Remember when you held my hand like you'd never let it go?

Val+Holden

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    All hype, no heart

    Group
    Vice
    Posts
    1,452
    Reputation
    +2,808
    Location
    kensington gardens.

    Status
    Anonymes!
    Aveva due gambe, due braccia, i polmoni vuoti e poi pieni, vuoto e poi pieni e il cuore batteva ancora. Allora perché gli sembrava di star per perdere qualcosa di importante, di interno, un organo qualsiasi che era sempre stato lì e che ora aveva iniziato a cedere. Piano, lentamente, come un muscolo appeso che non ha intenzione di staccarsi, di arrendersi poi tanto facilmente al destino che lo vuole al suolo, morto. Solo.
    Solo, Holden credeva di sentirsi da tutta la vita. Prima l'introversione di sempre gli permetteva di stare bene senza folle intorno, in compagnia di sé stesso. Poi, il vuoto col nome di Heath e la malattia di Delilah non avevano fatto altro che rafforzare quel sentimento e Holden era cresciuto così, taciturno e con la testa sempre un po' altrove, come se vedesse il mondo da un'altra angolazione. A conti fatti però, solo non era mai stato davvero, e forse si accorgeva solo in quel momento del supporto emotivo che, quasi a sua insaputa, gli era sempre gravitato intorno.
    Perché ci stava pensando proprio ora? Le narici si allargarono per espirare fuori l'aria compressa di un respiro profondo, esasperato, stanco. Che ora era? Alzò gli occhi sulla finestra e verso il cielo, nero a macchie chiare. Era molto tardi o molto presto, dipendeva dai punti di vista. Per lui? Dalla notte di Halloween il tempo era come impazzito, sembrava aspettare qualcosa per tornare al suo posto. Quel qualcosa, Holden lo sapeva, era tutto racchiuso nello spazio che da quella notte lo divideva da Valentin, un vuoto pieno di tensione che non riusciva a trovare valvole di sfogo. Perché? Perché l'altro l'aveva evitato con la meticolosità tipica dei sarti, destreggiandosi come un acrobata tra il sonno e la veglia di Holden per fare in modo che non si incrociassero mai più di trenta secondi. Da Halloween, Holden non ricordava di aver più visto altro che il profilo sfuggente dell'amico, o la punta dei capelli biondi che in qualche modo non gli era più concesso di toccare. Perché? "Perché l'illusione che abbiamo vissuto sta uccidendo la nostra realtà." Le cuffie del vecchio lettore cd scivolarono sul collo, metallo freddo contro pelle ghiacciata nonostante le temperature di quei giorni. Le ultime note di una canzone francese risuonarono attutite prima di venire bruscamente smorzate dal tasto stop. Nella piccola stanza da letto calò allora un silenzio innaturale e strano persino per Holden, che nelle pause di solito ritrovava il respiro e che invece in quella sembrava soffocare.
    Una sospensione durata settimane, una quiete pesante che nulla aveva a che vedere con la dolce stasi in cui i loro animi si univano senza aver bisogno di parole, nella semplice bellezza del momento.
    No, quello era un allontanamento peggiore di qualunque spazio fisico avessero mai dovuto affrontare, più difficile di quando, molti anni prima, alla fine di ogni estate Holden tornava in Francia e dimenticava. No, quella era una distanza prima di tutto mentale, un momento che Holden non avrebbe mai creduto di dover affrontare. Perché ci stava pensando proprio ora? "Perché lo sto perdendo." Con uno sbuffo buttò il player anni '90 di lato mentre si alzava dal etto e percorreva la casa a piedi scalzi, quasi a non voler increspare il silenzio che vi regnava. Neanche la musica riusciva a calmare l'inquietudine che gli agitava l'animo e i capelli, ormai una massa di onde che a ogni passo sbattevano sulla fronte, frustrate. Si malediceva, il giovane Holden, imprecando nella sua testa in tutte le lingue che conosceva. Aveva lasciato che quel silenzio sgraziato si insinuasse ovunque e riempisse qualsiasi intercapedine. Era stato in silenzio e non aveva fatto niente, paralizzato dalla paura. Proprio come con Heath. Quando aprì la porta di casa l'aria fresca gli sbatté sul viso spingendo le lacrime a ritroso negli occhi. Valentin l'aveva evitato e Holden si era detto di aver fatto di tutto per far accadere un incontro ma non era così. Solo in quel momento si rendeva conto di quanto abile fosse a prendere in giro se stesso. Le frasi spezzate e il respiro trattenuto nella notte per non perdersi il suo ritorno erano solo i deboli tentativi di un ragazzino spaventato a morte. E pensare che non era da lui sopportare qualcosa e tenere a freno la lingua. Ma quella volta era diverso, ora perdere qualcosa di preziosissimo era una minaccia fin troppo reale per i gusti di Holden, che si ritrovava a fare un salto indietro nel tempo, piombando nella radura in quella notte terribile. Gli sembrava di trovarsi di fronte alla stessa scelta di allora: