Sand and Freedom

20 Gennaio 2020 - Kaja x Erik

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    Kaja Linn Ellestad

    Lunedì 20 Gennaio 2020, ore 15.40

    Infilò velocemente un vestito sui toni del marrone chiaro con una trama a trecce sul davanti dal sapore di gita in montagna, in completa antitesi con il luogo in cui aveva appuntamento con Erik. Un sorriso labile si apostrofò sulle sue labbra e sparì subito non appena Inga le ricordò di essere in ritardo. Kaja prese i suoi stivali scamosciati e li indossò con la puntuale goffaggine che si affacciava nei momenti meno adatti. Quando fu finalmente pronta corse verso l’ingresso dove prese dall’appendiabiti la sua giacca color vinaccia opaco e la solita borsa nera grande e capiente. Fece un cenno col capo a Inga e si precipitarono giù per le scale, la sua amica si era offerta di darle un passaggio allungando un po’ il percorso per arrivare alla casa in campagna dei suoi genitori. Inga era originaria della periferia di Besaid, ma sin da piccola sognava una casa in centro come quella che condivideva con Kaja ed era riuscita ad ottenerla col suo lavoro al Blue River. Quel ristorante era il luogo dove le due ragazze avevano suggellato la loro amicizia. ”Credi che Erik ormai sia abituato ai miei ritardi cronici? Forse dovrei mettere tutti gli orologi di casa dieci minuti avanti!” disse col fiato corto mentre saliva in macchina e sbatteva la portiera sgraziatamente per la fretta. Prese il telefono e scrisse ad Erik che stava partendo in quel momento di casa, emise un sbuffo mentre sbloccava lo schermo perché i capelli cremisi le scivolarono davanti agli occhi, cercò di scacciarli soffiando verso l’alto, ma dovette allontanarli con la mano libera per avere la visuale sgombera. ”Speriamo non ci sia troppo traffico per strada!” Kaja scosse la testa e si affrettò a inviare il messaggio che aveva già digitato. ”Sei agitata per questa uscita o sbaglio?” Inga mise in moto e partì sgommando, aumentando la velocità dell’andatura della macchina senza mai rallentare. ”Perché lo dici?” aggrottò la fronte domandandosi davvero cosa le desse da pensare che qualcosa la rendesse nervosa. Effettivamente era vero che da quando il rapporto tra lei ed Erik era cambiato sentiva una stretta allo stomaco prima di raggiungerlo, ma non era affatto una sensazione negativa, era quella piacevole ansia che precedeva un appuntamento. Che strano anche solo pensare a quell’ultima parola, fino a qualche mese fa quando si incontravano entrambi si definivano buoni amici o compagni di amnesia visto che entrambi soffrivano dello stesso disturbo ereditato dopo aver lasciato la città. Tutti tranne loro sapevano che allontanarsi da Besaid avrebbe comportato la perdita di ogni singolo ricordo e di conseguenza di tutte le persone che avevano costellato la loro vita in passato. Il destino aveva scritto per loro una storia particolare tra le sue pagine, li aveva fatti incontrare durante gli anni del liceo per poi separarli per moltissimi anni prima di farli ritrovare spogliati degli abiti del loro passato. Si erano incontrati come due anime nude libere di essere se stesse senza condizioni, chi erano diventati dopo tutti quegli anni se lo stavano dimostrando passo dopo passo e giorno dopo giorno. Kaja sospirò prima di ritornare coi piedi a terra dove c’era Inga che straparlava e lei non aveva ascoltato quasi nulla del suo monologo. ”…insomma è SOLO Erik, per l’amor del cielo!” esclamò la sua amica mentre cambiava la marcia con sicurezza. Kaja deglutì rumorosamente non sapendo esattamente come risponderle senza farle capire che aveva sentito solo l’ultima frase che aveva pronunciato. Chissà per quanto tempo il suo sguardo si era perso altrove assieme alla sua mente che aveva preso il volo per lidi lontani. ”Inga tu esageri come sempre, non sono agitata perché sto per vedermi con lui…” si fermò per un istante di troppo che permise alla sua amica di farle la domanda da cui sfuggiva da giorni, non con se stessa, era piuttosto certa di ciò che sentiva, ma non voleva dirlo a voce troppo alta per paura che svanisse tutto come una bolla di sapone scoppiata dalle dita di un bambino. ”Ti piace sì o no?” senza mezzi termini quella domanda l’aveva colpita come un pugno in pieno petto. Per un istante regnò sovrano il silenzio a meno che il rumore dei pensieri che le vorticavano nella mente non potessero emettere dei suoni, allora quel trambusto sarebbe stato il padrone dell’atmosfera. ”Io… sì, per la miseria! Mi stai facendo impazzire, mi chiedi se mi piace Erik a sorpresa da settimane! Ieri persino appena uscita dalla doccia mi hai fatto un agguato! Sì provo qualcosa per lui, sei più felice ora?” emise un verso stizzito e liberatorio al contempo, sentiva le guance calde e molto probabilmente era arrossita contro la sua volontà come accadeva troppo spesso ultimamente. Appoggiò la fronte al finestrino al lato del passeggero e si voltò a guardare il paesaggio che scorreva veloce in un gioco di contorni confusi e colori senza confini. Un altro sospiro e rimase di nuovo in silenzio mentre la sua amica esultava per la sua ammissione. ”FINALMENTE! Stavo aspettando un tuo sì da giorni! Si vede che sorridi ogni volta che parli di lui… vai e spacca tutto stronzetta!” Inga aveva l’espressione euforica come un bambino rinchiuso dentro un negozio di caramelle senza lucchetti a frenare il suo desiderio di zucchero. Continuò ancora per un po’ ad esprimere la sua approvazione finché non si accorse che Kaja partecipava meno di quanto avrebbe dovuto. ”Inga io non voglio farmi illusioni, le cose sono cambiate da così poco tempo che non volevo parlartene per questo. Sappiamo entrambe che sei testarda e che non accetti un no come risposta, però a volte dovresti imparare quando smettere. Io sono contentissima di uscire con Erik e sì ho le farfalle nello stomaco, ma voglio aspettare prima di rendere tutto ufficiale. Non sono come te e lo sai…” mentre pronunciava quelle parole la macchina decelerava adagio, erano arrivate a destinazione, infatti pochi metri dopo Inga premette fino in fondo il pedale del freno e tirò verso l’alto quello manuale. Si voltò verso Kaja e l’abbracciò forte dandole un bacio sulla fronte. ”A volte mi dimentico che su queste cose sei più timida di me, scusa. Sei come una sorellina per me e vorrei che mi dicessi tutto, ma prometto che proverò a essere meno invadente. Adesso va e fammi sapere tutti i dettagli succulenti… magari anche come bacia!” entrambe scoppiarono a ridere, Kaja spinse via Inga con aria divertita, scosse il capo slacciandosi la cintura di sicurezza. Scese dalla macchina e prima di richiudersi la portiera alle spalle disse: ”Anche tu sei come una sorella per me… dalla lingua lunga!” fece l’occhiolino alla sua amica e se ne andò via correndo con una risata leggera nell’aria e nel petto. Percorse velocemente il marciapiede e poi il sentiero fatto di assi di legno che conducevano alla spiaggia selvatica, lei ed Erik non si erano dati appuntamento in qualche stabilimento affollato, avevano optato per qualcosa di più tranquillo. Kaja velocizzò il passo alla fine della stradina e inciampò nel punto in cui si interrompevano le assi di legno, non si aspettava che ci sarebbe stato un piccolo gradino ad aspettarla prima di mettere piede sulla spiaggia. Cadde in avanti riuscendo ad attutire l’impatto con le mani e con le ginocchia, era a carponi quando sollevò lo sguardo davanti a se’ e vide Erik andarle incontro. ’Accidenti!’ l’aveva vista e ormai era troppo tardi per rimettersi in piedi in fretta e furia fingendosi una meravigliosa donna aggraziata. Sapeva di essere una persona goffa e lo aveva accettato da diverso tempo ormai, così si mise in ginocchio e attese che il ragazzo fosse davanti a lei prima di accennare qualche scusa per la grazia che Madre Natura si era scordata di donarle alla nascita. ”Volevo provare un nuovo modo di salutare, alla giapponese, sai con l’inchino e tutto. Credi che mi sia riuscito bene?” una risata spontanea le risalì la gola fino ad uscire allo scoperto nell’aria fresca dell’inverno. Kaja si rimise in piedi spolverandosi gli abiti con le mani per togliersi di dosso i granelli di sabbia, certa che quando sarebbe tornata a casa quella sera ne avrebbe trovata altra in punti impensabili. Quando fu certa di essere pulita, almeno superficialmente, puntò gli occhi cerulei in quelli di Erik rivolgendogli un sorriso incurvato verso il cielo. ”Ciao…” sussurrò prima di avvicinarsi a lui e lasciargli l’impronta di un bacio dolciastro sulle labbra appoggiandogli la mano destra sul viso. Si allontanò di poco da lui per guardarlo di nuovo, il silenzio danzava delicato col vento prima di essere infranto in minuscoli frammenti dalle loro parole. ”Ho portato dei muffin sfornati questa mattina e se sono sopravvissuti alla caduta non dovrebbero somigliare a delle frittelle!” sollevò il braccio sinistro mostrando la sua borsa che conteneva quelle che sperava essere ancora delle prelibatezze. Si lasciò andare all’ultimo accenno di risatine dovuto alla caduta di prima, ancora faticava a rimanere completamente seria un’impresa davvero ardua. Kaja ed Erik si avviarono insieme verso la riva, stavolta lei cercò di stare molto attenta a dove metteva i piedi ed arrivò a destinazione ancora in piedi. ”Visto che se m’impegno riesco anche a sembrare una persona con un minimo di coordinazione?” l’autoironia era qualcosa che aveva appreso col tempo e che la faceva stare bene con se stessa, non aveva sempre trovato semplice accettare quella parte sconclusionata di se stessa che non capiva fino in fondo. In apparenza era una ragazza attraente e piena di grazia, poi quando si metteva in moto succedeva sempre qualcosa di buffo o disastroso (in senso buono). Quella dicotomia era l’emblema della sua vita che si contraddiceva in tutto, soprattutto in ciò che lei non sapeva di se’. ”Perché non mi racconti la tua giornata mentre io cerco quel che resta dei muffin nella borsa?” una fugace occhiata al viso di Erik che più passava il tempo e più si faceva familiare, prima di mettere le mani nella sua borsetta nera. Prese il contenitore celeste di plastica in cui aveva riposto i dolci, lo aprì e poi lo avvicinò al ragazzo sorridendogli raggiante. ”Sai mi hanno detto che dovrei provare a fare la cuoca nella vita…” gesti semplici, parole leggere e felicità tascabile. Potevano rimanere così per sempre?

