Nobody said it was easy

Julian & Liv | B-side gym

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    Naomi

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    Julian Holt ➸ Psicocinesi ➸ Sheet

    Ignorai l'ennesimo messaggio vocale di Rebecca, mi liberai dell'iPhone lanciandolo sul divano e, a passo svelto, raggiunsi la camera da letto. Tutte le volte diceva che era preoccupata, che non capiva perché non rispondessi alle sue chiamate, che di notte invece di dormire pensava a me, ormai in un'altra città, temendo che, prima o poi, sarei finito sui giornali, in prima pagina. Strafatto. Morto. Lei, tutte le volte, si mostrava in pena per me, io, tutte le volte, me ne fregavo della sua apprensione, delle sue paure. Quello che proprio non mi riusciva comprendere era come facesse, dopo il trattamento che le riservavo da settimane, a cercarmi ancora, a dire di volermi bene, a non essersi ancora stancata di me e dei miei demoni, a non avermi ancora mandato al diavolo. Io non la volevo tra i piedi, non più, e nemmeno le volevo parlare. Non ne avevo bisogno, volevo camminare da solo, anche a costo di cadere e cadere e cadere. Tanto ci ero abituato. Avevo toccato il fondo già una volta e alla fine mi ero rialzato, anche grazie a lei, sì... ma, a dire il vero, pensando alla mia vita di adesso, non ero poi così sicuro che fosse stato un bene incontrarla, accettare il suo aiuto.
    Rebecca mi aveva dato una chance, quella di sopravvivere, e io, al momento, non vedevo altra via di uscita: se non avessi afferrato la mano che mi stava porgendo, allora sarei morto davvero, forse per un'overdose di alcol e psicofarmaci, forse dentro la mia vasca da bagno incrostata con le vene tagliate. Ero talmente stordito, spezzato, che avevo finito per fidarmi di lei, probabilmente senza pensare bene a cosa stavo per fare. Avevo amato una sola donna nella mia vita, avevo fatto tutto con lei, non avevo mai nemmeno immaginato di toccare un corpo che non fosse il suo, mentre, adesso, grazie a Rebecca, di corpi ne toccavo tanti, troppi.
    I primi tempi, per assurdo, erano stati i più semplici. Quando stavo con una cliente ero tutto ciò che poteva desiderare, se voleva sfogarsi parlando, io ero pronto ad ascoltare, se intendeva sfoggiarmi a una festa, ero il più bello dei trofei, se, invece, voleva scopare, be', ero in grado di rendere quell'attimo il migliore della sua vita. Ed era ciò che facevo. Facevo sesso e mi facevo pagare, profumatamente, aggiungerei, ed era la cosa che più contava.
    Non provavo piacere, era tutto meccanico, perfino l'orgasmo, però sapevo fingere, che è ciò che faccio anche adesso, dopotutto. Ma, se all'epoca vivevo quell'esperienza senza esserne realmente consapevole, col tempo tenere su la maschera era diventato sempre più difficile. Fingere era diventato difficile.
    Avevo amato una sola donna, con lei ero stato felice, nessuna avrebbe potuto sostituirla, ma non c'era più e io dovevo togliermela dalla testa, soltanto che non ne ero capace. L'alcol, la droga, il sesso erano semplicemente un'illusione. Stavo bene per un po', soprattutto quando contavo gli zeri del mio conto in banca, ma poi...
    Serrai la mascella, mi sfilai i vestiti e mi gettai sotto la doccia. Avevo amato Linda perdutamente, ora, invece, la odiavo perché, sebbene non avesse affatto colpa per ciò che di orribile le era accaduto, se ne era andata. Mi aveva lasciato solo, a piedi nudi in mezzo ai vetri rotti, solo con un senso di vuoto dentro che non riuscivo a colmare. Niente mi faceva stare bene, eppure cercavo di tenermi impegnato come meglio potevo, tentavo con ogni mezzo a mia disposizione, lecito o meno lecito, ma niente. La ferita che pareva rimarginata riprendeva a sanguinare. Come in quel momento.
    Sperai che l'acqua fredda annegasse i pensieri, ma servì solo a gelarmi la pelle. Uscii dal bagno nudo, bagnato e, fregandomene dell'acqua che inzuppava il parquet, mi fiondai sulla bottiglia di whiskey che tenevo sul comodino. Mi riempii il bicchiere e lo buttai giù d'un sorso. Solo dopo, col fuoco nella gola e nello stomaco, mi rivestii. Misi addosso un paio di jeans e una maglietta nera e calzai delle sneakers. Sistemai i capelli con un filo di gel, afferrai il giubbotto, la borsa con l'occorrente per allenarmi e uscii di casa. La palestra era uno dei tanti modi che avevo per distrarmi, uno di quelli che, alla fine, non servivano a un cazzo, ma era necessario, per me, per la mia professione, essere sempre in forma, perciò mi allenavo lo stesso. A Bergen avevo messo su una palestra dentro casa mia e lo stesso avrei fatto ora che mi trovavo a Besaid, ma i lavori andavano per le lunghe e io non potevo aspettare. Correre non bastava, perciò, seppur controvoglia, avevo individuato una palestra in città, la B-side gym, in cui mi sarei arrangiato fino a che non avessi avuto pronta la mia.
    Mi misi al volante e, seguendo le indicazioni del navigatore, arrivai a destinazione in breve tempo. Lasciai la macchina nel parcheggio, feci un lungo respiro e, borsa al seguito, varcai la soglia.
    Lanciai un'occhiata alla reception, ma non c'era nessuno. "Fantastico", ironizzai, mentre avanzavo di qualche passo. Alle mie orecchie giungeva della musica pop ovattata: mi guardai attorno, poi la mia attenzione fu catturata dalla schiena di una ragazza che spariva in fretta dietro una porta. La musica arrivava proprio dalla sala in cui era entrata lei. Mi fermai e guardai oltre la vetrata: dentro la sala si stava svolgendo una lezione di aeorobica. Che, ovviamente, non mi interessava.
    Mi sporsi verso la reception, ma niente. Iniziavo a spazientirmi, quindi, senza pensarci due volte, afferrai la maniglia ed entrai nella sala. Le ragazze erano prese da ciò che stavano facendo, la musica era alta, ma io non potevo restare lì in eterno. Individuai quella che doveva essere l'istruttrice, una ragazza che, a prima vista, pareva molto giovane e cercai di attirare la sua attenzione sollevando una mano per poi sventolarla, con la speranza che si accorgesse, presto, di me. Mi sentivo un idiota.

