So keep your head up, keep your love

Jørgen&Helen | Mattina

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +6   +1   -1
     
    .
    Avatar

    I’m falling apart, I’m barely breathing. With a broken heart.

    Group
    Sindaco
    Posts
    6,842
    Reputation
    +3,691
    Location
    From Mars?

    Status
    Anonymes!

    So pay attention now
    I'm standing on your porch screaming out
    And I won't leave until you come downstairs
    So keep your head up, keep your love
    XXX

    Alcune cose non possiamo lasciarle indietro. Anche quando proviamo a distaccarcene, volontariamente o no, queste tornano a cercarci per sorprenderci nel modo più inaspettato. Era accaduta la stessa cosa tra Jørgen ed Helen, i cui percorsi sembravano essersi persi anni prima solo per ricongiungersi mediante pura casualità. Le impronte di quei passi erano tornate a premersi nella terra le une accanto alle altre fino a mischiarsi quasi completamente. Gli ultimi tre anni erano stati qualcosa di indescrivibile per Jørgen, che non si era mai sentito davvero così felice in tutta la sua vita. Aveva visto e fatto qualsiasi cosa, riuscendo ad apprendere quanto gli fosse possibile e trasformando quegli insegnamenti in un coraggio che gli aveva permesso di cambiare, mutare sempre in meglio per cercare di divenire una persona più completa soprattutto con lo spirito. Aveva raggiunto tappe che da giovane -ancora così distante da esse- neanche era riuscito a vedere. E in quel momento, con gli occhi puntati sul mare che gli si estendeva sotto al naso dietro la luminosa finestra a parete, Jørgen non poteva pensare ad altro che a quello: l’istante in cui aveva compreso di essere arrivato là dove aveva desiderato giungere da quando era partito. Ritornare a casa era stata la scelta giusta e, sebbene fosse stato inizialmente difficile abituarsi all’idea di essere quasi uno sconosciuto in una terra ormai straniera, aveva ricominciato tutto dall’inizio, ricostruendo la propria casa dalle fondamenta ed ornandola di tanti e fragili ricordi, quelli nuovi, quelli che non avrebbe più perso. Nel mezzo, le giornate si erano susseguite al fianco dell’unica donna che avrebbe potuto amare per il resto della vita, colei che posava ogni mattina il proprio sguardo stropicciato su di lui e, di riflesso, gli regalava un sorriso. Anche nei periodi più bui, quelli di fitto stress per la loro quotidianità, Helen era capace di cancellare ogni singola preoccupazione con un solo cenno del viso o una affettuosa stretta di mano. Era tutto quello che rimescolava le carte in tavola e che donava a Jørgen la possibilità di pensare, ogni singolo istante trascorso con lei, che no, non avrebbe potuto essere da nessun’altra parte, lontano da lei.
    Il sole quel giorno se ne stava pigramente dietro le fitte nuvole scure che ghiacciavano l’atmosfera, non accennava ad uscire neanche per un saluto. Ci era abituato a quel tempo, era diventato anch’esso parte di un disegno più grande e, sebbene Jørgen amasse i raggi del sole sulla pelle, era diventato facile apprezzare anche l’oscurità di una nuvolosa giornata. C’era sempre qualcosa per cui ringraziare la vita in ogni caso. Si mosse per voltarsi e dare così la spalle al mare ed incrociare le braccia mentre si guardava attorno: la stanza dalle pareti di legno era vuota, se avesse proferito parola avrebbe potuto conversare con il proprio eco. Gli occhi blu vagarono da una parete all’altra, provando ad immaginare un grande e morbido divano sulla sinistra; al lato destro, invece una spaziosa cucina con un isolotto, mobili in legno chiaro, si sarebbe perfettamente sposato alle staffe massicce che coprivano il cemento dell’abitazione. Poi, quando puntò lo sguardo verso il centro della stanza, vide una grande tavolata: sedie che strisciavano contro il pavimento, un rumore sordo eppure per nulla fastidioso, gli permetteva di vederne anche la vita che ci si nascondeva dietro. Forse una famiglia caotica, mille sorrisi a riempire la stanza, mille voci a strappare via un silenzio che sarebbe potuto divenire ingombrante. Non lo avrebbe voluto, mai. Ogni parola era un insegnamento, e tacere sarebbe stato per lui come morire. Rimase con lo sguardo piantato lì, nel centro esatto, e vide una vita intera pronta ad essere iniziata, un nuovo percorso al quale non avrebbe voluto rinunciare. Vide lui ed Helen, i capelli argentati e le mani rugose, sembravano avere ancora tante cose da dirsi. Era la vita che avrebbe scelto altre cento volte, se fosse stato necessario, e l’idea di condividerla con lei era ciò che rendeva tutto più significativo. Voleva mostrarle quello che avevano davanti, se lei avesse accettato di seguirlo, per cui quando la voce della donna risuonò nell’ingresso della grande casa vuota, Jørgen sorrise istintivamente. Sciolse la presa delle mani dalle braccia che aveva incrociato sul petto e prese ad avanzare lentamente in direzione della porta, affacciandosi così sul lungo corridoio dall’alto soffitto. «Hel, tesoro.» esclamò solamente avvicinandosi a lei e sollevando le mani lungo le sue braccia le strinse brevemente, prima di curvarsi appena nella sua direzione e lasciando un bacio sulle sue labbra. Sorrise ancora una volta quando si distaccò da lei, lasciando scivolare una delle mani dal suo braccio a quella di lei, stringendo appena con le dita ed incrociandole alle sue. «Voglio farti vedere qualcosa. Hai tempo? Sei riuscita a liberarti dagli impegni? Mi dispiace