What the hell am I doing here?

Agnes x Eden | sera

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    Le serate senza Iago e Frida, si prospettavano estremamente noioso ed Agnes, non amava stare solo quando non aveva da lavorare. La casa, seppur immensa e bellissima, le metteva tristezza con quei corridoi bui e spogli di persone. Era raro che fosse particolarmente silenziosa, quando Iago o Agnes erano in casa, sparavano nelle casse della musica che si poteva sentire in ogni angolo remoto dell’abitazione, lui sentiva musiche latine che ricordavano la sua origine (?) e spesso lo aveva visto, ballare suavemente dietro una porta socchiusa, raggiungendolo quando si sentiva in vena di infastidirlo un po' o di godere della sua compagnia. Agnes invece, ascoltava una musica più rock alternativo, che era il genere che favoriva, anche se spaziava in vari generi, a seconda sopratutto del suo umore. Vagando per il corridoio del primo piano, quello riservato alla vita privata dei due abitanti, Agnes ballettava facendo leva sui piedi, cantando il ritornello di una delle sue canzoni preferite intonandola al migliore dei modi senza una base sotto no, non sarebbe grandinato, non è così stonata anzi, è bravina.

    In a beautiful world
    I wish I was special
    You're so fuckin' special

    But I'm a creep
    I'm a weirdo
    What the hell am I doing here?
    I don't belong here


    I biscotti in una mano, indice che era totalmente annoiata: mangiava per passare il tempo e quando aveva capito che anche Paul e Ingrid era usciti, si era ulteriormente depressa buttandosi sul cibo. Quando era sola, o non sapeva cosa fare, Agnes riusciva ad inventarne di tutte di più pur di impegnare con lei, uno dei due membri della servitù. Cambio degli armadi, mettere i vestiti ordinati per colore anziché per tipologia, spostare dei quadri che non le piacevano più nella stessa posizione, spolverare e ri-lucidare le scarpe dove ce n’era bisogno. Era un vero diavolo e seppur non avrebbe mai ammesso di odiare la solitudine, iniziava a prendere sempre più consapevolezza di quel suo limite enorme. Sdraiata a stella sul suo letto, sgranocchiava svogliatamente un biscotto dietro l’altro cercando di non pensare. Era quello il vero problema, il pensare: quando Agnes era da sola, finiva per pensare e lei, preferiva non farlo, preferiva avere una distrazione, qualcosa che non le facesse ricordare che era un orfanella, che era stata internata in una specie di orfanotrofio che in realtà si era poi rivelato essere un selettore di bambini con grandi capacità, dove le suore della mansueta provvidenza preferivano sfiancarli, piuttosto che non farli rendere fruttuosi alle loro tasche. Preferiva non pensare alla macchina di sesso che era diventata perché, seppur riconoscesse di non poterne fare a meno, era consapevole che ci fosse qualcosa di sbagliato in quel suo bisogno eccessivo. Era strano, come la sua particolarità avesse completo controllo su di lei, facendola rendere completa, più potente, più entusiasta, solo quando metteva in atto quell’arma seduttrice che ella stessa era. Una sorta di adrenalina che riusciva a farle smuovere ogni vertebra del suo corpo, una scossa di vibrazioni alla quale non era facile rinunciare dopo averla provata. Era come se riuscisse ad assorbire potere, dalla seduzione, dalla necessità sessuale scaturita dagli altri, dall’atto stesso e lei, ne era diventata totalmente e completamente dipendente. All’inizio, quando aveva iniziato a capire qual’era la realtà del suo potere, Agnes aveva pensato di sfruttarlo soltanto per scappare dall’orfanotrofio e per trovare, un posto caldo in cui stare. Con il passare del tempo, più usava la sua particolarità, più si accorgeva di non poterne fare a meno fino a diventare ciò che era oggi: la proprietaria di un locale di lusso, dove i suoi clienti potevano trovare donne seducenti ed intelligenti, pronte ad appagare le loro necessità, fossero state queste di natura sessuale, o semplicemente per ricevere della compagnia. Non sapeva come fosse realmente arrivata a quel punto e, non ci voleva pensare. Stava bene, era felice ed appagata dalla sua vita e non voleva rinvangare il passato, rischiando di andare a trovare le più piccole pecche che, avrebbero potuto aprire in lei delle ferite più o meno profonde.

    Le luci delle auto che correvano nella direzione opposta alla sua erano potenti, tanto da infastidire la sua vista che, fino ad allora non aveva mai avuto grossi problemi. Forse, Agnes era soltanto stanca ed aveva bisogno di riposare un po', dopo notti insonni. Il Lust, era in buone mani, quella sera non avevano appuntamenti di persone rilevanti quindi, aveva deciso di passare solo per vedere che andasse tutto bene e che la sua segretaria, avesse tutto sotto controllo. Quando non c’era Agnes, lasciava la gestione del posto alla sua seconda in comando, che non era una delle accompagnatrici, ma colei che le guardava la parte più amministrativa. Essendo quindi più che tranquilla, aveva deciso di lasciarsi il posto alle spalle per dirigersi a fare una bevuta all’Egon, uno dei locali più carini ed in voga della città. Come spesso accadeva, sul palco vi era un gruppo a suonare dal vivo e questo, ad Agnes non dispiaceva affatto. Le piaceva scoprire nuovi gruppi, sentire qualcosa di nuovo, rendersi conto verso dove la società andava a protendere. I gruppi che si esibivano all’Egon erano spesso di tendenza o comunque, avevano delle credenziali che li portavano ad esibirsi proprio lì e questo, era un punto che Agnes doveva tenere sempre di conto. Spesso i figli dì erano dei ripieghi ottimi per lei, servivano a raggiungere informazioni utili ai loro affari, in modo piuttosto semplice e diretto, senza apparire in prima linea o rischiare di essere scoperta. Poveri ragazzi, troppo spesso capitava che questi fossero semplici appendici dei loro genitori, troppo presi dal loro lavoro e dal loro ruolo per pensare almeno un po' al figlio che avevano da crescere. Così, il poveraccio cresceva da sé, negl migliore dei modi che potesse, o troppo devoto ai familiari, sempre in cerca di approvazione o di un occasione per stupirli oppure, nasceva con un odio viscerale nei confronti di questi. Fatto stà, che per Agnes erano l’anello debole della catena, quelli che molto spesso riuscivano a soddisfare le sue richieste senza doversi impegnare neanche troppo e per quanto le dispiacesse per loro da una parte, dall’altra la giovane donna non era capace di provare anche solo un sentimento di quelli che quei giovani provavano, essendo cresciuta senza una sua famiglia. Spesso Agnes, si chiedeva se avesse veramente un cuore, se quel muscolo così importante pompassa bene dentro le sue cavità. Era in grado di percepirlo, di sentirlo battere tu-tun, tu-tun, soprattutto la notte quando cercava di addormentarsi, eppure quell’organo così importante non era in grado di farle provare amore. O almeno non era stato in grado fino ad ora. Qualche volta si chiedeva se fosse sbagliata, se c’era qualcosa che non andava in lei eppure, anche i dottori le avevano detto che era perfettamente sana, quando aveva deciso di fare quel check-up sanitario che non aveva mai fatto prima in vita sua. Da orfana, è meglio che tu faccia un check up completo, non puoi sapere se i tuoi genitori avevano delle malattie congenite o se possa esserci qualcosa di ereditario. Così, anche sotto consiglio di Iago, aveva deciso di andare in quella clinica privata che l’aveva rigirata come un calzino. Tutto perfetto, Signorina, le avevano detto eppure, lei sapeva che le mancava qualcosa dentro, le mancava quel qualcosa in grado di farle provare emozioni forti, amore, pena, compassione per gli altri.
    Un cosmopolitan ordinò, una volta arrivata al bancone del locale che, era già gremito di gente. Dando le spalle al barista intento, prima ad osservarle i seni, poi a preparare il cocktail, Agnes diede un occhiata intorno, alla ricerca di qualcuno di conosciuto. Quando era da sola, non le piaceva sedersi ad un tavolino, preferiva sostare al bancone dove solitamente, riusciva a guadagnarsi qualche bevuta gratis e due chiacchiere con qualche avventore. Poco lontano da lei, in un angolo del locale, ad un piccolo tavolino illuminato da una abat-jour dal tono soffuso, la giovane potette riconoscere una testolina bionda a lei conosciuta. Eden Mardröm, allora non sei un topo da biblioteca come Frida voleva farmi intendere, anche a te piace uscire ed andare nei localini giusti! lo salutò stai aspettando qualcuno, o posso sedermi? Sai, mi sento così sola stasera.. annunciò lei, con garbo e tono fascinoso.

    non ho riletto.
    ti sbacio, cià!
     