    Edited by ;beth - 20/2/2020, 14:53
     
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    Liv Frida Berg | '90 | anthemis & b-side | sheet

    Era stata una mattinata infernale ed infinita all’Anthemis. Il pessimo tempo fuori, che portava aria di neve, aveva condotto moltissime persone al chiuso, alla ricerca di calore e qualcosa di caldo da bere. L’Anthemis era gremito di gente e, avevano dovuto anche declinare l’invito a sedersi di qualcuno, seppur fosse una normalissima giornata lavorativa. Amarantha era nervosa, perché il suo soufflé non era venuto alla perfezione, come era solita preparare e continuava a ripetere che la colpa, era di quei carciofi che secondo il suo modesto parere, erano stati colti con qualche giorno d’anticipo, non maturando completamente. Glielo dirò, questa me la pagherà cara e se continua così, smetterò di comprargli le verdure! aveva minacciato, a colpi di straccio in mano, mentre era intenta a rigirarsi per la cucina, tra i vari forni e gli impasti che aveva preparato. La donna, teneva moltissimo alla materia prima con cui preparava i suoi cibi e le sue vivande, motivo per il quale era riuscita a costruirsi clientela fissa che ormai, si recava da lei proprio per quella sua filosofia legata al “km0 ed ai preparati stagionali”. Il menù dell’Anthemis, era difatti molto variegato e raramente, si trovava di mese in mese, le solite cose proposte. La prossima volta che tornano, glielo diciamo nonna! Stà tranquilla, tanto per lo più stanno chiedendo bevande calde, tè e cioccolata aveva cercato di tranquillizzare sua nonna, mentre correva nuovamente in sala per dare una mano a Serena. Quando c’era il delirio in quel modo, usavano dividersi i compiti: Liv preparava le pietanze, mentre ginger serviva ai tavoli. Siete la mia salvezza! le ripeteva spesso Amarantha che, non avrebbe saputo proprio come fare senza di loro. Quel giorno, sarebbe toccata a Serena la giornata intera mentre Liv, nel pomeriggio si sarebbe dovuta recare alla B-side dove sperava, di vedere la sua amica nel corso serale, se non fosse stata troppo devastata dalla giornata alla pasticceria.