    Edited by Aruna Divya - 14/2/2020, 21:04
     
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    Era da qualche settimana ormai che lui e Kaja avevano iniziato a frequentarsi non più soltanto come amici. Tutto era cominciato in maniera molto spontanea, senza neanche farci caso. Sentirsi simili in una situazione di disagio, sentirsi vicini per quello che entrambi stavano passando, li aveva aiutati a stringere velocemente un ottimo legame e a cercarsi a vicenda, spesso, per sentirsi meno diversi. Era a lei che si rivolgeva infatti quando la solitudine e il senso di vuoto lo avvolgevano, alla ricerca di un’amica che sapesse comprenderlo. Soltanto lei sembrava sempre avere le parole giuste, leggere nei suoi pensieri e nei suoi gesti come nessun altro in quella città era in grado di fare. Era come se fossero le due metà di uno specchio, che si riflettevano l’un l’altro trovando la propria esatta faccia dall’altra parte. Era bello, era come sentire di appartenere di nuovo a qualcosa, a qualcuno ed era una sensazione che da tempo non riusciva più a provare. Kaja era come un raggio di sole in mezzo al cielo più nero, in grado di dargli conforto e speranza, gioia, anche nei momenti che sembravano più difficili. Trovava sempre dei motivi per sorridere, le parole adatte per sdrammatizzare qualunque cosa e la sua aria tranquilla e perennemente in pace con se stessa lo aiutava a mantenere la calma, ad essere tranquillo a sua volta. Lui non aveva mai avuto un carattere privo di spigoli e in alcune occasioni questo veniva fuori con una forza e un’irruenza che non gli sembravano quasi neanche sue. Gli era capitato, in quei due anni, di avere qualche problema con delle risse all’interno dei pub perché qualcuno diceva la cosa sbagliata al momento sbagliato. Per fortuna da quando era arrivato a Besaid la situazione sembrava essersi calmata ma continuava a temere che, presto o tardi, avrebbe finito con il cacciarsi in qualche altro guaio. Sapere che esistevano tanti angoli bui nel suo passato, tante cose che non conosceva e che avrebbero potuto aiutarlo a comprendersi un po’ di più non aiutava a stare bene. A volte sentiva una gran voglia di prendere la prima cosa che gli capitava sotto tiro e lanciarla contro i muri dell’appartamento che lui e il suo migliore amico avevano presto in affitto, ma quando era sul punto di farlo capiva che distruggere ogni cosa si fosse comprato con tanti sacrifici non lo avrebbe certo aiutato a stare meglio. Quindi, quando pensava di non farcela, quando sentiva di avere bisogno di qualcuno, prendeva il suo telefono e scriveva un messaggio a Kaja e poi restava in attesa di una sua risposta. Era come se la sua presenza fosse divenuta per lui persino più necessaria dell’aria. Sorrise quindi mentre, davanti allo specchio, sistemava il colletto della sua camicia. Non era il loro primo appuntamento ma ci teneva comunque ad un minimo di eleganza. Per quel giorno avevano deciso di incontrarsi direttamente sulla spiaggia per godere del clima meno gelido e prendere i raggi di quel primo sole che splendeva tiepido nel cielo. Era abbastanza abituato a quel clima dato che non ricordava di essere mai stato lontano dalla Norvegia, mentre lo stesso non si poteva forse dire della sua ragazza, che aveva viaggiato parecchio negli anni trascorsi lontano da Besaid. Stavano piano piano imparando a conoscersi di nuovo, ad esplorare quel nuovo lato di loro stessi senza bisogno di dover necessariamente fare riferimento a chi erano stati in passato. Nessuno dei due ricordava qualcosa, quindi non c’erano silenzi imbarazzanti, occhiate torve, apprensione. Potevano guardarsi senza vedere nient’altro che ciò che erano in quel momento e questo era terribilmente liberatorio per lui.
    -Un altro appuntamento? - lo prese bonariamente in giro il suo migliore amico, affacciandosi alla sua porta e lanciandogli una lunga occhiata, prima di sorridere. Non avevano ancora parlato di cosa fare una volta conclusi i concerti all’Egon Pub ed entrambi stavano cercando di evitare l’argomento, forse preoccupati di quella che poteva essere la scelta dell’altro, di che cosa avrebbero fatto se, per la prima volta, si fossero trovati in disaccordo. Anche se non ricordavano ogni dettaglio del loro passato sapevano, anche per quando Ophelia e altre persone gli avevano raccontato, che erano sempre stati inseparabili. Il loro legame si era evoluto in quegli anni insieme, avevano reimparato a sentirsi come fratelli, o forse quella sensazione non era mai cambiata davvero e quindi l’idea che qualcosa potesse mutare spaventava entrambi tanto da non farli parlare. Gli sorride, guardandosi un’altra volta allo specchio, prima di prendere la sua giacca di pelle, che aveva abbandonato su una sedia la sera prima e infilarsele. -Non piangere troppo, ti prometto che torno a casa stanotte. - lo prese un po’ in giro, ridacchiando appena, beccandosi un gestaccio da parte dell’altro, che si scostò di lato per lasciarlo uscire dalla sua camera. Gli diede una pacca amichevole sulla spalle e poi, dopo aver recuperato le chiavi dell’auto, aveva fatto di corsa le scale per poi guidare fino alla spiaggia. Era una bella giornata, il lieve tepore era piacevole e non vedeva l’ora di puntare lo sguardo su Kaja, sulla chioma rossa che le dava un’aria ancora più vivace. Nel ricordo che aveva avuto di lei la prima volta che si erano incontrati l’aveva vista con i capelli di un altro colore, ma trovava che quel nuovo look le donasse parecchio. Sembrava più allegra, più spensierata, più se stessa in qualche modo, per quanto assurdo potesse essere un pensiero come quello dato che aveva rimosso la maggior parte delle cose legate alla se stessa del passato. Ma forse era quello il segreto del vivere davvero in pace con se stessi: non avere radici, non dover avere a che fare con le opinioni degli altri, essere liberi di fare e di diventare qualunque cosa si desiderasse.
    La vide in lontananza e affrettò il passo per raggiungerla, assistendo così in maniera abbastanza diretta alla sua piccola caduta senza però essere abbastanza vicino da poterla afferrare in tempo ed evitarlo. Si mise in ginocchio, cercando di ricomporsi un minimo prima che lui riuscisse a raggiungerla, offrendole la mano per aiutarla a rialzarsi. -Ehi! - la salutò quindi, con un semplice sorriso, tenendo la mano tesa nella sua direzione mentre lei cercava di trovare una scusa per la caduta. Ridacchiò, divertito dal suo modo di cercare sempre di sdrammatizzare tutto e di trovare il lato positivo anche nelle figuracce. -Sì, direi che era perfetto, pensi che sapresti insegnarmelo? - le rispose quindi, beandosi della sua risata leggera e dandole una mano a rimettersi in piedi, aspettando poi che lei si ripulisse da alcuni granelli di sabbia e che riportasse la sua attenzione su di lui, prima di sorriderle di nuovo. Si scambiarono un veloce bacio a fior di labbra, come se fossero stati due ragazzini che ancora non erano sicuri di quello che stavano facendo, come una giovane coppia alle prime armi. Ad essere onesto in effetti quella era la sua prima relazione seria da tempo, se così poteva già definire quello che stava nascendo tra di loro. -Sei davvero bellissima. - aggiunse poi, con un dolce sorriso sulle labbra. La guardò incuriosito quando parlò di alcuni muffin che aveva sfornato quella mattina e che aveva portato con sé. -Sono sicuro che saranno buonissimi in ogni caso. - disse, in risposta alla sua preoccupazione che la caduta li avesse un po’ ammaccati e quindi rovinati. Strinse con delicatezza la sua mano, mentre iniziavano a camminare, avviandosi nei pressi della riva. L’odore di salsedine gli invase le narici, facendolo sorridere. Era piacevole sentire quel profumo che in qualche modo sapeva di casa, anche se negli ultimi tempi aveva vissuto abbastanza distanza dal mare. Era come se una parte di lui lo ricordasse e sapesse quindi ritrovarsi in quei piccoli dettagli che risalivano in maniera del tutto inaspettata. Dalla sua borsa estrasse un telo, che distese tranquillamente sulla sabbia, così da creare un appoggio più comodo per potersi sedere e restare lì, a godere il suono delle piccole onde che si infrangevano contro la riva. Si erano fermati in una posizione abbastanza vicina da poterlo osservare con attenzione, ma allo stesso tempo abbastanza lontana da evitare degli schizzi indesiderati. -Mah, sai.. niente di che. Abbiamo fatto le prove al pub e dovremmo iniziare a decidere che cosa fare perché il nostro contratto con l’Egon finirà a breve. - disse, quasi sovrappensiero, fermandosi per la prima volta a rifletterci davvero. Sarebbero andati via? O avrebbero cercato qualche altro lavoretto da svolgere in città o magari nei suoi dintorni? Quanto poteva stare distante prima di dimenticare di nuovo? E quanto a lungo? Aveva provato più volte a seguire il percorso che Ophelia gli aveva lasciato scritto su quel pezzetto di carta, ma da solo non era mai riuscito a ricomporre i pezzi. -Io e Jes dovremmo parlarne ma… temo che entrambi stiamo cercando di evitare il discorso. - le rivelò, con una leggera scrollata di spalle, mentre lei tirava fuori un contenitore celeste dalla borsa e mostrava i muffin con aria radiosa. -Sì, direi che hanno proprio ragione, sono stupendi. - le disse, depositando un altro bacio sulle sue labbra, questa volta un po’ più intenso, mentre portava una mano tra i suoi capelli rossi, per sentirla più vicina e inspirare il suo profumo per qualche momento, prima di allontanarsi con un sorriso. -Vediamo se sono anche buoni! - mormorò poi, mentre ne prendeva uno e lo addentava, senza neanche aspettare. Si lasciò andare a dei mugugni di apprezzamento, annuendo tra sé e sé mentre divorava quel dolcetto senza dire neanche una parola. -Sono buonissimi, non so davvero come fai. - ammise, fermandosi per qualche altro attimo a guardarla, continuando a sorridere. Il tempo sembrava fermarsi nei momenti che trascorrevano insieme, come se fossero stati sospesi in un luogo in cui le normali regole non funzionavano.
    -Sei poi riuscita a parlare con i proprietari del Blue River di quella faccenda? - chiese, abbassando appena la voce e guardandola con circospezione. Non aveva ancora il coraggio di dire a voce alta che quelli potevano essere i genitori di lei. Capiva come doveva sentirsi, visto che per lui era lo stesso parlare dei suoi, di genitori, ancora non era riuscito a fare il grande passo e andare a parlare con loro, ma aveva incontrato Teresa, la sua tata, qualche giorno prima. Non era andata un granchè bene, aveva retto l’incontro soltanto per qualche minuto poi aveva preferito andare via, promettendo però che sarebbe tornato e che avrebbero parlato di nuovo. Era difficile affrontare qualcuno che non faceva che parlargli di quanto fosse cambiato, di quanto le fosse mancato.
     
