It's a hard rain's a-gonna fall

Mads ft. ?

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    Mads Astrid Falco Dahl | '84 | mutazione sessuale | sheet
    A volte neanche ti accorgi di essere cambiato. Credi di essere sempre tu e che la tua vita sia sempre la tua vita. Invece un giorno ti svegli, ti guardi intorno e non riconosci niente, assolutamente niente.

    Quando non aveva qualcosa di impellente da fare, Mads adorava passeggiare. Immergersi nel silenzio assordante della natura, spezzato soltanto da suoni dovuti a popolanti di questa: uccellini, lucertole e perfino qualche bestia selvatica, quando si spingeva più nel profondo del verde incontaminato. Era una delle cose che lo rendeva più tranquillo, burbero e poco socievole com’era. La presenza di persone, lo turbava, tanto che con il tempo aveva deciso di costruirsi una sorta di palestrina in casa, così da poter evitare luoghi come le palestre, che spesso raccoglievano un insieme di personaggi che Mads avrebbe utilizzato volentieri come sacco da box. Poco tollerante verso l’umanità - e spesso anche verso se stesso - Mads preferiva limitarsi agli ambienti che definiva le sue “comfort zone”, cioè casa sua, la divisione e l’officina meccanica dove lavorava sotto copertura. Quando poi aveva bisogno di sfogare la tensione, ed aveva quindi bisogno di correre un bel pò, preferiva evitare luoghi affollati e si recava spesso nel bosco dove esercitava le sue gambe in maniera più complessa, che sul semplice asfalto. Immerso nel suono della natura, si sentiva a suo agio, riusciva a tranquillizzarsi anche grazie al suono dell’acqua corrente del torrente, che correva via liscia, senza sosta, incontrando soltanto qualche masso qua e là a fargli da ostacolo. Era il suo luogo di sosta, dove si fermava per un po’ a respirare l’aria incontaminata e dove, si bagnava la faccia ed i polsi per aiutare la circolazione del corpo. Verde, azzurro, giallo, rosso. Spesso, si chiedeva come fosse possibile abitare un posto così bello e variopinto, si chiedeva come avesse fatto Madre Natura a dare vita a tanta beltà e a quanto la razza umana fosse invasiva. Spesso, mentre camminava, evitando così di raffreddare il corpo, si guardava in qua e in lá, stupendosi di quanto le cose cambiassero in fretta, grazie alle stagioni, grazie al tempo. Anche quella, era una “magia” per lui, soprattutto dopo aver scoperto la vera natura di quella città fantastica, delle sue capacità, qualche anno prima. Era nato lì Mads, sapeva cosa significava essere cittadino di Besaid e cosa portava, calpestare quel terreno eppure, quando si era trasferito ad Oslo aveva perduto tutte le sue memorie, nonostante per lavoro dovesse sempre ricordare l’esistenza delle capacità.
    Quando era tornato a Besaid, quando aveva scoperto di poter cambiare sesso, si era chiesto se tutto ciò che leggeva nelle favole, era pura realtà. Esisteva un mondo parallelo, un posto dove delle persone non comuni, vivevano e potevano essere loro stessi? Oggi, perfino lui faceva parte di quel mondo. Il lavoro alla Divisione B6-D, non era certamente uno dei più semplici, vivere con quel segreto nel cuore era una delle cose più difficili. Legarsi alle persone era complicato, perché non avevi la possibilità di essere totalmente sincero con loro. Chi ti chiama sempre? Perché sei tornato tardi? Dove sei dovuto andare in mezzo alla notte? come potevi rispondere a tutte quelle domande, inventandoti scuse plausibili, che non avrebbero mandato a monte una relazione, e delle volte anche solo in amicizia? Nelle menti delle sue ragazze, si insinuava sempre il dubbio del tradimento e della bugia. Mads non era sincero, Mads mentiva, Mads aveva un altra. Eppure spesso, non era così, semplicemente non poteva dire dove si recava, a chi rispondeva, a quale missione doveva far fronte. Crearsi un rapporto in quella condizione, era quasi impossibile e le uniche persone capaci di comprenderti, erano quelle che lavoravano con te e con le quali, potevi essere sincero. Una volta si era perfino inventato di essere sotto copertura, di aver rivelato delle informazioni importanti al governo e per questo, avevano dovuto allontanarlo e cambiargli nome. Ma alla lunga, anche quella storia aveva fatto acqua da tutti i ponti.
    Quando aveva del tempo libero ma voleva tenersi in movimento andava al torrente. Correva lungo il bosco e poi, lungo le rive sino a trovare Il posto che favoriva per fermarsi. Seduto su una pietra prendeva dei piccoli sassolini e li lanciava in acqua facendoli rimbalzare più volte possibile su questa superficie. Lanciò con più energia, un sassolino nel torrente, questo rimbalzò molte volte prima di affondare nell’acqua. Quel gesto, lo aiutava a distendere le tensioni, cullava i suoi nervi ed i suoi pensieri. Ad accompagnare il rumore del sasso nell’acqua, ci fù però un altro rumore, un fruscio proveniente da dietro le sue spalle. Rimase immobile, per qualche minuto nella speranza di carpire maggiori informazioni dal rumore che i passi di questo personaggio facevano, appoggiandosi sull'erba. Erano passi leggeri, ciò significava che la persona che li percorreva, era minuta o semplicemente leggiadra, questo fece sì che il ragazzo si rilassò rispetto alla posizione rigida e di difesa che aveva preso poco prima Chi è là? domandò, voltandosi con calma, nonostante i suoi sensi fossero sempre allerta.
     
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    Uno sbuffo contrariato fuoriuscì dalle sue labbra, sollevando appena qualche ciuffo di capelli verso l’alto. Lei detestava camminare in mezzo al basco, soprattutto quando si trattava di scampagnate non programmate. Le sue scarpe, decisamente troppo eleganti per un contesto così sconnesso e naturale, non le permettevano di camminare agevolmente e i suoi tacchi finivano sempre per appiccicarsi a qualche foglia, quando non rischiava di inciampare in mezzo alle radici. Si maledì mentalmente per non aver badato a quello strano rumorino che la sua auto aveva iniziato a fare da qualche giorno. Aveva sempre troppa fretta, troppe cose a cui pensare, troppi impegni, per concentrarsi sulle piccole cose di tutti i giorni e così, di punto in bianco, qualcosa finiva con l’andare storto. Quel giorno, ad esempio, la sua macchina aveva deciso di lasciarla a terra proprio nel bel mezzo di una strada che si inerpicava all’interno del bosco che aveva dovuto percorrere per andare a portare dei documenti a un clienti che si era rifiutato categoricamente di recarsi da loro in ufficio a causa di impegni impellenti. Maledì anche lui, per averla costretta a spingersi sin lì soltanto perché pagava una grossa somma al suo ufficio per sbrigare i suoi affari. Ovviamente l’infausto ruolo era toccato a lei che, con sommo disappunto, aveva dovuto sporcare la sua auto, da poco lavata, con polvere, terra e chissà che altro. Oh ma l’avrebbero sentita a lavoro il giorno successivo! Sempre se fosse riuscita ad uscire indenne da quel bosco maledetto e fosse riuscita a trovare qualcuno che la aiutasse a portare via la sua auto. Non voleva certo lasciarla lì per tutta la notte! Le serviva soltanto riuscire a raggiungere una zona in cui ci fosse campo, per poter utilizzare il suo telefono per chiamare l’assicurazione, o magari un meccanico, qualunque anima in grado di darle una mano.