    [ POMERIGGIO – B-SIDE ]
    Da quando avevano ristrutturato la palestra un paio di anni prima, suo zio e sua madre avevano incrementato le iscrizioni, creando così non solo una palestra, ma un vero e proprio luogo di ritrovo per tutti i cittadini di Besaid che amavano tenersi in forma o scaricare semplicemente lo stress. Non vi era un età specifica, la media variava tra i 25 / 40 anni di età e da quando avevano incrementando anche le sale dei corsi, molte più donne avevano preso a frequentare la palestra. Inizialmente, suo zio aveva aperto quel luogo con l’intenzione di dedicare la sua palestra, alla boxe e alle varie arti marziali (per la quale rimaneva comunque la migliore in città), ma da quando sua sorella aveva deciso di unirsi a lui e di alzare la posta in gioco, coinvolgendo di buon grado anche la nipote, tutto era cambiato. Avevano deciso di investire seguendo il nuovo progetto di riqualifica del centro sportivo della città, dove una grande zona all’aperto, ti permetteva di andare a correre, giocare a football, palla a canestro e tennis mentre loro, avevano acquistato un piccolo capannone limitrofo, che condivideva il parcheggio con il centro pubblico, e ristrutturare tutta la struttura ricavandoci una grande palestra ad un unico piano, dedicando una zona soppalcata, a tutto ciò che erano spogliatoi e zone wellness (con tanto di sauna, bagno turco, vasca idromassaggio, sala massaggi). Non era semplice cambiare la gestione di qualcosa che Zio Hector, aveva gestito per anni ed in modo totalmente diverso prima del loro avvento. Fortunatamente Arlen (sua madre) era empatica con le persone ed aveva la stupenda capacità di metterle a proprio agio, anche quando aveva a che fare con soggetti un po' strani e questo, aveva aiutato molto. Aveva una sensibilità innata che la portava a riconoscere le persone e capire come trattare con queste, comportarsi e rivolgersi loro nel modo migliore. Questo Liv, poteva ammettere di averlo ereditato in parte da lei ma, non aveva la stessa affinità di sua madre.
    Quel pomeriggio, aveva dovuto tenere un corso di step alle 15.00, uno di yoga alle 16.30 ed un altro di step alle 18.00, prima di poter cantare vittoria e scappare verso la tanta agognata casa. Per quanto fosse un tipo iperattivo, quando aveva giornate intense come quelle tra l’Anthemis e la B-Side, Liv sentiva il bisogno di tornarsene a casa sua, fare una bagno caldo e lasciarsi crogiolare un po' sul divano. Sempre che suo fratello non se ne fosse impossessato, obbligandola a condividere lo spazio con lui e soprattutto, a vedere i suoi programmi preferiti. Certe volte le andava bene, perché erano documentari sull’ambiente oppure sulla moda (dato il lavoro di Lars), altre volte le toccava guardare programmi spazzatura che avrebbe preferito scambiare con telefilm o film d’azione o gialli. A ritmo di musica sostenuta, Liv contava il tempo per le sue clienti, mentre cercava di mostrare loro i passi sullo step, grazie all’aiuto del grande specchio installato su tutta la parete principale della sala in cui si trovavano. Bene Linda, cerca di tenere la schiena più dritta commentò, osservando le ragazze nel loro riflesso Mary, attenda a scendere bene sulle ginocchia, devi cercare di non far superare al ginocchio, la linea con la punta del piede corresse ancora, prima di dirigersi verso di lei e mostrarle la posizione esatta, aiutandola, fino a quando la sua lezione non venne interrotta da qualcuno, che varcò la porta. Si voltò, non appena ebbe finito di correggere la ragazza riconoscendo nella figura dell’uomo, un forestiero. Non l’aveva mai visto prima Liv e di una cosa era certa, non si sarebbe scordata il suo volto, visto che poteva ammettere che fosse un ragazzo molto interessante. Posso aiutarla? chiese, avvicinandosi a lui per non infastidire le “ragazze” che, erano tutt’altro che disturbate dalla sua presenza. Non ho trovato nessuno alla reception spiegò lui, con un tono severo ma non troppo scortese Capisco, devi scusarci ma spesso dobbiamo spostarci anche al piano di sopra dove ci sono gli spogliatoi e la wellness, se ci sono problemi spiegò, prima di girarsi verso le sue donne e dire Continuate pure, ripetete tutto il primo step! Myra, puoi dare una mano te? chiese poi, ad una delle sue allieve più costanti e capaci, prima di lasciarsi chiudere la porta alle spalle e condurre il ragazzo alla reception Eccoci qua, perdonaci di nuovo.. e dimmi tutto, io sono Liv si presentò, porgendo questo la mano.
    non ho riletto, spero di non aver scritto degli orrori
     
