Friends Are the Missing Shade on your Unperfect Painting

Jesper x Amy -

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    Sakura Blossom

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    Jesper Mads Saetre

    Un murales senza senso prospettico, colori fluo e figure troppo stilizzate gli sfrecciò davanti mentre seduto sul sedile posteriore della macchina osservava una delle serrande più bizzarre che avesse visto tra gli edifici della zona est di Besaid. C’era troppa violenza in quegli abbinamenti e in quelle righe così nette, i contorni erano talmente marcati da far perdere tridimensionalità a qualsiasi tipo di soggetto si disegnasse. Jesper sospirò al pensiero che quella venisse chiamata arte di strada, per lui non rientrava minimamente nella sua categoria. Non si potevano avvicinare quelle bozze da inesperti con ciò che produceva lui nel suo studio o con qualsiasi altro artista di fama nazionale o internazionale. Era un concetto scontato quello che si sviluppava nella sua mente, ma doveva ammettere che quella che fissava con un moto di nausea dalla sua macchina era pura espressione di emozione senza i filtri della tecnica. Non apprezzava i murales nemmeno sulle saracinesche, preferiva stili di gran lunga più ricercati e di spettacolare difficoltà tecnica, ma doveva ammettere che in fondo chi imbrattava le superfici della città aveva qualcosa da dire al mondo. Distolse lo sguardo da quello scempio artistico, incapace di tollerarne ulteriormente la vista e si rivolse al suo autista che ormai conosceva da svariati anni. ”Ian, ricordami di passare alla bottega d’arte in centro per i miei nuovi pennelli.” disse con austerità mentre i suoi occhi si riempivano del profilo del Kunstmuseum, era un edificio dai lineamenti spigolosi con delle alternanze armoniche che lo rendevano una delle strutture più belle di Besaid. ”Siamo quasi arrivati, puoi fermarti davanti all’Aamot Lodge se c’è parcheggio, altrimenti lasciami lì e fammi sapere dove puoi sostare.” Jesper poteva vedere lo sguardo divertito del suo autista dallo specchietto retrovisore che permetteva a entrambi di osservarsi vicendevolmente. Ian era stato suo complice in molte situazioni assurde, era andato a recuperarlo dopo sbronze imbarazzanti, ad appuntamenti terminati in tragedia, a eventi benefici talmente noiosi da necessitare scuse esilaranti per fuggire. In maniera indiretta il suo autista sapeva di lui molto più di quanto non fosse concesso a molti conoscenti o “amici” nella sua vita. Quest’ultimo non era il caso di Amy, si erano conosciuti durante gli studi universitari a Oslo e avevano stretto amicizia ritrovandosi seduti vicini durante le lezioni. Erano due persone molto diverse, ma proprio quelle differenze li avevano lentamente legati in una salda amicizia. Non erano mancati gli scontri tra di loro visto che guardavano il mondo da due punti di vista opposti, ma erano sempre riusciti a trovare il modo di apprendere qualcosa l’uno dall’altro piuttosto che chiudersi nelle proprie idee limitanti. Jesper vedeva nell’universo interiore di Amy una continua ispirazione per la propria arte, ma non solo, vedeva in lei una figura per cui nutriva una fiducia incondizionata e che col tempo aveva imparato a chiamare migliore amica.
    La macchina decelerò fino a fermarsi davanti al luogo richiesto da Jesper. Ian scese e andò ad aprire la portiera al ragazzo che alzò gli occhi al cielo per quella formalità. ”Per favore, non farlo mai più! Mi fai sentire come se fossi la tua fidanzatina, te l’ho detto un centinaio di volte.” la sua voce irradiava ironia, ma c’era una verità di base nelle sue parole. Lui e Ian avevano trovato un compromesso nel loro rapporto lavorativo, Jesper aveva preteso di essere chiamato per nome e di non essere trattato con eccessiva formalità, dal canto suo Ian non aveva ceduto sul dargli del Lei e su alcune accortezze che facevano parte del suo mestiere. ”Lei mi lusinga, in fondo è un uomo carismatico, Jesper. Ma non credo che mia moglie sarebbe molto d’accordo in questo caso.” I due si lasciarono andare a una risata sincera prima che Jesper si dirigesse verso l’ingresso dell’Aamot Lodge scuotendo la testa con l’espressione divertita. Si soffermò davanti a quella porta dall’aspetto piuttosto semplice e basico, l’aprì e si ritrovò immediatamente davanti alla piccola reception dell’ostello. Per un istante si concentrò cercando di ricordare se in vita sua avesse mai soggiornato in un ostello, ma neanche nel periodo della sua infanzia aveva memoria di un luogo del genere. C’erano poche decorazioni in quel ingresso, ma non mancavano i servizi principali necessari per chi doveva alloggiare lì. Si avvicinò al bancone dietro il quale era nascosta Amy assorta nei suoi pensieri. ”Salve, mi scusi, avrei bisogno di una stanza.” disse col massimo della serietà di cui era capace, solo quando la ragazza puntò il suo sguardo color nocciola nel suo, lasciò che le labbra si incurvassero in un sorriso. ”Sei pronta per usc…” s’interruppe notando un particolare sulla mano della sua amica, aveva un paio di chiazze colorate tra le dita, proprio in bella mostra. ”Amy, cosa sono quelle?” la rimproverò, era dai tempi dell’università che cercava di farle cambiare quella consuetudine di uscire di casa con le mani sporche di tempera, ma non era mai riuscito nel suo intento. All’inizio se la prendeva davvero molto con lei, non tollerava quella mancanza di precisione e pulizia, ma col passare del tempo si rese conto che era il suo marchio di fabbrica. Anzi dovette arrivare al punto di ammettere di essere un po’ maniacale per quanto riguardava certe cose, bastava entrare nel suo studio artistico per rendersi conto che lì regnava ordine e precisione al limite dell’ossessivo. Ogni cosa aveva il suo posto per ordine cromatico o di utilizzo così da evitare sprechi, odiava aprire dei nuovi colori se ce ne erano altri ancora da finire o usare pennelli nuovi se i suoi erano ancora in ottime condizioni. ”Credo che sia il caso che ti aspetti fuori.” col capo indicò un uomo che era appena arrivato e che si era messo in coda dietro di lui, credendo erroneamente che fosse un cliente. ”C’è la macchina di servizio parcheggiata proprio qui davanti, a dopo.” si diresse verso l’uscita facendo col capo un cenno di scuse al cliente per l’attesa, avrebbe voluto aggiungere un paio di parole di cortesia, ma l’espressione annoiata e vacua dell’avventore gli chiuse la bocca. Uscì dalla porta incrociandosi con la ragazza che sapeva essere collega di Amy, l’aveva già vista in precedenza al cambio turno quando capitava di rado che andasse a prendere la sua amica a lavoro. Le rivolse un sorriso educato prima di rifugiarsi in macchina, lo sguardo di Ian lo raggiunse dallo specchietto retrovisore. ”Ha quasi finito il turno, credo che fossimo in anticipo di pochi minuti, come sempre.” Estrasse il cellulare dalla tasca destra e controllò i messaggi, ce ne era uno di sua sorella che gli ricordava la cena per l’inaugurazione della nuova società di un amico di loro padre, non ne ricordava nemmeno il nome. Le rispose che non sarebbe mancato e che si sarebbero incontrati alle 20 circa a casa, così da poter raggiungere la destinazione assieme. Ripose il cellulare sul sedile accanto al suo guardando fuori dai vetri oscurati, a volte avrebbe voluto una vita più simile a quella di Amy, avrebbe voluto essere in grado di andare in giro senza curarsi di cosa avrebbe detto la gente se avesse avuto delle macchie di colore addosso. Jesper osservò le proprie mani perfettamente curate e si disse che forse il celeste avrebbe donato al suo incarnato, un frammento di cielo sulla pelle, prima o poi lo avrebbe provato…