    Stretta nel suo tubino nero quindi continuava ad avanzare come se quel bosco fosse stato una savana insuperabile. Forse avrebbero fatto meglio a togliere le scarpe, per evitare che i tacchi potessero affondare nel terreno, ma la sola idea di poter posare i piedi sul fango o di potersi ferire con una pietra, dei rami o a causa di qualche animale, la faceva rabbrividire. Molto meglio essere costretta a buttare un paio di scarpe che rischiare di beccarsi qualcosa di ben peggiore! Scansò alcuni moscerini con un gesto indispettito della mano mentre continuava a muoversi e a puntare il telefono verso l’alto, sperando così di riuscire a trovare la linea più facilmente per chiamare i soccorsi, ma il fato sembrava esserle contrario quel giorno. Avrebbe dovuto ascoltare il consiglio della sua collega e cercare con qualche altra telefonata di convincere il signor Eckhart a raggiungerla nel suo comodo ufficio, ma aveva pensato che nulla di male potesse accadere in un semplice viaggio in auto. Dopotutto non doveva neanche uscire da Besaid e in cuor suo aveva sperato così di concludere la faccenda molto prima e di liberarsi almeno per qualche mese di un cliente che non le era mai andato a genio. Non aveva mai amato l’idea di dover necessariamente rappresentare qualcuno soltanto perché questo aveva tantissimi soldi, lei aveva sempre preferito scegliere le sue cause con cura, fare del suo meglio per aiutare chi sembrava averne più bisogno, ma lavorando in un grosso studio legale a volte doveva anche accettare i clienti che il suo capo le rigirava per migliorare i fondi. Dopotutto era da lì che la pagavano, e visto che lo studio non era il suo e che voleva tenersi il suo lavoro non poteva sempre fare la schizzinosa e chiedere clienti e casi più interessanti. Sperava un giorno di riuscire ad aprire uno studio legale tutto suo, per poter disporre a pieno del suo tempo e delle sue energie ma visto che il suo conto in banca non straripava denaro quel sogno sarebbe stato ancora lontano per molto tempo.
    -Oh maledizione! - borbottò, mentre un insetto, di cui non voleva neanche sapere il nome, le cadeva sul naso, costringendola a toccarlo pur di mandarlo via. -Questo deve essere un incubo. - continuò, indispettita, lasciandosi andare ad un altro verso scocciato mentre un leggero crack segnalava la rottura di un piccolo legnetto sotto il peso del suo corpo. Una voce, qualche metro più avanti, la fece sussultare un momento per lo spavento, prima che il suo sguardo si illuminasse all’idea di aver finalmente trovato qualcuno in quell’antro di mondo così poco civilizzato per i suoi standard. Avanzò quindi verso la voce, con rinnovate energie, scostando alcune fronde per palesarsi. -Mi scusi, io.. - iniziò, prima di poter notare la figura dell’uomo che aveva davanti a sé. Smise di parlare per un momento, inclinando il capo nell’osservarlo con maggiore attenzione, un po’ confusa dalla sua vista. -Mads? - chiese, decisamente sorpresa, prima di sorridere nella sua direzione. Era da anni ormai che non aveva più avuto modo di incontrarlo, neppure per caso nelle strade della città, ma fu piacevole per lei scorgere di nuovo quel viso, a cui un tempo era stata legata sentimentalmente. -Scusami, non volevo interrompere il tuo.. - iniziò, non sapendo bene come continuare quella frase. -A dire il vero non ho idea di che cosa tu stessi facendo. - ammise, con una leggera risatina, rendendosi conto di quanto incredibile dovesse essere quella situazione per chi la osservava, dato che non aveva certo l’abbigliamento più consono per una scampagnata. -La mia auto si è fermata. Non ho davvero idea di che problema abbia e il mio telefono non prende, stavo solo cercando di raggiungere una zona da cui riuscire a chiamare qualcuno. - spiegò, senza troppi giri di parole, mentre riprendere a fare qualche altro passo in avanti, in direzione dell’uomo.
     
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    A volte neanche ti accorgi di essere cambiato. Credi di essere sempre tu e che la tua vita sia sempre la tua vita. Invece un giorno ti svegli, ti guardi intorno e non riconosci niente, assolutamente niente.

    Si era abituato ad essere guardingo. In realtà, fin da quando era in vita, Mads si ricordava di essere sempre stato abituato a percepire le presenze di altre persone in un luogo, anche quando non le aspettava. Era un gioco che i suoi genitori gli avevano insegnato giocando a nascondino: lo spostamento dell’aria, le vibrazioni del terreno per il tocco umano su questo, il rumore di una presenza. Fin da piccino, gli avevano insegnato a percepire le presenze terrene e nel percorso della sua vita, Mads aveva capito il perché, di quegli insegnamenti. Sembrava assurdo, quanto per i suoi genitori fosse importante fare quel gioco. Mads era felice perché si divertiva e gli piaceva scorrazzare a nascondersi, era qualcosa che lo faceva sempre ridere e correre a perdifiato. Cercava i nascondigli più infrattati, senza rendersi conto che i suoi genitori lo lasciavano vincere perché percepivano ogni sbadato e rumoroso movimento. Con il tempo, gli avevano fatto capire che doveva essere più agile, meno irruenti e più furbo doveva diventare silenzioso come l’aria, e non essere impetuoso come il vento aveva ripetuto più volte suo padre. Non erano molto i ricordi che Mads aveva di questi eppure, c’erano dei momenti che erano rimasti impressi nella sua memoria. Era grato a Evelyn per tutto quello che aveva fatto per lui, era grato dell’amore che entrambi provavano l’uno verso l’altra ed era grato, perché mai aveva voluto prendere il posto dei suoi genitori che ancora oggi, ricordava ogni giorno. Era stata una tutrice perfetta: amorevole, disponibile ma sincera. Una donna che aveva sempre lasciato spazio alla verità della loro storia, alla natura della sua nascita ed al volere dei suoi genitori, di tenere Mads vicino a quel mondo se mai, avesse voluto farne parte. È così era stato. Dai piccoli esercizi imparati quasi per gioco, pian piano era entrato in quel mondo assai più oscuro o complicato di un semplice nascondino ma che, lo facevano sentire più vicino ai suoi genitori e fieri, di ciò che erano stati. Era un lavoro pericoloso ma anche importante quello, perché vigilava sulla sicurezza dei cittadini di quella stramba città.