averti chiamato d’improvviso.» disse dispiaciuto, sapeva quanto lavoro avesse e non avrebbe voluto distrarla e privare i suoi pazienti delle sue attenzioni, ma Jørgen aveva aspettato per tanto tempo che quel giorno arrivasse, tanto da non riuscire ad attendere oltre. Al fatto che il momento giusto si presentasse a lui in forma di cemento e tegole però non ci aveva pensato. «Vieni, guarda.» disse chiudendo la porta d’ingresso dietro le spalle di Helen ed incamminandosi lungo il corridoio. Aprì la prima porta sulla destra e fece entrare Helen per prima all’interno della stanza, seguendola ed andando ad aprire gli infissi della finestra davanti a loro. «Ti piace? Luminosa. Potrebbe essere uno studio, uno spazio fuori dal mondo all’interno del quale concentrarsi, scrivere, studiare. Ci vedrei una bella scrivania, di quelle grandi e moderne come piacciono a te, per esempio…» affermò sollevando innocentemente le spalle. Non si perse in altre parole e, avvicinandosi nuovamente alla donna, afferrò nuovamente la sua mano per trascinarla in un’altra stanza. Ancora una volta fece entrare lei per prima, andando poi a posare le mani sulle sue spalle la spinse nel centro esatto della stanza, con il viso rivolto verso la grande parete bianca. «Lo vedi?» le domandò avvicinando le labbra alle sue orecchie. Ne approfittò anche per lasciarle un bacio sulla guancia, compiendo un piccolo passo indietro e, allungando un braccio verso la parete, fece per indicarla. «E’ un letto enorme, ci puoi giurare. E’ super comodo, non ho mai dormito su una cosa del genere. Sembra anche alto, mi chiedo come farebbe, ipoteticamente un giorno molto lontano, una coppia qualsiasi di anziani a mettere i piedi per terra la mattina. Forse servirebbe montarci un’ascensore. Forse.» aggiunse, chinando il capo da un lato e mantenendo lo sguardo nel vuoto, gli occhi vedevano il bianco della parete ma la mente si spostava al di là della linea temporale, si cibava di immagini che per tanto tempo aveva sognato e che sperava si realizzassero. Voltò il capo in direzione di Helen, regalandole un sorriso sincero prima di trascinarla via ancora una volta, fuori da quella stanza. Attraversarono il corridoio fermandosi di fronte ad un’altra porta, ancora chiusa. «Qui non ci entriamo, ci ho visto montagne di giochi per terra e un disordine che non sto a raccontarti. Ti verrebbe una crisi.» scherzò posando la mano sulla porta, facendola scendere lentamente verso la maniglia mentre, invece di avanzare, restava lì fermo a guardare Helen negli occhi. Fece poi roteare al cielo i propri come se la donna lo stesse implorando di aprire, quindi spinse la maniglia e lasciò che le pareti di un verde pastello inondassero la loro visuale. «Sempre ipoteticamente, insomma, proprio sotto al tetto, non ci vedresti bene un… che so… una culla per esempio?» domandò, voltandosi a guardare lo sguardo di Helen e serrato appena le labbra lasciò che queste si increspassero. Poi, ancora, afferrò la sua mano e la trascinò fuori dalla stanza con le pareti verde chiaro, dirigendosi assieme a lei verso l’arco che dava su uno spaziosissimo salone, il luogo della casa che più di tutti aveva catturato l’attenzione di Jørgen per via della grande finestra che dava sul mare e le pareti in legno che donavano al tutto un’atmosfera decisamente accogliente. Lasciò andare la mano di lei, sciogliendo le proprie dita dalla presa che avevano avuto su quelle di Helen fino a quel momento. Sollevò le braccia per spalancarle nel mezzo dello spazio e creare così un arco di pelle. Le sorrise istintivamente mentre faceva una piccola piroetta maldestra al centro della stanza. «Questa è la parte migliore: divano lì, cucina da quel lato con una bella isoletta nel mezzo, e qui, proprio dove sono io ora, una grande tavolo ricolmo di cibo e chiacchiere.» spiegò, abbassando poi le braccia ed avanzando nuovamente nella direzione di Helen si fermò a pochissimi centimetri di distanza da lei. Portò una mano sul suo viso per spostare dietro l’orecchio una ciocca di capelli castani che era ricaduta lungo la sua guancia. Osservò i suoi lineamenti per qualche istante mentre il profumo della pelle calda di lei si perdeva nella stanza, lo investiva e lo avvolgeva come ogni giorno di quella vita che avevano scelto insieme. «Helen Laine, qualcuno direbbe che abbiamo sprecato tanto tempo, anni fa. Io invece dico che a me è servito a capire quanto io tenga a te e che nessun’altra anima potrebbe farmi suo come accade con la tua.» sussurrò piano, in piedi davanti a lei. «Vedo il mio futuro e in ogni progetto, in ogni scorcio, nel bene e nel male, tu mi sei accanto sempre. Il tuo respiro, la tua voce, quel cervellone… tutto mi lascia estasiato ogni volta che ti vedo ragionare, muoverti, parlare. Ti amo non solo per quello che sei, ma per ciò che io sono quando sono con te.» aggiunse. Lasciò scivolare via la mano dal suo viso per afferrare qualcosa dalla tasca dei pantaloni: un blocco di foglietti gialli e una penna. Le sorrise prima di volgere lo sguardo sul colore e lasciare che la punta della penna ne macchiasse la continuità. Poi, staccando il primo dei foglietti, passò a lei la penna e il blocco nuovamente pulito. Helen Laine Haag? - una calligrafia movimentata, ma lei lo avrebbe capito. Le appiccicò il foglio sulla fronte, ridendo divertito all’immagine dei suoi occhi che seguirono attenti il suo movimento. Lo rilesse per qualche istante e, col cuore pieno, sorrise, felice.
     
