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Joon ♥ Hobi

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    Per poco non rischiò - per l'ennesima volta in nemmeno un'ora - di perdere l'equilibrio: il forte e resistente guinzaglio che lo legava al suo cane (sì, non viceversa) l'aveva salvato più e più volte, ma a seguito degli ultimi strattoni tornò a chiedersi se da lì a poco non avrebbe perso di vista il suo animale da compagnia. Bobo, il suo adorabile cucciolo di alano, lo accompagnava ormai da un anno e qualche mese; con il tempo le dimensioni erano triplicate fino a farlo assomigliare più ad un esemplare equino che un cane, ma Joon non se ne preoccupava: era solo aumentata la superficie da coccolare e grattare fino a fargli muovere freneticamente gli arti posteriori. Nonostante l'imponente stazza, agli occhi di Joon non rimaneva che uno scricciolo, il piccolo cucciolo che aveva preso in braccio qualche tempo prima e che non faceva altro che guaire o addormentarsi in posti improbabili. Avrebbe potuto perdersi nei dolci ricordi, fra immagini di Bobo che si muoveva con difficoltà sui pavimenti della nuova casa di Joon, proprio come faceva il proprietario, ma un ulteriore strappo lo riportò al presente. «Adagio, Bobo. Fai il bravo, rischi di farmi cadere», seppur serio, non mancò di tingere quel richiamo con un tono più bonario e permissivo; forse era da lì che si generava il problema disciplinare del cane ma, in fondo, Joon lo capiva alla perfezione: certo, aveva ampi spazi attorno alla villa e fra le mura di casa in cui fiondare il naso alla ricerca di una pista interessante, ma nulla sarebbe stato paragonabile ad una passeggiata al Vennelyst. E poi addossare la colpa dello scarso equilibrio di Joon esclusivamente a Bobo sarebbe stato scorretto: il giovane sarebbe stato in grado di inciampare anche in assenza di ostacoli e ciò rendeva ogni passeggiata potenzialmente rischiosa, soprattutto se si aggiungeva alla ricetta letale il dover portare con sé un cucciolo fin troppo cresciuto.
    «Che bella giornata, non trovi, Bobo? Certo, fa un po' freddo, ma il cielo è terso e per lo meno non piove», un sorriso soddisfatto accompagnò quelle poche parole che, in segreto, sperando di non essere spiato da sguardi confusi, rivolse al fidato compagno. Che Bobo si rendesse davvero conto del passare delle stagioni, della concezione di un "bel" tempo diviso da un "cattivo" tempo? In fondo, l'importante era trovarsi al parco, no? Probabilmente, pensò Joon, al cane sarebbe piaciuto sguazzare in qualche pozzanghera, costituendo un bel problema per la sua vasca da bagno una volta tornati a casa. Come tutti i proprietari di cani che si rispettino, Joon non disdegnava l'idea di poter scambiare quattro chiacchiere con il cane, come se potesse davvero comprenderlo. Si accontentava del vederlo scodinzolare in tutta risposta e, in momenti come quelli, poteva percepire che, anche se ovviamente non capito nei dettagli, almeno era riuscito a comunicare all'amico a quattro zampe la serenità che provava in quel momento. Viaggiò con gli occhi a destra e sinistra, scrutando il cambiamento del paesaggio che era in atto ormai da giorni: le foglie stavano progressivamente ingiallendo e cadendo a terra, il verde si faceva più spento, le persone coperte da sempre più strati di vestiti. Provenendo da una zona decisamente più settentrionale rispetto a Besaid e abituato a temperature molto più basse in confronto a quelle che vigevano in città, Joon ancora stentava a credere di poter uscire senza coprirsi con uno strato di tessuti termici al di sotto dei propri vestiti. Infatti, per poter godere in serenità di quel clima autunnale, gli era bastato avvolgersi al collo una morbida sciarpa grigia (non troppo pesante) e infilarsi un lungo cappotto blu jeans che raggiungeva le ginocchia; un maglioncino bianco e dei pantaloni larghi ma che si arrestavano diversi centimetri sopra le caviglie completavano ciò che indossava. Il tocco di classe? Le calze bianche in bella vista e un paio di scarpe blu dalla bordatura spessa, tagliata da strisce larghe e rosse. Ad ogni modo, come poteva notare da tempo, il parco non si dimostrava mai sporco o trascurato, difatti il piccolo tragitto di strada che avrebbero dovuto percorrere fino a raggiungere l'area dedicata ai cani, in quei precisi istanti era curato dalle attenzioni di un gruppetto di giardinieri. Mentre lavorando erano occupati a sollevare qua e là le foglie da terra riuscirono a catturare l'attenzione dei due; Joon pensò per qualche secondo che gli sarebbe piaciuto poter camminare su un tappeto di foglie in modo da godere della sinfonia di scricchiolii, ma ciò gli fu negato per via del mantenimento del decoro urbano. Immaginò non potesse esserci modo di avvicinarsi di soppiatto a quell'invitante cumulo di foglie per potercisi tuffare dentro, non curandosi di sporcarsi; troppo rispettoso nei confronti di quei giardinieri per potersi permettere di mettere in atto quel piano infantile e, soprattutto, rendendosi conto che la parola "soppiatto" avvicinata alla sua andatura creava un'impossibile accostamento, decise di proseguire il proprio percorso. Che anche Bobo volesse darsi alla pazza gioia fra quelle foglie che brillavano come tenui fuochi ai lati del viale? Nello spostare lo sguardo sul cane, Joon intuì con facilità che c'era sicuramente qualcosa che aveva attratto l'attenzione del fidato amico e, di sicuro, non erano state le foglie. Era qualcosa che da lì a poco sarebbe diventata l'occasione di un incontro a dir poco particolare. Tale qualcosa era il più piccolo e rapido scoiattolo su cui Joon ebbe l'opportunità di posare gli occhi per una frazione di secondo, prima che questo sfrecciasse a tutta velocità da una parte all'altra della strada che stavano percorrendo. Il danno ormai era fatto: come aveva potuto quel minuscolo roditore azzardarsi a passare proprio sotto il naso di Bobo senza nemmeno dargli l'opportunità di farsi annusare e perquisire? Quello che solitamente era un cane placido e tendenzialmente pigro sembrò risvegliarsi d'un tratto, come se colpito da una secchiata d'acqua gelida, richiamato all'attenzione dall'istinto primordiale della caccia che apparteneva in realtà a tutti i cani, dai più piccoli a quelli mastodontici. Bobo aveva ingranato la marcia e fu questione di secondi prima che Joon si ritrovasse trascinato di diversi metri. Fortunatamente riuscì ad intuire che trattenerlo e porre resistenza era inutile, si sarebbe trovato in breve tempo con la faccia a terra. Per questo, quando le forze l'abbandonarono, lo costrinsero a lasciare il guinzaglio, permettendo senza volerlo al giovane cane di rilasciare tutta l'energia da cacciatore che aveva accumulato in breve tempo. Come una freccia scoccata da un arco teso, Bobo scappò dal proprietario per quello che gli sembrò un interminabile lasso di tempo - anche se si trattarono di pochi secondi - e Joon, dopo essersi ripreso dalla caduta che fortunatamente ammortizzò sul fondoschiena, si raccattò da terra per poter correre dietro al fuggitivo prima che potesse far danni. Lo chiamò a gran voce e ne seguì la traiettoria zigzagante prima di doversi forzatamente arrestare di fronte ad una scena che gli fece gelare il sangue nelle vene. Bobo si era infine arrestato, fortunatamente, ma stava puntando un ragazzo seduto sotto l'albero su cui si era andato a nascondere lo sventurato Sciurus. «Non si preoccupi! È buono! Non farebbe male a una mos-» Il tempismo di quella situazione gli avrebbe suscitato delle belle risate una volta tornato a casa. Infatti, nel momento in cui pronunciò le esatte parole che - ovviamente - sapeva sarebbero state mal accolte dall'altra persona che si era trovata faccia a faccia con un toro-cane, Bobo esplose in un singolo abbaio che avrebbe fatto tremare perfino i rami dell'albero secco, ora rifugio dello scoiattolo. Facendosi avanti e sperando che il cane non prendesse l'avvicinarsi di Joon come l'invito a continuare quel gioco giusto un po' pericoloso, si mosse insieme al cane che, dopo aver terrorizzato tutto il circondario con quell'abbaio leonino, a testa bassa e scodinzolante eliminò la distanza con il povero ragazzo là presente.
