I don’t wanna end a season on a bad episode

Yoongi x Jimin

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    «Non so che cosa tu abbia in mente, ma sarò chiaro: tu ed io... noi non siamo uguali. Non sono come te, Jimin. Non lo sono mai stato e mai lo sarò».

    Perché, come sono io?

    Quante parole, alcune più gradevoli ed altre meno, si erano susseguite nella mente di Jimin in quella fredda sera di Settembre, dopo che Yoongi aveva marciato fuori dallo studio strappandosi dagli occhi e dalle braccia del più giovane, immobile e colto da un doloroso torpore. Se fino a pochi istanti prima aveva lasciato sbocciare meravigliose figure dalle sue membra, in quei momenti non riuscì a muovere neanche un muscolo, schiacciato in ogni fibra dall'allinearsi dei suoi sentimenti, esplosi in un caos così rumoroso da sovrastare perfino il battito selvaggio del cuore. Yoongi se n'era andato, aveva tagliato con un colpo netto il filo rovente che Jimin aveva iniziato a tessere fra di loro durante quella faticosa serata, e nel posare qualche istante lo sguardo sull'altro, incapace di sostenerlo a lungo, dopo un iniziale moto di sorpresa, si sentì finalmente ammansito. Il tumulto che l'aveva scosso da quando aveva ritrovato Yoongi si era improvvisamente acquietato, lasciando spazio alle lacrime di scendere ed alla collera di attaccare. Jimin non sapeva quali fossero i frammenti che in lui si erano appena incastrati, tuttavia sentiva che la voce del migliore amico, che ancora gli echeggiava nelle stanze della mente, li avesse identificati, letti e rifiutati, respingendoli in uno sguardo di severo rimprovero. Abbassando lo sguardo sul lucido parquet che fino a poco tempo prima aveva ospitato un sottile corteggiamento, Jimin si sentì come un cervo colpito da fitte luci: molteplici domande avevano iniziato ad aleggiare nei suoi pensieri, confondendolo ancora di più senza però intorpidire il dolore che affilato continuava a pervaderlo. Perchè Yoongi aveva reagito così negativamente ai suoi gesti? Ripetendo mentalmente le parole dell'amico ancora e ancora nel silenzio tombale di quella sala, Jimin riuscì finalmente ad acchiappare il filo invisibile che sembrava continuamente sfuggirgli dalle dita. Pensavi che ti volessi? Come ti permetti, Yoongi? Di pensare questo di me, di parlarmi così, di dire la verità.
    Quasi ignaro del progressivo e rabbioso bagnarsi delle sue guance, e nell'urto del palmo della mano contro lo specchio che non impietosamente ritraeva ogni lacrima, Jimin aveva capito di essere stato scoperto, di aver letto se stesso attraverso gli occhi del migliore amico, che duramente avevano esposto i suoi stessi sentimenti e desideri ben prima che Jimin potesse del tutto articolarli a se stesso. E qualcosa in lui si era liberato, un peso si era sollevato dalla sua coscienza, per quanto turbata. C'era qualcosa di così potente ed emancipante nel vedere la propria reputazione crollare proprio davanti allo sguardo di coloro la cui opinione conta di più; in tutto il dolore, la vergogna e la fatica, si dissolveva anche ogni pressione, restrizione ed aspettativa, briglie di verità troppo ingombranti da confinare in tristi camere nascoste. Jimin non si accorse neanche di aver parlato ad alta voce, mentre quella schiacciante solitudine parve anche essere la condizione ideale della seduzione che involontariamente aveva messo in atto nella sua danza; era stato lasciato solo, nell'avvertire ogni fibra del suo bruciante slancio verso Yoongi, e proprio nella sua assenza il ragazzo si cullò, sapendo che l'oggetto del suo desiderio lo aveva compreso e respinto. E' vero... Tornato ad undici anni prima, a quegli sguardi che erano rimasti imprigionati dietro le spesse sbarre della verecondia, a quei baci che così belli non avrebbero dovuto essere, ed a tutte quelle piccole impronte di invisibile amore, Jimin poteva quasi sentirlo, il sangue farsi bollente e scorrergli nelle vene irritandole come fosse veleno. Come poteva vedersi come vittima e carnefice al tempo stesso? Era sempre stato un insubordinato, un ingovernabile. Aveva sempre graffiato la superficie con Yoongi, cercato di rompere le regole e le consuetudini che sapeva lo stessero relegando ad un angolo troppo piccolo e soffocante; aveva sempre fatto un passo avanti rispetto a se stesso, balzando nell'ignoto ora con una parola, ora con un gesto, sicuro di star muovendosi ad un ritmo diverso dagli altri, anche da Yoongi. Di colpo era tornato sulle placide rive del fiume Han, nuovamente ribelle, nuovamente respinto. Le ricordava perfettamente, le parole del migliore amico che lo mettevano in guardia dalle sue stesse pulsioni, che le definivano bizzarre e disgustose, un'intossicazione malata che avrebbe rovinato entrambi. Eppure nell'impersonare l'amore dei due astri dannati, Jimin aveva capito sotto lo sguardo di Yoongi di essere irreparabilmente rotto, fieramente sbagliato; non avrebbe potuto fermare il moto delle sue braccia e quello del suo cuore, per quanto terribilmente lo condannassero in quello che sapeva fosse brama, rivolta solo e soltanto verso il suo migliore amico ritrovato. Tuttavia non si sentì più microscopico, annichilito, sul punto di desiderare di scomparire, ma grande, maestoso, ingombrante, ed invadente. Se una parte di lui reclamava se stessa, lottando contro un potente imbarazzo ed anni di forzato silenzio, un'altra si contorceva in spasmi di dolore, nella consapevolezza di aver ripetuto l'errore che gli avrebbe fatto perdere Yoongi una volta per tutte. E così era accaduto; dopo aver violato gli spazi del migliore amico, avendolo spinto oltre i suoi limiti ed avendolo costretto all'angolo, Jimin lo aveva visto tracciare una profonda linea di confine, una differenza sostanziale tra loro costituita da un impietoso giudizio. Colpevole.

    «Ti comporti in modo davvero strano, Jimin. Pensi che- pensi che vada bene fare cose del genere? A che pensavi?»

    Che stavo facendo? A che pensavo?

    Richiudendosi la porta del Dropbeat alle spalle per dirigersi nella sua abitazione, Jimin sapeva di dover chiedere aiuto per capirsi, disimbrigliare la matassa di emozioni in cui era impigliato, dare un senso al suo pianto, alla sua vergogna, alla sua tristezza ed alla sua rabbia, costretto a compiere un ulteriore atto di coraggio per se stesso e forse anche per Yoongi. I giorni passavano, e Jimin dunque si concesse del tempo per se stesso, per proteggersi e comprendersi senza ignorare i suoi sentimenti, contrastanti e troppo intensi per affrontarli da solo. Fu Hobi, la prima persona alla quale il ragazzo si rivolse, e con serena grazia, il più grande si mostrò particolarmente illuminante nel fornire aiuto e incondizionato supporto a Jimin. Parlare con lui gli aveva donato consapevolezza su quanto fosse importante ascoltarsi, comprendere i propri bisogni, percepirli senza giudicarli. La parola sbagliato avrebbe dovuto scomparire dal vocabolario di Jimin, sostituendosi con fiero, umano, sincero. Hobi gli aveva suggerito di essere gentile con se stesso, di mettersi al primo posto, di fare ciò che sarebbe stato necessario per stare bene. Era stato proprio Hoseok a suggerire che Yoongi probabilmente si stesse trovando in uno stallo simile, senza però incoraggiare Jimin a sobbarcarsi anche dei suoi pesi; non era quello il momento giusto per farlo, ed anzi, prendersi dello spazio per meglio leggere le parole che il cuore stava proferendo sarebbe stato persino più consigliabile. Passate un paio di settimane dalla sera al Dropbeat, Jimin pensò di raggiugnere anche Kaja, che con Yoongi aveva stretto una tenera amicizia, per chiederle in punta di piedi un parere fidato sui tumulti interiori che ancora lo scuotevano; oltremodo riservato nel condividere i dettagli della sua sfera di vita più privata, Jimin pensò fosse più comodo per se stesso presentarsi casualmente al Blue River per una cena in orario di chiusura, che sempre casualmente si era tramutata in una intima chiacchierata, che vedeva Kaja nei panni di una sensibile ed abile narratrice, pronta a comprendere Jimin anche nei suoi silenzi, a rassicurarlo ed a mostrarsi un'amica disponibile e dolce, che gli aveva offerto una prospettiva più complessa sui sentimenti di Yoongi, da qualche tempo rimasto fuori dallo spazio che Jimin aveva creato per sè. Con il passare delle settimane e con un attento e non facile lavoro su se stesso iniziò quindi a rasserenarsi, ad elaborare i pensieri rimasti rinchiusi dentro di lui per anni, a leggersi con più maestria. La strada non era stata facile, bensì irta in insicurezze, paure, vergogna ed isolamento, uno in cui Jimin stava riuscendo a districarsi almeno inizialmente dai pesi del passato, che inconsapevolmente gli erano stati posati sulle spalle anche da Yoongi, che tuttavia non aveva smesso di visitare la mente del ragazzo giorno dopo giorno e notte dopo notte, facendogli tremare il cuore in quelle che ora Jimin sapeva fossero palpitazioni guidate da sentimenti ben precisi, teneri, e suoi. Non erano sbagliati, non erano giusti, c'erano e basta, e trascendevano ogni giudizio e turbamento. Avevano guidato Jimin sino al presente, e solo ora aveva compreso quanta poca fatica aveva percepito nel provarli e quanto sforzo invece aveva compiuto per reprimerli, schiacciarli sotto pressioni che lo avevano piegato sino quasi a romperlo. Eppure ora era libero, libero di viversi, di errare, di guarire, di sentire. Libero di esistere.

    «Torno a casa.»

    Ora ho capito, ora riesco a vedere, a vedermi, senza distogliere lo sguardo.
    So come sono, e non mi scuserò per questo. Io... Volevo solo che tu rimanessi con me.


    Quasi sollevato di aver cambiato forma in favore di quella marina che gli apparteneva, Jimin accolse la sua trasformazione con più gentilezza e coraggio del solito. Era il 13 Ottobre, giorno del suo compleanno, ed il suo cuore batteva in un ritmo solido, regolare, in una pacifica marcia che per quanto colma di malinconia, scandiva anche il procedere lento e stabile dei progressi di Jimin, ora sempre più calmo e presente in se stesso. Con gli occhi colmi di ricordi e le labbra che sempre, da undici anni sino ad allora, venivano riscaldate dal fantasma di quel primo vero bacio innamorato scambiato con Yoongi, il ragazzo era languidamente sdraiato su uno scoglio che affiorava dalle acque azzurre di una piccola grotta al limitare della spiaggia di Besaid, creata da un'insenatura naturale situata più internamente rispetto alla costa, nascosta agli occhi dei più. Coperto dal mare solo all'estremità della lunga coda nera che tenue brillava nelle sue ampie squame, Jimin sollevò le braccia, intrecciando le dita e portandole dietro la testa, ora adagiata su di esse. Le sue iridi scure, che nei loro neri riflessi assomigliavano alle sue ciocche corvine bagnate, si posarono sul braccialetto che gli adornava il polso sottile, avvolgendolo nella sua stretta proprio come avevano fatto le dita di Yoongi qualche tempo prima, separandosi da lui. Da quando era arrivato in Norvegia, Jimin non aveva mai vissuto serenamente il giorno del suo compleanno, rifugiandosi nei suoi pensieri in modo da non avvertire il dolore del distacco dalla Corea e dal suo migliore amico in tutta la sua potenza, eppure, quel giorno si era dimostrato diverso. Lo spleen era rimasto, tingendo quella giornata di sfumature più deboli, ma aveva acquisito più complessità, sprofondando non solo nelle afflizioni del passato ma anche in quelle del presente, che costringevano Jimin a desiderare la solitudine anche in quella giornata che avrebbe dovuto essere dedicata alla condivisione e ai festeggiamenti. La trasformazione non sarebbe durata ancora molte ore, e proprio in seguito ad essa, il ragazzo avrebbe invece dovuto lottare contro i suoi istinti, passando dal negozio di fiori per recuperare delle decorazioni e recarsi così a casa Nygard, dove i suoi genitori adottivi avevano organizzato una cena apposta per lui. Era proprio in queste circostanze, che Jimin avvertiva vari dubbi pervaderlo nei confronti della coppia che l'aveva accolto nella sua casa dopo il trasferimento dall'Asia. Le azioni dei Nygard, sempre cortesi e gentili, sembravano vederlo come una splendida pietra preziosa, brillante e magnifica, incastonata al centro di una montatura talmente stretta da non poter scappare, e pronta ad essere mostrata a paia di occhi affamati solo per far fare bella figura al suo possessore. Che Jimin fosse l'ornamento più conveniente e redditizio dei signori Nygard? Tuttavia, Elsa era sempre stata una meravigliosa sorella, ed anche se gli scopi dei suoi genitori non sempre risultavano chiari e trasparenti ai sensi di Jimin, egli non era intenzionato a deluderli, immaginando anche che la visita di Hobi a questo fantomatico ricevimento avrebbe ribaltato le sorti della serata, che da quel momento in poi sarebbe diventata senz'altro molto più godibile di una malinconica sessione di Netflix all'Aamot. Un pesante sospiro abbandonò quindi le labbra di Jimin, che ad occhi socchiusi muoveva pigramente la sua coda, baciato solo dalla timida luce solare che si posava caldamente sul suo volto, costellato anch'esso da piccolissime e brillanti squame, che ne delineavano solo alcune forme con la loro presenza. Aveva deciso che avrebbe contattato Yoongi una volta conclusi i festeggiamenti, pronto a scusarsi per i limiti superati quella sera di quasi un mese prima, aiutato da un po' di coraggio liquido sotto forma di numerosi brindisi ed auguri di buon compleanno, così come dalla sicurezza di aver intrapreso il giusto percorso per celebrarsi davvero. Tuttavia, prima di abbandonarsi ad ulteriori pensieri, Jimin prese a concentrarsi solo sul proprio respiro, intenzionato ad indugiare nel silenzio almeno sino alla fine della sua trasformazione. Probabilmente, quelli sarebbero stati gli ultimi preziosi minuti di pace in quel pomeriggio frenetico che avrebbe condotto ad una serata ancor più densa. Dunque, afferrò il silenzio tra i polmoni e lo tenne lì, custodito proprio in quei momenti d'evoluzione in cui la sua voce non era mai stata così forte.
     
