Stars can only shine when there is darkness

Julian & Helen | Tarda serata

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    Lui non fumava e questo era un bene. Helen non aveva mai davvero fumato molto, qualche sigaretta ogni tanto non le dispiaceva, sapeva che le faceva male e che non avrebbe portato a nulla di buono, ma si rilassava. Quella sera ne aveva avuto bisogno e lo aveva fatto, non doveva dare spiegazioni a nessuno. Archer dal canto suo lo sapeva, non le aveva mai detto nulla, ma come ogni “padre” non era entusiasta della cosa. Una volta, che ebbe finito entrarono e la gente era davvero tanta. Non amava i posti molto affollati e caotici, però quella sera avrebbe fatto un’eccezione. Anche Julian si vedeva che non era entusiasta della cosa, ma quando si sarebbero lasciati un po’ andare all’alcol e alla bella musica, la storia sarebbe cambiata.
    Sei molto dolce Helen rispose lui sorridendole. Era un brav’uomo, non le sembrava così malvagio come si descriveva lui e senza speranza. Aveva avuto un passato doloroso, la morte della moglie e tutto il resto, lo aveva fatto rimanere solo e senza la fatidica luce in fondo al tunnel. Helen però pensava, che tutti si potevano salvare, che ognuno doveva trovare la forza di andare avanti e di trovare la propria luce. Il tunnel degli orrori lo avevano tutti, Helen era la prima ad averlo. Diceva sempre a se stessa di non fidarsi, di stare da sola e cercare di andare avanti con le sole forze, perché se si fosse lasciata andare, avrebbe rischiato che qualcuno avesse potuto spegnere la poca luce, che le era rimasta dentro. Non si dovevano separare si erano detti, perché se lo avessero fatto, non si sarebbero ritrovati facilmente.
    Se davvero non avevi nessuno, adesso hai un lavoro, dei colleghi, degli amici... Me, anche se per qualche ora. Puoi ricostruire la tua vita, renderla migliore. Si dice che non tutti i mali arrivino per nuocere, dopotutto e Helen gli sorrise.
    Grazie mille davvero. Lo stesso vale per te, puoi sempre ricominciare anche se è difficile disse, per poi chiudere quell’argomento e lasciarlo fuori dalla porta del locale. Non voleva rattristarsi e neanche Julian, non serviva rimuginare nel passato bisognava pensare al presente e ora erano entrambi lì a divertirsi.
    Lui intanto, le aveva detto di prendere da bere per entrambi, lui doveva andare sicuramente in bagno per via dell’alcol di poco prima. Helen annuì sperando, che si sarebbero ritrovati presto, stare sola in un posto del genere non la entusiasmava molto.
    Si avviò andando a farsi spazio in mezzo alla folla, che ballava e spingeva come se non ci fosse un domani. Faceva davvero tanto caldo e per fortuna, che si era vestita non troppo pesante. Andò al bar e aspettò il suo turno per prendere da bere.
    Un whiskey con ghiaccio e un angelo azzurro disse al barista, che doveva avere la sua età. Si sentì spingere poi da dietro all’improvviso e si girò incazzata nera, la gente doveva stare più attenta.
    Hey stai più attento la prossima volta disse a un ragazzo più di grande di lei di qualche anno, che la stava guardando con un sorriso ebete sulla faccia, avvicinandosi a lei.
    Scusami non ti avevo vista, sei proprio una bella ragazza vuoi venire a ballare con me? disse, per poi prenderla per un braccio, come per costringerla.
    Lasciami subito! Non ho intenzione di ballare e soprattutto non con te disse urlando e spingendolo via.
    Bellezza calmati, non c’è bisogno di scaldarsi tanto, un drink posso offrirtelo? chiese poi tornando alla carica e toccandole i fianchi.
    Quale parola non capisci della frase, non mi toccare? Ho già preso da bere disse lei, togliendogli le mani di dosso, sperava che Julian avesse fatto, perché davvero la situazione non era delle migliori.