    «Bobo! Bobo, no!» Inutile cercare di riportarlo all'ordine, tant'è che, dopo aver salutato a suo modo lo sciagurato giovane (un paio di zampe sulle gambe e invasione dello spazio personale, come da manuale), il cane si premurò di avere più area per manovrare contro l'albero e, affondando il muso sotto il braccio dell'altro lo intimò a farsi da parte, arrivando addirittura a fargli perdere l'equilibrio. Continuando a scodinzolare, ormai con le zampe appoggiate a metà del tronco dell'alberello, sembrò essere distratto abbastanza affinché Joon potesse recuperare il guinzaglio. Tirò un sospiro e, rivolta interamente l'attenzione al ragazzo che si trovava lì a terra, gli porse una mano sperando di non ricevere una cattiva reazione. «Sono terribilmente costernato, mi dispiace, davvero, ma è un cane tranquillo, glielo assicuro. Vede è grande e grosso ma non è - fu costretto a ritirare la mano solo per poter agguantare meglio il guinzaglio, ma subito dopo la ripropose al ragazzo, sperando non fosse completamente paralizzato dalla paura - cattivo. È che... ha visto uno scoiattolo».
     
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    Da quanto aveva aperto gli occhi quella mattina, Hobi si era irrimediabilmente sentito vuoto. Non sentiva l'ispirazione scorrergli nelle vene, motivarlo e regalargli l'energia creativa necessaria per spostarsi nei suoi stessi pensieri. Un lamento dal timbro grave uscì dalle sue labbra, mentre rotolandosi appena sia verso sinistra che verso destra sotto il pesante piumone cercava di svegliarsi ed affrontare quella nuova giornata un po' più spenta delle altre. Devo aver fatto un brutto sogno, di nuovo. Pensò, seccato, ed attribuendo il suo iniziale malumore a qualche capriola spiacevole della sua mente durante il sonno, il ragazzo si decise ad uscire - sia dalle coperte, che da casa. Quando si sentiva così scuro, Hobi sapeva di dover sopperire alle sue inquietudini caricandosi di nuove connessioni; che fossero con persone, luoghi o eventi, ogni respiro fuori dalle mura domestiche lo aiutava a ritrovare la luminosità che aveva perso. Per questa ragione, dopo aver indossato un outfit semplice e composto solo da una comoda gonnellina di blue jeans e un largo maglione sottile color verde oliva, Hobi allacciò le Vans nere e con la sua borsa trasparente a seguito si chiuse la porta di casa alle spalle, sperando che quel cambiamento gli giovasse. Era complesso, per un ragazzo come Hobi, gestire quelle giornate in cui gli spazi, i minuti, ed i respiri sembravano dilatarsi, espandersi sino ad inghiottirlo del tutto. Era come se i suoi polmoni si riempissero d'acqua, impedendogli di tornare alla libertà che tanto desiderava. Sapeva che non si era trattato di un brutto sogno, ma del residuo delle energie di Kim che lo prosciugavano. Ormai erano passate settimane dall'ultima volta che lo aveva visto o sentito, e la sensazione di pace e quiete che era sopraggiunta nel suo cuore era continuamente bilanciata da tratti di profonda malinconia, stanchezza ed apatia. Hobi avrebbe volentieri sganciato definitivamente il peso di quella relazione da sé, e sapeva di essere sulla strada giusta. Tuttavia, nulla accade in un solo attimo, e l'influenza delle giornate e dei momenti negativi passati con Kim non avevano ancora del tutto abbandonato l'organismo di Hobi, che a volte necessitava di disintossicarsi. Più volte aveva sentito il cuore contorcersi in dolorose contrazioni quando sfiorava la verità che così difficilmente avrebbe ammesso: Kim lo stava solo usando, forse per colmare i suoi bisogni emotivi, forse fisici, o entrambe le cose. Hobi non era che un contenitore, riempito e svuotato a seconda del volere di quello che sarebbe dovuto essere il suo compagno, ma che invece si era rivelato semplicemente un ricordo. Purtroppo aveva permesso da troppo tempo a Kim di occuparlo con la sua vita, sino ad ingombrare irrimediabilmente i propri, di spazi. La mano sottile di Hobi andò a stringere tracolla della borsa, mentre un pesante sospiro gli lasciava le labbra. Ora va tutto bene. Pensa a te stesso, no? Come un mantra, si ripeteva in mente quelle parole ancora e ancora, cercando di scacciarne altre che alludevano sempre a pensieri più spiacevoli. Il parco sarebbe stata una meta ideale, avrebbe assorbito le ansie di Hobi nelle sue radici, nella sua terra e nelle sue foglie, trasformandole in nuova vita e luce. Per compiere questo speciale esorcismo, il ragazzo pensò di portare con sé un libro da leggere, la sua instax, le sue amate cuffie ed il portatile, in modo da poter convertire quelle energie meno positive in un prodotto migliore, e nel caso più fortuito, qualcosa di artistico. Una volta entrato nel Vennelyst Park, non poté fare a meno di gonfiare il petto in un ampio respiro, aggrappandosi a quell'aria pura e alla vista del paesaggio per lenire il dolore latente delle ferite in chiusura che Kim aveva lasciato dietro di sé.
    Non passò molto tempo, prima che Hobi iniziasse a passeggiare, osservando con attenzione le aree del parco in cerca di un posto in cui sistemarsi per qualche ora. Iniziò a sentirsi subito meglio; essere testimone della vita che scorreva davanti ai suoi occhi e nelle sue vene lo purificava, lo riempiva di un'energia che quasi elettrica entrava in circolo nel suo corpo per farlo sentire vivo. Hobi si tolse quindi i suoi occhiali da sole, riponendoli in borsa, proprio per essere libero di osservare l'ambiente attorno a sè senza filtri, lasciandosi illuminare dalla luce del sole, che baciava caldamente la sua pelle già dorata. Quei vispi sguardi venivano solo spezzati dalla lente della instax, che di tanto in tanto catturava movimenti e azioni nel suo obbiettivo. Solo dopo aver scattato qualche foto, Hobi decise di accomodarsi da qualche parte, pronto a continuare quella mattinata di pacifica riflessione. Trovò un albero meraviglioso, sporcato nella chioma dalle prime carezze d'autunno, e le sue foglie odorose frusciavano sommessamente in un suono paradisiaco. Era quello il posto giusto, Hobi sapeva che si sarebbe dovuto fermare lì. Una volta ai piedi del tronco, sollevò la testa ed osservò quel maestoso esemplare nell'espandersi dei suoi rami, che tanto ricordavano i vasi sanguigni umani. Un sorriso distese le labbra del ragazzo, il quale notò dei movimenti piccoli e veloci tra quelle fronde: erano degli scoiattoli! Nell'osservare quei minuti animaletti, Hobi ripensò a se stesso; come loro, era sottile, dinamico, rapido, sempre in movimento, diffidente. Le ghiande però non mi piacciono così tanto.. Ridacchiando al suo stesso pensiero, Hobi si passò le mani dietro la gonna per appiattirla e potersi sedere sull'erba senza sporcarsi troppo, e dopo essersi assicurato che non ci fossero spaventosi insetti sul tronco dell'albero, il ragazzo vi poggiò la schiena e la testa, socchiudendo gli occhi per sprofondare nella pace di quegli istanti. Incrociò le gambe all'altezza delle caviglie dopo averle distese, e lasciò scivolare la tracolla lungo la spalla, in modo che la borsa toccasse terra, inavvertitamente scoprendo la spalla e parte della clavicola destra, data l'ampia scollatura del maglione. Per il momento, Hobi non necessitava di altro se non di pace, e la trovò quando chiuse completamente le palpebre, iniziando a perdersi quasi del tutto nei suoni e nelle sensazioni pacifiche che il parco gli aveva regalato da quando vi aveva messo piede. Quello stato di quiete gli permise di spazzare via ogni traccia di preoccupazione e negatività dalla mente, e ben presto la calma divenne torpore, che avvolse le membra di Hobi così come le sue palpebre, che semplicemente si chiusero, senza che lui si addormentasse, ma che occupasse uno spazio di mezzo tra il sonno e la veglia.
