di cui sei fatto e permettergli di accordarti l'anima. E discordarla. Aveva sempre rimproverato quel fatto a Sam, avrebbe dovuto essere più attenta e prendersi cura di sé piuttosto che degli altri. Ma ora che l'amica, a causa delle esperienze passate, si era finalmente chiusa a riccio, Holden aveva capito che provava ammirazione e invidia nei suoi confronti e che dar più spazio agli poteva essere anche una dote, non solo un rischio. Le aveva lasciato il braccio e si era steso aspettando che Sam lo raggiungesse come faceva sempre dall'alba dei tempi. E infatti non riuscì a trattenere il sorriso nell'avvertire il peso della nuca di Sam sul petto. Se ci fosse stata abbastanza luce per vedere, da lontano sarebbe sembrato che Holden avesse un piccolo sole al centro del busto, le ciocche bionde come raggi stellari sulla camicia. Il centro è tuo e ricordati- si era fermato per districare una mano da sotto la nuca e iniziare ad arrotolarsi una ciocca di capelli di Sam intorno all'indice, proprio come quel filo d'erba di tanti anni prima. se le cose vanno storte ti aiuto io a raddrizzarle. E poi chi l'ha detto che da sbilenche le situazioni non conservano comunque una bellezza tutta loro? A volte di sbieco si notano lati delle cose che prima ci erano invisibili. Aveva allora piegato il collo di lato, sghembo e non più dritto, osservando ora il cielo da un'altra prospettiva. Era sempre stato del parere che è meglio essersi lasciati che non essersi mai incontrati*, concetto ideale più semplice a dirsi che a farsi ma di cui in fondo, loro due erano la dimostrazione vivente. Si lasciarono avvolgere di nuovo da quel silenzio morbido e caldo che solo con lei riusciva ad avere, prima che Valentin irrompesse nel discorso senza che Holden se l'aspettasse. Il solo nome era bastato per scombussolare la quiete e per sentirlo lì con lui, neanche fosse lì a condividere il molo con loro. Abbiamo discusso. Il tono fu più secco di quanto aveva inizialmente pianificato. Prese fiato dal naso, le dita che riprendevano a intrecciarsi fra i capelli di Sam che per un momento avevano abbandonato, come colte anche loro alla sprovvista. Niente di che ma a quanto pare abbastanza da spingerlo a non venire stasera. Pensare alla discussione lo rattristava e innervosiva sì, ma più di tutto ecco che le farfalle ricominciavano a sbattere le loro ali nel suo stomaco. Non lo so perché ma tutto questo casino mi fa male. Aveva abbassato il tono di voce, lo sguardo fisso contro il cielo non si muoveva più ma fissava una stella, la più luminosa. Cosa voleva dire con "tutto il casino"? La discussione su Jaan non era di certo tutto ciò a cui si riferiva ma non riusciva a districare cosa sentiva davvero in quel momento. Ultimamente mi sento diverso nei suoi confronti. Non capisco ancora bene come ma vabbè, probabilmente è una sensazione dovuta alla litigata. Aveva agitato la mano in aria come a scacciare quel pensiero birichino che da qualche tempi si aggirava nella testa riccioluta del giovane Holden. L'acerbo germoglio di qualcosa da cui forse sarebbe un giorno spuntato un fiore. Tirò fuori il cellulare e con le braccia distese lo tenne in alto sul viso. Nessun messaggio. Si stiracchiò, braccia, busto e gambe tesi come corde di violino sotto la testa bionda di Sam. Che dici, ci avviamo? Comincia a fare freddo e si è fatto tardi, poi Jack non ti da un passaggio indietro e non posso di certo permettere alla mie ex nonché attuale migliore amica di andarsene in giro da sola a quest'ora della notte. Aveva ridacchiato. Era incredibile come parlare con Sam riuscisse a tranquillizzarlo, a far tornare il mondo a un volume sopportabile. Spazzò via con i palmi dello sporco invisibile dai pantaloni, offrendo poi di nuovo il braccio a Sam. Ci ripensò però, allargando le braccia per stringerla a sé e al suo magro petto. Chi lo conosceva sapeva quanto di rado si lasciasse andare in dimostrazioni del genere, sentite e spontanee. Il suo amore era più mentale che pratico, ma quella volta la stava abbracciando così stretta da volerle lasciare l'impronta. Ti voglio bene piccola Sam. Un piccolo sussurro e infranse la stretta, durata già molto per i suoi standard. Le offrì dunque di nuovo il braccio come il perfetto gentiluomo d'altri tempi di cui a volte si divertiva a vestire i panni. Non avevano risolto tutti i problemi o sconfitto ogni paura, ma Holden se ne sarebbe andato a casa con il cuore più leggero.


