Fairyland needs some fixing

Taylor x Nora

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    Sakura Blossom

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    Taylor Hoogan

    Warnings: linguaggio scurrile reiterato per tutta la role!

    Una delicata voce femminile preregistrata risuonava per tutto il luna park, ripeteva lo stesso slogan almeno quaranta o cinquanta volte al giorno fino alla chiusura dei cancelli. Raccontava sempre la medesima bugia vestita di ipocrisia e brillantini per i bambini che passeggiavano lungo il viale con le loro famiglie, serviva ad invogliarli a tornare ancora, ancora e ancora. E stupidamente i genitori si facevano incantare dagli occhi felici e incantati dei loro figli che appena usciti di lì li supplicavano di riportarli in quel ”Mondo di fiabe, dove ogni vostro sogno diverrà realtà.”
    Effettivamente all’interno del parco divertimenti vi erano diversi personaggi usciti dalle favole, solo che non erano altro che persone stipendiate dai proprietari di quella finta landa incantata. Ogni sorriso, ogni balletto, ogni canzone, ogni cosa era frutto di dure prove e pianificazione anticipata, c’era poco di improvvisato o sentito di cuore. La ragazza dai lunghi capelli biondi vestita da principessa aveva dei movimenti standard, un modo di parlare preimpostato e ogni gentilezza nei confronti dei più piccoli era in realtà una gentilezza verso dei clienti. Le piacevano davvero i bambini? Meglio non domandarglielo fuori dall’orario di lavoro.
    Chiacchiericcio festoso, risate di gioia, grida di paura. Questo era il soundtrack quotidiano del Drømme, il luna park di Besaid. Eppure nonostante fossero tutti suoni che riportavano all’allegria c’era qualcuno lì che proprio non sopportava tutto quel chiasso. Si trattava del proprietario di quel posto, o meglio di uno dei proprietari, lui e sua madre gestivano quel posto da un anno a quella parte. Gli affari sembravano andare bene nonostante avessero preso loro, degli stranieri in quella cittadina, le redini dell’attività di una famiglia originaria di Besaid. La madre di Taylor (così si chiamava l’insofferente ragazzo che svincolava in mezzo alla folla per raggiungere la sala di controllo) era la figlia dei vecchi proprietari del Drømme, che aveva lasciato la sua città natia per seguire il suo amato negli Stati Uniti. Quando tornarono a Besaid l’anno precedente non vennero subito accolti in maniera calorosa, erano dei forestieri e quando si sparse la voce che loro avrebbero gestito il luna park molti clienti abituali avevano smesso di andarci. I nonni di Taylor e i suoi genitori escogitarono un modo per far conoscere meglio gli Hoogan alla gente del posto, offrendo un piccolo rinfresco serale al Drømme in onore della nuova gestione. Fu grazie a quell’evento che si sparse la voce che gli Hoogan erano persone per bene e nel giro di pochi mesi tutto tornò alla normalità e gli affari ripresero il loro flusso regolare, se non addirittura migliore.
    Quel giorno Taylor doveva occuparsi di supervisionare i lavori nella sala di controllo dove c’erano tutte le apparecchiature che servivano a far funzionare le giostre. Due dei monitor che erano collegati alle telecamere di sorveglianza erano andati in blackout la sera prima, così Taylor aveva dovuto chiamare qualcuno per la manutenzione. Lui s’intendeva di motori e ingranaggi, ma non molto di computer, altrimenti se ne sarebbe occupato lui stesso.
    ”Buon pomeriggio, Taylor. Sei arrivato appena in tempo. Ti presento Nora, la ragazza che è venuta a sistemare i monitor di sorveglianza.” un uomo molto alto sulla cinquantina si alzò in piedi e andò a dare una sonora pacca sulla spalla del ragazzo. Era l’unico dipendente con cui Taylor aveva stretto amicizia lì dentro perché aveva dei modi forti e diretti come i suoi. Finn, così si chiamava il sorvegliante della sala di controllo, mise un braccio attorno alle spalle del ragazzo con irruenza e lo trascinò verso la giovane che era arrivata da poco lì.
    ”Avanti lupo di mare, presentati! O forse il Kraken ti ha mangiato la lingua?” Finn era un appassionato di libri sui pirati e sui marinai, lo si capiva subito dal suo linguaggio.
    Taylor si scrollò di dosso il braccio dell’amico e gli lanciò un’occhiataccia divertita. ”Va a farti fottere, Finn! Torna al tuo timone virtuale, ci penso io qui.” spinse via il suo amico senza metterci davvero forza, solo per prendersi gioco di lui.
    ”Attenta, Nora! Quello è uno poco raccomandabile, non rimanere da sola con lui che potrebbe finire male!” una risata profonda scosse Finn, facendo ondeggiare il suo pancione flaccido su e giù. Si accomodò di nuovo alla sua postazione e riprese a mangiare i noodles istantanei che si era preparato come spuntino pomeridiano.
    ”Scusalo, Finn a volte si prende troppa confidenza. Io sono Taylor, il proprietario di questa baracca. Seguimi, ti faccio vedere quali sono i monitor che non si accendono più.” fece cenno alla ragazza di seguirlo verso una seconda console dove era seduta una donna dai capelli rossi completamente spettinati, selvaggia era il termine più adatto per definire la capigliatura di Hege.
    ”Ciao, Hege. Ti presento Nora, la tecnica che è venuta per buttare un occhio a questi catorci. Prenditi qualche minuto di pausa, così le lasciamo il tempo di vedere cosa è successo qui stanotte.” Taylor si appoggiò con entrambe le mani alla console, piegandosi appena proprio di fronte agli schermi spenti. ”Ecco qui, Nora. Questo è il nostro problema da stamattina. Questi fottuti monitor non ne vogliono sapere di accendersi da quando abbiamo aperto il luna park." non si voltò a guardare la ragazza e tanto meno Hege quando li lasciò da soli senza proferire una parola. Hege non sopportava molto Taylor, preferiva di gran lunga i suoi genitori che erano molto più cordiali di lui e poi aveva litigato col giovane Hoogan già diverse volte e tra di loro era rimasto dell’astio in sospeso.
    Taylor tirò fuori il suo pacchetto di Tiedemanns già rollate, ne sfilò una dalla confezione e se la mise dietro l’orecchio, mentre rimetteva il resto in tasca. Prese la sigaretta tra le dita ed iniziò a giocarci facendola roteare un paio di volte, poi si voltò poggiandosi con la parte bassa della schiena alla console.
    ”Allora, maga dei computer, ti lascio al tuo lavoro o hai bisogno che resti qui con te per qualche chiarimento sui modelli o altro?” si appoggiò la sigaretta sulle labbra, senza accenderla, puntando i suoi occhi verdi in quelli di Nora in attesa di una risposta.