    Edited by Aruna Divya - 26/2/2021, 10:48
     
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    Riappoggiò la cornetta, lasciandosi andare ad un lungo sospiro. Era tutta la mattina che il telefono squillava incessantemente per le prenotazioni, probabilmente a causa degli eventi che si sarebbero tenuti in centro e sulla spiaggia nelle settimane successive. Per essere una cittadina abbastanza sconosciuta doveva dire che gli artisti di strada sapevano comunque come farsi conoscere in giro per il mondo e come attirare l’attenzione. Il più delle volte però quelli che si recavano all’Aamot Lodge erano ragazzi dalla storia difficile, persone che avevano bisogno di un tetto sopra la testa che non costasse troppo caro, di un luogo sicuro dove trascorrere un po’ di tempo. Era incredibile per lei che un luogo così vicino al centro della città e al museo più importante di Besaid potesse comunque permettersi dei prezzi modici. Non aveva viaggiato molto, anzi, si poteva dire che lei del mondo avesse visto davvero poco, eppure a Oslo era stato quasi impossibile trovare posti dove dormire con dei prezzi come quelli, forse era per questo che, nonostante tutto, gli affari erano sempre andati per il meglio. Guardò l’orologio a parete alle sue spalle per avere un’idea di quanto tempo mancasse alla fine del suo turno. Quel giorno sarebbe passato a prenderla il suo migliore amico per trascorrere un po’ di tempo insieme. Amèlie non aveva mai amato lasciarsi guidare dai pregiudizi nei confronti delle persone per questo quando alcuni loro colleghi avevano guardato a Jesper come a un riccone con la puzza sotto il naso lei si era seduta al suo fianco, incurante delle occhiate e di tutto quello che veniva detto alle loro spalle. Era sempre stata dell’idea che nessun libro dovesse mai essere giudicato dalla copertina e il tempo le aveva dato ragione visto che, per quanto strano, il loro rapporto si era fatto ben presto piuttosto stretto. Non aveva sentito alcun tipo di forzatura, la loro amicizia era nata quasi per caso, forse senza che nessuno dei due la volesse, ma lei non l’avrebbe scambiata per nessuna cosa al mondo. Jes non avrebbe mai smesso di riempirla di consigli sulla moda e sui posti migliori da frequentare e Amèlie adorava il suo modo di prestare attenzione a dettagli che per lei non avrebbero avuto alcun valore senza di lui. Come ad esempio il fatto che un determinato capo d’abbigliamento non si dovesse abbinare con un altro. Se fosse stato per lei non si sarebbe mai curata troppo di quello che metteva indosso, troppo con la testa per aria per prestare attenzione al mondo, ma in quegli anni Jesper era riuscito ad inculcarle nella mente almeno alcuni concetti base che cercava di rispettare.
    L’amico era stato una delle poche persone che era riuscita a tenere al suo fianco dopo la morte di suo fratello. Aveva rispettato i suoi spazi ed era rimasto accanto a lei in maniera silenziosa nel primo periodo, fino a che non era stata Amèlie ad aprirsi con lui e a chiedergli di stare al suo fianco. Jesper era sempre stato un amico per lei, quasi un fratello in alcune occasioni ma mai aveva pensato a lui in maniera amorosa anche se alcuni colleghi avevano avanzato quell’idea. Il solo pensiero riusciva a farla ridere come pochissime altre cose al mondo. Era un bel ragazzo, questo era impossibile negarlo, ma per lei esisteva un confine preciso, sebbene invisibile, che non avrebbe mai voluto varcare. Non aveva mai avuto secondi fini quando lo aveva invitato a salire a casa sua e si era sempre aperta con lui come avrebbe fatto con qualcuno che conosceva ormai da una vita intera. Così persa nei suoi pensieri quindi non si rese neppure conto dell’ingresso di una nuova figura all’interno della hall, fino a quando questa non le rivolse alcune parole. Battè appena le palpebre quindi, mentre si voltava nella sua direzione. -Come scus.. - iniziò, fermandosi poi quando riconobbe il volto familiare dell’amico, scuotendo appena il capo con aria divertita. -Sei già arrivato? - chiese quindi, anche se non c’era bisogno di una risposta dato che poteva vederlo in carne e ossa davanti a lei. Anche Jesper interruppe la sua successiva domanda a metà, notando qualcosa che riuscì a cambiare radicalmente la sua espressione mentre le faceva notare le sue mani. abbassò lo sguardo con aria piuttosto confusa, notando alcune piccolissime macchie di colore rimaste sul dorso della mano. -Oh no! Eppure questa volta ero stata molto attenta! - protestò lei, mettendo su un broncio decisamente contrariato. Probabilmente Jesper aveva un radar per queste cose visto che in tutta la mattinata nessuno prima di lui se ne era accorto. Si strofinò la mano contro la divisa, un gesto istintivo, anche se sapeva che la tinta asciutta non sarebbe andata via se non lavandosi le mani. Sorrise, annuendo appena quando lui le fece notare il cliente in coda dopo di lui. -Finisco qui, poi il tempo di cambiarmi e ti raggiungo. Faccio in fretta. - mormorò, con un nuovo sorriso, prima che lui si spostasse, dirigendosi verso l’uscita, per dare spazio all’uomo che si era messo in fila. -Prego. - disse quindi lei, invitandolo ad avanzare, anche se l’uomo sembrava un po’ smarrito. Impiegò qualche minuto a comprendere di che cosa avesse bisogno, visto che sembrava essere finito all’interno dell’ostello solo per caso, senza sapere bene neanche dove si trovasse e fu alla fine una delle sue colleghe a riconoscerlo e a sostituirla. Alcune volte capitava che apparissero strani individui ma lei non si era mai posta troppe domande. Dopotutto era lì per lavorare e non per chiedere spiegazioni.
    Si cambiò in fretta, lavandosi accuratamente le mani per far sparire quelle piccole macchioline e indossando poi un vestito e delle scarpe lucide con un tacco non troppo alto, sperando che Jes non avesse da ridere su quell’abbinamento. Poi, dopo aver preso la sua borsa e sistemato la divisa all’interno del suo stipetto, si mosse velocemente verso l’uscita, salutando con un sorriso e qualche parola i colleghi e i clienti che incontrò nel suo tragitto. Affrettò il passo una uscita per raggiungere l’auto di Jes, raggiungendolo al suo interno. -Eccomi! Scusa ho fatto il prima possibile! - mormorò, rivolgendogli un sorriso felice, mentre si sporgeva poi appena in avanti per vedere Ian. -Ciao Ian, come stai? E’ un piacere rivederti. - disse quindi, nella sua direzione, aspettando una sua risposta prima di rivolgere di nuovo la sua attenzione verso Jes. -Beh? Che ne pensi? Ho sbagliato qualche abbinamento? - chiese mentre, appiattendo il busto contro lo schienale dell’auto, cercava di mostrare il suo intero outfit all’amico. Immaginava che con una sorella come Hazel non potesse fare a meno si sapere tutto sulla moda e sulle ultime novità. -Ammetto che sto morendo di fame, ho saltato il pranzo perché ho ricevuto tantissime telefonate e non ho avuto un minimo libero. Mi fai compagnia? - chiese, mentre si sistemava la cintura e aspettava che l’auto partisse alla volta della loro prossima meta. Immaginava che non avrebbe avuto la fortuna di nascondersi dentro un locale anonimo e poco frequentato e che al contrario l’autista del suo migliore amico li avrebbe portati verso un posticino piuttosto elegante. -Com’è andata la tua giornata invece? Qualcosa di entusiasmante da raccontare? -domandò, piuttosto incuriosita, mentre si sistemava meglio nel sedile e metteva a posto qualche piccola piega che si era formata nella gonna del suo vestito. Spostò lo sguardo in direzione del finestrino per qualche istante, ad osservare il paesaggio che correva veloce attorno a loro e sorrise. Era sempre strano per lei vedere la città da quella prospettiva, con una tale velocità, preferiva sempre osservarla quando passeggiava, per poterla vivere con la giusta lentezza, ma non le dispiaceva viaggiare in auto in alcune occasioni. Poi, con un nuovo sorriso, si rivolse di nuovo verso l’amico. Era felice di trascorrere del tempo con lui, di ricevere qualche aggiornamento sulla sua vita mondana e decisamente più movimentata della sua.
     
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    Jesper Mads Saetre

    20 Luglio 2002
    Jesper fissava l’arcobaleno più bizzarro che avesse mai visto in vita sua, danzava a terra con grazia, il suo ritmo seguiva lo scorrere delle nuvole dietro la vetrata principale dell’albergo. Era rimasto fermo al centro della reception a guardare il ‘pas de deux’ tra la luce e l’arcobaleno, era un elegante ‘ballet’ classico, si avvicinavano sulle punte fino ad amalgamarsi in un solo corpo. D’un tratto quella magia sparì, solo in quel momento Jesper sollevò lo sguardo in aria alla ricerca di quel gioco ottico incredibile: un grande lampadario a più bracci pendeva sopra di lui, come una ballerina col tutù di cristallo. Senza capire cosa era accaduto, si voltò cercando una risposta, e si accorse che dietro la vetrata alle sue spalle il sole era stato inghiottito dalle nuvole. Era per quello che il ‘pas de deux’ era svanito nel nulla? Jesper avrebbe voluto chiedere a qualcuno delle spiegazioni, ma la voce di Thomas lo richiamò a se’ e alla realtà. Si allontanò a malincuore, dicendo a se stesso che da grande avrebbe fatto un lavoro che gli avrebbe permesso di capire ciò che aveva appena visto.
    Il mondo ha bisogno di bellezza e di poter ricreare un arcobaleno anche quando fuori diluvia.