    Non poteva sapere, Hobi, che di lì a poco il via vai degli scoiattoli che provenivano da quell'albero avrebbe attirato l'attenzione di un enorme alano, che iniziò a galoppare in sua direzione, caricando verso l'albero dal tronco spesso in cerca degli animaletti che scorrazzavano di qua e di là. L'unica cosa che Hobi potè sentire prima di vedersi il cane fiondargli addosso fu una voce maschile gridare "Bobo!" prima che il compagno a quattro zampe si fermasse proprio davanti a lui, proprio quando le sue palpebre scattarono aperte. Tutto il corpo del ragazzo fu preso da un sobbalzo e una delle due mani gli finì sulle labbra per soffocare un piccolo urlo spaventato. La rimosse lentamente, timoroso del fatto che il cane si avventasse su di lui, e se la portò dietro la schiena, con l'intenzione di scostarsi e scappare il prima possibile. Hobi aveva sempre amato molto gli animali, ma non gestiva egregiamente la loro imprevedibilità, specialmente quella di cuccioloni come Bobo. Si fermò quindi nei suoi passi - proprio come gli scoiattoli che si fingono morti per non essere attaccati - solo quando quello che doveva essere il padrone del cane si avvicinò. Era davvero un bel giovane, alto, dai lineamenti gentili, la voce profonda, movimenti eleganti, un ragazzo che inevitabilmente rapì le iridi scure di Hobi, troppo impaurito per elaborare correttamente ogni singolo stimolo esterno. «Non si preoccupi! È buono! Non farebbe male a una mos-» Proprio quando il giovane sconosciuto pronunciò quelle parole, il grande alano aprì le fauci per lasciar uscire un abbaio a dir poco rumoroso, che per qualche secondo fece perdere ogni facoltà intellettiva a Hobi, che si schiacciò contro il tronco, rannicchiandosi in uno spasmo che gli tolse il respiro, impedendogli di compiere qualsiasi azione se non di urlare un WAAAH! Quasi contemporaneamente rispetto a Bobo, per poi rimanere impietrito e col fiato corto attaccato al tronco, che per un pelo non abbracciò. «Bobo! Bobo, no!» Fu il cane però, ad annullare la distanza con Hobi, che sentì le pesanti zampe dell'alano sulle cosce e per poco non svenne; sussultò ancora una volta, rivolgendo velocemente lo sguardo all'altro ragazzo, con le guance ora in fiamme, sia per via dell'agitazione che per l'imbarazzo che quel primo incontro aveva sprigionato sul suo volto. T-tu! Toglimelo di do-dosso! Si lamentò lui in un mormorio aggressivo, come se stesse cercando di non offendere Bobo e al tempo stesso di rimproverare il giovane che lo portava a spasso, esortandolo a riprendere il controllo del suo cucciolone troppo vivace. Chiudendo gli occhi nel sentire il muso dell'alano così vicino, Hobi cercò di non opporre troppa resistenza ai suoi movimenti in modo da cessare la tortura il prima possibile, e col cuore che gli batteva selvaggiamente nel petto, sollevò il braccio sotto cui Bobo stava premendo per accedere meglio al tronco, cadendo irrimediabilmente sull'erba data la spinta subita, e proprio Hobi non appena sentì le gambe libere dalla pressione delle zampe del cane sgattaiolò via, approfittando della distrazione di quest’ultimo per scivolare poco più lontano. «Sono terribilmente costernato, mi dispiace, davvero, ma è un cane tranquillo, glielo assicuro. Vede è grande e grosso ma non è cattivo. È che... ha visto uno scoiattolo». Solo quando il ragazzo sconosciuto ebbe terminato di parlare, pronunciando ogni parola con quella sua voce terribilmente tranquilla, dolce e profonda, Hobi riaprì gli occhi - prima uno, poi l'altro, lentamente - notando il palmo ampio della mano dell'altro davanti al volto, esteso per essere afferrato. Sbuffò pesantemente, spaventato ed imbarazzato, e capendo di non potersi nascondere da nessuna parte alla luce di quella figuraccia, afferrò la mano del giovane, tuffando il palmo affusolato in quello dell'altro, tirandosi così faticosamente su. Mi ha-mi ha quasi fatto venire un infarto! Borbottò lui, avvertendo le gambe terribilmente molli e la gola secca - tant'è che dovette interrompersi nel parlare. Se lo fai scappare così è solo colpa t- Ah! Hobi si ritrovò a squittire un ulteriore piccolo grido e ad avvicinarsi velocemente all'altro giovane, aggrappandosi al suo cappotto, quando Bobo abbaiò un'altra volta per l'entusiasmo che aveva accumulato nell'inseguire sul tronco ed attorno ad esso i piccoli scoiattoli che veloci scappavano via dalle sue falcate ampie. Ughh.. Ma perchèèè.. Con la guancia schiacciata contro la spalla dell'altro, l'espressione piagnucolante e le braccia avvinghiate ad uno di quelle del ragazzo, Hobi si rese conto di essersi avvicinato ulteriormente a lui in preda allo spavento, e con le guance in fiamme lentamente si distaccò dalla figura di Joonie, cercando di fare un passo indietro per stargli di fronte. Scusami, io.. Per qualche attimo, le parole sembrarono scappare via come aria dalle labbra di Hobi, che in quei veloci momenti per lui pregni di panico, non si era reso conto di aver invaso così intensamente lo spazio dell'altro ragazzo, dal quale si era già distanziato di qualche passo, abbassando lo sguardo che sino a quel momento era rimasto fermo sul volto dell'altro. Nulla poteva immaginare, Hobi, del fatto che di lì a poco sarebbe stato nuovamente fagocitato dal giovane alano, che nel rincorrere uno scoiattolo strattonò Joonie ed iniziò a girare in tondo, intrappolando nel lungo guinzaglio il corpo di Hobi contro quello del padrone, ora entrambi bloccati in un groviglio dal quale difficilmente si sarebbero liberati.