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    Cominciare un appuntamento con una caduta era segno di fortuna o era come se avesse appena rotto uno specchio con superstizione annessa di sette anni di sventura? Non se ne curò, si lasciò aiutare a rimettersi in piedi da Erik con un sorriso divertito sulle labbra. ”Certo che potrei insegnartelo, credo di avere una laurea da qualche parte in cadute con stile!” disse mentre si ripuliva gli abiti dalla sabbia, poi sollevò lo sguardo e si avvicinò ad Erik per lasciargli un bacio dal sapore dolce sulle labbra. Un contatto leggero come il vento che le accarezzava la pelle, ”Sei davvero bellissima!” quelle semplici parole fecero comparire un sorriso sul viso di Kaja. Quanti ragazzi le avrebbero detto che la trovavano bella dopo essere caduta a terra con innata goffaggine? Non rispose, lasciò che il suo sorriso parlasse per lei e sollevò il braccio per mostrare la sua borsa che conteneva dei muffin, sempre che non si fossero rotti nell’impatto col suolo. ”Però delle frittelle buone non era esattamente ciò che avevo in mente!” esclamò mentre si avvicinavano alla riva e con sua somma soddisfazione non era inciampata da nessuna parte. Osservò Erik mentre prendeva un telo dalla sua borsa e lo stendeva a terra per permettergli di accomodarsi, aveva scelto un buon punto sufficientemente distante dal mare per non bagnarsi, ma abbastanza vicino da ammirare quello spettacolo naturale in movimento. Kaja si sistemò vicino ad Erik e lo ascoltava parlare del suo contratto con l’Egon Pub mentre armeggiava con la borsa per prendere il contenitore che vi aveva incastrato con cura prima di uscire di casa. Per qualche istante gli unici rumori erano la voce del ragazzo e l’infrangersi delle onde sulla riva, era un argomento spinoso quello che stava affrontando, si parlava di un futuro non troppo lontano che avrebbe potuto far tremare il presente. ”Non è un discorso facile, non è come lasciare una qualunque città. Dimentichereste tutto quello che avete vissuto qui, dimenticheresti anche me…” un bagliore scuro negli occhi di Kaja, veloce come il riflesso di un passante su uno specchio. ”Però dall’altra parte se la musica è la vostra vita, qui sareste limitati, non avreste possibilità di andare oltre Besaid e di farvi conoscere dal mondo intero. Cosa ti dice questo?” si allungò per arrivare a tamburellare con due dita sul petto di Erik proprio all’altezza del cuore per poi allontanarsi di nuovo aprendo il contenitore di muffin che fortunatamente non si erano rovinati con la sua caduta. ”Sì, direi che hanno proprio ragione, sono stupendi.” a quelle parole seguì un bacio più profondo, per pochi secondi le regole della gravità si annullarono, ogni singolo arto del suo corpo si sentiva leggero come se fluttuasse. Kaja si ricordò di prendere fiato solo quando le loro labbra si allontanarono. ” Vediamo se sono anche buoni!” Erik afferrò un muffin e dopo averlo assaggiato le fece i complimenti, divorando il dolce in pochi morsi. Quello era uno dei motivi per cui aveva deciso di diventare chef, il cibo era in grado di allontanare ogni ombra dalla vita di una persona anche se solo per poco tempo. Durante i corsi che aveva frequentato all’estero le era stato detto che esisteva una psicologia dei sapori e che ciò che si mangia lascia addosso una sensazione ben precisa sulle persone, anche su quelle che da ferventi atei del sentimentalismo dicono di aver ingerito del semplice cibo. Il professore di Cucina Teorica aveva spiegato durante una delle sue lezioni che i dolci erano il cibo del conforto e dell’affetto perché il primo sapore che un essere umano impara a conoscere è quello del latte materno che è dolce. Kaja cercava sempre di trasmettere un’emozione attraverso ciò che cucinava, assaggiando sempre per prima ciò che metteva nel piatto degli altri perché voleva lasciare un segno di se’ sul palato della gente.
    ”Sono molto contenta che ti piacciano!” posò sul telo il contenitore e prese un muffin anche per se’. Mentre addentava il dolce notò il sorriso di Erik che non si sarebbe mai stancata di guardare, le trasmetteva serenità, non era in grado di spiegare a parole quella sensazione di benessere che le dava quel ragazzo. Erik era il suo luogo sicuro, come una baita calda e accogliente in una foresta innevata, poteva non avere senso eppure era proprio così. In sua compagnia non si sentiva la ragazza goffa che sapeva di essere, era libera di sbagliare senza essere giudicata e di non ricordare nulla dei loro vecchi trascorsi senza sentirsi spinta verso un burrone il cui vuoto sottostante non era altro che il suo passato. ”Sei poi riuscita a parlare con i proprietari del Blue River di quella faccenda?” eccolo lì il suo loop temporale, non aveva idea di come fosse stato possibile, ma era tornata a lavorare dopo ben sette anni di assenza nel luogo da cui era accuratamente scappata. Rimase in silenzio finendo il suo muffin, spostò il suo sguardo verso il Mare del Nord che si muoveva in una danza impetuosa tra il largo e la riva, onde increspate dal vento leggero che sospingeva la marea avanti e indietro. ”Non ancora, prima di farlo volevo chiedere qualche informazione in più all’agente Bryne. Sto rimandando da troppo tempo questo incontro col passato.” alzò gli occhi cerulei verso Erik per incontrare i suoi scuri, lasciando che cielo e terra si unissero in uno sguardo. ”Quando ho avuto quel problema coi miei vecchi documenti mi ha detto che in Centrale di Polizia hanno un fascicolo su di me. Dovrei leggerlo, ma non ho il coraggio. Sono mesi che ho appreso la verità sui miei genitori e ancora non ho fatto alcun passo utile. Sai cosa mi spaventa? Non sapere che tipo di persone potrei trovarmi davanti, so di essere scappata perché ero diventata la loro marionetta… e se fosse per una loro particolarità? Devo saperne di più prima di incontrarli…” si mise in ginocchio per avvicinarsi di più ad Erik, si sedette di nuovo e poi lo abbracciò poggiando il naso sull’incavo del suo collo tracciando linee invisibili sulla sua pelle. ”A volte penso che andarsene di nuovo da qui sarebbe la cosa migliore da fare, non dover affrontare i conti che ho lasciato in sospeso sette anni fa, ma poi penso a tutte le belle persone che ho incontrato e a ciò che ho qui e non riesco a scappare. Succede anche a te? Anche ora che devi decidere se lasciare la città per la musica?” gli stampò un bacio soffice sulla mandibola scendendo adagio lungo tutto il collo, si fermò al limitare della giacca e si discostò leggermente per posargli le labbra sul mento facendole vibrare contro di esso. Iniziò a ridere di gusto, la sua voce echeggiava nel silenzio della spiaggia dove loro due erano gli unici avventori. ”Scusa, non ho resistito…” sul viso l’espressione di una bambina monella che aveva appena fatto qualche danno e un sorriso divertito che sembrava un raggio di sole sulla sua pelle.”E tu invece? Notizie di quel messaggio di cui mi parlavi qualche giorno fa? Teresa ti ha risposto?” gli circondò il collo con le braccia e inclinò la testa di lato per guardarlo negli occhi, sapeva che anche lui aveva dei fantasmi provenienti dal passato da affrontare in quella città. Chi meglio di lei poteva capire come si sentiva? Avevano quell’amnesia in comune che gli rendeva più facile aprirsi su certi argomenti, non dovevano impegnarsi a trovare delle scuse plausibili per ogni cosa che pronunciavano. Se Erik le diceva di aver incontrato qualcuno che pretendeva di conoscerlo, ma di cui lui non sapeva nulla non si sarebbe mai sognata di dirgli ‘forse il problema sei tu’, anzi lo avrebbe incitato a informarsi se lo riteneva importante, altrimenti di lasciar correre tutti quei fantasmi che gli passavano accanto. Kaja sapeva che la loro condizione non era semplice, ma sapevano di non essere soli contro il mondo. Quell’amnesia l’avrebbero affrontata insieme, passo dopo passo percorrendo la strada del presente che portava alla città del futuro.