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    Senza che potesse rendersene conto, la mano e la penna si stavano muovendo contro la pagina bianca del suo diario che, ormai da tempo, non faceva altro che restituirgli un monotono messaggio di aiuto; solo quando focalizzò di nuovo lo sguardo su ciò che, soprappensiero, era stato in grado di scrivere, allora una smorfia infastidita s'impadronì del suo volto. Quasi istintivamente allargò il palmo della mano, allontanando la penna come se l'avesse scottato, per poterne accartocciare all'interno la pagina di diario - quella che, in verità, avrebbe dovuto apprezzare e studiare con più attenzione. Era stanco di perdersi a tal punto nei flutti dei suoi pensieri da riempire intere pagine di quelle due semplici parole, quelle che non era in grado di far accettare alla parte sveglia della sua coscienza. Sospirò, abbandonando ogni tipo di resistenza, deciso a mettere fine a quell'attesa che l'aveva martoriato, rendendolo più fragile di quanto la sua psiche sarebbe stata in grado di sopportare. Aveva corso via dall'evidenza per talmente tanto tempo da essersi stancato. Afflosciandosi al terreno in quella metaforica fuga che aveva come meta chissà dove, infine i suoi occhi riuscirono a cogliere il plateale messaggio che lui stesso cercava di nascondersi: mi manchi. Prima che potesse rendersene conto si era catapultato fuori casa, ficcandosi nel cappotto con una rabbia e una trepidazione che non lo sfioravano da parecchio tempo ormai; non aveva idea di dove avrebbe potuto dirigersi, dove avrebbe potuto trovare Jimin, ma era convinto che sarebbe tornato a casa vittorioso - o, per lo meno, avrebbe creato la giusta occasione per rendere chiari i suoi sentimenti al migliore amico. Mentre camminava non poté fare a meno che essere assalito ancora una volta da ingombranti pensieri che, se doveva essere sincero, di rado gli lasciavano qualche minuto d'aria. Era convinto che si sarebbe facilmente abituato di nuovo all'idea di non vedere più Jimin, un fantasma con cui aveva imparato a convivere per interi anni e che aveva cercato di accettare proprio come si metabolizzava un lutto; aveva considerato per tanto tempo Jimin come morto e, probabilmente, l'averlo rivisto all'improvviso e avere l'opportunità di parlargli, di toccarlo e di viverlo di nuovo l'avevano spaventato a tal punto da costringerlo a ritrarsi. Quindi cosa lo spingeva ad attraversare la città a passo sicuro senza avere nemmeno un'ombra di un piano? Forse non era mai stato in grado di accettare quel brusco distacco?
    La sua mente sembrava elaborare le informazioni molto più velocemente di quanto potesse farlo il suo corpo e, quasi pilotato da un ago di una bussola interna che non era in grado di leggere, ma solo sentire, si ritrovò ben presto a prendere la direzione della spiaggia. Perché non provare prima al negozio di fiori? Perché non provare prima a chiamarlo? Tutte quelle opzioni non gli sembrarono possibili e, convinto di ciò che stava facendo scrutò la distesa d'acqua che si stagliava di fronte a sé; non riuscendo ad individuare l'amico da nessuna parte, ingenuamente convinto che l'altro fosse rimasto nelle vicinanze - ignorando, per dare adito a quella sua speranza, la possibilità che l'altro stesse trascorrendo chissà dove la sua trasformazione e che, soprattutto, fosse in forma di tritone in quel momento. Continuò a camminare, avventurandosi per quell'area fino a raggiungere uno strano e apparentemente poco sicuro ingresso ad una parte più nascosta della zona, forse un'insenatura che celava una rientranza o una grotta. Mosso dalla stessa spinta che l'aveva portato fin là, ne varcò la soglia segnata da dei limiti naturali, rocce umidicce fra cui scivolò a fatica e, arrivato dall'altra parte, cercò di abituare lo sguardo a quel cambio di luminosità. Quando gli occhi scuri di Yoongi riuscirono a posarsi sulla figura dell'altro ragazzo avvertì il sangue trasformarsi repentinamente in un fiume ghiacciato e bollente al tempo stesso: l'aveva davvero trovato, gli avrebbe davvero parlato, avrebbe potuto scusarsi. Quasi meccanicamente, come se non fosse in grado di controllare per interezza i suoi movimenti, Yoongi si chinò fino a raccogliere da terra un sassolino abbastanza leggero da effettuare con successo la traiettoria che lo divideva dal migliore amico, affondandogli proprio a pochi centimetri di distanza. Sembrava che la mira fosse ancora abbastanza sviluppata; si domandò se sarebbe stato in grado di colpire con le giuste parole le orecchie di Jimin. Inspirò mentre si chiedeva se fosse possibile sentirsi minuscoli e ingombranti allo stesso tempo, attendendo solo di poter essere guardato dall'altro. Lo salutò brevemente, non in grado di distogliere lo sguardo dalla meraviglia che fu in grado di saziarlo. Questa volta non aveva paura. «Jimin ah, non so se riesci a sentirmi o vorrai ascoltarmi. Preferirei che tu rimanessi in ascolto, ma se invece vorrai tuffarti e nuotare via puoi sempre farlo. Sai che non sono un bravo nuotatore, quindi non saprei come fermarti. Capirò anche se non vorrai avere più nulla a che vedere con me». Non aveva paura, eppure avvertiva tutto il corpo sconvolto da una serie di brividi - non seppe riconoscere se di freddo o legati a movimenti dell'animo che pure erano stati abilmente nascosti dal viso, immobilizzato e deciso; si portò il polso a cui sembrava proprio mancasse un pezzo contro le guance, cacciando via un paio di lacrime che pure non incrinarono il tono della voce, probabilmente generate dall'emozione di poter rivedere ancora una volta il migliore amico. Una breve pausa intervallò le parole di Yoongi che, pur serio nell'esprimere quel breve messaggio, dovette fronteggiare l'eventualità di un rifiuto da parte di Jimin. «Ma credo che prima dovresti ascoltare ciò che ho da dirti. Fino alla fine».
    Si forzò a deglutire, come se volesse rigettare nel profondo delle proprie membra quella sensazione amara e pungente di tristezza: essere privato un'ultima e definitiva volta di Jimin l'avrebbe distrutto del tutto. «Sono stato stupido, lo sono sempre stato e probabilmente lo sarò per molto tempo!» Continuò, più convinto di quelle affermazioni. Se c'era una sicurezza nella sua vita era quella che non aveva la benché minima idea di dove mettere le mani in questioni spinose come quelle; finiva sempre per rovinare qualsiasi cosa, tormentandosi di conseguenza e desiderando non fare altro se non avvolgere lo svolgimento del tempo, così da poter tentare e tentare fino all'infinito, fino a quando non sarebbe stato soddisfatto dell'atteggiamento assunto con il migliore amico. «Cerco di migliorare, eppure eccomi qua. Non ho fatto altro che scusarmi da quando ci siamo incontrati di nuovo». Abbassò le spalle ma non chinò il capo, rimanendo fermo in quella posizione, speranzoso di star pronunciando le giuste parole che non avrebbero spinto Jimin ad andarsene e, piuttosto, a decidere di rimanere se non per sempre e accanto a lui, almeno fino alla fine del suo discorso. «Mi dispiace che il tuo hyung sia così stupido e imperfetto. Ho molto da imparare ancora. Mi dispiace soprattutto per un'altra cosa. Quello che è successo un mese fa», alzò il tono di voce, corrugando le sopracciglia, con la chiara intenzione di far arrivare quelle parole ben scandite alle orecchie di Jimin. «Mi dispiace averti detto quelle cose. Non te lo meritavi e... quello che non stava pensando ero io, non tu. Mi dispiace non averti detto, invece, quanto sei bravo a ballare. Sei migliorato tanto, lo sai?» Sentiva le mani tremargli leggermente e, interrompendosi solo per sorridere un momento, intenerito dall'idea dei progressi di Jimin a cui non avrebbe mai più avuto la possibilità di assistere, permise a una breve brezza di confortarlo; nulla gli avrebbe potuto restituire il tempo passato lontano da Jimin e, invece di essere grato a qualsiasi forza che li aveva fatti incontrare una seconda volta, era stato capace di calpestare quella fortuna che gli era stata offerta gratuitamente. Si lasciò scivolare le mani dentro le tasche del cappotto, credendo di non aver più bisogno di tenerle accanto alle labbra, consapevole del fatto che la forza della sua voce sarebbe bastata per raggiungere Jimin. Domandandosi se quelle parole avrebbero potuto raggiungere anche il cuore dell'amico, Yoongi riprese a parlare, serio in volto.
    «E un'altra cosa. Volevo anche dirti che mi sei mancato», un'altra breve pausa; il più grande chinò di poco il volto, vagando con lo sguardo sulla spiaggia piena di ciottoli, cercando di non lasciarsi andare ai dolci ricordi. Avrebbe potuto prenderne un paio, sfidare nuovamente Jimin a tirarli il più lontano possibile, ma troppo sembrava essere cambiato. Yoongi in cuor suo sapeva che quelle scuse non avrebbero potuto rimediare a quanto aveva fatto soffrire Jimin, a quanto egli stesso si era fatto del male, allontanandosi con forza dall'unica persona con cui avrebbe voluto condividere le sue giornate, anche se si fossero rivelate monotone e ripetitive - forse era ciò che desiderava di più: vivere finalmente la calma che gli spettava magari, se l'altro gliel'avesse concesso, in sua compagnia. «Mi sei mancato, Jimin ah. In questi anni e in questo mese. Non credevo di...», si strinse nelle spalle, ormai pronto a vuotare completamente qualsiasi pensiero gli passasse per la testa, avendo abbattuto da tempo i filtri che gli impedivano di esprimersi con chiarezza, «essere così idiota da poterti voltare le spalle una seconda volta». Il più delle volte alla fine di un discorso del genere la maggior parte delle persone arriverebbero a definirsi più leggere, come se fossero state in grado di sollevare dalle spalle un peso talmente opprimente da impedire loro il respiro; quella sensazione, però, sembrò non cogliere Yoongi che, al contrario, avvertì quella morsa farsi più stretta e presente, tanto da non lasciargli alcun vincolo d'evasione. Aveva appena rivelato a Jimin un quarto di ciò che era stato in grado di elaborare in solitudine, tuttavia si sentiva a tal punto stanco da avvertire la testa girargli e la bocca essersi fatta più secca: era davvero così difficile parlare sinceramente al proprio migliore amico? Perfino nell'utilizzare quel termine, nell'inciamparci contro come se fosse una roccia nel bel mezzo del suo cammino, Yoongi riuscì a registrare sulla pelle un brivido d'inadeguatezza. «E penso di essere stato in grado solo di mentirti perché, alla fine», esordì sorprendendosi lui stesso di quelle parole che avevano sfondato il blocco delle sue stesse labbra, rialzando il capo e mostrando un sincero sorriso all'altro, decidendo di lasciarsi andare a quel finale messaggio «...credo di esserti più simile di quanto pensassi. Anch'io volevo solo che tu rimanessi con me». Fece qualche passo in avanti, arrivando a sfiorare con le punte delle scarpe la risacca del mare, incapace di preoccuparsi di nient'altro che non fosse il migliore amico. Io sono te, tu sei me. Quel richiamo, sempre più forte, lo fece arrestare su due piedi, fino a quando non si accovacciò nel poggiare le mani sulle proprie ginocchia, quasi pronto ad accogliere fra le braccia Jimin o il vuoto che, probabilmente, si sarebbe meritato molto più del perdono. Incrociò quindi le braccia, appoggiandovi sopra il mento e fissando la figura del migliore amico. Sembrava che si era dimenticato di qualcosa, un dettaglio fondamentale; l'espressione malinconica s'incrinò finalmente in un sorriso più sereno e, lasciando ciondolare la testa verso sinistra, lo sguardo di Yoongi sembrò caricarsi di una dolcezza e anticipazione tale che dava l'impressione di essere sul punto di piangere. «Forse avrei dovuto iniziare con questo, ma... buon compleanno, Jimin ah». Non credeva che sarebbe mai stato in grado di pronunciare di nuovo quelle parole con il migliore amico davanti e quasi fece per girarsi, alla ricerca di quella porta che forse non si sarebbe aperta nemmeno quell'anno perché Yoongi stesso era stato in grado di sigillarla.

    Edited by Kagura` - 24/3/2020, 14:28
     
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    La presenza di Yoongi si manifestò ai sensi di Jimin ben prima che il ragazzo si voltasse verso di lui; poteva sentire lo sguardo del migliore amico addosso, e nonostante ne percepisse l'intensità, non lo spaventò. Gli parve un vero ed inaspettato dono di compleanno, il fatto che Yoongi si fosse presentato lì, in spiaggia, incrociando proprio il suo cammino. Neanche per un secondo Jimin aveva pensato di scappare, di immergersi nuovamente in acqua e diventare parte di essa sino a scomparire dalla vista dell'altro; si offrì invece a lui, con il cuore in attesa, ora accelerato nei suoi battiti, impaziente di riunirsi a quello che sapeva essere il suo gemello. Dopo un mese senza di lui, l'emozione che permeava quell'incontro sembrò essere ancora più intensa di quanto Jimin sapeva di poter contenere; nonostante avesse avuto bisogno di tempo in solitudine, Yoongi gli era davvero mancato, ricordandogli tempi ben più bui in cui la sua assenza era diventata per lui motivo di intensa angoscia, tanto intensa da sfiorare la disperazione. Eppure, ora che proprio grazie a quella esperienza era consapevole di poter sopportare quel dolore, Jimin sperò di non esserne mai più esposto. Non voleva pensare di essere in grado di affrontare un'altra volta un distacco da Yoongi, ma sperava invece di non doverne mai più soffrire. Le sue iridi scure allora si fecero più lucide, sopraffatte dal sentimento che le sopraffaceva, e fu allora che Jimin si voltò del tutto, fronteggiando la figura dell'amico che era lì in piedi davanti a lui. Sei ancora in piedi hyung. Lo siamo tutti e due. Riflettè il ragazzo, rivelando al sua sottile concitazione nei flessuosi e leggeri movimenti della coda, anch'essa non più nascosta alla vista di Yoongi. Poi un rumore, acquoso e ritmico, si infranse contro l'udito di Jimin, attirato ora nella sua attenzione dal sordido rimbalzo di un sasso, che il migliore amico lanciò sino a lui.

    «Vogliamo provare a far rimbalzare i sassi? Ti va?»

    Come fosse accaduto l'attimo prima ed al tempo stesso tanto lontanamente quanto un astro irraggiungibile nel cielo, il ricordo della mano di Yoongi avvolta attorno alla sua sulle sponde del fiume Han non faticò ad emergere nella mente di Jimin, ora che come quel sassolino sprofondato a pochi centimetri di distanza, sentiva acque profonde e nere aspettarlo proprio sotto di lui. Eppure non le temeva, sapendo di essere sempre stato parte di esse; non era più il ragazzino che passeggiando vicino a Yoongi si affliggeva nel desiderarlo, tuttavia il Jimin del presente avrebbe accolto tra le braccia quello del passato, confortandolo nel sussurrargli più e più volte di non avere paura, avvolgendolo esattamente come il mare profondo faceva con lui. Rispose quindi al saluto del maggiore, sollevando appena il viso in un cenno sereno, e scrutò con attenzione la sua figura, notandone ogni più piccolo dettaglio anche se in controluce rispetto al resto della grotta. Yoongi si presentava comunque come lo spettacolo più bello che gli occhi di Jimin avrebbero avuto la possibilità di rimirare. «Jimin ah, non so se riesci a sentirmi o vorrai ascoltarmi. Preferirei che tu rimanessi in ascolto, ma se invece vorrai tuffarti e nuotare via puoi sempre farlo. Sai che non sono un bravo nuotatore, quindi non saprei come fermarti. Capirò anche se non vorrai avere più nulla a che vedere con me». Per qualche attimo, lo sguardo di Jimin riprese a sfiorare il mare. Aveva percepito una mancanza quasi fisica per la voce di Yoongi, tuttavia le sue parole sottilmente lo ferirono: non voleva neanche contemplare uno scenario di vita che non includesse il suo migliore amico, non l'aveva mai voluto. Aveva desiderato allontanarsi, quando spinti entrambi oltre i loro limiti avevano dimostrato senza filtri i loro desideri e paure e la sofferenza che ne era risultata era risultata dannosa, tuttavia Jimin non era mai riuscito ad immaginare un'esistenza senza Yoongi; neanche un giorno, in quegli undici anni, il maggiore era uscito dai pensieri del ragazzo, che continuava a ricordarlo e cercarlo nonostante tutte le difficoltà. Dunque ora sarebbe rimasto in silenzio, ascoltando con attenzione tutto ciò che Yoongi avrebbe desiderato dirgli. Nel risollevare lo sguardo dopo aver maturato la sua decisione, Jimin osservò le lacrime versate da Yoongi e silenziosamente ricacciate via, capaci di incrinare alla loro sola vista il suo cuore. Scivolò allora più in basso, immergendosi maggiormente in acqua, con l'intenzione di avvicinarsi all'altro ragazzo senza però distoglierlo dal suo discorso. «Ma credo che prima dovresti ascoltare ciò che ho da dirti. Fino alla fine».

    «Però questa volta...»

    «Sono stato stupido, lo sono sempre stato e probabilmente lo sarò per molto tempo!» Di primo acchito sorpreso da quelle parole, Jimin restò in attesa, destabilizzato dalle frasi che con energia trapassarono il confine delle labbra di Yoongi. Eri solo spaventato, proprio come me. Jimin ricordava perfettamente il terrore immobilizzarlo, paralizzare ogni sua azione ed impedirgli di raggiungere Yoongi, fermarlo nel ribellarsi alla volontà dei genitori, imporgli di negarsi il suo amore per lui. Tutto ciò non era il prodotto sella stupidità tanto quanto lo era della paura. Ora che possedeva gli strumenti per vederla, Jimin si sarebbe impegnato nel capirla e superarla, giorno dopo giorno, e sperava, vicino a Yoongi. «Cerco di migliorare, eppure eccomi qua. Non ho fatto altro che scusarmi da quando ci siamo incontrati di nuovo». Nell'osservare il maggiore ad occhi socchiusi, schermati parzialmente dalla luce che dalla spiaggia cercava d'invadere gli spazi più isolati della grotta, Jimin ricondusse ad una sola ragione tutte le azioni che con più aggressività avevano tinto i comportamenti del migliore amico negli ultimi mesi, riconoscendola nel dolore. Solo nel momento in cui era ferito e desiderava difendersi o reagire alla sofferenza, Yoongi si era mostrato più brusco o pungente. Jimin non aveva mai giustificato quegli sprazzi più scuri, eppure li capiva molto bene; sapeva che sulle spalle di Yoongi gravavano pesi sconosciuti anche a lui, e portarli con sè giorno dopo giorno non doveva essere stato facile. Forse, per un periodo era sprofondato anche lui nelle acque, senza però riuscire a nuotare fino alla superficie. «Mi dispiace che il tuo hyung sia così stupido e imperfetto. Ho molto da imparare ancora. Mi dispiace soprattutto per un'altra cosa. Quello che è successo un mese fa» Appena un riferimento a quella notte scivolò fuori dalla bocca di Yoongi, Jimin potè chiaramente sentire le guance arrossarsi ed il cuore iniziare a perdere qualche battito. Sembravano essere passati anni luce da quel momento, eppure il modo in cui entrambi si erano esposti aveva lasciato un segno nei ricordi del minore, ancora pronto a lottare con le sue insicurezze e le sue paure dopo quella sera. Aveva iniziato un percorso rassicurante da allora, e rammentarsi del punto di partenza e dello sguardo di Yoongi di allora lo caricò di un'emozione che non sarebbe riuscito facilmente ad imbrigliare. «Mi dispiace averti detto quelle cose. Non te lo meritavi e... quello che non stava pensando ero io, non tu. Mi dispiace non averti detto, invece, quanto sei bravo a ballare. Sei migliorato tanto, lo sai?»