    .
  2.     +5   +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Vice
    Posts
    5,941
    Reputation
    +4,099

    Status
    Offline
    tumblr_inline_p7id7vybms1sccn28_540
    «Hel, tesoro.» In piedi vicino alla porta incastonata nel lungo corridoio dalle alte pareti, Helen non riuscì a notare altro oltre a Jørgen. Muri colmi di possibilità si ergevano attorno a lei, brillando in chiare e vividissime immagini, eppure la sua attenzione era completamente concentrata sull'uomo che le abitava tutte, silenzioso e felice. Le sue iridi quindi non lo abbandonarono, costruendo ogni storia proprio attorno a lui, in modo che entrambi potessero vivere un'infinità di futuri insieme e tra quelle mura. Ormai da tempo Helen rifletteva sugli innumerevoli risvolti della vita, e straordinariamente benedetta nel rincontrare l'amore della sua dopo tanti anni di separazione, era decisa ad imboccare una strada che celebrasse questo moto degli eventi. Misto tra scelte consapevoli e caso fortuito, l'evolversi delle esistenze di entrambi aveva permesso loro di ritrovarsi ed amarsi nuovamente, regalando ad Helen una seconda occasione unica ed irripetibile. Aveva quindi pensato di suggellare la chiusura di quel cerchio nel tempo proponendo a Jørgen si accompagnarla nel resto della vita, uniti in un legame coltivato giorno dopo giorno. Una mano quindi si spostò sino ad affondare nella borsa aperta, che accoglieva al suo interno un messaggio dedicato a Jørgen in un linguaggio a lui congeniale, ma per il momento nascosto. Helen non voleva affrettare alcun passo ma godersi ogni secondo prima di arrivare all'attimo più giusto per porre la domanda tanto attesa. Le sue iridi allora risposero al richiamo a lei diretto posandosi sull'uomo che tanto amavano accarezzare, ed attesero di allacciarsi a lui in uno sguardo innamorato. Non si mosse, permettendo a Jørgen di avvicinarsi, le palpebre che si socchiudevano al passaggio dei suoi palmi caldi e familiari sulle braccia sino ad anticipare il bacio che ben presto venne ricambiato.
    Helen allora sentì le labbra incurvarsi in un sorriso gemello a quello che distese i lineamenti di Jørgen, pregno di gioia ed emozione che si intrecciò ai suoi respiri così come le dita a quelle di lui. «Voglio farti vedere qualcosa. Hai tempo? Sei riuscita a liberarti dagli impegni? Mi dispiace averti chiamato d’improvviso.» Non fu difficile assecondare il riflesso involontario ma sentito di muovere il pollice contro le nocche di Jørgen, rassicurandolo già non-verbalmente del fatto che mai e poi mai lui avrebbe potuto essere una interferenza nelle sue giornate, bensì un dono, uno che Helen non avrebbe mai mancato di onorare. Per te il tempo l'avrò sempre, e sono anche molto curiosa, sai? Rimbeccò teneramente lei, avvicinandosi di un passo proprio per posare un'altra impronta con le labbra su una tempia del compagno, assecondando così i suoi movimenti sino a seguirlo oltre la porta d'ingresso e lungo lo spazioso corridoio. Terminarono il loro breve tragitto davanti alla finestra, che Jørgen si occupò di aprire, lasciando che le ombre si spaccassero a favore del bagliore della luce. «Ti piace? Luminosa. Potrebbe essere uno studio, uno spazio fuori dal mondo all’interno del quale concentrarsi, scrivere, studiare. Ci vedrei una bella scrivania, di quelle grandi e moderne come piacciono a te, per esempio…» Nata dai suoni delle parole del professore, un'altra serie di immagini prese vita nella mente di Helen, figurandosi il mobilio avrebbe occupato quella stanza spoglia solo fisicamente, pronta ad accogliere ogni sogno germogliato in quei pochi attimi. Jørgen costruì con incondizionato amore e poderosa tenerezza tutti i dettagli di quello scenario ipotetico e tangibile nei gesti amorosi di entrambi, e muovendosi nella sua immaginazione, Helen lo seguì anche nell'altra stanza, arrivando al suo centro, gli occhi fissi sulla parete bianca. «Lo vedi?» Cedendo ai tocchi dolci di Jørgen, Helen si abbandonò ai suoi baci inclinando appena il capo e lasciando che le labbra di lui incontrassero le onde morbide dei suoi capelli, e dalle palpebre socchiuse osservò l'intenso bianco, aperto all'arrivo del letto descritto dal professore, le cui frasi indussero Helen a liberare una risata tintinnante. Potrebbe persino servire un montascale, non è vero? Un bacio si posò sul sorriso di Jørgen, rispecchiando poi la stessa curva delle sue labbra nel proseguire in quel tour immaginario ed importante. Nell'assecondare ogni passo del suo amato, Helen si sentì esattamente come quando s’erano incontrati in spiaggia molti mesi prima, pronti ad iniziare una nuova vita ed a riallacciare i rapporti con quella che era stata; ogni impronta nella sabbia rappresentava la traccia di un percorso finito ma pronto ad essere ricordato ed arricchito da nuovi solchi che affondavano nella terra e testimoniavano il passaggio di due anime gemelle.