     
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    Julian Holt ➸ Psicocinesi ➸ Sheet

    Entrai in bagno, dopo avere atteso qualche minuto che si liberasse, e finalmente svuotai la vescica. Poi, mi fermai al lavandino per lavarmi le mani. Mi guardai allo specchio. Non mi piaceva farlo. Di solito, mi specchiavo solo per vedere se i pantaloni cadevano bene, o se c'erano grinze sulla giacca, o sulla camicia, evitando di incrociare il mio sguardo nel riflesso. Anche quando mi pettinavo, o mi sbarbavo, non mi guardavo mai negli occhi. Non sapevo di preciso quale fosse la ragione, ma succedeva ogni volta così, avevo paura, paura di cosa ci avrei letto dentro, di come li avrei trovati... Eppure, in quel momento, nello specchio nemmeno tanto pulito di quella toilette, stavo sostenendo il mio sguardo senza problemi. Ero ubriaco, probabilmente era stato l'alcol ad avere allentato le mie difese, o forse Helen e la sua dolcezza, a ogni modo, mi stavo osservando, e non mi dava fastidio. Lo stesso vale per te, puoi sempre ricominciare anche se è difficile. Le parole di Helen mi tornarono alla mente, strappandomi un sorriso. Forse la biondina aveva ragione, forse anche Rebecca, tutte le volte che mi aveva spronato ad andare avanti, avrebbe meritato un po' di ascolto da parte mia. Forse, potevo davvero ricominciare ad amare.
    Ricordati che sei ubriaco, che tra qualche ora l'euforia che provi adesso svanirà, e tu tornerai a essere il solito Julian. Non ti esaltare. Con quel pensiero in testa, lasciai il bagno. Non ero uno stupido, avrei davvero voluto credere in un futuro diverso, migliore, ma, ogni volta che la scintilla della speranza prendeva forma nel mio cuore, la mente, e con essa i brutti pensieri che mi tormentavano, mi riconduceva nell'oscurità. Lo avevo già testato, con me non funzionava. Ero destinato a vivere tra sentimenti surrogati e finzione. Però, prima che la sbronza passasse, c'era ancora tempo, potevo divertirmi ancora un po', godermi la compagnia di Helen, immaginare, almeno per un istante, di essere dentro quella vita che, purtroppo, non avevo più. Di essere normale. Ci sarei riuscito?
    Tornai tra la gente che affollava il locale, in cerca della ragazza del pub. Guardai verso i divanetti, ma non la individuai, quindi mi spostai verso il bar, ma quello che vidi bastò a togliermi definitivamente il sorriso dalle labbra. Un tizio era accanto a Helen, e sembrava la stesse importunando. La prese per un braccio, lei si divincolò, scacciandolo, ma quello tornò alla carica prendendola per i fianchi. Lei se ne liberò di nuovo, gridandogli contro qualcosa che, a causa della musica ad alto volume, non riuscii a capire. Raggiunsi il tizio e lo afferrai per un braccio. "Adesso basta, togliti dai piedi!" Lui mi guardò accigliato, sorpreso, come se non avesse previsto il mio intervento, probabilmente convinto che Helen fosse in quel locale da sola. "E tu chi saresti? Il suo ragazzo? Be', a me non frega un cazzo, non sono geloso" disse, scoppiando a ridere e buttandosi letteralmente addosso a Helen. Non ci vidi più. Lo afferrai dalle spalle, facendolo voltare verso di me, per poi spingerlo contro il bancone. A quel punto, gli strinsi la mano intorno alla gola. "Tu adesso sparisci, hai capito? HAI CAPITO!" Strinsi ancora un po', quello annuì, aveva gli occhi sbarrati e cercava di liberarsi graffiandomi il dorso della mano. Mollai la presa, poi mi rivolsi a Helen: "Vieni, andiamo..." I drink erano sul bancone, li presi entrambi e camminai verso i divani, tra i divani, fino a che non ne scorsi uno libero. Poggiai i bicchieri sul tavolino, quindi mi misi a sedere e presi un lungo respiro. Quando lo tenevo stretto, i miei occhi erano finiti, per un secondo, oltre il bancone, dov'era appoggiato il rompighiaccio. Per un secondo, avevo desiderato utilizzare il mio potere per conficcarglielo in gola. Non sentivo più niente, solo il cuore che martellava nel petto e le mie dita che premevano sul collo di quell'uomo. Stavo per sfogare su di lui tutto il mio dolore.