agire per aiutare Heath e morire o stare zitto, sopravvivere ma perdere ogni cosa. Scrollò le spalle colto da un brivido di freddo, di malessere e di ogni altra sensazione di quel momento. Non era nel bosco, Holden era davanti casa, sulle assi di legno del patio che scricchiolarono sotto i piedi scalzi quando si spostò di lato per sedersi su una delle vecchie sedie mangiate dal vento. E Holden attese fino a quando la pelle d'oca non gli arricciò la pelle sulle braccia scoperte dalla t-shirt sbiadita, fino a quando gli occhi non stavano per chiudersi dal sonno. Avrebbe resistito, era arrivato per loro il momento di affrontarsi. Il primo scorcio che ebbe di Valentin fu solo un'ombra sul viale, una sagoma che gli altri non avrebbero forse distinto dal buio ma di cui Holden sembrava invece essere in grado di evidenziare i contorni. "Come può credere di essere oscurità?" Pensò mentre la silhouette rallentava la propria eretta andatura. "Non lo vede come brilla? " Valentin si era fermato e sembrava tentennare. Sapeva di essere guardato.
    Col cuore in gola Holden lo vide riprendere i propri passi e avanza verso di lui che, impaziente e spaventato, aspettava di averlo abbastanza vicino da poterlo guardare negli occhi. Sembrava essere passata un'eternità dall'ultima volta che le loro iridi s'erano incrociate, possibile che fosse da quella notte? Non sapeva per certo cosa aspettarsi e ne era sicuro, anche non volendo aveva la tristezza negli occhi e il disappunto dipinto sulla linea stretta delle labbra. -È una sorpresa che tu non abbia pensato di entrare dal retro per evitarmi ancora una volta.- Non voleva suonare così arrabbiato, davvero, ma forse aveva sottovalutato la frustrazione accumulata da quell'assurda e invivibile situazione.
    Nel guardargli i contorni del viso, due ricordi distinti e opposti si sovrapposero nella sua mente a distanza di pochi secondi l'uno dall'altro.
    L'alba di una primavera di chissà quale anno, Holden e Valentin guardavano il sole sorgere mentre facevano colazione su quello stesso patio; poi, l'antro buio di una chiesa si impose con violenza contro la retina e, accecato dal contrasto, Holden rivisse gli ultimi momenti della sua vita.
    L'incanto di quella notte aveva lasciato un ricordo confuso ma abbastanza reale da provocargli un brivido lungo tutte le vertebre mentre, a labbra serrate, si trattenne dallo sfiorarsi il collo lì dove i denti dell'amico erano affondati. Era arrabbiato con sé stesso perché, pur sapendo che nulla di tutto quello era realmente accaduto, al solo pensiero la mente provava paralizzante paura . Lo indispettiva, ma Holden non riuscire a controllarne gli istinti come invece di solito succedeva. Sapeva che non sarebbe mai potuto avvenire nella realtà, Valentin non gli avrebbe mai fatto del male, ma l'istinto sembrava ancora in qualche modo avere i settings sbagliati, agitati, sballati, come se credesse di essere in costante pericolo. Diviso a metà tra i sentimenti che aveva capito di avere per lui e i retaggi involontari dell'incubo ottobrino, Holden non sapeva davvero cosa fare. Avrebbe voluto alzarsi per stringersi a lui ma anche scappare il più lontano possibile. Deglutì tentennando appena sotto il suo sguardo, la mano ora dietro la testa e le dita premute sui riccioli castani.
    Se c'era qualcosa che li avrebbe aiutati era sicuramente parlarne, parlarsi, dirsi le cose come solo loro erano in grado di fare, anche in silenzio.
    Ma ora che finalmente gli era di fronte e non poteva sfuggirgli, Holden avvertiva ancora uno spesso muro che non accennava ad abbassarsi, un silenzio inspessito da note stonate e fuori posto. -Dobbiamo parlare.- Disse solamente, internamente disperato alla ricerca di una soluzione che non portasse alla rovina. Ma lo sentiva vicino, Holden, il momento in cui Valentin sarebbe scivolato via fra le mani. Era già tutto iniziato e Holden non sapeva come fermarlo. -Perché sta succedendo questo?- Dio se gli mancava. Aveva accennato allo spazio che li divideva con le dita sottili che, allungate per un attimo in avanti, sottolineavano una distanza figurata ben più vasta, un baratro che Holden voleva capire come saltare per atterrare di nuovo nella metà di Valentin. Voleva arrivare dritto al punto, risolvere il problema e tornare come prima anzi, meglio di prima. Il cuore mancò un colpo al pensiero di come si fosse sentito nei confronti di Val dopo la chiacchierata con Samantha. Era stato lì lì per parlargliene ma c'era sempre qualcos'altro per cui valeva la pena attendere, qualche altra considerazione da fare, qualche punto di cui essere certi.
    Ora, Holden avrebbe fatto di tutto pur di poter tornare indietro nel tempo. Rimasero allora in silenzio, lui seduto e Val ancora in piedi. A fissarsi in una quiete rumorosa. Tutti sapevano che il suo mezzo era la musica, non le parole.
     