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    Dall'altra parte del vetro, alcune ragazze ci stavano dando dentro a ritmo di musica. Non mi era mai capitato di soffermarmi a guardare una lezione di step, o aerobica, prima di allora, anche perché non frequentavo quasi mai le palestre pubbliche. Ero un orso? Sicuramente sì. Asociale? Sì, a meno che non dovessi avere a che fare con qualche cliente, e in quel caso era necessario che fossi loquace, all'occorrenza, divertente, una piacevole compagnia. Nemmeno io sapevo spiegarmi come fosse possibile condurre due vite parallele, essere due uomini diversi pur mostrando lo stesso volto, cambiare modo di fare alla stessa velocità, e facilità, con cui mi cambiavo i vestiti, eppure era proprio questo che accadeva. Alla fine, era come se fossi un attore alle prese con la solita parte da recitare. E l'uomo che interpretavo era, purtroppo, quello nei cui panni mi muovevo meglio. Quando ero me stesso, quando ero costretto a esserlo, come in quel momento, mi sentivo inquieto, nervoso. Ero perfino impacciato, e non era esattamente così che volevo sentirmi, o mostrarmi. Serrai la mascella un paio di volte, gli occhi fissi sulla ragazza che stava dando la lezione. Era agile, aveva un bel corpo, anche se minuto, ed era veramente energica. Immaginai che dovesse esserlo anche nella vita privata. Essendo piuttosto introverso, mi capitava di osservare le persone senza che se ne accorgessero; pensavo alla vita che potevano condurre, mi chiedevo se avessero qualcuno a casa ad aspettare il loro ritorno, una moglie, un marito, un figlio, un cane. Anche con quella ragazza stava succedendo lo stesso. Era piuttosto attraente, mi chiesi se avesse un ragazzo, o qualcosa di più. Sembrava serena, felice. Sembrava amare quello che faceva. Le mie labbra, d'istinto, si incurvarono in un sorriso.
    Nel frattempo, qualcun altro aveva varcato la soglia. Il rumore dei passi, il vociare alle mie spalle, mi indussero a tornare in me. Cancellai il sorriso dal mio volto, quindi decisi che poteva bastare, che avevo aspettato anche troppo. Girai la maniglia, varcai la soglia e cercai di attirare l'attenzione di lei. "Bene Linda, cerca di tenere la schiena più dritta", "Mary, attenta a scendere bene sulle ginocchia, devi cercare di non far superare al ginocchio la linea con la punta del piede." Era assorta, impegnata nel suo lavoro di istruttrice. Avanzai di un paio di passi. Alcune ragazze del corso si voltarono, attirate dalla mia presenza, e, così, anche l'istruttrice. "Posso aiutarla?" Mi venne incontro sorridente, infilata dentro un paio di leggings aderenti, rosa, e un top molto succinto. "Non ho trovato nessuno alla reception, perciò ho deciso di entrare qui..." affermai, rude ma non troppo, mentre alcune delle partecipanti al corso continuavano a voltarsi e a rivolgermi occhiate. Doveva essere inusuale che un uomo entrasse lì dentro. "Capisco, devi scusarci ma spesso dobbiamo spostarci anche al piano di sopra dove ci sono gli spogliatoi e la wellness, se ci sono problemi" spiegò, cordiale. "Okay..." Serrai ancora la mascella, lei, in quel momento, tornò a rivolgersi alle sue ragazze: "Continuate pure, ripetete tutto il primo step! Myra, puoi dare una mano te?" Io presi un respiro profondo. Comprendevo le ragioni della ragazza, che potessero esserci stati problemi, che il resto dello staff fosse impegnato chissà dove, ma io non avevo intenzione di restare lì dentro fino a notte fonda, non avrei sopportato quella tensione ancora a lungo. Mi condusse all'esterno della sala, poi richiuse la porta e, infine, mi portò con sé verso la reception. Poi, si presentò. "Io sono Liv". Fu in quell'istante, mentre allungavo la mano destra per presentarmi, che notai i suoi occhi. Erano grandi, erano azzurri, ma non si trattava di un paio di occhi come tanti. Per un frammento di secondo, mi sembrò di rivedere Linda, che fosse lei la bellissima donna di fronte a me. Stavo impazzendo. Rebecca me lo avevo detto tante volte, e, anche se non lo avrei mai ammesso, sotto sotto lo sospettavo anch'io. Prima o poi, la droga mi avrebbe fuso il cervello, era questione di tempo. Quegli occhi stupendi erano il primo passo verso la follia...
    "Io... vorrei solo..." ingoiai la saliva. "Credo di aver visitato la palestra, quando sono venuto a iscrivermi, ma ora... ora non ricordo più dov'è... la sala pesi..." In realtà, non ricordavo nemmeno il mio nome. Il mio nome. Giusto. "Julian" dissi, con un graffio nella voce, prima di stringere la mano che tenevo nella mia già da un po'. La lasciai andare, ero in imbarazzo. "Mi fai strada?" chiesi. Prima di cominciare ad allenarmi, mi sarei dovuto cambiare, ovviamente, ma al momento volevo solo togliermi d'impaccio. Starle accanto era una sofferenza enorme, eppure non mi dispiaceva.
    Sì, stavo impazzendo.
     
