A little party never killed nobody.

Catelyn e Milo

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    «E chi è che suona?» Milo le disse qualche nome al telefono, citando dei gruppi che a suo dire erano persino famosi, ma che Cat non aveva mai sentito né letto da nessuna parte. Scosse un po' il capo, anche se lui non poteva vederla: stava studiando, cercando di farlo almeno, ed era a casa con i capelli raccolti e gli abiti comodi che teneva sempre quando studiava. «Non importa. Ci vediamo lì per le 21?» domandò e, ricevuta la risposta, salutò e riagganciò. Teneva la matita in bocca, mordicchiandola mentre pensava un po' al da farsi: era ancora un po' scettica sull'avergli detto di sì, però le mancava Milo, per quanto detestasse ammetterlo. Si sentiva un po' sola in quei giorni, presa com'era da mille cose, da mille impegni che, uno dopo l'altro, si accalcavano e le riempivano la testa. Desiderava svagarsi un po' e vedere uno come lui era davvero l'ideale, per quanto potesse far schifo la musica.

    Il luogo del concerto era un bel locale all'aperto al centro di Besaid: c'era il palco, esattamente al centro, attorno al quale si estendeva una grande distesa d'erba verde e ben tagliata. Pareva quasi un campetto da calcio. Poco in là vi era il bar: quando c'era stata di giorno, Cat aveva notato la quantità di tavolini e gazebo ben disposta poco distante, quella sera invece avevano tolto ogni cosa e lasciato spazio aperto al concerto. La gente era in fermento. Forse era arrivata troppo presto.
    Di solito Catelyn era una di quelle persone perennemente in ritardo, sia perché tremendamente vanitosa - passava ore a scegliere gli abiti e a sistemarsi al meglio - sia perché non vedeva ragione di muoversi in anticipo... E questo causava perennemente dei ritardi e la pazienza dei più che finiva con l'esaurirsi rapidamente, a furia di aver a che fare con lei. La fortuna era che, per un motivo o l'altro, finiva col circondarsi di persone decisamente pazienti, che la tolleravano e spesso le volevano persino bene: chi avrebbe potuto dirlo? Lei no di certo, con la scarsa fiducia che aveva nel mondo poi. Preferiva chiudersi online, magari vagare in qualche chat e parlare con persone sconosciute che non avrebbe mai e poi mai incontrato. Era più facile rispetto al farsi degli amici veri. Strano che in un modo o nell'altro riuscisse a trovarne, nonostante tutto.
    Si avvicinò al bar, poggiando i gomiti sul bancone e guardando il barista: era un ragazzo con i capelli corti, lievemente ricci, e gli occhi color cioccolato. Non sembrava norvegese, ma dopotutto quella città era piena di stranieri. «Ciao. Una guinness.» gli chiese, dopo aver dato una rapida occhiata al menù. Preferiva i cocktail di solito, li trovava più buoni, ma ad un concerto come quello le sembrò persino fuoriluogo prendere un cosmopolitan, avrebbe stonato persino col suo abbigliamento: quel giorno aveva indossato un vestitino nero, semplice, aderente sul busto e sul seno, con le bretelline sottili, vi aveva abbinato poi una giacca di jeans un po' oversize e degli anfibi in pelle nera, con un po' di tacco, e piuttosto aderenti. Vi era solo il ricordo degli anfibi reali in quelle scarpe, ma le piacevano, e le slanciavano la gamba, una caratteristica da non sottovalutare.
    Il barista le stappò la birra e gliela passò dopo che Cat ebbe pagato: la prese, si mise il resto delle monete in tasca e si poggiò contro un palo della luce, aspettando Milo. Tirò fuori il cellulare per scrivergli, avvertendolo del fatto che sfortunatamente era arrivata in anticipo, chiedendogli di affrettare un po' il passo. Nemmeno il tempo di inviare che lo vide apparire poco distante da lei. Se fosse stata ancora in tempo avrebbe annullato l'invio, ma oramai il danno era fatto: magari di lì a poco si sarebbe giustificata per quel messaggio dicendo qualcosa di sciocco, giusto per attirare l'attenzione su altro. Rimise il cellulare in tasca e inclinò la testa lievemente su di un lato, rimanendo ancora poggiata contro il palo fino a quando Milo non l'ebbe vista e raggiunta.
    A guardarli, sarebbero sembrati una strana coppia: lei col visino d'angelo e lui con una miriade tatuaggi sul corpo. Insieme però stavano bene, si trovavano a parlare e chissà come erano diventati amici, tra una dose spacciata e l'altra. Se c'era una cosa che però non avevano mai fatto era fumarsi una canna insieme... il che era bizzarro per due che si sono conosciuti vendendo erba e pasticche. Quella sera forse potevano rimediare. Doveva proporglielo.
    «Allora, quanto fa schifo da uno a dieci questa band?» gli chiese, fintamente annoiata, una cosa che le riusciva piuttosto bene dato il suo modo di fare. Lo sfoderare un sorriso a trentadue denti però non rese molto convincenti quelle parole: era felice di vederlo, davvero, più di quanto non desse a vedere - ed era facile leggerglielo in viso - ed in quei casi poco contava quanto effettivamente l'ambiente non fosse dei migliori, sebbene... «Ah, io non mi metto a spingere lì in mezzo. Ti avviso già da adesso!» quasi borbottò, cambiando faccia. Fece un sorso della birra che aveva appena comprato e poi gliela passò, quasi fosse un segno di pace o di saluto, chiedendogli se ne volesse. La birra scura era la sua preferita, non sapeva come a molti potesse non piacere: certo, in bottiglia non era un granché, alla spina era tutt'altra cosa, ma bisognava arrangiarsi: se proprio avesse potuto scegliere avrebbe preso qualcosa a frutta, non certo una bibita al luppolo.
    «Da quanti secoli non ci vediamo? Un mese? Tre settimane? Quanta acqua è passata sotto i ponti durante questo periodo?» Era un modo forse un po' strano di chiedere "quali fossero le novità del periodo" ma lei era fatta così: per quanto apparisse normale, angelica e carina, forse era tra le persone più strane che vi fossero al mondo. Magari però, se il "mondo" veniva limitato alla piccola cittadina in cui vivevano, la percentuale poteva salire di parecchio: lì di gente strana ce n'era davvero a iosa. Forse per questo le piaceva viver lì.