    «Qui non ci entriamo, ci ho visto montagne di giochi per terra e un disordine che non sto a raccontarti. Ti verrebbe una crisi.» Accogliendo le parole di Jørgen arricciando i lineamenti in un'espressione provata eppure comprensiva, Helen si strinse nell'elegante vestito nero che indossava, restando per lo più silente per lasciar parlare Jørgen il più possibile. Ogni tratteggio delle sue frasi disegnava un futuro ben preciso, gioioso, illuminato non solo dalle alte finestre di quella splendida casa spoglia, ma anche da un amore pronto a sbocciare in nuovi respiri di vita. «Sempre ipoteticamente, insomma, proprio sotto al tetto, non ci vedresti bene un… che so… una culla per esempio?» Impossibile da fermare, quel susseguirsi di sorrisi continuò a manifestarsi sul volto della dottoressa, che varcata la soglia della stanza color verde pastello ne indagava le pareti, facilmente colmate da disegni, morbidi lettini o proprio una culla, come descritto dal compagno. Il cuore aveva preso a battere più erratico da quando i passi avevano iniziato a ticchettare sul pavimento in quella direzione, in un convergersi di intenti che Helen sospettava avrebbero presto incontrato i suoi, volti ad un amore promesso ed eterno. Strinse allora la mano di Jørgen sino al salone, che per via delle sue linee ed i suoi spazi Helen intuì potesse facilmente essere la parte favorita del compagno. Si ritrovò a sentire la mancanza della presa gentile delle sue dita di lì a poco, accompagnando però quella sottile malinconia con una risata divertita nell'osservare il tentativo dell'amato di compiere una piroetta, tutto il corpo avvolto in una potente emozione quasi elettrica. «Questa è la parte migliore: divano lì, cucina da quel lato con una bella isoletta nel mezzo, e qui, proprio dove sono io ora, una grande tavolo ricolmo di cibo e chiacchiere.» Ansiosa di tornare a sentire casa non solo attraverso quelle splendide pareti ma anche e soprattutto immergendosi nell'odore familiare di Jørgen, Helen portò entrambe le mani ad raccogliergli i fianchi mentre lo osservava negli occhi, specchiandosi l'uno nell'altra come se tra loro non vi fossero divisioni ma solo un unico intero. «Helen Laine, qualcuno direbbe che abbiamo sprecato tanto tempo, anni fa. Io invece dico che a me è servito a capire quanto io tenga a te e che nessun’altra anima potrebbe farmi suo come accade con la tua. Vedo il mio futuro e in ogni progetto, in ogni scorcio, nel bene e nel male, tu mi sei accanto sempre. Il tuo respiro, la tua voce, quel cervellone… tutto mi lascia estasiato ogni volta che ti vedo ragionare, muoverti, parlare. Ti amo non solo per quello che sei, ma per ciò che io sono quando sono con te.» Jørgen aveva ragione. Ogni anno separati aveva donato chiarezza a due animi - specialmente a quello di Helen - che per riscoprirsi avevano dovuto perdersi, nascondersi l'uno all'altro sino a rintrecciarsi al momento opportuno. Un velo spesso e trasparente di lacrime prese posto davanti alle iridi della dottoressa, che respirando i ti amo del suo adorato Jørgen ne assaporava non solo il presente, ma anche il futuro di cui lui stesso parlava, un ignoto in cui gettarsi senza paura di ferirsi. Lo sguardo, sebbene parzialmente offuscato, allora intercettò i movimenti delle mani del professore contro i cui palmi erano nascosti un blocchetto di foglietti gialli ed una penna. In pochi attimi la striscia adesiva del post-it di cui Helen aveva avuto modo di leggere solo alcune lettere venne appoggiata alla sua fronte aderendovi del tutto. Sollevò quindi una mano, e nel decifrare con chiarezza le curve tonde e vagamente tremolanti delle parole Helen Laine Haag? un sorriso radioso schiuse le sue labbra, lasciando emergere la sue incontenibile gioia ed il suo stupore. Combacianti nelle intenzioni e nei gesti, i due si erano concessi una fetta di gioia che avrebbe per sempre occupato le loro vite, nonostante i pericoli e gli ostacoli della vita quotidiana. Helen poteva chiaramente percepire il cuore espandersi, ingrandirsi sino a toccare quello di Jørgen, unendosi al suo per mai più separarsi. Mi hai anticipata, professore.. Riflettè lei, ignara delle lacrime di contentezza che le solcavano le guance, e portando il bigliettino al petto, Helen non smise di sorridere, tuffando con calma le dita nella sua borsa nera per estrarne una piccola piantina. Solido e minuto simbolo di amore, adattabilità e bellezza, una piccola echeveria tratteneva sul suo vaso un nastro nel cui fiocco erano fermati due bande d'oro bianco, anelli dal taglio semplice ed essenziale. A quanto pare abbiamo avuto la stessa idea amore, Esordì la dottoressa, superando l'ostacolo della sua voce tremula per prendere in contropiede le sue stesse sensazioni di sorpresa e felicità e trasmetterne altrettante all'amato. Ma vorrei vedere con i miei occhi tutto ciò che hai descritto, compreso l'ascensore vicino al letto. Una lieve risata spezzata abbandonò quindi le labbra di Helen, che compiendo un passo avanti potè avvertire il calore del respiro del compagno contro una guancia. Pensavo che una piantina ti sarebbe piaciuta, parlano molto meglio di noi persone e questa è una delle tante cose che ho imparato da te, Jø. Lei dice "se vorrai, ci ameremo a prescindere da tutto e per tutta la vita", e dice anche "Helen Laine Haag è il più meraviglioso dei nomi, che te ne pare di Jørgen Haag Laine?".
     