    Mi voltai verso Helen. "Non avresti dovuto vedermi così, mi dispiace" affermai. Mi ero dimenticato perfino di lei, mentre "strangolavo" quell'idiota. Per fortuna, invece, c'era, ed era lì accanto a me. "Stavo per ammazzarlo. Credi ancora che ci sia del buono in me?" Sorrisi sghembo. Era inutile sperare, per me non esisteva pace.
     
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    Quell’uomo non voleva proprio lasciarla stare. Si era messo in testa chissà qualche assurdità, pensando di poterla corteggiare costringendola a bere qualcosa con lui o a ballare. Gli uomini di un tempo non esistevano più, gentiluomini, gentili ed educati, con sani principi. Ora tutti pensavano di potersi accaparrare la bella ragazza della festa, con qualche battuta squallida e una toccata di troppo. Stava per andarsene da lì, per cercare di toglierselo di dosso, dimenticandosi quasi dei drink che aveva ordinato, quando arrivò Julian ad aiutarla. Arrivò prendendolo per un braccio e spingendolo via, dicendogli che doveva andarsene. Lui di tutta risposta sorrise, di un sorriso maligno, dicendogli che non era geloso se era la sua ragazza e che non gliene fregava proprio nulla. Se lo ritrovò di nuovo addosso come una sanguisuga, stava per dire qualcosa incazzata nera, quando ci pensò Julian al suo posto.
    Tu adesso sparisci, hai capito? HAI CAPITO! lo prese per il collo, facendogli quasi uscire gli occhi fuori dalle orbite.
    BASTA! Smettetela, Julian andiamo via gli stava dicendo nel frattempo lei, che si era avvicinata a loro per cercare di dividerli, ma l’uomo se ne andò quasi subito dopo impaurito.
    Aveva visto un’altro Julian in quel momento, cattivo, protettivo e fuori controllo. Poteva capirlo in fin dei conti aveva dato fastidio a una ragazza, che voleva solo divertirsi e se fosse stata lei al suo posto, avrebbe fatto lo stesso. Se ne sorprese solo, infatti il suo sguardo da incazzato, passò a sorpreso. Fino a quel momento lo aveva visto così pacato e tranquillo, gentile con lei e premuroso, ma non pensava che si fosse trasformato così in un istante. Da una parte le fece anche piacere, perché l’aveva salvata e aiutata da quel maniaco fuori controllo e alle volte era anche bello essere salvati e non doversi sempre salvare da soli. Helen era abituata a cavarsela da sola in ogni situazione, non aveva peli sulla lingua e quando qualcuno era in difficoltà, era la prima ad andare ad aiutarlo. Julian per quella sera era stato il suo salvatore, sorrise leggermente, mentre lui si girava e prendeva i drink sul bancone. Disse di seguirlo e lei lo fece in silenzio, mentre sorpassavano la folla di gente, che si era creata intorno a loro per vedere la scena. Si sedettero in un divanetto libero un po’ appartato, la gente intanto si era già dimenticata di tutto e aveva ripreso a ballare.