    Edited by Nana . - 19/11/2020, 15:16
     
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    «E chi è che suona?» Dall'altra parte della cornetta, la voce curiosa e femminile di Cat risuonò all'udito di Milo, che sorrise appena alla domanda, premurandosi di soddisfare le richieste dell'amica. Sai gruppi tipo i Wacking Happiness, i Joyful Sorrow e i Rotten Flowers cose del genere, un po' indie. Di solito non sono il mio genere ma mi diverte andare a sentire roba nuova, alcuni sono abbastanza famosi sai? Ovviamente, l'idea di "fama" che Milo aveva maturato nel tempo per lo più riguardava l'ambiente underground, una nicchia che di celebre aveva ben poco. Tuttavia, a suo dire, ascoltava solo musica di qualità, e quel concerto sarebbe stato imperdibile - anche per Cat, che Milo non vedeva da qualche tempo ormai. «Non importa. Ci vediamo lì per le 21?» Ad accordi presi, il ragazzo chiuse la conversazione ben contento di rivedere l'amica, che per un motivo o per l'altro non era riuscito ad incontrare. Il loro era un legame molto positivo, e restava forte anche senza costanti contatti. Si erano conosciuti in circostanze del tutto diverse, ed ora che le loro vite avevano preso forme differenti e si erano evolute sbocciando in circostanze più complesse, Milo era felice di sapere che Cat stesse dirigendosi verso acque meno torbide di quelle in cui era rimasta intrappolata in passato, con le droghe - di cui lui, peraltro, era diventato un esperto. Sperò che, dato il pericolo che si nascondeva dietro ogni angolo in quel mondo oscuro, Cat non vi si addentrasse troppo, in modo da preservare la sua sicurezza. Milo rivedeva nei suoi occhi i propri, quelli di persone che desideravano una speranza senza staccare i piedi da terra; per questo e per mille altre ragioni le voleva così bene, ed ora, le mancava. Era come se vedere Cat fosse una bella boccata d'aria fresca, una presenza piacevole che permetteva ad entrambi di svagarsi senza cadere nei troppi pensieri che li ancoravano alla quotidianità.
    Fu verso le otto e trenta che il ragazzo si preparò, indossando un paio di jeans neri che aveva personalizzato con una serie di toppe che raffiguravano loghi di band e dj che gli piacevano particolarmente, una catena argentata che pendeva proprio dai passanti di quei pantaloni lungo il fianco, anfibi neri, ed una maglia nera che scopriva i fianchi all'altezza delle maniche, tagliate più ampiamente da lui stesso. Molto raramente Milo soffriva il freddo, e nonostante la stagione autunnale Besaidiana già abbastanza rigida, non si curò di portare una giacca; anzi, si sarebbe diretto alla location del concerto proprio così, portando con sè solo il portafogli, le chiavi di casa, le sigarette ed il cellulare, tutti strettamente racchiusi in quegli aderenti pantaloni. Non abituato a frequentare eventi nel centro di Besaid, Milo parve utilizzare più tempo del necessario ad identificare il luogo dell'evento, che però riuscì infine a localizzare. Si trattava di un piccolo pub all'aperto. Se ne accorse non solo per via dell'insegna luminosa che rischiarava il marciapiede, occupato dagli avventori, ma anche dalla presenza dei membri di una delle band, una ragazza che Milo aveva incrociato numerose volte prima d'allora. Si avvicinò a lei con un sorriso e con un gesto veloce della mano si occupò di salutarla, rilassato e gentile come sempre. Oi! Come va? Avete già iniziato? Domandò pacifico lui, sfilando una sigaretta dal pacchetto che aveva già estratto dalla tasca, per poi portarsela alle labbra e accenderla. Zombieboy! No, non ancora, noi suoniamo alle dieci. Ci si vede dopo! Rispose la giovane, passandosi una mano tra i capelli corti e rivolgendogli un cenno d'incoraggiamento, prima di tornare dai suoi compagni. Milo annuì di sfuggita e prese una boccata di fumo, respirandola sino a lasciarla uscire lentamente dal naso. Il suo cellulare vibrò in tasca, segno del fatto che Cat doveva avergli scritto. «Sono arrivata in anticipo.» Sollevando quindi entrambe le sopracciglia, Milo si sorprese del suo tempismo talmente accurato; non passò molto tempo, prima che varcasse quindi la soglia del locale, intenzionato a cercare con le iridi castano-verdi Cat negli spazi dedicati al concerto. Non faticò nel trovarla, ma prima di dirigersi verso di lei si fermò nel suo percorso vicino al bar, intrecciando le mani tatuate sul bancone. Mi dai una pinta di bionda? La meno costosa che avete, per favore. Domandò lui al bartender, che non tardò nel soddisfare la sua richiesta, dopo aver fissato lo sguardo con curiosità sul volto del giovane, il cui inchiostro immancabilmente suscitava reazioni diverse ad ogni primo incontro.