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    Le cose non erano facili ultimamente. Scegliendo quello stile di vita, Eden sapeva a cosa andava incontro. Armi, copertura, denaro, droga, si muoveva fra quelle punte acuminate senza scomporsi, senza lamentarsi. Aveva scelto di lasciarsi tutto alle spalle e in sette anni non era mai tornato indietro, non ci aveva neanche provato. Diventare qualcun altro poi era stato più semplice del previsto. Sguardo serio, zero parlantina e qualche tatuaggio in più erano bastati far leva sul dolore per sbarazzarsi del superfluo. Niente feste, niente case con piscina, niente amici, niente famiglia: rinunciare era sembrata l'unica cosa giusta da fare. E, se c'è una cosa che Eden sapeva fare bene, era appunto privarsi. Degli affetti, della bellezza, del calore. Di qualunque cosa che avrebbe potuto distruggere. Che avrebbe distrutto.
    La scelta era stata fatta sì con sofferenza, ma anche con la stessa lucidità di chi ha ancora tutto da perdere. Rimuovendosi dall'equazione, Eden aveva permesso alla sua famiglia di continuare ad esistere. Da qualche parte senza di lui, sì, ma di esistere.
    Non era facile, dunque, il modo in cui Eden aveva scelto di vivere, ma sapere di potersi rendere utile aveva giocato un ruolo fondamentale nella sua ripresa. Una volta unitosi al programma undercovere - operation Julia, l'uomo aveva infatti trovato uno scopo per andare avanti e le difficoltà incontrate avevano sempre servito un obbiettivo più vasto. A complicare le cose si erano aggiunti altri fattori come gli anni e la solitudine che, seppur di controvoglia, si era piantata in lui come un proiettile al centro del cranio. Silenziosa era arrivata in punta di piedi e, anche se Eden credeva il contrario, maneggiarla non era sempre così semplice. Nella sua "Politica" Aristotele definiva l'uomo come “un animale sociale” che tende per natura ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società. Cosa resta quando ci si sveste di ciò? Un uomo solo, ricurvo sul bancone di un pub che fissa l'etichetta umida di una birra chiedendosi quante ne avrebbe dovute bere per riempire il vuoto che quella sera si sentiva addosso. Rigirò la bottiglia nella mano e strizzò gli occhi per mettere a fuoco le minuscole lettere stampate sul retro, il pollice a tenere il segno. Una Ægir Bryggeri, birra artigianale norvegese, tasso alcolico del 4.7%. Tornò a rigirarla fra le dita pensando al numero sette. Se non pieno, dopo sette o otto di quelle birre forse il buco al centro del petto avrebbe pesato meno. Un vuoto che pesa, come è buffa la vita. Che poi non se l'era scordato che alcool e psicofarmaci non vanno a braccetto. No, ma quella il limbo in cui Eden era sospeso si faceva labile, coi confini che da netti si ammorbidivano per smussare ogni regola. Se la meritava o no, una serata libera? E il fatto che l'unico modo che avesse per trascorrerla fosse in solitaria, alll'Egon pieno del venerdì sera la diceva lunga sulle gioie a cui Eden si concedeva. Dopo l'ultimo sorso di birra Eden raddrizzò le vertebre, salendo dai gomiti alle mani che a palmo aperto stringevano il bordo del bancone. Un'altra, grazie. Con due dita alzate catturò l'attenzione del bartender, il tono basso e l'accento ancora straniero nonostante i tanti anni passati in Norvegia. Neanche nell'attesa lo sguardo sembrò vagare e posarsi su altro, né la band che suonava né gli altri avventori del pub. No, Eden aveva tutta l'aria di trovare le bottiglie di alcolici sulla parete dietro il bancone parecchio interessanti. Allo sguardo di Eden infatti non erano bottiglie ma specchi, superfici riflettenti in cui le iridi attente di Eden tenevano d'occhio la situazione alle sue spalle. Non abbassava la guardia neanche dopo il lavoro perché il lavoro non finiva mai anzi, si faceva forse più pericoloso quando non era in "veste ufficiali". Quel tipo di mestiere non richiedeva divise o timbri d'ingresso, ma reclamava focus 24h su 24. Non si smette d'essere un criminale dopo le sei e mezza di sera. Con l'arrivo della terza birra Eden fece per piombare di nuovo con i gomiti sul bancone cambiando però idea all'ultimo. Prese uno sgabello alto e vi si poggiò senza davvero salirci, pronto a reagire qualora ce ne fosse stato bisogno. Inoltre, in quella posizione poteva sgranchirsi schiena e gambe ogni qualvolta ne avesse bisogno.
    La vide arrivare ancora prima di sentirla ordinare e, nonostante il riflesso nelle bottiglie la facesse sembrare un disegno ad acquerelli di whiskey, Eden aveva già capito che si trattava di una donna. Solo a una di loro infatti poteva essere attribuita quell'andatura ondeggiante, un po' come un cacciatore all'opera. E solo una donna avrebbe mai ordinato un cosmopolitan, sopratutto in un pub rinomato per la propria birra artigianale. Un accenno di sorriso sfuggì da quelle labbra sottili senza che questo lo spingesse a mostrare un particolare interesse nei confronti di quella che, in fin dei conti, era pur sempre solo una voce. E voce sarebbe rimasta se fosse dipeso da Eden. Nel sentire il suo nome però l'uomo scartò gli occhi turchesi di lato, il viso e l'attenzione rivolti ora sui colori scuri che l'avevano chiamato, ora un guizzo di interesse nello sguardo che prima non c'era. Rimase qualche secondo a fissare Agnes, la mente che accumulava in un unico grumo tutte le informazioni che aveva su di lei, ancora decisamente troppo poche affinché potesse rilassarsi davvero. Sbatté le palpebre una o due volte dopo dopo quell'incipit insolito, alzando poi le spalle e indicando con la mano lo sgabello libero. Yeah. Disse in inglese prima di attaccare le labbra al collo della birra per berne un bel sorso. Con un suono secco ma delicato Eden abbassò poi la bottiglia sul legno, gli occhi che tornavano sulla moretta. Non è qui l'anti-social club a cui mi sono iscritto? Ah. Ribatté sarcastico e poi perse del tempo a squadrarla con non troppa discrezione, un'analisi professionale strettamente necessaria perché, pur essendosi incrociati un paio di volte, non erano state mai abbastanza da spingerlo a farsi un'idea più precisa di lei. A giudicare dal viso, Agnes non poteva essere più in là dei ventotto, trent'anni al massimo. Cosa sapeva per certo di lei? Che lavorava per Torres, un criminale di una piccola organizzazione nota ma non così grande affinché la polizia se ne occupasse seriamente, e che i rapporti con Frida dovevano andare al di là dell'aspetto lavorativo. Nonostante la nota rigidità del suo caso, Eden aveva notato un certo affiatamento fra le due donne, deducendone che fossero in qualche modo amiche. Mi è stato detto che è il Bolgen il "localino giusto" per essere cool da queste parti, poi servono cosmopolitan ed è subito Sex and the city' vibe. Abbozzò una specie di sorriso mentre nella mente scorreva veloce l'immagine della madre di fronte alla tv che guardava Sarah Jessica Parker e le sue amiche sedurre Mr.Big. Fare conversazione non era il forte di Eden che, malgrado gli sforzi, non sembrava riuscire ad andare oltre le affermazioni con punto e a capo. Si schiarì la gola mentre una mano filava a tormentare i capelli, un gesto meccanico che faceva sempre. Forse avrebbe potuto ricavare qualche informazione in più sui suoi capi e sull'organizzazione in cui era infiltrato per volere della polizia. Forse per lo scopa valeva la pena impegnarsi un po' di più nell'interagire con Agnes. Hai detto che ti senti sola. Iniziò lanciandole uno sguardo obliquo, interessato. Doveva stare attento, una parola errata e avrebbe destato sospetti che su di lui erano meglio non aggiungersi. Già Frida non si fidava, ci mancava solo che la sua migliore amica le andasse a spifferare sensazioni davanti a una cioccolata calda durante un pigiama party. L'idea di Frida ad una festa del genere era decisamente surreale e, se si vuole, anche un po' grottesca. Stava per aprire bocca quando ci ripensò. Riflettendoci bene, non riusciva a pensare a una posizione migliore della sua per avvicinarsi di più ai capi dell'organizzazione e sollevando il discorso avrebbe potuto compromettere ogni cosa. Dubitava che Agnes potesse fornirgli molte informazioni importanti in più, non erano né lei né Iago le persone a cui la polizia era interessata. Anche io. Ammise non perché fosse spinto da un moto di spassionata condivisione ma piuttosto perché qualcosa doveva pur dire e quella, porca miseria, fu la prima che gli venne in mente dopo il cambio repentino di strategia. Lanciò uno sguardo all'orologio da polso. Un minuto alla mezza. Sei arrivata giusto in tempo però, stavo per festeggiare. Tra 30 secondi è il mio compleanno e l'avrei probabilmente passato in biblioteca se solo non fosse chiusa di notte. Scherzò Eden riferendosi al "topo di biblioteca" che a quanto pare lo riteneva essere Frida. Non sorrise però Eden, che da sette anni ormai aveva festeggiato il compleanno in completa solitudine e si sentiva strano a rompere quella che ormai era diventata una tradizione. Bevve l'ennesimo sorso di birra e poi chiese a bruciapelo. Cos'altro dice Frida di me? Se non dell'organizzazione, forse Agnes poteva condividere con lui informazioni che probabilmente avrebbero confermato i suoi pensieri: nonostante tutto ciò che faceva, Frida non si fidava ancora di lui e la cosa iniziava a frustrarlo.