    Nel silenzio della foresta, non si aspettava di sentire passi umani raggiungerlo, ma piuttosto quelli animali e quindi, si mise subito sulla difensiva. Due piedi che si muovevano, facendo vibrare il terreno e spezzare la vegetazione a terra. Due piedi, non quattro, oltre al peso che certamente non era quello di una volpe, o di un lupo. Non vi erano zoccoli, decisamente più intensi e potenti. Più si avvicinava, più anche il respiro si faceva pesante e poteva sentire anche le mani, che cercavano di farsi strada tra la vegetazione. Si fermò Mads, pronto a reagire qualora ce ne fosse stato bisogno. Sentì blaterare qualcosa, ma non poteva ancora percepirne le parole esatte, poiché ancora separati poi, una figura femminile si palesò ai suoi occhi. Era una donna magre, dai lunghi capelli biondi e gli occhi chiari come il ghiaccio. Vestita di tutto punto, risultava completamente fuori luogo, tanto che a Mads venne quasi da sorridere, osservandola. Tacchi alti, vestito scuro, sembrava essere uscita da in aula di tribunale o da un ufficio bancario, l’espressione era chiaramente un misto tra l’essere innervosita, e l’essere disperata. Mi scusi, io.. la voce si fece spazio nel fruscio del vento che, in quel periodo aveva preso a soffiare, accompagnando le tempeste estive. Sembrava voler continuare a parlare ma qualcosa l’aveva bloccata. L’ombra del vento tornò a farsi spazio tra le due figure che, rimasero immobili a scrutarsi per alcuni minuti. -Mads? la voce della donna prese nuovamente vigore, lasciando adesso spazio ad un tono più sorpreso. Anche lo stesso Mads rimase sorpreso di sentire pronunciare il suo nome da una sconosciuta, ma dopo pochi secondi la sua mente tornò in funzione facendogli ricordare le regole di quella città. Non avrebbe potuto ricordare, qualcuno conosciuto prima del suo trasferimento ad Oslo. La osservò interdetto, cercando di capire se la giovane donna potesse essere un pericolo oppure, se fosse effettivamente una sua vecchia conoscenza. Osservata da quella distanza, non le diceva molto, ma poteva essere certo che non fosse un pericolo. C’era qualcosa in quel sorriso, che lo tranquillizzava. Delle vibrazioni serene che gli suggerivano di abbassare la guardia, seppur lui non ne fosse mai capace al cento per cento. Era come se la tensione ormai, si fosse inglobata in lui diventando pura normalità. Mai abbassare la guardia, parole cardine che i suoi istruttori ripetevano sempre, senza stancarsi mai. Non fece in tempo a parlare, a rispondere alla ragazza dalla chioma dorata, che questa prese nuovamente a parlare Scusami, non volevo interrompere il tuo.. A dire il vero non ho idea di che cosa tu stessi facendo. scosse appena la testa Mads, come a dirle di non preoccuparsi ma ancora, era intento a studiarne i lineamenti. Era una bellissima donna, dal fisico asciutto ed un fascino casual-chic. C’era qualcosa in lei che lo riportava a ricordi lontani, come se quella non fosse la prima volta che scorgesse il suo volto eppure, non riusciva a connettere la sua persona con un volto realmente conosciuto. Doveva sembrare un cretino, imbambolato a guardarla eppure, ogni volta che provava a parlare, a dire qualcosa, lei lo interrompeva iniziando a sua volta un discorso. Non lo faceva apposta anzi, forse voleva riempire l’imbarazzo di quel silenzio La mia auto si è fermata. Non ho davvero idea di che problema abbia e il mio telefono non prende, stavo solo cercando di raggiungere una zona da cui riuscire a chiamare qualcuno. sorrise Mads, quando la giovane spiegò il motivo della sua presenza nel bosco Non credo che sia il posto migliore per cercare linea questo.. più avanti andrai, più ti inoltrerai nel bosco e meno facile sarà trovare la linea.. inoltre, non mi sembrano proprio gli abiti giusti per fare del trekking ammise lui, avvicinandosi finalmente alla donna, in modo più copioso. Posso provare ad aiutarti io.. lavoro da un meccanico in città, magari è una cosa più semplice del previsto e possiamo risolverla al volo, altrimenti chiamiamo il mio capo e portiamo la macchina in officina continuò, cercando di tranquillizzarla, prima di tornare a guardare i suoi occhi più da vicino noi.. ci conosciamo? chiese lui, prima di sentirsi ancora più demente, dato che la donna l’aveva chiamato per nome e quindi, sicuramente almeno qualche volta l’aveva visto. Tu mi hai chiamato per nome ma io.. perdonami, non vorrei fare una gaffe ma non ho proprio idea di chi tu sia ammise sincero, porgendole una mano per cercare di aiutarla a tenere l’equilibrio e a togliere un po’ dell’impantanamento(?) che aveva sulle sue scarpe. Avevano decisamente cambiato colore e sperava per lei, che non fossero un paio di ottime scarpe e che in qualche modo, potesse portarle a nuova vita.
     
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    Margareth ricordava ancora il momento in cui il suo legame con la natura si era spezzato irrimediabilmente. Ricordava il modo incostante dell’auto di suo padre che si rovesciava, andando a finire nel fiume. Ricordava ancora il momento in cui aveva chiuso gli occhi e, senza volerlo, si era ritrovata al sicuro dentro le mura della sua camera, mentre al di fuori di esse si scatenava l’apocalisse che avrebbe distrutto per sempre la sua famiglia. Aveva sempre amato fare lunghe passeggiate nel bosco insieme a Vels, andare a pescare insieme a lui, sua madre e sua sorella, aveva amato ogni più piccolo dettaglio di suo padre ed era forse per questo che quando il pilastro luminoso della famiglia si era spento le sue donne si erano come perdute nel buio. Ed era quella la stessa sensazione che provava anche in quel momento, mentre a fatica cercava di avanzare all’interno del folto della foresta, alla ricerca di un sentiero o di un aiuto di qualunque genere. Cos’è che diceva sempre suo padre sui boschi? Erano trascorsi troppi anni per poterlo ricordare. Maledisse mentalmente il suo pessimo senso dell’orientamento, la sua dedizione al lavoro e le sue scarpe. Continuò a inveire tra sé e sé, borbottando qualcosa ad alta voce, convinta com’era che nessuno potesse sentirla lì. Già si vedeva trascorrere ore e ore all’interno di quell’incubo naturale prima di riuscire a trovare una povera anima pia disposta a darle una mano. E invece, mentre rischiava di inciampare tra una radice e l’altra e di cadere faccia a terra, il destino volle premiarla con un incontro inaspettato. Ci mise un po’ riconoscerlo e ad accertarsi che si trattasse proprio di lui. Era da tempo ormai che non si vedevano e tra tutte le persone che avrebbero potuto incontrare lui probabilmente si trovava in fondo alla lista. Nonostante questo però era felice di rivederlo, aveva un bel ricordo di lui e anche quando avevano interrotto la loro frequentazione lo avevano fatto nel migliore dei modi, senza alcun tipo di astio. Notò un’espressione sorpresa comparire sul volto di lui quando lo chiamò per nome, come se non ricordasse affatto di averla conosciuta. Non aveva riflettuto sul fatto che, dopo il suo ritorno, doveva aver rimosso molte cose e aveva quindi parlato a ruota libera, come se nulla fosse cambiato. Mentre lei continuava a parlare, travolgendolo con il fiume di parole a cui sapeva lasciarsi andare soltanto quando era presa dall’ansia, lui parve tranquillizzarsi appena come se, dopo averla osservata con più attenzione, avesse compreso che non poteva rappresentare poi un grande pericolo, conciata in quel modo.