    Fu solo quando ebbe il suo bicchiere di vetro freddo avvolto tra le dita, che Milo si spostò, camminando tranquillo mentre nell'altra mano reggeva la sigaretta ancora fumante. Si avvicinò all'amica quindi, fermandosi al suo fianco dopo che lei ebbe riposto il cellulare in tasca. Il braccio di Milo allora si estese, avvolgendo i fianchi della ragazza in un affettuoso e largo abbraccio, per poi lasciare la presa passato qualche secondo. Gli occhi di Zombieboy vagarono sulla figura dell'altra, avvolta in un carinissimo vestito nero, e un mezzo sorriso gli distese le labbra. Così carina solo per me? Beh, sono onorato! Commentò lui con una leggera risata che gli vibrò sommessamente nel petto, riportandosi la sigaretta alle labbra. Come stai, Cat? Le parole uscirono placide dalle labbra di Milo, che lasciò fuoriuscire il fumo da esse in due lievi e minute nuvole tossiche. «Allora, quanto fa schifo da uno a dieci questa band?» A quelle frasi pronunciate con tono di scherno, Milo lasciò andare una risata più rumorosa, prima di tornare alla propria birra. Spero non troppo, dato che non le conosco neanche io! Diciamo che vedremo. Replicò il giovane, soddisfatto al passaggio del liquido ambrato e freddo giù per la gola. Ricambiò ben presto il sorriso luminoso di Cat, intuendo dal suo sguardo che entrambi provassero la stessa felicità nel rivedersi. «Ah, io non mi metto a spingere lì in mezzo. Ti avviso già da adesso!» Purtroppo, un lieve sospiro deluso si fece largo tra le labbra di Milo, che riportò lo sguardo sul volto dell'amica. Ehh, purtroppo per me e per fortuna per te oggi non ci sarà da spingere, dato che è un concerto di indie rock. Spiegò muovendo appena la mano che reggeva la sigaretta, che lentamente bruciava, consumandosi come le vite di chi le prediligeva nella lista dei loro piaceri. Con quello stesso palmo, Milo accettò il gentile assaggio che Cat gli aveva proposto porgendogli la sua birra e fece altrettanto, allungandole la propria lager con l'altra mano. Prese un sorso della sua stout e deglutì ben contento; il gusto più ricco delle birre scure gli era sempre piaciuto. «Da quanti secoli non ci vediamo? Un mese? Tre settimane? Quanta acqua è passata sotto i ponti durante questo periodo?» Sollevando appena le spalle a quelle domande, Milo sollevò lo sguardo, nel tentativo di ricordare con precisione da quanto non vedesse Cat; probabilmente erano davvero passate tre settimane, e senza che nessuno dei due se ne accorgesse, il tempo era volato senza che si fossero visti. Troppo, Cat! Mi è mancato sopportarti. In una velata ammissione d'affetto, Milo ridacchiò e si riportò la sigaretta tra le labbra, prendendone un tiro più lungo, porgendola così all'amica nel caso in cui avesse voluto condividerla con lui. Espirò il fumo, e scosse appena il capo. Parecchia, però in fin dei conti non molto è cambiato; la solita vita insomma. In fabbrica tutto uguale, e poi vado in giro con Poison. Rispose Milo, cercando di essere esauriente nella sua risposta che se invece non avesse soddisfatto la curiosità dell'amica, quest'ultima sicuramente avrebbe reso il problema evidente. E tu? Come va il tuo lavoro? Hai qualche cosa d’interessante da dirmi? Con chi te la fai? Alla fine tanto mi racconterai tutto, da sobria o da ubriaca non conta! Concluse il ragazzo zombie, sollevando le sopracciglia con fare ambiguo.
     
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    Non si aspettava di conoscere tutti i gruppi che Milo ascoltava ma nemmeno di non conoscerne nessuno. Non che avesse molta importanza: gli aveva detto di sì solo perché aveva voglia di vederlo, di uscire insieme e distrarsi un po' dalla vita routinaria che giorno dopo giorno l'accompagnava. L'ambiente in cui si erano conosciuti, tuttavia, non le mancava: era una pessima pusher e più volte aveva rischiato di esser beccata, mandando a puttane tutto quello per cui aveva faticato. Milo, all'epoca, le sembrò quasi sollevato nel vederla abbandonare quel mondo: fu quel gesto a farglielo guardare con occhi diversi, diversi anche da quelli con cui lo avrebbe guardato quel giorno. Cat, per qualche motivo, si era presa una mezza cotta per Milo: forse non era nemmeno per Milo, ma per qualcuno che si occupava di lei. All'epoca, non si poteva dire piena di amici, anzi, per la maggior parte si era circondata di persone con cui passava il tempo, con le quali non parlava mai di cose serie o di argomenti un pelino più interessanti... E forse sapere che al di là di quei rapporti superficiali ci potesse essere qualcos'altro l'aveva attratta più di quanto volesse accettare. A questo, poi, c'era da aggiungere l'aspetto esteriore, che giocava la sua parte: aveva il "fetish" per i tatuati e gli alternativi da quando aveva scoperto internet.
    Ad ogni modo, nonostante i sogni di gloria, non se ne era fatto proprio niente: nemmeno ci aveva mai provato con lui, spinta dall'idea che si sarebbe trovata un rifiuto dinanzi a sé, e, col passare del tempo, quell'infatuazione si era trasformata in amicizia. Aveva capito da sé che quel sentimento, alla fin fine, non era che una voglia d'essere... amata? No, detta così le sarebbe suonata troppo melensa. Si trattava semplicemente di sapere che qualcuno sarebbe venuta a cercarla se fosse accaduto qualcosa. Certo, c'era anche la componente estetica, mai avrebbe detto che Milo era un brutto ragazzo e vedi un po' tu scusami, ma il tempo della sua crush, per fortuna, era finito. Era riuscita a fare un po' di chiarezza quando era venuta a contatto con Hobi, quando aveva imparato a conoscerlo: le dava quella stessa strana sensazione di calore, di affetto, con tutte le sue piccole attenzioni.
    I miei ambienti lavorativi sono stati tutti piuttosto produttivi in effetti. Anche se un uomo non lo vedeva da secoli ormai, intenso come un uomo con cui stare in una relazione o qualcosa di simile.
    Tra quei pensieri, fissa com'era con lo sguardo nel vuoto, trasalì nel sentire le mani sui fianchi a cingerla in quell'abbraccio: Così carina solo per me? Beh, sono onorato! Era arrivato anche lui in anticipo.«Una parte di me vorrebbe ribattere dicendo che sono sempre carina, l'altra invece vorrebbe limitarsi a ringraziare...» fece lei, accennando un sorriso poco dopo e ricambiando l'abbraccio. «Sto bene. Mangio tanto kimchi, ogni tanto studio, ogni tanto faccio shopping approfittando del mio talento... Le solite cose direi.» Ovviamente, era lampante per uno che conosceva il suo "talento" che intendesse "rubare qualche vestito" col fare shopping. Non lo faceva sempre, solo quando aveva davvero bisogno di qualche abito nuovo e non aveva soldi per poterselo permettere: era una manna dal cielo quella particolarità, le aveva salvato la pelle più e più volte.