    neanche io ho riletto. Cià <3


    Edited by paracosm - 19/7/2020, 17:41
     
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    L’abito verde smeraldo cadeva morbido sulle sue curve formose. Aderente nei punti giusti, utile a far risaltare quanto Agnes voleva mettere in mostra. Non era soltanto stile, quello che seguiva la ragazza ma un concetto ben diverso di perfezione. I colori giusti che mettevano in risalto i suoi occhi od i suoi capelli, gli abiti appositamente studiati per la sua forma del corpo. Era uno studio ben più profondo del semplice mi piace quel vestito, lo acquisto. Agnes era una figura ben studiata per riuscire a sfiorare la perfezione, che la sua fisicità le poteva permettere, unita a quella capacità che le rendeva ancora più calamitica. Niente al caso.
    Trovare Iago, era stata una liberazione per lei. Era stato l’unico ad accettare la sua natura più oscura, l’unico ad accettare le sue necessità ed il suo modo di essere così particolare e poco concepito dalla menta umana. La piccola orfanella aveva finalmente trovato il suo posto nel mondo, senza sentirsi sbagliata, senza dover reprimere il suo essere. Era finalmente sé stessa e riusciva a camminare a testa alta, sicura e bella come non era mai stata prima. Ogni suo passo, ogni suo movimento era capace di attirare l’attenzione di chi la circondava, per quel suo essere così sicura, sensuale, donna. Agnes non aveva paura di essere giudicata, non aveva paura di essere adulata, non aveva paura di essere attaccata: aveva trovato il suo posto nel mondo e aveva imparato a difendersi, ad accettarsi ed accettare gli altri. Con il tempo, aveva appreso che spesso chi più la disprezzava, semplicemente aveva desiderio di lei o di vivere semplicemente, quella parte di loro stessi che tanto somigliava a quello della ragazza e che non avevano il coraggio di tirare fuori. Lei non aveva più paura: non aveva paura delle sue piccole debolezze, non aveva paura del confronto, non aveva paura di mostrarsi, nuda e cruda come era. L’aveva appreso nel suo lavoro che, spesso chi si mostrava essere il più potente o ricco, era spesso una persona sola ed infelice della propria vita, che si chiudeva dentro una camera rossa per sfogare le proprie frustrazioni ed essere adulato da chi, veniva pagato per farlo. Uomini, giovani e vecchi, ma prevalentemente uomini.
    Osservava le persone davanti a lei, inebriate dal caos e dal profumo dolce amaro di alcol ed ormoni che vi erano in quel locale. Cacciatori e cacciatrici, amici intenti a stordirsi e divertirsi, c’era di tutto e di più in quel locale ma molto, ruotava intorno al sesso o al bisogno del sesso. Un argomento ancora ritenuto tabù per molti, ma che metteva in subbuglio anche i più timidi. Tutto ruotava intorno al sesso. Poteva sentirlo sulla sua pelle, mentre passo dopo passo, si beava di quel piacere nel raggiungere il bancone dove avrebbe ordinato il suo Cosmopolitan. Occhi indiscreti che la osservavano ondeggiare sui suoi vertiginosi tacchi a spillo dalla suola color rubino, un must per la ragazza. Sorrisi, occhiate maliziose, sguardo sicuro ed interessato. Poco lontano da lei una testolina bionda si fece spazio nell’interesse di Agnes. Qualcuno che ancora conosceva troppo poco ma che, avrebbe voluto conoscere meglio e che, faceva parte del suo mondo segreto. Prese posto affianco a lui, mentre faceva gli occhi dolci al barista che le aveva allungato la coppa con dentro il liquore rosastro. Ne prese un sorso, mentre si lasciava osservare dal biondo che non si nascose troppo nel farlo. Allora, mi trovi apposto? domandò, riferendosi alla radiografia del ragazzo o mi avresti preferito con un vestito più corto? continuò, lasciando che lo spacco, lasciasse libere la carne diafana delle sue gambe, mentre le accavallava (click). Occhi negli occhi, non aveva paura del confronto.
    Quindi sei anche simpatico? Ed un amante dei film anni novanta? Sex and the city è un must-have degli amanti della moda.. eppure i tuoi abiti sono piuttosto scontati e sarei piuttosto curiosa di vederti davanti alla TV a commentare la grande scelta tra Mr Big e Aidan Shaw soffiò lei, alzando la coppa al cielo, in segno di cin-cin, verso il suo nuovo amico. Lo osservò, mentre anche lui alzava il suo bicchiere al cielo, per poi prendere un gran bel sorso di birra. Wow, se vai avanti con questi ritmi, mi toccherà accompagnarti a casa scherzò lei, consapevole che forse il biondo era piuttosto abituato a bere. Spirito tenebroso e silenzioso, animo silente di colui che amava chiudersi in un bar e stordirsi per non sentire niente. Perchè quello era il motivo principale di chi, amava nuotare in mezzo a litri e litri di alcol: il fatto di cancellare il dolore, i pensieri, la solitudine. Si chiedeva quale fosse, di questi motivi, quello che portava Eden a bere da solo ad un tavolo, forse tutti, sicuramente almeno uno di questi. Hai detto che ti senti sola. Anche io. Cercò di capirlo, di inquadrarlo ma non era semplice. I suoi occhi erano come vuoti, perso nel nulla di una serata ad un bar. Color del ghiaccio, freddi e vuoti. C’è chi dice che non ci si sente mai soli davanti ad un bicchiere di alcol, che basta quello a fare compagnia ammise lei, osservandolo negli occhi Io preferisco condividere le mie bevute, ed anche il mio letto confessò, lasciandosi andare ad un sorriso malizioso e sincero. Voleva provocarlo, ma neanche troppo. Semplicemente lasciava libera quella parte di sé che molti non riuscivano a comprendere, che molti avrebbero gridato allo scandalo ma lui, che come lei navigava nel mondo della mafia, l’eccellenza dello scandalo mondiale, non si sarebbe certamente scandalizzato davanti a quelle confessioni. Un minuto alla mezza. Sei arrivata giusto in tempo però, stavo per festeggiare. Tra 30 secondi è il mio compleanno e l'avrei probabilmente passato in biblioteca se solo non fosse chiusa di notte. Lo guardò interessata, sorridendo più apertamente e creando un contatto tra i suoi occhi e quelli del ragazzo. Poteva sentire, la sua capacità diffondersi nell’aria e raggiungere colui che aveva difronte bene, e cosa desidera Eden Mardröm per il suo compleanno? chiese lei, interrompendo poi quel contatto per fare un cenno al barista di avvicinarsi. Si sporse verso di lui, pronta a sussurrare al suo orecchio Due shot di tequila, tra 15 secondi dobbiamo festeggiare un compleanno raccontò lei, tornando poi composta sul suo sgabello e voltandosi nuovamente in direzione dell’uomo. Osservò i due bicchierini posarsi sul bancone, insieme al sale e al limone, guardò l’orario sull’orologio del festeggiato, prima di annunciare Tanti auguri topo da biblioteca, questa serata ti andrà decisamente meglio di quello che avevi prospettato annunciò, alzando il bicchierino al cielo e buttato giù tutto d’un sorso, il liquido inebriante che vi era al suo interno. E siamo solo all'inizio..
     