    *Aforisma di Fabrizio De André



    Non ho riletto scusami ciccccci
     
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    Era strano come, in qualche modo, lei e Holden si fossero sempre completati, come due metà solitarie che neppure sapevano di essere fatte l’una per l’altra. Sin dalla prima volta in cui i loro sguardi si erano incontrati, quando avevano parlato finalmente da soli, le era parso come di trovare finalmente il pezzo mancante del puzzle che era la sua vita. Holden era un tassello importante, fondamentale, un pezzetto di se stessa a cui non avrebbe mai potuto rinunciare. E non erano mai servite parole tra di loro per esprimere quello che provassero, quello che era sempre stato impresso nei loro sguardi, nei sorrisi anche soltanto accennati che si scambiavano. Anche quando Holden tornava in Francia e il ricordo di lei dentro di lui si affievoliva, lei teneva sempre al sicuro lo spazio per lui nel suo cuore, pronta ad aiutarlo, volta dopo volta, a ricordarsi di lei. Non era sempre stato semplice e anche loro come tutte le coppie e come tutti gli amici avevano litigato in alcune occasioni, ma il loro rapporto ne era uscito ogni volta rafforzato, come se nulla fosse davvero in grado di scalfirlo. Continuava a osservarlo, ancora, dopo tutti quegli anni, e ogni volta rivedeva quel ragazzino longilineo che si era alzato in piedi per difenderla, senza che lei avesse chiesto nulla. Raramente c’era stato davvero bisogno di parole nel loro rapporto, erano sempre bastati gli sguardi, o il linguaggio del corpo. Eppure, per il resto del mondo, le parole erano l’unico modo per comunicare e quindi anche loro tendevano spesso a utilizzarle. Rimase in silenzio, attenta anche a tutto ciò che l’amico non diceva espressamente quindi, quando lui iniziò a confidarsi con lei, parlandole di ciò che lo turbava negli ultimi tempi. Come quella strana paura di restare per sempre solo, perché forse non aveva mai capito davvero chi volesse al suo fianco. Si avvicinò maggiormente a lui, cercando di fargli capire che lei era lì per lui e ci sarebbe stata sempre, anche nei momenti più difficili. -Nessuno può decidere per noi Hold. - gli disse, con una certa serietà, lasciando però che un leggero sorriso le colorasse le labbra nel guardarlo. -Solo tu puoi sapere che cosa è giusto per te, fregatene se agli altri non sta bene, sei tu quello che deve essere felice. - aggiunse poi, con ancora più decisione, sperando con la sua sicurezza di riuscire a convincere anche lui, che invece aveva sempre avuto bisogno di lunghe riflessioni. -La tua vita è tua e di nessun altro, non dimenticarlo mai. - aggiunse ancora, prima di depositare un leggero bacio sulla guancia e spostare di nuovo lo sguardo verso il cielo scuro sopra di loro.
    Annuì appena quando l’amico a sua volta cercò di risistemare l’ago sulla bilancia della vita di lei, facendole presente che il centro era suo, iniziando a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli biondi. Socchiuse gli occhi per qualche momento, beandosi di quel silenzio pieno di affetto che Holden era sempre riuscito a trasmetterle. Erano strani insieme loro due, così diversi eppure a modo loro così simili, due universi attratti come poli magnetici. E lei gli credeva quando Holden le diceva che le cose sarebbero andate bene, che l’avrebbe aiutata lui se le cose fossero state troppo complicate. A volte non erano le parole in sé ad essere importanti ma chi le pronunciava e l’amico avrebbe potuto convincerla di qualunque cosa se lo avesse promesso lui. Perché anche se poteva sembrare minuto, con delle spalle troppo esili per sopportare tutto il peso che la vita gli aveva premuto addosso, Sam aveva sempre saputo che la forza che Holden aveva dentro di sé avrebbe potuto persino spostare le montagne se soltanto lui lo avesse voluto davvero. Mosse appena il capo contro la sua spalla quando lo sentì muoversi per assumere una prospettiva sbilenca e rise, perché Holden sapeva sempre trovare il lato positivo anche nelle cose più strane, vedeva la bellezza dove nessun altro poteva riuscire a coglierla. Era questo forse a renderlo così speciale, una nota fuori dal coro che però sapeva dare ordine a tutta la melodia. -Forse hai ragione. - ammise quindi, con aria pensierosa, cercando di seguire il filo del suo discorso. -O forse sei solo tu che riesci a cogliere l’invisibile. - scherzò poi, giocando sulla particolarità dell’amico, che poteva rendere anche se stesso non visibile e poteva quindi avere una certa familiarità con ciò che gli altri non erano in grado di cogliere.