    «Tu invece? Ti vedo bene. Sempre più inchiostro che anima.» disse lei, osservando alcuni dei suoi tatuaggi più visibili. In passato gliel'aveva detto: li adorava - sempre per il fetish - e non capiva come ad altri non potessero piacere. Gli davano un tono, in un certo senso, oltre a renderlo perfetto per luoghi come quello: quasi si stava dimenticando del concerto, ma suoni di soundcheck glielo fecero tornare in mente. Ehh, purtroppo per me e per fortuna per te oggi non ci sarà da spingere, dato che è un concerto di indie rock. «Sono stata decisamente fortunata allora. Può essere che mi piacerà persino... Sono sconvolta.» Aprì le labbra e si portò la mano libera dalla birra dinanzi, a mimare stupore in una delle sue finte reazioni esagerate. A dirla tutta però era davvero contenta, glielo si leggeva chiaramente in viso. Non vedersi per molto tempo aveva sortito come effetto solo che la sua compagnia la rendesse più felice, non aveva creato rotture o problemi nel loro rapporto anche se, come aveva detto lui, era davvero troppo che non si vedevano. Mi è mancato sopportarti. «Così mi lusinghi però.» disse, lasciandosi scappare una risata. Sapeva di essere notoriamente una persona abbastanza fastidiosa, ma non le dava fastidio quando a dirglielo erano persone a lei care, discorso diverso sarebbe stato con sconosciuti: in quel caso avrebbe risposto con qualche frasetta sarcastica e ancor più fastidiosa delle precedenti, di sicuro.
    Parecchia, però in fin dei conti non molto è cambiato; la solita vita insomma. In fabbrica tutto uguale, e poi vado in giro con Poison. Era tanto che non vedeva anche lui. «Saranno mesi che non lo vedo.» fece, più come un pensiero espresso a voce alta che una frase rivolta a Milo. E tu? Come va il tuo lavoro? Hai qualche cosa d’interessante da dirmi? Con chi te la fai? Alla fine tanto mi racconterai tutto, da sobria o da ubriaca non conta! Cat alzò a sua volta un sopracciglio ed arricciò le labbra: «Stai insinuando qualcosa?» fece, apparentemente seria, sciogliendo quello sguardo di lì a poco. «Per la verità davvero non molto. Il lavoro mi ha portato all'acquisto di un nuovo membro nella mia limitata cerchia di amici e ha acuito la mia ossessione per il kimchi. E' una droga, davvero.» Bevve un sorso della birra di Milo, che teneva ancora tra le mani prima di restituirgliela. «E... basta. Una vita davvero piatta. Dovrei uscire un po' di più in effetti.» Era passata dal fare festa tutti i giorni a tutte le ore a stare in casa a studiare e ad uscire per il lavoro: una persona estremamente equilibrata, non c'era che dire. Nel parlare comunque, il soundcheck finì e la band salì sul palco. «Ci avviciniamo un po'?» chiese, facendo un cenno a Milo. «Ormai siamo qui, tanto vale...» fece, come a volersi giustificare. Prese dalla sua borsa il pacchetto di Winston Blue - l'unico che aveva trovato al distributore automatico -, si portò una sigaretta alle labbra e se l'accese, rimettendo tutto al proprio posto mentre, con la birra nell'altra mano, si avvicinava lievemente al palco. Da quelle prime note - ed erano davvero poche per poter giudicare - quei tipi non sembravano affatto male.
     
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    Esattamente come per Cat, Milo aveva organizzato quell'incontro non tanto per l'elettrizzante musica indie che avrebbero ascoltato di lì a poco, ma per godere della sua presenza. Le era mancata molto quell'atmosfera confortevole e familiare che si creava solo con lei; c'erano stati momenti in cui il loro rapporto si era intrecciato a sfaccettature più scure e pericolose delle loro vite, in cui lo strumento più utile per collegarsi l'uno all'altra era stato l’abbandono della realtà per accedere ad un mondo che per quanto evasivo, avrebbe anche potuto essere mortale. Milo era felice di sapere che entrambi fossero cambiati, diventati persone più sane e diverse, eppure non tanto da distaccarsi completamente, da perdere i fili di una amicizia che sebbene fosse nata in ambienti tossici era stata capace di evolversi anch'essa, districandosi dai nodi di quella rete apparentemente ineludibile verso la libertà. Milo sapeva che Cat l'avrebbe sempre capito profondamente, ed in egual misura era certo di condividere con lei delle esperienze che nessuno aveva avuto modo di intrecciare con lei - entrambi avevano assaggiato dei tipi di distruzione tangibili e dolorosi, emergendo da quelle peculiari ceneri come fenici. A suo tempo, Zombieboy non si dimostrò il più ricettivo degli amici e non si accorse della cotta dell'altra, tuttavia neanche per un attimo smise di prendersi cura di lei, per quanto possibile. Anch'egli aveva delle profonde spaccature nel suo animo, eppure non aveva mai permesso che Cat nè soffrisse, aiutandola a suo modo a gestire le sue. Poi, l'incidente. Da quel momento Milo era sparito per un anno intero, chiudendosi in se stesso per poter riordinare la sua vita, darle un assetto diverso nell'abbandonare le vecchie brutte abitudini per dedicarsi a nuovi e più salutari pattern per affrontare la sua sofferenza. In quel periodo non aveva avuto modo di vedere Cat così come Poison, scegliendo un particolare isolamento che aveva condiviso solo con Prodigy ed i suoi aghi, pronti ad affondare nella sua pelle e trasformarlo - non solo esteriormente.