    Lui scosse la testa quando lei si scusò per quell’arrivo improvviso, che poteva aver interrotto qualcosa, come una corsa, un’escursione o tante altre attività che lei non sarebbe neppure riuscita a formulare da sola. Cercò di spiegare il suo problema, sperando che lui avesse almeno qualche consiglio da darle e sbuffò appena, scocciata a un po’ contrariata davanti alla sua sfortuna, quando Mads le fece notare che più andava avanti nel bosco e meno il suo telefono sarebbe riuscito a trovare la linea. Rise invece davanti al suo commento sul vestiario, una risata liberatorio che servì a sdrammatizzare almeno un minimo il panico che sentiva. -No, decisamente non gli abiti migliori. - rispose quindi, continuando a sorridere e concedendosi finalmente di prendere una lunga boccata d’aria, ora che non era più sola. -Dici sul serio? - domandò quindi, come se le avessero appena dato la notizia più bella del mondo, quando lui si offrì di dare un’occhiata veloce alla macchina per controllare se era qualcosa di risolvibile in fretta o se era necessario portarla in officina. -Non vorrei rubarti troppo tempo però. - si affrettò poi ad aggiungere perché, anche se disperata, non voleva comunque mai pesare sugli altri. Le sarebbe andato già bene se si fosse limitato a contattare la sua officina e chiedere di mandare qualcuno per l’assistenza.
    Era sul punto di aggiungere quel dettaglio quando lui le chiese conferme sulla loro conoscenza, spiazzandola per un momento. Chiuse gli occhi per un istante, dandosi mentalmente della sciocca quando lui puntualizzò di non avere idea di chi lei fosse mentre invece lei lo aveva chiamato per nome. -Scusami, mi dimentico sempre di fare attenzione con le persone che si allontanano dalla città. - disse, scuotendo appena il capo mentre cercava le parole più adatte per dargli una spiegazione mentre afferrava la sua mano per aiutarsi ad uscire da un’area un po’ fangosa, per poi sistemarsi un po’ meglio il vestito. -Margareth Olsen. - si presentò, per prima cosa, porgendo la mano nella sua direzione affinchè lui potesse stringerla se voleva. -E si. Ci conoscevamo. - aggiunse poi, con un sorriso, decidendo di andare per la strada più diretta, senza troppi giri di parole, visto che erano entrambi adulti. -Siamo usciti insieme per qualche mese, diversi anni fa. Prima che tu partissi. - spiegò, in tutta tranquillità, mentre muoveva qualche passo alla ricerca di una porzione di terreno un po’ più stabile su cui sostare. -Ma abbiamo deciso di lasciarci di comune accordo, niente problemi o questioni in sospeso. - aggiunse, con un sorriso ancora più largo ad illuminarle il volto mentre terminava quel breve racconto sulla loro conoscenza. Era sempre un po’ complesso per lei avere a che fare con persone che sceglievano di andare via e dimenticare, la riportava irrimediabilmente indietro, a quando era poco più di una bambina e sua madre aveva deciso di intraprendere quella strada per smettere di soffrire. -Ti sarei davvero grata se davvero potessi dare un’occhiata a quell’aggeggio infernale. - aggiunse, ridacchiando appena, mentre con un leggero cenno del capo gli indicava la direzione da prendere pe raggiungere il suo veicolo abbandonato. Avanzava in maniera abbastanza cauta e incerta, preoccupata di cadere da un momento all’altro. Più di una volta si ritrovò ad allungare il braccio in direzione di lui, per appoggiare piano la mano sulla sua spalla alla ricerca di un appiglio un po’ più stabile. -Sei tornato da tanto tempo in città? - domandò poi, dopo qualche metro di strada, curiosa di sapere qualcosa in più sul suo conto e su ciò che era cambiato dall’ultima volta che si erano visti. In effetti non sarebbe stato poi così strano non essersi incrociati persino per mesi visto che negli ultimi tempi era stata molto presa dal lavoro e aveva trascorso tutto il suo tempo libero con sua figlia. -Se Lily scopre che sei tornato vorrà sicuramente vederti. - mormorò poi, persa nei suoi pensieri, prima di ricordare che lui ovviamente non doveva avere memoria neanche di lei. -Mia figlia, Lilian. - spiegò quindi, con un nuovo sorriso, mentre proseguivano dritti per quello che sembrava un sentiero e in lontananza iniziava a intravedere la sua auto. -Oh eccola lì! Ancora tutta intera. - disse, con un tono di voce che voleva sembrare divertito, ma che in realtà esprimeva parte della preoccupazione che aveva avuto nel lasciare la sua auto incustodita in un sentiero nel bosco del tutto privo di asfalto.
     
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    Era come un parallelismo.
    Osservare ciò che ci circondava riconoscendone ogni profilo, senza però riuscire mai a metterne a fuoco l’immagine reale. Un pensiero fisso che lo tormentava, che gli faceva chiedere se la sua vita sarebbe mai tornata ad essere normale o se, qualsiasi cosa poteva portare ricordi, flashback di un tempo che era stato. Era frustrante all’inizio, sentire ma non capire, poi aveva iniziato ad abituarsene, nonostante ancora gli facesse strano provare quelle sensazioni così contrastanti. A volte il cuore, il treno dei ricordi, lo portava dove sarebbe dovuto andare, in posti che risultavano pericolosi pur essendo attraenti. Era come se il mondo fosse cambiato, pur rimanendo uguale. Come se strade sconosciute apparivano spaventosamente famigliari e non più scure. Avere la sensazione di conoscere, senza conoscere davvero.
    Era frustrante ma con il tempo, Mads ne aveva fatto l’abitudine, consapevole che le sue scelte avrebbero portato a tutto questo. Quando aveva accettato l’incarico di Oslo, il giovane non sapeva quando sarebbe rientrato a casa e se, l’avrebbe mai fatto eppure, non gli era balenato minimamente per la testa di non partire. La sua vita era devota al lavoro e all’importanza che questo aveva sulla popolazione di Besaid. La Divisione, era importante non solo per tenere sotto controllo le capacità di chi viveva nella speciale cittadina ridente norvegese, ma anche per la loro sicurezza, dato che sfumature delle più differenti avevano preso colore negli anni. Scoprire la beltà di quel posto, la sua vera natura, era piacere e maledizione allo stesso tempo: vi era chi amava le proprie capacità, chi le odiava; chi ne faceva un utilizzo consapevole e chi invece, le sfruttava per sporchi comodi. Non aveva quindi mai riflettuto sulle conseguenze della sua partenza, aveva deciso di andare consapevole che il suo lavoro sarebbe stato utile, mettendo da parte il suo già latente egoismo. La verità era che Mads non si era mai sentito realmente parte di qualcosa: amava sua madre adottiva ed era grato di averla al suo fianco, dell’amore e della pazienda con cui lo aveva cresciuto, ma una parte di lui gli ricordava sempre che quella non era la sua vera casa e che un giorno, ne avrebbe dovuta costruire una tutta sua. Aveva bisogno di costruirsi una sua vita, di rendersi indipendente e di creare una sua famiglia, nonostante il suo lavoro ed il suo essere così riservato non gli rendesse possibile instaurare delle vere relazioni. Con il tempo, si era abituato anche a quella condizione, buttandosi sempre di più sul lavoro per nascondere quella mancanza di affetti personali, di famiglia che nella notte lo tormentavano. Sogni ricorrenti di volti che non ricordava, di foto che aveva osservato a lungo cercando di riportare nei suoi ricordi la presenza dei suoi genitori che però sfumava ogni volta. Era così piccolino quando i suoi genitori erano venuti a mancare che ormai, le loro immagini erano diventate come un acquarello confuso cui sopra, era caduta una grande goccia d’acqua. Ricordava le immagini che la sua tutrice aveva prontamente raccolto dentro un grande album verde salvia. Foto dei suoi genitori da giovani, di loro due con i suoi più grandi amici (tra cui proprio Evelyn) e la prima foto di famiglia, dove un piccolo Mads era avvolto in un fagottino crema che faceva a mala pena intravedere il volto. Poi Rebekah che lo allattava ed ancora loro tre insieme: questa volta Mads era issato sulle spalle di suo padre. Quelle foto erano gli unici ricordi nitidi che aveva di loro, se non piccoli flash che ogni tanto si facevano largo nella sua testa.