    Edited by Aruna Divya - 15/3/2020, 14:56
     
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    Nora non aveva mai amato molto i Luna Park, o forse sarebbe stato meglio dire che, quando era piccola, nessuno aveva mai pensato di portarla al Luna Park. I suoi genitori erano sempre stati troppo presi dai loro litigi, dai loro problemi, per potersi accorgere della piccola che se ne stava lì, a pochi passi da loro, ad osservarli. Suo padre le aveva voluto bene per un primo periodo, lo sapeva, anche se si sforzava di credere che quei momenti felici insieme non fossero mai esistiti davvero. Non lo aveva mai perdonato per la scelta che aveva fatto, molti anni prima, di andarsene da quella città e cambiare vita, dimenticando ogni cosa sul suo passato, dimenticandosi di loro, di lei. Era stata la prima persona a cui Nora si era legata in maniera sincera e anche la prima ad averle spezzato il cuore. Non avrebbe mai dimenticato lo sguardo che le aveva rivolto, sulla porta, con la sua valigia tra le mani, mentre le diceva che sarebbe tornato presto, mentre in realtà entrambi sapevano che non lo avrebbe fatto più. Sua madre, dal canto suo, non era mai stata in grado di provare affetto per nessuno, tanto meno per sua figlia e Nora non aveva mai cercato di farle cambiare idea. Provare a chiederle di portarla in un parco divertimento, quindi, sarebbe stata fatica sprecata e a lei non era mai piaciuto perdere tempo, neanche da piccola. Forse era per questo che aveva imparato a detestare luoghi come quello, pensati per le famiglie e soprattutto per i più piccoli. Quando lei guardava quelle grandi macchine in movimento vedeva soltanto una patina di illusioni e menzogne. E mentre la voce preregistrata cercava di proporre un sogno a chiunque varcasse la soglia, nella sua testa risuonava “Westworld, dove tutto è possibile.” e un sorrisetto vagamente maligno compariva sulle sue labbra. Come avrebbero reagito tutte quelle persone se tutta la tecnologia si fosse risvegliata, prendendosi gioco a sua volta delle persone e usandoli per divertirsi? Era quello il genere di cose che le sarebbe piaciuto vedere, il genere di parco divertimenti per il quale avrebbe pagato il biglietto. In ogni caso quel giorno non era lì per preoccuparsi delle varie attrazioni.
    Si mosse spedita, cercando di evitare qualunque possibile contatto con la folla, mantenendosi sempre ai margini dei percorsi. Non aveva intenzione di guardare nessuno, né di rivolgere loro alcuna parola. A dire il vero non sapeva neanche perchè avesse accettato quel lavoro, forse soltanto perchè aveva bisogno di una distrazione, qualcosa che la strappasse via dai ricordi del rapimento che aveva subito qualche mese prima e di cui ancora portava i segni sulla pelle, accuratamente nascosti sotto i vestiti. Raggiunse la zona di controllo e bussò distrattamente alla porta, senza aspettare di essere invitata ad entrare prima di sporgersi verso l’interno. -Sono Nora, Berg, qualcuno mi ha chiamato per un problema con il sistema di sorveglianza. - mormorò, con aria abbastanza annoiata, senza perdersi in inutili convenevoli. Non era lì per fare amicizia, anche perché in quel caso si sarebbe guardata bene dal raggiungere quel luogo. L’uomo di fronte a lei mormorò qualche saluto, ripetendo le stesse spiegazioni che le aveva dato al telefono e lei si limitò ad annuire distrattamente, sperando che se ne andasse presto, o che quanto meno la smettesse di parlare. Non aveva dormito molto quella notte, così come neanche quelle precedenti e non aveva ancora preso un quantitativo di caffè sufficiente a placare il suo mal di testa mattutino. O forse era già pomeriggio? Aveva perso la cognizione del tempo, neanche sapeva più che ore fossero. Sospirò, vagamente scocciata, quando il tizio le chiese di aspettare l’arrivo del proprietario prima di iniziare. Odiava le perdite di tempo e si chiedeva a che cosa servisse avere tra le palle il proprietario se, con molta probabilità, non doveva capirne nulla di quel settore, altrimenti avrebbe cercato di risolvere il problema da solo, no?
    Quando finalmente il famoso Taylor fece il suo ingresso Nora gli rivolse un veloce cenno del capo, come a confermare le parole del tizio che l’aveva appena presentata. Sbattè appena le palpebre, chiedendosi se fosse il caso di ridere di fronte alle battute che i due si stavano scambiando di fronte a lei, ma optò per il no, ovviamente. Si mosse soltanto quando il proprietario la invitò a seguirlo per visionare i monitor in questione. -Pensavo che avrei dovuto aspettare tutto il giorno. - borbottò soltanto, più a se stessa che a lui, nonostante non si fosse preoccupata di tenere il tono della voce abbastanza basso da non farsi sentire da lui. Alzò gli occhi al cielo quando le venne presentata anche un’altra donna che lavorava lì, come se fosse stato il servizio di presentazioni della città. Possibile che avesse bisogno di conoscere i nomi di tutti e che tutti dovessero conoscere lei affinchè potesse svolgere il suo lavoro? Annuì, osservando con attenzione i monitor, quando finalmente potè entrare in contatto con l’oggetto del crimine, cercando di fare una veloce scansione per una diagnosi veloce utilizzando la sua particolarità. Stava quasi per iniziare con la diagnostica e ad aprire il primo monitor quando Taylor le chiese potesse in qualche modo aiutarla. Si voltò verso di lui, inarcando appena un sopracciglio verso l’alto, con aria non troppo convinta. -Chiarimenti sui modelli? Sul serio? - chiese, cercando di comprendere se avesse sentito bene o se fosse stato soltanto uno scherzo. -Ma chi cazzo pensi di aver chiamato? Il tizio che fa la manutenzione alla scuola elementare? - domandò, quasi sconcertata da una simile indelicatezza, scuotendo il capo, come se quella frase avesse potuto onestamente ferirla nell’orgoglio. -Quanto è efficiente la sorveglianza durante l’orario di chiusura? - chiese, mentre si aggirava intorno ai monitor, osservandoli con una certa attenzione. -Qualcuno avrebbe potuto avere libero accesso a questa stanza per cercare di manomettere la sorveglianza? - chiese, cercando di comprendere da dove poter partire per capire le cause del malfunzionamento. Poteva trattarsi si un semplice guasto, certo, ma era abbastanza strano che fosse capitato a due monitor nello stesso momento, sembrava più una cosa fatta di proposito. -Ti consiglierei di dare un’occhiata ai video di ieri, se li hai. - continuò, mentre iniziava a controllare i cavi di alimentazione, per capire se il problema poteva essere così sciocco e facilmente risolvibile o se avrebbe fatto meglio a cercare cause più profonde e difficili da intercettare. -Hai altro da dirmi? O puoi lasciarmi fare il mio lavoro in pace senza altre rotture di palle? Sai, apprezzo il silenzio quando lavoro. - concluse, rivolgendogli un’altra lunga occhiata prima di tornare a concentrarsi sui monitor. Il fatto di rischiare di perdere dei clienti con quel suo atteggiamento decisamente poco amichevole non la toccava minimamente, a lei non era mai interessato piacere agli altri.
     