    Edited by Aruna Divya - 17/4/2020, 21:15
     
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    Era impossibile annoiarsi insieme a lei, era sempre così allegra e solare da riuscire a portare il buon umore ovunque andasse e lui si lasciava spesso trasportare da quelle sensazioni, da quel buon umore inestinguibile che la caratterizzava. Anche il modo in cui riusciva a scherzare sui piccoli incidenti che le capitavano, su quei momenti vagamente imbarazzanti che avrebbero buttato giù chiunque, ma non lei. Sorrise anche lui quindi mentre lei si rimetteva in piedi, per poi controllare lo stato dei suoi muffin all’interno della borsa, prima di seguirlo verso una zona un po’ più vicina alla riva del mare, dove si accomodarono per stare un po’ tranquilli. Non avevano fatto chissà quali programmi per quella serata, in effetti non erano soliti farli e lasciavano che tutto procedesse senza stare troppo a pensarci. Gli piaceva la spontaneità che trovava in lei e quella con cui riusciva a risponderle e per questo aveva preferito non mettere paletti, non chiedersi se stessero andando nella giusta direzione o se invece avrebbero fatto meglio a rallentare, a pensare. Era stufo di riempirsi di domande, di stare sempre a chiedersi se non fosse meglio fare qualcosa di diverso, se non sarebbe stato forse meglio persino evitare di tornare in quella città. Insieme a lei si sentiva come se finalmente potesse mettere da parte quegli interrogativi, evitare di chiedersi se avesse ferito qualcuno, se ancora lo stava facendo. Si trovava a suo agio insieme a lei ed era quindi semplice discutere anche degli argomento più complessi, spinosi, come ad esempio che cosa fare una volta liberi del contratto con l’Egon Pub. Annuì quando lei gli fece presente che se fosse andato via avrebbe dimenticato tutto una seconda volta e avrebbe dimenticato anche lei. Lo sapeva bene ed era proprio per quelle persone che aveva scoperto o forse ritrovato che gli veniva così difficile pensare la sua vita lontana da quella cittadina. Ed era anche vero che in quella cittadina forse non avrebbero avuto modo di sfondare con la musica, di farlo diventare davvero un lavoro remunerativo, ma avrebbe trovato una soluzione. Sorrise, quando tamburellando con le dita sul suo petto Kaja gli chiese cosa gli diceva il suo cuore a riguardo. Non ne era sicuro, o forse semplicemente non riusciva a capirlo. -Qualcuno mi ha detto che prima di partire ero una persona abbastanza testarda, che riusciva sempre a ottenere quello che voleva. - le spiegò, con un sorriso sulle labbra mentre prendeva delicatamente la mano di lei. -Quindi.. immagino che riuscirò a trovare un modo per far funzionare tutto. - continuò, con aria vagamente pensosa, mentre per un attimo si perdeva nell’osservare il mare. -Hai idea di quanto tempo passi, esattamente, prima di dimenticare? - le chiese, visto che quello era uno dei punti ancora poco chiari nella sua mente. Magari potevano effettuare piccoli spostamenti, cercare anche qualche lavoretto appena fuori città così da non sentirsi necessariamente imprigionati e avere voglia di scappare.
    Assaggiò quindi uno dei suoi muffin, rimanendo quasi sorpreso dalla loro bontà. Sapeva che Kaja era molto brava in cucina ma ancora non aveva sperimentato anche la sua maestria con i dolci e quindi non si fece problemi ad esprimerle tutto il suo apprezzamento. Tra un boccone e l’altro quindi tentò di chiederle degli aggiornamenti riguardo il discorso che avrebbe voluto fare con i proprietari del ristorante in cui lavorava. Annuì appena quando lei gli fece il nome dell’agente che per primo le aveva detto qualcosa sul suo conto, sul suo passato. Se tuttavia il suo primo ricordo di Kaja era stato allegro, pacifico, sembrava invece che il suo rapporto con quell’uomo non fosse stato altrettanto tranquillo. Anche Erik, come lei, non faceva che rimandare le scoperte sul suo passato. Aveva trascorso una sera intera a fissare il numero della sua vecchia baby sitter, cercando di decidere che cosa fare. Le risposte che cercava probabilmente erano soltanto a un passo da lui eppure non era certo di volerle avere. E se la persona che era in quel momento fosse stata molto diversa da quella che si era lasciato alle spalle? Come si sarebbe sentito di fronte ad una verità troppo scomoda da accettare da solo? E poi c’era Ophelia e tutte quelle canzoni che aveva scritto, forse pensando a lei. Aveva paura di immergersi in quel mare di ricordi perché non sapeva che cosa avrebbe portato con sé una volta tornato in superficie. Continuò ad ascoltarla, mentre parlava di quel fascicolo che avevano in Centrale su di lei e che avrebbe dovuto leggere, anche se ancora cercava il coraggio di farlo per paura di quello che avrebbe potuto scoprire sui suoi genitori. Temeva che ci fosse qualche strana particolarità da cui tenersi alla larga, un pericolo di cui non era a conoscenza, ancora. -Se hai bisogno di compagnia, se non vuoi... leggerlo da sola, ecco... posso raggiungerti quando deciderai di farlo. - si offrì, con un leggero sorriso, accogliendola tra le sua braccia quando lei cercò conforto in un abbraccio, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. Non era certo di essere bravo in quel genere di cose, anzi, in quegli anni si era reso conto di essere una frana nel consolare le persone, ma poteva quanto meno restare lì, accanto a lei, per farle capire che non era sola e che non doveva affrontare tutto da sola. Necessitò di prendere un respiro più profondo quando lei avanzò l’ipotesi di andare via, per evitare di affrontare tutto ciò che aveva lasciato in sospeso sette anni prima, per poi cambiare idea quando pensava a ciò che avrebbe perso di nuovo. Annuì appena, prendendosi qualche altro istante prima di rispondere. -Già, in parte sarebbe più semplice, evitare di fare i conti con il passato. Dopotutto se siamo andati via ci sarà stato un motivo no? - domandò, più a se stesso che a lei, visto tra i due lui era l’unico a non avere una risposta a quella domanda. Lei aveva lasciato dietro di sé delle tracce, dei messaggi.
    Ridacchiò appena quando lei emise quello strano verso contro la sua mandibola, che la fece ridere a sua volta, catturandola in un abbraccio appena più stretto. -Per questa volta sei perdonata. - scherzò, quando lei chiese scusa per quel gesto forse un po’ infantile, fatto sicuramente per smorzare la tensione che era divenuta palpabile nell’aria davanti a quegli argomenti un po’ più spigolosi. -Si le ho scritto che vorrei incontrarla uno di questi giorni e lei si è mostrata molto disponibile. - spiegò, mentre fu il suo turno di puntare lo sguardo sul mare e perdersi quasi tra le onde, come se volesse far viaggiare la sua mente lontano da quello di cui stava parlando. -Ma non le ho ancora risposto, non ho ancora pensato a un giorno preciso. - le spiegò, stringendosi appena nelle spalle ed emettendo un leggero sbuffo. -Sto usando lo scusa del lavoro e del poco tempo libero ma… la verità è che ho paura di quello che potrebbe dirmi. - ammise infine e si sentì come se finalmente si stesse togliendo un peso che si era portato sulle spalle per tutto quel tempo, qualcosa che non aveva voluto ammettere neanche a se stesso. -Penso che la mia partenza non fosse organizzata, o programmata, come la tua. Penso che sia stato un caso, un errore. - rivelò, abbassando appena il capo sul telo che stava proprio sotto di loro, mentre prendeva un respiro più ampio, nel lasciare andare quelle parole. -Quindi.. credo di aver lasciato molte questioni aperte, di non aver salutato nessuno e… potrei scoprire di dover chiedere scusa a molte persone, di doverne affrontare più di quante vorrei. - terminò, spiegandole che cosa era stato a fermarlo per tutto quel tempo, a farlo quasi desistere dall’idea di scoprire la verità. -Ma credo entro la prossima settimana fisserò un incontro, è ora ormai di sapere la verità. - disse, cercando di convincere anche se stesso attraverso il tono serio che aveva appena usato per dirle quello che gli passava per la testa da un po’.
    Diede un’altra occhiata alle onde, al mare poi, con un sorrisetto appena divertito sulle labbra prese Kaja tra le braccia, alzandosi piano, per non farla cadere, continuando a tenerla stretta. -Sai che c’è? - le chiese, mentre avanzava lentamente verso la riva. -Credo di avere proprio voglia di un bagno. - confessò, prima di accelerare il passo, prendendo appena la rincorsa prima di buttarsi in acqua insieme a lei, completamente vestito, incurante della sciocchezza che stava facendo. Aveva bisogno di fare qualcosa di sciocco, qualcosa che gli permettesse di staccare la spina, si sarebbero preoccupati dopo di non prendersi un malanno, per il momento invece potevano semplicemente pensare a schizzarsi.
     