    «Mi dai una seconda opportunità?»

    Scivolando maggiormente nell'acqua lasciando visibile solo il torace, Jimin si appoggiò con la schiena sul fianco dello scoglio dove prima era sdraiato, racchiudendosi in un abbraccio nell'intrecciare gli altri superiori in una stretta confortante, mentre gli occhi iniziavano a bagnarsi, rigandogli le guance con le lacrime che ne fuoriuscivano, scivolando su di lui sino a ritornare all'acqua di cui erano figlie. Grazie, hyung. Quelle parole erano l'ultimo tassello che Jimin necessitava per raggiungere davvero la pace, una che agognava da molto tempo e che era riuscito a conquistare quasi nella sua interezza da solo, felice di aver ricevuto da Yoongi il dono che realmente desiderava: ritornare a lui. Tirò su col naso, portandosi una delle piccole mani alle labbra e specchiandosi negli occhi dell'altro, che per quanto lontani riuscì a catturare per qualche istante nei suoi, prima di distaccarsi dallo scoglio avvicinandosi così all'altro di qualche metro. «E un'altra cosa. Volevo anche dirti che mi sei mancato» Inevitabilmente, l'espressione già incrinata dall'emozione che modellava il volto di Jimin si fece leggermente più evidente, le sopracciglia che si increspavano nell'assorbire ogni singola parola. Anche tu mi sei mancato, hyung. «Mi sei mancato, Jimin ah. In questi anni e in questo mese. Non credevo di... essere così idiota da poterti voltare le spalle una seconda volta». Jimin sapeva, avendo provato quella sensazione egli stesso, quanto difficile dovesse essere per Yoongi vuotare ogni stilla di sentimento dal suo cuore direttamente fuori dalle labbra, e per questo rimase ancor più colpito dalle sue parole. Si era così tanto spaventato di aver perso Yoongi per sempre, nel vederlo andare via dalle sale del Dropbeat così risoluto e scosso, che ritrovarlo lì, davanti a sè, pronto a riconoscere le sue paure ed a farle proprie, lo riempiva d'amore ed orgoglio. Nessuno dei due era perfetto, e mai lo sarebbero stati; non era ciò che contava. L'importante era sempre ritrovarsi sia in se stessi che l’un l’altro. «E penso di essere stato in grado solo di mentirti perché, alla fine» Un sorriso sbocciò sulle labbra del maggiore, ed in quel momento Jimin capì di essere stato finalmente visto da Yoongi; gli occhi ritornarono a lui, rispecchiando quella tenerezza incastonata nel volto dell’altro, ora che Jimin affondò ancora di più nel mare, sino a che le acque non assorbirono del tutto la figura del minore, lasciandolo scomparire completamente sotto la sua superficie. Da lì Jimin riaprì gli occhi, osservando la figura accovacciata di Yoongi da sotto le onde. «...credo di esserti più simile di quanto pensassi. Anch'io volevo solo che tu rimanessi con me». Il suono della voce dell'altro si era fatto sordido, eppure spaventosamente chiaro. «Forse avrei dovuto iniziare con questo, ma... buon compleanno, Jimin ah». Proprio nel fissare il contorno poco nitido del corpo di Yoongi, Jimin potè scorgere tutti i ricordi di una vita passata con lui, ogni momento piacevole e sgradevole, il distacco, gli abbracci, il ritrovarsi. Io sono te, e tu sei me. Restò sott'acqua per svariati minuti, lasciandosi scorrere addosso non solo le lievi correnti del mare, ma anche ogni emozione, visione, tocco che dal maggiore gli era stato donato o privato, e solo dopo Jimin riaffiorò lentamente in superficie, tanto vicino a Yoongi da poter occupare lo spazio tra le sue braccia, avvolgendo il suo torace con le proprie. Grazie, hyung. Sussurrò contro il suo orecchio, riferendosi sia agli auguri che alle scuse, lasciando che la voce si rompesse nell'emozione e lacrime di pianto si unissero all'acqua marina che già gli ricopriva interamente il corpo. Sfiorò con le labbra la guancia di Yoongi, lasciandovi un bacio e lo strinse più forte, trattenendolo in quella stretta in modo che non potesse separarsi da lui. Anche tu mi sei mancato. Nel compiere lo sforzo di parlare, Jimin sentiva di non potersi esimere dall'esprimere all’amato tutto ciò che desiderava con chiarezza cristallina, proprio come quella delle acque che lo bagnavano ancora. Grazie per aver capito perché ho avuto bisogno di tempo, e.. Mi dispiace di averti fatto sentire a disagio. Non era quello che volevo.. Confessò il minore, senza accennare a cambiare posizione, se non allontanandosi impercettibilmente dall'altro, posando una mano contro il suo viso caldo e asciutto per farsi guardare. Ma avevo bisogno di trasformarmi un'altra volta, di vedere chi sono veramente. E.. ti ho spinto a farlo con me, senza pensarci. Scusami.. Indagando ogni sfumatura dello sguardo di Yoongi, Jimin appoggiò qualche istante la fronte contro la sua, distaccandosene qualche attimo dopo non volendo nuovamente invadere i suoi spazi senza che gli fosse stato permesso. In questo mese abbiamo imparato molto ma.. Continui a non essere bravo a lanciare i sassi, lo sai? Il sussurro commosso di Jimin si infranse nuovamente contro la guancia di Yoongi, la cui pelle accolse in breve tempo anche un leggero sorriso, che distese speranzoso le labbra del più giovane.
     
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    "Grazie, hyung".

    «A-ah! No, aspetta Jimin ah! Mi bagne... rai». Un lungo sospiro di rassegnazione si liberò dalle labbra del maggiore che, nell'accettare la nuova situazione senza opporvisi in un modo concreto, non avrebbe potuto fare a meno di lamentarsi almeno un po'. Si domandò a Jimin se fossero mancate anche le sue lamentele e continui borbottii ma, senza alcun dubbio, avrebbe potuto ricevere una risposta negativa - anche se desiderava essere accettato dal più giovane in ogni sua sfaccettatura caratteriale. A lui di sicuro erano mancati gli abbracci del più giovane e, se doveva essere sincero, qualsiasi altro tipo di contatto. E così decise di goderselo, pur ritrovandosi ormai seduto a terra, incapace di salvare né i suoi vestiti né le scarpe dal contatto con l'acqua: si sarebbe beccato un raffreddore, tuttavia non riusciva a preoccuparsene. Immaginò che, avendo a che fare con una persona straordinaria e acquorea come Jimin, avrebbe dovuto farci l'abitudine. Con cautela, mentre le guance si coloravano di un vivace rossore dovuto non solo alla vicinanza ma anche all'emozione di poter sentire finalmente la voce dell'altro, le mani si spostarono in una posizione che gli parve più confortevole, adagiandosi contro la schiena di Jimin ancora coperta dallo spettro dell'acqua. Non si limitò a ricambiarne l'abbraccio ma, come meglio poté, cercò perfino di sostenerlo, potendo immaginare che quella non fosse una posizione troppo confortevole per l'altro. Yoongi pensò che si sarebbe volentieri disteso sui sassi, lasciandosi sovrastare dalla figura di Jimin, permettendogli di non flettersi a quel modo per poterlo abbracciare. Quell'immagine non lo spaventò, nemmeno nei dettagli e risvolti che in altre occasioni avrebbe trovato scomodi, imbarazzanti, da rifuggire e da cui mettersi al riparo. Si domandò se, invece di toccarlo, non stesse accertandosi allo stesso tempo che tutto quel che aveva di fronte fosse reale: Jimin era fra le sue braccia, l'aveva ascoltato e ringraziato. Probabilmente Yoongi avrebbe ottenuto una seconda possibilità, una rara occasione per impegnarsi a non tornare sui suoi passi, in un cammino stancante e che non l'avrebbe portato, in fondo, da nessuna parte se non distante da colui che voleva avere il più vicino possibile.
    "Anche tu mi sei mancato". Pur non dovendo, si sentì di nuovo in difetto, come se la bilancia si fosse nuovamente spostata, impedendogli di esprimere ancora una volta quanto la malinconia e la tristezza fossero state in grado di rimpiazzare qualsiasi sua sensazione impadronendosi, nel sedere sui troni più alti, di ogni piccolo aspetto della sua vita. Fece eco delle parole di Jimin nella sua testa e, per quanto distratto dal tenero bacio che poco prima il più giovane aveva deciso di regalargli, provò a concentrarsi, raccogliendo le redini di se stesso per poter ascoltare di buon grado ciò che il più giovane gli avrebbe confessato. "Mi dispiace". Per poco Yoongi non intervenne, spinto dalla volontà di interrompere quelle parole sul nascere, nonostante avesse fatto poco prima la promessa di rimanere in silenzio, per lasciare più spazio possibile a Jimin - dato che lui, prima di lui, se n'era preso parecchio e senza nemmeno chiedere il permesso al più giovane. Non c'è bisogno che tu chieda scusa... non hai fatto nulla di male. Quella conclusione, a tal punto sincera e cristallina, non parve turbarlo. Forse era insita in lui da tempo immemore, forse l'aveva sempre saputo: non avrebbero mai potuto fare nulla di male, perché non c'era niente di male in quello che provavano e vivevano l'uno per l'altro. Ciò che era sempre stato avvertito come un crimine per il cuore di Yoongi era stato più facile da accettare con le semplici e dolci parole dell'altro che, con la forza di un martello ma la delicatezza di una piuma che si posò sulle sue pesanti catene, per via del tono di confortante semplicità non avevano fatto altro che calmarlo. Lo stava chiamando in acqua e, questa volta, per la prima volta, Yoongi non aveva paura di annegare. Si trovò comunque a dissentire, pur silenziosamente, mentre un cipiglio sorpreso gli sconvolgeva il volto che, impegnato a rinnegare le scuse ricevute dall'altro, riuscì a quietarsi solo quando Jimin appoggiò una mano contro la sua guancia. Indugiò in quel contatto, inclinando appena il viso e socchiudendo gli occhi scuri mentre, senza che potesse accorgersene davvero, le mani andavano a sostenere meglio i fianchi di Jimin, come se avesse voluto rispondere a quella tenerezza in modo altrettanto presente e percepibile. «Non devi scusarti, Jimin ah». Intervenne infine, guardandolo farsi più vicino e distanziarsi poco dopo, incuriosito da quella nuova prospettiva e dalla mancanza del tipico nervosismo e dell'irritazione che, normalmente, avrebbero già preso il controllo su di lui, annebbiandogli la vista al punto tale da costringerlo a comportarsi in un modo che gli era sempre risultato stretto, scomodo. «E poi sono io quello che è venuto qui per questo... non rubare la scena al tuo hyung», continuò, in tono forzatamente querulo e offeso, tant'è che non sarebbe stato difficile cogliere nella sua espressione il protendersi del labbro inferiore in modo infantile, un broncio che ben si scontrava con il sorrisetto divertito che da lì a poco affiorò sulla bocca.
    Al sentire di quelle poche e giocose parole, nell'avvertire le labbra di Jimin posarsi per la seconda volta contro la sua guancia, Yoongi poteva sentirsi davvero sereno, trasportato in un mondo distante, ma non per questo alieno alla sua memoria. Ricordava bene quella giornata di ormai un decennio fa; sapeva che, dal momento in cui aveva lanciato il primo sasso per poter avere l'attenzione dell'altro, la sua mente era andata inevitabilmente, come un fiume che segue il suo corso fino al mare, a quegli eventi specifici - ultimi, semplici frammenti di una vita che, apparentemente, avrebbero potuto raccogliere e mettere in piedi in due per una seconda volta. Cercò di lottare contro se stesso per non portarsi le mani al petto, stringendo la sciarpa che gli pendeva lungo il torace in un forte moto di commozione. Invece si calibrò con attenzione, affilando lo sguardo che si tuffava in quello velato di bianco dell'altro: l'aveva, in qualche modo, provocato. E Jimin sapeva bene, ormai, come Yoongi era solito rispondere alle provocazioni, anche scherzose e non intenzionali. Per questo un celato ghigno si fece strada sulle sue labbra e, allargando le dita contro la pelle di Jimin per afferrarlo meglio, fu veloce a districarsi dall'abbraccio dell'altro solo per far sì che il corpo dell'altro gli scivolasse via di dosso, così da toccare con la schiena quell'insieme sparso di pietre. «E a quanto pare tu continui a mancare di rispetto al tuo hyung, lo sai?» Scherzò, guardandolo dall'alto con aria divertita, lo sguardo scuro di un gatto che aveva appena ottenuto il suo clamoroso successo nel gettare giù da un'altezza considerevole un oggetto molto delicato. «Mi bagni i vestiti, mi rubi la scena e mi prendi perfino in giro? Aaah, Jimin ah... non sei cambiato per niente in questo mese». Continuò a dire, allungando la mano con cui non aveva bilanciato il peso del torso per prendere il naso del più giovane fra due dita. Lasciò ciondolare il volto contro la spalla, rapito e per qualche strana ragione affascinato da quella quotidianità in cui erano stati in grado di scivolare in così breve tempo; e se nemmeno una manciata di minuti prima i due si trovavano su due piani diversi, tanto lontani da portare entrambi a non provare nient'altro se non dolore, in quel momento una diversa energia pareva legarlo a Jimin. Una serie di piccole scariche elettriche gli danzavano sulla pelle, solleticandolo in ogni parte, spingendolo in qualche strano modo a non cercare altro che non fosse la completa vicinanza a Jimin. I ricordi assopiti ma mai del tutto dormienti furono all'improvviso attivi, volenterosi di essere rinnovati, di far scorrere attraverso i loro organismi nuova linfa vitale. Non era stato in grado di dimenticare ciò che aveva preceduto quell'innocente gioco di rimbalzi. Non c'era stato giorno in cui non aveva pensato a ciò che era seguito. Fu in quel momento che la tensione sembrò raggiungere il massimo voltaggio e Yoongi giurò di essere stato appena bruciato, la scossa inevitabilmente alimentata dall'essere cosparso e in continuo contatto con l'acqua. Quanto tempo era passato? Forse è meglio così... non volevo che tu cambiassi. La mano scivolò contro la guancia decorata da iridescenti squame di Jimin e, nel chinarsi, Yoongi si permise di mettere da parte quello sciocco gioco, quella sfida infantile... almeno per un po'.
    Il primo tentativo fu timido, fugace, rapido tanto da essere registrato a malapena dalle labbra di entrambi. Come spiegarsi allora quel sentore di bruciore ardente, quella scottatura che non provocava dolore alcuno? I loro sguardi cromaticamente all'opposto si intrecciarono, prima che Yoongi potesse chiudere definitivamente le palpebre, prima lasciate socchiuse proprio come nel voler sbirciare al di là della porta di Jimin, chiedendogli cortesemente il permesso. Trattenne il fiato, pur ben certo di non aver più motivo alcuno di chiedere all'aria l'ossigeno, se aveva la possibilità di posare finalmente la bocca contro quella del più giovane. Lasciandosi chiamare dalle mani dell'altro, nel momento in cui con delicatezza ne raccoglieva il mento fra le dita così da poter avvicinare il viso al proprio, si abbandonò a quel bacio che aveva il sapore di un temporale estivo. Plic, plic, plic. Piccole stille, rapide, intermittenti, fino a quando entrambi non si sarebbero ritrovati completamente bagnati, senza più bisogno di schermarsi dall'acqua che si era rivelata tanto vitale quanto cercata. Avrebbero danzato fra le gocce di pioggia, permettendosi di respirarne l'aria umida a pieni polmoni, lasciandosi attraversare da parte a parte da quella musica che solo loro avrebbero avuto l'onore di sentire. Così, mentre ogni ricordo veniva soppiantato da una visione rinnovata e viva, matura e sbocciata in tutta la sua bellezza di Jimin, non solo le labbra godettero di quella scoperta, prendendo sempre più spazio per loro, assaporando piano e teneramente ogni curva delle gemelle; con la mano ora libera dal volto dell'altro, infatti, iniziò a seguirne le forme come un cieco illuminato dalla vigorosa e insieme morbida composizione dell'altro, chiedendosi quali fossero i tanti segreti che avrebbe voluto scoprire tutti in una volta. Con assoluta attenzione disseminò il torace di Jimin di preziose carezze che, sperò, potessero rivelarsi tanto piacevoli quanto lo furono per lui e, non intenzionato a fermarsi fino a quando non avrebbe avvertito anche solo un briciolo d'incertezza nell'altro, ne circondò nuovamente i fianchi, spingendosi giù, toccando proprio ciò che un tempo l'aveva terrorizzato, accarezzandone le squame finemente intagliate. Una cesellatura perfetta, come del resto l'intero corpo di Jimin che, senza vergogna, si trovò finalmente libero di poter apprezzare - pur nella sua testa.
    A tal punto distratto da ogni nuova percezione, Yoongi non fu nemmeno in grado di accorgersi, se non dopo diverso tempo, che gradualmente le squame si erano ritirate, lasciando spazio a delle forme più simili alle sue. Paradossalmente confuso da quel cambiamento, conscio che tutto l'ossigeno che aveva in corpo l'aveva ormai abbandonato - ma era sicuro che non fosse legata a quella mancanza l'incredibile capogiro che parve colpirlo in quel momento -, leggermente affannato sulle labbra di Jimin, allora chinò giusto un po' lo sguardo, almeno fino a quando non venne interrotto da se stesso, quasi una terribile realizzazione l'avesse investito in quel preciso istante. Un urletto incerto, gli occhi sgranati. «Aah! Ma sei nudo!» Di sicuro non si trattavano delle prime parole che avrebbe voluto rivolgergli dopo aver scambiato con lui un bacio tanto tenero quanto appassionato. Il viso si alzò di scatto, evitando lo sguardo di Jimin come meglio poteva, pervaso da un ingombrante e, a tratti, ridicolo pudore, mentre le guance e le punte delle orecchie parvero in grado di farsi ancor più rosse di quanto già non fossero in precedenza. «S-scusa», borbottò rendendosi conto di avere la mano ancora sulla gamba dell'altro mentre la ritraeva quasi ne fosse stato scottato. È ovvio che è..., cercò di evitare perfino di pensare a quel termine, che tanto sembrava metterlo in riga, quasi trascinandolo indietro. Ecco, di certo una cosa non sembrava essere cambiata dai tempi della scuola: il suo essere tremendamente impacciato. Si è appena ritrasformato... non avrebbe senso trasformarsi vestiti, no? Succede in tutti i film così. Non vedo che ci sia di strano poi. Siamo uguali. Concordò fra sé e sé, pur non in grado di tenere a bada l'imbarazzo, che portò Yoongi addirittura a ritirarsi - volendo fornire a Jimin la giusta riservatezza -, spostando il viso e lo sguardo dalla parte opposta. E non è la prima volta. A che gioco stava giocando? Voleva darsi una mano o continuare a navigare in quelle acque melmose per sempre? Sbuffò dalle narici profondamente, rinchiudendosi fra le sue braccia, appoggiandole per una seconda volta contro le ginocchia flesse e portate quasi al petto. Non si era reso conto di quanto fosse bagnato e umido, tuttavia non fu in grado di avvertire il freddo, fin troppo accalorato dalla situazione da cui era stato bruscamente sottratto.