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    Prendi fiato e ricomincia. Così riusciva a passare da un secondo all'altro senza scivolare, il tempo degli sbagli si era esaurito da un pezzo e quella era l'ultima possibilità per lui. Se fosse caduto di nuovo nel buio, Eden non sarebbe più risalito. La schiena rigida, gli occhi fissi all'apparenza solo sulla birra erano invece consapevoli del circostante, due sentinelle in azzurro. L'uomo in giacca e cravatta a tre posti da lui martellava il pavimento col piede, impaziente o forse nervoso; la signora al tavolo a sinistra continuava a controllare il riflesso in uno specchietto senza vedersi realmente, il pensiero lontano come alito sulla pelle di qualcuno che non si sarebbe mai presentato; poi il movimento di una mano che dal legno del tavolo si posava su una superficie meno intransigente e più morbida, un ragazzo che trovava coraggio per dichiararsi. Dal suo scomodo trespolo Eden sostò su quel gesto, sulle mani unite che chissà cosa avrebbero portato, tutto o forse niente, e a quanto pazzesco fosse che schiacciata tra due palmi qualunque potesse esserci tanta speranza. Il secondo sfociò nel successivo senza che Eden risalisse dalla trance, e formulò un pensiero che non avrebbe dovuto esistere. Immaginò la sensazione di un preciso dorso sotto le dita, il sangue che da canali sottocutanei diffondeva calore all'esterno. Il buio iniziò a strisciare dagli angoli della stanza, Ruèn aveva fame di pensieri felici. In quel momento qualcuno fece il proprio ingresso nel locale sbrigliandolo da quella fantasia appena in tempo, prima che si tramutasse in incubo. L'oscurità si ritrasse, il mormorio della malattia cessò, lasciandolo col l'amaro in bocca e la sensazione di caldo sui polpastrelli. In quei pochi mesi trascorsi nella città Eden aveva scoperto tantissime cose, e non tutte inerenti alla sua vita criminale-forza dell'ordine. C'erano aspetti della sua vita privata che aveva tralasciato, novità e stranezza di cui avrebbe dovuto prendersi cura e che invece rimandava continuamente. Come il preoccupante fatto che il buio negli angoli fosse tornato, e che in qualche modo sentisse sulla pelle le ansia e le paure altrui. Sebbene Ruèn fosse ben lontano dalla psicosi con un volto e in grado di parlargli, il fatto che lo avvertisse nonostante le medicine non faceva presagire nulla di buono. Non riuscì a rimuginare sul concetto troppo a lungo però, perché la donna che l'aveva affiancato iniziò a rivolgersi proprio a lui. Agnes l'aveva riacchiappato per il rotto della cuffia, chi se lo sarebbe mai aspettato. Le sopracciglia inarcate verso il cielo, osservò con sorpresa la sfacciataggine di quella donna dal viso di bambina. Non ci aveva mai fatto caso prima, non lo faceva mai, ma in quel momento la trovò molto bella, avvolta nel vestito verde di cui non potè far a meno di seguire la lunghezza fin dove lecito. "No, ci sarebbe stato poco spazio per la l'immaginazione altrimenti." Aveva risposto dopo qualche secondo prendendosi il giusto tempo per ribattere. Non aveva mai fretta, Eden, a cui piaceva essere in orario perfetto anche nelle conversazioni. E quella aveva già preso una piega non nuova, ma molto particolare per lui, che da sette anni a quella parte faceva in modo di evitare anche il più tenue di quei discorsi. Pensò ad Eva, la donna nascosta dietro una palizzata di freddezza simile alla sua. Non sapevano praticamente nulla l'uno dell'altra, si incontravano quando ne sentivano il bisogno e quel tacito patto faceva funzionare le cose. Per ora. Era consapevole che non sarebbe potuto durare per sempre e neanche lo voleva, si davano quello che cercavano e andava bene così. Eccolo invece seduto al bancone di un bar, neanche propriamente ubriaco, con una ragazza alla quale non aveva mai pensato prima di allora, e stavano flirtando. Gli occhi lasciarono perdere Agnes per concentrarsi sull'ennesimo sorso di birra, la mente che per qualche strana ragione non riusciva però a fare altrettanto, come rimasta impigliata tra le onde dei capelli neri o fra le pagliuzze scure negli occhi languidi. A proposito, erano viola? Reclinò la testa all'indietro per acchiappare anche l'ultima goccia, allungando poi la bottiglia vuota in avanti lontano da lui, e per un attimo si sentì di nuovo lucido. Ma il momento durò poco, perché quel suono mellifluo bussò di nuovo al timpano, costringendolo a voltarsi. "Ehi there, che hanno i miei vestiti che non va? Questa è la giacca più bella che ho." Con le dita strette sul tessuto tirò i lembi di quella giacca di pelle che aveva visto tempi migliori. Come molte altre cose da allora, gli oggetti avevano smesso di avere una grande importanza per lui da quando Boyd era diventato solo Eden. Erano pochissime le cose di valore che possedeva, enormi di valore affettivo e minuscole sul mercato. È quando si perde ogni cosa che si capisce il valore di tutto. Cercò di scavare nella mente alla ricerca di ricordi legati alle serate da piccolo spese a guardare quella serie con la madre, quando lei non era ancora strafatta e lui non aveva ancora perso la testa. Ricordava poco, diapositive sconnesse che dal buio riemergevano per pochi secondi appena, forse troppo deboli per combattere le tenebre, forse disabituate a venire a galla. "È semplice: Shaw, già solo per il fatto che costruisce mobili. Una donna dovrebbe sempre scegliere chi fa lavori fisici, vuol dire che sa come usare le mani." In condizioni normali non si sarebbe mai sognato di fare una battuta tanto triste, e per stemperare ridacchiò senza prendersi troppo sul serio. Quel genere di cose le tirava fuori solamente quando Pedro era nei dintorni, in qualche modo quell'uomo riusciva a tirare la parte più infantile di lui e non era strano ritrovarsi a ridere come scemi. "Era una delle serie preferite di mia madre. Quasi d'obbligo per una donna di mezz'età americana negli anni novanta." Aver anche solo accennato di sua madre a Agnes lasciò Eden davvero confuso. Era come se le parole uscissero dalle sue labbra una facilità a loro estranea, e l'uomo lanciò un'occhiata di rimprovero alla birra come se potesse essere colpa dell'alcool. Si conosceva, però, e sapeva che ci sarebbero volute più di tre birre per ubriacarlo. Aggrottò le sopracciglia, un istante di sospetto lo costrinse a irrigidire tutti i muscoli del suo corpo. Cosa stava succedendo? Ma gli occhi di lei intercettarono di nuovo i suoi mentre la voce tornava a raggiungerlo, dolce e ammaliante come nessun altra. E Eden sorrise, come dimentico della preoccupazione di poco prima. "Reggo bene l'alcool, o almeno così credevo." Ammise con una scrollata di spalle e le mani strette l'una all'altra sul bancone. Si sentiva bene e, anche se percepiva che qualcosa non quadrava del tutto, non riusciva a trattenere l'idea troppo a lungo, spazzata sempre via da quello sguardo stranamente violaceo. Ordinò la quarta birra che privò subito del tappo, promettendosi tuttavia di prendersi più tempo per finirla. "Chi ha detto questa stronzata non si è mai sentito davvero solo." Confessò, la mente che attraversava alla velocità della luce gli ultimi istanti di compagnia che l'avevano condotto a quel punto, ben sette anni prima. Poi un nome balenò nella testa. Mia. Se fosse stata un momento, l'avrebbe trovato l'unico della sua nuova vita in cui non si era sentito in insolazione. "Io preferisco condividere le mie bevute, ed anche il mio letto " Occhiata laterale, ennesima connessione di sguardi la cui magia dipendeva interamente da quella particolarità a lui sconosciuta. Un sorriso obliquo, malizioso, non da lui. "Uh sì? Io credevo di no, ma è un'altra delle cose che questa sera sembrano andare curiosamente al contrario." Voleva bere con lei, voleva addirittura condividere qualsiasi altra cosa prospettasse la serata. Nel sentirla ordinare gli shot di tequila, nella mente di Eden si fece largo l'idea di come potesse andare a finire. La cosa assurda fu che non la rifiutò anzi, al pensiero sorrise.
    Lasciò che del tempo si insinuasse tra la domanda successiva e la sua risposta, riempiendolo del tintinnio dei bicchierini che si scontravano e la punta della lingua che tirava via il sale dal dorso della mano, pelle che forse avrebbe preferito essere quella di Agnes. Ingoiò il liquido caldo, allora, non andando però a mordere la fetta di limone stretta fra pollice e indice, ideata per contrastare il sapore amaro della tequila, ma allungando il braccio verso di lei, sospeso come un ponte fra loro. L'altra mano, intanto, si era posata sul dorso di quella di Agnes, morbida e talmente bianca da sembrare ultraterrena. "Non dimenticarti del limone." Non era una domanda ma un invito a succhiarne la polpa dalla sua mano. Uno schiocco di labbra, le mani che di nuovo tiravano indietro i capelli biondissimi. "Eden Mardröm?" Ripetè quel nome che ormai calzava come una seconda pelle, la sua altra personalità. Era curioso che si fosse riferita a lui in terza persona, perché così si era sentito da quando quella follia della doppia vita era cominciata. Ci pensò su. Cosa voleva? Sapeva che Boyd non avrebbe mai potuto lasciare che una cosa del genere accadesse, ma invece Eden? D'altronde ne vestiva i panni da una vita e non aveva mai davvero allentato la presa. Ci era andato vicino, sì, ma era sempre riuscito a stare legato a quei principi strani che lui definiva morali, non sorpassando mai troppo la linea. Forse era stanco morto, forse voleva abbracciare quella nuova identità fino in fondo, almeno per una notte. "Non vuole stare da solo questa notte. Pensi di poterlo aiutare?" Aveva smesso di sorridere e ora la fissava con intensità disarmante. Non poteva saperlo, Eden, ma quelle come lei approfittavano delle debolezze e della disperazione altrui per raggiungere i loro scopi. E Eden ci era cascato in pieno, dimenticandosi di Frida e dalla domanda a cui Agnes aveva evitato accuratamente di rispondere. Dimenticò Beth, Timmy, la polizia, Pedro, Debbie, il Bianconiglio, Andres. Diamine, accantonò anche Mia, succube di un'influenza dolce, invisibile ma persistente. Era la mezzanotte del suo trentanovesimo compleanno e Eden si era lasciato ancora una volta tutto alle spalle. Le ore compresse fra la mezzanotte e l'alba hanno la strana tendenza di farti sentire o sulla vetta più alta del mondo o dieci metri sotto terra, e Eden voleva scalare il monte Everest.