    .
  2.     +4   +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Vice
    Posts
    5,941
    Reputation
    +4,099

    Status
    Offline
    † Novembre 2019 †

    I giorni che si erano susseguiti ad Halloween si erano, in breve tempo, trasformati in specchi, frammenti di fragile vetro in cui Valentin riusciva a scorgere il proprio riflesso senza però riuscire ad afferrarsi veramente. Si chiedeva come avesse fatto a spezzarsi così profondamente, a non riconoscersi nemmeno nei contorni scuri della propria ombra, allungatasi al punto tale da sembrare quella di un mostro. L'odio nei confronti di se stesso, il senso di colpa e l’orrore erano gli unici tratti in cui Valentin riusciva ad identificarsi, ignaro del fatto che la presenza stessa di rimorso l'avrebbe salvato. Si era perso così infondo all'oscurità da non riuscire a vedere ad un palmo di naso, a non distinguere la propria umanità dalle altre forme che aleggiavano dentro di lui pronte ad uscire nel momento più inopportuno. Non era riuscito, come molti altri a Besaid, ad accettare e fare propria una particolarità che gli aveva tolto troppo. Come se dare la colpa ad un potere magico fosse la risposta, quando in realtà il primo, secondo ed anche il terzo delitto erano stati commessi da un uomo in carne ed ossa. Il terzo. Valentin aveva pensato tanto al momento in cui aveva perso Holden per l'ultima volta, vedendo sfuggire il suo sguardo impaurito dal proprio una volta risvegliatisi nella cripta. Il suo migliore amico non aveva mai avuto paura di lui, mai si era intimidito nell'osservare gli occhi cambiare colore ed i canini allungarsi in lame appuntite prima di quella notte. Come avrebbe potuto biasimarlo? Seppur in una dimensione di sogno, Holden aveva toccato la morte, assaggiando un pasto che gli era stato forzatamente propinato. Era la vita il lauto banchetto da cui avrebbe dovuto nutrirsi, e non quello dell'immobilità e del silenzio, una definitiva mancanza di suono che non gli sarebbe mai appartenuta. Di quella notte, dopo le suppliche di Holden, fu la quiete a sconvolgere Valentin: sapere di avere il potere di strappare via da Holden il suo più grande amore e fonte di gioia fu forse ancor più devastante dell'omicidio stesso. Così Val si rinchiuse nelle prigioni familiari che aveva eretto negli anni, rintanandosi in un isolamento che era certo avrebbe protetto Holden e dato a se stesso il tempo necessario per metabolizzare le proprie paure. Punto e a capo, ogni speranza di credere di essere diverso da ciò che realmente era si frantumò in mille pezzi, soppiantate dalla consapevolezza di rappresentare un pericolo per Holden. Il fatto che ciò si fosse manifestato in un'illusione non costituiva una discriminante o un’assoluzione; le scelte compiute da entrambi non furono il frutto di un sogno ma di lucidità o tangibile istinto ed erano ormai tornate ad esigere il loro prezzo. Val era, suo malgrado, pronto a pagarlo.
    Il percorso verso casa ormai rassomigliava al bagnasciuga che in spiaggia accoglie le onde, sulla cui superficie le impronte affondano e svaniscono periodicamente. Quelle lasciate quasi ogni notte da Valentin venivano cancellate al mattino, riapparendo sulla strada che tante e tante volte aveva percorso per tornare da Holden, e non per evitarlo. Ormai da giorni Valentin si era dedicato ad una meticolosa opera che prevedeva la sua più totale assenza dal radar del migliore amico, incrociandolo solo per qualche secondo, quanto bastava per intercettare in un solo sguardo il suo stato fisico e d'animo. Così poco gli bastava per individuare eventuali malesseri nell'altro, quando ora era certo d'essere diventato uno di essi. L'ingombrante silenzio che tornava ad appesantire le piccole stanze dell'appartamento, per quanto scomodo, permetteva a Val di avvertire piccole stille di pace: almeno per un altro giorno, Holden non avrebbe rischiato di essere stretto tra le sue braccia, esanime com'era stato in quella fredda cattedrale. Le ombre, che fossero stagliate dalle vetrate notturne di una chiesa in una Londra fuori dal tempo o dalle fronde degli alberi spogli di Besaid, a Valentin non facevano più paura; del resto, si può mai aver timore di qualcosa a cui si appartiene? Le iridi azzurre poi si posarono sulla figura esile di Holden, accarezzandola con fermezza e con sottile sorpresa, oltre all’abituale amore. Stavolta i calcoli si erano rivelati sbagliati: era fuori, era al freddo, sveglio, in attesa. Tuffando quindi entrambe le mani nelle tasche del lungo cappotto nero che lo avvolgeva, Valentin non rallentò il passo, assecondando sensazioni sottopelle che lo solleticavano ormai da qualche tempo. Era certo che Holden avrebbe ricercato il confronto, in seguito ad un silenzio e ad un'assenza che era stato lui ad imporre ad entrambi senza nemmeno consultare l'altro in merito. Ti ho ferito di nuovo, non è così? Si ritrovò a pensare il giovane, invitando nuove prospettive ad accogliere il prisma dei suoi pensieri: cercava davvero solo di proteggere Holden, oppure in qualche misura anche se stesso dalla discussione che stava inevitabilmente per accadere? -È una sorpresa che tu non abbia pensato di entrare dal retro per evitarmi ancora una volta.