    Grazie, Jimin.


    This is the first day of my life
    Swear I was born right in the doorway
    I went out in the rain, suddenly everything changed
    They're spreading blankets on the beach

    Yours was the first face that I saw
    I think I was blind before I met you
    I don't know where I am, I don't know where I've been
    But I know where I want to go



    Edited by Kagura` - 25/3/2020, 02:15
     
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    «A-ah! No, aspetta Jimin ah! Mi bagne... rai». Troppo tardi. Jimin aveva già avvolto il torace di Yoongi in una salda stretta, che nei suoi sottotoni poteva quasi sembrare disperata; gli era mancato tremendamente durante tutti quegli anni ed in quel solo mese di lontananza, ed ora che aveva la possibilità di stringerlo a sè ancora una volta, non avrebbe sprecato un singolo secondo lontano da lui. Le lamentele erano state ben più che previste - Jimin ormai conosceva bene le reazioni del suo migliore amico, ed indugiava in esse tanto quanto faceva tra le sue braccia: il suo sospiro rassegnato difatti non tardò ad infrangersi contro l'orecchio del minore, il quale però non accennava a lasciar andare Yoongi dalla sua stretta per nessuna ragione al mondo. Forse avrebbe dovuto essere più coscienzioso, evitando all'amato un possibile raffreddore, eppure Jimin non riuscì a stargli lontano neanche in quella eventualità; forse aveva peccato d'egoismo, eppure pensò di poterselo permettere almeno un po', pur di soddisfare il desiderio di unirsi nuovamente a Yoongi. Gli occhi del più giovane si chiusero del tutto nel percepire finalmente le mani dell'altro contro la schiena, e si concesse d'abbandonarsi del tutto a quell'abbraccio, in cui trovò non solo il calore di Yoongi ma anche il suo sostegno che gli permise di avvicinarsi ancor di più a lui. Un poderoso sollievo pervase in quei soli attimi tutto il corpo di Jimin; la persona a cui aveva sempre saputo di appartenere era tornata da lui, a stringerlo come non pensava sarebbe più successo ed anche con rinnovata energia. Dopo anni di solitari e malinconici compleanni, Jimin poteva affermare senza alcun dubbio che questo fosse il migliore che avesse mai vissuto; non c'erano più barriere di silenzio tra lui e Yoongi, ma una quiete che piuttosto aveva preso ad unirli, ad avvolgerli tanto quanto le braccia dell'uno e dell'altro. Il maggiore non sembrava più aver paura di lui, e per questo Jimin potè sentire nuovamente i suoi occhi velati di bianco farsi vitrei, nel sapere di non costituire più qualcosa di strano allo sguardo dell'altro. Fu allora che, con tale consapevolezza sulle spalle, Jimin si premurò di scusarsi, rischiarando il cuore da ogni nuvolosa incertezza e colpa che suo dire lo macchiavano, parlandone direttamente con Yoongi ed unendosi così alla leggenda che personificava egli stesso: come la sirena che dona la vita eterna all’amato marinaio trascinandolo giù nelle profondità degli abissi, Jimin era tornato ad avvolgere Yoongi tra le braccia, conducendolo con sè nel mare nero per permettergli di trasformarsi insieme a lui.
    «Non devi scusarti, Jimin ah». Nel distanziarsi da Yoongi, Jimin ne rispecchiò l'espressione vagamente incuriosita; non avrebbe dovuto scusarsi? Per quanto il suo desiderio fosse stato sano e naturale, Jimin sentiva comunque di aver oltrepassato prima del tempo dei limiti che non avrebbe ancora dovuto valicare, permettendosi di farlo solo quando e se Yoongi fosse stato pronto. Dunque restò in silenzio, fermo ad osservare il volto dell'altro, ancor più sollevato di quanto già non fosse nel sapere di non avergli recato alcun danno. «E poi sono io quello che è venuto qui per questo... non rubare la scena al tuo hyung». Un sorriso e poi lo sbuffo di una risata non tardarono a comparire sulle labbra di Jimin, che divertito da quella piccola messa in scena tracciò con delicatezza il contorno del mento dell'altro con il dorso delle dita, come se lo stesse invitando a riassorbire il leggero broncio che gli era comparso sul viso. Oh povero, povero hyung! Commentò il minore in un tono falsamente drammatico e civettuolo, mantenendo però la voce bassa, come a trattenere l'altro vicino a sé ed invogliarlo a non allontanarsi. Le labbra di Jimin atterrarono nuovamente contro la guancia del maggiore, sprofondando teneramente contro quella carne soffice, ed il sollievo che aveva iniziato a pervadere il più giovane mutò ancora una volta, evolvendo in una dolce serenità. Tutto stava iniziando a collegarsi, a chiudersi in un cerchio perfetto che raccoglieva i frammenti del passato per ritornare nella loro interezza nel presente, fermi nell'abbraccio che i due ancora condividevano. Il commento di Jimin però avrebbe senza dubbio fatto scattare qualcosa in Yoongi, che proprio come un gatto si districava tra una giocosa provocazione e l'altra contrattaccando prontamente - allora come in passato; gli occhi socchiusi del minore non faticarono nel captare le sue intenzioni, ma non riuscendo a prevedere le sue mosse con totale chiarezza, si ritrovò a trasalire al contatto più vigoroso con le mani dell'altro, che ben presto lo liberarono dall'abbraccio in cui era piacevolmente rinchiuso. «E a quanto pare tu continui a mancare di rispetto al tuo hyung, lo sai?» Ritornato di qualche abbondante centimetro in acqua a partire dalla coda, Jimin si portò una mano finemente palmata alle labbra, coprendole per schermare agli occhi dell'altro la risata che però echeggiò ben udibile tra le pareti della grotta in cui si trovavano. Nonostante il divertimento però, il cuore non accennava a rallentare i suoi battiti accelerati, sintomo di un'emozione mai spenta ma ravvivata dalla nuova vicinanza con Yoongi. «Mi bagni i vestiti, mi rubi la scena e mi prendi perfino in giro? Aaah, Jimin ah... non sei cambiato per niente in questo mese». Quasi sdraiato al fianco del maggiore, Jimin aggrottò le sopracciglia nel vedersi prendere il naso dalle dita di Yoongi, muovendo appena la coda in movimenti più concitati prima di ridere nuovamente - il naso, difatti, gli era utile solo parzialmente per respirare, dato che le branchie gli fornivano ulteriori possibilità per inalare l'aria. Nel scuotere appena la testa e liberare le ciocche nere di qualche pesante goccia d'acqua, Jimin scivolò, esattamente come l'amato, in una confortevole quotidianità imperlata di piccoli gesti che parevano tanto ordinari quanto speciali, esclusivamente riservati a loro. Per quanto banale potesse apparire ogni azione, con Yoongi tutto acquisiva significato, un peso differente, come se anche solo uno sguardo avrebbe potuto legarsi ad un segreto custodito solo da loro due.
    Jimin ne accolse ogni risvolto, seguendo sia con lo sguardo che con i movimenti ogni più piccolo gesto di Yoongi, appoggiando la guancia scintillante di piccole ed iridescenti squame contro il palmo della sua mano, ignaro del fatto che le dinamiche tra loro sarebbero state di lì a poco ribaltate. Fu il marinaio a far annegare la sirena, dapprima con una delicatezza tale da rendere impercettibile ogni gesto, e poi in un momento quasi infinito - era infatti bastato un battito di ciglia, per rendere Jimin tanto liquido quanto le acque che lo circondavano. Gli occhi si chiusero del tutto, e con la stessa acerba esitazione di undici anni prima, il minore andò incontro ai baci che gli erano stati donati, sollevandosi appena sulle braccia, prima di ricambiare ogni singola stilla di amore che gli era caduta sulla bocca, riversandone altrettante su quella del maggiore. Erano tanti anni che Jimin, seppur in maniera forzatamente sottile, desiderava di ricevere i baci di Yoongi, ed ora che gli era stato concesso di viverli, afferrò ogni sensazione a piene mani, aggrappandosi al torace dell'altro arricciando la sua maglia tra le piccole dita ornate da lunghe unghie acuminate, e pressando i palmi umidi contro la sua schiena per cercare un contatto maggiore. C'era stato solo un bacio che aveva per anni pervaso i sogni ed i pensieri di Jimin, ed ora attraverso il respiro di Yoongi aveva avuto modo di rivivere quello stesso identico momento di undici anni prima più vividamente, con consapevolmente, con una tranquillità che non gli era mai stata concessa prima d'allora. Allora Jimin si lasciò trascinare nelle profondità dell'oceano, intensificando il contatto con Yoongi, che fattosi più umido raccolse in sè la forza marina che entrambi avevano sprigionato, riversandola l'uno sull'altro. Non esistevano altri suoni se non quelli delle poderose ma gentili onde amorose che come quelle che man mano si susseguivano sulla sabbia s'inseguivano in una rincorsa lenta ma irrefrenabile, e perso in quei flutti, Jimin lasciò andare la presa sulla schiena di Yoongi, tastandola in una delicata ma curiosa riscoperta, scivolando poi sulle sue spalle ed il suo collo, intrecciando infine le dita attorno ai suoi capelli scuri, che accarezzava con affamata cura proprio come le mani del maggiore che nel frattempo più d'una volta avevano spezzato il suo respiro, nelle carezze che gli attraversavano il torace, i fianchi ed infine la coda, di cui le delicate squame registrarono il passaggio, liberando piacevoli tremori lungo le vertebre del ragazzo, avvolto in uno stato di completa beatitudine. Prima di allacciarsi nuovamente alle labbra di Yoongi, i baci di Jimin si posarono in tenere ed imprecise impronte lungo la mascella ed il collo del maggiore, ritornando solo dopo lievemente schiuse ed affrettate contro la sua bocca, su cui si infranse anche il respiro caldo del più giovane.
    Era questo, ciò che per molte notti e molti giorni Jimin aveva sognato e desiderato: semplicemente di viversi e vivere il suo amore per Yoongi apertamente ed insieme a lui. Ognuno di quei baci sembrò essere il meritato premio che i due potevano finalmente condividere, in un lauto e delizioso banchetto dal quale servirsi a volontà e senza paura. Quelle dolci distrazioni rubarono anche a Jimin l'attenzione necessaria per badare alla sua trasformazione inversa, ora che sempre in acqua, la grande coda nera si ritirò, restituendogli la sua forma umana. Si ritrovò a sussultare, distaccando velocemente le labbra da quelle di Yoongi, non appena avvertì il suo leggero grido, allarmato da quel suono. «Aah! Ma sei nudo!» Lì per lì confuso, non essendosi accorto della trasformazione appena conclusasi in dinamiche talmente naturali da rivelarsi impercettibili, Jimin aggrottò le sopracciglia, arrossato sulle guance e leggermente affannato, nell'abbassare lo sguardo sul proprio corpo, ora che sentiva le ginocchia affondare nella sabbia. Oh.. Si! E’ così! Squittì, colto da una cascata di risolini che presero ad uscirgli dalle labbra per via dell'imbarazzo, che gli tinse le gote della stessa sfumatura che aveva investito anche il volto di Yoongi. «S-scusa,» Impensierito, Jimin cercò lo sguardo dell'amato ancora per qualche secondo, dandosi conto della mancanza del suo tocco solo quando si fu sollevato dalla sua gamba. Oh hyung.. Non hai nulla di cui scusarti, i pesci non nuotano con la camicia e i pantaloni, no? Lo punzecchiò il minore, riempiendo le proprie parole di una quantità di sicurezza maggiore di quanta gli fosse permessa di provare realmente dalla leggera timidezza che lo aveva appena investito. Si, è già successo, Jimin. Si ripetè tra sè e sè, cercando di aggrapparsi a quel ricordo per non affondare nella goffaggine, quasi dispiaciuto del fatto che le braccia di Yoongi lo avessero abbandonato per favorirgli un po' di quello che aveva capito essere un po' di dignitoso spazio offertogli dal maggiore. La leggera risata che fuoriuscì dalle labbra di Jimin ancora una volta però in quell'ultima occasione assunse una sfumatura più divertita, nell'udire i piccoli borbottii e i leggeri sbuffi dell'altro, che accalorato almeno quanto lui cercava di districarsi da un tenero imbarazzo. E comunque ora non siamo più così diversi, mi sembra. Puntando le ginocchia nella sabbia per alzarsi ed al contempo lanciare un occhiolino giocoso al maggiore, Jimin gli prese una guancia tra pollice ed indice, ora privi delle lunghe unghie che li ornavano assieme alle leggere membrane che univano le sue dita, per racchiudere in una scherzosa presa la soffice carne delle gote dell'amato, prima di superarlo ed uscire con cautela dalla grotta, tornando al suo interno solo dopo qualche abbondante minuto con indosso una larga camicia bianca, un paio di pantaloni beige ed un asciugamano azzurro sulle spalle usato per tamponare i capelli neri ora umidi, poi posato premurosamente sulla schiena di Yoongi. Tienilo, così non prenderai troppo freddo. Suggerì il ragazzo, rivolgendo un caldo sorriso al compagno, prima di posargli un bacio contro una guancia ed accovacciarsi, per rubargli un altro paio di morbidi baci sulle labbra, ansioso di assaggiarle ancora. Volevo chiederti.. Ti andrebbe di venire con me al negozio ora? Oggi i Nygard hanno deciso di organizzarmi una festa, ed Elsa mi ha detto che ha lasciato dei fiori che devo andare a prendere in vista della serata. Come sempre, mi sembra che questa festa di compleanno sia più per loro che per me, ma se volessi venire ne sarei molto felice. E poi c'è anche Hobi! Lanciando uno sguardo languido al più grande, Jimin cercò neanche troppo velatamente di convincerlo a partecipare a quella poco desiderata celebrazione di compleanno, che di colpo si sarebbe trasformata in un'occasione da ricordare se Yoongi vi avesse preso parte - anche solo per un po' di tempo. Una volta ottenuta la risposta del maggiore, per fortuna positiva, Jimin sembrò essere particolarmente radioso, sopraffatto da una felicità che da anni non percepiva così chiara e forte; solo undici anni prima, durante la cena al Gangnam, ricordava di essersi sentito così gioioso, e la costante di entrambi i giorni era indubbiamente la presenza di Yoongi, tanto preziosa quanto insostituibile. Durante il tragitto verso il negozio di fiori, la sua mano più minuta scivolò in quella del più grande, avvolgendola in una leggera ma presente stretta che non sciolse nemmeno una volta entrati nel piccolo emporio. Jimin! Oh, ciao Yoongi! Che bello vederti! Prima di abbandonare il negozietto sopraffatta dai tanti fiori che reggeva tra le braccia, Elsa si concesse qualche minuto per sorridere caldamente ad entrambi i ragazzi, lanciando una discreta ma curiosa occhiata sulle loro mani intrecciate. Elsa! Vuoi una mano? Possiamo prenderne qualcosa in più noi! Si affrettò a rispondere Jimin, allungandosi appena per lasciare un bacetto sulla guancia della sorella, prima che lei lo ricambiasse e scuotesse il capo con vigore. No no tranquillo, ho la macchina! Però non riesco a portare tutto, quindi ti ho messo gli ultimi fiori sul retro, sono solo un paio di centrotavola, mi raccomando a non rovinarli- A dopo eh! Fate i bravi~ Attenta a sussurrare con delicatezza le ultime parole contro l'orecchio del fratello, Elsa salutò nuovamente Yoongi e si diresse all'esterno del negozio, lasciando Jimin ancora una volta imbarazzato ad assorbire l'impatto dolcemente devastante di quel compleanno ben più che fortunato.
     