     
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    Gli sembrò di trovarsi in una barzelletta o, forse, in una commedia romantica prodotta da una sottomarca di casa cinematografica. Ora che ci pensava... che cosa mancava all'appello? Lo stacchetto musicale? Gli uccellini che si riunivano in coro? O magari, Bobo che avrebbe circondato le gambe di entrambi per farli inesorabilmente cadere a terra? Probabilmente il suo cervello stava semplicemente correndo troppo - al pari di Bobo, catturato nell'attenzione e nei movimenti da quelli più rapidi dei piccoli roditori - ma come giustificare alla sua mente un incontro del genere? Sembrava che Bobo avesse scelto proprio la persona adatta contro cui rilasciare la potenza non solo del proprio abbaio, ma anche delle proprie musate, che ben presto fecero capitombolare il povero giovane fra l'erba. No, Joon non stava riferendosi al fatto che, inavvertitamente, Bobo fosse proprio andato a terrorizzare una persona parecchio piacevole, a cui era riuscito a lanciare qualche occhiata più lunga mentre era occupato a domare il suo cavallo-cane e, per puro caso, aveva notato con sorpresa quanto i suoi occhi non disprezzassero affatto ciò che avevano avuto l'opportunità di osservare. No, affatto. Joon stava alludendo alla reazione di pura angoscia che l'incontro con Bobo aveva scaturito nello sfortunato giovane che, nonostante avesse lanciato un grido pari ad un'aquila, fu anche in grado di cogliere la completa concentrazione di Joon nel pronunciare degli ordini con una vocina fra il lamentoso e l'aggressivo. Insomma, che fosse l'ulteriore prova che i cani fossero in grado di intuire quali persone provassero paura nei loro confronti? Forse era stato un altro richiamo della natura di Bobo quello di indirizzarsi proprio verso il fifone di turno? O che Bobo fosse a conoscenza del tipo di ragazzo che sembrava toccare con abilità le corde del cuore di Joon? Mentre davanti ai suoi occhi si stava consumando una scena uscita fuori direttamente dalla sceneggiatura di "Alien" (il muso di un alano poteva davvero fare a tal punto paura? E, in effetti, è quasi un'anagramma... giusto?), Joon si apprestò ad eseguire gli ordini - ma ciò rientrava già nelle sue intenzioni - eliminando la distanza con pochi passi e, appunto, offrendo naturalmente aiuto all'altro. Quando finalmente la sua mano venne afferrata da quella dell'altro, allora Joon strinse leggermente la presa poiché non desiderava che il giovane finisse nuovamente per terra; non riuscì a capire se fosse più infastidito o più terrorizzato, tuttavia Joon non avrebbe perso l'occasione, nel porgere aiuto all'altro, di poter analizzare ulteriori indizi, avendo ora il viso dell'altro molto più vicino. Gli dispiaceva? Assolutamente no. L'altro aveva inesorabilmente valicato qualsiasi limite di spazio personale? E a chi importava? Sicuramente non a lui. Focus, Joon.
    «Mi ha-mi ha quasi fatto venire un infarto!» Avendo notato, nella confusione, di essere stato apostrofato con un tono molto più colloquiale, anche Joon si sarebbe adattato a fare lo stesso. Sì, senza nemmeno chiederglielo prima. Sì, poteva avvertire un brivido di ribellione attraversargli la schiena. In fondo, pensò, chi si sarebbe rivolto con garbo e cortesia nei confronti di uno idiota sbadato proprietario che si era fatto fuggire il cane senza averne più controllo? Tutto tornava nella sua testa e, in barba alle regole del bon ton, si limitò a ricordarsi mentalmente che avrebbe dovuto utilizzare il "tu"; insomma, un po' come tutte le persone normali che intrattenevano conversazioni normali con persone della stessa età. Infatti, se gli occhi non lo stavano tradendo, Joon poté facilmente intuire che, così come lui, anche l'età della vittima dell'attacco di Bobo doveva aggirarsi sui vent'anni. La voce, il viso incorniciato da dei lucidi capelli neri e il modo di vestire erano altri indizi che aiutarono Joon a completare il quadro: ma perché ancora stava riflettendo su un quesito del genere? Forse, però, era un altro urgente quesito a dover regnare sovrano nella sua testa: come farsi perdonare? Joon aveva alle spalle una vita intera passata a chiedere "scusa" e "mi dispiace", quindi ripetersi all'infinito non sarebbe stato un problema per lui. Non che non comprendesse lo stato d'animo terrorizzato dell'altro, non che non ne provasse empatia, infatti non si sarebbe mai trattato di un semplice chiedere scusa per abitudine o per mantenere una facciata (e quale?); Joon non si sarebbe mai permesso di sottovalutare le conseguenze dei propri danni negli altri e, infatti, un'espressione pensierosa si impossessò dei tratti del suo viso. Rivolse uno sguardo pieno di premura all'altro, mentre le sopracciglia appena corrugate e il mordicchiarsi dell'interno della guancia cercavano di rispondere ad un prurito che non trovava risposta. Ogni passo era per lui come correre un rischio: che avrebbe combinato? Cos'avrebbe rotto? Sarebbe stato irreversibile? Pur potendo avvertire il leggero tremore nell'altro, immaginò con facilità che l'infarto a cui aveva fatto riferimento si trattava di una semplice iperbole. Certo, Joon aveva una passione per diverse materie, ma di sicuro non era un medico e, probabilmente, se il giovane fosse stato davvero colpito da quel dolore, allora sarebbe stato lui quello ad andare nel panico.
    «Se lo fai scappare così è solo colpa t- Ah!» Fu difficile per Joon non emettere una piccola risata, farsi scappare attraverso quell'impercettibile suono quanto la sua mente fosse stata veloce ad avvicinare lo squittio scappato via dalle labbra del ragazzo con quello dei veloci scoiattoli che gironzolavano là attorno. Frettolosamente, sperando di non aver offeso l'altro, si avvicinò una mano alle labbra in modo da poter camuffare la risata con un piccolo colpo di tosse; il ragazzo si era fatto ulteriormente più vicino e, nonostante Joon non fosse un grande amante del contatto fisico, riuscì a permettersi di trovarsi a suo agio in quella situazione così assurda. Non appena, però, riuscì a notare che anche l'altro aveva compiuto il suo stesso ragionamento, allora si affrettò a ricomporsi nell'espressione del viso, cercando di eliminare ogni sfumatura sognante o fuori dalla realtà in cui era immerso: non gli capitava tutti i giorni di trovarsi così stretto e vicino ad un ragazzo del genere e, per questo, si era facilmente distratto. Le debolezze della carne avevano sempre la meglio sulla rigidità della razionalità, ma non avrebbe intrapreso quella fila di pensieri, almeno non in quel momento. Erano passati appena una manciata di secondi, forse qualche minuto, eppure gli sembrava di essere rimasto in quella posizione per un tempo lunghissimo; quasi gli dispiacque, quando non poté avvertire più le mani dell'altro attorno al suo braccio. Rispose alle scuse del ragazzo con un sorriso sereno, non perdendo l'occasione per tornare a chiedergli perdono di conseguenza: «no, anzi. Non dovresti essere tu quello a scusarti della situazione. Mi dispiace ancora, davvero. Vedo che non sei a tuo agio vicino ai cani, quindi meglio se lo porto via al più presto. Scus-» Forse anche Bobo era stato annoiato dalla parlantina di Joon, che si sarebbe dovuto limitare a chiedere semplicemente "scusa" e invece aveva attaccato una delle sue solite filippiche? Probabilmente era così o, molto più verosimilmente c'era di mezzo lo zampino (o le quattro zampine) di uno scoiattolo. Cercando di mantenere il più possibile l'equilibrio, le mani si arpionarono alle spalle e ai fianchi del ragazzo ormai vicinissimo a lui. Ma, come poteva facilmente immaginare, sarebbe stato tutto inutile. Come un segno negativo, Joon poteva trasformare anche il migliore degli equilibristi in fantastici disastri e, per questo, già poteva chiaramente sentire il rumore sordo della loro caduta sull'erba. Stretti fra il guinzaglio e quelle energie della natura che giravano attorno a loro, il quadro fu ben presto completato nell'attesa e preannunciata clamorosa caduta di entrambi. Fortunatamente non fu Joon a precipitare con il corpo sull'altro ragazzo - aggiungere altri danni a quel disastro sarebbe stata la fine di ogni possibilità di approccio - ma il contrario e, nonostante l'aver sbattuto per terra per la seconda volta nel giro di un breve lasso di tempo l'avesse abbastanza infastidito, doveva ammettere che in quella seconda occasione non trovò di che lamentarsi. Non appena ebbe il tempo di comprendere la posizione in cui si trovava, inevitabilmente finì per arrossire senza ritegno, non seppe specificarsi se per l'imbarazzo provato dalla vicinanza o per l'aver trascinato un completo sconosciuto in una situazione del genere. Come se Bobo si fosse sentito finalmente soddisfatto delle marachelle compiute, si sedette a poca distanza da loro: per lo meno non avrebbero avuto combattere anche con il cane, che sicuramente aveva in corpo la forza per trascinarli entrambi. Dovevano agire in fretta, prima che gli occhi dell'animale si posassero nuovamente su qualche scoiattolo anche se, dalla posizione rilassata che assunse Bobo, probabilmente non correvano il rischio di essere ulteriormente strattonati.