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    NON HO RILETTO SCUSA
     
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    L’atmosfera nel pub era come sempre: arcobaleno. Vi erano all’interno le persone più diverse tra loro, con sentimenti contrastanti ed idee delle più diverse. Le piaceva osservare le persone, cercare di carpirne i più reconditi desideri e trarre da questi ispirazione. Era chiaro che tra i più, poteva percepire il desiderio di soldi, sesso, poi di nuovo soldi, ed ancora sesso. Poi c’era amore, un sentimento profondo che Agnes non aveva mai conosciuto in vita sua, se non l’affetto che la legavano a Iago e a Frida. Si era chiesta spesso come fosse, amare qualcuno. Cosa significasse mettere da parte sé stessa per far prevalere un’altra persona oppure, pensare per due. Due, un binomio particolare che nella vita di Agnes non era mai esistito, se non per quel nucleo famigliare che aveva strambamene creato con il suo salvatore. Era tutto per lei Iago, ne era totalmente e completamente riconoscente e sarebbe stata l’unica persona per cui forse, avrebbe sacrificato la sua stessa vita. Era strano non provare tutti i sentimenti che un cuore umano era capace di provare. Era come se le mancasse una parte di quel muscolo, come se qualcosa di fosse addormentato in lei e le sembrava normale vivere così. Per lei era normale vivere i suoi giorni improntando le sue giornate sul lavoro, il divertimento e l’affetto che poteva provare per così poche persone che si potevano contare sulle dita di una sola mano. Le andava bene così e forse, si crogiolava nel fatto di non complicarsi ulteriormente la vita. Le persone che amavano, soffrivano e piangevano. Si sentivano sole e abbandonate, sentimenti che la donna dai capelli color della pece non aveva mai provato in vita sua. Lei si bastava e, quando aveva bisogno di compagnia le bastava sfoderare il suo fascino che, riusciva a superare anche la sua stessa capacità. Perchè Agnes, aveva insito in sé l’arte della sensualità che nessuno le aveva tramandato, ma semplicemente aveva imparato da sola per sopravvivere. Perchè era bella, elegante, perfetta nelle sue imperfezioni e sensuale, uno sguardo magnetico che era capace di intrigare anche il più disinteressato degli interlocutori. Quando era una bambina, si era chiesta perché gli altri la guardavano così, perché le persone non riuscivano a togliergli gli occhi di dosso ma soltanto qualche anno più tardi, Agnes ne aveva fatto di quel difetto, una capacità che l’avrebbe aiutata ad andare avanti e ad ottenere cose di cui aveva bisogno.
    Davanti a lei, Eden Mardröm sembrava osservarla per la prima volta, con gli occhi azzurro terso che accarezzavano la sua pelle nuda e la gola, che sembrava sempre più secca tanto da buttare giù anche l’ultima goccia di quella birra che, sembrava scendere dall’esofago come fosse acqua. Esattamente.. convenne lei, consapevole che non doveva mai mostrarsi troppo, che la sorpresa era fondamentale per stuzzicare l’animo delle persone E dimmi, la tua immaginazione cosa dice? chiese lei, curiosa di cosa avrebbe risposto il ragazzo, mentre con il volto si appoggiava a quella mano che era sostenuta dal gomito appoggiato sul bancone. Sorrise, nel vedere il ragazzo sciogliersi dal ghiacciolo che si era sempre dimostrato essere, anche nei discorsi che sopravvenivano con la sua cara amica. La divertiva vedere, come la sua natura suscitasse interesse anche nei cuori più marmorei, come non solo la sua capacità, ma anche la sua persona fossero in grado di attirare gli altri. Non stava esagerando con la sua particolarità Agnes, stava semplicemente sciogliendo il clima, il resto veniva da sé, sorso dopo sorso, bevuta dopo bevuta. Si dedicò nuovamente al suo cosmopolitan, mentre aspettava una risposta dal ragazzo color cenere davanti a lei. Capelli biondo cenere, occhi azzurro ghiaccio e pelle diafana: un uomo di ghiaccio come la palette dei suoi colori, che grazie al colore più grazioso di lei iniziava a sciogliersi e lasciando spazio a quel lato represso di sé stesso che forse, più spesso avrebbe dovuto tirare fuori. Diciamo che sembri uscito da un centro di recupero, p. Penso che quella giacca, abbia più anni di me e te messi insieme affermò lei, osservando le parti consunte del suo abbigliamento, soprattutto nella zona dei gomiti. Certo, quel look avrebbe funzionato sicuramente nel recitare la parte dell’uomo tenebroso, ma un po' di sana decenza non sarebbe dispiaciuta affatto. Passa da me in negozio disse, allungando un bigliettino dell’atelier che teneva sempre – per i suoi tornaconti personali – dentro la pochette ti farò un prezzo ottimo, è o non è il tuo compleanno? sorrise lei, lasciando muovere i capelli che ricadevano morbidi e scuri sulle sue spalle.
    Interessante punto di vista, anche se dovresti lasciare a noi donne queste affermazioni.. oppure come me, non ti lasci impressionare dalle barriere culturali e di genere? domandò curiosa, non lasciando gli occhi del suo interlocutore, troppo curiosa di carpirne una sua reazione. Occhi negli occhi, iride nell’iride. Avrebbe potuto dire che aveva ragione, Agnes. Non sarebbe stata sincera però: aveva trovato nella sua lunga vita sessuale persone intellettuali più interessanti di quelle manuali, chi aveva bisogno di ripiegare nel sesso tutte le proprie doti creative e dio, alcune ci sapevano veramente fare, riuscendo a stupirti. Mettevano da parte la loro mente matematica e via, la parte più oscura di loro usciva fuori, regalandoti spettacoli alle volte esilaranti. Quante ne avrebbero potute raccontare, lei e le sue ragazze, su coloro che frequentavano il suo club. Senza contare che ad Agnes andavano sempre i clienti migliori, essendo lei la proprietaria di quel luogo pittoresco. Tu ti ritieni uno Shaw o un Mr. Big? domandò ancora, consapevole di stuzzicare l’animo del ragazzo. Lo stava mettendo alla prova, stava giocando con lui e con i suoi nervi per capire quanto subiva la pressione di un argomento che, era chiaro non fosse troppo abituato a varcare. Silenzioso, taciturno, distante, non era mai apparso in quelle poche occasioni in cui aveva potuto vederlo, uno che si sarebbe sganciato la camicia facilmente e non solo in senso pratico, ma anche letterale. C’era un motivo per cui Frida lo riteneva noioso ed un tipo non apposto, c’era qualcosa in lui che non le piaceva e seppur ad Agnes non fregasse poi molto, dato che non erano problemi suoi, si sarebbe divertita a cercare di conoscere meglio il ragazzo. Più una cosa infastidiva gli altri, più lei ci si buttava a capo fitto. Doveva stare attenta con lui, lo aveva capito dalla prima volta che l’aveva visto affianco ai Sandstrom: non doveva ammaliarlo ma neanche lasciarlo libero, doveva riuscire a suscitare una sorta velata di potere che l’avrebbe intrappolato ma senza farlo del tutto suo, altrimenti il gioco si sarebbe fatto troppo noioso. Agnes amava giocare, ma si annoiava anche facilmente e quello stadio a metà, tra il brivido e la paura, avrebbe reso il tutto più divertente e soprattutto, avrebbe lasciato parte della lucidità del ragazzo vivida in lui, senza stordirlo totalmente come un pupazzetto. Poteva vedere i suoi occhi, dubitare e poi nuovamente lasciarsi trasportare. Era divertente, mentre lasciava che il suo drink scaldasse il suo cuore solo. Vedremo tra un po', se è vero che reggi bene l’alcol o se ti dovrò caricare sul primo taxi che passa, sarebbe un peccato. Non ti lascerò comunque accasciarti in uno dei locali più famosi di Besaid, tutto solo e soprattutto dopo che ti hanno visto in compagnia con me. Ho una reputazione da proteggere sorrise lei, risata che andò ad intensificarsi quando lo sentì ammettere che chi pensava che l’alcol bastasse a tenere compagnia, non si era mai sentito veramente solo. L’alcol serviva soltanto a sedare i malumori ed Agnes, lo sapeva bene seppur non l’avrebbe mai confessato ad anima viva. Sentiva perennemente qualcosa mancarle nella sua vita, solo che non sapeva dargli un nome. Bhè, hai imparato qualcosa su di me questa sera ammise lei, consapevole di aver confessato lui una delle sue poche debolezze, cioè quella di non amare stare da sola, sia davanti ad un bancone di un bar, che tra le coperte del suo letto.
    Rimase in silenzio, ad ascoltare il frastuono tra di loro, mentre il barista finiva di preparare le tequila che aveva ordinato. Non aveva dei veri piani per quella sera, certo, era curiosa di scoprire qualcosa in più su di lui ed aiutare quella che poteva essere definita come la sua unica amica ma, al contempo, Agnes voleva soltanto divertirsi. D’altronde, lei lavorava solo per sé stessa e per Torres e non si sentiva legata a nient’altro, se non al suo stesso desiderio. Mentre i bicchierini da shoot venivano alzati in aria, scontrandosi in una collisione simile ai loro sguardi, Agnes si preparò ad ingoiarne il liquido trasparente che le avrebbe portato un fuoco dentro. Sale e limone, ingredienti che accompagnavano al meglio quell’alcolico che di tanto in tanto si divertiva a bere. "Non dimenticarti del limone." un invito esilarante uscito dalle sue labbra, ma invitante per una come lei che non si faceva problemi mentali sul sembrare o meno una puttana se avesse accettato nel rispondere. Non aveva paura di fare ciò che aveva voglia Agnes, non aveva paura di essere giudicata perché sapeva che tutti, nel bene o nel male, avevano i propri segreti e le proprie fantasia. C’era semplicemente chi aveva il coraggio di mostrarle e chi invece, mentiva. Si sporse, avvicinandosi verso di lui per assaporare il succo acido di quel frutto. Proibito, avrebbe potuto dire dato l’occhiata interessata che il barista stava lanciando loro, pronto ad osservarli come se avesse voluto trovarsi tra loro due. Sempre più vicina, sempre più ammaliante, non solo per il suo sguardo ma anche per il suo profumo inebriante, per quei tocchi sfiorati che avrebbero risvegliato l’animo di ogni uomo. La mano appoggiato poco più su del ginocchio di Eden, un po' per mantenere l’equilibrio in quel gesto sporto in avanti, un po' per provocarlo silenziosamente. Eden Mardröm? Non vuole stare da solo questa notte. Pensi di poterlo aiutare? sorrise maliziosa, sporgendosi verso l’orecchio dell’uomo e sussurrando sensualmente consideralo il tuo regalo di compleanno, prima di tornare al suo posto e chiedere un secondo giro gratis al barista. Era facile per lei, finire le serate in bellezza e a tasche ancora piene.
    ho postato senza rileggere e da ubriaca, non so cosa ne sia uscito ahaha