    L’Aamot Lodge era molto diverso dagli hotel in cui era solito alloggiare, il suo interno rispecchiava l’arte urbana che aveva osservato lungo il tragitto fino a lì, era intriso di quella semplicità che avrebbe voluto far sua anche se non ne apprezzava le forme. Non desiderava prendere quel modello per la sua arte, ma più per la sua vita che in quel periodo faceva voli pindarici, solo che lui non aveva idea di come atterrare.
    ”Sono in anticipo, lo so, ma vengo da una colazione di lavoro durata ore.” sorrise quando vide Amy prendere coscienza di chi aveva davanti a se’, aveva infranto la sua aria assorta, disturbando il flusso dei suoi pensieri. ’E quelle?’ lo chiese anche a voce alta, osservando le minuscole chiazze di tempera sulle mani della sua amica che cercò di ripulirsele sugli indumenti. Scosse la testa divertito quando lei gli disse di essere stata davvero attenta a togliere ogni traccia di pittura. Erano proprio le piccole imperfezioni come quella che avevano reso Amy la migliore amica di Jesper nel corso degli anni. Anche se non lo diceva a voce alta, apprezzava – e un po’ invidiava – quel profumo di verità che emanavano i suoi atteggiamenti e la sua pelle. Ci aveva messo del tempo ad accettare quell’odore che raramente aveva sentito nella sua vita, eppure ora che lo conosceva non ne poteva fare più a meno. Sapeva che qualsiasi cosa avesse le chiesto, Amy non gli avrebbe mai negato un punto di vista sincero. Era bello avere accanto qualcuno che lo apprezzava in quanto Jesper, senza appellativi snob, senza fama e senza arte. Proprio per questo non aveva potuto far altro che ricambiare quell’amicizia con altrettanta profondità, aveva cercato a modo suo di non farle mai mancare il suo sostegno, soprattutto nei momenti difficili. Erano come due fari ai poli opposti del mare, se nelle notti di tempesta uno dei due non riusciva ad accendere la propria luce, l’altro cercava di potenziare la propria per sopravvivere fino all’alba.
    Un cliente sopraggiunse tra le loro chiacchiere, Jesper si fece da parte e disse ad Amy che l’avrebbe aspettata in macchina. ”Allora ci vediamo fuori quando ti sei cambiata.”
    Uscì e si rifugiò nell’auto di servizio, rispose a qualche messaggio, poi lasciò andare il telefono, perdendosi con lo sguardo sui lineamenti del Kunstmuseum che era proprio di fronte all’Aamot Lodge. Ne vedeva i contorni sgranati, mentre quelli dei suoi pensieri erano nitidi e ben delineati, finché il rumore della portiera che si apriva non richiamò la sua attenzione. Amy si accomodò al suo fianco, avvolta in un vestitino color senape che le donava particolarmente. ”Finalmente!” esclamò con un sorriso ampio a stendergli le labbra, la felicità della sua amica era contagiosa come uno sbadiglio.
    ”Signorina Amy, è un piacere rivederla. Io sto bene, lei? La trovo radiosa come sempre.” Ian si voltò verso la ragazza rivolgendole un leggero inchino col capo, era contento di rivedere Miss Solstad. Tra gli amici del signor Saetre era la sua preferita, anche se non si sarebbe mai permesso di dare un parere così schietto, era convinto che la signorina Amy fosse una di quelle persone che illuminano il mondo con un sorriso. L’abbigliamento di quel giorno confermava il suo pensiero, era un raggio di sole in quella macchina dagli interni scuri. ”Ian, potresti anche darle del tu dopo tanti anni. Non farci caso, lui è nato con la cravatta!” nel dirlo strinse di poco la propria. Si soffermò a guardare la sua amica quando gli chiese la sua opinione sul vestito che indossava per l’occasione, finse un’espressione accigliata prima di risponderle. ”Mhmh…” esitò ancora un istante prima di sciogliersi in un sorriso. ”Stai davvero bene, questo color senape rende il tutto originale, fosse stata una sfumatura più banale ti avrei bocciata signorina!”
    ”Io avrei detto che lei starebbe bene con qualunque cosa signorina Amy.” intervenne Ian gettando uno sguardo ai due ragazzi tramite lo specchietto retrovisore. C’era una scintilla divertita nei suoi occhi che Jesper notò immediatamente, conosceva quell’uomo da così tanti anni che ne riconosceva i diversi umori anche solo tramite uno specchietto. ”Così mi fai sfigurare, Ian. Mi fai passare per un pignolo modaiolo, invece io sono severo, ma giusto.” i due uomini scoppiarono a ridere come due vecchi amici, se non fosse stato per la divisa che indossava Ian, nessuno avrebbe mai pensato che potessero essere un pittore e il suo autista. C’era una confidenza che andava al di là dei loro ruoli, quell’uomo lo aveva visto in ogni stagione del suo umore, anche completamente privo di sensi per l’alcool, e non lo aveva mai giudicato. Chi altri poteva definirsi un amico se non uno come Ian?
    Quando le risate iniziarono a sfumare Amy ammise di non aver ancora pranzato, in tutta risposta Jesper disse solo: ”Per favore, Ian, portaci al Atlas Brasserie, fanno il miglior Røkt laks di tutta la città.” Col muoversi della macchina, il telefono che aveva lasciato sul sedile cadde a terra, Jesper si chinò a raccoglierlo e lo ripose nella tasca interna della sua giacca nera di Armani. ”Entusiasmante, dici? Questa mattina ho partecipato a una colazione di lavoro col mio agente Derek e il proprietario di una catena di alberghi. Mi è stato chiesto di creare un quadro per la hall di un hotel che inaugureranno a Oslo tra tre mesi, si tratta di un lavoro impegnativo perché la tela dovrà ricoprire gran parte di una parete. Ancora non so come gestirla al meglio, per arrivare al centro mi serviranno degli estensori per i pennelli, oppure ci camminerò sopra scalzo. Ti prego dimmi se dovessi avere delle macchie di tempera tra le dita dei piedi!” gli uscì una risata che sembrava più uno sbuffo, poi si soffermò a osservare il profilo delicato della sua amica che stava guardando fuori dal finestrino. Era una vera bellezza Amy, con quei tratti cesellati come una scultura di marmo pregiato, però non aveva mai pensato a lei in maniera diversa da una sorta di sorella. Per loro due era una profonda verità il fatto che gli amici sono la famiglia che uno sceglie per se stesso, dal momento che la propria è frutto del caso. ”A te invece come è andata la giornata? Tutti clienti come quel tipo ombroso di prima?” fu il turno di Jesper di perdersi con lo sguardo sulla città che scorreva veloce dal finestrino, gli piaceva soffermarsi a guardare la vita passargli davanti come una serie di istantanee scattate con gli occhi.
    La macchina iniziò a decelerare, fino a fermarsi davanti al Atlas Brasserie, un locale la cui entrata riportava direttamente ai Roaring 20’s. Jesper scese per primo e lasciò che fosse Ian ad aprire la portiera ad Amy, con quel suo portamento da galantuomo di un’altra epoca. L’autista si congedò da entrambi, lasciandoli soli davanti all'ingresso. Il ragazzo si avvicinò alla sua amica porgendole il braccio. ”Eri mai stata al Atlas prima d’ora?” dopo aver varcato la soglia del ristorante, li raggiunse un forte aroma floreale e un maitre con giacca nera e papillon in tinta.
    ”Buongiorno signori, avete prenotato?”
    ”No, ma sono un cliente abituale, Jesper Saetre.”
    ”Certo, signor Saetre, per lei abbiamo sempre un posto libero. Mi segua pure.” l’uomo fece strada ai due ragazzi lungo la sala, avanzavano su un parquet di legno pregiato, il quale ricopriva anche una buona parte della parte bassa delle pareti. Una lunga serie di lampadari antichi erano disposti in una fila ordinata che pareva pensata apposta per indicare il cammino ai commensali. Sulla parete di sinistra – rispetto al tavolo dove si stavano accomodando – c’era uno splendido bar rivestito di legno scuro, alle spalle del bancone c’era una specchiera su cui erano incastonate delle mensole enormi, su cui giaceva una varietà incredibile di alcolici di ogni tipo.
    ”Vi lascio i menù, tornerò a breve per l’ordinazione.” il maitre si congedò con un semi inchino e li lasciò al loro tavolo che si trovava in fondo alla sala. Jesper sospirò e aprì il menù distrattamente. ”Lo so che ti ho portata in un luogo da galateo prêt-à-porter, ti chiedo scusa. Persino io considero questo posto troppo formale, ma il cibo vale la pena di soffrire decine di cambi di forchette, coltelli e bicchieri, molti più di quanti sia disposto a tollerare normalmente. Vedrai che dopo il primo boccone perdonerai la mia disobbedienza alle tue raccomandazioni!” le rivolse un sorriso speranzoso, sapeva che Amy preferiva di gran lunga dei locali più intimi e discreti, ma voleva condividere con lei il meglio del suo mondo in quelle occasioni in cui riuscivano a stare insieme. Non toccava sempre a lui scegliere dove andare, fortunatamente. Infatti conosceva molto bene il locale preferito di Amy a Besaid, anzi gli era capitato di andarci anche da solo quando sentiva latente il desiderio di scendere dal palcoscenico della propria vita. ”Perché non mi racconti le tue ultime novità mentre aspettiamo il maitre?” si tolse la giacca nera, rimanendo in camicia bianca e cravatta a chiazze multicolore, sopra ad un paio di classici pantaloni neri. Sollevò lo sguardo su Amy, pensando che quando sarebbe arrivato il suo turno di raccontare, non sapeva davvero da che parte iniziare…