    «Una parte di me vorrebbe ribattere dicendo che sono sempre carina, l'altra invece vorrebbe limitarsi a ringraziare... Sto bene. Mangio tanto kimchi, ogni tanto studio, ogni tanto faccio shopping approfittando del mio talento... Le solite cose direi.» Una piccola risata scappò dalle labbra di Milo nell'udire quelle parole, e scuotendo appena il capo, malcelò il fatto che fosse davvero felice di sentire che Cat stesse bene. Una parte di lui non aveva mai smesso di preoccuparsi di lei, di bramare sempre quelle poche parole serene uscire dalla sua bocca per tranquillizzarlo di conseguenza. E' vero, tu sei sempre carina, e io sempre uno zotico - ormai lo sai. E poi un giorno dobbiamo andare a fare shopping insieme. Accompagnando il suo suggerimento con un occhiolino complice, Milo si premurò di fornire un commento alle parole di Cat prima di acquietarsi nuovamente, vedendola sul punto di parlare ancora. «Tu invece? Ti vedo bene. Sempre più inchiostro che anima.» Sorridente, Zombieboy annuì alle parole appena pronunciate dall'amica, e sollevò le spalle, pervaso sempre da un'aura calma e placida. Eh, si hai ragione. Ieri ho spaventato un vecchietto vicino casa mia dove sta un cantiere, ma poi siamo diventati amici, figo no? Mi pare si chiamasse Clelyo. Che nome funky. Comunque sto bene anch'io, non posso lamentarmi. E sono felice che anche tu te la passi bene. Affermò tranquillo e con una punta di tenero divertimento il ragazzo, che ripensando all'incontro con quel singolare vecchietto non potè fare a meno di sorridere; le reazioni ai suoi tatuaggi erano sempre varie e disparate, ma non credeva davvero di poter scambiare qualche stramba chiacchiera con un nonnetto nel bel mezzo di un cantiere. «Sono stata decisamente fortunata allora. Può essere che mi piacerà persino... Sono sconvolta.» Tintinnando un po' come i bicchieri che reggevano in mano, la risata di Milo riempì l'aria per qualche secondo, un suono sommesso eppure divertito a darle forma, prima che il ragazzo prendesse un sorso dalla birra che gli era stata offerta dall'amica, confessandole di aver sentito la sua mancanza nelle settimane precedenti. «Così mi lusinghi però.» Un sorriso più dolce decorò i lineamenti di Milo, che ben contento di condividere la serata con Cat non si sarebbe lasciato scappare nessuna occasione per esprimere la sua contentezza.
    La conversazione poi si spostò su altre sponde toccando anche la figura di Poison, che mai mancava all'appello in un discorso con Zombieboy - erano quasi una persona sola, divisi da due corpi diversi eppure legati da una simbiosi viscerale e profonda. «Saranno mesi che non lo vedo.» Milo non tardò ad offrire un preliminare cenno d'assenso in risposta alle parole di Cat, mentre lasciando bruciare la sigaretta tra le labbra prese un altro respiro fumoso, rivolgendole così lo sguardo. Dovresti passare da casa mia qualche volta, di sicuro lo trovi. E tra una bestemmia e l'altra Poison sarebbe molto felice di vederti, ne sono certo. Immancabilmente, ogni volta che le parole di Milo iniziavano a vertere su Phobos si sporcavano di una tenerezza aliena ai più e sottile nelle sue manifestazioni, pronta a rivelarsi a coloro che avrebbero saputo coglierla ma fondamentalmente rivolta a lui solo, la persona che per Milo avrebbe sempre occupato un posto al di fuori di ogni territorio, dominando con la sua familiare ombra tutto il suo cuore. «Stai insinuando qualcosa? Per la verità davvero non molto. Il lavoro mi ha portato all'acquisto di un nuovo membro nella mia limitata cerchia di amici e ha acuito la mia ossessione per il kimchi. E' una droga, davvero.» Cat non tardò ad intercettare i pensieri di Milo, insinuandosi tra essi con la sua voce vispa e gentile, e tornando a lei nell'espirare il fumo, il ragazzo la ascoltò attentamente le sue parole, accennando una risata in risposta. Kimchi, eh? Mi fa piacere sentirtelo dire, ci sono delle dipendenze che secondo me non sono così male. Commentò lui, riferendosi seppur con aria ironica e positiva a trascorsi ben più scuri che condivideva con l'amica. «E... basta. Una vita davvero piatta. Dovrei uscire un po' di più in effetti.» Trattenendo quindi la sigaretta tra le labbra, Milo posò una mano sulla schiena di Cat in un gesto incoraggiante. Considera oggi il tuo battesimo di fuoco! Scherzò lui, accortosi del termine del soundcheck e dell'arrivo di molti altri avventori per il concerto. L'atmosfera si era fatta, se possibile, ancor più tranquilla, rispecchiando il mood placido e vibrante della band, oramai pronta a cominciare. «Ci avviciniamo un po'? Ormai siamo qui, tanto vale...» Milo non tardò ad acconsentire alla richiesta di Cat, e dopo aver annuito si insinuò in quel nugolo di persone sino a trovare con facilità un punto strategico, facile da localizzare dopo anni di esperienza tra un concerto e l'altro. Seppur tra le prime file, i due amici erano opportunamente posizionati poco più di lato rispetto al palco, in modo da godere del concerto senza però soffrire degli interventi degli altri avventori. La musica iniziò ad impregnare gli spazi pochi minuti dopo, e puntando gli occhi verdi sulla band, Milo non si lasciò sfuggire neanche una nota, divertendosi assieme a Cat - e qualche bonario spinello - tra una canzone e l'altra. La vuoi un'altra birra? Stavo pensando.. Che mi sta venendo fame, ti va di schimicare con il kimchi dopo? E' lontano il posto dove lavori?