    .
  3.     +5   +1   -1
     
    .
    Avatar

    I’m falling apart, I’m barely breathing. With a broken heart.

    Group
    Sindaco
    Posts
    6,842
    Reputation
    +3,691
    Location
    From Mars?

    Status
    Anonymes!

    We grow, grow, older still
    We grow, grow, happy as a new dawn
    We grow, grow, older still
    We grow, grow, steady as the flowers
    We grow, grow, older still
    XXX

    Bellissima. Ogni volta che Jørgen posava i propri occhi sulla figura di Helen, si stupiva di quanto il passaggio della sua forma dal pensiero alla realtà potesse ancora sorprenderlo ogni volta. Le iridi chiare del professore si curvavano verso l’interno per lasciare all’immagine della donna che aveva di fronte di farsi ancora più spazio all’interno del suo cranio, desideroso lui di conservarne ogni volta un ricordo migliore, più realistico. Cercava di risucchiarne i contorni all’interno delle pupille come se la sua memoria fosse fatta di materiale spugnoso e volesse riempirne ogni cratere di lei, ogni più piccolo spazio fino a quando non ci sarebbe stato altro che il suo profumo e il colore dei suoi occhi chiari quasi trasparenti. Un sorriso si apriva automaticamente quando questo accadeva, quando se la ritrovava di fronte con i denti bianchissimi in bella vista, le labbra rosse che si sollevavano all’insù per comunicargli una felicità che non aveva bisogno d’essere pronunciata a parole. Si completavano, anche meglio di quanto avessero fatto durante gli anni a Monaco, anche meglio di quanto Jørgen avesse mai potuto immaginare. Le apparteneva senza se e senza ma e lo aveva saputo dal primo momento in cui l’aveva vista camminare o sollevare una tazza di caffè per portarla alle labbra. Ogni più semplice gesto compiuto da Helen aveva dato la convinzione a Jørgen che, se mai un giorno fosse riuscito a trovare la felicità, bè, sicuramente una parte del merito sarebbe stato di Helen. Per te il tempo l'avrò sempre, e sono anche molto curiosa, sai? il suono di quella voce rimbombò nel corridoio ancora spoglio di una grande casa che, sebbene fosse ancora vuota all’occhio, suggeriva ben altro alla mente del professore. Accolse quindi il bacio di Helen stringendo appena le dita attorno alle sue braccia ferme e ritrovando in quel gesto una sensazione di sicurezza e protezione che per tanto tempo aveva dimenticato potesse esistere.
    Un passo dopo l’altro, sulle pareti bianche da cui erano circondati iniziava a prendere vita una storia: due persone che si amano e fanno di tutto per costruirsi un futuro insieme, senza mai dimenticarsi del passato ma imparando da esso. Palpebre che si aprono su occhi chiarissimi pronti a guardarsi e comunicare, sostenersi e sostenere quelli che hanno il coraggio di guardarli con lo stesso amore. Colori, musica, suoni, voci, tantissime voci e niente urla - per quelle non vi sarebbe stato alcuno spazio in una casa come quella che sembrava animarsi in quel momento proprio dinanzi e intorno a loro. Uno studio, una camera da letto, il complice divertimento di qualcuno che capisce al volo e afferra quello stesso battito e quel respiro familiare. Potrebbe persino servire un montascale, non è vero? gli aveva risposto infatti Helen, riferendosi all’idea di un grande letto al centro della stanza in cui si erano appena soffermati immaginando lunghe nottate di sogni e dolci abbracci.
    Proseguendo, la storia si allungava e arricchiva ad ogni passaggio, ad ogni singola stanza, espandendosi e diventando storia di altri, quel qualcuno che avrebbe potuto accompagnarli fino alla fine per proseguire e tenere le redini di qualcosa di prezioso nato così tanto tempo prima, qualcuno che avrebbe guardato delle foto di quell’inizio e avrebbe forse sorriso istintivamente dinanzi a due espressioni così familiari e affettuose senza magari neanche poter dire di conoscerle per davvero. La mente di Jørgen viaggiava, senza mai fermarsi, senza mai darsi tregua, poiché con Helen al proprio fianco non riusciva mai a sentirsi esausto, stanco. Colorava ogni aspetto della loro vita dentro la mente e, curioso di sapere cosa lei ne pensasse, esponeva ogni più piccola idea, ogni più piccola immagine potesse balzargli dinanzi agli occhi, desideroso di vedere nel riflesso delle iridi di lei quella stessa ed accorgendosi poi, invece, di quanto Helen stessa prendesse ad arricchire ogni cosa, donando del proprio a quello che insieme avrebbero voluto costruire e sentendosi a casa ogni volta in cui lei esprimeva opinioni e sensazioni. Lasciare che sbocciasse, che divenisse esuberante e lasciasse le proprie impronte anche su di lui nel più piccolo dei particolari. Persino il modo in cui, dolcemente, gli accarezzava la barba rendeva Jørgen felice. Quella stessa pura e semplice felicità che potè leggere nella lucida marea che prese a sovrapporsi all’azzurro delle iridi di Helen nel momento in cui l’uomo aveva preso a dichiararsi a lei, spiegando quello che aveva nel cuore ogni singola volta in cui i loro passi prendevano ad incrociarsi camminando nella stessa direzione. Avevano superato migliaia di ostacoli che avevano avuto la forma di brevi litigi in una Germania ormai lontana anni luce o di momenti dove la chiarezza era stata sovrastata da momenti di buio fitto e indecisione che, lentamente, aveva portato i due a separarsi. Ma tutto quello sporco, tutto quel grigiore fatto di spessi nubi e nebbia era scivolato via nel nulla, dissolvendosi e permettendo ad entrambi di ritrovare ciò che credevano di aver perduto. Il destino li aveva riportati sulla strada giusta, la stessa che