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    Liv Frida Berg | '90 | anthemis & b-side | sheet

    Era sempre stato un tipo socievole Liv, non gli creava problemi avere a che fare con le persone e sempre di personalità differente. Aveva la capacità di entrare in sintonia facilmente con gli altri, senza doversi sforzare troppo e percepiva con facilità se, una persona era riservata e voleva essere trattata con pacatezza oppure, se era estroversa e quindi amava essere travolta dal brio. Certo era, che Liv non sopportava la prepotenza e quando si trovava di fronte ad essa, non riusciva proprio a starsene zitta. Cosa non troppo semplice, per una palestra come quella che accoglieva moltissime tipologie di persone. Una cosa era stata chiara fin da subito però: la violenza, la prepotenza e la maleducazione non erano ben tollerate dai proprietari che, potevano decidere di dissolvere il contratto firmato ad una recidiva del proprio cliente. Le palestre dovevano essere un posto di socializzazione e scarico, ma troppo spesso e troppo facilmente, erano anche luoghi dove si creavano gruppetti di persone bulle. Per lo più alla B-Side si poteva respirare un clima piacevole, curato anche grazie alle persone che ci lavoravano, impegnate non solo nell’aspetto professionale ma anche in quello ludico di rendere quel posto, un luogo gioioso dove le persone distendevano i muscoli non solo del corpo, ma anche quelli del volto.
    Quando si presentò al ragazzo nuovo che si spostava prontamente al suo fianco, il silenzio calò inaspettatamente sulla conversazione, lasciando Liv in un raro momento di difficoltà. Non riusciva a capire, se avesse detto qualcosa di sbagliato, perché l’uomo continuava a fissarla, non riuscendo a staccare i suoi occhi da quelli di lei e seppur non ne potesse essere certa, sembrava quasi in uno stato di disagio. Non sapeva se chiedere come stesse, se andava tutto bene o aspettare semplicemente una risposta da questo. Per un secondo, l’imbarazzo la pervase per il modo intenso e profondo in cui questo, osservava i suoi occhi, come stesse guardando qualcosa di raro. Non era abituata, a quel tipo di sguardi da uno sconosciuto: solitamente finivano per guardare e commentare il suo sedere che, era senza alcun dubbio, la parte più sviluppata ed interessante di lei. Certo era, che Liv non poteva vantare un seno prorompente e delle curve mozzafiato, non era sicuramente una clessidra quando più un rettangolo e seppur l’attività fisica le concedesse il vanto di un fisico asciutto e snello, doveva dedicarsi a delle accortezze nei suoi look per sembrare più morbida e femminile. Ci volle abbastanza tempo prima che il ragazzo tornasse alla base, prendendo fiato per risponderle "Io... vorrei solo… Credo di aver visitato la palestra, quando sono venuto a iscrivermi, ma ora... ora non ricordo più dov'è... la sala pesi…” farfugliò, cercando di riprendere possesso delle sue capacità cognitive e anche motorie, dato che le stava tenendo la mano nella sua da un pò Julian aggiunse poi, presentandosi e lasciando finalmente la presa. Non che le dispiacesse, Liv era sempre stata molto sensibile al fascino maschile e la compagnia di un bell’uomo non le dispiaceva affatto, ma quella situazione era strana ed ancora di più il suo sguardo, che sembrava perso in tempi ormai andati. Piacere Julian rispose lei, tornando ad aprire un sorriso sul suo volto, dissolta dall’imbarazzo precedente. Mi fai strada? domandò ancora. Certo, posso farti fare un altro giro della palestra se vuoi, così vedi anche lo spogliatoio dove immagino dovrei lasciare le tue cose ammise lei, osservando il borsone che aveva appresso. Seguimi pure lo invito, prima di iniziare il tuor della palestra dove gli fece vedere tutto il piano terra, con la reception, la sala attrezzi, quella della boxe ed anche le sale dedicate ai corsi non facciamo solo step e gag, ci sono anche lezioni di MMA, circuiti etc commentò, consapevole che Julian si era affacciato proprio alla lezione meno indicata per lui Ragazze finisco di far fare il giro della palestra a Julian e torno da voi! annunciò ancora, affacciandosi dalle sue allieve che aveva lasciato autonome poco prima. E qua al piano di sopra puoi trovare lo spogliatoio e la zona wellness concluse, indicando lui lo spogliatoio degli uomini, dal quale ne uscì uno dei tanti omoni iscritti alla palestra, che sembrava essere un gigante in confronto a lei, che non era poi cosi piccina. <u>Liv, ci raggiungi in sala dopo, oppure hai altri corsi? È da un po’ che non ti vediamo! chiese, attirando l’attenzione della ragazza Sicuramente vi raggiungo, ho bisogno di fare qualche esercizio ammise lei, consapevole che tra Anthemis e corsi in palestra, stava un po’ battendo la fiacca con i suoi allenamenti personali. Finito il corso, si era imposta di fermarsi in palestra a fare un po’ di macchine per i muscoli e di cardio. Ci vediamo dopo, allora! E.. anche con te! ammise, salutando anche Julian che avrebbe raggiunto qualche minuto dopo in sala pesi, non appena finito il corso con le ragazze.
     