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    Parlare del futuro faceva paura e allo stesso tempo aveva il sapore di un’avventura, entrambi in quel momento stavano cercando di sbloccare il proprio presente per poter andare avanti e far sì che le conseguenze delle loro scelte li portassero dalla parte giusta. Non era facile affrontare quegli argomenti così spinosi, eppure tra di loro non c’erano enormi barriere a rendere difficile la comunicazione. Era inspiegabile la naturalezza con cui parlava dei suoi genitori con Erik, a volte faticava ad esprimersi persino con Inga che era la sua migliore amica, invece con quel ragazzo era semplice come respirare. Kaja ed Erik erano seduti su un telo in riva al mare, respiravano la salsedine e la quiete della spiaggia deserta, mentre le loro parole volavano sulla scia del vento leggero. ”Chi ti ha detto che eri una persona testarda?” chiese inclinando la testa da un lato mentre armeggiava con la scatola dei muffin, ”Secondo me non eri così, bensì lo sei ed è questo quello che conta. Non è facile mettere insieme le due parti, ma a me pare che ancora oggi tu sia una persona che non si arrende davanti al primo ostacolo, sono certa che sceglierai ciò che ti renderà felice. Mi dispiacerebbe perderti di nuovo, eppure credo fermamente che la strada giusta sia solo quella che ti permetterà di realizzarti… suona un po’ egoistico, ma sta a te decidere chi includere nel percorso…” gli offrì uno dei dolcetti e ne prese uno per se’ mentre ascoltava la domanda successiva del ragazzo. Non era certa di saper rispondere con precisione, anche se ricordava perfettamente quella notte in cui la sua memoria venne risucchiata da un incubo.

    2 Settembre 2012
    Kaja si svegliò di soprassalto nel letto della stanza in cui viveva in affitto a Bruxelles, sentiva il cuore in agitazione che fremeva nel petto. Aveva fatto uno strano sogno in cui si gettava da una scogliera e aveva ripreso coscienza poco prima dell’impatto con l’acqua. Sospirò e iniziò a guardarsi intorno nel buio sentendo il ronzio della lampada notturna della sua coinquilina che non ne voleva sapere di rimanere accesa, a tratti illuminava la sagoma addormentata della giovane e a tratti ammantava tutto di nero, finché non si spense completamente lasciando gli occhi di Kaja persi nel vuoto. La ragazza non riusciva a capire perché sentiva che qualcosa le sfuggiva, non era un dettaglio relativo al sogno quello che cercava, era di più… molto di più. Non riusciva a ricordare per quale motivo si trovasse lì e da dove si fosse trasferita, ma soprattutto perché il suo istinto le suggerisse di scappare. Aveva una paura senza nome residente nel suo stomaco che non la lasciava andare e lei non sapeva come potersene liberare. Si rese conto che cercando a ritroso nella sua memoria tutto si fermava a una settimana prima in Irlanda, a quella vacanza che le aveva permesso di lasciare la sua città natale e i suoi tormenti. Provava a spingersi più indietro col tempo, ma i suoi tentativi di ricordare venivano respinti come una pallina in un flipper che rimbalza contro una superfice solida. Non c’era nulla prima dell’Irlanda, un vuoto senza fine che non era normale. Kaja s’infilò sotto le coperte, coprendosi fin sopra la testa col respiro affannato, forse aveva solo bisogno di riposare o forse era scossa dall’incubo in cui aveva rischiato di morire. La cosa migliore da fare era cercare di dormirci su, l’indomani avrebbe fatto delle ricerche e si sarebbe impegnata per rimettere in moto la sua mente che non voleva collaborare. Non riusciva a riprendere sonno, ma sperava che il ticchettio della pioggia che aveva appena iniziato a battere sulle finestre le fosse d’aiuto. Ci volle più di un’ora prima che riuscisse a scivolare in un sonno remoto che aveva gli odori e i sapori della vita di qualcun altro.
    …Sweet Dreams Kaja Linn…


    ”Io ci ho messo poco più di una settimana a dimenticare tutto di Besaid, vivevo a Bruxelles quando accadde. Al risveglio da un brutto sogno mi sono resa conto che non sapevo per quale motivo stavo scappando e soprattutto da chi. Però non credo che sia uguale per tutti, almeno così mi ha detto Inga." La sua coinquilina viveva a Besaid da sempre, non si era mai trasferita e sapeva tutto di quel luogo bizzarro, si poteva dire che Inga fosse la sua enciclopedia vivente sulla cittadina. Quando aveva dei dubbi si rivolgeva a lei per chiederle spiegazioni, si fidava ciecamente della sua amica, non avrebbe avuto il coraggio di parlare di certe cose con nessun altro. Anche perché sapeva che la maggior parte dei cittadini di Besaid la conoscevano in passato e in pochi parevano apprezzarla, questo era un altro punto da discutere con l’agente Bryne quando si sarebbero incontrati: che tipo di persona era prima?
    Kaja si dedicò al proprio muffin quando anche Erik lo fece complimentandosi con lei per l’ottima riuscita, quando lo finì si avvicinò al ragazzo ricercando un contatto più ravvicinato che si rivelò davvero provvidenziale quando Erik le chiese dei suoi genitori. Si lasciò abbracciare, nascondendo il viso nell’incavo del collo del ragazzo, si sentiva protetta tra le sue braccia. Inalò il profumo della sua pelle che si mescolava a quello della salsedine prima di discostarsi per guardarlo negli occhi. ”Grazie per esserti offerto di fare questa cosa con me, dico davvero.” Gli diede un bacio delicato sulla mandibola e poi sul collo prima di emettere un verso strano poggiando le labbra sul suo mento, era il suo modo di alleggerire l’atmosfera e di ritrovare un sorriso sulle labbra di entrambi. ”Per questa volta sei perdonata.” a quelle parole ridacchiò senza perdere quella luce vivace nello sguardo anche quando gli chiese notizie di Teresa, che sapeva essere un argomento delicato per lui. Lo lasciò parlare senza interromperlo, ascoltò in silenzio mentre i suoi occhi rincorrevano la sabbia sulla spiaggia che di tanto in tanto veniva sollevata dal vento. ”La verità fa paura, specie se non hai idea di quale possa essere. Ti capisco.” erano rimasti abbracciati tutto il tempo, quella vicinanza era piacevole e confortante mentre dipanavano le matasse dei loro problemi insieme. ”Credi di essere partito senza sapere che avresti perso la memoria? O forse ti è sparita prima di quanto credessi, magari sei uno di quei casi in cui il processo è più veloce.” alzò le spalle non troppo convinta di quello che aveva appena detto, per quanto Inga avesse cercato di chiarirle molti punti sulla perdita di memoria causata dall’allontanamento dalla città, c’erano ancora molte lacune nella informazioni che aveva. Poi Erik era un caso a se’, chissà per quale motivo anche lui aveva deciso di andarsene da lì, forse Teresa aveva la risposta a quell’interrogativo spinoso. Per entrambi era arrivato il momento di affrontare la verità e non potevano più scappare Kaja ed Erik, avevano rimandato per troppo tempo l’inevitabile. ”Se hai bisogno che ti accompagni o che ti aspetti da qualche parte dopo l’incontro con Teresa, sappi che ci sono.” gli accarezzò il viso con la mano destra, mentre lui aveva lo sguardo perso nel Mare del Nord davanti a loro. Kaja si avvicinò per poggiare la testa sulla spalla di Erik, ma lui la precedette stringendola di più per sollevarsi in piedi. Non aveva idea di cosa gli fosse venuto in mente, ma non tardò a scoprirlo. ”Credo di avere proprio voglia di un bagno.”
    ”Oddio, l’acqua sarà congelata!” gridò lasciandosi andare a una risata cristallina, si aggrappò più forte al collo di Erik mentre correva verso la riva stringendola tra le braccia. Tra di loro era sempre così, alternavano dei momenti di serietà ad altri completamente spensierati, era ciò che rendeva il loro rapporto speciale. Quando entrarono in acqua Kaja lanciò un gridolino, come aveva immaginato era davvero fredda! Sentiva il vestito intrecciato iniziare ad aderirle al corpo come una seconda pelle e gli stivali farsi pesanti, ma non importava il suo cuore galleggiava leggero nel mare. ”Prendi questo!” si divincolò dalle braccia del ragazzo per schizzarlo più volte e poi si allontanò di qualche bracciata godendosi l’intera visuale: in primo piano Erik che la guardava sorridente e alle sue spalle le alte scogliere verdeggianti che si stagliavano contro il cielo. Kaja si lasciò andare all’indietro galleggiando tra le onde delicate che la sospingevano verso la riva, rimase in ascolto dei rumori del mondo sottomarino e poi si immerse completamente per raggiungere di nuovo Erik. Prima di tornare in superfice lo afferrò per una gamba tirandolo verso il basso giocosamente, poi emerse e gli fece una linguaccia che s’infranse in una risata. ”Se resti sotto è meno freddo…” disse con la voce pregna d’allegria. ”Sappi che se i gabbiani si mangiano i miei muffin soli soletti sulla spiaggia sarà tutta colpa tua!” schizzò Erik piano, fingendosi arrabbiata per quella mancanza di attenzione ai suoi preziosi dolci, ma quella smorfia che aveva contratto il suo viso sparì subito per far posto alla verità. Era contenta e non era in grado di nascondere quell’emozione potente. Kaja fece una giravolta su se stessa con le mani sotto il pelo dell’acqua per sollevarne un po’ al loro passaggio, poi si accostò a Erik con un’espressione furbetta dipinta in volto. Prese il viso del ragazzo tra le mani e si fermò a un passo dalle sue labbra. ”Sai cosa vorrei fare dopo se ti va? In cima alla scogliera c’è un vecchio faro abbandonato, potremmo asciugarci lì!” stava per baciare Erik quando un piccolo granchio le afferrò il mignolo con le chele. ”Mi ha punta un granchio!” esclamò scalciando col piede finché non fu certa di essersi liberata della presa dell’animaletto, quel tipo di cose capitavano sempre a lei nei momenti più inopportuni. Sospirò scuotendo la testa divertita, ”perché sempre a me?” sollevò le mani in aria in segno di resa verso il cielo che pareva ridere con lei di quelle piccole disavventure. ”Sono stata interrotta mentre stavo per fare una cosa importante, ma non sono sicura di ricordare bene cosa fosse… tu lo sai per caso?” una nota di malizia nella voce e le braccia attorno al suo collo. Il mondo si era ridotto a quel minuscolo spicchio di felicità nel Mare del Nord.