    Non avresti dovuto vedermi così, mi dispiace. Stavo per ammazzarlo. Credi ancora che ci sia del buono in me? aveva iniziato lui, quasi vergognandosi e disgustandosi da solo. Helen prese il suo drink e bevve una lunga sorsata, la gola le si era seccata all’improvviso, per poco prima. Poi lo guardò negli occhi e questa volta era sincera, come non lo era mai stata prima con qualcuno. Non guardava spesso negli occhi qualcuno, evitava sempre il contatto visivo, per paura che qualcuno potesse leggervici dentro le sue debolezze. Non le importò in quel momento e gli mise una mano guantata sopra alla sua leggermente.
    Julian...dispiacerti? Mi hai salvata da quel malintenzionato, sono io a ringraziarti disse lei, sfoderando il suo miglior sorriso.
    Non lo hai ucciso però! E sì Jualin...sono ancora convinta, che ci sia del buono in te gli disse, per poi togliere la mano da sopra alla sua quasi di scatto, come se se ne fosse accorta solo in quel momento di averlo toccato.
    C’è un lato oscuro e un lato buono in ognuno di noi, anche io ne ho uno...sentiti un eroe per quello che hai fatto disse, per poi incrociare le gambe davanti a se e ascoltando la musica troppo alta tutta intorno a loro.
    Dovrò sdebitarmi con te in qualche modo disse poi quasi ridendo, ma era seria. Se avesse avuto bisogno di lei per qualsiasi cosa, ci sarebbe stata, era una persona si parola.
    Allora...cercando di dimenticare l’accaduto, raccontami qualcosa di te...qualcosa di bello disse prendendo il suo drink in mano e aspettando una sua risposta. Voleva conoscerlo meglio, l’uomo misterioso, che vagava per Besaid con un fardello pesante, da portare da solo sulla schiena. Voleva conoscere qualche particolare di lui e della sua vita, qualcosa di bello e che lo rendesse orgoglioso di se stesso. Era strano, non si sarebbe mai aspettata di voler conoscere qualcuno di più, non le era mai interessato, ma Julian era una brava persona e aveva bisogno in quel momento di qualcuno, che le avrebbe dato un po’ di luce nella sua vita.
     
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    Julian Holt ➸ Psicocinesi ➸ Sheet

    Non avrei voluto dare in escandescenze davanti a Helen, eppure era successo. Mi era bastato vederla in difficoltà, vedere le mani del tizio che ci stava provando attorno al suo corpo, la faccia da pervertito che si portava dietro e non avevo capito più niente, il cervello era andato in corto e l'unica cosa che desideravo fare era riempirlo di botte. Non lo avevo fatto, alla fine mi ero limitato solo a stringergli la gola, forte, mi era bastato saperlo in debito di ossigeno, non erano volati pugni, nonostante le mani mi prudessero eccome.
    Se non ero andato oltre, era solo perché Helen era lì, a due passi da me. Accecato di rabbia, per un attimo mi ero perfino dimenticato della sua presenza, ma poi, per fortuna, ero tornato in me e l'avevo percepita, la sua voce, il suo odore. In mezzo a così tanta gente, lei si era distinta e io, per fortuna, ero stato in grado di calmarmi. Più o meno.
    Sì, l'avevo "salvata", non ci avevo pensato due volte a intervenire e a liberarla dai tentacoli di quella bestia, ma non ero orgoglioso di me, non andavo fiero dei miei scatti di ira, non mi sentivo un eroe, anche se era comprensibile che lei, invece, potesse vedermi così. Dopotutto, mi conosceva da quanto? Un paio di ore? Per Helen era tutto nuovo. Era una ragazza dolce, ma anche allegra e positiva, ciò che io non ero mai. Quello che mi aveva visto fare quella sera, arrabbiarmi fino ad alzare la voce e le mani, nella mia vita erano all'ordine del giorno, o quasi. Scattavo anche per meno, a volte, soprattutto quando, oltre all'alcol, facevo uso di cocaina. Ed era capitato anche che non mi limitassi a insulti e spintoni, le avevo prese e date duramente, tanto da finire in ospedale io stesso o da mandarci quello che aveva incontrato i miei pugni.