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    Julian Holt ➸ Psicocinesi ➸ Sheet

    I suoi occhi. Quelle iridi di un blu indefinito, che a volte parevano grigie. Occhi grandi che scavavano nell'anima, perlomeno lo stavano facendo con la mia. Quando mi ero iscritto in palestra, non immaginavo che, poi, un bel giorno, avrei incrociato lei, che nei suoi occhi bellissimi, purtroppo, avrei rivisto Linda. Non avevano altro in comune, se non quello sguardo mozzafiato. Linda era bionda, curvilinea, alta quasi quanto me. Liv, invece, era più piccola, era molto magra, ma non per questo meno attraente.
    Il punto era quello, che non mi aveva lasciato indifferente come succedeva con il resto della popolazione femminile, comprese le mie clienti. Forse la colpa era semplicemente di quegli occhi troppo familiari, ma, a parte il fatto che non riuscivo a smettere di fissarla, mi sentivo proiettato verso di lei, come se mi calamitasse nella sua direzione. E non andava bene, non andava bene per niente.
    Non volevo provare attrazione nei suoi confronti, anche perché l'avevo appena conosciuta, lavorava in quella palestra e io ero soltanto uno dei tanti frequentatori del posto, questa era la realtà e doveva restare tale. Soprattutto, non doveva accorgersi del mio imbarazzo, perché non avrei sopportato che mi credesse cotto. Non ero cotto, io... cazzo! Non la conoscevo, aveva solo i suoi occhi, non potevo impazzire più di quanto già non fossi! Eppure... Era proprio così che mi stavo mostrando, come un ragazzino alla prima sbandata. Come un cretino.
    Ci credi nei colpi di fulmine? Ci mancava solo che le chiedessi questo...
    Certo, posso farti fare un altro giro della palestra se vuoi, così vedi anche lo spogliatoio dove immagino dovrei lasciare le tue cose.
    Avevo provato a "staccarmi da lei", dal suo sguardo magnetico, prima che arrivasse la mia fine, e ci ero riuscito. Un nuovo tour della palestra, sì, andava più che bene, qualsiasi cosa sarebbe andata bene purché fosse riuscita a distogliere l'attenzione da lei, dalla tensione che provavo standole accanto. Annuii, poi la seguii. Mi mostrò tutto ciò che c'era da vedere al piano terra, parlò dei corsi, di MMA, circuiti. Io pensavo solo a quando sarei rimasto solo per poter respirare di nuovo e riportare il mio ritmo cardiaco a un livello normale. Tornammo indietro e Liv si affacciò nella sua sala, informando le sue allieve che avrebbe tardato ancora un po' per terminare il giro con me. "Non avrei dovuto interromperti..." dissi, il tono di voce sommesso, non ero nemmeno certo che avesse sentito. Salimmo al piano di sopra, mi indicò la zona wellness e lo spogliatoio, dove avrei potuto cambiarmi prima di cominciare. Mai come quella volta avvertivo l'urgenza di stancarmi. Stavo per ringraziarla e dileguarmi oltre la soglia, ma, proprio in quel momento, dallo spogliatoio venne fuori un uomo decisamente grosso. Si rivolse a Liv con fare molto confidenziale, dovevano conoscersi da tempo, le chiese se, dopo il suo corso, li avrebbe raggiunti, che era un po' che non si faceva vedere. Non so perché, davvero, non lo so, ma lo odiai con tutto me stesso. Un sopracciglio si sollevò e serrai ripetutamente la mascella, quando, dopo aver guardato lei come se fosse la fetta di torta alla fragola che avrebbe tanto desiderato mangiare, indirizzò i suoi occhi su di me. Sicuramente vi raggiungo, ho bisogno di fare qualche esercizio, rispose Liv, e poi salutò entrambi. Entrai subito nello spogliatoio, ero nervoso, ma dovevo darmi una calmata. Liv poteva parlare con chiunque, quell'uomo poteva scherzare con lei, io non ero nessuno per impedirlo. Mi spogliai, sistemando i vestiti ben piegati sulla panca, poi indossai maglietta e pantaloncini neri. Prima di uscire mi guardai allo specchio sulla parete e respirai a fondo. Potevo farcela, dovevo farcela.
    "Ehi, tu..." Ero appena entrato in sala, quando l'uomo di poco prima si sollevò dalla panca per venirmi incontro. Lo guardai accigliato. "Prima, in corridoio... sai... ho avuto come l'impressione che ti stessi sulle palle..." Sorrisi appena, poi scossi la testa e mi allontanai senza nemmeno rispondergli. Pensava di farmi paura? Era grosso, e di certo non lo avrei preso a pugni lì dentro, ma era meglio per lui che non mi desse l'occasione di farlo altrove.
    Raggiunsi lo stand dei pesi, ma quello mi fu di nuovo accanto. "L'ho visto, sai, l'orologio che indossi. Ti credi migliore di me perché hai tanti soldi? Scommetto che quel macchinone parcheggiato là fuori è tuo. Be', sappi che a me non importa chi sei, cosa fai... Io ti spacco la faccia, se mi guardi ancora così!" Poggiò la mano sulla stand, e questo traballò nonostante i pesi. "Senti, io nemmeno ti conosco, perché dovresti starmi sulle palle?" Mi voltai e lo guardai negli occhi. "Ora, per favore, vorrei allenarmi. Non darmi una ragione per odiarti davvero" sorrisi e gli feci l'occhiolino, ma lui non gradì, difatti mi afferrò per il braccio sinistro. "E se te la dessi?" Nella mano destra stringevo un manubrio da 4 e avevo una dannata voglia di colpirlo.
     