    Edited by Aruna Divya - 7/5/2020, 13:57
     
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    Soltanto quando lei gli fece la domanda si rese conto che, forse, non le aveva mai parlato a fondo di Ophelia. -Ho incontrato una ragazza uno dei miei primi giorni in questa città, che sembrava conoscermi piuttosto bene e lei mi ha detto che sono sempre stato un tipo testardo. - spiegò, senza troppi giri di parole e senza troppo a fondo all’interno del discorso. Sapeva che tra lui e quella biondina c’era stato qualcosa prima che lui se ne andasse da quella città, ma erano passati più di due anni e immaginava di poter archiviare quella faccenda senza doverci stare troppo a pensare. Era convinto che lei fosse andata avanti, che si fosse rifatto una vita e lui non si sentiva in diritto di chiederle di renderlo partecipe di tutto quello che le era capitato, di recuperare quanto meno un rapporto di amicizia. Era capitato di incontrarsi in altre occasioni ma erano sempre rimasti alla debita distanza, come due avversari che si osservavano dal lato opposto del tavolo senza sapere bene che cosa fare. -Si, forse hai ragione. - rispose, quando lei gli fece notare che forse se quel lato del suo carattere non era cambiato era anche perché lui era davvero così. -E’ solo che.. è strano sapere così poco del mio passato. Mi capita spesso di chiedermi che cosa sia cambiato nel frattempo e che cosa invece sia rimasto immutato.-Per il momento non vado da nessuna parte e in ogni caso se dovessi decidere di cercare un lavoro altrove te ne parlerei prima. - aggiunse, sperando così di tranquillizzarla almeno un minimo. Non voleva che pensasse che sarebbe fuggito senza dire nulla, lasciandosi ancora una volta tutto e tutti alle spalle senza guardarsi indietro. Era già successo una volta e non aveva intenzione di ripeterlo, non senza averci pensato sino in fondo e senza aver risolto tutte le questioni che poteva avere arretrate. Questa volta se fosse andato via lo avrebbe fatto con una certa consapevolezza e si sarebbe lasciato dietro delle tracce per cercare di mantenere i legami con le persone che avrebbero continuato a vivere in quel luogo. Non voleva dimenticare di nuovo.
    Sapere che lei aveva impiegato poco più di una settimana a dimenticare ogni cosa lo rese un po’ più irrequieto. Altre persone con cui aveva parlato gli avevano detto che ci sarebbe voluto circa un mese per fare tabula rasa e sapere che invece potevano bastare davvero pochi giorni rendeva tutto molto più difficile. Aveva pensato di poter fare comodamente avanti e indietro dopo un quantitativo di giorni, ma con tempi così brevi anche quello poteva diventare complesso. -Io invece non ricordo perfettamente come sia successo, so solo che ad un certo punto guardandomi indietro non riuscivo più a vedere nulla. ma con il fatto che il migliore amico è sempre stato con me non ho quasi notato il cambiamento. - spiegò, cercando di fare mente locale e di rimettere a fuoco alcuni ricordi di quel primo periodo lontano dalla città che appariva in maniera abbastanza nebulosa ai suoi occhi. -Solo dopo qualche tempo ho iniziato a chiedermi qualcosa sulla mia infanzia senza riuscire a trovare nulla da nessuna parte. - disse ancora, raccontandole qualcosa in più su quella faccenda. Non aveva lasciato alcun biglietto, nulla che lo aiutasse a tornare indietro o che lo convincesse a non farlo. -Si, a me avevano detto che di norma ci vuole sino a un mese di tempo. - aggiunse, quando anche lei disse che sapeva che i tempi potevano variare da persona a persona. Era una cosa da tenere bene a mente però prima di allontanarsi da quel luogo e se lo avesse fatto avrebbe cercato di organizzare i tempi per rendersi conto di possibili lacune di memoria. Dopotutto non poteva certo sparire tutto insieme senza il minimo preavviso.
    Sorrise, quando lei acconsentì a leggere i documenti sulla sua famiglia insieme a lui. -Figurati, sono sempre qui per te, quando vuoi. - aggiunse, con un sorriso, ridacchiando appena alla piccola pernacchia che lei fece contro la sua mandibola, prima di catturare di nuovo le labbra di lei in un breve bacio, continuando a tenerla stretta a sé. Avevano entrambi paura di quello che avrebbero potuto trovare, di quel passato da cui forse erano scappati per un motivo e che ora invece non vedevano l’ora di ritrovare. -Non saprei. Trovo davvero strano il fatto di non essermi lasciato dietro alcuna traccia. - spiegò, con uno sbuffo un po’ contrariato davanti a quei pensieri. -Sembra una cosa del tutto casuale, fatta senza alcuna preparazione.. non lo so. Forse sono solo io che non riesco a capire. - continuò, stringendosi appena nelle spalle con aria contrariata. Continuava a chiedersi perché non riuscisse a trovare una spiegazione, perché i ricordi del suo ultimo periodo in quella città non fossero stati i primi a tornare, così da permettergli di capire che cosa fosse successo. Si sentiva come se fosse stato all’interno di un labirinto di cui non riusciva a trovare la via d’uscita anche se continuava a provarci senza sosta. -Appena troverò il coraggio di fissare un giorno te lo farò sapere e ti terrò informata. - le disse, quando anche lei si offrì di accompagnarlo, o magari di aspettarlo da qualche parte dopo quell’incontro per stare un po’ insieme e aiutarlo a metabolizzare qualunque cosa scoperta. Non sapeva davvero che cosa aspettarsi. Si era sforzato di fare tantissime ipotesi ma aveva paura di verificare se qualcuna di quelle fosse vera. Perché i suoi genitori non avevano mai cercato di contattarlo? Perché non avevano mai cercato di convincerlo a tornare o di aiutarlo a ricordare? Il suo legame con loro era davvero così pessimo come diceva Ophelia?
    Ben intenzionato a cancellare tutti i brutti pensieri che avevano iniziato ad accavallarsi all’interno della sua mente prese quindi in braccio Kaja per poi correre verso la riva del mare e buttarsi in acqua insieme a lei. Forse aveva ragione, forse l’acqua era gelata, ma in quel momento voleva solo staccare da tutti quei pensieri, da quei discorsi terribilmente seri che avrebbero finito con il raffreddare la situazione. Il loro passato sarebbe sempre stato un grosso macigno pronto a pesare sulle loro spalle, ma avevano anche l’opportunità di lasciarlo lì dov’era e continuare a vivere le loro vite. Stava a loro dopotutto costruire il futuro, con o senza quei ritagli di passato. Rise, apertamente, al sentire le lamentele di Kaja per via dell’acqua gelata ma non accennò comunque a lasciarla andare. Il gelo invase anche il suo corpo ma non si lamentò. Era come venire svegliati finalmente da uno strano torpore, lo faceva sentire vivo come non si era mai sentito prima. Solo quando lei cercò di divincolarsi dalla sua presa la lasciò andare, coprendosi appena il viso dai suoi schizzi per poi chiudere gli occhi un istante e godersi il profumo del mare. Ora che si trovava lì a mollo poteva accorgersi di quanto gli fosse mancata quella sensazione. Quando li riaprì, dopo qualche secondo, notò che Kaja era sparita, per poi sentirsi afferrare per una gamba e trascinare verso il fondo. Spaventato da quella sensazione inaspettata cercò velocemente di reagire e allontanarsi da quella prova, salvo poi rendersi conto che si trattava di lei. Si lasciò andare ad un sospiro di sollievo quindi mentre lei riemergeva a pochi centimetri da lui con una linguaccia e una sonora risata. -Si, lo so, me lo sono meritato. - le disse, prima che potesse essere lei a farglielo notare, per poi chinarsi appena per cercare di immergersi un po’ di più e seguire quindi il suo consiglio. Rise, alla battuta sui gabbiani e sui suoi muffin, anche se per un momento il dubbio gli attanagliò la mente, facendolo voltare verso riva. Quel pensiero si allontanò soltanto quando Kaja, dopo una giravolta leggera, si avvicinò di nuovo a lui, prendendo il suo volto tra le mani. -Sei sicura che i tuoi muffin siano al sicuro? - la punzecchiò un po’, prima di sorridere e annuire alla sua richiesta di raggiungere il faro abbandonato che svettava sopra di loro. Avvicinò lentamente il volto a quello di lei, seguendo i suoi movimenti, prima che la ragazza si spostasse velocemente, cercando di liberarsi di un gracchio un po’ troppo impertinente. Scosso il capo, divertito dalle situazioni che si venivano sempre a creare in sua compagnia. -Sai.. inizio a preoccuparmi.. - disse, mentre la stringeva di nuovo a sé, guardandola con aria pensierosa. -Se tu attiri in maniera così pressante le sventure, non sarà che sono una sventura anche io? - le chiese, fingendosi serio per un momento, prima di sollevarla appena e prenderla in braccio, congiungendo le loro labbra in un nuovo bacio, riprendendo da dove erano stati interrotti dal granchio. Sentiva il corpo di lei aderire al suo attraverso la stoffa bagnata dei vestiti e la strinse maggiormente a sé, preoccupato che potesse sentire freddo. Le leggere onde del mare si infrangevano contro di loro, facendoli ondeggiare appena, assecondando la corrente. La strinse a sé, mentre l’odore di salsedine permeava l’aria. Tenendo gli occhi chiusi gli sembrava quasi di essere lontano, in un posto che non era davvero in un luogo preciso, ma in cui poteva essere felice. Eppure, per quanto si sforzasse di andare avanti, di non pensare, ogni tanto lo pervadeva la strana sensazione che ci fosse qualcosa che gli mancava, qualcosa che non riusciva a comprendere e afferrare, qualcosa di terribilmente importate.
    Trascorsero in acqua ancora diversi minuti, stretti l’uno all’altra per non sentire troppo freddo, prima di decidere di tornare sulla riva. Il venticello leggero che prima era sembrato sopportabile ora arrivava come una sferzata gelida contro i loro corpi bagnati e i vestiti appiccicati alla pelle non facevano che peggiorare quel freddo. Erik raccolse dalla sabbia l’asciugamano che aveva steso per sedersi diversi minuti prima e, dopo averlo scosso un po’, lo posò sulle spalle di Kaja per coprirla ed evitare che potesse prendersi un malanno. -Fa freddo, resta coperta. - le disse, depositando un leggero bacio sulla punta del suo naso, per poi terminare di raccogliere tutte le loro cose e portare un braccio attorno alle spalle di lei. -Hai idea di come ci si arrivi a quel faro? O dobbiamo andare all’avventura? - chiese, curioso di capire se ci fosse un ricordo preciso nella sua mente o se fosse soltanto curiosa di vedere un posto nuovo, di scoprire un altro angolo di quella città che avrebbero dovuto conoscere e che invece risultava un estraneo che piano piano iniziava a divenire un conoscente. Si guardò attorno, alla ricerca di un cartello, di qualcosa che lo aiutasse a trovare delle istruzioni per raggiungere la cima, poi le sorrise. Sentiva freddo e forse il tremolio del suo corpo ne dava una conferma anche a lei, ma era felice e non rimpiangeva quella sua piccola follia.
     