    «Tutto bene? Si-ti sei fatto male? Aspetta, ti aiuto», con una certa attenzione, resa meno precisa dalla fretta nel poter liberare il ragazzo da quella sconveniente presa, Joon si girò prima sul fianco per poi mettersi seduto, in modo da poter allentare il groviglio che Bobo era stato in grado di creare con il guinzaglio. Il volto concentrato non aveva smesso di essere illuminato da toni più cortesi e gentili che, sperò, potessero acquietare il fastidio nel malcapitato. «Davvero, non saprei dirti che gli è preso. Di solito non fa mai così, passa tutto il tempo a dormire, sdraiato in qualche parte del parco, un po' come sta facendo ora», lanciò un'occhiata fugace all'amico a quattro zampe, per poi tornare a guardare il ragazzo a poca distanza da lui, mentre un piccolo sorrisetto imbarazzato si faceva strada fra le sue labbra. «È un cane pigro, non me l'aspettavo. Sarà perché è giovane, non ha nemmeno due anni... forse avrei dovuto prevederlo? Chissà, magari dovrei stare più attento. Sì, decisamente più attento», il nervosismo gli aveva sciolto la lingua e in men che non si dica si trovò a dover districare non solo il guinzaglio del cane attorno alle gambe di entrambi, ma anche una serie di pensieri che si concretizzarono in quel parlare senza una vera e propria direzione. Muoveva le dita al pari di un chirurgo, attento a non posarle su nient'altro che non fosse la corda spessa e resistente, non volendo in nessun modo cedere alla tentazione di trovare risposta alla sua domanda: ma quelle gambe sembrano o sono anche morbide? E, soprattutto, sembro o sono un vero e proprio creep? Si interrogò ancora sulle gambe: e se quel contatto avesse lasciato dei segni sulla pelle dello sfortunato? Sperando di non trovarne, completò velocemente l'operazione. Non appena riuscì nell'impresa cercò anche di limitare il flusso di parole che inevitabilmente avrebbe abbandonato le sue labbra, se solo non si fosse imposto mentalmente di osservare il silenzio. Con le mani ora saldamente ancorate al guinzaglio, si allontanò di qualche centimetro dal ragazzo in modo da dargli spazio, pur non trovando la forza né il motivo di alzarsi dall'erba.
    «E-ecco fatto. Non so che altro dire se non che mi dispiace ancora. Forse ho dei cerotti in borsa? Potrebbero esserti utili?» Un tipo come Joon non poteva permettersi di andare in giro senza un piccolo kit del pronto soccorso sempre a portata di mano: fra tagli, colpi e cadute era impossibile pensarlo senza. Prima ancora che l'altro potesse rispondergli, una mano lasciò andare il guinzaglio per potersi tuffare fra i vari oggetti che riempivano la borsa a tracolla. Improvvisamente la sua mente decise di riproporgli una scena di poco prima, distraendolo dal suo obiettivo; poteva chiaramente immaginarsi la faccia che l'altro ragazzo aveva fatto nel dover avvertire il fiato caldo di Bobo a tal punto vicino al suo viso. Ridacchiò sommessamente e, qualche secondo dopo, si trovò a porgere all'altro una scatola di cerotti rivolgendo all'altro, insieme a quell'offerta di pace, un caldo sorriso. Gli occhi si strinsero appena, socchiusi per via degli zigomi che si alzarono leggermente per via del divertimento che trovò espressione anche nelle linee del viso. «S-scusa è che sto ripensando a quando avevi Bobo vicinissimo... mi hai ricordato un po' la Weaver.»
     
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    Impossibile sarebbe stato quantificare la paura di Hobi nel momento in cui il glorioso giovane alano di Joon si avvicinò pericolosamente a lui. Solitamente, era un ragazzo così sensibile che anche se ci si permetteva di battere un po' più forte le mani vicino a lui non sarebbe stato raro vederlo sussultare per il rumore improvviso. Dunque, la rincorsa di quel cane dai tratti equini non fece altro se non terrorizzare il povero Hobi, che aggrappato prima all'albero davanti a cui era seduto e poi al braccio del ragazzo che sembrava essere il padrone del cucciolo oversize emise grida e squittii al pari di un animaletto spaventato. Lamentandosi delle sue disgrazie, il giovane non poté che sperare che la sua odissea mattutina si interrompesse il prima possibile, liberandolo dall'ansia che in pochi secondi era stata capace di sopraffarlo. Tutto era scivolato, proprio perché filtrato dalla spessa lente della paura, fuori prospettiva. Bobo era diventato un mostro enorme ed aggressivo pronto a divorare un Hobi molto più minuscolo di quanto non fosse in realtà, e la distanza tra lui ed il giovane che gli aveva offerto la mano era diventata insopportabilmente lunga anche se si trattava di pochi centimetri. Agganciandosi quindi con le iridi scure allo sguardo premuroso dell'altro ragazzo, Hobi si sentì quasi più calmo, pervaso da attimi di pura concentrazione esclusivamente dedicata agli occhi dello sconosciuto, che sembrava essere così familiare da farlo sentire al sicuro. Non capitava spesso che ciò accadesse, e proprio per questa ragione Hobi ne rimase affascinato ancor di più, seppure assorto in quelle sensazioni solo per dei brevissimi momenti. Tutto, lentamente, iniziò a tornare alla sua giusta grandezza, con l'aiuto del respiro regolare e profondo del ragazzo a cui Hobi era praticamente avvinghiato. Fu felice e particolarmente compiaciuto nel notare la solidità delle membra dello sconosciuto che stava usando come scudo umano, lasciandosi sfuggire mentalmente degli apprezzamenti sinceri nel notare la sua corporatura più ampia della propria. Tuttavia, a strapparlo da questi pensieri un po' più rilassati, fu un secondo abbaio dell'alano, che provocò un secondo piccolo strillo dalla gola del povero Hobi, semi-rannicchiato dietro al ragazzo sconosciuto. Non gli sfuggì la sua piccola risata, che per quanto adorabile, costrinse gli occhi di Hoseok a stringersi in un'espressione sospettosa, nel lanciargli anche un'occhiataccia dubbiosa nei riguardi della vera natura della tossetta che si liberò dalle labbra piene del giovane. Hey- Borbottò sommessamente lui, prima di rendersi conto di non essersi ancora distaccato dal tepore del braccio dell'altro e disintrecciare le proprie dal suo frettolosamente, scusandosi per aver valicato il suo spazio personale.