avevano percorso per ormai quasi tre anni da quando si erano rincontrati finalmente. E da quel momento, quando il cerchio si era chiuso e loro si erano lasciati attorcigliare da esso rimanendo insieme nel centro, tutto era andato bene e Jørgen ed Helen sembravano aver trovato quello che chiunque avrebbe chiamato “lieto fine”. Eppure, per entrambi, nessuna definizione avrebbe potuto essere più errata: l’inizio era alle porte e, Jørgen lo sentiva sotto la pelle e nelle ossa, non vedeva l’ora di scoprire tutto il resto, probabilmente lo stesso che la sua mente aveva scritto in gigantesco e a colori su quelle alte pareti spoglie e bianche. Con un sorriso dolce e sincero, Jørgen sollevò entrambi le mani in direzione del viso di Helen, afferrandolo lievemente fra i palmi e, tenendolo stretto fra di essi, lasciò che i polpastrelli dei suoi pollici andassero a scacciare via le timide lacrime che avevano deciso di solcare le guance rosee della donna. Che fai, piangi? sussurrò piano, avvicinando appena il viso a quello di lei e lasciando che i propri occhi si soffermassero nei suoi, riempiendosi ancora di essi e di tutta quella positività che trovava dentro Helen ogni volta che la guardava, quella stessa sensazione di pace e amore che aveva ricercato per anni. Quando la vide abbassare lo sguardo sulla borsa per infilarci le mani e cercare qualcosa, l’uomo lasciò andare il viso di Helen per seguire i suoi movimenti, curioso di scoprire cosa la donna avesse avuto in mente e sorridendo istintivamente nel vederla tirar fuori una piccola piantina verde. A quanto pare abbiamo avuto la stessa idea amore. annunciò la donna, la voce ancora un po’ tremante dall’emozione ma sempre tremendamente dolce e decisa. In mezzo a tutto quel verde smeraldo, due bande d’oro bianco erano tenute insieme da un semplice nastro. Quando gli occhi di Jørgen recepirono il messaggio, quando compresero per l’ennesima volta quanto effettivamente fossero giusti l’uno per l’altra, una risata divertita e melodiosa risuono tra le sue labbra sottili. Scosse appena il capo compiendo un passo indietro e tornando poi subito verso di lei allungando un braccio nella sua direzione per cingerne le spalle e tirarla piano verso di se mentre, emozionato, posava sullo collo nudo e caldo di lei le labbra ancora schiuse in un sorriso genuino e sincero, di nuovo stupito. Con l’altra mano invece andava a sorreggere la piantina, posando il palmo sul dorso della mano di Helen che ancora manteneva gelosamente il regalo fra le proprie, quasi come se a lasciarlo andare via tutto quel sogno bellissimo avrebbe potuto frantumarsi in mille pezzi andando a distruggere una realtà che con fatica e pazienza avevano costruito. Ma vorrei vedere con i miei occhi tutto ciò che hai descritto, compreso l'ascensore vicino al letto. udì la voce giocosa di Helen aggrapparsi ancora a quel sogno che, lo sapevano, stava per diventare realtà, finalmente. Amore, ne mettiamo anche due se vuoi. Una dal mio lato e una dal tuo. Solo che usiamo quella dal tuo, lo sai vero? Io vado dove vai tu. aggiunse lui, piano, scherzando con lei ed immaginando ogni singola mattina al suo fianco, il modo in cui come un segugio rintracciava e seguiva il profumo della sua pelle o dei suoi capelli che si allontanavano per immergersi nella quotidianità che, alla sera, li avrebbe riportati insieme, mentre ancora stringeva il corpo più minuto di Helen in un abbraccio affettuoso e teneva il proprio viso vicinissimo a quello di lei, gli occhi dentro ai suoi come se ormai vedessero lo stesso orizzonte, sempre. Pensavo che una piantina ti sarebbe piaciuta, parlano molto meglio di noi persone e questa è una delle tante cose che ho imparato da te, Jø. Lei dice "se vorrai, ci ameremo a prescindere da tutto e per tutta la vita", e dice anche "Helen Laine Haag è il più meraviglioso dei nomi, che te ne pare di Jørgen Haag Laine?”. aggiunse Helen, sorridendo nella sua direzione. Chinò leggermente il capo, Jørgen, sollevando appena il mento ed allungandosi piano verso di lei lasciò che il proprio naso si scontrasse dolcemente più volte con il suo. Io ti apparterrò per sempre, futura signora Laine Haag, ritienimi pronto ad essere il futuro signor Haag Laine, non credo ci sia niente di meglio al mondo che essere anche solo una piccola parte di te. disse piano, tornando a posare le proprie labbra sulla punta del suo naso e ritirandosi poi subito dopo desideroso di non perdere alcun guizzo negli occhi di lei, cercando ancora una volta quel contatto astratto che veniva a crearsi ogni volta in cui lasciavano che quelle iridi si allacciassero dolcemente le une alle altre come se non avessero mai fatto altro in tutta la vita. Poi, avvicinando le labbra al suo orecchio, sussurrò ancora qualcosa con tono scherzoso. Per la camera dei bambini... se vogliamo riempirla penso dovremmo proprio darci da fare, non credi? aggiunse quindi ridacchiando piano e, afferrandola per i fianchi, la tirò ancora verso di sé per stringerla più forte fra le proprie braccia mentre premeva le labbra sulle sue lasciandosi andare ad un bacio più sentito, più pieno di tutto, di quelle emozioni che si regalavano ogni giorno e che li mantenevano uniti. Un equilibrio che mai prima avevano conosciuto e che avevano imparato a mantenere nello stesso momento in cui avevano compreso che, per tutto il resto della vita, si sarebbero spalleggiati e supportati con amore e dedizione, con rispetto e onestà. Perché questo erano: il traguardo di una maturità che avevano atteso e ricercato trovandola poi l'uno nel mondo dell'altra e viceversa.
     