     
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    «Sììì volentieri! Prima o poi devi realizzare il mio sogno proibito di vederti vestito da damerino!» gli disse in merito allo shopping, poggiando le mani sulle sue spalle e battendole lievemente in maniera alternata, quasi a cercare di convincerlo. Milo era nella top three delle persone più buone che Cat conoscesse, il che era assurdo considerando quanto poteva spaventare i bambini con la mole di tatuaggi che aveva addosso: era l'esempio lampante che l'abito non faceva il monaco, tutt'altro. Le infondeva sempre molta calma stare con lui e lo trovava assurdo, soprattutto viste le circostanze in cui si erano beccati: era da molto che lei aveva cambiato giro, era stata ad un passo da cadere nel baratro e poi si era ritirata, come scossa dai suoi stessi pensieri, dalle sue stesse idee malate. Guardando alle sue spalle, Cat rivedeva il suo corpo magro, segnato dal tempo, dalle droghe assunte, rivedeva distintamente quei momenti e li sentiva sulla sua pelle: si vedeva cresciuta, per quanto non fosse che ancora giovane e probabilmente ancora fin troppo immatura. Eh, si hai ragione. Ieri ho spaventato un vecchietto vicino casa mia dove sta un cantiere, ma poi siamo diventati amici, figo no? Mi pare si chiamasse Clelyo. «Hai conosciuto Clelyone?!» fece lei, sgranando appena gli occhi. «Come fa a conoscere tutta Besaid...» Il vecchino più socievole del mondo e probabilmente anche il più simpatico: nonostante il suo modo di fare a volte un po' troppo irruento, Cat gli era molto affezionata. Quel pazzo era in grado di rendere l'ambiente dell'Egon più familiare di qualunque straccio di famiglia che lei avesse mai visto: Cat, in effetti, non aveva mai vissuto il calore di una casa, non aveva mai avuto nessuna donna da poter chiamare "mamma", se poi si parlava di padri l'argomento risultava più che ostico per lei. Non aveva voglia di pensarci, di affrontare i propri demoni, preferiva tenerli in un angolo della sua mente a marcire, a torturarla di tanto in tanto quando la notte si faceva troppo buia. Per quanto tutto ciò la ferisse tuttavia, aveva imparato grazie al suo vissuto ad amare ciò che aveva: vivendo tra gli eccessi, aveva capito quanto la vita fosse preziosa, quanto fosse prezioso riempirsela di persone come Hobi, Milo, Leo, persino Darko. Era assurdo, ma li reputava alla stregua di una vera famiglia: Hobi era il suo fratellino minore, quello di cui si preoccupava e che desiderava veder felice più d'ogni altra cosa al mondo. Confidava che, prima o poi, anche lui avrebbe colto le attenzioni di Joonie, cedendo a quei sentimenti che le scaldavano l'anima, visibili a occhio nudo, solo per i più attenti però. Milo era il suo fratello maggiore, quello da cui andare con un problema da risolvere, colui che, con un po' di ragionamento lucido, le dava una mano ad uscire fuori dai guai o almeno a guardare la situazione con un pizzico di razionalità. Leo invece era... uno zio? Uno zio anziano, sì, quello a cui insegnare come usare il cellulare, quello che col suo modo di fare così sincero sembra sempre uscito fra le nuvole. Cat di lui non sapeva niente se non che avesse avuto bisogno di una mano, come lei d'altro canto: l'aveva aiutato senza pensarci, portandolo in casa sua e guadagnando così non soltanto un coinquilino, ma anche un affitto dimezzato e, soprattutto, un amico. Ora avevano anche un cane, magari avrebbe dovuto farlo vedere anche a Milo. Quanto a Darko invece... Darko era il cugino che l'aveva portata sulla brutta strada, più grande di lei, teoricamente più maturo, ma nemmeno così tanto: era stata la sua via di fuga da un presente troppo pesante da reggere da sola, la sua distrazione, per certi versi però anche il suo confidente, sebbene non apertamente. Darko era l'unico che aveva visto davvero cosa nascondesse nel cuore, quanto lei non voleva mostrare ad anima viva, quanto non era pronta nemmeno ad accettare. L'aveva salvata, senza rendersene conto, lasciando che quella ragazzina dal volto troppo magro e scavato non lasciasse andare l'unico dono che le era stato dato.
    Comunque sto bene anch'io, non posso lamentarmi. E sono felice che anche tu te la passi bene. Gli sorrise, sinceramente contenta a sua volta: nel vederlo sparire dal giro aveva temuto il peggio, ma quella preoccupazione si era trasformata in gioia vedendolo ripiombare nella sua vita. Un altra persona che lei non vedeva da parecchio era Poison: erano sempre insieme al tempo e, da come Milo le parlava, aveva dato per scontato che le cose non fossero tanto diverse. «Passerò di sicuro, una sera di queste magari fumiamo insieme come nei bei vecchi tempi andati.» propose, per quanto "belli" fosse un po' ironico, e lui lo sapesse. Cat aveva un modo di esprimersi che si sporcava di un sarcasmo sempre pungente e, sebbene non fosse quello il caso, non mancavano le occasioni in cui il suo black humor veniva fuori, in maniera anche un po' troppo pesante di tanto in tanto: era un bene che chi la conoscesse non desse peso a quelle cose, comprendendo che, in realtà, stava davvero "solo" scherzando.
    Kimchi, eh? Mi fa piacere sentirtelo dire, ci sono delle dipendenze che secondo me non sono così male. «Te lo devo far assaggiare. All'inizio farai una faccia strana ma sono convinta che piacerà anche a te.» rispose, annuendo fra sé e sé: la sua reazione dopotutto era stata analoga, prima l'aveva odiato e poi amato. Ormai viveva di cucina coreana come lo fosse divenuta lei stessa, d'adozione. Sulla falsa riga di quello che Milo aveva definito il suo battesimo di fuoco, si avvicinarono maggiormente al concerto: ci aveva visto giusto, la band le piaceva e finì c0n l'appuntarsi il nome sul cellulare, per ricordarsi di ascoltare tutti i pezzi su Spotify una volta tornata a casa. Sicuramente la canna che di tanto in tanto si stavano passando - d'obbligo per loro due, considerato i trascorsi - aveva aiutato, ma la musica era davvero buona e Cat era felice, con un sorriso sulle labbra che stentava ad andar via: La vuoi un'altra birra? Stavo pensando.. Che mi sta venendo fame, ti va di schimicare con il kimchi dopo? E' lontano il posto dove lavori? Che idea geniale. «Sì, sì e no.» disse lei, rispondendo a tutte e tre le domande contemporaneamente. «Magari appena finisce allunghiamo un attimo al bar, prendiamo da bere e ci avviamo al Banchan.» propose, mentre intanto il cantante stava anticipando, con una storiella, il pezzo che avrebbero fatto di lì a poco: «Adesso dirà che questo pezzo è dedicato a tiziocaio che gli è sempre stato vicino e blablabla.» mormorò Cat scuotendo un po' il capo. Su, basta chiacchiere. Finito di parlare, la musica iniziò per davvero: si rivelò essere l'ultimo pezzo prima del bis, costituito dal loro pezzo più famoso e da un momento di profonda unione in cui si ritrovarono a cantare canzoni di chiesa. Era divertente che probabilmente nessuno di loro fosse religioso eppure, tutti, nessuno escluso, conoscevano "Osanna eh!". «Osaaaaanna Cristo Signooooor!» cantò Cat, ridendo fra una strofa e l'altra. Ma che cazzo. pensò, divertita, lasciandosi scappare quelle stesse parole più volte di bocca.