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    Taylor Hoogan

    Perfida è l’ironia della sorte. Costringere una persona a vivere una vita che fa a cazzotti con la propria essenza, costringere una persona a cambiare paese per poter rinascere contro la propria volontà. Rinascere. Come se ogni singola scelta della sua vita fosse stata sbagliata, una violenta virata verso una strada torbida come una palude in cui annegare senza ritorno. E qualcuno dall’alto aveva deciso per lui che non doveva percorrere quel sentiero, che la sua intera esistenza era da ricostruire. Un Dio ficcanaso che non aveva accettato il libero arbitrio di uno dei suoi tanti figli. Taylor non aveva chiesto che l’azienda di suo padre andasse in fallimento e tantomeno aveva chiesto di finire in una città sperduta della Norvegia a gestire un fott*tissimo luna park. Eppure…
    Se qualcuno gli avesse chiesto l’opinione avrebbe detto che preferiva la sua vita a San Antonio, i Black Riders – la gang a cui apparteneva molti anni fa – gli mancavano, soprattutto il loro stile di vita fuori dalle righe. Con loro non doveva fingere di avere sentimenti o di ricordarsi le buone maniere, andava libero per le strade di San Antonio e veniva osservato dai passanti con uno sguardo di rispetto misto a timore. Lì tutti sapevano chi era e non cercavano di avvicinarsi a lui oltre il muro della superficialità. Chi voleva essere amico di un membro di una gang? Taylor non aveva bisogno di legami, servivano solo a renderlo debole e preda delle emozioni. I rapporti includevano obbligatoriamente dei sentimenti, era un pacchetto unico che Taylor rispediva al mittente con una puntualità svizzera. Aveva provato diverse volte ad intessere amicizie o addirittura qualche conoscenza amorosa, ma nulla di tutto questo era durato più di qualche desolato mese. Era come se dopo un determinato ammontare di tempo ci fosse un timer che prepotentemente iniziava a suonare con la forza di un piccolo uragano, investendo tutto e tutti senza distinzione. Onde di energia distruttive, senza freni, senza limiti. Eppure…
    Eppure Taylor in parte detestava questo suo lato distruttivo che non aveva rispetto per gli altri, era come se una parte di se’ mentisse all’altra e viceversa. Amava essere guardato con timore tenendo lontane le persone, dall’altra parte sentiva una solitudine devastante. Controllare la situazione e le relazioni era più facile che lasciarsene travolgere, come gli era già successo in passato. Meglio sentirsi soli e lenire i vuoti con dei rapporti occasionali che soffrire senza poter decidere quando arginare il dolore o la speranza…

    Quel mercoledì mattina era più indolente del solito, non aveva alcuna voglia di sentire nessuno. Infatti si era affrettato a raggiungere la sala di controllo, l’unica safe zone di tutto il luna park dove i clienti non avevano accesso. Sapeva di dover incontrare il tecnico che lui stesso aveva assunto per riparare i monitor di sicurezza che avevano smesso di funzionare nottetempo. Quando arrivò in sala trovò una ragazza giovane, più o meno della sua età, gli venne presentata da Finn come Nora Berg. Non dava l’idea di essere una persona molto estroversa vista la sua reazione alla breve attesa del suo arrivo. ”Pensavo che avrei dovuto aspettare tutto il giorno.”
    Taylor alzò un sopracciglio con aria stupita per quelle parole molto dirette, ma non commentò, preferì accompagnare direttamente la ragazza alla postazione dove avevano necessità del suo aiuto. Come sempre Finn interferì prendendolo un po’ in giro e facendo delle battute sciocche sul fatto che era una persona losca da cui stare lontano, ma anche in quel caso Nora non aveva mostrato un particolare interesse per quello che le accadeva intorno. Wow! Aveva trovato una persona più insofferente di lui, il che era davvero una rarità! Di solito era Taylor quello che veniva rimproverato per il suo comportamento troppo duro o rude o tutti gli altri difetti che gli si potevano affibbiare per il suo atteggiamento strafottente.
    L’unica volta che aveva deciso di comportarsi in maniera quasi socievole e addirittura quasi gentile gli si era ritorto contro. ”Chiarimenti sui modelli? Sul serio?” la ragazza pareva offesa per quello che le aveva appena chiesto. Ma come, solitamente veniva mandato a farsi fott*ere quando rispondeva male alla gente e invece adesso era molto, ma molto tentato di chiuderle la bocca con un flusso di parolacce creative da lasciarla senza parole. ”Ma chi cazzo pensi di aver chiamato? Il tizio che fa la manutenzione alla scuola elementare?” a quella frase Finn, che fino a quel momento gli aveva dato le spalle, si girò con la sua sedia con le ruote e rimase a fissarli mentre succhiava rumorosamente i suoi noodles istantanei. Era come essere al cinema, solo molto meglio!
    ”Veramente credevo di aver chiamato qualche ragazzina delle elementari quando ti ho vista, ma a quanto pare mi sbagliavo! Fai un po’ come ti pare Miss so tutto io!” se non fosse stato colto così di sorpresa probabilmente l’avrebbe cacciata di lì senza nemmeno rifletterci, ma trovava divertente quell’assurda differenza tra le apparenze di Nora e il suo modo di essere. Si somigliavano in parte, anche se lui era duro e rozzo anche all’esterno, soprattutto all’esterno.
    ”Quanto è efficiente la sorveglianza durante l’orario di chiusura? Qualcuno potrebbe avere libero accesso a questa stanza per cercare di manomettere la sorveglianza?” Taylor non aveva minimamente preso in considerazione un’opzione del genere, chi poteva essere interessato a manomettere la sorveglianza di un arrugginito luna park? Fissò Nora con aria scettica, come se gli avesse appena detto una delle più grandi banalità che avesse mai sentito.