    Edited by Aruna Divya - 26/2/2021, 10:48
     
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    La vita era fatta di piccolo cose, tanti piccoli attimi in grado di toglierti il fiato oppure di restituirtelo. Ed era l’intensità di quegli attimi, unita a ciò che sapevano lasciare dietro di sé, che mutava irrimediabilmente la vita di una persona. Bastava un piccolo dettaglio, una decisione presa al posto di un’altra, per cambiare ogni cosa. Lo sapeva bene lei che, in alcune occasioni, aveva giocato con il tempo per cambiare alcuni di quei dettagli. Le parole scelte potevano fare una grande differenza in alcune occasioni e qualche attimo poteva bastare per salvare una vita. Quante volte si era persa nei ricordi, in tutte quelle strade parallele che avrebbe potuto prendere, cambiando il suo destino. Una qualunque deviazione avrebbe potuto portarla in una direzione completamente diversa. Che cosa sarebbe successo se avesse scelto di seguire sua sorella in Francia? E se non avesse mai incontrato Pedro? E se invece non gli avesse permesso di allontanarsi? si poneva spesso quelle domande, senza tuttavia mai riuscire a venirne a capo e più il tempo passava più quegli interrogativi si facevano vaghi. Non poteva tornare troppo indietro nel tempo, non poteva modificare in un modo così drastico la sua linea temporale, bastavano pochi giorni di distanza per farla sentire incredibilmente stanca. E poi, il problema principale, era che non si poteva mai tornare nel futuro che si aveva avuto la possibilità di sperimentare. Se fosse tornata davvero così indietro, se ci fosse riuscita, poteva davvero essere certa che le cose sarebbero andate meglio? Che non avrebbe invece rischiato di fare ancora più errori di quelli che aveva commesso in quel percorso? Forse era sciocco pensarsi, mettersi quel genere di problemi, ma a causa della sua particolarità le era sempre capitato. Non le piaceva usarla troppo, giocarci e far impazzire il tempo, ma questo non voleva dire che il pensiero non le aleggiasse continuamente in testa, come un punto fisso che non riusciva a scacciare.
    Sorrise in direzione del suo migliore amico quando lo riconobbe, annuendo appena alla sua spiegazione su quell’anticipo. Le sarebbe piaciuto poter disporre del suo tempo come voleva, come faceva Jesper, organizzarsi i suoi impegni da sola ed essere indipendente. Invece purtroppo aveva dei turni da rispettare e se voleva tenersi quel lavoro non poteva fare diversamente. -Non preoccuparti, è solo che mi dispiace farti aspettare, tutto qui. - spiegò, con un sorriso sereno sul volto, puntando il suo sguardo in quello di lui, sollevando il capo per poterlo guardare meglio. Jesper era sempre stato sin troppo alto per lei e a volte le era capitato di chiedersi come fosse vedere il mondo da lassù. Non glielo aveva mai chiesto, ma si era persa spesso in quell’interrogativo. E ogni volta che lo guardava, costretta ad allungare il collo per poterlo inquadrare, continuava a chiederselo. Un cliente giunse presto ad interrompere il loro discorso e allora la bionda salutò l’amico con un leggero cenno del capo, mentre rivolgeva tutta la sua attenzione verso l’uomo che aveva appena varcato la soglia. Le piaceva il suo lavoro, le dava modo di incontrare tantissime persone che, in più di un’occasione, le aveva offerto ottimi spunti per i suoi disegni e per i suoi dipinti. Le piaceva ritrarre ciò che si poteva osservare, senza perdersi troppo in un mondo di pura fantasia. Riteneva che anche le cose di tutti i giorni, anche i dettagli apparentemente superflui, meritassero di essere messi in mostra. Tante volte durante la pausa pranzo aveva goduto della bellezza dei giardini del Kunstmuseum e tante altre, durante il suo turno, aveva lasciato che il suo sguardo vagasse oltre il vetro delle finestre, soffermandosi verso l’esterno di quella struttura. Il solo guardarla sapeva scaldarle il cuore.
    Sistemò i dettagli per il check in dell’uomo e poi, una volta riordinati alcuni documenti e aver salutato la collega del turno successivo, andò a togliersi la divisa per indossare qualcosa di un po’ più casual. Cercò di fare il più in fretta possibile, accelerando poi il passo per raggiungere l’auto che la aspettava all’esterno. Una volta all’interno salutò sia Jesper che il suo autista, che non mancò di risponderle con voce gentile. -Anche io sto bene Ian, ti ringrazio. - rispose, mentre un sorriso genuino si apriva sul suo volto davanti al complimento dell’uomo. L’autista di Jes era un uomo davvero solare e gentile e si divertiva sempre nel vederli battibeccare. Si vedeva che si conoscevano da tempo e che entrambi avevano imparato il giusto modo di venire a compromessi. -Ti ringrazio. Ammetto di essermi impegnata per non farti sfigurare. - disse, rivolgendo un occhiolino al suo migliore amico, quando le diede il suo giudizio sul suo abbigliamento del giorno, prima che Ian intervenisse con toni ben più gentili. Amy si portò una mano al visto per nascondere una leggera risata. Era sempre buffo osservarli relazionarsi anche perchè Ian era davvero una delle poche persone che poteva concedersi certi atteggiamenti con Jes. A volte sottovalutava quanto fosse famoso e quanto fosse quindi impegnativa la sua vita. Dalla sua prospettiva ravvicinata Jesper non era che un ragazzo come tanti altri, dolce, gentile, sempre pronto ad aiutare, il migliore amico che si potesse sperare di avere. Facendosi un po’ più distante invece riusciva a intravedere il fascinoso artista di cui tutti parlavano, che però per lei non rispecchiava mai a pieno il suo Jesper: il compagno di corso che le era stato vicino, l’amico che le offriva sempre la sua spalla nei momenti difficili. A lei piaceva vederlo così, senza tutti quei fronzoli che gli altri volevano appiccicargli addosso con la forza.
    Jes chiese a Ian di dirigersi verso l’Atlas Brasserie, per poi raccontarle un po’ delle ultime novità. Ascoltò con interesse ed entusiasmo quando lui le parlò del nuovo progetto a cui si sarebbe dovuto dedicare nei mesi successivi, esponendole anche i suoi dubbi davanti ad un’opera così imponente per la quale avrebbe dovuto sicuramente adattare le sue normali tecniche. -Te lo prometto, ti terrò d’occhio. - disse, con un sorriso deciso, anche se era palese che entrambi stessero scherzando. -Sono sicura che farai un ottimo lavoro e che li lascerai senza parole. - aggiunse poi, con una certa sicurezza, mentre si allungava per darli un leggero bacio sulla guancia, per esprimergli il suo affetto. Era sempre stata una ragazza particolarmente istintiva, che a volte sentiva la necessità di mostrare ciò che provava alle persone. -No, non tutti per fortuna. Oggi è arrivato un gruppo di ragazzi piuttosto chiassosi, credo resteranno in città per una settimana, o almeno così mi hanno detto. - raccontò, senza tuttavia fare nomi di alcun cliente visto che la privacy imposta dal lavoro non glielo permetteva. Era molto attenta su quelle questioni e anche se sapeva di potersi fidare di Jesper preferiva comunque seguire le regole alla lettera. Un gruppo di stranieri chiassoso e terribilmente colorato sarebbe stato impossibile da non notare. -Però per fortuna non c’è stato alcun tipo di problema. La scorsa settimana abbiamo avuto dei problemi con alcuni computer e stavo quasi per impazzire. - raccontò, con il cuore molto più leggero ora che, per fortuna, quel problema non era che un lontano ricordo. Sapeva che non c’era nulla di entusiasmante in quei brevi racconti, ma ci aveva comunque sempre tenuto a renderlo partecipe della sua vita, anche quando non c’era nulla di particolare da raccontare. Era un modo come un altro per sentirlo vicino.
    Ancora qualche minuto e poi l’auto accostò di fronte ad un locale piuttosto elegante, uno di quelli in cui da sola non sarebbe probabilmente mai riuscita a mettere piede. Nascose una risata quindi quando Jes, con naturalezza, le chiese se c’era mai stata prima, mentre si muoveva verso uno dei dipendenti. -Oh mai sì, certamente. Credo di essere in lista d’attesa da qualche mese ormai. - scherzò, serrando poi appena le labbra di fronte all’uomo verso cui si diresse Jesper, per evitare di scoppiare a ridergli in faccia, cercando di assumere un’aria più seria. Notò l’espressione dell’uomo cambiare non appena il suo amico disse a voce alta il suo nome, rivolgendo poi un leggero sguardo verso di lei, come a chiedersi se si trattasse della sua nuova fiamma, senza tuttavia aggiungere neppure una parola. Li condusse verso un’ampia sala, finemente arredata, e poi, dopo aver lasciato loro i menù, si congedò con un inchino, lasciandoli finalmente da soli. Si accomodò a quel tavolo, posto fortunatamente sul fondo della sala, in una posizione abbastanza appartata, lontana da troppi occhi indiscreti. Jes si scusò per quella scelta un po’ troppo formale, affermando però che il cibo valeva sicuramente quella pena. -Però promettimi che la prossima volta ti lascerai portare in un posto molto più casual, a mia scelta. Dove finalmente potrò permettermi di pagare per entrambi. - gli chiese, con un sorriso dolce sul volto, quasi pregandolo di permetterle di offrirgli un pranzo o una cena, almeno per una volta. sapeva che lui lo faceva sempre con affetto e che un pasto ogni tanto non avrebbe certo alleggerito esageratamente il suo portafoglio, ma ci teneva a poter ricambiare, almeno ogni tanto, come poteva. Abbassò appena il capo, mordicchiandosi distrattamente il labbro inferiore, quando lui le chiese di raccontarle qualcosa di nuovo sulla sua vita. La sua mente volò subito verso l’argomento di cui più le premeva parlargli, sebbene fosse un tasto piuttosto delicato per lei. -Ho rivisto Pedro. - riuscì a dire, soltanto, con un leggero sospiro, ostinandosi a fissare il piatto vuoto di fronte a lei. Jes sapeva di lui, gli aveva raccontato dei momenti più belli della loro frequentazione e sapeva anche che Amy era semplicemente sparita dalla vita dell’uomo senza riuscire a dirgli una parola. Jesper era stato il solo che era riuscito a starle vicino, dopo la morte di Dag. -E’ stato strano e.. non lo so. - terminò, con un sospiro amareggiato, cercando poi di abbozzare un sorriso tirato, mentre sollevava di nuovo lo sguardo su quello dell’amico. -Tu invece? A parte questo magnifico nuovo lavoro? - chiese, sperando di sviare le attenzioni dalla sua vita, che aveva ripreso ad essere turbolenta come non lo era da un pezzo.
    Lasciò che fosse Jesper a ordinare per entrambi, quando il maitre tornò al loro tavolo, fidandosi del suo buon gusto anche in fatto di cibo. Lei probabilmente non conosceva neppure la metà dei nomi su quei piatti e poi, quando si trattava di quel genere di ristoranti, preferiva sempre che fosse lui a parlare, temendo di combinare qualche pasticcio o di dire qualcosa di sbagliato. Non era il suo mondo e questo Jesper lo sapeva bene, ma a volte le piaceva poter mettere il naso in quello mondo scintillante, prima di tornare con i piedi per terra.
     