    Mentre era ad Oslo, la Divisione si era presa la premura di ricordargli chi era, da dove proveniva e di ricordare lui che Evelyn era la sua casa a Besaid. Si erano premurati di ricordare a Mads che era un agente molto importante per loro e che infondo, la B6-D era sempre stata la sua unica vera famiglia. Tutto il resto era andato perso, ricordi che per loro non era importante mantenere vivi, come persone che erano state per lui amiche o qualcosa di più. Quella chioma bionda che stava fronteggiando nel mezzo al verde di una foresta deserta, faceva parte di quella cerchia che aveva dimenticato. Osservava ogni sua sfaccettatura, incuriosito da quanto le sembrava conoscere quel volto: gli occhi azzurri incorniciati da folte ciglia scure, e quel lungo collo esile, pronto ad elevarsi per scrutare ciò che la circondava. Lì, su quel collo dalla pelle diafana, qualcosa che attirò la sua attenzione ancor prima di rendersi conto che la giovane donna stava dando quelle spiegazioni che lui necessitava -E si. Ci conoscevamo. Siamo usciti insieme per qualche mese, diversi anni fa. Prima che tu partissi. se la presentazione con il suo nome, erano state chiare per Mads, quella seconda parte del discorso si trasformò in qualcosa di distante, lontano come un eco che rimbombava nelle sue orecchie mentre la sua mente era altrove. In un letto candido, fatto di cuscini e coperte di piuma. Il suo corpo nudo ne sfiorava un altro che portava tepore, non solo al corpo ma anche al cuore. Provava una sensazione di pace, mentre sorridente lasciava scivolare la sua mano lungo quel collo morbido, per giocare poi con un neo che prese a baciare solleticando il fervore di chi, giaceva sotto le coperte con lui. Un volto angelico seppur deciso, gli sorrideva mentre si lasciava sfiorare dalle sue mani sapienti. Gli occhi azzurri incastonati nei suoi e quei capelli color dell’oro che decoravano il cuscino bianco su cui prendevano vita. Camminava per inerzia, seguendo quella donna che ora era sicuro di conoscere, al di là di quanto lei poteva avergli detto poco prima. Era una doppia arma quella, qualcuno si sarebbe potuto presentare lui come un vecchio amico dimenticato, quando invece era tutt’altro. Quella visione, era una piccola certezza che lo lasciavano più tranquillo e meno vigile in presenza della giovane dispersa.
    Nel suo silenzio tombale, nel suo essere semplicemente Mads, rifletteva sulle sensazioni che quel ricordo avevano riportato in lui. Era tranquillo con lei, felice seppur non provasse il sentimento complesso che aveva provato con Sophie. Era attrazione e confidenza, piacere e divertimento ma non era amore quello che aveva sentito e non sapeva, cosa avesse significato per la ragazza il loro rapporto. Avevano forse deciso di farsi compagnia? Oppure lui era stato un inequivocabile stronzo con lei? Il Mads che conosceva oggi, non si sarebbe mai preso gioco di una ragazza, ma non poteva sapere come fosse stato in passato.
    -Sei tornato da tanto tempo in città? - La voce di Margareth era tornata a farsi forte nelle sue orecchie Da qualche anno rispose semplicemente, loquace come era sempre stato quasi tre, se non sbaglio aveva aggiunto, per non essere troppo scontroso. Se Lily scopre che sei tornato vorrà sicuramente vederti. disse la donna, cambiando il tono di voce nominando quel nome, addolcendosi e stampandosi un grande sorriso in faccia. Purtroppo, quel nome non diceva niente a Mads, che sorrise giusto per educazione di rimando. Mia figlia, Lilian la ringraziò silenziosamente per quella spiegazione e si chiese quanto potesse avere la piccina, dato che la conosceva anche lui. Capisco.. ammise pensieroso, non sapendo in realtà cosa dire dato che non ricordava niente della bambina e soprattutto, considerando che non era così capace con i bimbi. Cercava sempre di scansarli e fortunatamente, non conosceva troppe persone che ne avevano uno. Ti ho vista, prima disse poi, prendendo in mano la conversazione di punto in bianco, mentre nel silenzio del loro percorso cercavano la macchina di lei. Eravamo.. a letto insieme ammise lui, senza troppi giri di parole, dato che anche lei non si era fatta troppi problemi a rapportarsi con lui. Era curioso di capire l’entità del loro rapporto, per evitare qualche gaffe. E’ stato il tuo neo.. credo. Nel ricordo ci.. stavo giocando continuò poi, guardando il suo profilo, prima di tornare a guardare difronte a sé e vedere in lontananza un veicolo abbandonato alla bel l'è meglio. Oh eccola lì! Ancora tutta intera. Sorrise nel percepire la felicità della donna nel vedere il veicolo sano e salvo. Mads di canto suo, si chiese come le era venuto in mente di entrare in una strada come quella con una macchina così. Vediamo cosa possiamo fare. Dove sono le chiavi? domandò, prima di aprire la macchina e soprattutto il cofano di questa.