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    Mi prende in giro. Osservò mentre si faceva serio in viso, non in grado ancora di volgere lo sguardo verso Jimin anzi, cercando di schermare perfino la coda dell'occhio dall'oltrepassare quel limite invalicabile per mantenere intatta la riservatezza dell'altro. Non che fosse di natura pudico e rigettasse la corporeità nuda e cruda, ma non aveva potuto fare a meno di reagire in quel modo, quasi colpito da un fulmine a ciel sereno da quella realizzazione. Se si fossero trovati in una diversa situazione probabilmente nemmeno ci avrebbe fatto caso, ma saperlo in quello stato e così vicino a lui lo gettava in un'imbarazzante agitazione di cui non si sarebbe mai immaginato travolto, almeno non in quei termini. A bassa voce fece il verso all'amico, non nuotano con la camicia e i pantaloni, fino a quando il broncio non venne rotto da una risatina bassa. Ti sei appena definito un pesce? Di sicuro non si sarebbe dimenticato delle stesse parole di Jimin la prossima volta che avrebbe avuto l'occasione di vedere la sua forma che da nobile tritone era passata a quella di comune pesce da banco. Passandosi le dita contro le labbra, Yoongi cercò di trattenere le risate dal farsi più presenti, almeno fino a quando non avvertì un pizzico mosso dalle dita di Jimin raccogliergli un pezzettino di guancia, ancora velata da un leggero rossore.
    Non appena rimase da solo, se non in compagnia dell'ombra di Jimin sulle sue stesse labbra e le parole dell'altro ragazzo che gli rimbalzavano da parte a parte nella mente sveglia anche se confusa, Yoongi si lasciò andare ad un profondo e liberatorio sospiro. Era contento di aver potuto finalmente parlare con Jimin, nonostante fosse ancora incerto sui territori che si erano aperti a seguito delle reciproche confessioni - potevano definirsi confessioni, quelle? Che cos'aveva appena comunicato al migliore amico? Felicissimo com'era di essere tornato al suo fianco, forse un po' rammaricato da quella che non poteva leggere altrimenti se non come prepotenza dimostrata nell'imporsi vicino a Jimin, il maggiore fra i due si era perso nel rispondere a semplici e istintivi movimenti, lasciando ben poco spazio alla razionalità. Non potendo sapere di sbagliare, in quanto tutto rientrava in un più semplice e sereno quadro che il suo sguardo non era ancora del tutto in grado di decifrare, Yoongi non poté che abbandonarsi ad una seconda e più forte confusione. Aveva sentito il petto espandersi nel momento in cui era entrato in contatto con le labbra di Jimin, ripetendo le azioni di un'età lontanissima nello spazio e nel tempo, rinnovando quel desiderio in verità mai assopito; tuttavia ora si sentiva ristretto nel suo stesso corpo, come se avesse avvertito uno strappo che l'aveva liberato fin troppo rapidamente dai confini in cui si era costretto a crescere: questi erano rimasti gli stessi, pur piegandosi ad una materia che si allargava a dismisura, prendendo sempre più spazio e richiedendo sempre più ossigeno, pronta a crescere e sbocciare definitivamente. Almeno alcune parti di sé erano apparentemente cariche di coraggio e, pur contenendo quelle forze benefiche ed energiche, Yoongi non sarebbe stato raggiunto dalle loro dita se non con molta più calma. Più in là l'avrebbe compreso. Nel frattempo, lontano dal suo sguardo, una rivoluzione era in corso. Si domandò se sarebbe stato in grado di fronteggiare i nuovi equilibri ma, in fin dei conti, in quel momento non avrebbe dovuto far altro se non attendere il ritorno del più giovane. E così fece, lanciando un secondo sasso contro la corrente, osservandolo rimbalzare ben tre volte. Imparerò mai? Osservò il riverbero dell'acqua dove il sasso era affondato e strinse le labbra, lasciandosi cullare dal suono della risacca.
    Chiudendo le palpebre così come i palmi sull'asciugamano che gli venne appoggiato sulle spalle, Yoongi registrò con piacere i movimenti delle labbra di Jimin sulla sua pelle e sulla sua bocca, fino a quando non si concentrò sulle parole dell'altro. Anche se era appena successo, così com'era accaduto una seconda volta, spontaneamente al pari di rivolgergli un comune saluto, Yoongi si domandò se avesse potuto farci al più presto l'abitudine, dato che avvertiva una strana fame d'affetto che solo l'altro sembrava essere in grado di placare. Come ogni volta che il più giovane gli faceva una richiesta, Yoongi tornò a domandarsi come avrebbe potuto rispondergli di "no" e, sospirando leggermente, fece sì che l'asciugamano tornasse sulla testa color pece di Jimin. «Prenderai un bel mal di testa», mormorò mentre, con attenzione, passava le dita contro la cute dell'altro agitando animosamente il tessuto, in modo da eliminare più umidità possibile dai capelli dell'altro. Ultimato quel premuroso gesto, di un'attenzione affettuosa che non si sarebbe mai negato di rivolgere all'altro, allora ripiegò con cura l'asciugamano, appoggiandoselo sulle gambe che teneva ancora distese contro il terreno sabbioso. «Sì... verrei volentieri. È da un po' che non festeggiamo un tuo compleanno insieme». Fece pensieroso, mantenendo il tono della voce basso, riacquistando quella tipica calma che lo caratterizzava. Quindi si alzò, si rassettò il cappotto cercando di eliminare più sabbia e ciottoli possibili e, solo a quel punto, aprì una delle tasche interne per farne uscire un beanie che ficcò in testa all'altro aggiustandogli le ciocche ribelli. Si privò anche della sciarpa e gliela fissò al collo, pur non proferendo ulteriori parole. «Devi coprirti, Jimin ah... altrimenti prenderai freddo». Lo ammonì gentilmente, lasciando che il più giovane gli prendesse la mano e lo guidasse fino a destinazione.
    Si sentiva finalmente leggero. Era di sicuro una strana sensazione, una che non aveva avuto il piacere di provare da diverso tempo, tanto da non riuscire nemmeno ad identificare con chiarezza quale fosse stato l'ultimo momento in cui aveva avuto l'opportunità di stringerne l'evanescente consistenza fra le dita, proprio come stava facendo con la mano di Jimin. Quanto durerà? Più volte il suo sguardo si alzò dal marciapiede solo per scrutare il profilo del migliore amico che, camminando al suo fianco, sembrava infine essersi spostato, riequilibrandosi con l'armonia cambiata e rinnovata del più grande, tornando al posto da cui non avrebbe mai voluto scalzarlo. Le pupille scure ed attente tracciarono per una seconda volta i contorni della vetrina del negozio di fiori: all'incirca due mesi fa aveva messo piede all'interno di quell'ambiente senza poter sapere che la sua giornata - e, probabilmente, la sua vita - sarebbe cambiata in modo a tal punto radicale da non dargli il permesso di ripristinare l'ordine prima di quell'evento. In fondo, immaginò di non potersi reputare sfortunato. Il fato aveva voluto spingerlo, poggiando le sapienti mani contro la sua schiena, a valicare quella porta così da dargli una seconda possibilità assurdamente architettata, quasi rassomigliante al perfetto allinearsi degli astri. Raccolse il respiro e rimase un passo più indietro della figura di Jimin, osservandolo in quel contesto mentre una luce diversa ne circondava il corpo. Sorpreso dalla presenza della sorella di Jimin, il maggiore si limitò ad alzare una mano in cenno di saluto, rivolgendole un sorriso e osservando il pacifico ed affettuoso scambio di saluti fra i due. Forse faceva ancora un po' di fatica a sentir Jimin parlare in norvegese e, pur riuscendo a captare qualche frammento di conversazione, Yoongi rimase assorto a guardarsi attorno, almeno fino a quando non fu nuovamente la volta di salutare cordialmente Elsa che, uscendo dal negozio, li lasciò soli. Per quanto avesse compreso le dinamiche dell'adozione di Jimin, c'era sempre qualche elemento che continuava a sfuggirgli dal quadro completo, piccoli dettagli che gli impedivano di essere del tutto sereno con la situazione dell'altro. Ma immaginò di star pensando troppo e al nulla, portando avanti dei ragionamenti privi di un fondamento logico. Si concentrò sugli occhi di Jimin, fino a quando il riprendere un po' d'aria non interruppe quel singolare silenzio.
    «Ci sono dei fiori sul retro?» Ipotizzò, spostandosi verso Jimin e toccandogli delicatamente il braccio che si concludeva con la mano intrecciata nella sua. Quindi, ricevuta la risposta positiva da parte dell'altro, si limitò a seguirlo, chiuso in un silenzio mulinante. Gli lasciò la mano per guardarlo avvicinarsi ad un tavolo che fungeva da bancone su cui, finemente decorati e confezionati, attendevano quelli che sembravano essere due centrotavola. Si domandò quanto sfarzo e lusso l'avrebbe atteso a casa dei genitori adottivi di Jimin, ma in meno tempo del previsto quel pensiero venne spazzato via da ben altri e più urgenti ragionamenti. Se avessi mandato Do-jun a fare spesa da solo non ti avrei mai rincontrato, Jimin ah. Se non avessi deciso di fermarmi in questo negozio di fiori, non avrei potuto avere questa seconda possibilità. Se tua sorella avesse conosciuto meglio l'inglese, non ti avrebbe chiamato per aiutarmi... Si fece una seconda volta vicino a lui e si fermò proprio a qualche centimetro di distanza dall'altro. Continuava a scrutarlo, forse convinto che nell'interrogarne la fisionomia avrebbe potuto cogliere quel filo pendergli dalla fronte, come se si trattasse di uno dei capelli nascosti sotto il beanie che gli aveva premurosamente prestato. Allungò le mani e toccò con le dita la fronte coperta dalla frangia scura di Jimin, alla ricerca di qualcosa che non avrebbe mai potuto davvero trovare. Raccolse un capello fra due dita e lo staccò: immaginò che sarebbe andato bene in ogni caso. "Speravo di non trovarti qui". Aveva mentito, perché Yoongi non aveva fatto altro negli ultimi anni se non desiderare di poter svoltare l'angolo e trovarselo davanti, aprire gli occhi e tornare a quando aveva solo quindici anni, a quando aveva abbassato lentamente il braccio nel salutarlo un'ultima volta solo per scattare verso di lui, impedirgli di tornare a casa, impedirgli di andarsene via senza essere nemmeno in grado di comprendere il vero valore che Jimin aveva per lui. L'aveva odiato per tanto tempo da soffrirne, fino a diventarne indifferente, anestetizzato così da non poter patire i giorni che si succedevano l'un l'altro in assenza del migliore amico. E ora, che finalmente l'aveva rincontrato, nella città dove l'amava, nella città che non più lo privava della bellezza, della forza, della gioia della sua presenza, Yoongi immaginò di essere stato in grado di scoprire fra la polvere anche un pezzo di sé assopito e dimenticato, recluso ai suoi stessi occhi per non essere mai più sfiorato nemmeno con lo sguardo. Sorridente, mormorò delle scuse sentite per quel piccolo furto e con tranquillità si legò il filo scuro al mignolo, in un gesto che probabilmente l'altro non avrebbe potuto comprendere. Quindi, con le labbra increspate da un piccolo sorriso, lasciò scivolare le mani contro il viso dell'altro e posò un bacio contro la bocca di Jimin, non smettendo di mormorare una miscela di scuse e ringraziamenti, intervallando ogni parola a un delicato tocco.