    ”Nessuno può entrare senza chiave, c’è una serratura e un lucchetto all’esterno. Avremmo trovato segni di effrazione se fosse entrato qualcuno.” mentre ascoltava Nora parlare aveva dimenticato la sigaretta che stringeva tra le dita, riprese a farla roteare lentamente e poi se la mise dietro l’orecchio.
    ”Ti consiglierei di dare un’occhiata ai video di ieri se li hai.” quella donna era davvero particolare, era capace di vagliare opzioni di complotto o di infiltrati, ma non di tenere a freno la lingua. Era davvero una delle persone più curiose che avesse conosciuto da quando si era trasferito a Besaid, gli faceva venire voglia di provocarla per vedere fino a dove arrivava la sua linguetta tagliente. Probabilmente rischiava un vaffan**lo o anche una sberla sulla faccia se la sua prima impressione su di lei era corretta...
    ”Va bene, Sherlock. Agli ordini!” le fece l’occhiolino rivolgendole un sorrisino beffardo, di solito era quella specie di ghigno che lo faceva finire nei guai perché la gente si sentiva presa in giro anche quando per lui non era altro che un marcato segno di divertimento.
    ” Hai altro da dirmi? O puoi lasciarmi fare il mio lavoro in pace senza altre rotture di palle? Sai, apprezzo il silenzio quando lavoro.” un’altra bomba di Nora Berg lanciata a sorpresa. Nora 10 - Taylor 0. Questo modo di fare gli ricordava se stesso e non riusciva a prendersela con lei per questo, piuttosto gli provocava un’insolito senso d’ilarità. Come arrabbiarsi con la versione femminile di se stessi?
    ”E io che volevo offrirti del caffè per essere un buon padrone di casa, ma credo proprio che mi farò aiutare da Finn coi video della sicurezza e ti lascerò in pace.” Taylor si strinse nelle spalle osservandola per un istante mentre smanetteva coi cavi e coi monitor, oggetti appartenenti a un mondo misterioso per lui. Stava per andarsene, ma doveva darle fastidio prima di farlo. Dio, quanto sapeva essere infantile a volte! Le si avvicinò da dietro lentamente, accostò la bocca al suo orecchio e le sussurrò: ”Buon lavoro, maga dei computer...” sapeva di aver appena invaso il suo spazio personale, lo aveva fatto di proposito per vedere la sua reazione. Le diede le spalle e raggiunse Finn senza aggiungere altro.
    ”Hey, stro*zo! Hai finito di ridere? Tira fuori i video della sala di controllo di stanotte così vediamo se effettivamente è successo qualcosa di strano.” Taylor diede uno scappellotto al suo amico Finn che era scosso silenziosamente dalle risate, persino lui aveva capito che era meglio mantenere un profilo basso in quella situazione. Nora e Taylor erano due belle teste calde a quanto pareva e non c’era da stare tranquilli se si trovavano nella stessa stanza.
    ”Strano che tu abbia mantenuto la calma con questa ragazza, che c’è? Ti piace?” Finn gli rifilò una gomitata tra le costole e Taylor in tutta risposta gli strinse il collo con un braccio.
    ”Piantala di fare il cog*ione! E’ che mi somiglia questa ragazza, risponde esattamente come farei io. Posso arrabbiarmi con la versione femminile di me stesso?” espresse a voce alta il pensiero che prima gli aveva solo attraversato la mente, era la verità senza filtri. ”Comunque premi play e vediamo di scoprire qualcosa.” entrambi parlavano a voce bassa per non scatenare l’ira di Nora che chissà se avrebbe pronunciato un’altra parola oltre a “Ciao” prima di uscire e forse “Pagami, idiota!” subito dopo.
    ”Ferma lì il video, ma che diamine è quell’ombra vicino alla porta? Fai andare avanti ancora di poco” Taylor puntò il dito sul monitor davanti a se’, possibile che quell’ombra massiccia e molto bassa vicino la porta fosse un animale? Ma non poteva essere entrato da lì, avrebbero trovato tutto aperto. Poi gli venne in mente una cosa: ”Finn, ieri sera quando hai fatto la chiusura... ti sei ricordato di chiudere anche la finestra del bagno? Lo sai che quella è la finestra che si trova al livello più basso di tutta la sala...” mentre parlava vide l’espressione del suo dipendente che cambiava lentamente, da un’espressione di scherno a una di preoccupazione e anche di senso di colpa. Lo sapeva! Aveva lasciato aperto la finestra del bagno, da cui sarebbe potuto entrare persino un ragazzino con un minimo di agilità. Taylor si alzò in piedi fulminandolo con lo sguardo, ma non disse nulla. Si avviò verso la macchinetta del caffè, ne prese due e si diresse verso la postazione dov’era seduta Nora. Attirò a se’ la prima sedia vuota che trovò, la mise al contrario e si sedette a gambe larghe accanto alla ragazza. Poggiò uno dei due caffè accanto a lei in segno di pace prima di dirle cosa aveva scoperto: ”Il mio collega ieri sera ha lasciato la finestra del bagno aperta. Dai video risulta che un animale girovagava attorno alla sala di controllo durante la notte, non ti so dire di che animale si tratta, i video sono troppo scuri per esserne certi. Però la finestra è stata montata male da chi ha costruito questa baracca ed è talmente in basso che potrebbe entrarci persino un nano. Potrebbe essere stato un animale a rosicchiare i cavi secondo te?” Taylor sorseggiò il suo caffè, poi rivolse il suo sguardo a Nora curioso di sapere quale imprecazione avrebbe tirato fuori per definire Finn per la sua dimenticanza o per definire lui che aveva scelto dei dipendenti così distratti. Insomma era pronto ai suoi modi “garbati e cordiali” tipici di una lady del ‘800, non che lui fosse da meno che sia chiaro!
    ”Insomma, qual’è la diagnosi del paziente maga dei computer?”