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    Liv Frida Berg | '90 | anthemis & b-side | sheet

    Aveva cercato di essere il più cordiale possibile con l’uomo che l’aveva interrotta durante la sua lezione perché, Liv ci teneva a trattare bene i suoi clienti e soprattutto, le persone. Era sempre stata una ragazza dall’animo nobile, una personalità che ci teneva a compiacere gli altri, un po' per amore della patria, un po' per puro vizio personale. Non che fosse obbligata a farlo, ma le piaceva ricevere sorrisi di gratitudine da parte degli altri, leggere un cenno di un silenzioso grazie nei loro occhi e questo, la rendeva spesso la ragazza iperattiva che era. Eppure, negli occhi di quell’uomo c’era molto altro: mentre la osservava, mentre lasciava i suoi profondi occhi blu osservare i suoi acquamarina, Liv sentiva come se volesse entrarle dentro e leggerle l’anima. Era strano il modo in cui la osservava, come se la conoscesse da tempo immemore, come se volesse captare dai suoi occhi qualcosa che lei non era in grado di ricordare o vedere. Era uno sguardo dolce amaro, che Liv ricordava soltanto negli sguardi che aveva regalato a Nikolaj dopo la morte di suo fratello. Ricordava il suo volerlo abbracciare, dirgli che non era solo, dirgli che ci sarebbe stata per lui, combattuto dall’odio che provava per aver voluto convincere a tutti i costi Jake, a fare quell’operazione. E quando Nikolaj gli aveva detto che ora potevano stare insieme, Liv si era sentita svuotare dentro perché lei, lei non poteva stare con lui a discapito di quel fratello siamese che a sua volta amava a che, aveva perso la vita per sempre. Guardare Nikolaj negli occhi, era ricordare suo fratello, era prendersi un pugno in pieno stomaco ogni singola volta. Non sapeva come questo potesse essere capace di guardarsi allo specchio, vedere il riflesso del fratello che non c’era più ed andare avanti. Per quanto diversi, per quanto facili da riconoscere per Liv, ogni volta che lei guardava la figura di Nikolaj Mordersonn, questo gli ricordava Jacob e le provocava un dolore fortissimo con il quale non era capace di sopravvivere. E per quei sentimenti contrastanti lei li perse, perse entrambi: Jacob perché era morto, Nikolaj perché l’aveva irrimediabilmente spinto via da sé, forse nel momento in cui aveva più bisogno di lei e lei, non era in grado di dargli la sua vicinanza.
    Non era facile ad imbarazzarsi Liv, era abituata a tenere testa alle persone, era abituata a controbattere e ad essere guardata con desiderio, dato anche il lavoro che faceva e la quantità di testosterone che gravitava alla B-Side, eppure quello sguardo era diverso. Era silenzioso e carico di emozioni, era privato, legato a ricordi che Liv non poteva toccare. Così, per togliersi dall’impiccio e dalle possibili guance rosse, la ragazza decise di accompagnare Julian a fare il giro della palestra, fino a quando non lo salutò davanti agli spogliatoi. Lì davanti, ebbero la sfortuna di incontrare Maciste, l’omone tutti muscoli e poco cervello che da qualche settimana li faceva faticare per quel suo essere un po' rissoso. Suo zio glielo aveva segnalato, per evitare che ci fossero quei problemi che loro, nella loro palestra, non volevano neanche sentire di avere. Erano piuttosto tassativi su questo e siccome fortunatamente non avevano problemi di iscrizioni e clienti, potevano vantare il vezzo di poter scegliere la loro clientela e quindi, perderne anche alcuna che per loro non valeva la pena mantenere. Li salutò, lasciandoli alla loro libertà, prima di tornare dalle sue ragazze a finire il corso di quella giornata. Allora ragazze? Dove eravamo rimaste? Siete pronte a far tremare i vostri sederi e a far ballare i vostri muscoli? Riiiitmmo! esclamò, prima di riprendere la