    Edited by Kagura` - 26/3/2020, 00:37
     
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    Solcando la sabbia umida con le sue piccole e leggere impronte e nascosto agli occhi dei più, Jimin era finalmente uscito dal buio della caverna che lo avvolgeva, baciando il cielo con le iridi mentre il torace si riempiva di un ampio respiro freddo e gioioso. Non credeva che la libertà l'avrebbe investito gelida ed elettrizzante, essendosela figurata invece focosa e bollente, pronta a lambire il cuore e le membra con le sue lingue di fuoco purificatore; eppure scorreva su di lui come le gocce d'acqua che pronte ad essere riassorbite da teli e vestiti venivano sferzate dall'aria terrestre, colpendogli la pelle in stringhe di freddo scoccate dal vento tanto gentilmente quanto avevano fatto i baci di Yoongi, ancora impigliati tra le sue labbra. Ripercorrendole in una umida carezza della lingua, Jimin li ritrovò tutti lì, onde incorporee che lo scuotevano sin nel profondo, sbocciate direttamente da gesti amorevoli che il ragazzo sapeva di aver desiderato da sempre. Il cerchio si era finalmente chiuso, ed aveva preso la forma delle braccia di Yoongi, tese a ripararlo in una stretta accogliente e capace di tenerlo al sicuro da ogni pericolo; gli avevano permesso, anche solo in quei pochi minuti ed unicamente nel loro intreccio di liberarlo del tutto, rivelandosi chiave risolutiva delle tensioni che albergavano in Jimin. Il granello di sabbia che avrebbe rotto per sempre la trappola della clessidra era sempre stato Yoongi, e proprio alle sue braccia il giovane sarebbe tornato, lasciandosi avvolgere dalla presa morbida degli indumenti per poi fare retro front e riunirsi all'altro. Si bagnavano vicendevolmente della loro luce come fossero due stelle incandescenti e brillanti, le stesse che poco tempo prima Jimin aveva raffigurato con il suo stesso corpo, non più spaventate di esporsi al bagliore reciproco e pronte a prendersi cura l'uno dell'altro. Il minore difatti si assicurò che Yoongi non venisse sopraffatto freddo, porgendogli un asciugamano che lo avrebbe aiutato ad eliminare i residui umidi dell'acqua marina posata su di lui, sfiorandolo poi ancora una volta con le labbra in due teneri baci. Per quanto acerbi, quei gesti amorosi sembravano verificarsi tanto naturalmente da sfuggire al controllo di Jimin, che ricercava più contatto con Yoongi ora che si erano ritrovati. Il mese di solitudine passato da poco aveva offerto al più giovane chiarezza e prospettiva, eppure altrettanto triste e densa malinconia nel sentire nuovamente il maggiore lontano, assente dopo anni di mancanza appena colmati. Non volendo indugiare in quelle emozioni più agrodolci, Jimin allora non esitò neanche un secondo nel proporre a Yoongi di raggiungerlo alla festa di compleanno, evento che per entrambi sarebbe stato significativo, un modo per riavvolgere la pergamena e continuare a scrivere la loro storia, che interrottasi proprio in quel giorno specifico aveva modo di tornare a vivere nelle nuove forme che ora Jimin e Yoongi abitavano.
    «Prenderai un bel mal di testa,» Ad occhi chiusi per schermarsi dai movimenti più energici del più grande contro i capelli, Jimin non potè trattenere l'evasione di una leggera risata dalle labbra, non riuscendo a contenere la gioia che i gesti premurosi di Yoongi gli procuravano, animandolo di un affetto pervasivo e tenero. «Sì... verrei volentieri. È da un po' che non festeggiamo un tuo compleanno insieme». Farsi raccogliere dalle mani ruvide della malinconia non avrebbe aiutato Jimin, che ne ricacciare il velo di mestizia dai suoi occhi distese le labbra in un sorriso. Era così felice del fatto che per la prima volta dopo undici anni sarebbe tornato a festeggiare il suo compleanno con il suo amore e migliore amico che sentiva persino le membra farsi più leggere, capaci di fluttuare in aria e ricadere giù in un movimento pericoloso ed adrenalinico che partiva senza alcun dubbio dai battiti veloci ed erratici del cuore. Nessuno lo avrebbe strappato da Yoongi, non più, e per questo Jimin intrappolò nel petto un sospiro di sollievo, rassicurato dal fatto di poter godere della presenza del più grande ancora una volta. Le ciocche corvine allora vennero pressate sotto la stoffa spugnosa di un beanie, che investì del tutto le narici del minore con l'odore familiare di Yoongi. Vibrò felicemente, e scuotendo appena il capo, rifiutò affabilmente la sciarpa che l'altro testardamente gli allacciò attorno al collo. «Devi coprirti, Jimin ah... altrimenti prenderai freddo». Uno sbuffo ed un broncio quasi infantile incresparono le labbra soffici di Jimin, che affondando il naso nel tessuto più caldo che gli era stato ceduto scosse appena il capo. Ahh.. Come devo fare con te hyung? Si lamentò, il tono della voce dolce e del tutto contrario al piagnucolio appena pronunciato, mentre afferrava la mano più ampia di Yoongi e la stringeva nella propria, incoraggiandolo così a spostarsi. Elsa era in procinto di lasciare il negozio di fiori, e dopo un affettuoso saluto ed una veloce chiacchierata, la ragazza abbandonò la piccola bottega, pronta a far ritorno a casa dove Jimin sarebbe stato - suo malgrado - ospite d'onore. «Ci sono dei fiori sul retro?» Ancora vagamente imbarazzato dalle occhiatine suggestive di Elsa, Jimin rispose positivamente alla domanda di Yoongi, in un piccolo cenno della testa senza lasciare la sua mano, ancora intrecciata alla propria. Quindi, si diresse con sicurezza verso il piccolo ufficio che fungeva anche da deposito, il luogo dove Jimin si trovava proprio nel momento in cui Yoongi era rientrato nella sua vita. I casi fortuiti che avevano portato il loro cammino ad intrecciarsi nuovamente non preoccuparono il ragazzo, non più; mentre ripercorreva con le punte delle dita il legno di quella stessa scrivania, sbocciò in lui la certezza che in un modo o nell'altro sarebbe tornato dalla sua persona. Non era spaventato dall'infinito ventaglio di possibilità che si erano dispiegate davanti a lui, che nel prendere quella o quell'altra direzione l'avrebbero dirottato in tanto simili quanto differenti percorsi. Sarei sempre tornato da te. Avrebbe preso il cellulare in mano, sarebbe salito su un aereo, sarebbe rimasto in Norvegia per anni? Non importavano le risposte, qualsiasi esse fossero state avrebbero sempre preso il suono del nome di Yoongi, in ogni caso.
    Allora Jimin si voltò, ripercorrendo con le iridi scure i lineamenti che già conosceva alla perfezione e che non avrebbe mai smesso di indagare, e non si ritrasse nel momento in cui li vide avvicinarsi, lasciando che lo scrutassero attraverso uno sguardo curioso ed assorto. Una tenue carezza sfiorò poi la fronte del minore, racchiudendosi poi in una leggera presa ed infine in un pizzichino, che privò Jimin di uno dei suoi capelli. In risposta, le sopracciglia si incresparono in una linea confusa, tradendo l'aria composta che il ragazzo aveva mantenuto sino a quel momento, ed i mormorii di scuse e ringraziamento di Yoongi si infransero uno dopo l'altro contro le labbra di Jimin, sfiorate dalle loro gemelle in lievi tocchi che uno ad uno vennero ricambiati amorevolmente. Non sapeva perchè l'altro si fosse comportato così, ma la foschia della confusione venne ben presto rimpiazzata da quella più appassionata che quei baci si stavano regalando. Uno dopo l'altro, sussurri di rassicurazione si affievolivano in sordidi schiocchi, che richiamarono Jimin alla sua ricerca, sollevando le braccia per portarle attorno al collo di Yoongi per avvicinarlo a sè, mai stanco di godere di quella vicinanza che entrambi avevano tanto faticosamente conquistato. Avevano lottato con se stessi e con i malevoli sussurri del mondo esterno per potersi finalmente abbracciare in quel modo, e Jimin non aveva alcuna intenzione di lasciare la presa. Baciò Yoongi annegando ancora nel sentimento più denso e puro senza mancare di premura e delicatezza, ed ogni tocco sembrava ardere di fiamma viva, scintillando assieme a loro. Le guance del maggiore erano fredde, e Jimin le raccolse in dolci carezze prima di spingere appena di più il volto verso il suo e consumare il suo respiro tra le labbra dell'altro, solcate dai baci che le toccavano con amore. Solo quando ogni stilla d'ossigeno venne a mancare Jimin si separò da Yoongi, posando la fronte contro la sua per poi lanciargli uno sguardo esitante: il timore di aver esagerato, di aver sopraffatto il maggiore con quei suoi gesti non si era assopito, infestato da insicurezze passate che sperava sarebbero svanite al più presto. Sfiorò quindi una guancia dell'altro con la punta del naso, e tenendo stretto il compagno ancora per qualche secondo indugiò in quell'abbraccio, restandogli vicino ed abbandonando il tenero contatto solo successivamente. La casa non è molto lontana, ti andrebbe di accompagnarmi hyung? Domandò allora molto piano Jimin, portandosi le piccole mani al beanie, che sfilò dai propri capelli per riportarlo su quelli di Yoongi senza però privarsi della sciarpa, cullandosi nella stoffa odorosa ancora per un po'. Senza.. strapparmi i capelli però? Aggiunse poco dopo, divertito da quel singolare ma adorabile gesto, prima di raccogliere i fiori che erano stati sistemati alle loro spalle. Non troppo pesanti, quei centrotavola ornamentali si erano rivelati un ulteriore sfoggio della ricchezza dei Nygard, così elaborati da superare di gran lunga le aspettative più semplici ed intime che il giovane avrebbe preferito soddisfare per il suo compleanno. Così, una volta ottenuta la risposta di Yoongi, Jimin si avviò fuori dal negozio, pronto a dirigersi verso l'abitazione dei suoi genitori adottivi. Si fermò sulla soglia dopo aver bussato, e voltandosi nuovamente verso l'altro, avvolse del tutto un centrotavola con un braccio, allungando così il palmo della mano sino a raccogliere quello che gentilmente Yoongi si era offerto di portare durante il breve tragitto. Non lo so perchè abbiano voluto decorare la casa con tutti questi fiori.. Sono bellissimi ma mi sembra più un matrimonio - o una cerimonia funebre, chi li capisce.. Commentò sovrappensiero, prima di protendersi appena e piantare un sonoro bacio al centro della guancia del compagno. Ci rivediamo qui stasera? Hanno detto che arriveranno tutti alle otto, e mi sa che abbiamo entrambi abbastanza tempo per cambiarci, oggi ti ho quasi fatto prendere un raffreddore.. Nascondendo parte del viso nella sciarpa avvolta morbidamente attorno al proprio collo, Jimin lasciò che il suo sguardo languido si posasse sul volto di Yoongi, ed illuminandosi in un radioso sorriso, si fece indietro di poco, udendo lo scatto della porta aperta in remoto.
     
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    Ammettere di aver perso decisamente la bussola sarebbe stato difficile per l'orgoglio di Yoongi, ma patente agli occhi dell'altro, che pure non parve rifiutare quei contatti tanto improvvisati quanto spontanei. Il maggiore si lasciò avvicinare da Jimin e fu ben contento di avvertire l'abbraccio dell'altro che ricambiò, pur con qualche movimento meno fluido, lasciando che una mano si posasse contro la scrivania mentre l'altra accarezzava il fianco di Jimin. Presto catturato da quei baci che si rincorsero l'uno dietro l'altro nel tempo di un lungo respiro, Yoongi smise di mormorare quelle brevi parole solo per rimpiazzarle con taciti ed umidi tocchi fra le loro labbra le quali, dopo essersi incontrate già diverse volte qualche tempo prima, sembravano non intenzionate a sciogliere quel contatto prima del tempo. Distanziandosi con una separazione netta da ogni pensiero, che venne rimpiazzato dalle immagini e dalle sensazioni che il più giovane riusciva a donargli, il maggiore si abbandonò piacevolmente all'altro e, per quanto distratto, non riuscì ad ignorare un ultimo sguardo che gli venne rivolto non appena i due si divisero. Avrebbe voluto schiudere le labbra per rassicurarlo, tuttavia credeva che quei timori gli appartenessero tanto quanto erano condivisi con Jimin e, facendosi più indietro, lasciò che il silenzio e le discrete carezze dell'altro potessero rispondere a quegli interrogativi lasciati sospesi. «Che? Sì, s-sicuro, sì. Andiamo a casa tua». Gli rispose con una certa fretta, non avendo ancora ripreso del tutto fiato né avendo valutato la possibilità di tornare a parlare, sollevando lo sguardo solo per seguirne i movimenti e ricevere indietro il cappello che gli aveva prestato in modo da proteggerlo da raffreddori e brutti mal di testa. Fece scattare un sopracciglio nel mezzo della fronte a quelle parole e sbuffò infine, scuotendo la testa e venendo graziato dall'imbarazzo proprio dalle parole di Jimin che, scherzoso, lo trascinò via da quella fanghiglia in cui era incappato facilmente. «Ma i pesci non hanno i capelli, mi stavo accertando di renderti il più realistico possibile». Commentò infine con un borbottio, eseguendo le stesse azioni dell'altro e raccogliendo uno dei due centrotavola fra le braccia, pronto a seguirlo fino all'abitazione d'adozione.
    Non voleva salutarlo, avrebbe preferito passare dell'altro tempo in compagnia di Jimin, tuttavia gli rese il centrotavola, immaginando che quel passaggio sarebbe stato il primo che avrebbe dato avvio alla catena di saluti che avrebbe portato i due a separarsi. Quindi ascoltò le sue parole e parve rifletterci un po' su: in effetti non lo stupiva tutta quella passione per i fiori da parte della famiglia. In fin dei conti, entrambi i figli lavoravano in un negozio di fiori e quale miglior modo per celebrare uno dei due se non mettendo in mostra anche le capacità artistiche che avevano? Fece spallucce in risposta, rimanendo a guardarlo almeno fino a quando non ricevette un bacio sulla guancia e si distrasse oltre ad arrossire lievemente, in difficoltà nel riprendere il filo del discorso dell'altro. «Mmhmmh... le otto. Non preoccuparti per hyung. Ma promettimi che durante le prossime trasformazioni ti metterai una cuffia o qualcosa del genere per non bagnarti la testa». Scherzò con un piccolo ghigno che tradì il tono serio della voce, un vano tentativo di nascondere l'ilarità provocata dall'immaginare quella scena: un tritone con una cuffia da piscina in testa, perché no? Nell'osservarlo poté notare quanto stesse bene con addosso quella sciarpa e, dopo aver preso la decisione che gliel'avrebbe lasciata, venne distratto dall'aprirsi della porta d'ingresso. Per fortuna non si trattava di uno dei genitori adottivi di Jimin né della sorella - per cui avrebbe tuttavia avuto una reazione diversa - ma, dal modo in cui era vestita e dalla fretta con cui si rivolse a Jimin, con un breve saluto e ringraziandolo velocemente, piazzando subito gli occhi e le mani sui centrotavola, doveva trattarsi di una donna ingaggiata per abbellire la già "discreta" abitazione dei Nygård. Di nuovo soli e privati della presenza dei fiori fra loro, il maggiore non aveva idea di quale fosse il modo più adatto per salutare Jimin e, facendo prevalere uno spontaneo e affettuoso istinto, lasciò scivolare una mano a raccogliere quella del più giovane e lo salutò con un breve bacio sulla guancia, ricambiando quello ricevuto poco prima. Quindi si allontanò di poco e prima di infilare anche l'altra nelle tasche del cappotto la alzò in segno di commiato accompagnato da un tenero sorriso. «A questa sera, allora». Concluse lasciandosi alle spalle il ragazzo e l'abitazione a cui avrebbe fatto ritorno dopo poche ore, cercando di ignorare il modo in cui i piedi parvero saltare con agilità da un passo all'altro, in un'andatura quasi saltellante. Di tanto in tanto chinava lo sguardo sul proprio mignolo a cui era ancora legata l'estremità di quel filo ritrovato, non potendo fare a meno di trattenere qualche sorrisetto; forse non avrebbe mai spiegato le motivazioni che si nascondevano dietro quel gesto bizzarro a Jimin, tuttavia non riteneva opportuno farlo davvero: sapeva, anche se non consapevolmente, che al suo stesso modo in Jimin si era ricomposta quell'immagine flessa ma non spezzata del tutto. Quindi gli avrebbe tenuto nascosto questo particolare, almeno per il momento - e, di sicuro, per risparmiarsi una imbarazzante e lunga discussione e spiegazione al riguardo, con la chiara possibilità di passare agli occhi dell'altro come un tipo strano. Non era strano: era solo smisuratamente romantico e del segno dei pesci. Scongiurando la possibilità strinse appena il pugno per difendere la prova tangibile dell'aver ultimato la propria ricerca e, mosso da una certa fretta, fece ritorno a casa pronto a lasciarla poco tempo dopo per presentarsi al compleanno.
    Immaginò di essere stato l'unico - se non uno dei pochi - a raggiungere il posto prima coi mezzi pubblici e poi a piedi, mentre molti venivano scortati all'interno e anche lui si premurò di presentarsi all'ingresso come "invitato del festeggiato". Continuava ad accumulare titoli per descrivere il rapporto con Jimin che sembravano quadrargli sempre meno ma fintantoché quelle semplici parole gli avrebbero concesso di entrare in quell'ambiente estraneo allora era soddisfatto. Si aggiustò gli abiti formali, avendo optato per un semplice completo nero con tanto di cravatta (uno dei pochi cambi formali che si era portato dietro dall'armadio in Corea, di certo non prevedendo di presenziare a eventi tanto formali) e cercò di ambientarsi come se si fosse ritrovato all'improvviso al buio. Tre cose gli davano sicurezza: l'incontrare Jimin (che sarebbe successo solo più tardi), l'incontrare la sorella adottiva di Jimin e il bracciale in argento che aveva recuperato e legato al polso, sperando di poter ricevere forza da quel semplice accessorio. Si ritrovò davanti ad un ricco banco di scatole impacchettate con grazia e per poco non sbiancò del tutto, perdendo anche quel poco colorito sulle guance che la giornata trascorsa con Jimin gli aveva regalato. Quanti ghiribizzi. Sondando con lo sguardo quell'ammasso di pacchi nemmeno ebbe il coraggio di lasciarci in mezzo il suo e, nascondendolo ancora un po' nella giacca, fece qualche altro passo e incontrò Elsa. Venne fermato prima che potesse aprir bocca e in qualche strano modo i due riuscirono a comunicare, contento di essere inciampato in una faccia conosciuta a cui rivolse i dovuti complimenti e rifiutò quelli che ricevette, non potendo reggere il paragone con l'eleganza della donna. Dopo poco notò l'attenzione di lei indirizzarsi altrove e, prima che potesse fuggirle dalle mani, si fece avanti in modo da poter estinguere una semplice curiosità che lo stava puntellando da un po'. «Ah Elsa, uhm...» Si fermò un attimo a raccogliere le idee, volendo sforzarsi di parlarle in lingua, pur aiutandosi con l'inglese. «Dove sono gli altri amici di Jimin?» Le domandò infine e, ricevuta la risposta dalla sorella di Jimin, parve accoglierla con sorpresa. Oh, quindi non c'è Lise... La ringraziò, le augurò una buona serata e, immaginando che avesse tanto da fare almeno quanto il festeggiato fra gli invitati e chiacchiere di cortesia, si allontanò andando a cercare spazi più liberi per respirare. Non gli erano proprio chiari i motivi per cui avesse ripensato a quella ragazza tuttavia si fermò sui suoi passi una volta raggiunta una delle tante porte finestre che davano sulla balconata: ipotizzando che uscire fuori non sarebbe stato l'ideale ora che si era privato del cappotto, rimase con il bicchiere in mano a fissare il paesaggio per qualche attimo e, individuata la prima poltrona libera ci si fiondò - da bravo gatto di casa alla ricerca di un rifugio e un po' intimorito dalla ressa.
    Qualche linea di panico lo animò non appena sentì la seduta spostarsi di poco nell'accogliere un secondo corpo, adagiato tranquillamente sul bracciolo destro. «Ah, Hoseok». Trascinò quella prima affermazione, alzando lo sguardo dal bicchiere il cui contenuto si era quasi versato addosso. «Ciao». Non si aspettava di trovarlo lì e soprattutto di vederlo vestito in quel modo: immaginò che Hoseok fosse un tipo a cui importava ben poco del giudizio della gente e, per questo, non poté fare a meno di tranquillizzarsi, contento di aver accanto una presenza nota e che presto sarebbe diventata anche familiare. Iniziarono a chiacchierare del più e del meno (l'altro più, lui un po' meno) e si scambiarono i numeri di telefono, anche se fu piuttosto Hoseok a registrare nella rubrica del più grande il suo numero per poi effettuare una chiamata al suo dispositivo. Yoongi lo lasciò fare, perché provava sempre tenerezza per i ragazzi più giovani di lui e che lo chiamavano hyung per chiedergli dei favori. Pur vedendolo piuttosto alterato, quasi febbricitante - forse per l'aver ingurgitato un quantitativo eccessivo di Sprite o qualche altra bevanda gassata (oltre, probabilmente, al buon e raffinato alcool che girava sui vassoi dell'argenteria) -, Yoongi godette di quella compagnia per diversi minuti, almeno fino a quando Hoseok non iniziò a rivolgergli più scomode domande. E, più quello cercava di pescare fuori informazioni sul perché si trovasse lì, sul rapporto con Jimin, su quel mese di distacco, più Yoongi si affossava nella seduta, chiudendosi a triplo scatto al pari di una tartaruga nel guscio. Gli voleva bene, ma non credeva di avere lui stesso le risposte a quelle domande che lo colpirono a raffica una dopo l'altra e, quando si rese conto di non essere più nemmeno in grado di sfilare fuori la punta del naso dal colletto della camicia incravattata, allora si tirò in piedi all'improvviso. «Le tartine iniziano a fare effetto, devo andare in bagno, Hoseokie. Grazie per la compagnia». Per quanto pensasse che l'altro non se lo meritasse, Yoongi era stato costretto a mentirgli, dato che da quando aveva parlato con Jimin gli si era chiusa in modo irreversibile la bocca dello stomaco, rendendogli impossibile anche solo pensare al cibo. Una strana sensazione che non avvertiva da tempo, ormai. Quindi si dileguò in fretta alla ricerca del festeggiato, mollando il bicchiere vuoto a qualche passante in doppiopetto, ricevendo un'occhiata stranita in cambio. Forse doveva aver beccato un invitato e non un cameriere ma tant'è che libero di quell'ingombro sarebbe stato più facile catturare fra le teste quella di Jimin arrivato a chissà quale cambio d'abito a quel punto della serata. Guardò l'orologio e, per essere lì da circa un'ora e mezza, si sentiva stanco come se si fosse occupato lui stesso di addobbare l'abitazione e preparare il catering per tutti gli invitati. Sondò a lungo le sale fino a quando non venne illuminato da qualche discorso che le sue orecchie riuscirono a decifrare: a quanto pare era tornato nel "camerino".
    Percorse le scale e sperando di aver bussato alla porta giusta, fece capolino al di là del pannello e squadrò l'ambiente della camera che si presentò davanti ai suoi occhi; ovviamente spaziosa e illuminata, il mobilio risultava essere all'altezza di tutte le altre componenti della casa e portava in sé l'impronta inequivocabile di Jimin: spostando gli occhi alla testata del letto individuò un filo di lucine e, rassicurato da quella conferma, tirò un lieve sospiro contento di non aver sbagliato stanza. «Jimin-ah? Servizio in camera». Si annunciò iniziando a fare qualche passo nella camera d'infanzia dell'altro. Era di certo diversa da quella in Corea e la concentrazione di Yoongi si spostò naturalmente alla finestre, l'unico ingresso che aveva conosciuto in altre occasioni, quand'erano tutti e due molto più piccoli e anche quando Jimin ormai si trovava già fra quei muri, a chilometri di distanza da lui. «Quindi funziona così qui? Si invitano gli ospiti ai compleanni ma non li si saluta per tutta la serata?» Borbottò e, per quanto fosse palese il tono scherzoso, quella velata ironia non riusciva a nascondere bene quanto Jimin gli fosse mancato. Pur riuscendo ad intravederne di tanto in tanto qualche spiraglio fra conversazioni e foto, illuminato da una lucente aurea di fascino e altrettanti vestiti costosi, Yoongi non era stato in grado di goderne fino in fondo. E, per quanto fosse felice di aver potuto condividere un nuovo compleanno con Jimin, non credeva fosse quello il modo giusto di passare una serata tanto importante: insieme ma separati. Il mese di distanza iniziava a far sentire tutti i contraccolpi di sorta e, vagamente sconsolato, Yoongi trovò posto ai margini del letto di Jimin, indirizzando lo sguardo un po' ovunque domandandosi dove si potesse trovare l'altro. Forse c'è una cabina armadio? Non che si sarebbe stupito, in fin dei conti sembrava di essere in una vera e propria casa uscita da una rivista dalle pagine patinate.
    Per ingannare il tempo, immaginando che da lì a poco Jimin si sarebbe mostrato o Yoongi avrebbe realizzato di essere entrato in una stanza vuota, avendo perso ancora una volta l'occasione di poter scambiare due chiacchiere con il festeggiato, trafficò fra le tasche della giacca così da poter recuperare il regalo che non aveva avuto il coraggio di posare insieme agli altri, ben consapevole che non avrebbe potuto reggere il confronto. Si trattava di un regalo semplicissimo, che aveva avuto la possibilità di acquistare nei giorni precedenti - forse già intenzionato a passare il compleanno di Jimin insieme a lui, nonostante il loro distacco. All'interno di un cofanetto quadrato il più giovane avrebbe trovato una sottile collanina accompagnato da un ciondolo non ancora quello di chanel; semplice nelle linee e delicato nell'aspetto, nel momento in cui aveva posato gli occhi sopra il gioiello si era convinto che sarebbe stato davvero adatto al collo e alla piccola fossetta fra le clavicole del festeggiato e aveva optato per un regalo del genere, anche se, in altre condizioni, probabilmente si sarebbe spostato su qualche altra cosa da scartare: magari un'esperienza da fare insieme, magari un biglietto per un viaggio o gita fuori porta. Tuttavia, data la tensione nell'aria, si era deciso ad acquistare quella combinazione di catenina e ciondolo che, senza ombra di dubbio, avrebbe risonato con la quotidianità dell'altro, trattandosi di un tridente scintillante e adornato da minuziosi punti luce. Quindi iniziò a fare avanti e indietro con le mani, passandoselo da un palmo all'altro, portandoselo lontano e vicino al corpo mentre mormorava "ecco Jimin, questo è per te" fra sé e sé e altre varianti che gli sembravano tutte allo stesso modo goffe e stupide, pur sicuro del non essere osservato da nessuno in momenti di concentrazione come quelli. Quando sollevò lo sguardo, però, si rese conto di avere addosso un paio di occhi che lo stavano fissando. Sobbalzò appena e, imbarazzato e accigliato insieme, fissò Jimin per qualche secondo prima di porgergli il regalo con entrambe le mani, evitando di ripetere la stupida frase che aveva continuato a dire fino a perdere di significato per le sue orecchie. «Un pettine per tutti i capelli che ti rimangono... auguri di nuovo, Jimin-ah». Si schiarì quindi la voce e parlò con tono serio, quasi avesse proferito un messaggio solenne.