    Edited by Aruna Divya - 17/1/2020, 22:56
     
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    Nora non era mai stata capace di cambiare per compiacere un’altra persona. sin da piccola aveva capito che c’era qualcosa di sbagliato in lei, qualcosa di rotto, di spezzato, impossibile da riattaccare. Lo aveva visto nello sguardo deluso e preoccupato di suo padre, in quello furente e sempre insoddisfatto di sua madre, che aveva trascorso la sua non troppo lunga esistenza a cercare di farle comprendere quanto poco fosse felice di averla avuta. Aveva deciso di portare a termine quella gravidanza soltanto perché sperava che un figlio avrebbe potuto salvare il suo matrimonio e tenere suo marito al suo fianco, anche se era evidente che le cose tra loro non andassero bene da tempo. Purtroppo Nora non era stata la risposta che lei aveva cercato ed era forse stato per questo che tra le due donne non si era mai instaurato un buon rapporto. Erano diverse, tanto, forse troppo. Emily era sempre stata troppo interessata a quello che gli altri pensavano di lei, ad apparire sempre impeccabile, perfetta in ogni dettaglio, nascondendo tutti i problemi sotto al tappeto, fingendo che non esistessero. Non aveva mandato giù facilmente il totale disinteresse che sua figlia aveva invece mostrato per il mondo circostante. Non le erano mai piaciuti i vestiti, i trucchi, acconciarsi i capelli, apparire come una persona curata ed elegante. A Nora interessava soltanto del suo mondo informatico, di quel piccolo angolo che si era ritagliata sin dall’infanzia e che con il tempo era divenuto sempre più grande, tanto che a tratti ora lo confondeva con la realtà e non riusciva più a distinguere cosa fosse tangibile e cosa no. Parlare con le macchine era sempre stato molto più semplice per lei che parlare con le persone e sebbene nel profondo sapesse che quello fosse sbagliato, non poteva comunque farne a meno. Tutti gli psicologi che aveva dovuto frequentare sin dalla più tenera età per tentare di risolvere quella sua generale apatia e la sua insofferenza nei confronti delle altre persone non erano mai riusciti ad aiutarla. Soltanto con Helen, l’ultima psichiatra da cui si era recata, aveva fatto qualche piccolo progresso, ma ancora non poteva dire di essere guarita, anzi, ad essere onesta non pensava che una guarigione fosse possibile. Perché preoccuparsi di fare una buona impressione agli altri, dopotutto, se tanto le persone non aspettavano altro che pugnalarti alle spalle alla prima occasione? Aveva provato, ci aveva creduto davvero, ma dopo la morte di Tim era caduta di nuovo a fondo in quel baratro che ormai aveva la forma perfetta per accoglierla. Chi nasce sbagliato muore sbagliato, Emily glielo aveva ripetuto sino al giorno in cui aveva deciso di farla finita e Nora era sempre stata convinta che lei avesse ragione, almeno su quello. Forse era per questo motivo che aveva tentato di farla finita anche lei, in alcune occasioni, ma qualcuno le aveva sempre impedito di poter arrivare sino in fondo. Le persone erano un enorme mistero per lei. Prima la ignoravano, la isolavano, e poi le impedivano di raggiungere la sua unica via d’uscita. Non era forse terribilmente egoista anche questo? Le macchine invece non sapevano neanche che cosa fosse l’egoismo, o l’ingiustizia, ed era per questo che si trovava tanto bene con loro. Le stringhe di codici non potevano mentire, i componenti elettronici erano lì, palpabili, così semplici da riconoscere e da comprendere, a differenza di tutto ciò che poteva comporre un essere umano. Ed era per le macchine che Nora continuava a fare il suo lavoro, per aggiustarle, per farle stare meglio, perché potessero riprendere il loro corretto funzionamento, non certo per fare felici le persone che la assumevano. Di loro, ad essere onesta, non le era mai importato nulla.
    Non mancò tuttavia di far notare il suo disappunto per l’attesa a cui l’avevano costretta. Se avesse saputo che per poter iniziare a svolgere il suo lavoro avrebbe dovuto attendere i comodi del proprietario se la sarebbe presa con molta calma anche lei. Inarcò un sopracciglio quando il ritardatario le diede della ragazzina delle elementari e poi della “Miss so tutto io”, meditando per un momento sull’idea di mandarlo a quel paese e dirgli di risolversi i suoi problemi da solo. Per Nora esisteva una sola persona che aveva il diritto di offenderla e trattarla come una ragazzina ed era quello scaricatore di porto di suo cugino che, negli ultimi tempi, condivideva l’appartamento con lei. Continuò quindi a fissare Taylor ancora per qualche momento con un cipiglio particolarmente concentrato, mentre la sua mente si spostava alla ricerca del suo telefono, dal quale cercò di estrarre e tenere a mente tutto il materiale che riusciva a reperire, per poi dare un input un po’ più potente ai circuiti e fargli dare una leggera scossa, non prima ovviamente di aver riportato l’attenzione sul computer, fingendo di non avere nulla a che fare con quel piccolo dettaglio. Se c’era una cosa che l’aveva sempre divertita era utilizzare la tecnologia contro le persone, senza che gli altri riuscissero mai a capire da dove provenissero i malfunzionamenti che facevano quasi pensare che i loro telefoni o i loro computer fossero posseduti dagli spiriti. Avrebbe potuto facilmente eliminare ogni contatto nella sua rubrica, oppure fare un reboot dell’apparecchio senza che lui neanche se ne accorgesse, ma per il momento si sarebbe limitata a quella piccola scossetta e nulla più. Il proprietario sembrava convinto che nessuno potesse entrare al di fuori dell’orario lavorativo, visto che chiudevano tutto con un lucchetto esterno e non avevano trovato segni di effrazione sino a quel momento, ma lei non sembrò affatto soddisfatta della risposta. Cercò di evitare di prestare attenzione alle sue battute, come il suo definirla Sherlock, che le fece ancora una volta inarcare il sopracciglio con aria vagamente stizzita. Non era lì per giocare o per essere amichevole con le persone, era lì soltanto per lavorare. Neanche la vaga offerta di un caffè, che probabilmente non sarebbe mai arrivato, aiutò a distoglierla dalla sua voglia di lasciarlo perdere e concentrarsi sugli schermi difettosi. Quando tuttavia il ragazzo si avvicinò troppo, con il semplice intento di darle fastidio, si voltò in maniera più aperta nella sua direzione. -Fallo di nuovo e non sarà più solo di un paio di monitor che dovrai preoccuparti. - gli disse, con tono serissimo, guardandolo dritto in volto. Dopotutto, come poteva sistemarglieli, poteva anche peggiorare il problema in modi così raffinati che per molti sarebbe stato difficile capire come risolvere. Se c’era una cosa che Nora detestava era che le persone invadessero il suo spazio vitale senza il suo permesso. Soltanto quando era sbronza oppure strafatta, lasciava che gli altri rompessero quelle distanze senza lamentarsi, anzi, invitandoli a farlo, ma quando era lucida e sveglia preferiva mantenersi ad una buona distanza da qualunque essere umano.
    Si isolò completamente dall’ambiente circostante, non appena lui si decise a lasciarla lavorare in pace, cercando di connettersi al sistema e di rilevare il problema. Avrebbe potuto farlo anche in maniera tradizionale, ma quando usava la sua particolarità era tutto molto più veloce. Certo, questa le causava sempre un gran mal di testa, ma visto che aveva la pessima abitudine di non dormire, se non per massimo due, tre ore a notte, poteva dire di averci fatto l’abitudine. Identificò un problema nell’alimentazione e si mosse quindi velocemente per controllare i cavi, notando dei piccoli tagli che dovevano essere la causa principale di quel mal funzionamento. Sarebbe bastato sostituirli per farli funzionare di nuovo. Non pensò neanche di domandare a Taylor se ne avessero qualcuno di riserva, quando le avevano detto che avrebbe dovuto lavorare dei monitor si era portata dietro alcuni cavi che avrebbe potuto utilizzare per le sostituzioni se ce ne fosse stato bisogno e quindi iniziò ad armeggiare dentro il borsone che si era portata. Appena riuscì a trovare quello che stava cercando il tizio tornò nella sua direzione, facendole sapere che un animale doveva essere entrato la sera prima da una finestra che avevano dimenticato aperta. -Sì, è possibile. - disse, mentre la sua mente iniziava a formulare alcune ipotesi, rimanendo per qualche altro momento seduta sul pavimento a riflettere. Con la coda dell’occhio notò il caffè che le aveva portato e lo acciuffò con una mano mandandone giù un lungo sorso. -Il cavo dell’alimentazione è rotto, ne ho qualcuno con me per fare la sostituzione, però.. - disse, fermandosi a metà della frase, sempre più pensierosa. Lasciò cadere il cavo a terra e con un leggero balzo si tirò di nuovo in piede sulle sue gambe. -Fammi vedere quei video! - aggiunse, e non era una richiesta gentile, suonava quasi come un ordine. Si mosse velocemente verso la zona dove gli altri due avevano visionato il filmato, osservandolo con una certa attenzione. -Riportalo indietro. - chiese a Finn, senza neanche guardarlo, più di una volta, convinta che ci fosse qualcosa che non andava, sorridendo soddisfatta quando alla fine lo trovò. -Ecco, lo vedi? - chiese, indicando un’ombra appena visibile sul lato dello schermo, facendogli fermare il video su un fotogramma ben preciso. -Non è un animale, è una persona che può tramutarsi in un piccolo animale. - spiegò, abbastanza convinta che gli altri due non fossero ancora riusciti a seguirla. A Besaid non erano certo impossibili cose come quelle. Anche a lei era capitato che qualcuno cercasse di entrare dentro il suo negozio, ma era stata particolarmente attenta nel progettare il sistema di sicurezza e nessuno era mai riuscito a cavarsela troppo bene. -Il taglio era troppo preciso per essere opera di un animale, qualcuno lo ha fatto con un coltellino per farlo sembrare un incidente. - continuò, ragionando a voce alta mentre continuava il processamento dei suoi pensieri. -Qual è il computer che ha i diritti di amministrazione? Quello da cui puoi accedere ai log di tutti gli altri? - domandò, sempre più seria, in direzione di Taylor, terminando con un ultimo sorso il caffè che le aveva portato, per poi buttare il contenitore in un cestino. -Allora? Voglio controllare se qualcuno ha modificato qualcosa ieri notte. E’ da qui che potete controllare i giochi no? Se qualcuno li ha manomessi e accadesse un incidente potreste finire nei guai. - spiegò, cercando di essere più chiara. Se una giostra si fosse bloccata in modo anomalo, o avesse aumentato la sua velocità senza motivo e qualcuno si fosse ferito era abbastanza convinta che la polizia non ci sarebbe andata troppo leggera.
     