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    Si limitò ad annuire quando Erik le disse che era stata una ragazza a raccontargli del proprio passato, il suo istinto femminile le diceva che se si fosse trattato di qualcosa di importante glielo avrebbe detto. Nessuno dei due ancora sapeva che quel dettaglio lasciato al vento avrebbe seminato una tempesta in futuro. ”Speravo di sentirtelo dire, se dovessi lasciare questa città vorrei saperlo... dico sul serio.” sussurrò sorridendogli. Teneva tra le mani uno dei suoi muffin mentre parlavano di quella strana anomalia sulla memoria che portava con se’ Besaid. Scappando dalla sua città natale lei aveva lasciato un biglietto a se stessa con delle spiegazioni, mentre Erik non aveva indizi sul suo passato se non il suo migliore amico che aveva subito la stessa sorte. Era una situazione complicata la loro, riaprire quel vaso di Pandora era necessario tanto quanto rischioso. Kaja non era certa di voler ricordare ciò che quella notte a Bruxelles sparì dalla sua memoria, sperava per sempre. ”Neanche il tuo amico si è lasciato alle spalle un piccolo indizio del vostro passato? Chissà se era tutto volontario o no… forse quella tua amica che ti ha dato del testardo lo sa!” esclamò prima di dare un morso al proprio muffin. Coloro che si erano lasciati alle spalle probabilmente sapevano di loro molte più cose di quante ne sapessero loro stessi.
    ”Figurati, sono sempre qui per te, quando vuoi.” a quelle parole si lasciò stringere tra le braccia di Erik per poi lasciargli una scia di baci che terminò in una pernacchia scherzosa. ”Effettivamente è strano, ma forse parlando con Teresa troverai qualche risposta in più. Tu tienimi aggiornata e io ci sarò, è una promessa!” non fece in tempo ad aggiungere altro che Erik si alzò in piedi e la prese tra le braccia conducendola in mare completamente vestita. L’acqua era congelata, ma loro giocavano tra le onde delicate che li sospingevano verso la riva. Il paesaggio alle loro spalle era idilliaco, quelle scogliere verdeggianti sembravano dipinte dal sapiente pennello di un’artista, ogni gioco di luce pareva ideato appositamente per quel momento. Kaja si immerse in acqua perdendosi in un altro mondo sotto il pelo della superficie salata, ne riemerse con una linguaccia per il suo piccolo scherzo ad Erik. ”E’ vero un pochino te lo sei meritato! C’è poco da ridere sui miei muffin, non sono per niente sicura che li ritroveremo quando usciremo!” nonostante le sue parole si lasciò andare a una risata argentina che riverberò nell’aria tra l’ossigeno e la salsedine. Si avvicinò al ragazzo prendendogli il viso tra le mani per lasciare un bacio sulle sue labbra, ma un granchio le afferrò il mignolo con le chele al momento sbagliato. Il tempismo delle sue disavventure pareva scritto su misura da un comico, rendendo impossibile annoiarsi in sua compagnia. Kaja era talmente abituata a quei piccoli disagi quotidiani che ne faceva sempre dell’ironia, a volte si era persino domandata se attirare disastri non fosse la sua seconda particolarità!
    ”Tu una sventura? Se le sventure fossero tutte così vorrei che accadessero più spesso!” si lasciò sollevare da Erik annullando le distanze tra di loro con un bacio salato. Si strinse a lui seguendo il ritmo che le onde creavano, come un cronometro naturale. Era in balia delle emozioni, sentiva la felicità infrangersi nella sua gabbia toracica esattamente come facevano le onde sulla sua pelle. Rimasero così a godersi quel momento ancora per un po’, finché non decisero di tornare a riva. Improvvisamente i vestiti riacquistarono il loro peso reale completamente zuppi. Kaja sentì un brivido di freddo attraversarle la schiena, mentre il vento leggero s’insinuava sotto i suoi abiti. Per un attimo valutò l’opzione di cercare un negozio di vestiti da quelle parti, ma per raggiungere il centro abitato dovevano prendere la macchina. Le venne in mente un’altra idea quando vide Erik avvicinarsi a lei e avvolgerla con l’asciugamano che avevano usato prima. ”Grazie” sussurrò, osservando il ragazzo mentre radunava le loro cose e poi tornava da lei chiedendole se avesse idea di come si raggiungeva il faro di cui gli aveva parlato prima. ”In realtà non ho idea di come si arrivi lassù, l’ho visto mentre eravamo in acqua e ho pensato che mi sarebbe piaciuto vedere un faro da vicino. Non ne ho mai visto uno!” si avvicinò di più a Erik per sopperire al freddo che sentiva, nel farlo si accorse che anche lui tremava. Con un movimento goffo lasciò cadere a terra l’asciugamano, allungò le mani verso il ragazzo e socchiuse gli occhi concentrandosi sulle particelle d’acqua assorbite dai loro vestiti. Lentamente rigagnoli d’acqua iniziarono a muoversi sotto i loro abiti, scorrendo lungo la pelle verso il basso. Si sentiva come se un gruppo di formiche le stesse camminando addosso, solo che invece di trasportare briciole, portavano stille salate fino al suolo dove si stava creando una pozzanghera proprio sotto i loro piedi. Kaja lasciò andare le braccia lungo i fianchi solo quando fu certa di aver completamente asciugato i loro vestiti. ”Ecco, ora possiamo avventurarci su per la scogliera. Molto meglio!” strizzò l’occhio a Erik con aria complice e poi raccolse l’asciugamano da terra mettendoselo sottobraccio. Tornò tra le braccia del ragazzo riprendendo la sua borsetta, poi il suo occhio si soffermò sulla pozzanghera ai loro piedi: un flash della sua caduta in stile giapponese le attraversò la testa. ”Tienimi stretta per favore…”
    Si avviarono assieme verso la scogliera e con sua somma sorpresa non era scivolata, sorrise al cielo condividendo con esso quella piccola conquista. Per qualche istante rimasero in silenzio mentre camminavano sulla sabbia smossa dal vento. Kaja si guardò intorno godendosi quel momento di pace e di connessione con la natura, dicendosi che avrebbe dovuto staccarsi più spesso dalla città per ritrovare un po’ di equilibrio. Arrivarono in fondo alla spiaggia e si accorsero che poco distante da loro c’era un sentiero di terra smossa, non c’erano indicazioni per il faro o per qualsiasi altro punto panoramico. Kaja sollevò le spalle con fare dubbioso, ”proviamo da qui, che ne dici?” non aggiunse che con lei al suo fianco era sempre meglio l’opzione di una strada battuta rispetto a vie alternative o impervie. Prese Erik per mano e lo guidò su per la salita, più andavano avanti e più il vento si sentiva prepotente addosso senza il riparo della scogliera. Kaja si fermò a metà strada per voltarsi a guardare la spiaggia dall’alto. La visuale era da mozzare il fiato, prese il cellulare dalla borsa e scattò una foto per poter avere un ricordo di quella giornata speciale. Chiese a Erik di avvicinarsi a lei per farsi una foto insieme, nel girare il telefono per poco non le cadde a terra, ma riuscita a sistemarsi tentò un paio di scatti che le riuscirono piuttosto bene. ”Proseguiamo?” gli si rivolse con un sorriso che pareva un filamento di sole, era impossibile dirle di no. Sospinti dal vento tornarono sul sentiero che da quel punto si fece più impegnativo perché la pendenza era maggiore, eppure nessuno dei due pareva intenzionato a farsi scoraggiare da quella piccola difficoltà. Col fiato corto superarono la parte peggiore del percorso fino a raggiungere la cima della scogliera su cui si ergeva un bellissimo faro con la base bianca e la parte superiore rossa. Accanto ad esso c’era quella che sembrava essere una casa dai toni chiari, dalla spiaggia non erano riusciti a vederla visto che si trovava alle spalle del faro. Forse non era abbandonato come aveva pensato lei, chissà che quella non fosse l’abitazione del guardiano del posto. Kaja si voltò verso Erik mordendosi il labbro inferiore. ”Forse non è così abbandonato come sembrava dalla spiaggia! Credi che possiamo stare qui o ci spareranno a vista?” Kaja rise della propria battuta, ma per un istante il tarlo del dubbio si fece spazio in lei. E se fosse stata davvero una proprietà privata?