    «no, anzi. Non dovresti essere tu quello a scusarti della situazione. Mi dispiace ancora, davvero. Vedo che non sei a tuo agio vicino ai cani, quindi meglio se lo porto via al più presto. Scus-» Una malinconia acerba ed accennata si fece largo nel cuore di Hobi nell'udire quelle parole scivolare fuori dalle labbra del giovane distese in un adorabile sorriso con tanto di tenere fossette. Avrebbe voluto quasi toccarle, crogiolarsi nella dolce sensazione della novità di quell'incontro e non tornare ad una monotona giornata dai colori spenti. Certo, uno spavento non era stato il miglior modo per iniziare una passeggiata nel parco, ma aveva dato una sferzata notevole alle tinte di quella mattinata, e Hobi probabilmente non si sentiva ancora pronto ad abbandonarle. Si era accorto di gradire particolarmente la sciolta parlantina dello sconosciuto, la cui voce incastonava ogni parola nella sua rete calda e serena. Non era certo che fosse così loquace solo per la concitazione scaturita da quella situazione assurda, o se fosse un tratto costante della sua personalità, tuttavia sembrò apprezzarlo davvero. Ogni parola era come una stilla di tranquillità versata su di lui, e specialmente in quel contesto, Hobi avrebbe preferito lasciarsi letteralmente sommergere da essa. Sarebbe rimasto volentieri ad ascoltare di più, se non fosse che Bobo parve essere d'altro avviso, strattonando entrambi ed avvolgendoli nella stretta disordinata del guinzaglio. La caduta fu inevitabile, e nonostante gli sforzi di entrambi nel mantenersi in piedi, non poterono fare altro se non capitombolare dritti nell'erba che ricopriva per intero col suo manto le superfici del parco. Hobi si raggomitolò in un riflesso veloce contro il petto del ragazzo, chinando rapidamente il mento per non scontrarsi con la fronte contro di lui, ogni singolo muscolo contratto per l'ennesimo spavento della giornata, come se fermare ogni fibra del proprio corpo fosse sufficiente a rallentare anche la caduta, che naturalmente si mostrò impietosa con entrambi. Stecchito per qualche interminabile secondo anche dopo l'impatto, Hobi prese dei minuscoli respiri nel prepararsi all'eventuale urto - mai avvenuto - con l'altro giovane, e solo quando quest'ultimo iniziò a muoversi Hoseok riaprì gli occhi fino a quel momento chiusi ermeticamente. Il suo naso vagò delicatamente sulla stoffa del maglioncino bianco indossato dal ragazzo seguendo gli impercettibili movimenti della testa, mentre era impegnato a considerare quanto nuovo e buono quell'odore fosse. Per un istante quindi, le palpebre di Hobi si abbassarono, socchiudendosi in un'istintiva reazione di gradimento. Lasciò sbocciare anche la presa delle mani, chiuse in due pugnetti contro il cappotto dell'altro, aprendo così i palmi contro il suo torace con l'obbiettivo di sollevarsi, ma si fermò nei suoi passi per indugiare - forse un po' troppo - nel tastare le forme solide ed ampie su cui era atterrato. Ma questi sonooOOOOO- pettorali? Se possibile, Hoseok riuscì a sentire la sua stessa voce echeggiare in uno squillo sempre più rumoroso nelle stanze della sua mente, mentre le labbra si schiudevano per la sorpresa, così come gli occhi, che si spalancarono. Con discrezione, non poté che cedere alla curiosità, e sebbene le guance ora gli sembrava stessero letteralmente andando a fuoco, si concesse di toccare in un finto gesto di assestamento quelle forme, immediatamente ben più che apprezzate. Se c'è un Dio, una Dea, o Whoopi Goldberg, grazie!! Pregò quasi piagnucolante il ragazzo, più che felice di essere finito legato come un salame alle voluminose membra di un giovane così notevole.
    «Tutto bene? Si-ti sei fatto male? Aspetta, ti aiuto». Furono quelle poche parole, a spingere Hobi a tentare di rialzarsi del tutto, un velo ben evidente di imbarazzo a coprirgli il viso, proprio mentre annuiva in un netto ma lieve cenno della testa, come se le parole gli fossero state strappate dalle labbra ben prima che potesse articolarle sulla lingua. Con calma e ancora preda di leggerissimi tremori, Hoseok modellò i suoi movimenti a quelli dell'altro giovane, seguendone gli spostamenti in modo da facilitargli ogni gesto, e nell'accompagnare con lo sguardo ogni minima movenza ed espressione dell'altro, Hobi restò chiuso nel silenzio, ancora riluttante nello sciogliere quel nodo che normalmente sarebbe stato causa di grandi fastidi. «Davvero, non saprei dirti che gli è preso. Di solito non fa mai così, passa tutto il tempo a dormire, sdraiato in qualche parte del parco, un po' come sta facendo ora,» Le labbra di Hoseok rispecchiarono il leggero sorriso del suo interlocutore, ammorbidendo forse per la prima volta i suoi lineamenti sino a quel momento un po' tesi per via dello spavento. «È un cane pigro, non me l'aspettavo. Sarà perché è giovane, non ha nemmeno due anni... forse avrei dovuto prevederlo? Chissà, magari dovrei stare più attento. Sì, decisamente più attento,» Leggerissimi brividi percorrevano la spina dorsale di Hobi, che nel fissare le iridi scure sulle dita sottili che si muovevano con precisione e gentilezza attorno alle sue gambe non potè che associare il fantasma di quei tocchi a ben più vividi pensieri, dimenticandosi così di rendersi utile per un minuto buono. Tuttavia, anche quando scosse appena il capo per scrollarseli dalla mente, immaginò che fosse più saggio restare fermo, per non complicare più del necessario l'intreccio del guinzaglio in cui erano rimasti bloccati e che lentamente si disinbrigliava sotto le dita del ragazzo. Sei carino quando parli, lo sai? E si, dovresti stare più attento con quello stallone lì- Cinguettò Hobi noncurante del fatto che il suo commento avrebbe potuto essere colto come un'audace affermazione; non aveva idea di chi fosse la persona che aveva davanti, quale fosse la sua storia, cosa gli interessasse. Eppure, era proprio questo che Hobi amava interrogare del prossimo; quali pagine strappate o sapientemente curate custodivano il racconto delle vite di coloro che incrociavano la sua strada? Questo ragazzo, in particolare, aveva attirato la sua attenzione, non solo per il suo aspetto ma anche per i suoi modi così attenti, che non aveva ritrovato in molte persone di recente. Ormai libero dalla presa del guinzaglio e seduto sull'erba poco distante dall'altro giovane, Hoseok abbassò lo sguardo solo per monitorare lo stato delle sue gambe, unica parte del suo corpo realmente esposta, notando un paio di graffi sul polpaccio sinistro. «E-ecco fatto. Non so che altro dire se non che mi dispiace ancora. Forse ho dei cerotti in borsa? Potrebbero esserti utili?» Ridacchiando in risposta a quelle parole premurose, ovviamente non per scherno ma per genuina curiosità, Hobi si portò le ginocchia al petto, inclinando appena il volto mentre il suo largo maglione gli scivolava giù per la clavicola rivelando parte della spalla nell'unirsi al movimento delle braccia che andarono a circondare le gambe. Sei uno che si fa male spesso? Domandò lui, curioso e con il suo tipico sorriso a forma di cuore sulle labbra, accettando grato con un cenno del capo l’offerta dei cerotti, che per quanto potesse essere insolita in quella circostanza si rivelò decisamente calzante. Attendendo quindi silenziosamente e senza alcuna fretta che il ragazzo compisse i movimenti necessari a recuperare i cerottini dalla sua borsa, Hobi appoggiò il mento sulle ginocchia, monitorando con la coda dell'occhio l'enorme alano che ora sembrava essersi ammansito, o quantomeno stufato di rincorrere gli scoiattolini che agilmente avevano ripreso a muoversi sul tronco dell'albero che all'inizio di quella passeggiata avrebbe dovuto essere il rifugio di Hoseok contro ogni pensiero malinconico. Aggrottò però ben presto le sopracciglia, perplesso sul perchè il bel sconosciuto si stesse abbandonando ad una sommessa risata divertita mentre gli porgeva la scatola con i piccoli medicamenti, che Hobi recuperò dalle sue mani con un "grazie" inciso tra le righe della sua curiosa espressione. Venne ben presto dissipata quando l'altro ragazzo gli rivolse un altro dei suoi caldi sorrisi ampi e accoglienti. «S-scusa è che sto ripensando a quando avevi Bobo vicinissimo... mi hai ricordato un po' la Weaver.» Rivolgendogli una finta occhiata offesa, Hoseok aprì la scatoletta con all'interno degli adorabili cerotti con tanto di smileys e cuoricini, prima di ridacchiare anche lui a quelle parole. Hey, baby non si ride per le disgrazie altrui! Però hai visto i classici eh? Rimbeccò divertito Hobi, mentre tra un'occhiata e l'altra si occupava di scartare il rivestimento dei cerottini per ricoprire delicatamente i graffi che gli attraversavano superficialmente la pelle delle gambe. Ti piacciono i film? A me si. Io sono Hobi, e tu come ti chiami?