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    Taylor aveva deciso di sfidare la sorte stuzzicando Nora quel giorno, le aveva dato così tanti soprannomi e fatto battute talmente infantili da meritarsi una sonora sberla sulla faccia, invece lei non lo calcolò nemmeno. Il karma aveva deciso di mettersi dalla parte della donna perché il telefono nella sua tasca gli diede una leggera scossa attraverso il tessuto dei pantaloni, non gli era mai successa una cosa del genere. Doveva rivolgersi a Nora anche per quel problema? Meditò per la prima volta in silenzio da quando quella ragazza aveva messo piede nella loro sala di controllo, ma decise di lasciar perdere vista la sua espressione stizzita. Non una parola per le sue battute fin troppo amichevoli, la osservava mentre alzava il sopracciglio col suo piglio altero e forse proprio questa indifferenza lo condusse al passo successivo troppo azzardato persino per lui. Si avvicinò al suo orecchio invadendo definitivamente lo spazio personale della ragazza e finalmente reagì: ”Fallo di nuovo e non sarà più solo di un paio di monitor che dovrai preoccuparti.” lo sguardo della ragazza lo trafisse da parte a parte molto più di quanto non avessero fatto le sue parole pronunciate con una serietà stoica. Taylor alzò una mano come in segno di scusa e si diresse verso la postazione di Finn per visionare con lui i video della sera precedente, trattenendo a stento un ghigno divertito sulle labbra. Quella ragazza gli dava filo da torcere e non era di certo una di quelle che si faceva mettere i piedi in testa, se ne accorse sin dalla prima parolaccia che gli aveva lanciato contro, aveva apprezzato quella sincerità spavalda molto simile alla sua. Il ragazzo lasciò per un po’ che Nora facesse il suo lavoro, mentre lui e Finn guardavano i video di sorveglianza, certi che non ci fosse nulla di strano, finché non vide una strana ombra nei pressi della porta della sala di controllo. Si voltò verso il suo amico intuendo immediatamente che effettuando la chiusura il giorno prima aveva dimenticato di chiudere l’unico punto d’accesso difettoso a quella stanza altrimenti perfettamente sicura. ”Cazzo Finn, la finestra del bagno!” si portò la mano sul viso ed evitò di aggiungere altro, mentre Nora si avvicinò a loro ordinandogli di far vedere anche a lei quelle immagini. ”Ecco, lo vedi? Non è un animale, è una persona che può mutarsi in un piccolo animale!” i due uomini si guardarono con aria perplessa, non erano certi di aver capito bene, quindi si trattava un sabotaggio in piena regola? Chi poteva aver cercato di accedere alla control room, ma soprattutto per quale motivo? Quello era solo un ammasso di ferraglia, a chi poteva interessare di manomettere delle inutili giostre? Taylor era convinto di non avere ancora nemici lì, se fosse stato a San Antonio la risposta a quel quesito sarebbe stata praticamente scontata, ma lui e la sua famiglia erano approdati a Besaid da pochissimo tempo. I suoi genitori gli avevano nascosto qualche screzio? ”Quindi qualche stronzo è interessato a farci i dispetti come i ragazzini a scuola? Finn chi cazzo potrebbe essere?” si voltò verso il suo amico, sistemandosi meglio sulla sedia girata al contrario, allargò meglio le gambe per spingersi più avanti a guardare i monitor. Prese il caffè che aveva lasciato prima sulla console di lavoro e ne mandò giù un paio di sorsi. ”Il taglio era troppo preciso per essere opera di un animale, qualcuno lo ha fatto con un coltellino per farlo sembrare un incidente. Qual è il computer che ha i diritti di amministrazione? Quello da cui puoi accedere ai log di tutti gli altri?” Taylor non rispose subito, intento a passare in rassegna mentalmente tutte le persone che conosceva e che avevano mai messo piede lì dentro – perlomeno in sua presenza. ”Il computer principale è quello su cui lavora sempre Finn, è proprio questo su cui stiamo vedendo i video. senza che il suo amico avesse detto qualcosa per provocarlo o altro, Taylor gli diede una sberla dietro al collo. ”Ti rendi conto che per una finestra aperta qualcuno ha messo le mani sui nostri dati? Neanche fossimo Disneyland con una nuova attrazione! Cosa vogliono copiarci, la giostra coi cavalli che esiste dalla notte dei tempi?” emise un verso scocciato e si alzò in piedi tenendo stretta tra le mani la tazza vuota di caffè, si allontanò giusto il tempo di buttarla nel cestino per poi fare ritorno. ”Devo avvisare mia madre di questa situazione, siamo proprietari a metà di questo luogo arrugginito.” tra un’imprecazione e un’altra prese il telefono dalla tasca dei pantaloni e chiamò i suoi genitori chiedendogli di raggiungerlo non appena si fossero liberati dagli impegni della giornata. Non appena attaccò tornò a sedersi accanto a Nora ascoltando cosa aveva da dire riguardo a eventuali incidenti causati da quella manomissione notturna. ”Credi che sia il caso che chiudiamo il luna park per oggi? Non vorrei che succeda qualcosa d’imprevisto mentre siamo tutti qui, effettivamente hai ragione, non sappiamo ancora cosa abbiano fatto a questi dannati pc.” Taylor incrociò le braccia al petto fissando il pavimento per un breve istante e poi gli venne in mente la lite che aveva avuto con Kat, la ragazza del banco dei dolci. Come poteva dimenticare la sberla che gli aveva dato per averle ricordato che tra di loro non c’era altro che sesso? E poi il giorno stesso aveva portato al loro chiosco una nuova candidata che si era proposta di aprire un’attività simile alla loro. Kat non era il tipo da fare cose del genere e poi l’aveva portata in sala di controllo solo per qualche preliminare, non avevano nemmeno parlato in quelle rare occasioni in cui si erano trovati assieme lì dentro, a meno che i gemiti non valessero come parole. Quindi non poteva sapere nulla dei computer e delle password, a meno che dietro quel faccino perfettamente curato e truccato non si nascondesse un hacker di prima categoria. Lo escluse categoricamente e cercò di trovare nella sua testa un’ipotesi più plausibile, ma non gli veniva in mente nulla. Stava per gettare la spugna quando squillò il telefono e lesse che un numero sconosciuto gli aveva inviato un sms: 'Così imparate a rispettare il valore di una persona, *****' a seguire una serie di bestemmie e insulti che non era il caso di leggere a voce alta. Taylor voltò il telefono in silenzio verso Finn e Nora. Finalmente aveva capito. ”Qualche mese fa abbiamo licenziato il tecnico della manutenzione e lo abbiamo sostituito piuttosto in fretta. Mio padre lo aveva beccato mentre rubava le scorte dei chioschi che si occupano della ristorazione. La prima volta è stato solo ripreso, la seconda volta che lo abbiamo colto sul fatto non c’è stata alcuna esitazione: licenziato in tronco e con le giuste cause. Potrebbe essere una vendetta personale. Cristo! Perché non ci ho pensato prima?” Taylor strinse gli occhi mentre guardava la Maga del computer e Finn, finalmente quell’assurda situazione iniziava ad avere un senso.