- Touché. Abile schermidore, Holden non avrebbe risparmiato alcuna stoccata a Valentin, che accolse ogni sua parola più come un amorevole e familiare abbraccio piuttosto che come un attacco. Rimase però in silenzio; una risposta sarebbe stata superflua. Holden conosceva bene i labirinti della mente del migliore amico, e avrebbe facilmente intuito il motivo del loro incontro. Probabilmente, anche Valentin si era stancato di tessere giorno dopo giorno un intricato ricamo di distacchi e privazioni. Gli occhi del maggiore allora scandagliarono con affettuosa attenzione la chioma ondosa dell'altro, i suoi vestiti, le sue mani ed infine il suo collo, che in uno spettro della notte di Halloween Valentin vedeva squarciato sotto le sue labbra ed ora per poco quasi accarezzato dalle dita di Holden. Il collegamento era viscerale, profondo, radicato in sensazioni fumose nella mente ma registrate con chiarezza cristallina dai corpi di entrambi. Un solco di tristezza e preoccupazione incrinò l'espressione apparentemente asettica di Valentin, piazzandosi tra le sue sopracciglia mentre il resto della sua postura rimaneva ferma, diritta, pronta ad accogliere qualsiasi emozione Holden avesse voluto offrirgli. Hai paura. Meditò, fissando persino nella voce bassa del più piccolo vibrazioni che ormai Val aveva imparato a riconoscere alla perfezione. -Dobbiamo parlare.- Come alleviare la paura? Come ridurla se non dimostrando di essere realmente innocuo? Al momento, Valentin non sapeva come farlo, come garantire ad Holden di non potergli fare del male. Si limitò quindi ad annuire alle sue parole, non sottraendosi al dialogo mentre avvertiva il cuore già incrinato iniziare a ferirsi più profondamente ogni secondo in cui lo sguardo si soffermava in quello cervone dell'altro. Hai paura di me. Realizzò, come se vocalizzarlo nelle stanze della mente rendesse finalmente tutto reale, scottante ed ineludibile. -Perché sta succedendo questo?- Di lì a poco, ogni muro che Valentin aveva cercato di ergere attorno a sè si sgretolò; era bastato essere interpellato da Holden per tornare a sentire la vita scorrere in sè dopo un apparente inverno, afferrando il freddo tra le mani ed il suono della sua voce come preziosi doni.
    Tristemente, ritrovarsi non era bastato a colmare crepe che da un momento all'altro avrebbero potuto trasformarsi in voragini. Per quanto legittima la domanda di Holden, Valentin si ritrovò ad offrirgli una risposta sin troppo semplice, intrappolato in quelle poche parole che gli impedivano di andare avanti. Perchè ti ho ucciso. La voce ferma anche nel pronunciare quella verità atroce non risuonò colma di rabbia, emozione o impeto. Era successo, non ci sarebbe stato nulla che avrebbe potuto confutare gli eventi. Non dire che è stato solo un sogno, perchè non è così. L'abbiamo sentito entrambi, e non posso neanche immaginare cosa tu abbia provato. Un momento di pausa, ed un leggero cenno di dissenso mosse appena le ciocche lunghe e bionde di Valentin in un gesto d'incredulità. E sai perchè no? Perchè in quel momento non mi importava. Non mi importava che tu stessi gridando, che cercassi di divincolarti, di salvarti. Io volevo ucciderti e l'ho fatto. Come faccio a guardarti negli occhi se sono stati la prima cosa che ho osservato ben sapendo che li avrei visti chiudersi proprio come quelli di Jaan? Come facciamo ad andare avanti insieme, ora? Parola dopo parola, il tono pacato di Valentin si inaridì dal dolore, frecciando sino al cuore di Holden per poi tornare indietro e trapassare il proprio da parte a parte. Si era costretto a guardarlo, a superare ogni sua paura per ritornare ad immergersi nel ricordi di quella notte che tanto cercava di evitare assieme al ragazzo che amava di più, a notare quelle stesse iridi boschive che brillavano nella notte. Un passo indietro, e Valentin avvertì il proprio cuore agitato fermarsi, ritornare ad uno stato che proprio in quel momento sperava non sarebbe sopraggiunto. Non adesso- Si lamentò, sollevando una mano per portarsela alla gola, di lì a poco infastidita da familiari bruciori. Neanche allora però Valentin sarebbe fuggito; aveva intenzione di concludere il suo discorso con Holden, e lo avrebbe fatto in qualsiasi condizione. Le iridi di rubino allora tornarono ad indagare quelle silvane dell'altro, cogliendone ogni più piccolo dettaglio e bagliore finalmente vibrante e vivo. Le mani si rituffarono nelle tasche profonde e nere, mentre la figura ancora in piedi di Valentin si avvicinò a quella seduta del migliore amico, sino a sfiorare le sue ginocchia con le proprie gambe. La sento. Piegandosi in avanti sino ad invadere gli spazi di Holden, Valentin si permise di avvicinarsi ancora, pressando la punta del naso contro una delle tempie dell'altro, calandola appena per sfiorare subito dopo una sua guancia, mentre gli occhi si soffermavano proprio sul suo collo, così vicino e privo di qualsiasi segno che ne testimoniasse la lacerazione. Sento l'odore della tua paura. Un mormorio più violento si scontrò contro la pelle del più giovane prima che Valentin retrocedesse, con uno sguardo più severo a marcarne i lineamenti. Non ti senti al sicuro perchè non lo sei. Ciò che è accaduto quella notte è un segno chiaro, si trattava solo di una questione di tempo. Non era per via della sete che ogni parola sembrava uscire faticosamente dalle labbra di Valentin, ognuna di quelle frasi era dolore, rammarico e malinconica tristezza. Solo una soluzione avrebbe potuto allontanare il pericolo, un necessario distacco per eludere il ripetersi degli eventi di Halloween nella vita reale. Il problema è uno, e sono io. È sempre stato così, e non posso più permettermi il rischio di farti del male.. Ci sono in ballo la tua vita e la tua sicurezza. Lo sai anche tu quel che dobbiamo fare, non è vero?
     