    Edited by Kagura` - 21/4/2020, 20:53
     
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    Arrivati alle soglie di casa Nygard, Jimin e Yoongi dovettero a malincuore separarsi, ora che, certo dell'arrivo imminente di Marina, il più giovane avrebbe dovuto fare i conti con i suoi doveri di figlio e prepararsi adeguatamente alla festa che gli era stata dedicata. «Mmhmmh... le otto. Non preoccuparti per hyung. Ma promettimi che durante le prossime trasformazioni ti metterai una cuffia o qualcosa del genere per non bagnarti la testa». Sorridendo quasi contro la guancia di Yoongi, Jimin si abbandonò ad una leggera risata, figurandosi mentalmente nella sua forma sovrannaturale con una aderentissima cuffia ad avvolgergli la testa - un'immagine che non avrebbe potuto far altro se non richiamare divertimento ed ilarità. Ci penserò, va bene hyung? Lo pungolò bonariamente il più giovane, dimenticandosi per sua volontà di restituire la sciarpa che gli era stata prestata, affondandovi il mento e tornando così ad essere avvolto dall'odore dell'altro. Il cigolio della porta d'ingresso spinse Jimin a voltarsi, porgendo i centrotavola alla donna che si era offerta cortesemente di raccoglierli tra le braccia, rivelando nel suo intervento uno scorcio dell'abitazione, già decorata con numerosi accessori e raffinate composizioni di fiori depositate un po' ovunque negli spazi, attorcigliate persino al corrimano delle scale che, ampie e in legno scuro, collegavano l'ingresso ed il soggiorno alle stanze da letto. L'attenzione dapprima deragliata dall'arrivo della collaboratrice tornò ben presto a focalizzarsi su Yoongi, che libero dal centrotavola fermò la mano di Jimin in una tenue presa, che il più giovane rafforzò teneramente solo per sorridere a quella impronta sulla guancia e posandone una di rimando proprio sulle nocche dell'altro dopo aver sollevato il suo palmo. «A questa sera, allora». Un cenno del capo concluse la conversazione, e dopo aver aspettato che la figura di Yoongi sparisse dalla sua visuale, Jimin si richiuse la porta alle spalle, ritirandosi nello spazio più scuro dell'abitazione. Abbandonate contro la porta, le spalle si abbassarono mentre un sospiro lasciava le labbra del ragazzo, ancora vagamente formicolanti dopo l'incontro tanto desiderato con quelle di Yoongi. Jimin, va tutto bene? Quasi intrappolata in un'eco onirica, la voce di Elsa arrivò pacatamente all'udito del fratello, che strappato ai suoi pensieri annuì rapidamente. Si, si e tu? Distaccatosi dalla superficie lignea, Jimin indagò i lineamenti della sorella, che senza rispondere sfiorò con le dita la mano del ragazzo, stringendola alla propria prima di osservare il braccialetto che gli impreziosiva il polso. L'hai tenuto sempre per lui, non è vero? Domandò lei, curiosa, nel carezzare affettuosamente le ciocche scure dell'altro, ancora umide per via del contatto con l'acqua. Jimin non faticò nell'intrecciare lo sguardo con quello di Elsa, unica persona che assieme ad Hobi amava tanto profondamente da essere considerata la sua famiglia - molto più dei coniugi Park e dei Nygard - e distendendo le labbra in un sorriso genuinamente felice, annuì per darle conferma. Mi piace, è uno apposto. Gioioso e libero di poter godere anche del supporto di Elsa, Jimin le circondò il torace con le braccia, stringendola a sé in una calda stretta. Schioccando quindi un bacio al centro della guancia del fratello, la rossa si allontanò da lui solo pe osservarlo meglio, felice che Jimin avesse trovato il coraggio di seguire la strada che il suo cuore gli aveva da sempre mostrato, conducendolo a Yoongi. Sono molto felice per te, fratellino! Ora vai a cambiarti, se Marina ti trova ancora vestito così di sicuro avrà un attacco di panico! E poi Yoongi ne sarà contento, non credi?
    Separatosi da Elsa con un saluto ed una risata più timida, Jimin percorse di buona lena le scale che lo riportarono alla sua stanza, trovando posato sulle coperte il primo dei quattro scatoli finemente decorati consegnati a nome di Marina. I vestiti, le decorazioni, la presenza di Hobi e di Yoongi, tutto rese quel giorno più reale: il 13 ottobre 2019 sarebbe stato il primo compleanno passato insieme a Yoongi dopo undici anni. Credo di esserti più simile di quanto pensassi. Anch'io volevo solo che tu rimanessi con me. Raccogliendo il viso tra i palmi delle mani, Jimin non si accorse di starli inumidendo con lacrime d'emozione, mentre le immagini dei baci e delle carezze scambiati poco prima gli infestavano piacevolmente i pensieri, trasportandolo in una dimensione di surreale pienezza. Sembravano così lontane tutte le volte in cui si era seduto o sdraiato su quel soffice materasso per piangere l'incolmabile vuoto che l'assenza di Yoongi gli aveva lasciato, ed ora che si erano finalmente ritrovati, Jimin non riuscì a contenere i sentimenti che gli straripavano dagli occhi e dal cuore, sopraffatto dalla loro corrente gioiosa. Sentì la schiena tremare in leggerissimi singulti, e solo dopo che li lasciò correre giù per la spina dorsale per degli abbondanti minuti, si decise ad abbandonare l'abbraccio della sciarpa di Yoongi, separandosi dal suo profumo ancora per qualche ora in nome dell'amicizia che lo legava a Marina. Ripiegò la stoffa dell'indumento prestato con molta attenzione, posandola sul proprio cuscino, e poi rivelò il contenuto di tutti e quattro gli eleganti pacchi che gli erano stati donati, al cui interno erano custodite differenti camicie (x, x, x, x) che avrebbero spartito in momenti diversi quella che sicuramente sarebbe stata una lunga serata in compagnia. Una volta pronto, avendo imprigionato gradevolmente il torace in una cascata di diamanti che ingabbiavano una vaporosa camicia bianca, Jimin prese un ampio respiro, il cuore che veloce batteva tra le costole all'idea di poter incontrare nuovamente Yoongi. Schiuse la porta della stanza, da cui già si poteva udire del chiacchiericcio indistinto dei primi invitati, e davanti a sè trovò proprio Marina, con un palmo raggomitolato in un piccolo pugno, pronta a bussare. Ciao mon petit chou, buon compleanno! Ah, ottima scelta hai scelto l'harness per primo, sei incantevole! Cinguettò la donna finemente avvolta in uno dei suoi meravigliosamente appariscenti vestiti, prima di schioccare un bacetto virtuale al suo adorato protetto, che di rimando la ringraziò calorosamente, non solo degli auguri ma anche dei costosi regali che gli erano stati offerti.
    I due attraversarono a braccetto le scale, lasciandosi scrutare dalle tante paia di occhi che si avvicendavano a casa Nygard, e tra tutti questi, Jimin ricercava velatamente ma ansiosamente quelli di Yoongi, su cui ebbe modo di posarsi non appena persa quella posizione sopraelevata di vantaggio. Era avvolto in un elegante abito nero, le cui semplici linee attirarono senza alcuno sforzo le iridi scure del più giovane, felice di lasciarle danzare sulle membra dell'altro finchè non furono distratte dalla signora Nygard. Diede il via alla serata con un brindisi, e dopo aver chiarito che Jimin sarebbe sempre stato la brillante gemma della famiglia, dichiarò tacitamente iniziata la festa, che molto più assomigliava ad un elegante ricevimento di lavoro. Tra un ospite e l'altro, Jimin tentava con tutte le sue forze di raggiungere Yoongi, e non appena si avvicinava a lui, veniva rubato al suo abbraccio da altre mani, pronte a stringere le sue in convenevoli e commiati di poco significato. Fortunatamente però, un raggio di sole spalancò la porta d'ingresso in tutta la sua luce, facendo irruzione tra gli avventori: Hobi era finalmente arrivato, e dopo aver salutato Elsa ed aver approfittato della generosissima riserva di Sprite messa a disposizione per i partecipanti, si districò nel groviglio di ricchi ospiti per giungere a Yoongi, incurante degli sguardi perplessi dei più. «Ah, Hoseok. Ciao». Un raggiante sorriso accolse il saluto del più grande, ed ora accomodatosi al suo fianco, Hoseok avvolse le spalle dell'altro in un abbraccio, stringendo appena la lattina colma di nettare degli dei (sempre Sprite) tra le dita. Ciao hyung, come va che si dice eh? eh? Ho cercato di salutare Jiminie ma non ci riesco, c'è un sacco di gente mannaggia che disdetta ohhh è stato rapito dai ricconi!!! Comunque gli volevo dare il mio regalo, sai ho saputo che ad Oslo c'è una masterclass con uno dei ballerini più fighi di contemporaneo secondo me gli piacerebbe e l'ho iscritto ma non so quando avrò modo di dargli questo dono ahhh questi ricconi tentacolari vogliono portarlo via da me, capisciiiii- Nonostante il tono di voce inaspettatamente più sommesso, il ritmo accelerato delle sillabe che inciampavano fuori dalle labbra di Hoseok suggerivano il suo stato apparentemente alterato dovuto alla bevanda che il giovane aveva preso a trangugiare sin dal primo momento in casa Nygard, e con disinvoltura ed i sensi affilati, si dedicò alle chiacchiere in compagnia di Yoongi, memorizzando il proprio numero nel suo telefono per future minacce ed aggiornamenti. Per quanto filtrato dall'eccitazione di quel particolarissimo e specifico sballo, l'occhio di Hobi non aveva mancato di captare anche l'intreccio di sguardi che spesso sopraggiungeva tra l'amico più grande ed il suo caro Jimin, che gli suggerì più teneri sottotoni tra loro e che lo spinse a richiedere chiarimenti a Yoongi. Quest'ultimo però fu veloce a fuggire, proprio mentre Hoseok si dilettava nel creare disgustosi ma fortissimi drink alcolici tagliati da più o meno grandi dosi di Sprite, liberandosi dalle spire delle sue curiose domande con un gentile "grazie della compagnia", più che sufficiente a scatenare in lui una divertita risatina, intenerito dall'innocente tentativo dell'altro di rimandare quella discussione più sensibile ad un altro momento.
    Ormai perso il conto della quantità di conversazioni mondane intrattenute con gli invitati tra cui spiccavano anche i coniugi Evjen, Jimin si richiuse la porta della stanza da letto alle spalle, tirando un pesante sospiro di sollievo; finalmente era arrivato anche all'ultimo cambio d'abito, che con il concludersi della serata gli avrebbe permesso finalmente di schivare gli intenti di chiunque si fosse appostato dietro la sua porta pronto a presentargli qualche individuo di spicco che molto probabilmente sarebbe svanito dai suoi ricordi neanche due minuti dopo. Le spalle nude vennero allora accarezzate dalla pregiatissima stoffa bordeaux della camicia che ancora aperta pendeva da esse, e rintanato nella cabina armadio - molto più spaziosa del piccolo mobile che Jimin aveva riempito all'Aamot - non si accorse dell'arrivo di Yoongi, che dopo aver gentilmente bussato si era introdotto nella stanza del più giovane. «Quindi funziona così qui? Si invitano gli ospiti ai compleanni ma non li si saluta per tutta la serata?» Fu proprio quel lieve borbottio ad attirare Jimin fuori dal groviglio di vestiti e raffinati pacchetti, e riemergendo nella luce soffusa della camera, si mostrò impaziente e sorridente agli occhi dell'altro. Hyung! A-aspetta, arrivo! Sperando di trattenere Yoongi ancora per qualche istante prima che uscisse dalla stanza deluso nel non averlo trovato, Jimin agganciò un paio di bottoni alla camicia alla bell'e meglio ed incespicò sino ad arrivare davanti a lui. Lo colse intento a mormorare delle frasi tra sè e sè, con una deliziosa scatolina quadrata protetta tra le dita. «Un pettine per tutti i capelli che ti rimangono... auguri di nuovo, Jimin-ah». Interdetto per qualche istante, Jimin restò fermo e silente ad osservare Yoongi finchè non si avvicinò a lui di qualche passo, scoppiando in una dolce risata nel raccogliere il pacchetto dalle sue mani. Grazie, grazie hyung! Sussurrò lui sorridente, accomodandosi al suo fianco per sciogliere il fiocco che fermava quel piccolo scrigno, in modo da scoprire la fine collanina al cui centro pendeva un piccolo tridente decorato da piccoli e radiosi punti luce. Nel raccogliere delicatamente il ciondolo nel palmo della mano, Jimin rivolse lo sguardo a Yoongi, rinchiudendosi in un'emozionata quiete fino a quando non sollevò le braccia, avvolgendole attorno al torace dell'altro per attirarlo a sè in una tenera stretta. E' bellissimo, grazie per questo regalo. E mi dispiace per stasera, ho cercato di raggiungerti, ma non riuscivo a liberarmi. Avrei voluto passare più tempo con te e Hobi. Muovendo le labbra con delicatezza contro una delle tempie del compagno, Jimin non accennò a lasciarlo andare, cedendo così al reale significato delle sue parole: era indubbiamente Yoongi il dono che la vita aveva deciso di offrire a Jimin dopo tutti quegli anni, e trattenendolo a sè, il ragazzo gli posò un bacio tra i capelli prima di separarsi di poco da lui. Sono felice che tu sia qui. Scivolate su per il viso di Yoongi, le iridi castane del più giovane trovarono le loro gemelle oltre la fitta cornice di ciglia che le schermava, e salutate nuovamente in un incontro gioioso, vennero private della loro luce nel momento in cui Jimin socchiuse gli occhi, sfiorando la guancia di Yoongi con la propria per allinearsi a lui e posare un bacio sulle sue labbra, raggiunto dal tocco affettuoso con cui Jimin accarezzò il collo dell'altro. Ben presto, i respiri di entrambi entrarono in sincrono, condivisi con sempre meno esitazione man mano che Jimin si offriva più apertamente ai baci di Yoongi, che sin dal mattino aveva avuto il piacere di assaggiare fino ad avvertire il corpo mancare d'aria. Quella dolce rincorsa terminò solo quando entrambi ne furono soddisfatti, e posando qualche altra impronta distratta sulle guance ed il collo di Yoongi, Jimin gli porse nuovamente il pacchetto, invitandolo così ad aiutarlo nell'indossare il gioiello. Jimin dunque si voltò senza fretta, approfittando di quel momento per abbottonare adeguatamente la camicia, evitando così di concentrarsi sul calore che avvertiva un po' ovunque nel corpo infiammargli le guance di una sfumatura ben più rosea di quanto si sarebbe aspettato. Sollevatasi per ispezionare con cura il ciondolo minuto, la mano destra ne solcò con cautela le forme, e tornando allo sguardo di Yoongi, Jimin gli sorrise ampiamente, intrecciando le piccole dita della sinistra tra le sue ciocche scure, a cui rivolse delle attente carezze. Sei così elegante hyung, lo sai, stai molto bene. Concedendosi di complimentarsi con il più grande seppur inciampando in una tenera timidezza, Jimin si protese verso di lui ancora una volta per dimostrargli anche in altro modo il suo apprezzamento, quando sussultò nell'avvertire dei rapidissimi e leggeri rumori percussivi provenire dalla porta, dalla quale, meno sommessa emerse la voce di Hobi, ancora preso a ticchettare con le nocche velocemente contro il legno nero. Hey.. Scusate lo so che siete lì, e vi giuro non volevo disturbare, scusate scusate scusate, scusa JIMINIE DEVO DARTI IL MIO REGALO ma non ho interrotto per questo non l'avrei mai fatto ma mi hanno detto che la festa è quasi finita e bisogna tagliare la torta e quindi io ho pensato che sarebbe stato meglio se fossi salito io piuttosto che la signora Nygard capite- scusate, scusami Jiminie!!!!
     