    Edited by charmolypi - 15/11/2020, 00:43
     
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    Non era strano per Eden trovarsi a bere, non lo faceva spesso ma a volte capitava, sopratutto se era Pedro a trascinarselo in giro le notti dopo il lavoro. Quel tipo, pazzo da legare, era assurdamente riuscito a insinuarsi nelle sue giornate e a farne parte anche in orari prima impensabili, fuori dal Bianconiglio e, quindi, oltre l'essere semplicemente colleghi. Ci aveva pensato, Eden, era assurdo che fosse proprio Pedro il primo e unico uomo a considerare un vero amico; il solo che gli sarebbe venuto in mente di chiamare per farsi un giro o per un'emergenza era anche, paradossalmente, colui a cui stava potenzialmente rovinando la vita. Non direttamente, erano i pezzi grossi a interessare alla polizia, ma giorno dopo giorno e informazione dopo informazione Eden lavorava incessantemente per distruggere il sistema criminale di cui Pedro faceva parte. Era anche per colpa di quella vicinanza fra i due uomini che le confusione continuava a ronzargli fra le tempie sempre più rumorosa, la linea fra lui poliziotto e lui criminale sempre meno nitida. Non era strano, dicevamo, inciampare in Eden seduto al bancone di un bar, la cosa insolita era trovarlo a bere con una donna. Conosciuto infatti per la sua riservatezza, il suo rigore interiore non si limitava a non mischiare piacere a lavoro: Eden manteneva la sua vita privata su un piano completamente a se stante, come fosse un'altra esistenza. Comunque limitata a pochissime attrattive, quel che succedeva fuori dal Bianconiglio rimaneva per i più un segreto. Il cane, la moto, le notti fugaci con Eva a prendere e dare quel che l'uno cercava e l'altra voleva, il trekking una domenica si e l'altro no, Santa Fè, Beth, Timmy e l'impronta del suo piede neonato sotto la pianta di quello di Eden, l'amaca sul patio, il suo pollice nero che sterminava pianta dopo pianta senza che lui potesse farci niente come fosse un crimine genetico, l'insonnia, i film visti sera dopo sera da solo, Ruèn, le ombre e la malattia col fiato sul suo collo, qualunque cosa fosse quella che lo annodava con un nodo stretto a Mia. Capite allora la stranezza di vederlo così, a bere, in compagnia , flirtando persino. Che non sono il primo uomo a cui fai questa domanda e che sei qui per qualcosa di preciso. Mi sfugge cosa però. Rispose con il solito tono, pacato e profondo, accennando un ghigno a labbra strette. Era alticcio, è vero, ma non abbastanza da illudersi che Agnes gli avesse mostrato interesse per il semplice fatto di averlo trovato lì. Ai per caso Eden non ci credeva, convinto che nella vita ogni cosa accada per una ragione e che, quella ragione, sei tu a crearla. Cosa cercava esattamente da lui? La studiò tra un bicchiere e l'altro di alcool, arrivando però a perdere leggermente di vista gli originali sospetti che volevano la ragazza lì per un motivo preciso, arrivando ai superalcolici con la mente meno lucida di quando le aveva guardato la pelle fra lo spacco del vestito. Sembrava che l'alcool alla fine qualche effetto cominciasse a farlo anche su di lui, forse aiutato dal potere che, all'insaputa di Eden, la donna stava esercitando lievemente su di lui. Diciamo che sembri uscito da un centro di recupero, p. Penso che quella giacca, abbia più anni di me e te messi insieme Scoppiò in una breve risata, stranissimo sentire un suono tanto naturale uscire da una persona così rigorosamente sull'attenti. Si asciugò le labbra strappando residui di birra con il dorso della mano. Ok che è vintage ma lo immagini decisamente troppo vecchio, quanti anni credi che io abbia? A proposito... Un palmo stretto alla bottiglia e l'altro che sbatteva sulla fronte, aperto. Quanti anni hai tu? Non chiedere l'età a una signora per per Eden una stronzata contro la parità dei sessi, che potesse non volerglielo dire era un'altra questione. Pensò a quanti ragazzini avesse intorno in quel periodo, e come molti di loro fossero addirittura suoi superiori. Frida, Anders, Debbie, tutti con quasi dieci anni di meno sul groppone... l'unico adulto che gli sembrava di conoscere era Pedro, un paradosso viste le stronzate che insieme riuscivano a sparare e, ahimè, a volte anche a combinare. Lui, che mai aveva pensato all'età come a un problema, a Besaid cominciava a sentirsi Matusalemme. Allora lanciò l'ennesimo sguardo a Agnes, così vestita non sembrava poi una ragazzina ma era sempre meglio chiedere, sopratutto per il mood verso cui la situazione stava precipitando, qualcosa che necessitava la presenza di due adulti consenzienti. Per forza. Allungò la mano per incastrare fra le dita il biglietto da visita che gli aveva dato, rigirandoselo poi tra medio e pollice mentre gli lanciava uno sguardo. Inarcò le sopracciglia, Eden, così tanto che quasi scomparvero sotto il ciuffo di capelli biondi sulla fronte. Speravo non so, in una moto nuova, una giornata alla spa, un bacio ma mhm...Grazie? Disse titubante ma scherzando, girando il bigliettino a guardarne il retro prima di farlo scivolare nella tasca interna della giacca, consapevole solo in quel momento di quante bottiglie di birra si fossero accumulate al suo fianco. Era sotto psicofarmaci, così tanto da bere non andava per niente bene. Si impose di smettere, unendo le mani sul bancone e allungatosi con la schiena verso di esso, gli occhi chiari puntati ora unicamente sul viso di lei. Distraiti. Lasciò perdere le differenze culturali e di genere - non era nelle condizioni - le sopracciglia appena aggrottate e la bocca atteggiata a un mezzo sorriso curioso e vagamente lucido mentre, girando le gambe di traverso al bancone, le sue ginocchia sfiorarono quelle di Agnes. Si guardò le mani, aprendole e chiudendole scrollando poi le spalle. Erano grandi e forti, ma non erano buone come quelle di Mr. Shawn. Non lo so. Ammise. Non ci resta che scoprirlo. Ammiccò nella sua direzione, incauto come non era da moltissimo tempo. Si stava lasciando andare, Eden, avrebbe potuto lasciarsi sfuggire qualcosa o farne una di cui si sarebbe pentito. Non sarebbe stata poi la prima vola e non poteva che finire malissimo. Non era certo a cosa esattamente si stesse riferendo, forse al saper usare le mani o, forse, ogni cosa era dettata dalla profonda solitudine di cui non riusciva mai a liberarsi, neppure volendolo. Lo voleva Eden. Voleva liberarsene ora. E tu chi sei? Ahh lasciami indovinare...Samantha Jones? Azzardò con un sorriso mentre allungava una mano per sfiorarle la spalla nuda. Tutto di quella situazione gli sembrava surreale, compresa l'attrazione che provava per lei. Non erano tanti i momenti come quello, ancora meno le occasioni per uscire con una donna. Aveva sempre fatto quel che facevano lui ed Eva, si incontravano appositamente in una qualche stanza di hotel per stare bene insieme e non c'era nulla di male in quello. Sapevano entrambi cosa volevano e, al minimo accenno di cambiamento da parte dell'uno o dell'altro, la cosa sarebbe finita. Quel rapporto era piacevole proprio nella sua semplicità, ma a volte anche a Eden mancava avere qualcuno accanto anche e non solo per sesso, qualcuno con cui condividere gli spazio vuoti per riempirli, per colmare le sue metà desertiche. Come l'altra parte del divano o la metà fredda del letto. Sospirò, Eden, passandosi una mano fra i capelli biondi per scompigliarli involontariamente. Cosa cerchi da me, Agnes? Fece in tempo a chiedere prima che il pensiero tornasse a perdersi tra i meandri di quell'assurda conversazione. Tutti quei dialoghi insensati su sex and the city, gli sguardi, l'interesse: lo sentiva, Eden, che c'era qualcosa di più, qualcosa su cui in quel momento la sua mente leggermente confusa non riusciva proprio stringere le dita, una spia rossa contro occhi improvvisamente daltonici. Ogni tanto la parte guardinga di lui tornava a riemergere dal torpore, imponendogli di stare attento ma Eden non era nello stato di poterle obbedire davvero. Per questo chiese quella cosa, poco convinto persino lui delle sue motivazioni. Forse Agnes voleva semplicemente stare con lui e godersi la sua compagnia, era davvero così strano da credere? Sorrise anche lui, concentrandosi però su qualcosa che aveva attirato la sua attenzione molto di più della reputazione che diceva di dover proteggere. Sotto, da qualche parte fra le onde di capelli scuri, Agnes aveva paura di restare sola e glie l'aveva appena confessato. Si, una tua debolezza. Disse piano, occhi negli occhi. Non era semplice, confessarsi in generale, e Eden si chiese se avesse davvero avuto intenzione di farlo o le fosse più che altro sfuggito dalle labbra. E pensare che io credevo volessimo solo divertirci questa sera. Scherzò per stemperare l'atmosfera, riferendosi al fatto che le paure fossero questioni ben lontane dalla leggerezza di una serata alcolica. E pensare che non aveva neanche avuto il bisogno di usare la sua particolarità. La nascondi bene, comunque. Non l'ho neanche sentita, forse perché si confonde così bene con quello che provo io. Siamo simili su questo. Si lasciò sfuggire quella frase che probabilmente Agnes non avrebbe davvero colto, erano in pochissimi a sapere la capacità che Eden aveva di individuare i timori altrui. Inoltre, non aveva mai ammesso ad alta voce quanto gli costasse essere sempre solo. Ogni volta che ti ho incrociata eri con qualcuno...Nessuno che valga la pena di trattenere più a lungo? Si riferiva ovviamente a quel tassello mancante di cui Agnes sembrava sentire la mancanza. Si stava addentrando in un territorio pericoloso Eden, non voleva che quelle stesse domande si riflettessero poi su di lui. Ma era piacevole, conversare con qualcuno, soprattuto se quel qualcuno ti guardava come Agnes stava guardando ora lui. Bevvero insieme e presero il secondo giro tra le mani. Spostiamoci, ti va? Le disse alzandosi per farle strada verso un tavolino minuscolo all'angolo più lontano della sala, leggermente appartato dal resto degli avventori. La sala era così gremita e il tavolino così piccolo che dovettero mettersi uno di fianco a l'altra, quasi addossati alla parete di fondo. I bicchierini tintinnarono ancora e il secondo round di shots gli bruciò nello stomaco come una vampata. Poggiato il bicchierino sul tavolo, Eden si girò lateralmente per fronteggiarla. Allora...tu e Frida. Inspirò dal naso come se stesse iniziando un argomento difficile. Siete molto di più che colleghe d'affari, sembrate amiche, giusto? Come faccio ad entrare nelle sue grazie? Vorrei solo che iniziasse a fidarsi di me e del lavoro che svolgo. Aveva sfiorato la gamba di Agnes con i polpastrelli, la mente che cercava di uscire dalla nebbia, pensare meno alla sua pelle e più agli affari. Hai qualche consiglio da darmi? Le fece un sorriso, non interrompendo mai il contatto visivo e quello sensoriale.
    Stai attento Eden, che a giocare con il fuoco prima o poi ti scotti. Pensò inumidendo fra loro le labbra sottili.

    come al solito, rileggo nel duemilamai. No scherzo, dopo leggo promise!
     