     
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    Margareth non era mai stata in grado di comprendere le persone che sceglievano di allontanarsi da Besaid, di dare un colpo di spugna alla propria vita e dimenticare ogni cosa. La sua vita era disseminata di quelle persone, prima tra tutte sue madre. Ancora ricordava in maniera vivida il momento in cui l’aveva osservata, sbirciando dalla porta senza farsi vedere, mentre litigava con sua zia Lorelai con in mano una grande valigia. Le aveva promesso che avrebbe fatto ritorno, che non le avrebbe lasciate con lei per sempre, ma in cuor suo Maggie già sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto davvero sua madre. La donna che aveva incontrato, diversi anni prima, quando era salita su un autobus alla sua ricerca, non ne era che il ricordo sbiadito. Qualcuno che le assomigliava, almeno dall’esterno, ma che senza dubbio non era Cinthya, non la sua Cinthya, quanto meno. Quella donna l’aveva guardata, le aveva sorriso, senza curarsi minimamente del dolore che aveva causata a lei e a sua sorella Fae, lieta della vita serena che aveva vissuto senza il peso di una famiglia. Avrebbe voluto urlare, farle sapere ogni cosa, ma tutti quegli anni senza sua madre le avevano insegnato ad essere forte, a divenire una colonna portare per sua sorella minore. Era quindi rimasta seduta al suo fianco, su quell’autobus che andava verso Besaid, fingendo di essere una totale sconosciuta, dando un addio silenzioso a quella madre di cui aveva sempre sentito la mancanza ma che, in quel momento, non meritava certo il suo affetto e la sua comprensione. Era stato strano sedere al fianco di qualcuno che si era aspettato a lungo, ritrovandosi completamente senza parole. Sapeva che cosa accadeva a cui lasciava la città, ma viverlo, vederlo davvero con i proprio occhi, era tutta un’altra storia. E quando aveva stretto tra le sua braccia sua figlia, per la prima volta, con sua sorella al suo fianco, le era sembrato ancora più difficile comprendere sua madre, capire perché avesse deciso di lasciarle mentre lei sentiva solo il desiderio di stringere per sempre contro il suo petto quel dolce fagottino che sarebbe cresciuto nell’affetto soltanto di figura femminili. Perché anche Christopher, il padre di sua figlia, aveva scelto di fuggire, di non volere una responsabilità così grande. Non erano mai stati fatti per stare insieme, in quei momenti lo aveva visto chiaramente. Il sogno di lui era sempre stato quello di fuggire, di vivere leggero, senza redini, senza problemi. Lei invece i problemi li aveva conosciuti troppo presto quando, a soli nove anni, l’auto su cui stavano viaggiando lei, suo padre e sua sorella, aveva sbandato, per poi finire all’interno di un fiume. Per anni quell’immagine l’aveva accompagnata come un’ossessione e il senso di colpa per non aver potuto fare nulla l’aveva schiacciata. Se soltanto fosse stata più grane, magari più esperta della sua particolarità, avrebbe potuto salvarli. Invece da quel giorno tutto era cambiato, il loro equilibrio quasi magico era andato completamente in frantumi, facendole cadere dal palazzo di cristallo in cui avevano sempre vissuto, dritte contro il pavimento, freddo e doloroso.
    Osservando Mads in quel momento poteva quasi rivedere l’uomo di qualche anno prima, quello con cui aveva condiviso alcuni mesi e al quale non aveva voluto dare alcun motivo per restare. Non voleva più essere il peso di qualcuno, la zavorra che lo avrebbe riportato verso la riva, ancora e ancora. Voleva sentirsi libera e lo stesso pensiero aveva sempre rivolto agli altri. Era per questo infatti che teneva sempre sua figlia lontana dalle sue relazioni, per darsi la possibilità di scegliere quando interromperle e per non offrire agli altri alcun tipo di obbligo nei confronti di lei. I figli rendevano sempre tutto più complicato. Qualcuno li vedeva come un ostacolo, un peso troppo grande da portare perché ti costringeva a dover pensare a qualcun altro, ad anteporre i bisogni di un’altra persona ai tuoi. Maggie lo aveva visto come un dono, ma comprendeva che per molti altri il pensiero era differente. Lilian era sua figlia dopotutto, e di nessun altro. Tante volte la bambina le aveva chiesto di suo padre e forse per questo era ancora più restia ad avvicinarla ad altre figure maschili. Non voleva che si creasse l’illusione, che si costruisse un’immagine diversa di suo padre, ma non voleva neppure che sapesse la verità che non era mai riuscita a rivelarle. Che cosa avrebbe fatto se un giorno Christopher fosse tornato? Se quella figura ormai quasi dimenticata all’interno della sua memoria fosse tornata per pretendere qualcosa da lei?
    Cercò di non pensarci, di concentrarsi sull’uomo che camminava a pochi passi di distanza da lei, un’altra di quelle figure che non aveva pensato di rivedere più. Era tornato da anni a quanto pare, quasi tre, eppure le loro strane non avevano avuto modo di rincontrarsi prima di quel momento. Chissà quanti altri, come lui, avevano fatto ritorno senza mai palesare la loro presenza. Si chiese per un istante se fosse davvero il caso di mostrargli di nuovo Lilian, di fargliela conoscere di nuovo, o se quella parentesi non si fosse ormai chiusa per sempre e come tale dovesse restare. Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da alcune parole di lui, dal fatto che l’avesse vista, poco prima. Intuì che dovesse trattarsi di un flashack e lo lasciò proseguire senza interromperlo. -Si, a volte capita quando due persone si frequentano. - rispose lei, prendendolo scherzosamente in giro, con un sorriso divertito sulle labbra, cercando di allentare il suo nervosismo. Forse era stata un po’ troppo diretta con lui poco prima e aveva scombussolato la sua mente, ma non aveva saputo fare altrimenti. Si portò una mano a sfiorare appena il neo sul suo collo, quando lui le disse che era stato quello a colpirlo e a fargli recuperare quel frammento di memoria. Sorrise appena mentre quei ricordi felici tornavano a galla anche nella sua memoria. -Si, ti è sempre piaciuto. - gli disse quindi, continuando a sorridere con una certa tranquillità. Non aveva mai avuto problemi ad ammettere le sue relazioni, né a parlarne. -Sono stati dei mesi molto felici e non mi hai spezzato il cuore, se è questo che ti preoccupa. - continuò tranquilla, mentre lo guidava verso la sua vettura. L’unico che era riuscito a farlo era stato il padre di sua figlia e da allora non aveva più permesso a nessuno di avere un simile potere su di lei. Rimase in silenzio quindi, pronta a rispondere a sue eventuali domande, senza tuttavia restare troppo su quell’argomento. In fondo non era nulla di importante, erano entrambi grandi e vaccinati e avevano semplicemente seguito quello che l’istinto gli aveva suggerito.
    Raggiunsero la macchina dopo qualche minuto di camminata, indicandola con un certo sollievo nel trovarla ancora lì, tutta intera. Prese dalla sua borsa le chiavi dell’auto e le porse a Mads quando lui gliele chiese, per poi spostarsi di qualche passo e osservarlo un po’ più da lontano. Lei dopotutto non avrebbe saputo aiutarlo in alcun modo e stargli troppo vicina lo avrebbe solo disturbato nel fare il suo lavoro. Soltanto dopo avergli dato modo di rivolgere una prima occhiata al mezzo e alle sue condizioni allungò appena il collo, cercando di avvicinarsi senza tuttavia muoversi. -Pensi che si possa sistemare? - chiese, preoccupata di dover tornare a casa a piedi, visto che non avrebbe saputo come orientarsi in quel maledetto bosco. Quella non era proprio la sua giornata fortunata ma sperava almeno che sarebbe potuta terminare un po’ meglio di come fosse iniziata.
     
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    Mads Astrid Falco Dahl | '84 | mutazione sessuale | sheet
    A volte neanche ti accorgi di essere cambiato. Credi di essere sempre tu e che la tua vita sia sempre la tua vita. Invece un giorno ti svegli, ti guardi intorno e non riconosci niente, assolutamente niente.