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    Jesper Mads Saetre

    I colori dell’estate si riflettevano sui finestrini dell’auto che procedeva lentamente verso il centro della cittadina. L’Atlas Brasserie era uno di quei locali alla moda che non poteva passare inosservato, sembrava un edificio incantato con la sua facciata anni ’20, quando ci mettevi piede eri convinto di essere in procinto di attraversare un varco temporale. Quel pensiero comune non era poi così lontano dalla verità, nelle serate danzanti del locale ci si ritrovava avvolti dalle melodie dai quartetti jazz più famosi in Europa e travolti da decine di ballerine in abiti da Charleston. Fortunatamente per Amy stavano andando lì per pranzo, un momento più quieto per quel locale patinato, difficilmente organizzavano eventi fastosi in pieno giorno. Sapeva quanto l’avrebbe messa in difficoltà trascinandola nel suo mondo ritoccato con Photoshop in ogni singolo dettaglio, così da sembrare perfetto e allettante agli spettatori. Chanel, De la Renta, Dior e ogni brand famoso su corpi scolpiti come statue dei più grandi artisti di ogni tempo, a volte sembrava che Michelangelo o Van Dyck ci avessero messo lo zampino, in realtà era merito di personal trainer e chirurghi dalle mani d’oro. Jesper sentiva di non rientrare in quella categoria così lontana dal suo modo di essere, viveva costantemente sotto i riflettori, ma era più genuino di quel che si leggeva di lui sui tabloid. Lui e sua sorella Hazel costituivano un’eccezione alla regola in quel mondo di finzione, anche a se a volte i compromessi erano necessari per sopravvivere, lo aveva imparato a sue spese.
    ”Ti ringrazio. Ammetto di essermi impegnata per non farti sfigurare.” sorrise a quelle parole, alzando un sopracciglio in direzione di Ian attraverso lo specchietto retrovisore. ”Almeno lei apprezza il mio gusto estetico!” esclamò in sua difesa, lasciandosi andare a una risata per i commenti successivi di Ian. Pareva di essere all’interno di una commedia retrò quando si aveva a che fare coi due uomini, entrambi perfettamente vestiti, i capelli ben tenuti in posa dalla cera e i modi educati ed affabili. Era stato il caso a farli conoscere, ma una scelta rimanere assieme. La prima volta che Ian e Jesper si conobbero non scattò immediatamente la scintilla, il giovane Saetre era completamente ubriaco e diede di stomaco sulle scarpe lucide dell’autista. Tra un insulto strascicato e qualche altro conato, riuscì a posizionarsi sui sedili posteriori, sdraiato supino a fissare il soffitto grigio della vettura. Fu durante il tragitto che i due iniziarono a conoscersi meglio, le premure di Ian stupirono Jesper, si aspettava di essere trattato come un viziato rampollo di famiglia ricca, invece l’uomo lo rimproverò come un padre dai modi impeccabili. Rimase affascinato da Ian per quanto glielo permettesse l’alcool che gli scorreva nelle vene, ricordava di averlo osservato in silenzio mentre in piena notte avanzavano insieme all’interno della casa. Un semplice autista si era preso cura di lui come non aveva mai fatto nessuno, lo aveva sostenuto fino ad arrivare nella sua camera da letto, facendo le veci di una stampella per un ferito in una guerra di alcool. Solo dopo essersi accertato che stesse meglio e aver recuperato qualche medicinale per la sbornia Ian si congedò, fece un inchino da manuale e lasciò il giovane Saetre al buio in attesa dell’abbraccio di Morfeo. ’Quello,’ si disse, ’sarà mio amico, me lo sento.’ La profezia di un’adolescente ubriaco.
    ”Conto sul tuo occhio critico, ti inonderò la cartella delle e-mail di foto del nuovo quadro. Sii spietata se necessario, soprattutto per le macchie sui piedi!” le fece l’occhiolino prima di lasciarsi sorprendere da un bacio sulla guancia. Si voltò verso la sua amica con un sorriso divertito sulle labbra, ”Posso averne un altro? Ho sentito dire in giro che i tuoi baci portano fortuna!” le porse la guancia su cui ancora non si era posata la sua benedizione. Amy era il suo piccolo talismano di positività, sin da quando andavano all’università assieme ogni volta che lei pronunciava un buon augurio andava a buon fine. Jesper non era mai stato superstizioso, eppure prima di ogni grande progetto di lavoro chiamava Amy per avere il suo ’buona fortuna’ di rito. Più che scaramanzia era diventata un’abitudine immancabile per lui, un po’ come il caffè la mattina appena svegli e il messaggio del buongiorno a sua sorella. Erano quelle piccole cose di cui non poteva fare più a meno perché lo facevano sentire bene e in equilibrio con la frenesia della sua vita.
    ”I giovani sono come i colori brillanti su un quadro, danno luce alla scena. Almeno ti divertirai a rincorrerli per evitare che ti rompano tutto l’albergo, in bocca al lupo!” gli sfuggì una risata che gli fece arricciare il naso. Notò con la coda dell’occhio che anche Ian si stava beando della loro allegria, era rimasto in silenzio da quando erano partiti, ma li stava ascoltando, si vedeva dalla gamma di espressioni che attraversavano il suo viso da lord di un altro secolo. Gli rivolse un cenno col capo attraverso lo specchietto retrovisore, un linguaggio segreto fatto solo di sguardi, anche quando taceva Ian era molto più presente di tanta gente che aveva conosciuto nella sua vita. ”Se si dovesse rompere il mio computer personale credo che non saprei nemmeno che giorno della settimana sia o in che parte del mondo mi trovo. Avete risolto con i vostri a lavoro mi auguro.” mentre chiacchieravano la macchina iniziò a decelerare, segno che erano arrivati a destinazione. Ian aprì la portiera di Amy, mentre Jesper scese dall’altro lato sulla strada, sapeva perfettamente che il suo autista si era accostato al marciapiede dal lato della portiera della sua amica di proposito. Gli era grato per quelle accortezze che nessun altro avrebbe avuto per le persone a cui teneva davvero, era molto fortunato ad aver incrociato il proprio cammino con i due amici che lo accompagnavano quel giorno.
    L’Atlas era un locale dal sapore vintage, si respirava l’odore degli anni ’20 mescolato a un profumo di fiori al solo ingresso. Jesper offrì il braccio a Amy mentre seguivano il maitre. ”Se non ti fanno entrare chiamami, li redarguisco come si deve. Il mio cognome è anche il tuo, lo sai.” si finse profondamente offeso per quella mancanza di riguardo nei confronti della sua amica, anche se l’ultima parte del discorso era vera, Amy era come un pezzo della sua famiglia. Arrivarono al fondo della sala, vennero fatti accomodare a un tavolo riservato lontano da sguardi indiscreti, la privacy era un requisito fondamentale nei locali che frequentava Jesper. Odiava che gli altri commensali potessero girarsi a guardare lui e i suoi ospiti additandoli, facendo congetture sulle sue relazioni e sui suoi gusti. La curiosità è una sanguisuga, lo aveva imparato crescendo e se non avesse disprezzato i tatuaggi si sarebbe marchiato quella frase sulla pelle come monito. Jesper attese pazientemente che il maitre li lasciasse soli, poi si sfilò la giacca posandola sullo schienale dietro di lui. ”Prometto che la prossima volta lascerò scegliere te e sarò tuo ospite con molto piacere.” prese il menù per sfogliarlo velocemente, anche se sapeva già cosa prendere, quando Amy fece il nome di Pedro sollevò lo sguardo su di lei in silenzio. Rimase in ascolto aspettandosi qualche dettaglio in più di è stato strano, quello era un chiaro segnale che qualcosa non era andato per il verso giusto. Pedro era stato un pezzo importante del passato della sua amica, ricordava gli occhi di lei colmi di luce quando gli raccontava dei loro incontri, poi era arrivata la malasorte a mettersi di mezzo tra di loro. Amy subì un lutto che la fece chiudere in se stessa, persino per Jesper era stato difficile starle vicino all’inizio, poi era riuscito a trovarsi un angolino dove poter stare rannicchiato al suo fianco. Pedro non aveva avuto la stessa fortuna, la morte di Dag gli portò via Amy irreversibilmente. Jesper l’aveva vista toccare il fondo e risalire lentamente verso la superficie annaspando per tornare a respirare. Aveva cercato di supportarla come poteva, ogni parola, ogni gesto e ogni silenzio era per lei e per il suo dolore che non poteva afferrare con le mani per darle sollievo. Solo lo scorrere del tempo le aveva permesso di andare avanti, per quanto Amy fosse in grado di riavvolgerlo a suo piacimento, arrivò anche per lei il momento di premere il tasto Play sul presente.
    ”Cosa intendi con è stato strano?” chiese prima di essere interrotto dall’arrivo del cameriere. Jesper si voltò e ordinò un antipasto di pesce per due, un paio di primi consigliati dallo chef e per concludere una degustazione di dolci. Quando il cameriere andò via dopo essersi congedato con un inchino formale, poté tornare a rivolgere la sua attenzione alla sua amica. ”Si è comportato bene con te Pedro?” si sporse sul tavolo per studiare l’espressione di Amy, cercando di carpire più informazioni possibili dal suo sguardo. ”Oltre al mio lavoro, dici?” aderì meglio con la schiena alla sedia quando il cameriere tornò con una bottiglia di vino bianco. Jesper prese il proprio bicchiere riempito quel tanto per assaggiare se il vino era di suo gradimento, ne sorseggiò pochissimo per lasciare che il sapore raggiungesse al meglio le sue papille gustative. ”E’ perfetto, può versarne un bicchiere anche alla mia ospite, la ringrazio.” fece un occhiolino complice ad Amy, poi quando rimasero nuovamente soli rilassò la sua postura. ”Non ricordo fin dove ero arrivato a raccontarti dopo il flop del Prom di San Valentino, ero andato con Ophelia e in quell’occasione ci siamo lasciati. Siamo rimasti buoni amici, entrambi eravamo in cerca di una relazione che ci permettesse di dimenticare qualcun altro…” un sorriso gli si dipinse sulle labbra, obliquo come un orizzonte visto con la testa inclinata. Fece una breve pausa, pensando che Amy era l’unica persona sulla faccia della terra a sapere la verità sui suoi sentimenti per Hazel. Il mondo li ammirava come la coppia di fratelli modello, belli e sempre alla moda, le loro foto sulle riviste facevano vendere migliaia di copie. Invece c’era un universo diverso ben lontano dalle pagine dei giornali, dove lui ed Hazel si guardavano in un modo illecito che il mondo non poteva sapere. Sin da quando erano piccoli il loro legame era stato diverso, erano cresciuti assieme e nonostante ciò Jesper non era mai riuscito a guardare Hazel come una semplice sorella. Sapeva che era sbagliato, che i suoi sentimenti erano una perversione da debellare, eppure erano così radicati nel profondo che non poteva far altro che soccombere. Entrambi avevano provato ad avere altri fidanzati più e più volte, ma puntualmente finivano col lasciarsi perché sotto la loro pelle erano legati da un filo invisibile che non gli permetteva di starsi lontano troppo a lungo. Era una storia sofferta la sua con Hazel, una storia di gelosia, rabbia, dolore… e amore. Quel tira e molla tra di loro durava sin dall’infanzia, per entrambi era difficile accettare di provare dei sentimenti sporchi che non avrebbero dovuto percepire. Invece ogni volta che Hazel gli si avvicinava il suo cuore perdeva un battito, non c’era donna più bella di lei al mondo, nessuna reggeva il confronto. Dio se ci aveva provato a strapparsi dal petto quei sentimenti, ma era stato tutto inutile, ad ogni nuova fiamma di Hazel il suo cuore sanguinava copiosamente. Lo aveva raccontato ad Amy una sera di tanti anni fa, Jesper era completamente ubriaco e preda di un dolore incontrollabile, aveva persino tentato di baciarla tanta era la disperazione per la nuova relazione di sua sorella. Amy lo respinse con dolcezza chiedendogli perché lo avesse fatto, fu allora che Jesper non riuscì più a trattenersi e iniziò a raccontarle tutto. Parlò ininterrottamente per così tanto tempo che a un certo punto gli si era seccata la gola, nonostante ciò la sua amica lo ascoltò senza alcuna forma di giudizio negli occhi. Quando terminò quella storia di morbosità e deviazione sentimentale, Amy lo abbracciò semplicemente. Era stupito e grato allo stesso tempo, si aspettava di sentirsi dire che non era altro che un abominio, un errore genetico quello che scorreva nelle sue vene, invece si ritrovò stretto tra delle braccia amiche. Per la prima volta il demone che sentiva di essere dentro trovò una pace inaspettata, riconoscendo in Amy un porto sicuro. Per quel motivo poco prima le aveva chiesto come si era comportato Pedro nei suoi riguardi, era protettivo nei confronti della sua amica, nessuno doveva permettersi di farla soffrire in alcun modo.
    ”E’ un periodo complicato, io ed Haz stiamo cercando di trovare un equilibrio da quando abbiamo parlato dopo il ballo di San Valentino. Un po’ ti invidio, sai? Che tu stia vivendo una relazione felice o che ti stia lasciando, puoi mostrare al mondo come ti senti, invece io devo nascondermi dietro una maschera di cera dal sorriso smagliante. Ma non voglio rendere questo pranzo depresso, parliamo di altro per favore! Parteciperai al concorso di cui abbiamo parlato?” la sua voce cambiò umore più volte nel corso di quel breve discorso, entusiasmandosi verso la fine per la possibilità che la sua amica avrebbe avuto di mostrare finalmente a tutti la sua arte. Sollevò un sopracciglio in sua direzione, attendendo una risposta che non doveva essere altro se non positiva.