    Edited by Aruna Divya - 10/2/2020, 10:43
     
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    Sebbene dovesse avere a che fare con le persone continuamente per via del suo lavoro, non aveva mai imparato davvero come fare. Continuava a fare e dire le cose sbagliate senza mai imparare dai suoi errori. Non era certo per la sua simpatia o il suo spirito che i clienti si rivolgevano a lei ma piuttosto perché nel suo lavoro sapeva essere la migliore, inutile negare le sue innate doti quando si parlava di avere a che fare con apparecchi elettronici. Dopo aver effettuato qualche primo controllo quindi raggiunse gli altri due, che stavano verificando i video di sorveglianza per capire se qualcuno potesse aver fatto irruzione all’interno della sala di controllo durante la notte. A quanto pare avevano dimenticato di chiudere una piccola finestrella del bagno, da cui nessun essere umano, se non forse un bambino, sarebbe potuto passare per entrare. Sebbene avessero a che fare con le particolarità tutti i giorni nessuno rifletteva mai troppo sul modo in cui queste potevano essere utilizzate per fare più o meno qualunque cosa. Era impossibile riuscire a prevedere ogni possibile combinazione, ma per una come lei, che non riusciva mai a tenere la mente ferma e a fidarsi di nessuno, pensare che qualcosa di orribile potesse sempre accadere era un pensiero costante e abbastanza semplice da portare avanti. Annuì distrattamente quando Taylor iniziò a vagliare alcune ipotesi sul possibile colpevole. Forse non si trattava solo di scherzi da ragazzini, forse la situazione poteva essere più seria, ma non stava a lei farglielo notare. Spiegò comunque quanto era riuscita a comprendere da una prima analisi dei cavi, dalla tipologia di taglio, anche se effettivamente non poteva sapere quali ragioni potessero aver spinto qualcuno a fare una cosa come quella. Esistevano anche semplicemente persone a cui piaceva genere caos e uno scandalo al Luna Park, con molti feriti di mezzo, avrebbe sicuramente scatenato un certo scompiglio e mandato le persone nel panico. Dopotutto era lì che, qualche anno prima, un pazzo aveva costretto alcuni abitanti ad attaccarsi tra di loro, qualcuno non aveva ancora dimenticato quello spiacevole avvenimento. Seguì con attenzione i loro discorsi, mentre cercava di continuare a ritracciare dei dati dal computer principale, ora che sapeva che lo aveva davanti. Sembravano abbastanza sorpresi dalla notizia e il proprietario pensò che fosse meglio parlarne con l’altra proprietaria di quel luogo per capire se fosse meglio prendere delle altre precauzioni o in generale come comportarsi. Lei continuò a lavorare, cercando di isolarsi dal chiasso quando l’uomo prese il suo telefono, sperando che i genitori lo raggiungessero il primo possibile. Soltanto una volta terminato quel discorso di sedette di nuovo accanto a lei, cercando di giungere al punto della situazione.
    Arricciò appena le labbra, con aria pensierosa, quando lui le chiese se fosse il caso di chiudere il Luna Park per evitare dei problemi, almeno per quel giorno. -Dammi cinque minuti. - disse, soltanto, chiudendo gli occhi e cercando di concentrarsi con maggiore attenzione, mentre teneva il corpo immobile e di muoveva utilizzando soltanto la mente per fare più in fretta. Analizzò tutti gli ultimi aggiornamenti nelle varie attrazioni, cercando di tornare indietro fino a dodici ore prima, fino a che non le parve di notare qualcosa di strano. -E’ normale che la ruota panoramica debba fermarsi alle 18? - chiese, per capire se fosse una loro consuetudine o se qualcuno l’aveva impostato per un motivo specifico. Non le sembrava un orario adatto per mostrare dei fuochi d’artificio, che avrebbe sicuramente avuto un effetto migliore con il calare delle tenebre, quindi la cosa le aveva dato da pensare. -Non mi è sembrato di vedere nient’altro di sospetto, ma posso cercare meglio. - aggiunse, aspettando direttive da parte sua rimettersi all’opera. Per andare più a fondo ci sarebbe voluto più tempo, dato che non poteva abusare della sua particolarità, ma entro la mattina non sembrava dover capitare nulla di strano. Nessun altro macchinario sembrava essere stato modificato. Magari poteva essere una buona idea quella di sospendere l’attività della ruota panoramica, con la scusa di un guasto e dare un’occhiata più approfondita, ma a parte quello le sembrava che potessero stare tranquilli, almeno per il momento.
    Poi, poco dopo, un messaggio rovinò ulteriormente l’umore di Taylor che voltò il telefono nella loro direzione per mostrare quello che gli avevano appena scritto. Sembravano delle minacce non esattamente velate. A quanto pare avevano avuto dei problemi con uno dei tecnici della manutenzione che aveva rubato alcune scorte di cibo e per questo era stato licenziato e sostituito. Uno nella sua posizione in effetti avrebbe potuto conoscere perfettamente il funzionamento delle attrazioni. -Quanto era bravo? - chiese, per capire fino a che punto poteva essere stato in grado di nascondere le sue tracce e organizzare un buon piano. -Forse dovreste rivolgervi alla polizia per cercarlo. - propose, stringendosi appena nelle spalle. Lei si occupava spesso di cercare illegalmente alcune persone ma sapeva che esporsi in tal senso non era affatto una buona idea e che qualcuno avrebbe potuto denunciarla anche soltanto per aver suggerito un’opzione sbagliata. Aveva fatto diversi favori a persone non esattamente raccomandabili, coperto le loro tracce, trovato persone che avevano cercato di nascondersi, la sua fedina penale non era esattamente immacolata ma sapeva bene come coprire le sue tracce. -Il mio lavoro non è gestire questo tipo di situazioni, quindi tutto ciò che posso dirti è che non mi sembra di rintracciare niente di troppo preoccupante al di fuori di quella ruota panoramica, quindi non so se sia o meno il caso di chiudere, questo dipende da voi, da quanto pensate che la situazione possa degenerare e dall’abilità della persona in questione. - disse quindi, limitandosi ad esprimere quello che era il suo parere. Non sapeva come si gestivano i momenti di crisi, lei nel suo negozio e nel suo lavoro non aveva mai dovuto affrontare nulla di simile. Immaginava che organizzare un posto come quello, dove entravano ogni giorno diverse centinaia di persone, non fosse una cosa da poco e che in mezzo alla folla potesse esserci il rischio di perdere di vista chi si stava cercando, ma se avessero chiuso il tipo non si sarebbe certo avvicinato e avrebbe capito di essere stato colto con le mani nel sacco. Il messaggio ad ogni modo non era stato certo un tocco di genio visto che, a quel punto, chiunque avrebbe intuito che aveva combinato qualcosa. Non doveva certo essere un genio del crimine quindi, secondo il suo parere, non avevano poi nulla da temere. -Non mi sembra molto brillante comunque, credo volesse semplicemente far spaventare qualche persona e portarvi un po’ di pubblicità negativa, nulla di più. - terminò, con un’altra scrollata di spalle. Dopotutto quello doveva essere un luogo di divertimento, sarebbe bastato molto poco per far cambiare idea a qualcuno e spargere la voce che i nuovi proprietari non si preoccupassero di controllare i macchinari e fare la giusta manutenzione e quello sì che sarebbe stato un dramma per gli affari.
     