    Più osservava la figura slanciata della donna, più lo faceva sorridere il suo abbigliamento inadeguato ad una passeggiata nel bosco. Si chiedeva, mentalmente, come le fosse venuto in mente di inoltrarsi in quella marmaglia, piuttosto che avvicinarsi a lande più sicure del paese. Era buffo quanto la mente umana fosse inconsapevole al pericolo, delle volte. Come ci si buttasse dentro a capo fitto e quanto fosse fondamentale, una giusta preparazione non solo fisica, ma anche mentale per sopravvivere. La sopravvivenza, una piccola parola per descrivere un concetto fondamentale della vita di ogni essere umano, spesso sottovalutata dalla mente. Lo sapeva bene lui, che di quel concetto fondamentale si era fatto una cultura, dopo anni di insegnamenti e duri corsi all’interno della Divisione governativa. Non c’era giorno in cui non gli ripetevano quanto fosse fondamentale una giusta preparazione mentale, quanto fosse importante saper rispondere agli stimoli o rimanere impassibile, saper valutare in una frazione di secondo, quale fosse la scelta più corretta da prendere. Quando analizzava la sua vita, si rendeva conto di quanto con lo scorrere del tempo si fosse trasformato in un piccolo automa, di quanto le emozioni non facessero più parte di lui come in un comune essere umano: spesso sembrava impassibile, privo di empatia, perché come soldato aveva imparato a non farsi travolgere dalle emozioni che potevano diventare fatali non solo a sé stesso, ma anche alle persone che lavoravano vicino a lui. Quello era un aspetto fondamentale per Mads, forse la parte che lo faceva rimanere più umano: teneva alla vita degli altri, cercava di proteggerli ed era per questo che aveva deciso di abbracciare quel cammino come avevano fatto i suoi genitori prima di lui. Per divenire ciò che era oggi, con le responsabilità di un veterano all’interno della B6-D, voleva dire rinunciare a molto di lui, poteva esserne valsa la pena. Vi erano volte in cui il suo essere lo facevano titubare, chiedersi se ne valeva la pena rilegarsi in una vita costruita di falsità eppure, quando sul campo si rendeva conto di aver sventato delle catastrofi, di aver salvato delle persone, tutti i suoi dubbi venivano meno rendendolo fiero. Una persona che pagava un piccolo grande pegno, per salvarne altrettante di più poteva essere un giusto compromesso per una vita fiera.
    Sui suoi tacchi vertiginosi, Margareth rimase felicemente stupita della sua proposta di darle una mano con la macchina non preoccuparti, non stavo facendo niente di troppo importante, ero uscito solo per fare un po' di attività fisica aveva risposto lui, alle premure della donna. Però promettimi di lasciare sempre un paio di scarpe sportive in macchina, possono sempre tornare utili quando si va in giro per la città sembrava una stupidaggine, eppure non lo era ed era convinto che, un paio di scarpe anche solo da 20,00 € se le poteva permettere. Poteva dover camminare per ore o scappare da qualcosa o qualcuno. Si beh, mi sono ormai abituato a questo aspetto, è solo strano non riconoscere le persone o non ricordare niente di loro aveva ammesso lui, prima di ricordare l’intimità che aveva legato entrambi. Apprese che la loro era stata una leggera relazione voluta da entrambi, senza troppi impegni o spiegazioni da dare. Si immagino che da parte sua fosse per il lavoro, che come sempre non gli permetteva di essere troppo sincero con le persone a cui si legava mentre per lei, poteva dedurre fosse per la creatura che aveva messo al mondo. Fù comunque sollevato di sentirle dire che era stata una relazione piacevole la loro Mi hanno detto che non sono stato un particolare rubacuori, ma sentire dire che è tutto apposto dalla diretta interessata è decisamente più sollevante sorrise, mentre seguiva la donna verso quello che doveva essere il luogo di stallo dell’automobile. Era strano il suo modo di comunicare, risolutivo e quasi anaffettivo alle volte. Si chiedeva come si fossero conosciuti e come, fossero finiti per uscire insieme. Se era stata davvero solo una cosa di comodo per entrambi, o se c’era stato qualcosa di più. Le aveva detto che erano usciti insieme per qualche mese, prima della sua partenza per Oslo e la cosa lo fece riflettere ancora di più, confermando le sue deduzioni: doveva essere stata una storia di comodo per entrambi. Un po' di sano esercizio fisico ricreativo, che faceva passare delle serate in compagnia ad entrambi, senza lasciarsi avvolgere dalla solitudine di una vita complicata e non troppo facile da gestire. Era comunque felice di apprendere che era stato un bel ricordo il suo, che non le aveva spezzato il cuore, come aveva fatto con Sophie. Il ricordo della donna lo mortificava, lo faceva sentire piccolo come una biglia in un mondo che lo avvolgeva. Avrebbe voluto donargli il suo amore e la sua sincerità, ma la devozione al suo lavoro non glielo aveva permesso e aveva fatto sì che gli si spezzasse il cuore. Si era ripromesso di non amare mai più, di non farsi amare mai più da qualcuno che non poteva conoscere la verità su di lui e da allora, aveva abbandonato il calore di un letto caldo e di un cuore palpitante per abbracciare solo fugaci notti di follia e coperte fredde in cui tornare a dormire.
    Arrivarono alla macchina che sembrava all’apparenza, essere abbastanza in buono stato. Forse non è proprio la vettura giusta per inoltrarsi da queste parti.. ammise lui, osservando l’altezza della macchina che sfiorava il terreno, decisamente meno adatta di un Van per addentrarsi in stradine sterrate rischi di agganciarla a qualche radice o sterpaglia sotto e di danneggiarla cercò di giustificare la sua affermazione, andando poi ad aprire il cofano quando la donna le ebbe dato le chiavi. Il motore è surriscaldato, nonostante sia spenta da un po'.. lasciamolo raffreddare, così da aperto farà sicuramente prima. la osservò, chinando la testa dentro il cofano e prendendone il calore che finalmente riusciva a fuoriuscire hai detto che ha fatto uno strano rumore giusto? domandò, toccando qualche pezzo ferraglioso in qua ed in là grazie all’aiuto di un bastoncino raccattato in terra. Osservò il lato destro del motore, dove vi era la cinghia di distribuzione. Credo sia la cinghia.. a vedere sembra particolamente usurata.. l’hai mai cambiata? domandò alla donna sincronizza il funzionamento dell’albero motore con l’albero a camme ed il funzionamento della pompa dell’acqua che ha il compito di raffreddare il motore spiegò lui, entrando in un ambito più tecnico è di vitale importanza per la salute del motore perché né regola il corretto funzionamento cercò di semplificare, prendendo poi il telefono e mandando un messaggio al capo officina Non è il caso di rimetterla in moto, sennò rischiamo di fottere del tutto il motore.. dovrai sostituirla ammise lui ho già chiamato il mio titolare, dovrebbe arrivare qui tra un quarto d’ora con il carro attrezzi.. ti sistemeremo tutto ad un prezzo ottimo e vedrò di farti dare una macchina in sostituzione, così potrai comunque muoverti annunciò lui.