sua posizione davanti a tutte le sue allieve, alzare la musica ed aumentare il ritmo per quello step finale del corso. Hop! Più veloce, più veloce! Dai che ci siamo quasi, mancano pochi secondi prima dello stretching! ammise, facendo vedere le ultime mosse, prima di far sdraiare le ragazze per l’allungamento di consuetudine che per Liv, era importantissimo. Ci vediamo alla prossima e vi raccomando, sempre più cariche! le salutò, sul ciglio della porta che divideva la zona delle attrezzature, da quella dove tenevano i corsi. Liv meno male, stavo venendo a chiamarti. Paul sta dando giù di testa oggi, anche prima negli spogliatoi era su di giri ed adesso sta dando filo da torcere al tipo nuovo. Uno dei ragazzi che da più tempo frequentava la palestra e che, sapeva bene i pensieri dei suoi proprietari, corse ad avvertire Liv in merito alla situazione che stava iniziando a degenerare in palestra. Ok, ti ringrazio. Puoi vedere se riesci a trovare mio zio per favore? chiese, prima di congedarsi e raggiungere i soggetti della lite in palestra. Quando arrivò, potè sentire la tensione nell’aria, anche nella voce di Julian che stava cercando in qualche modo di chiudere il discorso, provocando a sua volta però "Ora, per favore, vorrei allenarmi. Non darmi una ragione per odiarti davvero" Ragazzi per favore, basta. Direi che è il momento di una bella doccia fredda per calmare i bollenti spiriti, eh? disse, avvicinandosi a Maciste, senza avere paura della sua stazza sono appena arrivato e non ho intenzione di andarmene. Piuttosto lui, è appena arrivato e già vanta pretese provocò ancora, alzando il mento verso il ragazzo moro che ormai, era separato dall’omone grazie alla figura di Liv Non provocarmi e non continuare a provocare. Ti ho detto che è l’ora di andare a fare una bella doccia fredda e se ti va bene, è così, altrimenti puoi prendere le tue cose ed incamminarti verso l’uscita decretò decisa lei, prima di attirare uno sguardo cagnesco dell’omone. Non provocarmi anche tu la minacciò appena lui, prima che Liv alzasse il suo sguardo in quello di lui, decisamente poco spaventata Non provocarmi tu, sai benissimo che posso metterti a tappeto come e quando voglio.. non ho voglia di farti fare un’ulteriore brutta figura, che mi pare tu l’abbia già fatta a comportarti in questo modo. Sai benissimo che questi comportamenti non sono accettati nella nostra palestra e se vuoi continuare ad allenarti qui, è bene che torni sulla buona strada ammise lei, prima di lasciare il seguito del discorso a suo zio che, era finalmente arrivato. Liv era riuscita, con il corso degli anni, a creare una sorta di aurea di rispetto nei suoi confronti, anche grazie a quella particolarità che la rendeva avvantaggiata rispetto ad ogni suoi possibile sfidante, anche quelli più grossi. Julian, puoi venire un attimo? lo chiamò da una parte, allontanandolo quidni anche da suo zio e da Maciste. Volevo scusarmi per la situazione, purtroppo certi soggetti nelle palestre capitano ma spero di aver arginato il problema per tempo e raramente non riuscivano a farlo, erano molto attenti verso i propri clienti qua non sono accettate le risse ed i comportamenti maleducati, è una delle clausole che facciamo firmare nel nostro contratto con relativa possibilità di recessione da parte nostra, del contratto se l’iscritto si comporta in modo scorretto. spiegò direi che non è stato proprio un primo giorno fortunato.. prima non hai trovato nessuno alla reception, poi ti hanno provocato.. spero vivamente che per le prossime volte vada meglio! ammise, cercando di sorridere per quanto mortificata della situazione.
     
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5 replies since 29/1/2020, 17:38   160 views
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