    Helen mi piaceva, mi piaceva anche tanto, perciò non volevo che conoscesse il vero me, o di sicuro sarebbe scappata. Nessuno era capace di sopportare i miei sbalzi di umore, la mia violenza. Perfino Rebecca, il più delle volte, mi voltava le spalle e si dileguava. Ci vediamo quando sarai tornato normale, diceva. E io ridevo, ridevo fino a stare male perché di normale, io, non avevo proprio niente. E Rebecca avrebbe dovuto saperlo, Rebecca lo sapeva. Ma Helen no.
    Non lo hai ucciso però! E sì Julian... sono ancora convinta, che ci sia del buono in te. Mi voltai e la guardai negli occhi. Lei, nel frattempo, aveva poggiato la sua mano sulla mia per ritrarla un istante dopo, come se avesse preso la scossa. Sorrisi appena, pensando che, quel gesto, toccare qualcuno a te caro, spesso veniva spontaneo, nemmeno te ne rendevi conto. Helen mi aveva toccato per confortarmi, incoraggiarmi, ma poi si era ricordata di ciò che comportava - o avrebbe comportato - quel semplice contatto per lei, e mi aveva lasciato la mano all'improvviso.
    "E se, invece, fosse successo? Avrei potuto colpirlo, volevo farlo, volevo usare il mio potere su di lui, e non sarebbe stato un bello spettacolo. Mi avresti considerato ancora un bravo ragazzo, dopo?" Non intendevo spaventarla, ma non mi andava nemmeno di apparire per quello che non ero. Forse, dopo quella sera, non l'avrei più rivista, perciò fingere non sarebbe stata una cattiva idea, lasciare che credesse che avevo agito d'istinto, solo perché volevo proteggere lei, ma, proprio perché la rispettavo, non avrei mentito. Lo facevo già per sopravvivere, in quel momento volevo provare a essere l'uomo che non ero più, quello che non diceva bugie perché non ne aveva bisogno.
    Sentiti un eroe per quello che hai fatto, disse ancora. Ridacchiai. Portai il bicchiere alle labbra e mi scolai tutto il whiskey, tornando serio e rimanendo a fissare i cubetti di ghiaccio semisciolti sul fondo. "Sono esattamente il contrario" sentenziai. "Però, se per questa sera vuoi credere che lo sia, per me va bene" la guardai ancora, stavolta con un sorriso ampio. "Sarò il tuo eroe!" Helen aggiunse che avrebbe dovuto sdebitarsi con me in qualche modo. Mollai il bicchiere sul tavolino, poi adagiai la schiena al divano, il braccio disteso sul bordo della spalliera, dietro la testa della ragazza. Non potevo toccarla, o cingerle le spalle, ma così facendo ero almeno un po' più vicino a lei. "Non è necessario, stai già facendo molto con la tua sola presenza." E nemmeno immaginava quanto. Ira a parte, il fatto di starle così vicino per il piacere di farlo - e non perché costretto a intrattenerla come se fosse una cliente - era qualcosa di nuovo, per me.
    Allora... cercando di dimenticare l’accaduto, raccontami qualcosa di te... qualcosa di bello. Inarcai un sopracciglio. Non era facile. Se c'era stato qualcosa di bello da raccontare, di me, un tempo, nemmeno lo ricordavo più. "Non è semplice... non c'è molto da dire. Sono un tipo solitario, se non devo lavorare preferisco starmene a casa, esco poco, però... ecco... mi piace la musica. Ne ascolto tanta, ma la mia preferita è quella classica. Potrei ascoltare la Sonata al chiaro di luna di Beethoven per ore..." raccontai, quasi senza pensarci. "Pezzo malinconico, lo so..." dissi, ridendo. "Ora tocca a te!" Avevo ancora il sorriso sulle labbra e mi sentivo più rilassato, adesso. Grazie a Helen.
     
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