    «Questo non me lo aspettavo proprio.» esordì lei quando finalmente la band andò via, asciugandosi le lacrime che le contornavano gli occhi, lacrime dovute alle risate. «Hai visto poi come cantavano tutti?» Sconvolta: com'era possibile? «Se entrassimo in chiesa penso prenderemmo fuoco tutti quanti, così come siamo qui. Una grossa fiammata.» Poco ma sicuro. Si avviarono chiacchierando e ridacchiando verso il bar, come avevano proposto, prendendo una birra: lei, stavolta, cambiò e prese una Bud. Non era un granché però era fresca, l'ideale dopo tutto quel cantare. «A proposito, devi venire anche tu a casa mia!» fece d'un tratto lei, prendendo dalla tasca il cellulare. Aprì Instagram, andò sulla barra di ricerca e digitò "amicoleo" ritrovandosi il profilo del coinquilino sul quale, come ultima foto, trionfava quella del loro nuovo amico: «Guarda qui che carino!» gli disse, porgendogli il cellulare. «Rispettivamente, coinquilino 1 e coinquilino 2. Quello con più peli è la new entry.» Fu piuttosto entusiasta, glielo si lesse in volto: adorava gli animali ma non aveva mai trovato il coraggio di prenderne uno. Quella cucciolina (Eva? Come Eva Braun? NON MI RICORDO HALP) era diventata il nuovo spasso di Cat: la prima bestiolina di una lunga serie visto che, dopotutto, di figli non voleva proprio saperne.

    Edited by Nana . - 19/11/2020, 15:17
     
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    «Sììì volentieri! Prima o poi devi realizzare il mio sogno proibito di vederti vestito da damerino!» Il bello di Cat e Milo era che potevano entrambi considerarsi l'uno lo specchio dell'altra. Si potevano rivedere nel passato ed osservare nelle speranze del futuro, assieme all'entusiasmo di un nuovo presente, libero dalle zavorre che li trattenevano anni prima. Ogni volta che pensava a Cat, Milo poteva avvertire un dolce e peculiare calore pervadergli il petto ed irradiarsi dal suo cuore fino a farlo sentire del tutto a casa. Era così con lei: tutto tremendamente familiare e facile, bello tanto quanto lo era in passato e sicuramente in maniera diversa. Quando Poison farà una delle sue mostre al museo, sarai la prima a ricevere l'invito, dato che dovrò senz'altro vestirmi... bene. Ugh- Ricoprendo le ultime parole di esitazione, Milo si lasciò trasportare da quello scenario, che lo vedeva indossare abiti in uno stile che non si sarebbe mai aspettato solo per accontentare Phobos, probabilmente l'unica persona al mondo per cui avrebbe mai indossato una cravatta. Tutto ciò lo agitava ed al tempo stesso confortava: lo induceva a pensare che Poison, Delilah e Cat, di lì a molto tempo, sarebbero rimasti insieme a lui. Però solo se anche tu ti metti un vestito da sera, Cat! Commentò infine Milo per concludere il loro divertente scambio di promesse, allungando persino verso di lei il mignolo libero proprio per suggellare quel proposito futuro con una affettuosa stretta tra le loro dita. Una volta fatto, un sorriso si insinuò tra le labbra di Zombieboy, che lanciato un placido occhiolino all'amica le raccontò del suo incontro ravvicinato del terzo tipo con nientepopodimeno che il mirabolante Clelyo, quel giorno fermo ad adorare un cantiere nei pressi dell'abitazione del ragazzo. Cat ne sembrò sorpresa. «Hai conosciuto Clelyone?! Come fa a conoscere tutta Besaid...» Lasciando emergere una soffice risata, Milo gonfiò appena le guance prima di lanciare uno sguardo curioso a Cat. Non dirmi che conosci anche tu il vecchietto funky! Comunque sì, chiamalo talento, oppure chiamalo cittadina grande quanto uno sputo di nome Besaid~ Rispose lui sornione e pieno di falsa superbia, senza riuscire a smettere di ridacchiare tra una parola e l'altra, appoggiandosi a Cat appena appena, abbastanza per farle percepire le stesse energie calme e quasi fraterne. Proprio come per l'amica, Milo sapeva che nonostante avesse una famiglia ancora in vita e fortunatamente in salute, le vere persone su cui sapeva di poter contare fossero altre, pochissime, una delle quali a lui vicina in quel momento.
    Poche cose erano cambiate dagli anni precedenti all'incidente che aveva permesso l'incontro di Milo con la Morte: la sua famiglia acquisita era rimasta, e lui non aveva smesso di essere una vera e propria social butterfly, sempre pronto a fare amicizia, nuove conoscenze, nuovi intrecci, capace persino di parlare con un sasso se avesse avuto la possibilità. Così si erano conosciuti con Cat: tra una festa e l'altra, tra un ciao e l'altro ed un groviglio di sostanze poco sane utili a lasciare ogni consapevolezza sulla soglia. Da quel momento però entrambi erano maturati, avevano attraversato e stavano quotidianamente lottando con le loro oscurità per poterne emergere come esseri umani guariti e migliori; Milo avvertiva il familiare conforto di poter essere d'aiuto ad una persona a cui voleva bene, e sperava che Cat sentisse sempre di potersi fidare di lui, di poter confidare i turbamenti che la inquietavano e lui, dal proprio canto, ci sarebbe sempre stato per lei, in ogni momento di bisogno, fermo nella consapevolezza che Cat avrebbe fatto lo stesso. Rispecchiò allora il suo sorriso, non solo nel guardarla, ma anche nel ripensare a Poison, un rumore bianco sempre accolto e favorito nei pensieri di Milo, che ora riportato all'attenzione del suo udito si materializzava anche come immagine nella sua mente. «Passerò di sicuro, una sera di queste magari fumiamo insieme come nei bei vecchi tempi andati.» Ad esser sinceri, Zombieboy apprezzava l'umorismo nero che Cat lasciava fiorire di qua e di là a volte tra le sue parole, un modo per alleggerire eventi che solo loro due riuscivano a capire e decifrare. Quando vuoi, quanti ricordi~ Rimbeccò lui divertito e ben consapevole che tra uno sballo e l'altro di ricordi ne avessero conservati ben pochi e ben poco chiari, noncurante del fatto che avesse già consumato una sigaretta e che in quell'esatto momento avrebbe volentieri fumato anche altro - essendo Milo ancora attratto dalle droghe leggere, di cui abbastanza spesso faceva uso anche allora. Sei completamente pulita oppure fumi la ganja Cat? L'espressione del volto di lui si fece genuinamente apprensiva, come se volesse accertarsi di non star superando alcun limite con l'amica, che a lui così cara, non si sarebbe dovuta mai sentire a disagio in sua presenza.