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    Alquanto egocentrico. Non la facevo una tua caratteristica osservò, distogliendo lo sguardo dal suo interlocutore per posare i suoi occhi in quelli del barista che sembrava impossibilitato dal toglierle gli occhi di dosso. Sorrise, compiaciuta da quel fascino che riusciva a disperdere nell’aria, come fosse una spruzzata di profumo. Non avrebbe mai smesso, di trarre soddisfazione dalle reazioni dell’altro, come fosse un marchingegno elettrico che ricaricava se attaccato alla corrente. Con la coda dell’occhio, teneva sempre sotto controllo la situazione, come era solita fare. Mai perdere il controllo. Mai farsi trovare impreparata. Alquanto divertente, il velato commento che aveva fatto il suo compagno di bevuta che vedeva Agnes in quel bar per uno scopo preciso, riguardante lui. Mi sembra di capire che il divertimento non rientra nei tuoi hobby. Dimmi Eden, il lavoro è la tua unica passione? domandò lei, incuriosita comunque dalla sua risposta. Non era capitata in quel bar per sbaglio, ma neanche per inseguire lui. Era sempre stata una donna di compagnia Agnes, una che utilizzava quelle situazioni a suo vantaggio, stringere nuove conoscenze poteva esserle sempre utile ed in quel caso, aveva trovato lui. C’è chi ha altri obiettivi nella vita, oltre al lavoro. Mi stupisce che tu non sappia che ho molti hobby, nella mia vita e che non amo lavorare e basta soffiò appena, lasciando dischiudere le sue labbra colorate con un rossetto scuro matt, a lunga tenuta. Ma già che siamo qui, insieme, potrei voler scoprire se sarai o meno una spina nel fianco per me e Iago chiese lei, con voce melodica, inserendo prepotentemente i suoi occhi dentro quelli di lui. Voleva bene a Frida, ai Sandstorm, ma era ovvio che il principale pensiero per Agnes fosse la sua sopravvivenza e quella dell’unica persona che formava il nucleo famigliare che lei e Iago avevano deciso di creare. I suoi occhi cangiarono in un colore brillante, un viola ametista brillante, per poi tornare al solito blu indaco.
    Vedendo l’abbigliamento, lo sguardo tenebroso e le rughe in mezzo agli occhi che ti ha portato questo essere sempre così serio.. direi almeno una cinquantina lo prese in giro lei, cercando di rimanere impassibile davanti ai suoi occhi azzurri cielo, notando per un istante un’espressione contrariata sul suo volto. Sorrise, prima di riprendere a parlare Credi veramente che io non sappia la tua età? domandò lei Mi sottovaluti Signor Mardröm, potrei rimanerne offesa rispose, alludendo al fatto che raramente si lasciasse sfuggire qualcosa, soprattutto quando andava a trattarsi di lavoro e possibili collaboratori. Finalmente qualcuno che non si preoccupa di non chiedere l’età al gentil sesso. commentò velatamente, non lasciando percepire se il suo fosse un commento realmente concordante con la sfrontatezza del ragazzo o meno, nel chiederle l’età. Abbastanza da aver già indossato il velo del lutto matrimoniale ammise lei, percependo dove la domanda dell’uomo voleva andare a parare. Evitiamo il giochino di quanti anni mi daresti? siamo tutti e due abbastanza maturi da sapere che stasera potremmo strapparci i vestiti di dosso senza finire in galera lo provocò lei, mantenendo un tono di voce piuttosto pacato.
    Pensi sia realmente quella, la solitudine? domandò, sporgendosi appena in sua direzione, accorciando le distanze tra i loro volti. Vista dall’esterno, la loro poteva sembrare una danza di seduzione animale: si osservavano, si annusavano, studiavano la situazione avvicinandosi con prepotenza l’uno all’altra. Vi erano molte vibrazioni nell’aria, poteva percepirne la presenza che si interponeva tra di loro, quasi ad essere palpabile. Vi era però molto altro: il gioco di due capibranco che studiavano l’avversario per capire quanto potessero essere pericolosi l’uno per l’altra. Non vi era tenerezza nei loro sguardi, ma piuttosto sfida. Non vi era paura, piuttosto velata curiosità. Non vi era innocenza, piuttosto la prepotenza di chi ne aveva viste molte, seppur la loro vita fosse stata finora alquanto breve. Non aveva intenzione di aggiungere altro, avevano parlato anche fin troppo e non era quello il luogo - e soprattutto la persona - con cui confidarsi. Non lo avrebbe mai fatto comunque, con nessun altro, inutile prendersi in giro. Era quella la solitudine a cui Agnes alludeva, in realtà.
    Annuì, quando Eden le propose di spostarsi in un tavolo più appartato della sala. Pensavo volessi spostarti altrove lo provocò lei, alludendo alla battuta che aveva fatto lui poco prima, sul divertimento. Prima di allontanarsi, aveva chiesto al barista un’altro giro di shot ed infine, una birra per lui ed un liquore alla liquirizia per sè, che non tardarono ad arrivare, prima di lasciarli finalmente soli per un po’. Allora, al divertimento. disse, alzando l’ultima di quelle bevute della serata. Si lasciò cadere sulla seduta comoda, lasciando che il vestito le scivolasse addosso senza preoccuparsi delle nudità che lasciava libere. Pelle diafana, a contrasto con il colore ad alta intensità del vestito. Non se ne era mai preoccupata, Agnes. Quindi proprio tu, che poco fa mi tacciavi di abbandonare l’aria del divertimento… ti sei messo veramente a parlare di lavoro? Mayday-Mayday, dì al Mr. Shawn che è dentro di te che questo non è il modo migliore di far scoprire se sai usare le mani ad una damigella lo prese in giro, recitando la parte della ragazza shockata. Frida sorrise nominandola, di un sorriso piacevole e sincero, come quelli che poche persone le portavano sulle labbra. Inizia ad arrivare puntuale. lo prese in giro lei, ricordando la conversazione avuta qualche tempo prima con l’amica e per puntuale, intendo in anticipo. specificò lei divertita, quando vide il volto di Eden contrariarsi come a voler direi “io non arrivo mai in ritardo agli appuntamenti”. E sii sincero. E leale. E sempre un passo dietro di lei. Non ama chi cerca di rubarle il posto. confidò, sapendo di non averlo aiutato come avrebbe realmente voluto, ma consapevole che il ragazzo poteva intuire che Agnes non avrebbe mai potuto aggiungere niente di più. Ah, i coltelli. Frida ama i coltelli. Non quelli da cucina, niente di banale. Oggetti d’arte o di antiquariato, con le lame tanto affilate da poter recidere una vena soltanto sfiorandoli. aggiunse lei, divertita della piega di quella conversazione. Ma non riuscirai mai a prenderla in giro. Frida fiuta i problemi anche da lontano e se tu le stai mentendo.. stai tranquillo che non entrerai mai nelle sue grazie chiarì, mettendo enfasi sul mai. Invece ho visto che vai molto d’accordo con Pedro ammise, ricordando il feeling che aveva riconosciuto tra i due uomini quelle poche volte che aveva potuto vederli insieme. E adesso dimmi, come pensi di far tornare la nostra conversazione ad un livello più interessante? domandò lei, sporgendosi verso di lui mi sto annoiando a parlare soltanto di lavoro… lo provocò, prima di guardarlo nuovamente negli occhi Potrei farti vedere la mia collezione di coltelli antichi.. magari trovi qualcosa da poter donare al tuo capo.. si diverti a sottolineare.

    Edited by charmolypi - 11/4/2021, 23:54
     
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6 replies since 18/4/2020, 21:20   310 views
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