    .
  4.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Vice
    Posts
    5,941
    Reputation
    +4,099

    Status
    Offline
    tumblr_inline_p7id7vybms1sccn28_540
    Besaid poteva dirsi la città dei destini; si intrecciavano, ritrovavano, ricordavano, scontravano tra loro in dissolvenze e sfioramenti, tocchi che Helen oramai conosceva sin troppo bene una volta tornata in contatto con il suo Jørgen. Si, il suo, non per qualche presuntuoso moto di possesso, ma perchè era certa che a discapito di tutte le peripezie della vita lei ed il professore si appartenevano, erano l'uno la vita dell'altra, un percorso sempre unito anche se apparentemente separato per anni. La vita va avanti, eppure loro non avevano interpretato il continuo scorrere dei giorni come un progressivo processo di dimenticanza: si erano invece riavvicinati sempre di più, sino a ritrovarsi in un presente che presagiva un avvenire radioso. Niente era stato lasciato indietro se non le insicurezze e le paure della gioventù, gli sprazzi immaturi di chi ancora ha da percorrere della strada prima di incontrare una felicità profonda ed indissolubile, non fatta di fugaci momenti ma di stabile e duratura gioia. La casa quindi aveva iniziato a prendere vita, fondendosi tra realtà ed immaginazione, pronte a regalare alla coppia una visione di ciò che sarebbe potuto essere e che, dopo dei momenti di infinita tenerezza sarebbe stato. Quelle pareti si sarebbero riempite di mobili, bellezza, dell'amore di Jørgen ed Helen e poi forse anche della freschezza e meraviglia di occhi più piccoli e vispi, di felicità, di vita in ogni suo risvolto, ed Helen ne era entusiasta, non spaventata ma elettrizzata di poter inaugurare un capitolo della propria vita che avrebbe compreso la gioia di condividere la propria quotidianità con una persona amata, che sarebbe sempre rimasta. Gli spazi spogli della casa non sembrarono freddi nè vuoti, colmati da un sentimento tanto grande da uscire in ogni momento dai corpi di Jørgen ed Helen traboccando ovunque. Dunque, tutte le pieghe di una storia ancora da scrivere presero vita negli spazi tra i due amanti, scorrendo sul legno e tra le pareti finchè non furono quasi del tutto tangibili, offrendosi ai loro sensi un po' come se fossero distanti solo un palmo di mano. Helen non faticò a raggiungere Jørgen in quello spazio liminale tra sogno e realtà, unendosi a lui ancora una volta mentre assieme alle loro mani si intrecciavano anche progetti per il futuro, amore ed obbiettivi.
    Ormai il pensiero della Germania non era che la traccia di paure ormai superate, insicurezze spazzate via da un rapporto solido e privo di crepe da cui il vento dell'esitazione non sarebbe mai più passato. Helen era guarita, e nel proprio percorso oltre a ritrovare se stessa aveva riconosciuto anche la sua anima gemella, recuperandola dalle onde del passato per poterla riabbracciare ora più forte che mai. Che fai, piangi? Non si accorse nemmeno del tutto di star versando delle calde lacrime emozionate quando Jørgen la interpellò, regalandogli un luminoso sorriso al contempo, come a spiegargli senza neanche ricorrere alle parole che non provava altro che gioia ed amore, sentimenti che per quanto meravigliosi l'avevano sopraffatta sino a versarsi all'esterno. Poi però arrivò l'appiglio dello sguardo sicuro ed accogliente di Jørgen, una casa abitata di ricordi ed esperienze in cui Helen era stata generosamente protetta, ed al cui interno avrebbe abitato un amore che era ancor più robusto e compatto del cemento e mattone che teneva insieme le stanze bianche che circondavano entrambi. Per quanto potesse sembrare un'ovvietà, Helen sapeva alcun velo d'esitazione che fosse proprio lo sguardo di Jørgen il suo porto sicuro, la fiamma calda che ardendo non l'avrebbe mai ferita ma riempita di un tepore che nessun altro individuo sarebbe stato capace di regalarle. Come fossero parte di un unico insieme, le braccia della dottoressa si unirono a quelle del compagno in un movimento d'intrecci, circondandogli i fianchi mentre le sue si posavano attorno alle spalle di lui, ed in risposta ai quei teneri sorrisi che dal collo Helen poteva sentire ovunque, strofinò appena appena la punta del naso contro la guancia di lui, in un moto di dolcezza più istintiva che culminò con il pressarsi leggero delle labbra contro di essa. Il cuore aveva iniziato a battere indomito con la stessa intensità di quando le preoccupazioni della vita adulta ancora non preoccupavano Helen, immerso nei sentimenti più puri come quelli che, un volta porta la piantina a Jørgen, si erano manifestati in