    Manco a dirlo, tra i due iniziò un piacevole scambio tra una boccata e l'altra di fumo d'erba che portò muscoli rilassati ed ampi sorrisi ed entrambi, assieme alle piacevoli vibrazioni del concerto, ormai… quasi alla fine? Difficile dirlo, quando si trascorre del tempo in buona compagnia. «Sì, sì e no. Magari appena finisce allunghiamo un attimo al bar, prendiamo da bere e ci avviamo al Banchan.» Ottima idea! Milo sollevò entrambi i pollici con fare entusiasta, e tornò ad allacciare un braccio attorno alle spalle dell'amica per sollevarla e lasciarla ondeggiare a ritmo di musica, lasciandosi scorrere la serata addosso finchè non arrivò l'ultimo pezzo. «Adesso dirà che questo pezzo è dedicato a tiziocaio che gli è sempre stato vicino e blablabla.» Con il mozzicone della canna tra le labbra, Milo ridacchiò tirando un'ultima boccata di fumo dal piccolo oggetto ancora bruciante e scosse appena il capo, come ad imitare i movimenti dell'amica. Noooo vedi, ora sta parlando di suo padre che era sempre a lavoro e blablabla. Aggiunse qualche attimo dopo, come ad arricchire il racconto di Cat, e poi tornò a guardarla sorpreso ed impossibilitato a trattenere le risate non appena lei iniziò ad urlare come un chierichetto troppo entusiasta OSAAAANNA CRISTO SIGNOOOORR. Al che, Milo non potè fare altro se non piegarsi in una fragorosa risata sino ad inginocchiarsi davanti alla ragazza, a mani giunte come a chiederle un qualche tipo di benedizione prima di tornare in piedi e continuare irrefrenabilmente a ridere. «Questo non me lo aspettavo proprio. Hai visto poi come cantavano tutti? Se entrassimo in chiesa penso prenderemmo fuoco tutti quanti, così come siamo qui. Una grossa fiammata.» Come darle torto? Milo semplicemente si strinse appena all'altezza della pancia, felice e contento, ormai canna e birra dimenticati in qualche cestino poco lontano. Sei proprio la regina della festa, ed anche delle comunioni, credo- Un'altra risatina, ed i due tornarono a rimpinguare i bicchieri di birra, entrambi con una bottiglia di vetro verde tra le dita per poi iniziare ad uscire dal luogo del concerto ed insinuarsi tra le tante stradine della piccola città. «A proposito, devi venire anche tu a casa mia!» Con un lieve cenno d'assenso, Zombieboy si ritrovò a fermarsi nei suoi passi, aspettando Cat che sembrava impegnata nel consultare Instagram, che invece il ragazzo non ricordava da quanto non aprisse. Per essere una social butterfly, Milo sicuramente non poteva considerarsi un social media butterfly nel vero senso della parola, avendo ormai abbandonato i network online da un bel po' di mesi anche fosse per pura pigrizia. Amicoleo.. Constatò divertito tra sè e sè, per poi trovarsi davanti ad una serie di foto più che interessanti, culminanti in una di un cagnolino meraviglioso. «Guarda qui che carino! Rispettivamente, coinquilino 1 e coinquilino 2. Quello con più peli è la new entry.» Milo si allungò lievemente con il collo, cercando di dare una bella occhiata al display prima di rivolgersi a Cat con un bagliore curioso negli occhi. Oh il cagnolino è carinissimo ma... uh.. Il coinquilino? È solo un coinquilino, Cat? Chiacchierò lui con rilassatezza ma ammiccante, sapendo di potersi concedere un po' di quella familiarità con l'amica. E poi per caso è uno che fa BDSM? Sai, le manette nel profilo- Aspetta, fate BDSM insieme? Beh a questo non devi rispondermi ovviamente- Perso nel suo discorso quasi come se si trattasse della soluzione alle guerre ed alla fame nel mondo, Zombieboy lasciò scontrare appena la spalla con quella di Cat, ridacchiando senza alcun tono derisorio nelle sue parole: il coinquilino della ragazza sembrava quantomeno interessante, e tra un passo e l'altro i due si persero in un piacevole chiacchiericcio, in parte filtrato anche dai fumi calmanti dell'erba, finchè non approdarono al famoso Banchan, le cui luci calde rischiaravano ancora gli interni. Una volta che Cat ebbe fatto il suo ingresso, venne immediatamente accolta in un dolce abbraccio di un ragazzo esile ma dalla presenza energica fasciato in una maglietta decisamente oversize per la sua corporatura. CCCAAATTTTTT~ Squittì lui, al che Milo li osservava con un sorrisetto sereno in volto. Quello doveva essere l'Hobi di cui Cat gli aveva parlato. Waaa sei venuta qui a mangiare e non a lavorare spero! Io ero qui per vedere Hyorin, e niente eeeeeeeEEEEEE WOW TU CHI SEI sei single? HAHA okay puoi rispondermi dopo aver mangiato così sarai convinto a dire che lo sei hehe ciao soNO HOBI~ Mano in avanti, un po' a paletta, e quegli occhi da cerbiatto si posarono luminosi sul volto di Zombieboy, che decisamente non si aspettava un'accoglienza così calorosa. Oh!! Haha ciao che forte sei Hobi, io sono Milo, ma tutti mi chiamano anche Zombieboy. Si presentò lui, avvolgendo una mano attorno a quella di Hoseok per tirarlo poi a sè in un mezzo abbraccio e guadagnare un versetto sorpreso dall'altro. Cat mi dice che sei molto speciale per lei e che anche il cibo qui lo è! Commentò infine, lasciando che Hobi si allontanasse riservando ad entrambi un sorriso radioso. Beh, Cat è una buongustaia, sia con le persone che con i piatti! Sedetevi sedetevi, me la vedo io~ Il trillo di Hoseok si spostò sino alle spalle dell'amica, che avvolse con entrambe le manine sottili invitandola così ad accomodarsi. Non ti azzardare ad alzarti Cat, oggi sei mia ospite~
     
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