     
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    Impegnato com'era a rendere quell'operazione più rapida possibile per prevenire ulteriori imbarazzi e per scampare dalla possibilità di ferire, seppur con piccoli tagli, le gambe del giovane, Joon non poté accorgersi del peso dello sguardo dell'altro; probabilmente, semmai fosse stato in grado di avvertirlo, si sarebbe paralizzato nei suoi stessi movimenti. Non era, infatti, abituato ad essere il centro dell'attenzione di uomini a tal punto piacevoli per gli occhi - o forse, non ne aveva mai incontrati in vita sua fino a quel momento, ignaro, al contrario, di esserlo stato per lo sguardo di molti. "Sei carino quando parli, lo sai?" Come avrebbe dovuto considerare quell'affermazione? La sua mente, rallentata dalla sorpresa nel ricevere un complimento a cuor leggero da un perfetto sconosciuto, non riuscì nemmeno ad interrogarsi sulle intenzioni che risiedevano dietro quelle semplici parole: era un vero elogio o si trattava di una velata presa in giro? In fondo, Joon poteva immaginare di meritarsi qualche commento canzonatorio da parte dell'altro giovane che, fino a quel momento, era stato fin troppo paziente nei confronti del turbine di eventi in cui Joon era stato in grado di inglobarlo. O forse era la sua insicurezza a farlo ragionare in quel modo, dato che era rarissimo che qualcuno lo complimentasse proprio per la caratteristica meno piacevole che aveva. La sua parlantina era in grado di far annoiare a morte le persone, indurle in un dolce stato di sonnolenza, eppure sembrava aver colto l'attenzione del giovane ragazzo che sedeva a pochi centimetri da lui. «Oh, davvero?» Un mormorio scivolò via dalle labbra e, sorpreso dall'essersi lasciato scappare un commento del genere, sperò che non fosse stato percepito dall'altro. Non poteva immaginare di essere arrossito leggermente, un colorito appena accennato che si fece più presente solo quando si rese conto di ciò che aveva appena pronunciato, anche se in tono sommesso. «Volevo dire... grazie!» Come se all'improvviso fosse entrato in contatto con una scarica elettrica, le connessioni neurali di Joon sembrarono essere nuovamente in grado di comunicare fra loro e, nonostante non avesse potuto esprimersi in modo più sagace, si limitò a focalizzarsi sulla seconda parte del commento del giovane, «con Bobo? Sì, di certo dovrei fare più attenzione, non hai tutti i torti. Delle volte chiacchierando troppo si finisce per creare dei problemi». Un piccolo sorrisetto accompagnò gli ultimi movimenti delle dita e, tornando a puntare lo sguardo in quello dell'altro, Joon fece rapidamente in modo di poter raccogliere i fili del commento abbandonato poco prima, «ma non tutti i danni hanno risvolti negativi, no?» Non considerava di essere stato avventato anzi, riuscì a reputarsi perfino soddisfatto di quel commento che, con tono sereno, voleva essere percepito dalle orecchie dell'altro al pari del complimento che l'altro ragazzo era stato abile a farsi scivolare dalle labbra. Certo, più indiretto di quello del giovane, ma con le stesse intenzioni di fondo. Forse ci avrebbe ripensato a distanza di qualche ora, nascondendosi il volto fra le mani, eppure in quel momento gli sembrava che i reciproci ammiccamenti fossero tanto piacevoli da fargli desiderare di continuare quel piccolo scambio ancora per un po'. Altrettanto veloce fu nel riprendersi e, dopo aver proposto all'altro di utilizzare i propri cerotti - un elemento fondamentale e di cui era, per necessità, sempre rifornito -, non gli restò altro da fare se non cercarli. Fra pagine di un libro sottile che l'avrebbe accompagnato durante quelle ore passate all'aperto, fogli sparsi, penne sprovviste di cappuccio, fazzoletti (usati e non), mentine disseminate un po' ovunque e uno stick di burrocacao, ritrovare ciò di cui aveva davvero bisogno sembrava un'impresa facile e, invece, tenne impegnato Joon per un po'. Finalmente le mani furono in grado di agguantare il pacchetto di cerotti gelosamente custoditi all'interno di una graziosa confezione in latta.