    Edited by Aruna Divya - 26/2/2021, 10:49
     
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    La sua amicizia con Jesper era nata tanti anni prima, quasi per caso e con il tempo si era rafforzata sempre più, tanto che le risultava difficile ormai pensare di non averlo al suo fianco, per condividere le gioie ma anche le preoccupazioni. Aveva osservato sotto la scorza un po’ più dura che riservava ai più e aveva trovato un ragazzo dal cuore d’oro e con un animo molto più semplice di quanto desse a vedere. Sebbene esteriormente sembravano appartenere a due mondi completamente separati, i loro animi da artisti li rendevano affini, vicini. Purtroppo non sempre avevano la fortuna di incontrarsi spesso, i viaggi di Jesper lo portavano spesso lontano dalla città e i suoi impegni catturavano quasi ogni istante delle sue giornate, ma quando finalmente riuscivano a ritagliarsi anche soltanto qualche ora in mezzo a tutta quella moltitudine di impegni, il cuore di Amy si riempiva di gioia. Temeva sempre di metterlo a disagio con il suo modo di vestire molto più semplice, distante dagli abiti raffinati che lui usava tutti i giorni, come se fossero la sua divisa. Sebbene di solito non fosse abituata a truccarsi molto, quando sapeva di dover uscire insieme a lui cercava sempre i giusti accessori, un vestito che fosse un po’ più alla moda e il trucco adatto. Non perché lui glielo chiedesse, non aveva mai fatto commenti negativi sul suo conto, ma ci teneva a evitare che i giornali potessero dargli contro solo a causa sua. Era sempre molto pacato nei suoi commenti, anche quando esprimeva il suo disappunto per i suoi estrosi abbinamenti di colore, ma la accettava così come era, anche con le sue scarsissime nozioni sulla moda. Quando aveva bisogno di consigli a riguardo tuttavia, per presenziare a occasioni importanti, era sempre a lui che si rivolgeva, sapendo che sarebbe stato onesto e le avrebbe dato sempre buoni consigli. Lei, dal canto suo, cercava di essere altrettanto sincera e d’aiuto quando lui le sottoponeva le sue opere, per avere un consiglio o essere sicuro di stare prendendo la strada giusta. -Lo prometto, sarò inflessibile. - disse, portandosi poi una mano al petto, a mo’ di promessa per poi lasciare un bacio sulla guancia dell’amico, che ne chiese presto un altro. -Ah si? E questo chi te l’ha detto? - domandò, coprendosi appena le labbra con una mano mentre ridacchiava. Era diventato un gioco tra di loro quello del buona fortuna, a ci Jes non sembrava proprio voler rinunciare. -Devo scoprire chi va in giro a rivelare i miei segreti. - aggiunse, continuando a sorridere, dandogli un bacio anche sull’altra guancia e stringendolo in un leggero abbraccio poi. Jes sapeva sempre come restituirle il buon umore, anche nei momenti in cui si sentiva un po’ giù e tante cose le frullavano per la mente.
    -“I giovani”.. - disse, guardandolo con un’espressione divertita sul volto come con le mani disegnava delle virgolette in aria. -Parli come se tu ormai fossi un vecchietto pensionato da tempo! - lo prese in giro, lasciando che quello spazio ristretto all’interno dell’automobile si riempisse con le sue risate. -Comunque non penso siano poi molto più piccoli di noi, ma sono in viaggio, credo derivi da quello l’allegria. - aggiunse poi, facendosi un po’ più seria. Era bello avere un po’ di movimento, anche qualche volta quelle urla le facevano pensare che fosse accaduto qualcosa di brutto. In più di un’occasione era andata a controllare che tutto procedesse per il meglio, convinta che invece qualcuno si fosse fatto male. Per fortuna erano ancora tutti interi, ma non era certa che sarebbero rimasti tale per tutta la durata del soggiorno. Era un po’ preoccupata, anche se continuava a ripetersi che era soltanto lei ad essere un po’ troppo apprensiva e che in fondo non facevano nulla di male. Lei aveva lasciato un po’ di quella spensieratezza nel corso degli anni. Non era stata una cosa volontaria, semplicemente nel tempo si era fatta un po’ più seria, più chiusa, anche se non aveva mai abbandonato del tutto la voglia di socializzare con nuove persone. Aveva sempre amato la compagnia, il suono delle voci, delle risate. Il silenzio non l’aveva mai messa del tutto a suo agio. Sapeva stare da sola, non necessitava di avere qualcuno al suo fianco per sopravvivere, per rimanere a galla, ma le piaceva comunque avere qualcuno accanto. -Si si, fortunatamente il tecnico ha impiegato poche ore per rimettere in piedi il sistema, ma sta continuando a tenerlo sotto controllo, giusto per sicurezza. - spiegò poi, dandogli qualche informazione in più sulla sua disavventura con i computer. Era incredibilmente come negli anni quel tipo di oggetti fosse divenuto quasi fondamentale all’interno delle loro vite e quanto avesse facilitato molti lavori. Ricordava ancora quando, durante la sua infanzia, erano in pochi ad avere un cellulare, ora invece persino i bambini ne avevano uno. Si era fuori dal momento se non si aveva qualcosa di tecnologico con sé.
    Ian accostò l’auto dal lato in cui era seduta lei, così da farla scendere più comodamente sul marciapiede piuttosto che in strada, uscendo poi per aprirle la portiera. Non si sarebbe mai abituata del tutto a quei gesti che ai suoi occhi apparivano sempre così strani. La faceva sentire quasi una principessa. Abbassava appena il capo quando incontrava gli occhi di Ian, con una punta di vergogna e un sorriso ma felice compariva spontaneamente sul suo volto. Attese Jesper e poi insieme varcarono la soglia dell’Atlas. Lasciò che l’amico prendesse il suo braccio e l’accompagnasse verso il tavolo a cui il maitre li stava guidando. Cercò di mascherare una leggera risata quando lui, fingendosi offeso, le disse di chiamarlo qualora avesse avuto dei problemi con una prenotazione e di usare tranquillamente il suo cognome se ne aveva bisogno. -Oh no, non mi sognerei mai. - disse lei, mentre raggiungevano il loro tavolo e si accomodavano. Molte persone avendo un amico noto avrebbero sfruttata tutta la fama e gli aiuti che il suo cognome avrebbe potuto dargli, ma non lei che nella vita non aveva mai voluto prendere scorciatoie. Forse era anche per questo che Jesper le voleva così bene, perché sapeva che non era quello a muovere l’affetto di Amy nei suoi confronti. Non aveva importanza per lei che lui si chiamasse Jesper Saetre e che la sua fosse una delle famiglie più famose della città, lei lo vedeva come il ragazzo con cui aveva seguito le lezioni a Oslo e che era stato per lei il più grande sostegno in un momento di estrema difficoltà. Sapeva che se gli avesse chiesto un aiuto economico con la promessa di restituirgli sino all’ultimo centesimo appena possibile lui non avrebbe aspettato neppure una giornata intera per farle avere il denaro, ma non voleva. Certo, forse i suoi genitori avrebbero giovato di quell’aiuto quando Dag era stato male, ma sapeva che neppure loro avrebbe voluto che qualcun altro pagasse quelle cure. Era stato difficile andare avanti, vedere il negozio chiudere, sua sorella andare via, ma avrebbero rifatto tutto in quel modo, ancora e ancora, ne era certa.
    Con la promessa di mangiare in un luogo più adatto a lei e di essere suo ospite la volta successiva, iniziarono a osservare le pietanze sul menù. Accennò a Pedro, al fatto di averlo rivisto, rimanendo però piuttosto vaga sino a che lui non le chiese qualche spiegazione in più. Lasciò che il cameriere prendesse il loro ordine prima di rispondere alla sua domanda. Come poteva spiegargli quello che aveva provato ed essere certa che lui potesse comprendere? -Oh no, non è quello. - disse, con un sorriso, quando si preoccupò che Pedro potesse essere stato troppo scortese con lei e che fosse stato quello il problema. -Pedro non è mai stato scortese con me, ma.. non è stato facile per nessuno dei due incontrarsi così, per caso, dopo tutti questi anni. - iniziò, sperando che quello fosse un buono inizio e che lasciasse quindi intuire all’amico perché avesse trovato tutto molto strano. -Ero al parco, a disegnare e lui era con Alma, il suo cane. Sembrava quasi che nulla fosse cambiato.. - mormorò, abbassando appena il tono della voce, mentre il suo sguardo si posava sul piatto vuoto di fronte a lei, incapace di sostenere lo sguardo dell’amico in quel momento. -Ho cercato di spiegargli che cosa è successo, di scusarmi. Ha accettato le mie scuse ed è.. andato via. Ti trovo io ha detto, ma non l’ho più visto da quel giorno. - spiegò ancora, con un sorriso malinconico sul volto ad accompagnare quelle parole. Rivederlo aveva smosso qualcosa dentro di lei, sentimenti che erano rimasti sopiti a lungo ma che non si erano mai dissolti del tutto. Faceva male, ma immaginava che per lui dovesse essere stato molto peggio, anni prima, quindi non avrebbe fatto alcuna storia, non dopo quello che lei aveva fatto a lui. Aveva tralasciato di dirgli che in quei pochi minuti trascorsi insieme, dopo le rivelazioni, lei lo aveva baciato, quel dettaglio lo tenne per sé in quel momento, come un piccolo prezioso segreto da custodire con cura. Le mancava, ma sapeva che non si poteva ricominciare da dove si erano interrotti, non dopo tutto quel tempo. Era una parentesi ormai chiusa della sua vita e forse quell’incontro l’avrebbe aiutata a lasciarsela finalmente alle spalle.
    Cercò di riportare l’attenzione sull’amico, giusto poco prima che il cameriere tornasse da loro con una bottiglia di vino bianco, per farlo assaggiare a Jesper prima di servirlo. Lei di quel genere di cose non aveva mai capito granchè, quindi era lieta che ci fosse lui in quelle occasioni. Sembrava essere sempre a suo agio in ogni frangente e un po’ lo invidiava per quello. Lo vide rilassare la schiena quando l’uomo si allontanò e un leggero sorriso colorò il volto di lei. C’era sempre un Jesper pubblico e un Jesper privato e si sentiva molto privilegiata di poter dire di conoscerli entrambi. Le raccontò qualche altro dettaglio sul Prom e sulla sua rottura con la ragazza che aveva frequentato nei mesi precedenti. Non aveva avuto modo di incontrarla ma dai suoi racconti le era sembrava una ragazza gentile e molto dolce, anche se il cuore di Jesper era sempre stato di qualcun altro. Ancora ricordava la notte in cui l’aveva raggiunta nel suo appartamento, completamente ubriaco, e tra un tentativo di baciarla e uno di non vomitare sul tappeto le aveva rivelato quella verità che si era tenuto dentro per anni e che in un primo momento l’aveva lasciata del tutto senza parole. Non poteva comprenderlo a fondo, forse nessuno avrebbe potuto. Lei non sarebbe riuscita a immaginare di poter provare qualcosa del genere per qualcuno della sua famiglia, qualcosa di diverso dal semplice affetto. Parlò a lungo con lei, rivelandogli tutto quello che sentiva, tutta la sofferenza che aveva provato in quegli anni e lei non aveva trovato parole adatte, nulla sembrava abbastanza. Lo aveva abbracciato quindi, sperando che quel contatto potesse trasmettergli la sua amicizia, il fatto che era lì, per lui, se aveva bisogno di una spalla. Proseguì poi, dicendole che lui e Hazel stavano cercando di trovare un equilibrio, per quanto complicato fosse, dopo quel ballo che sembrava aver scombinato un po’ le cose. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma si fermò immediatamente quando lui disse che non avrebbe voluto rendere quel pranzo triste. Allungò una mano sul tavolo, stringendo appena una mano di jes e sorrise. -Spero che troverete un equilibrio nel vostro ballo mascherato e che tutto andrà per il meglio. - disse soltanto, senza smettere di sorridere. Voleva davvero che lui stesse bene e che fosse felice, credeva che lo meritasse, come tutti d’altronde. Ognuno meritava un po’ di felicità.
    -No io.. a dire il vero.. non credo che lo farò. - ammise, abbassando di nuovo il capo, assumendo un’espressione un po’ più pensierosa mentre il cameriere arrivava con i loro antipasti, interrompendo per qualche istante quel momento di tensione. -Non penso di avere molto da dire in questo momento non.. riuscirei a produrre nulla di buono. - continuò, con un leggero sospiro, mentre prendeva le sue posate per iniziare a mangiare. Doveva ammettere di avere una gran fame, anche se parlare di Pedro le aveva un po’ chiuso lo stomaco. -Ho la testa da un’altra parte in questo periodo. - disse ancora, tra una forchettata e l’altra, evitando di parlare con la bocca piena. Forse però quello che non voleva ammettere era che cercare di riprodurre le sue emozioni su carta avrebbe potuto farle bene. Magari le serviva soltanto la giusta spinta per tirarle fuori e quindi lasciarle andare. Lei per prima lo avrebbe proposto all’amico a situazioni invertite, ma per se stessa non era mai in grado di pensare del tutto lucidamente. Amèlie era istinto ed emozione, passione e irrazionalità. -Però potresti partecipare tu e vincere a mani basse. - scherzò, cercando ancora una volta di sviare l’attenzione da se stessa. Sapeva che Jesper non partecipava più a quel genere di concorsi ora che era un artista affermato, ma lei non era sicura di essere abbastanza brava. Non aveva mai mostrato le sue opere a qualcuno che non fossero Jesper, la sua famiglia o Pedro, sarebbe stato strano esibirle davanti a tantissime persone e non credeva di essere pronta.
     