    .
  3.     +4   +1   -1
     
    .
    Avatar

    All hype, no heart

    Group
    Vice
    Posts
    1,452
    Reputation
    +2,808
    Location
    kensington gardens.

    Status
    Anonymes!



    "Puisqu'on se perd pour mieux s'unir
    Puisqu'on ne tient plus au présent
    Le moindre souffle nous détruit
    Et nous disperse avec les vents."

    ☁︎




    Da qualche parte si erano persi, quei due, anche se non voleva ancora credere fosse così. Un passo falso, una manciata di secondi per sbagliare, per incrinare l'incrinabile: erano davvero così fragili? Si era accorto della tendenza che avevano gli essere umani di rompersi quando era solo un bambino, quando vedeva la sorella sgretolarsi di fronte ai suoi occhi per farsi altro, qualcuno che Holden non conosceva e che, per qualche motivo, invece la mente di Delilah sembrava sopportare meglio che essere se stessa. Toccava tutti prima o poi, quella ingiusta frangibilità, una promessa terribile scritta nel genoma umano. Persino Heath, alla stregua di un super eroe per Holden, era finito per spezzarsi sotto il peso della vita, delle ingiustizie, delle situazioni incontrollabili che da allora terrorizzavano il più piccolo dei fratelli Renoir, che sotto controllo cercava di tenere ogni cosa, a freno anche gli impeti più incontenibili. Eppure dopo tutto quel tempo era arrivato a credere che così non fosse per loro, che in qualche modo erano riusciti a sfuggire al gioco beffardo dell'esistenza e che ormai erano salvi, salvi insieme. Se erano riusciti a resistere all'alternarsi delle stagioni, quelle afose di caldi ricordi e quelle gelide del freddo della dimenticanza, non c'era niente che in due non potessero fare, e forse mai in tal modo e con tanta tenacia aveva creduto in qualcosa Holden, che a Valentin si sarebbe volentieri imbrigliato se solo gli fosse stato possibile.
    E ora, mentre finalmente si affrontavano e il mondo gli stava crollando addosso, Holden riusciva solo a pensare che l'aveva avuta vinta il resto, anche loro fragili alla fine. I capelli si agitavano sulla testa come una nube che minaccia pioggia, mentre con lo sguardo puntato in avanti l'altro mano a mano si faceva meno ombra e diventava più Valentin. Sembrava stanco, o forse solamente triste, era come se quel sentimento avesse trovato tana in un grumo malinconico tra le sopracciglia del biondo, appesantendole. Si rivelò difficile sostenere lo sguardo dell'amico, come se a farlo troppo a lungo Holden avrebbe solo velocizzato l'inevitabile, forse sapeva già che fine avrebbero fatto e cercava di rimandarla il più a lungo possibile. Non potevano spezzarsi così. Si stropicciò le mani, il moro, le iridi basse che a fuoco mettevano ora la parte inferiore del corpo di Valentin, i piedi, le gambe, le ginocchia e le dita, solo la punta, sentendo improvvisamente il peso di tanto di quel tempo perso a non stringerle abbastanza. Perchè ti ho ucciso. Come fruste le quattro parole intagliarono la carne per restare incastrate da qualche parte lì, fra gli strati d'epidermide chiarissima illuminata dalla luce di un sole che forse sorgeva o forse tramontava. Lo spinse a incastrare le pupille nelle sue, quella spiegazione così feroce nella sua semplicità, e con il capo di nuovo in alto Holden cercava di appigliarsi a quello che di loro restava scoprendolo, nei lineamenti dell'altro, forse ormai agli sgoccioli. Aveva già schiuso le labbra, pronto a difenderli dalla verità che Valentin brandiva imperterrito come un'ascia che vuol fare fuori tutto, mal trattenendo come sempre dissensi e opinioni. Tuttavia l'altro lo precedette, ammutolendolo. Non dire che è stato solo un sogno, perchè non è così. L'abbiamo sentito entrambi, e non posso neanche immaginare cosa tu abbia provato. E sai perchè no? Perchè in quel momento non mi importava. Non mi importava che tu stessi gridando, che cercassi di divincolarti, di salvarti. Io volevo ucciderti e l'ho fatto. Come faccio a guardarti negli occhi se sono stati la prima cosa che ho osservato ben sapendo che li avrei visti chiudersi proprio come quelli di Jaan? Come facciamo ad andare avanti insieme, ora? Il sangue affiorò alla testa come di botto scaldando il gelo delle sue tempie, e Holden strinse le lunghe dita in due pugni così serrati da sembrar di voler strozzare l'aria. E ora ti importa, Valentin? Perché ti conosco e io credo di si, così andiamo avanti insieme. Ma non sono qui per convincere nessuno, non posso: o vuoi o non vuoi. Con la testa tornò indietro nel tempo, a quella notte in cui aveva perso la vita nella cattedrale quando, sogno o non sogno, i denti dell'amico glie l'avevano strappata a morsi. Non