entrambi. Ora il piccolo vaso era finito nel mezzo dei loro palmi: in quello ampio e caldo del professore, in cui Helen potè notare anche solo in quel semplice gesto la cura e la delicatezza che lui era in grado di infondere in ogni tocco, ed in quello più snello di lei, attento a sorreggere il vasetto con cura e riguardo, custodendo entrambi il frutto di un percorso attraversato insieme e destinato ad essere proseguito in tal modo. Amore, ne mettiamo anche due se vuoi. Una dal mio lato e una dal tuo. Solo che usiamo quella dal tuo, lo sai vero? Io vado dove vai tu. Io vado dove vai tu. In quella semplice frase, Helen scorse il passato fondersi con il presente, aggrapparsi l'uno ai momenti dell'altro per unirsi nelle parole di Jørgen, che in un momento improvviso le donò tutta la sicurezza e rassicurazione necessarie per poter credere in un futuro finalmente pervaso dalla pace anche a dispetto di tutti gli ostacoli. Ci muoveremo insieme. Pensò lei, ignorando per qualche attimo i toni più giocosi di quella conversazione per accoglierne i risvolti pieni d'emozione, impigliati in un sorriso che non accennava a sbiadire sui lineamenti di Helen.
    Annuì come a dare conferma a Jørgen, fornendogli un sostegno simile, un "io vado dove vai tu" altrettanto innamorato e sicuro. Io ti apparterrò per sempre, futura signora Laine Haag, ritienimi pronto ad essere il futuro signor Haag Laine, non credo ci sia niente di meglio al mondo che essere anche solo una piccola parte di te. Il suono della voce profonda di Jørgen riverberava gentile all'udito di Helen, costringendola a lasciare un ultimo ed irresistibile bacio contro l'angolo sinistro delle labbra del compagno, cercando così di acquietarlo dolcemente. Helen era piena dell'amore del suo adorato compagno, ed era certa che anche se un matrimonio non avrebbe cambiato nulla nel suo cuore già promesso a quello di Jørgen sino alla fine, rendere quell'amore condivisibile con amici e persone care ed anche una solida base legale su cui costruire un futuro avrebbe portato loro ulteriore gioia. Si erano già detti "si" tanto tempo prima, ora non si trattava d’altro se non di una preziosissima, luminosa, magnifica conferma. Sei molto di più di questo, sei me, sei tutto. Ti amo. Gli assicurò, un filo di voce a trasportare parole che non occorreva che fossero gridate per essere ascoltate dall'altra parte. Le iridi gemelle si rincorrevano, anch'esse parte di quel silenzio che pesante ma caldo e confortevole li avvolgeva, ed in poco tempo il resto del corpo di Helen iniziò a rispondere a quell'amore tenerissimo, il naso che si arricciava in un'espressione gentile nell'essere lambito dal bacio di Jørgen. Per la camera dei bambini... se vogliamo riempirla penso dovremmo proprio darci da fare, non credi? Scontrandosi contro le vibrazioni più fuseggianti della voce del professore, la risata argentina di Helen s'intrecciò ad essa in un abbraccio, rispecchiando quello degli arti attorno al torace ed ai fianchi che anticipò un contatto più profondo con le labbra di Jørgen. Il bacio rimase impresso sulla pelle di Helen come un segno indelebile, solcando le gemme rosate della sua bocca come a memorizzarne i lineamenti per ritrovarli su quelli dell'amato, l'unico capace di rifletterli sulle proprie. Amore. Un momento di pausa, e con un arioso mormorio Helen si distaccò dalle labbra di Jørgen quanto bastava per avvertirne il respiro. Prima, ho una cosa per te. Aggiunse, tuffando per la seconda volta quel giorno le mani snelle in borsa, recuperando un plico con gli stessi documenti che qualche mese prima il compagno le aveva proposto di visionare riguardo le pratiche che avrebbero permesso loro di iniziare il processo d'adozione di Babukar. Non so che direzione imboccherò nel mio futuro, ma sicuramente voglio che sia con te, da ogni punto di vista. Specificò infine Helen, porgendo tra le mani di Jørgen i documenti ricolmi di firme e timbri che avviavano, in maniera preliminare ma ufficiale, le procedure di adozione con il pieno e legale consenso da parte della dottoressa, ora pronta a dimostrare in maniera tangibile di desiderare un avvenire ed una famiglia insieme all'innamorato. Gli diede abbastanza tempo per visionare i documenti ma non gli lasciò formulare una risposta, riprendendo i movimenti interrotti poco prima dei lunghi baci, riallacciandosi alla proposta del professore nel pressarlo gioiosamente contro di sè ed infine contro la parete bianca, ben presto tinta dai colori di un futuro colmo di amore e luce da vivere insieme.
     
    .
3 replies since 2/4/2020, 19:54   138 views
  Share  
.
Top
Top