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    Non amava quel posto, anzi lo odiava. Fosse dipeso da lui quel fottuto luna park poteva andare a rotoli da un momento all’altro senza problemi, eppure non riusciva a lasciarlo davvero alla sua sorte. Quella era l’occasione perfetta per sbarazzarsi di quell’ammasso di ruggine e invece si stava prodigando per proteggerlo e per tutelare la sicurezza di tutti i clienti. Ma che razza di rammollito era diventato da quando aveva lasciato gli Stati Uniti? La famiglia prima di tutto, che sentimentalismo futile eppure era per quello che aveva chiamato subito sua madre e stava cercando con Nora la soluzione migliore per limitare i danni causati da Edison, il tecnico della manutenzione che avevano licenziato da poco tempo. Si poteva essere più imbecilli di lui? Mandare un sms minatorio dopo aver manomesso i computer del luna park equivaleva a un’ammissione di colpa, se lo avessero denunciato ci sarebbero state ripercussioni piuttosto pesanti per lui. Taylor scosse la testa annoiato da quell’affollamento di pensieri inutili, cosa importava a lui se perdevano credibilità e affidabilità lì in quel buco di paese della Norvegia? Strinse i pugni mentre si accostava alla sedia di Nora, sapeva che in realtà in qualche remoto meandro di se stesso aveva bisogno di quel posto. Besaid era la loro città della fenice, la seconda opportunità che si erano sudati fino all’ultima goccia di sudore e anche se non voleva ammetterlo, non avrebbe mai permesso a nessuno di distruggere di nuovo i suoi genitori. ”E’ normale che la ruota panoramica debba fermarsi alle 18?” di consuetudine il Drømme chiudeva alle 19 tranne che sotto le festività in cui organizzavano degli eventi particolari, quindi ci sarebbe stato un gap di un’ora solo su quell’attrazione. ”Dovrebbe chiudere alle 19.00, lo staff sa che l’ultimo giro si effettua entro le 18.40 per permettere a tutti di defluire prima dell’orario di chiusura del luna park… che stronzo, voleva lasciare la gente sospesa così da spaventarli!” per essere un tecnico di basso livello aveva calcolato bene i tempi e la giostra giusta per creare scompiglio, sapeva che la ruota panoramica era l’attrazione più gettonata dopo le montagne russe. Finn posò una mano sulla spalla di Taylor, ma quella era la mossa sbagliata da fare in quel momento, infatti il ragazzo si divincolò con forza e si allontanò di qualche passo in silenzio. ”Se avessi chiuso quella cazzo di finestra non saremmo qui! Non voglio fare cose di cui potrei pentirmi, tieni le tue zampe lontane da me!” lì dentro tutti sapevano che quando era arrabbiato bisognava lasciarlo in pace per evitare reazioni inconsulte, ma Finn era l’unico che gli andava incontro di petto in ogni caso senza farsi spaventare dalle parole grosse di Taylor e dalle sue spinte. Chissà perché si fidava ciecamente di lui e dell’affetto che provava nei suoi confronti, una volta si era lasciato scaraventare a terra ben quattro volte per poi rialzarsi ed andargli di nuovo vicino prima che Taylor smettesse di allontanarlo. Da quel momento tra i due si era creato un saldo legame di amicizia, agli occhi di molti poteva risultare strano, si insultavano costantemente e si prendevano a sberle così forti da lasciarsi dei lividi sulla pelle eppure quello era il loro modo di fare cameratismo e di dimostrarsi che ci tenevano l’uno all’altro. In che altro modo poteva dichiarare un sentimento positivo uno a cui in passato non era stato concesso di vedere il buono nel mondo? Finn aveva scorto in lui una luce che da solo non vedeva, gli aveva detto un milione di volte che doveva stare attento perché non era una persona buona e invece era sempre rimasto al suo fianco. Anche in quel momento tornò alla carica e gli diede una forte pacca tra le scapole. ”Fa poco il coglione e ascolta la ragazza, dovremmo chiamare la polizia se i tuoi sono d’accordo!” Finn fissò i suoi occhi scuri in quelli del suo amico e sapeva che non ci sarebbe stata nessun’altra scenata da duro, avevano appena fatto pace a modo loro. Taylor sospirò e incrociò le braccia al petto rimanendo in silenzio ad ascoltare le parole di Nora che seguirono quelle di Finn, fortunatamente pareva che non ci fossero danni gravi oppure altre alterazioni di giostre o del sistema. Nonostante il primo approccio burbero da parte di entrambi quella ragazza si era rivelata una vera professionista e gli era stata davvero utile, le decisioni che avrebbero preso da lì in poi spettavano a lui e alla sua famiglia aveva ragione. ”Non era un gran tecnico, anzi era pessimo, ma non vorrei che oltre ai computer abbia manomesso le attrazioni, sai ingranaggi o meccanismi. Non credo che da qui si possa vedere, no? Per ora mi limiterò a chiudere la ruota panoramica, poi non appena arriveranno i miei decideremo per tutto il resto.” nonostante Nora avesse detto che si trattava solo di una marachella per far prendere qualche spavento e fargli cattiva pubblicità non si fidava di Edison. Taylor era diffidente per natura e probabilmente in quelle poche ore di lavoro lì con loro se ne era accorta persino la ragazza, meglio tutelarsi piuttosto che rischiare un crollo preannunciato. Già in passato erano stati vittime di una frana di fango sul loro nome, era facile gettargliene altro addosso per un’attrazione malfunzionante. ”Hai fatto davvero un ottimo lavoro, ti avevo sottovalutata quando sei entrata, alzo le mani!” sollevò davvero le mani in aria in segno di resa, chiedendo una tregua a quell’incontro burrascoso. ”Maga dei computer, potrei tenerti a mente se ci fossero altri problemi. Finn, comunica allo staff che chiudiamo la ruota tramite le radio senza creare allarmismo.” puntò il suo sguardo su Nora e poggiò una mano sulla console davanti a lei avvicinandosi particolarmente al suo viso. ”Grazie.” l’espressione strafottente era invariata sul suo volto, era una facciata difensiva che non sapeva abbandonare nonostante fosse chiaro dal suo tono di voce che quello era un ringraziamento sincero. Si allontanò lentamente per riprendere le distanze senza interrompere il contatto visivo, risultando più minaccioso che grato finché Finn non tornò nei paraggi per annunciare l’arrivo dei suoi genitori. Salutò Nora poggiando due dita sulla tempia come se fosse stata un capo marine ed uscì dalla sala di controllo lasciandola con Finn per sbrigare le pratiche di pagamento per i suoi servizi. Taylor uscì alla luce del sole attraversando la strada principale del luna park andando incontro alla sua personale città della fenice.
     
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