poteva negarlo, pur volendo Holden non poteva scrollare via la paura, ma di una cosa era sicuro: checché ne dicesse, il Valentin che gli stava di fronte non gli avrebbe mai torto un capello. Deglutì, Holden, mentre il dolore che impregnava la voce dell'amico faceva il giro completo per arrivare a lui, lo trafiggeva, e tornava indietro. Lo vide indietreggiare, un passo appena, forse preso alla sprovvista dai ricordi che risvegliavano in lui i vecchi istinti da cui voleva a tutti i costi proteggerlo, non capendo che dopotutto era Holden a non volergli sfuggire. Non voleva di certo morire, una volta era bastata, ma amava così tanto l'altro da poter arrivare ad accettare qualsiasi cosa da lui, anche il dolore. Se fosse dipeso interamente da lui, all'avvicinarsi di Valentin non si sarebbe mai ritratto, ma l'istinto portava a galla la vecchia odiosa paura che inizialmente gli irrigidì i muscoli mentre, con una lentezza che fa male, l'altro incombeva su di lui come la notte che mangia le stelle. Invece che esserne ancora più terrorizzato, al riparo di quel buio che sapeva di casa Holden si rilassò, le vertebre distese e i pugni allentati mentre, con il naso di Val spinto sulla tempia, con un sospiro il moro chiudeva gli occhi e girava appena il viso, come ad aspettarsi qualcosa. Non si accorse degli occhi che indugiavano sulle vene splendenti sotto la pelle quasi trasparente, come se averlo così vicino riempisse ogni cosa senza lasciare spazio a nessun'altra percezione se non quella, come se Holden non esistesse all'infuori dei segmenti di pelle che la punta di quel naso sfiorava, un fuoco gelido sulla faccia. Solo quando lo sentì di nuovo distante Holden realizzò che aveva parlato e cosa aveva detto, il sangue di nuovo alle orecchie per un motivo diverso, più personale, fino ad ora solo pensato e mai detto. Riaprì gli occhi quasi sbarrandoli, una ciocca di capelli di Valentin si staccò dalla sua guancia mentre il proprietario retrocedeva, lasciando in Holden il doloroso pensiero che quella potesse essere l'ultima cosa che, chissà per quanto tempo, dell'altro lo avrebbe sfiorato. Forse per sempre. E la tristezza? la voce si incrinò alla fine, distorcendo la domanda in qualcosa di più simile a una supplica. Che odore ha qualcosa che si spezza? Senti anche quello? Ormai dimentico del pudore, Holden non aveva la forza di trattenere indietro le lacrime che, ammassate l'una contro l'altra, rendevano ora gli occhi acquosi. Annuì pianissimo, come a stare attento a non far spillare le gocce con un movimento troppo brusco. Non servirebbe a niente pregarti, vero? Non servirebbe a niente dirti che io senza di te non so se ci so stare. Parlava quasi a scatti, Holden, come a combattere un tremito che partiva dalla pancia e sconquassava tutto il resto, dalle fondamenta. Da che aveva ricordo, Valentin aveva fatto parte della sua vita senza mai andarsene, l'unica eccezione che Holden preferiva ai silenzi di cui si circondava, forse perché l'amico in qualche modo vi si incastrava alla perfezione e senza sforzo, riempendoli anziché spazzarli via. Si alzò allora in piedi, Holden, fronteggiando quello che da sempre era il suo migliore amico e che forse avrebbe voluto essere qualcosa di più, se solo non fosse stato troppo tardi per quello. D'istinto allungò una mano e le dita protese si incastrarono sotto il suo palmo, tirandolo dopo qualche secondo a sé in un abbraccio al sapore di addio. Lo strinse, Holden, come si stringono le cose che sono sul punto di perdersi; lo abbracciò, Holden, chiudendo gli occhi e respirando il suo profumo da dietro la sua nuca, senza che lui potesse vedere lui e le lacrime che, finalmente, ruzzolavano sugli zigomi. Quando staccandosi fece un passo indietro, il moretto si asciugò quasi rabbiosamente gli occhi e le guance col dorso della mano, puntando gli occhi altrove e annuendo con un grande respiro, come a prepararsi. So quello che vuoi fare tu. lo corresse quasi infastidito da un plurale in cui proprio non si riconosceva. Fallo, Valentin. Avanti, fallo! Alzò la voce sul finale, in preda a un sentimento che non sembrava appartenergli, qualcosa che si era mischiato alla tristezza per farsi rabbia insensata. Sapeva che anche per l'altro non era semplice ma in quel momento la ragione lo aveva come abbandonato, cosa che non gli capitava mai. Niente aveva più senso, ora, quindi la razionalità non sarebbe servita. Lo guardava di nuovo, Holden, le braccia ora strette intorno al corpo come la brutta replica del loro abbraccio. Credeva in loro, credeva in lui.
    Ma adesso Valentin sarebbe stato senza di Holden ed Holden senza di Val, ditemi il senso dov'era.
     