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    Jesper Mads Saetre

    ”Un pittore molto affascinante mi ha detto che sei la sua coccinella fortunata, ogni volta che ti fermi nei suoi paraggi gli succede qualcosa di bello. Allora ho pensato che potesse funzionare anche per me.” era la verità, secondo la sua opinione Amy era una di quelle persone così positive da perdere frammenti di luce interiore senza accorgersene. Ne possedeva così tanta da disperderla negli altri. Si lasciò baciare sull’altra guancia, con un sorriso rilassato stampato sulle labbra. ”Parlo come un vecchietto che non ha tempo per godersi le piccole cose, solo quando cerco un soggetto per un quadro mi è concesso di fermarmi per un po’. Vorrei essere in viaggio anche io, senza Derek, senza tele e colori al seguito. Probabilmente avrei la stessa luce di quei ragazzi.” notò con piacere che Ian seguiva in silenzio i loro discorsi, i suoi occhi si illuminavano di riflesso della loro allegria. Jesper si lasciò andare con la schiena contro il sedile sentendo la macchina decelerare, annuì quando Amy gli disse che il tecnico non ci aveva messo molto a ripristinare il sistema dei loro computer. Qualche ora senza computer per lui sarebbe stata una rovina, la sua vita era tutta programmata su un’agenda elettronica, bastava un click per andare avanti e indietro nel tempo. La cosa peggiore era che Derek – il suo agente – aveva accesso alla timeline della sua vita, poteva inserirci o eliminare singoli eventi senza il suo consenso, e se aveva bisogno di fare spazio nella memoria dell’agenda poteva rimuovere interi mesi addirittura. Erano in due a scrivere la trama della sua storia, due impronte digitali per una sola persona.
    Scesero dalla macchina ed entrarono nel ristorante, l’odore di fiori e di tempi lontani invase le loro narici. Jesper si voltò a guardare Amy quando rispose alla sua battuta, non c’era bisogno di dirlo a voce alta, sapeva che non si sarebbe mai approfittata del suo cognome, proprio per quel motivo glielo avrebbe affidato senza battere ciglia. La ragazza al suo fianco era una delle poche persone che non si erano fatte abbagliare dalla fama che aveva raggiunto negli anni, avrebbe potuto chiedergli qualsiasi tipo di favore - persino di esporre qualche sua opera nella galleria di Oslo – eppure non lo aveva mai fatto. Anzi, era stato Jesper a chiederle di dipingere qualcosa per lui, ma la sua amica era sempre stata troppo incerta del proprio valore per farlo. Era convinto che le sue mani fossero nate dall’ispirazione di qualche grande artista, ma Amy era troppo modesta per dargli ragione.
    Raggiunsero un tavolo defilato e si accomodarono, continuando a chiacchierare finché il nome di Pedro non le sfuggì dalle labbra. Jesper rimase sorpreso nell’apprendere del loro incontro, un fantasma del passato si era affacciato alle porte del presente. Indagò sul suo atteggiamento nei confronti di Amy, non avrebbe permesso a Pedro di privarle gli occhi della gioia una seconda volta. Rimase nuovamente in silenzio per ascoltare le parole della sua amica, cercando di catturare anche quelle le restavano impigliate per sbaglio tra le iridi. Aveva già sentito nominare il cane di quell’uomo, Alma, non ricordava cosa significasse, nonostante molti anni fa lo avessero cercato assieme lui ed Amy. ”Vi siete incontrati al parco, questa città è più piccola di quel che sembra. Quindi per strano intendevi dire che è stato come trovare il tubetto del giallo in mezzo ai verdi, con la certezza di non essere stata tu a lasciarlo lì. Ho capito bene?” la sua attenzione era concentrata sul sorriso di Amy, le sue labbra erano due linee sottili del colore della malinconia. Sapeva che dentro quella testolina bionda c’era un caos invisibile a occhio nudo, gli sembrava quasi di sentire il rumore del lavorio del suo cervello. ”Che vuol dire ’Ti trovo io’? Voleva fare il tenebroso? Siamo nell’epoca della tecnologia, mi auguro che non cerchi il tuo indirizzo per presentarsi a casa tua. Da soli. Se vuole saltare le tappe, chiamami che ci penso io.” esclamò cercando di dipingere il sorriso della sua amica con sfumature più vicine all’allegria, un paio di pennellate di rosa o di giallo avrebbero fatto al caso suo. Prese il bicchiere davanti a se’ e sorseggiò il vino, ne aveva bisogno per proseguire la conversazione, parlare di Hazel con qualcun altro lo rendeva sempre nervoso. Amy era la sola a sapere la verità sui suoi sentimenti, sull’anima deforme che nascondeva dietro quel corpo normale agli occhi di tutti. Era la sua empatia a renderla una persona speciale per Jesper, nessuno poteva davvero capire cosa significasse innamorarsi di propria sorella, ma Amy aveva tentato di farlo sentire meno sbagliato in ogni modo nel corso degli anni. Bastava la presenza della sua migliore amica per sollevargli l’umore e per farlo sentire a suo agio persino in un paio di mocassini presi in un negozio dell’usato. Sapeva che lei non lo avrebbe giudicato, i suoi occhi non indossavano la toga e non lo avrebbero mai fatto. Jesper sollevò lo sguardo sulla sua amica con un sorriso, ripensando per un attimo a quando si erano ritrovati seduti l’uno accanto all’altro all’università per la prima volta. Solo una fugace immagine piacevole che sfumò per lasciar posto alla ragazza del presente, cresciuta e di una bellezza eterea che non accennava a svanire col passare del tempo. ”In qualche modo andrà bene,” aderì con la schiena alla sedia per far spazio alle loro ordinazioni, ringraziando il cameriere con un cenno del capo. ”Non so ancora come far funzionare tutto, in pubblico è tutto più complesso, ma l’equilibrio arriverà solo col tempo… spero.” osservò per un istante il suo antipasto, chiedendosi se lo chef in cucina avesse scelto di proposito una sfumatura sabbia per il piatto, secondo lui sarebbe stato meglio qualcosa di più vivace per rendere giustizia cromatica alla portata. Non riusciva a fare a meno di trovare l’arte in tutto, la respirava ogni giorno, ormai il suo sguardo aveva il filtro dell’artista su ogni piccola cosa, persino in quel momento.
    ”Possibile che quando si parla di esporre la tua arte, le tue frasi comincino sempre con una negazione? Sei troppo brava per rimanere anonima.” prese le posate e iniziò a mangiare, tenendo lo sguardo sulla sua amica che per l’ennesima volta si stava rintanando in se stessa. Erano così diversi sotto quel punto di vista, Jesper sin da giovane cercava di raccontare la sua storia al mondo attraverso l’arte, mentre Amy lo faceva solo per i propri occhi e per pochissimi scelti. In passato si era battuto per cercare di farla uscire allo scoperto, e ancora adesso arrendersi non era contemplato, prima o poi quella piccola musa bionda avrebbe occupato il posto che davvero meritava sul palcoscenico della vita. ”Non mi sembra che tu non abbia nulla da raccontare, non facciamo che parlare da quando siamo partiti dall’Aamot. Sfrutta le tue emozioni, anche quelle con lo strano… così per dire.” si concentrò per un po’ sul cibo, dando il tempo a Amy di elaborare le sue parole, distogliendo lo sguardo da lei così da darle un senso di privacy. Rimase con la forchetta a mezz’aria quando la sua amica gli propose di partecipare, solo una breve pausa prima di portare il cibo alla bocca. ”Io vincerei solo il premio per il pittore più seducente, il resto non mi interessa. In ogni caso non sviarmi coi complimenti, signorina.” le puntò la forchetta al viso con finta aria minacciosa, ”so cosa vuoi fare, stai cercando di cambiare argomento. Tu devi partecipare a questo concorso. Meriti che i tuoi lavori vengano apprezzati e conosciuti dalla gente, hai un dono e non puoi tenerlo chiuso a chiave per sempre.” appoggiò entrambe le posate sul piatto vuoto secondo l’etichetta, lo aveva fatto in automatico, ormai era sin troppo abituato a seguire quelle regole del galateo che considerava davvero inutili. Con l’indice sospinse la forchetta più in là, di modo che ricadesse in maniera scombinata sul piatto. ”Se io posso fare questo, tu puoi fare qualunque cosa.” disse, appoggiando i gomiti sul tavolo per adagiare il mento sulle mani aperte. Fissò i suoi occhi chiari in quelli di Amy, cercando una connessione con lei, sentendo il desiderio di regalarle almeno la metà della sua sicurezza e della sua spavalderia, a lui ne sarebbe rimasta lo stesso una dose enorme.
    ”Per favore, ci porti il vino per la prossima portata.” disse al cameriere che li raggiunse quando anche la ragazza terminò il suo piatto. ”Un altro bianco, mi fido di voi, solitamente mi consigliate piuttosto bene.” attese che la tavola venisse liberata prima di sporgersi verso Amy con un sorriso furbetto. ”Promettimi che almeno ci penserai, sai a cosa mi riferisco.” sollevò un sopracciglio, sfiorando il soffitto dei suoi pensieri, tra i tanti ce ne era uno più intenso degli altri. ’Brilli perché hai l’anima fatta di frammenti di stelle, non nasconderti. Non con me, Amy.’