    All'improvviso, come se davanti ai suoi occhi stessero passando di fretta, rincorrendosi l'un l'altro, una serie di disastrosi ricordi, l'attenzione di Joon venne catturata da quelle poche parole del giovane. Sono uno che si fa male spesso? Quella carrellata di memorie gli passò davanti nel tempo di un secondo, che pure gli parve un tempo fin troppo lungo e doloroso da rivivere. Ripensò al giorno prima, quando aveva sbattuto per circa sette volte contro diverse superfici e in diversi punti del corpo - ma per due volte il mignolo del piede fu vittima dell'angolo del comodino vicino al suo letto. Oppure sarebbe potuto tornargli in mente il mercoledì di due settimane fa, quando inciampò solo per incontrare il pavimento, ormai conosciutissimo in ogni suo dettaglio, contro lo skate del migliore amico, incuratamente (ma senza malizia) abbandonato all'ingresso della camera degli ospiti. In breve, era un vero e proprio Vietnam in tutto e per tutto, con tanto di colonna sonora degna dei migliori lungometraggi. Da candidarlo agli Oscar? Forse stava correndo un po' troppo. Un breve sospiro preannunciò la risposta alla domanda del ragazzo, mentre i pensieri si erano spostati su ben altri binari, abbandonando gli apocalittici ricordi per cercare di non concentrare troppo lo sguardo sull'immagine adorabile che lo accolse appena girò lo sguardo. Se solo avesse potuto, di certo si sarebbe dimostrato molto più galante, non intenzionato per nessun motivo al mondo di lasciarsi andare dalle dita un ragazzo che sembrava emanare grazia da tutti i pori; Joon era interamente catturato dalle curve flessuose delle braccia che trattenevano le gambe, dalla clavicola scoperta, dal dolce sorriso, nonostante cercasse con tutto se stesso di non darlo a vedere. Ipotizzò che fissare lo sconosciuto l'avrebbe inquietato ancora di più, annullando ogni possibilità di conoscerne anche solo il nome, non potendo aspirare molto più in alto - in fondo, fu costretto a ricordarsi, di sicuro un ragazzo a tal punto affascinante doveva essere affiancato da qualcuno. Gli occhi saettarono verso il cielo e la mano, ormai liberata dalla scatoletta in latta, fu libera di andarsi a posare contro la propria nuca, iniziando a giocherellare con alcune ciocche castane. «Purtroppo sì. Ma è una fortuna, no? Se non fosse stata una mia abitudine non avrei avuto i cerotti in borsa e beh, non avrei potuto dartene un po'». Appoggiò il gomito contro una delle ginocchia che fletté, avvicinandola al torso. Come se stesse cercando un senso nelle proprie parole proprio nel districare, con rapidi movimenti delle dita, i propri capelli, Joon si ripeté mentalmente ciò che aveva appena proferito e, di conseguenza, non poté che corrugare appena le sopracciglia. «Forse non posso definirla una fortuna... ma ti assicuro che solitamente sono l'unica vittima di me stesso». Non potendo fare a meno di trovarsi ridicolo - grande e grosso com'era, ad inciampare di tanto in tanto fra i suoi stessi passi - dalle labbra di Joon scivolò una piccola risatina sommessa che, spezzando la lieve tensione che iniziava ad accumularsi nella sua mente, riuscì stranamente a liberarlo nella parlantina. Forse l'altro ragazzo si sarebbe pentito di avergli fatto quel peculiare complimento, eventualmente. «Qualcosa è andato storto, questa volta, però. Probabilmente in questo caso c'erano troppe incognite di mezzo: la curiosità di Bobo, i movimenti scattanti degli scoiattoli, un ragazzo carino sotto un albero».
    La mano, precedentemente impegnata a tormentarsi i capelli, scivolò a terra e accarezzò distrattamente l'erba, offrendo a Joon un supporto contro cui bilanciarsi. Il giovane non parve nemmeno accorgersi dell'innocente commento che aveva appena proferito e, distratto da una serie di pensieri che gli affollarono la mente, sembrò ben presto passare a tutt'altri argomenti. Fu in quel momento che la mano libera si avvicinò alle labbra tese in un sorriso che di lì a poco si aprirono in delle sommesse risate, in un vano tentativo di coprirle dall'attenzione dell'altro. Il volto abbandonato contro la spalla si illuminò di interesse non appena le orecchie riuscirono a captare quel nomignolo, improvvisamente più intimo nonostante il tono scherzoso che lo accompagnò. Annuì lentamente, sfregando la guancia contro la spalla; si sentiva stranamente rilassato in compagnia di quello sconosciuto. Mosse appena i piedi, abbandonati fra l'erba che seguiva nel movimento ondoso. «Oh, sì... fra una caduta e l'altra ho il tempo di guardarmi qualche film». Perché si sentiva la testa leggera, come se fosse attaccata al resto del corpo solo grazie un sottile filo che non faceva altro che tendersi di più, sempre di più, e che avrebbe eventualmente abbandonato le spalle di Joon per alzarsi in cielo? Baby. Forse avrebbe dovuto smettere di sorridere come un imbecille, eppure gli sembrava impossibile, perso com'era fra il ripetersi del modo adorabile e fugace con cui l'altro l'aveva apostrofato e l'osservare gli attenti movimenti delle dita sottili del ragazzo. «Hobi? Io sono Joon. Sei il primo che non si è allontanato borbottando dopo la prima serie di scuse... forse è perché non potevi, dato che ti sono caduto addosso? Ad ogni modo, non credere che sia il mio modo di approcciare i ragazzi». Al pari dell'altro, reputò poco opportuno presentarsi per nome e cognome; considerava il suo cognome un po' troppo ingombrante per lo stato della conversazione - pur immaginando che il ragazzo non sarebbe stato in grado di collegarlo alla "famosa" famiglia di ricconi a Tromsø. Probabilmente un po' su di giri per via dell'intera situazione, Joon sembrava non essere più in grado di tenere a freno la lingua. Da quando approcciava i ragazzi, in generale? Da quando aveva preso a ridacchiare? Avrebbe mai smesso? «A meno che non stia funzionando». Il tono gentile di Joon avrebbe potuto far capire facilmente all'altro quanto, più che seriamente, il ragazzo non stava facendo altro che trovare modi per stemperare ancor di più la tensione che poteva essersi creata a partire da uno scontro del genere. Certo, non avrebbe detto di "no" se eventualmente l'altro ragazzo sarebbe stato in grado di sorprenderlo, nel rispondere con convinzione a quelle innocenti lusinghe ma, ancora una volta, Joon afferrò con sicurezza il freno a mano: per quanto ne sapeva, Hobi poteva essere ben poco interessato a ravvivare quell'amichevole scambio.
    Non appena si accorse che l'altro aveva completato di porre i cerotti nei punti giusti, Joon fu veloce nel rimettersi su due piedi, pronto ancora una volta a rimediare ai suoi stessi sbagli. Per una seconda volta allungò la mano verso il ragazzo e, gettando un ultimo sguardo verso Bobo, si assicurò che il cane non potesse coglierli di nuovo impreparati. «Vediamo se riesco a fare qualcosa di giusto». La fortuna sembrò accompagnare quel secondo tentativo di galanteria - che questa volta risultò fruttuoso e non comportò la caduta di entrambi fra l'erba. Soddisfatto del risultato, non pensando minimamente di essersi preso forse un po' troppe libertà nei confronti di Hobi, con cui aveva scambiato probabilmente un po' troppi contatti per gli standard di due sconosciuti, Joon esitò ad abbandonare la mano dell'altro ragazzo - almeno fino a quando non sembrò ricordarsene. Non permise a se stesso di impacciarsi di nuovo e, raccogliendo l'attenzione del ragazzo prima che potesse domandarsi sul perché quel tipo strambo ci avesse messo tanto a lasciargli la mano, si avvicinò al triste momento dei saluti, «bene, Hobi. È stato un piacere conoscerti, anche se penso non potrai dire il contrario, dati i cerotti e le modalità», Joon scosse appena il capo, mentre le spalle venivano movimentate da una lieve risata che lasciò sulle sue labbra l'ombra di un sorriso divertito, «spero di vederti in giro». Una volta aggiustatasi la fascia della tracolla che gli attraversava il petto, Joon rimase con la mano appesa su quel tessuto, come se, nel non abbandonarla, stava comunicando anche la riluttanza ad allontanarsi dal ragazzo che era stato in grado di affascinarlo - in una maniera strana e indecifrabile. Immaginò, però, fosse arrivato il momento di tagliare la corda, nonostante fosse un'opzione fin troppo lontana dai suoi desideri. Così, chinatosi per raccogliere il guinzaglio abbandonato a poca distanza dai due, Joon fece qualche passo in direzione di Bobo, voltandosi per poter rivolgere l'ultimo saluto con la mano a Hobi. «Buona giornata!» Ricadendo in una formalità vagamente forzata, salutò con un caloroso sorriso Hobi e, nell'allontanarsi per poter raggiungere la destinazione finale della passeggiata con l'amico a quattro zampe, sperò con tutto se stesso di non essere entrato nel repertorio di "storie disastrose" dell'altro.
     
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4 replies since 15/10/2019, 17:23   173 views
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