    .
  4.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Vice
    Posts
    5,941
    Reputation
    +4,099

    Status
    Offline
    E ora ti importa, Valentin? Perché ti conosco e io credo di si, così andiamo avanti insieme. Ma non sono qui per convincere nessuno, non posso: o vuoi o non vuoi. A Valentin non importava di Holden, della sua vita e della sua felicità; ancor di più, lo amava, ed era questo a motivare ogni sua azione e reazione nei suoi confronti, a controllare l'ampiezza del suo respiro e la velocità dei battiti del suo cuore persino quando era costretto a sentirlo fermo nel petto. Tuttavia, il moro aveva ragione: non si trattava di ciò che Val avrebbe dovuto fare, o potuto. Aveva maturato una scelta nei giorni seguenti a quel terrificante 31 ottobre, una decisione su cui aveva riflettuto e che desiderava intraprendere. Non avrebbe mai voluto star lontano da Holden, eppure se questo gli avesse garantito una vita serena e priva di inutili rischi, allora sì, sarebbe stato suo malgrado ciò che Val avrebbe desiderato di più al mondo. Non gli rispose però, restando chiuso in un silenzio saturo della vicinanza che condividevano, e Val lo sapeva, si trattava degli ultimi frammenti di Holden che avrebbe potuto trattenere a sè ancora per poco tempo. Dunque per una volta non maledì il brillante color rubino che gli affiilava lo sguardo, nè l'udito che gli permetteva di captare ogni pulsione nelle vene dell'altro e dell'olfatto ora ricolmo del suo profumo, ora che lievemente il naso si pressava contro una delle sue tempie fiutando quell'odore tanto familiare da sembrare quasi impossibile da identificare, proprio come fosse il proprio. Se solo fosse così semplice. Ed ecco che ritornava quella rabbia che sobbolliva sottopelle e che costringeva Valentin a farsi monito di se stesso; non doveva diventare come la sua replica tangibile ma onirica che ancora giaceva disperata a St. Paul's, con il cadavere gelido di Holden tra le braccia ed assieme ad esso i pezzi di un giovane futuro che non si sarebbe mai più ricomposto. Erano sempre stati loro due, sin da piccoli, Holden era e sarebbe sempre stato il depositario delle più grandi gioie e dei più inconfessabili segreti di Valentin, eppure adesso avrebbero dovuto imparare a convivere con l'assenza ed il dolore della perdita, della mancanza reciproca mai tanto grande quanto la sofferenza che sanguina fuori da una vita spezzata o da un lutto irreparabilmente profondo. Se avessi avuto anche solo per un momento l'opportunità di salvare Heath l'avresti fatto? Pensò, lasciando scivolare lo sguardo sino alle lunghe e scintillanti ciglia nere dell'altro. Alcune persone, per forza di cose, purtroppo non potranno mai essere salvate, ma Valentin con adamantina convinzione sapeva di poter schivare il proiettile con Holden, e ci avrebbe provato con tutte le sue forze sapendo che ciò che avrebbe potuto trafiggerlo a morte sarebbe stato lui.
    Era bastato un attimo, un leggero scatto, e Valentin ricevette la conferma ad ogni suo terribile sospetto. La sincope del cuore di Holden, anche fosse per un unico momento, e l'irrigirsi dei suoi muscoli asciutti ne definirono una reazione tristemente familiare: era spaventato. Val avrebbe voluto sentirsi estraneo ed alieno ad ogni esternazione simile in compagnia dell'amico, tuttavia non avrebbe potuto dirlo. Ad Halloween aveva provato, per quanto lontane, le stesse sensazioni, ed ora le riconosceva perfettamente, le leggeva nel corpo dell'amato ancora una volta. Quasi più timoroso di lui, Valentin si fece indietro e schiuse le labbra per parlare, ora sicuro di essere sul punto di sentire il cuore rompersi. Avrebbe davvero lasciato andare la persona che amava di più, ed ora la piena consapevolezza di ciò gli bruciava gli occhi e la gola; se fosse riuscito a trattenere Holden a sè, a non spaventarlo, se avesse potuto tornare ad averlo immobile contro il petto ancora una volta, se fosse riuscito ad affondare i canini oltre la sua pelle, forse- E la tristezza? Lo sguardo più scuro e brillante di Valentin restò fisso sul moro, indagandone il leggero movimento, e nel cercare di identificare la traccia salina delle sue labbra fallì. Che odore ha qualcosa che si spezza? Senti anche quello? Con un lievissimo cenno del capo rispose ad ogni domanda del ragazzo, indicandogli esattamente ciò che provava. Ogni stilla di dolore, tanto velocemente ed intensamente quanto sbocciava, si dissolveva in puro desiderio, pulsione egoistica e nulla di più, ogni ti amo distorto in una brama mostruosa. L'empatia è un tratto naturale, la forma occupata da Valentin in quel momento no. Eppure un rumore bianco si insinuava nei suoi sensi iper-acuti, un incrinarsi sempre più vicino e pronto a ticchettare verso un'inevitabile rottura. Non servirebbe a niente pregarti, vero? Non servirebbe a niente dirti che io senza di te non so se ci so stare. E prepotentemente un'umanità ora accantonata in angoli reconditi di Valentin gli artigliava il petto smaniosa di uscire, di dilaniare quelle membra ora prive di vita per tornare ad affiorare nel calore della pelle e nell'imperfezione del sentimento. Crudele come l'unico gesto capace di farlo tornare un uomo fosse un atto sovrannaturale di privazione e sopraffazione. Quasi lo innervosirono le lacrime che, proprio come negli occhi di Holden, si accavallarono nei propri, traboccando dalle rime inferiori e giù per le guance senza che potesse controllarlo.