    Edited by Aruna Divya - 26/2/2021, 20:17
     
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    Incontrare Jesper per Amy era sempre rigenerante. Parlare con lui, stare ad ascoltare le sue novità, anche solo chiacchierare del più e del meno, la aiutava a distrarsi e a recuperare il buon umore. Il suo migliore amico era sempre molto gentile e attento con lei. Sapeva capire con un semplice sguardo quando qualcosa non andava in lei, ma evitare di farle pressioni affinchè ne parlasse. Quindi alla fine era sempre lei a decidere di farlo, incapace di tenere troppo a lungo dei segreti con lui. Ridevano, scherzavano, a tratti si prendevano persino in giro, in una materia così naturale ormai da non creare alcuna crepa tra loro. Si conoscevano tra tanti anni e sapevano che cosa potevano dire senza ferire l’altro. Forse un giorno anche loro avrebbero dovuto prendere solo un borsone e mettersi in viaggio insieme, come quei ragazzi, lasciandosi alle spalle il mondo per vivere una breve avventura. Aveva pensato di proporglielo in qualche occasione, ma i suoi tanti impegni e la sua paura di allontanarsi troppo e perdere se stessa l’avevano sempre fatta desistere. Oslo alla fine era solo a poche ore di distanza, era molto semplice tornare indietro, ma mettendo molti più chilometri tra sé e la sua città avrebbe avuto la paura costante che qualche problema potesse verificarsi, trattenendola lontana. Come facesse Jesper a dividere il suo tempo tra Besaid e il resto del mondo sarebbe sempre stato un mistero per lei. Quindi, nonostante sognasse di viaggiare lontano, di vedere tutti i musei sparsi per il mondo e tutte le bellezze di infinite culture, si limitava a stare lì, a osservare le varie mostre che il museo della cittadina esibiva mese dopo mese e ad accogliere chi giungeva a Besaid per caso, per lavoro o per cercare qualcuno. Era sempre molto curiosa di conoscere le storie degli altri e a volte alcuni aneddoti rimanevano aggrappati nella profondità del suo animo, dandole lo spunto per qualche disegno o dipinto che custodiva gelosamente nelle mura della sua piccola casa.
    Anche l’incontro con Pedro aveva dato uno scossone al suo animo, facendole prudere le mani per il bisogno di sfogare le emozioni che cercava di arginare dentro un foglio, buttarle fuori perché facessero meno male. Raccontò a Jes di quel breve incontro, anche se riteneva di non possedere le parole più adatte per descriverlo al meglio. Si sentiva ancora confusa e scossa. Era accaduto tutto così velocemente e il loro dialogo era finito così in fretta che quasi temeva di non ricordare che cosa si erano detti di preciso. Sorrise, divertita, quando l’amico cercò di sdrammatizzare quello che lei aveva appena raccontato, facendo quel paragone con i colori. -No come se avessi trovato il tubetto del rosso tra i verdi, senza sapere come ci era finito. - disse quindi, scherzandoci su, cercando però di trovare un colore ancora più strano da associare al verde. In fondo il giallo e il blu si utilizzavano per comporlo mentre il rosso, beh, quello non ci stava a fare proprio niente tra i verdi. Si strinse nelle spalle poi quando l’amico incredulo le chiese spiegazioni su quanto Pedro aveva detto, prima di andare via. -Non lo so, penso che fosse un po’ scosso da quanto gli avevo raccontato. Ma non credo in realtà che ci vedremo di nuovo.. Ho questa sensazione. - ammise, rispondendo in maniera forse un po’ troppo onesta alle battute scherzose dell’altro. Jes voleva cercare di farla sorridere e di cancellare quel broncio dal suo volto, ma lei non voleva illudersi che le cose potessero cambiare, tornare indietro. Sapeva che la loro storia era ormai un ricordo lontano e, sebbene lei provasse ancora qualcosa per Pedro, non si poteva cancellare quanto era accaduto.
    Fu poi il turno di Jesper di liberarsi da qualche pensiero, mentre il pranzo procedeva tranquillo, una portata dopo l’altro. Sorseggiò appena il vino, con lentezza. Le piaceva molto il gusto ma temeva di esagerare visto che non era abituata a berlo troppo spesso, non era uno di quegli acquisti che era solita fare e se lo concedeva soltanto durante le occasioni importanti. Avrebbe voluto allungare la mano verso quella di lui mentre parlava e stringerla forte, per fargli sapere che era lì con lui, ma non voleva scatenare strani pettegolezzi qualora qualcuno li avesse visti, anche soltanto di sfuggita. Quando si trattava di persone famose dopotutto le voci facevano in fretta a correre, soprattutto quelle che non corrispondevano al vero e non voleva certo rischiare di creare qualche problema ai due, proprio ora che avevano iniziato ad essere sinceri l’uno con l’altra. -Dovete solo trovare un punto d’incontro, in fondo è quello che avete sempre cercato. - rispose lei, parlando di equilibrio. Hazel e Jesper avevano sempre avuto un rapporto burrascoso, fatto di alti e bassi, di avvicinamenti e lontananze, quello che non erano mai riusciti a trovare era proprio un punto nel mezzo dove stare tranquilli, un po’ come trovarsi nell’occhio del ciclone e sapere che lì niente avrebbe potuto ferirli. Per lei quella sensazione era spesso data dalle pieghe del tempo dove si perdeva nel tentativo di rimettere a posto i guai compiuti finendo purtroppo talvolta per combinare di peggiori. Era per questo che non giocava con la sua linea temporale.
    Abbassò il capo davanti al tono di rimprovero dell’amico che proprio non accettava che lei non volesse vedere la sua bravura nell’arte. Non era una persona coraggiosa e quando si trattava di mostrare le sue opere al pubblico sentiva anche quel briciolo di fermezza sparire. Si giustificava a volte utilizzando quella come scusa per non aver finito gli studi all’Accademia, per averla lasciata con così tanta facilità, senza più cercare di ripercorrere quel cammino. Aveva lasciato da parte la scuola e con essa aveva pensato di mettere in un cassetto anche il suo talento. Invece quello era parte di lei e non avrebbe mai potuto separarlo da se stessa. -Ma è diverso, parlare con te è facile e tu sei così gentile da ascoltarmi anche quando mi perdo in lunghi discorsi, un pubblico non sarebbe così felice di ascoltare i miei sproloqui, anche se trasformati in disegni. - ribattè, rivolgendo un sorriso all’amico nel dire quelle cose. Aveva sempre temuto il giudizio delle persone ed era proprio questo a frenarla. Le sue emozioni poi erano qualcosa di suo, di intimo, che mal volentieri avrebbe condiviso con dei completi sconosciuti. Si morse il labbro, abbassando appena il capo nel sentire Jes rivelare il suo tentativo di ammaliarlo o sviare il discorso, per poi tornare dritto al punto e chiederle, in maniera molto più diretta, di pensarci almeno, con un po’ più di serietà. Annuì, prendendo un grosso respiro e osservando il suo piatto per dei lunghi istanti, prima di decidersi a riportare lo sguardo su di lui e affrontare i suoi occhi. -D’accordo. Lo prometto. Questa sera ci penserò con più serietà, però ora lasciamo stare questo concorso e concentriamoci su questo momento. Partirai presto, di nuovo, e non voglio sprecare neppure un secondo. - disse, ritrovando finalmente la sua decisione, mentre arrivava la portata successiva e con essa del vino bianco. Il tempo condiviso con lui non sarebbe mai stato abbastanza e le mancava sempre quando si allontanava per qualche giorno. Sapeva di poter contare su di lui, anche a distanza, di poterlo chiamare quando aveva bisogno perché lui l’avrebbe richiamata sempre, al primo momento libero. Era felice che le loro strade si fossero incrociate per caso quel giorno di tanti anni prima e sapeva che, con la sua determinazione, sarebbe riuscito a convincerla a fare anche quell’enorme passo, che a lei sembrava impossibile.
     
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