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    Aveva controllato e ricontrollato più volte ma, non trovando una valida ragione per non godere con lo sguardo di qualche spiraglio della pelle dell'altro, attraversato da una risata argentina in seguito alla sottospecie di commento ironico che scappò via dalle labbra di Yoongi, il maggiore si limitò a rimanere in silenzio e osservarlo incuriosito. Rossa. Pensò decisamente distratto, i pensieri ridotti a quei pochi elementi ma pronti ad essere invasi dalla presenza e dalle dolci parole dell'altro. «Aprilo prima di ringraziarmi», borbottò pur sorridente, stringendosi nelle spalle e rimanendo in attesa di cogliere le risposte dell'altro: gli sarebbe piaciuto? Inclinando appena il viso nel scrutarlo, Yoongi quasi non fece caso (se non con qualche attimo di ritardo) all'abbraccio che l'altro gli regalò di conseguenza all'aver scartato il pacchetto. Sembrava esser stato di suo gradimento e, raccogliendo il torso di Jimin fra le mani, anche il maggiore volle comunicare all'altro la semplice soddisfazione che aveva provato in quel momento. Mentre Jimin suggeriva contro la pelle dell'altro sommesse parole di scuse, Yoongi semplicemente si adagiò contro il corpo dell'altro, racchiudendolo e lasciandosi abbracciare mentre godeva di quei confortevoli e anelati contatti. «Non importa». Gli rispose con serenità, permettendogli di raggiungere le ciocche nere con le labbra e poi distanziandosi dal corpo dell'altro solo per poter rinnovare le sue parole con un deciso movimento del capo. Sono felice che tu mi voglia qui. Fece eco delle parole del più giovane nella sua testa: ancora non gli era possibile sentirsi completamente giustificato o privo di ogni senso di colpa nei confronti dell'altro ma, probabilmente, si trattava solo di darsi la possibilità di essere paziente. Prima o poi ogni pungente sensazione avrebbe abbandonato il suo organismo. Per il momento, si sarebbe accontentato di godere delle delicate e desiderate attenzioni dell'altro, a cui si rivelò pronto ad aggrapparsi a piene mani, non esitando mentre ancora una volta le labbra di Jimin trovavano posto fra le sue. Scaldato da quei baci, in grado di allentare i nodi che lo stringevano solo per crearne altri molto più rassicuranti, Yoongi decise di abbandonarsi ad essi senza dimostrare altre intenzioni che non fossero quelle di alimentarli e farli durare finché il respiro ormai unico non avesse rivendicato nuovamente le loro attenzioni. Avrebbe trascorso volentieri ore in quel modo, sperimentando ogni singola volta la sensazione di pallidi e minuti petali rosa che si posavano fra i capelli corvini di entrambi: una rinascita primaverile che continuava a ripetersi. Quando i palmi di Yoongi furono per una seconda volta riempiti dal pacchetto che conteneva il ciondolo, allora il maggiore cercò di combattere con la piccola apertura - non di certo aiutato dal sentito stato di confusione che aveva appena abbandonato - e, picchiettando sulle spalle dell'altro, gli segnalò di aver completato il compito. Immaginò che non solo la curiosità estetica l'avesse spinto a fare quell'acquisto, ma piuttosto la volontà di convincersi e rendersi consapevole, nel donare a Jimin quel particolare simbolo, della positività e della meraviglia insita nella metamorfosi dell'altro che, in senso lato, forse poteva dire di condividere.
    «Aah, davvero?» Colpito da quel complimento e dalle carezze che l'altro gli regalò, le dita di Yoongi passarono distrattamente contro la parte finale della propria cravatta che, nella semplice eleganza, di sicuro non reggeva il confronto con gli abiti che l'altro aveva indossato in quella serata. Abbassando lo sguardo e ravvivando insieme la postura nel raddrizzare la schiena, non si accorse del fatto che Jimin si era avvicinato di più a lui e, nonostante la distanza fra loro si fosse assottigliata in più occasioni durante quella giornata, ne rimase stranamente colpito, come se la bellezza di Jimin fosse stata in grado di investirlo in una sola ondata. Ma, nell'incontrare lo sguardo con quello di Jimin, riuscì a decifrare in quella frazione di secondo un lieve cambiamento che non aveva notato giusto qualche ora prima, quando si erano scambiati altrettante tenerezze al negozio di fiori. Pur impacciato, non si era dimostrato affatto incerto o esitante nel pronunciare quel complimento o nel muovere quelle prime carezze a cui semplicemente il più grande non era abituato - non del tutto, per lo meno. «A-Anche tu...» Avrebbe evitato di esprimersi proprio per non voler sentire la sua voce rompersi in un acuto che non gli apparteneva, tuttavia la lingua fu più veloce del pensiero e sperò di non risultare ridicolo alle orecchie dell'altro. Yoongi si limitò a rimanere sul posto, fissandolo mentre era trattenuto da due energie ben diverse: una, che alla fine prevalse, di farsi più vicino e assecondare i movimenti dell'altro nel posargli quasi istintivamente una mano sulla gamba e una seconda, timida fino a livelli imbarazzanti ma priva di tinte più oscure di un tempo, che stava per sfondare il pulsante del panico.
    Non sapeva perché stesse reagendo in modo tanto eccessivo e non sarebbe stato in grado di quantificare il tempo che passò dal sobbalzo di Jimin al vedere la porta della camera aprirsi a lui che si ritrovava in piedi, vicino al letto, a circa un metro di distanza dall'altro: forse un battito di ciglia, forse ancor meno. Tuttavia era consapevole del fatto che, mentre riconosceva la voce di Hoseok e tornava a respirare, la faccia seria ed imperturbabile non nascondeva del tutto la preoccupazione che aveva assalito entrambi in quei pericolosi frangenti. Assottigliò leggermente lo sguardo nel squadrare Hoseok da capo a piedi: se prima l'aveva considerato quasi uno scoglio a cui appigliarsi per salvarsi da quel mare tempestoso, ora l'avrebbe fulminato fino a renderlo polvere da raccogliere con attenzione dal terreno per via del prezioso momento che aveva interrotto. Tuttavia quel fastidio passò tanto velocemente quanto era nato in lui e, ora più calmo, si ficcò le mani in tasca lasciando abbastanza spazio ai due. La signora Nygard. Deciso a rimandare quelle preoccupazioni a un secondo momento, rilasciò quindi un respiro un po' più pesante e osservò Hoseok consegnargli il regalo, registrando le reazioni di Jimin. Non ne sapeva molto di masterclass, di danza contemporanea o di quali fossero i ballerini più influenti sulla piazza, ma immaginò che dovesse trattarsi di un regalo ben studiato e che sarebbe stato accolto con entusiasmo dal festeggiato. Proprio come aveva avuto modo di notare la prima volta che aveva incontrato Hoseok, una calorosa sensazione di fiducia indirizzata proprio a quest'ultimo tornò a presentarsi nel suo petto e, per qualche strana ragione, si consolidò del tutto l'idea positiva che aveva dell'altro.
    Mai consideratosi un festaiolo o un tipo da eventi del genere - quelli in cui si concentravano un numero di persone sconosciute e ben vestite all'interno di ambienti, per quanto larghi, ristretti dalla sua personale visione degli spazi -, Yoongi era ufficialmente e del tutto stanco di quella situazione. Per quanto vagamente irritato dal prolungarsi dei tempi, doveva considerarsi soddisfatto: aveva avuto l'occasione di godere dell'immagine di Jimin con addosso tanti diversi e preziosi abiti (seppur da lontano), così come vederlo circondato da delle scintille in ogni restante momento della serata, domandandosi più volte se gli occhi avrebbero risentito del fissarlo per troppo a lungo. In fondo, si diceva così del sole, no? Fra l'altro, non poteva che avvertire una strana sensazione di soddisfazione tremolargli come una fiammella nel petto, illuminandogli in modo tenue i pensieri assonnati e deboli, nonostante non fosse notte inoltrata. Se era vero che avevano passato la maggior parte del compleanno distanti, l'uno occupato a rispondere a diverse chiamate di obblighi sociali e l'altro intento a mescolarsi con la tappezzeria o il colore delle pareti, Yoongi era contento di aver potuto trascorrere il resto della giornata insieme a Jimin, raggiungendo una serie di inaspettati e del tutto nuovi traguardi che mai avrebbe immaginato possibili. Così, seduto fra i sedili posteriori di una lussuosa macchina alla cui guida sedeva una donna molto ben vestita e la cui stravagante personalità poteva essere respirata per tutto l'abitacolo, non sarebbe stato difficile cogliergli sulle labbra un piccolo sorriso speranzoso: per quanto confuso e frastornato, sapeva che i piccoli passi che aveva compiuto in avanti (e, inevitabilmente, verso Jimin) non avevano fatto altro che avvicinarlo sempre di più ad una luce che l'avrebbe finalmente riscaldato, donandogli nuova vita e permettendogli di respirare più serenamente. Davanti a lui sedeva Hoseok, simpatico compagno di avventure e che stava ricevendo diverse occhiatacce dalla proprietaria della macchina che, premurosamente, si era fatta carico di riaccompagnare i due amici e il festeggiato alle rispettive abitazioni e più e più volte, quasi sospettosa e scettica, aveva domandato a quello se non fosse davvero ubriaco e, con malcelata minaccia, l'aveva invitato a mantenere i tappetini dell'abitacolo intatti e candidi, proprio come li aveva trovati.
    Confuso su come sentirsi nei confronti dalla donna che, se non si sbagliava, aveva già avuto modo di incontrare (seppur di sfuggita) ma, se doveva essere sincero, in quel momento la sua attenzione era focalizzata su Jimin che sedeva accanto a lui. Girando il volto verso il giovane, lasciando penzolare la testa contro lo schienale dei sedili, Yoongi poteva avvertire tutto ciò che lo circondava sciogliersi. I palazzi che circondavano le strade venivano riassorbiti dal freddo ventre del cemento, le luci che li accarezzavano apparivano come lampi lungo i volti di entrambi solo per riconsegnarli ad un caloroso buio in cui poteva ancora distinguere il profilo di Jimin da tutto il resto. Una linea netta e precisa, il più doloroso e adorabile confine in cui aveva imparato ad immergersi senza aver paura di trattenere il fiato. Avvertì le iridi nere venir circondate da una patina di nebulosa luce che delineava la figura dell'altro: una meravigliosa allucinazione di colori e si sentì levitare mentre si ancorava alla mano dell'altro, raggiungendola là dov'era appoggiata fra lo spazio che li divideva e che, sperava, non si sarebbe più intromesso fra di loro. Ne accarezzò il dorso con le dita e poi la trattenne in una leggera stretta, accorgendosi per l'ennesima volta di quanto trovasse curiosa la differenza di grandezza fra loro, incapace di distogliere lo sguardo dalla figura del più giovane se non quando si trovò costretto a chiudere le palpebre. Mi sei mancato, davvero. Placidamente, quei pensieri iniziarono ad allagargli la mente, sgorgando senza che avessero l'opportunità di essere frenati nel loro percorso da nessun impedimento, torcendosi in un abbraccio naturale e spontaneo fra alcuni pezzi di parole che aveva pronunciato proprio qualche ora fa, quando aveva compiuto consapevolmente una di quelle decisioni di cui non si sarebbe pentito in futuro. E questa volta rimarremo insieme. In quella tenera notte, nutriti dalla lenta corrente d'acqua che gli scorreva lungo ogni arto, dei germogli si innalzavano dal terreno assopito da sempre.
    Forse accusando improvvisamente tutta l'energia spesa in quel silenzioso maturare, infine Yoongi sbadigliò e, di lì a poco, si ritrovò ad osservare il portone di casa sua al di là del finestrino chiuso. Gli occhi assonnati del maggiore oscillarono fra la mano dell'altro e gli altri due presenti all'interno della vettura e, presa la sua ultima decisione, si schiarì la voce solo per pronunciare dei rapidi saluti e ringraziamenti. «Grazie per avermi riaccompagnato a casa e buona notte». Concluse gentilmente, aprendo la portiera mentre si trascinava dietro Jimin, non intenzionato a salutarlo e lasciarlo andare all'Aamot per riposare quella notte. «Se dovesse comportarsi male lo lasci pure per strada». Parlandole con rispetto e facendo riferimento all'amico di Jimin - dimostrandosi ancora rancoroso per il momento che aveva interrotto da Hoseok non molto tempo prima -, si fermò qualche altro istante vicino al finestrino del guidatore mentre la donna sembrava interessata a tutt'altro, forse lei stessa confusa e incuriosita da come stavano rivelandosi quegli eventi di fronte ai suoi occhi. O almeno così si mostrò per una frazione di secondo, prima di raggiungere Jimin dolcemente con una carezza e un bacio lanciato in aria, augurandogli una dolce notte. Quindi, dopo che anche Jimin si rese conto della decisione che il maggiore aveva preso per entrambi, gli strinse ancora una volta la mano nella sua per richiamarlo all'attenzione. «Inizia a far freddo qui fuori. Vogliamo salire?» Lo interrogò appena sorridente e, senza attendere davvero la risposta dell'altro, fu pronto a sparire insieme a Jimin fra le ombre del portone d'ingresso.

    ♡ ♡ ♡
    This is the first day of my life
    I'm glad I didn't die before I met you
    But now I don't care, I could go anywhere with you
    And I'd probably be happy

     
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9 replies since 2/1/2020, 22:28   336 views
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