    Fu allora che l'espressione di Valentin s'indurì facendosi più fiera, sollevando appena il mento per osservare il volto di Holden ancora, mentre non cessava il pianto silenzioso che gli rigava il volto. Io senza di te non so se ci so stare. Quella voce sul punto di infrangersi nel tremore lo riportò indietro, molto più indietro di Halloween o qualsiasi momento bello o brutto vissuto negli ultimi mesi. Val sapeva ciò che custodivano quelle parole, lo ritrovava nel ricordo dei loro giochi da ragazzini, segreti spensierati e bellissimi, in ogni filo d'erba calpestato insieme e nel primo sguardo che si erano scambiati, uno che Valentin non avrebbe mai potuto dimenticare. Holden gli aveva regalato la libertà, restituito ciò che di umano gli era rimasto sotto la guida della sua famiglia e non lo aveva mai lasciato andare, forse considerati gli eventi successivi, imprudentemente. Ora toccava a lui fare qualcosa per quell'amico che negli anni aveva occupato la forma di un amore, una persona che Val avrebbe custodito con tutte le sue forze, anche se ciò avesse significato rimuoversi, temporaneamente o per sempre, dalla sua vita solo affinchè continuasse. Non si aspettava di vedere la figura dell'altro sollevarsi, raggiungere col suo palmo caldo il proprio e tirarlo affinchè tra di loro lo spazio nero dell'oscurità notturna venisse sostituito dal loro abbraccio. Fu il turno di Valentin di sussultare, congelato in ogni movimento finchè poi non avvertì assordante il battito del cuore vivo di Holden contro il costato ed il suo respiro altrettanto pieno di tepore dietro la nuca. Non poteva vederne il volto, eppure sapeva quale forma avesse ogni piega del suo animo, dato che si rispecchiava nelle lacrime che ora nè dall'uno, nè dall'altro, smettevano di scendere. Chinò allora il capo, piegando un braccio per avvolgere una mano attorno ad un avambraccio sottile di Holden e trattenerlo lì, con delicatezza disperata vicino a sè. Pressò le dita fredde contro la sua pelle, e piano le lasciò scivolare sino a coprire il dorso di una delle sue mani con la propria e per qualche istante avvertì la schiena scuotersi in un quieto singhiozzo. Voleva avere Holden così, per sempre; morto, esanime, privo del sangue che gli colorava le guance ma anche vivo, pulsante, fiero com'era sempre stato. Quelle due pulsioni non avrebbero potuto coesistere, non quando Valentin anche se trasformato si aggrappava ad ogni fibra di amore che provava in corpo per l'altro. Aveva provato a speigarsi, a dare voce a quelle ombre che da sempre attendevano il suo amore per Holden e che non erano che emerse dopo quel dramamtico 31 ottobre, eppure com'era prevedibile, questa volta Valentin non riuscì a fare delle parole un linguaggio efficace. So quello che vuoi fare tu. Già, Holden era sempre stato un ragazzo brillante ed arguto, abile nel leggere non solo tra le righe dello spartito, ma anche delle parole altrui, men che meno quelle di un ragazzo che conosceva da quando era bambino. Seppure ora distaccatosi di appena un passo, Valentin lo sentì anni luce lontano da lui. Sarebbe stato, tristemente, giusto così. Fallo, Valentin. Avanti, fallo! Giusto. Era forse giusto far soffrire Holden in questo modo? Era stato giusto ucciderlo? Era giusto separarsi da lui solo per permettergli una possibilità in più d'essere al sicuro? In pochi secondi Valentin smise di pensarci, lasciando che un ultimo gesto egoista ed ingiusto si muovesse attraverso il suo corpo; si voltò velocemente, e fronteggiando Holden e tutta la sua rabbia rovente gli raccolse il viso tra le mani, sbilanciandosi di un passo in avanti, schiudendo infine le labbra contro le sue per abbandonarvi un unico, lungo bacio. Non c'erano ira, angoscia o aggressività a sporcare quel tocco delicato e triste, ma la sua stessa presenza lo rese impossibile da ignorare. I canini più appuntiti di Val sfiorarono i contorni della bocca soffice di Holden umida delle lacrime di entrambi, ed il giovane vampiro ne fu annientato; il cuore gli si era spezzato in mille pezzi ed al tempo stesso riempito di così tanta euforia da riprendere a battere. Le palpebre si abbassarono del tutto, e passati pochi secondi, Valentin si separò dall'amato, avendogli consegnato un ultimo indegno e perfetto saluto. Navré.. Je suis navré.* Mormorò quasi impercettibilmente contro le labbra di Holden, lasciando andare il suo viso in attente carezze prima di sollevare il volto e portare le proprie a sfiorargli la fronte. T'as mon âme et mon coeur, minou.** Ed in un unico fruscio d'aria Valentin separò da Holden, con la gola bruciante ed una mano a stringersi sul petto, come a volersi strappare via la parte di sè che più gli doleva ma che, come aveva sussurrato poco prima, non gli apparteneva più.

    Significa dal francese:
    *Sono mortificato/dispiaciuto. **Hai la mia anima e il mio cuore, minou è invece un nomignolo dolce che Val aveva usato anche nella role di Halloween.
     
    .
3 replies since 23/7/2020, 00:59   160 views
  Share  
.
Top
Top