    Percepì il corpo dell’amico muoversi appena, quasi a ritrarsi involontariamente nel sentir pronunciare il nome di Val, la cui assenza pesava tra di loro. Avevano litigato, poche parole espresse con una serietà che parve quasi tagliare l’aria. Per lungo tempo erano stati un allegro trio, sempre gli uni accanto agli altri, eppure capitava anche che si vedessero in coppie variabili. Un sorriso triste comparve sul volto di lei quando Holden ammise che quel piccolo litigio e ciò che esso aveva comportato lo faceva stare male. Il suo tono di voce basso le fece subito capire che non era semplice per lui parlarne, che una parte di lui forse non voleva neppure farlo ma era complicato per loro nascondersi qualcosa. Le parole spesso scivolano via senza che neppure lo volessero. Non cercò di incalzarlo, di porgli ulteriori domande, ascoltando quella sua sensazione di sentirsi diverso nei confronti di Val anche se diceva di non comprenderne il motivo. Arricciò appena le labbra Sam quando l’amico cercò di imputare il tutto alla discussione, anche se lei immaginava che no si trattasse solo di quello. Si era persa spesso a guardare i due amici negli anni e aveva colto sguardi e gesti che forse a loro erano sfuggiti. Era convinta che ci fosse qualcosa di più tra di loro, che non riuscivano a vedere o forse ad accettare, ma pensava che non stesse a lei farglielo notare. -E’ possibile, o forse devi solo guardare più a fondo per capire che cosa sta succedendo. - gli disse quindi, preferendo lasciare il discorso volutamente in sospeso. Mutare le sembianze di un rapporto non era mai semplice e sapeva che per Holden i sentimenti erano sempre stati un discorso piuttosto complicato. Si sarebbe preso il suo tempo, o forse uno di quei giorni si sarebbe presentato alla porta di Valentin, pretendendo delle risposte o delle spiegazioni. Ciò che sapeva era che quello non era ancora il momento giusto, che quei due piccoli astri non si erano ancora allineati correttamente, ma lo avrebbero fatto. Allungò appena il collo per dare un’occhiata all’orario sul telefono dell’amico quando questo lo prese dalla tasca, per poi proporle di iniziare ad avviarsi verso il luogo dove si erano incontrati. Sbuffò, un po’ dispiaciuta all’idea di dover già tornare a casa e di dover aspettare chissà quanti altri giorni prima di rivedere l’amico ma comunque tirò su la schiena, preparandosi a rimettersi in piedi. -E va bene.. - mormorò quindi, lasciandosi andare ad un leggero sospiro. Per qualche ora si era sentita di nuovo tranquilla, al sicuro, tornare alla realtà invece non sembrava un’idea così allettante, ma sapeva che prima o poi avrebbe comunque dovuto farlo. -Ma solo se mi prometti che ci rivedremo presto. - aggiunse poi, allungando la mano nella sua direzione con il mignolo alzato, come facevano quando erano più piccoli, davanti alle grandi promesse. Si rimise in piedi e sorrise quando Holden le offrì di nuovo il braccio, per poi sorprenderla con un veloce abbraccio che lei ricambiò immediatamente. si strinse appena a lui, beandosi di quei pochi momenti di calore che Holden sapeva offrire di sua spontanea iniziativa. Erano occasioni più uniche che rare e lei non se lo faceva mai ripetere due volte. -Anche io ti voglio bene Hold. - aveva sussurrato, ancora stretta contro il suo petto, con un sorriso raggiante sul volto che avrebbe impiegato diversi minuti a sparire. Perché lui era come una ventata d’aria fresca, sempre piacevole e in grado di scaldarti il cuore. Prese il suo braccio, continuando a sorridere e lo seguì verso il buio della notte. Le strade da percorrere di fronte a loro erano ancora lunghe e piuttosto tortuose ma insieme sarebbe stato molto più semplice riuscire a trovare il giusto percorso.
     
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