    Edited by Aruna Divya - 10/10/2020, 09:26
     
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    Non sapeva che cosa in passato lo avesse portato a decidere di andarsene senza dare alcuna spiegazione, ma ora sapeva che, se avesse scelto di nuovo di abbandonare quella città, per seguire i suoi sogni o per qualunque altro motivo, si sarebbe lasciato qualcosa alle spalle e di sicuro avrebbe parlato con le persone a cui teneva, magari cercando anche un modo di mantenere i contatti. -No neppure lui si è lasciato dietro alcun messaggio, il che rende tutto ancora più strano. - mormorò, mentre scuoteva appena il capo. Gli dava un po’ fastidio avere tutte quelle domande nella sua testa a cui non sapeva dare una risposta. -Neppure lei sembra sapere nulla. però sì, forse Theresa saprà dirmi qualcosa. O almeno lo spero. Non so davvero che cosa aspettarmi da tutta questa faccenda. - continuò, pensieroso, mentre il suo sguardo si perdeva sull’orizzonte per qualche istante, prima di riportarlo su di lei. Certo che erano un gran bel casino, entrambi con la memoria mezza andata e pieni di dubbi. Forse era proprio per quello che erano riusciti a trovarsi. Due piccole barche scassate in balia della corrente che si erano fatte più vicine per non lasciarsi trasportare.
    La prese in braccio e corse verso l’acqua, cercando di far scendere un po’ della tensione che avevano accumulato sino a quel momento. Parlare di tutte quelle cose storte o oscure che c’erano nella loro vita ingrigiva sempre l’umore. Lì invece, a mollo nell’acqua fredda e isolati dal resto del mondo, potevano fingere per qualche istante che i problemi non esistessero. Il tempo parve dilatarsi, i suoi farsi più distanti, quasi ovattati, mentre tutto ciò che li circondava erano solo il rumore delle onde e il suono delle risate di Kaja, che rischiaravano ogni cosa. era bello starla a sentire, riusciva sempre a portare con sé gioia e allegria. Se non avesse saputo che era in grado di manipolare l’acqua, avrebbe potuto pensare che il suo superpotere era quello di portare il buon umore nelle persone. Lei era una ragazza speciale ed era davvero felice di essersi imbattuto in lei nel suo cammino, anche se in maniera del tutto casuale. Rimasero in ammollo per qualche minuto, ridendo, scherzando e schizzandosi senza pensare a nient’altro. La strinse tra le braccia, depositando un leggero bacio sui suoi capelli bagnati prima di tornare a riva insieme a lei. I vestiti zuppi sembravano attirare tutto il suo calore corporeo. Forse aveva ragione lei, non era stata una buona idea buttarsi in acqua in pieno inverno, ma in fondo erano ancora troppo giovani per perdersi quei momenti di totale follia. Le offrì un asciugamano, cercando poi di far sgocciolare un po’ i vestiti prima di raccogliere quello che avevano portato con loro e cercare la strada migliore per raggiungere il faro.
    Assunse un’aria un po’ più pensierosa quando lei ammise di non avere idea di come raggiungerlo. Ne era rimasta semplicemente affascinata vedendolo dalla riva e l’aveva incuriosita. -Neppure io, o almeno credo. - rispose, visto che, in effetti, non avrebbe saputo dire con certezza che cosa avesse o non avesse fatto nella sua vita, visto che di troppi anni aveva perso ogni ricordo. Si zittì però quando la vide avvicinarsi e prendere le sue mani, per poi chiudere gli occhi. Un sorriso genuino comparve sul suo volto quando la vide in azione. Restò in silenzio, mentre poteva percepire i vestiti asciugarsi, molto più velocemente di quanto avrebbero dovuto fare e le gocce d’acqua andare a concentrarsi in singoli punti, scorrendo sulla loro pelle prima di scivolare verso il basso e raggiungere la sabbia. Sentì un po’ di solletico mentre quelle goccioline proseguivano il percorso su di lui, ma non disse nulla. -Sei sempre piena di sorprese! - le disse soltanto, dandole un altro leggero bacio sulle labbra, quando ebbe terminato, fiera del suo operato. In effetti la sua particolarità poteva tornare utile in diverse occasioni, mentre lui ancora non aveva scoperto fino in fondo che cosa poteva fare con le ombre. Era tutto così assurdo che ancora non aveva pensato di mettersi a sperimentare. Allungò un braccio per cingerla la vita, una volta raccolto tutto ciò che avevano lasciato sulla spiaggia, e poi iniziarono a dirigersi verso la scogliera, dove speravano di trovare un cartello, un sentiero, o comunque qualche indicazioni. -Secondo me per oggi hai raggiunto il punteggio massimo con le cadute. - scherzò, prendendola un po’ in giro, stringendola però un po’ di più a sé, sperando di darle un po’ di sicurezza.
    Terminata la spiaggia notarono semplicemente un sentiero non asfaltato che proseguiva verso l’alto. Si strinse appena nelle spalle davanti alla sua domanda, non sapendo bene dove andare. -Proviamo, sì. Al limite torniamo indietro. - disse quindi, muovendo qualche altro passo all’avventura insieme a lei. Strinse la mano di lei quando la sentì raggiungere la sua, per percorrere quel cammino insieme ed evitare di perdersi. Ormai aveva compreso che in compagnia di Kaja tutte le disavventure erano possibile, quindi cercare di prevenirle era la cosa migliore. Mano a mano che salivano il vento divenne un po’ più fastidioso, ma non così tanto da costringerli a tornare indietro. Per fortuna la giornata era abbastanza tranquilla, non c’era l’ombra di una nuvola in cielo. Sorrise, dandole un leggero bacio sulla guancia quando Kaja gli chiese di avvicinarsi un po’ a lei per fare una foto ricordo da lassù. Dall’alto in effetti quella città sembrava ancora più bella. Si misero di nuovo in marcia, incuranti del vento che si faceva via via sempre più insistente e del sentiero che diveniva sempre più ripido. Volevano raggiungere quel faro e niente li avrebbe fermati.. o forse si. Alla fine di quella scarpinata il faro apparve in tutto il suo splendore, stagliandosi sul paesaggio, unico edificio davvero alto in un panorama fatto per lo più di vegetazione. Troppo preso ad osservare quel particolare edificio non si accorse neppure della casetta poco distante da esso, che invece Kaja gli fece subito notare, preoccupata che potesse viverci qualcuno. Temeva che il loro arrivo non sarebbe stato colto in maniera pacifica e che chiunque alloggiasse in quella casupola potesse spararli. -Addirittura? Nah, al limite ci dirà che non siamo i benvenuti. - le rispose quindi, con aria sin troppo tranquilla, mentre avanzava di qualche altro passo verso le costruzioni. Non c’erano macchine nei pressi e neppure un cane a fare da guardia all’edificato, il che gli dava da pensare che non ci fosse davvero nessuno. -Ehilà? E’ permesso? - chiese, sollevando appena la voce per farsi sentire da un eventuale custode, o da chiunque potesse esserci nascosto da qualche parte. Si strinse nelle spalle, guardando verso di lei con aria non molto convinta, facendole però cenno di restare dietro di lui, giusto per sicurezza. Se qualche pazzo fosse uscito fuori dalla casa all’improvviso non voleva che aggredisse lei per prima. Un’altra occhiata, un altro tentativo di comunicare con qualcuno, ma nessuno parve rispondere. -Mi sa che siamo fortunati. - disse quindi, con un sorriso, avanzando lentamente verso il faro. Già si prefigurava una ripida salita verso l’alto e uno splendido panorama di fronte a loro invece, quando posò la mano sulla maniglia per cercare di aprire la porticina che si trovava al piano terra, la trovò chiusa. -O forse no. - aggiunse quindi, con uno sbuffo, guardando verso l’alto con aria piuttosto felice. Si guardò attorno, alla ricerca di un ausilio per salire o qualcosa per aprire la porta, senza però trovare nulla. -Sai che facciamo? Ci informiamo su come entrare e torniamo un’altra volta, più tranquilli e preparati. - le disse, cingendola con le braccia e avvicinandola al suo petto. Non si sarebbe arreso e avrebbe trovato un modo per portarla là su. -Ci riposiamo un po’ qui e poi torniamo indietro. - e con quelle parole catturò di nuovo le sue labbra in un dolce bacio, mentre il mare si stagliava di fronte a loro placido. Era stata una splendida giornata e non voleva che quell’ultimo dettaglio potesse rovinarla. In fondo nessuno gli correva dietro, avevano tutto il tempo del mondo.
     
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