     
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    Se avesse raccontato a sua sorella della sua piccolo disavventura e di quell’incontro del tutto inaspettato, probabilmente Fae avrebbe riso per mesi. Era risaputo che Margareth non fosse un’amante dei boschi o delle montagne. Le piaceva il mare però, lì dove di norma non erano richieste particolari abilità nell’arrampicata e bastava camminare sulla sabbia soffice o su qualche ciottolo incandescente. Preferiva i paesaggi che le permettevano di vedere continuamente dove si trovasse e avere dei punti di riferimento, cosa che non riusciva a fare invece in mezzo alla boscaglia. Quel giorno tuttavia non era certo sua intenzione perdersi in quel paesaggio naturale. Aveva creduto di fare in fretta, di raggiungere l’abitazione del suo cliente, discutere alcuni dettagli con lui e poi tornare a casa sana e salva, senza alcun intoppo. La realtà dei fatti, ovviamente, non era andata esattamente come aveva sperato. Incontrare Mads, tra tutti, era stata solo una piacevole casualità, che le aveva permesso di riaprire una piccola finestra su quel periodo della sua vita, che era quasi convinta di aver dimenticato. Le era capitato di chiedersi, in alcune occasioni, subito dopo la sua partenza, come stesse e se avesse trovato la sua stabilità chissà dove. Non sembrava essere cambiato molto, esteriormente, ma chissà se erano cambiati altri lati di lui che non era possibile scorgere con così tanta facilità.
    Sorrise, annuendo energicamente, quando l’altro le chiese di promettergli che da quel momento in avanti avrebbe sempre tenuto in auto un paio di scarpe sportive, che le sarebbero potute tornare utili in occasioni come quelle. -Lo prometto, sarà la prima cosa che farò appena riuscirò a riportare la macchina a casa. - disse, portandosi una mano al petto, come a voler suggellare quel patto. -Stamattina quando sono arrivata in ufficio non era previsto che io dovessi incontrare proprio questo cliente, che vive lontano dalla città, sono stata incastrata dal capo e non mi aspettato che l’auto mi desse buca. - spiegò, visto che non effetti non gli aveva spiegato quale fosse il motivo che l’aveva spinta a dirigersi in quella specifica zona della città. Non era certo sua intenzione andare a fare una scampagnata nel bosco. Anche perché, se avesse saputo in anticipo che le sarebbe toccato andare alla ricerca di aiuto non si sarebbe neppure messa in auto quel pomeriggio. -Si, non temere, niente ricordi terribili o particolari problemi. Io volevo concentrarmi su Lily e tu stavi per lasciare la città. - spiegò meglio, senza tuttavia volersi soffermare troppo. Non sapeva mai cosa dire o non dire quando si trovava davanti qualcuno che aveva rimosso il suo passato. Gli interessava avere qualche ricordo? Qualche informazione? O preferiva semplicemente lasciarsi tutto alle spalle e pensare soltanto al suo futuro? Era un quesito che si poneva sempre in quei casi, ma che raramente esprimeva ai diretti interessati. C’era sempre una strana molla che scattava dentro di lei in quei casi, che le riportava alla mente la scelta di sua madre di andare via, di lasciarsi le sue figlie alle spalle e dimenticare. E a volte quindi le capitava di arrabbiarsi con quelle persone, per aver lasciato indietro le persone che gli avevano voluto bene senza guardarsi indietro. Ma non era quello il caso di Mads, non per lei quanto meno, visto che non serbava alcun rancore nei suoi confronti.
    Una volta giunti all’auto Mads iniziò a controllarla, facendole sapere che la sua non era un’auto adatta per muoversi in quegli ambienti, perché avrebbe potuto rischiare di danneggiarla agganciando qualche radice o chissà cos’altro. Purtroppo non poteva dire di avere altre alternative, visto che era l’unica auto che possedeva, ma se avesse dovuto incontrare di nuovo quel cliente avrebbe fatto pressioni affinchè la raggiungesse in città, così da evitare altre spiacevoli perdite di tempo. -Va bene. - rispose, soltanto, quando lui le fece sapere che il motore si era surriscaldato e sarebbe quindi stato meglio farlo raffreddare prima di dargli un’occhiata. Essendo cresciuta senza una figura maschile al suo fianco Maggie non aveva mia avuto modo di scoprire molto sul mondo delle auto, la zia Rory ne sapeva meno di lei e di sua sorella. -Si esatto. - disse ancora, cercando poi di mimare il rumore che aveva sentito, per quanto ricordasse, ritrovandosi poi a sospirare quando Mads le disse che, probabilmente, avrebbe dovuto cambiare la cinghia dell’auto per farla funzionare di nuovo in modo corretto. -Non che io ricordi no. - aggiunse, facendo mente locale sulle volte in cui aveva portato la vettura dal meccanico. Non ricordava molto in effetti di quello che le avevano detto, visto che il mondo delle auto non l’aveva mai affascinata molto. A lei servivano solo per muoversi velocemente da un punto all’altro, niente di più. Sorrise, piuttosto grata, quando la informò di aver chiamato il suo capo e che questo li avrebbe raggiunti per recuperare l’auto. -Oh no, non preoccuparti per l’auto di riserva, mi farò venire a prendere da mia sorella e poi prenderò in prestito la macchina di mia zia. - disse, cercando di evitare di recare più disturbo di quanto non ne avesse già creato quel giorno. -Ti ringrazio davvero tanto per l’aiuto, non so davvero come avrei fatto senza di te. - ammise, rivolgendo un’altra occhiata all’uomo per poi aspettare insieme a lui l’arrivo del carro attrezzi che li avrebbe riportati entrambi in città. Era la prima volta che le capitava di salire su uno di quei mezzi e rimase in silenzio per tutto il tempo, lasciando che fossero gli altri due a chiacchierare tra di loro e rispondendo soltanto alle domande che le venivano fatte direttamente. Una volta giunti a destinazione attese che i due dessero un’occhiata più attenta alla macchina e le facessero una stima dei lavori da svolgere e dei tempi che avrebbero impiegato per restituirle il suo vicolo. Per fortunata sarebbero bastati alcuni giorni ma da quell’esperienza avrebbe imparato a prestare più attenzione ai rumorini che sentiva alla guida. -Ti ringrazio ancora per l’aiuto e per la pazienza. - disse, poco prima di andare via dall’officina, avvicinandosi di nuovo a Mads, per poi estrarre un piccolo biglietto dalla sua borsa. -Questo è il mio biglietto da visita. Puoi chiamarmi se vuoi sapere qualcosa sul tuo passato o se ti dovesse servire un avvocato per qualunque motivo. - continuò, ridacchiando appena nel dire quelle ultime parole, più a mo’ di battuta che altro. Dubitava che gli sarebbe davvero servito dell’aiuto, ma in caso sarebbe stata pronta a rappresentarlo. -Spero di rivederti in giro presto. A parte beh, per l’auto. - terminò quindi, per poi salutarlo e muoversi verso il punto in cui lei e la zia Rory si erano date appuntamento per tornare a casa.
     
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7 replies since 28/4/2020, 00:12   227 views
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