Hey Melodie, I need you now my heart has lost the beat

Lyra + Xavier | Tardo pomeriggio

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    Rinchiuso nella sua prigione mentale, Xavier osservava i fogli bruciare e accartocciarsi, una disgrazia pirotecnica in compimento nel suo soggiorno. Era stato difficilissimo, aveva osservato quel pensiero per oggi girandoci attorno alla ricerca di una prospettiva qualunque che lo giustificasse ad accantonarlo, a lanciarlo nella cartastraccia del reparto decisionale del suo cervello e a dimenticarsene. Il giorno prima c'era stato l'ultimo giro di ricognizione che aveva fatto intorno a quell'idea, la stava disezionando col bisturi più affilato quando Lyra era apparsa in pigiama sulla porta del suo studio, cogliendo l'uomo a metà di un sospiro che d'automatico si fermò intrappolando ossigeno nei polmoni, espirazione mai pervenuta. Nonostante i mesi, accadeva sempre quel fatto curioso, come se anche il corpo non riuscisse ad abituarsi all'idea di averla intorno e non in un sogno o durante un'allucinazione da alcool no, questa volta per davvero. "Ti va domani di uscire?" Aveva chiesto Melodie, ignara di tutto, di quello che era e del ruolo di Xavier nella sua vita, ignara della battaglia in corso nel subconscio dello scrittore.
    E fu proprio al centro di quel mezzo secondo di stasi, quando i polmoni bruciavano e il cuore accelerava, che Xavier finalmente decise. Gli sembrava di non ridere da una vita intera, o che il suo cuore viaggiasse per sequenze che nessun altro raggiungeva, percorsi storti e arzigogolati, vie traverse a senso unico e strade senza uscita. E poi bastava vederla calpestare il suo parquet per sentire porte schiudersi dentro di lui e angoli impolverati improvvisamente illuminarsi. Di perderla non se ne parlava, amen se per quelle bugie sarebbe andato all'inferno. Aveva deciso, Xavier li avrebbe bruciati tutti.

    E così quella sera stessa aveva atteso paziente di sentire il respiro di Lyra rallentare e regolarizzarsi dall'altra stanza, un buco di buio nel quale i contorni brillanti di lei sfidavano la notte, poi era sceso dal divano avvicinandosi al camino acceso, in mano una pila di fogli stampati. Era vecchio stampo, Xavier, stampava qualsiasi cosa scrivesse o disegnasse ed era lì che cancellava, scremava e a penna lasciava note sui bordi con grafia minuta e quasi illeggibile. Era stato più semplice eliminare i file dal laptop, la digitalizzazione rendeva in qualche modo meno doloroso strappare quel cerotto dalla pelle. Ce ne aveva messo di tempo, la mano sospesa e tanto vicina alla fiamma da avvertirne il calore fra le dita. Ma poi l'aveva fatto, il primo foglio era stato il più difficile da lasciare andare, ma dopo il quinto bruciare quella storia era diventato facile come uno scivolo verso il sottosuolo. Anni di sogni e di ossessioni, di viaggi vertiginosi attraverso quel subconscio troppo spesso addormentato, represso, messo a cuccia dallo stesso Xavier che non si era mai sentito di tirare fuori. Aveva contemplato a lungo quell'idea, fermo in mezzo a due scelte tremende come un albero nell'occhio del ciclone. Dirle la verità era la scelta morale, giusta e anche quella che probabilmente gli avrebbe strappato via dalle braccia lei, l'unico desiderio rimasto per lui invariato nel tempo. Beatrice era passata, le altre ragazze anche, perché con tutte era mancata l'occasione di farsi vedere interamente, con la luce addosso a ricalcare le sue ombre. Mentirle e bruciare le prove era la decisione egoista, ipocrita, cattiva. Ma era così sbagliato volerla tenere con sé il più al lungo possibile? Avrebbe fatto in modo che stesse bene, che avesse tutto quello che desiderava e che la vita non le aveva mai concesso. Che lui aveva fatto in modo di non concederle. Sapeva di poterlo fare, Xavier.
    Sapeva di poterla rendere felice.


    In quel parco divertimenti Xavier c'entrava come Pamela Anderson in una puntata della Melevisione. C'erano più probabilità di neve al centro dell'inferno che di vederlo salire sulla ruota panoramica. E invece proprio quel bestione metallico stava osservando, lo sguardo cristallino puntato in alto sulla groviera di viti e bulloni che girava lentissimamente, mentre lui pensava che avrebbe superato le vertigini e ci sarebbe andato per lei. Abbassò lo sguardo appena in tempo per vederla ordinare due cioccolate calde e, mentre aspettava, riposizionarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio rosso di freddo. Si era chiesto spesso in quei mesi quanto la Lyra di adesso conservasse della Lyra su carta. Sapeva dell'effetto che suscitava negli uomini al minimo accenno di sorriso? Sapeva quello che provocava in lui? Si perse a guardarne la curva della nuca e poi quella della mandibola, pronunciata come gli zigomi perfettamente tondi. Si era tagliata i capelli, la Lyra di adesso, anche se corti conservavano la stessa luminosità di sempre; vestiva anche diversamente e aveva preso piccole abitudini a Maverick estranee. Era la Lyra da lui scritta, con la faccia da bambina e la voce da star, ma più i giorni passavano e più Maverick scopriva di lei cose insapute. Era come guardare un bambino crescere e distaccarsi, osservarlo compiere scelte infinitesimali con effetti per altri altrettanto piccoli ma per lui macroscopici, di portata tale che non possono assolutamente sfuggire all'attenzione. Più il tempo passava, meno era "la sua Lyra". Una parte di lui amava trovare dettagli che di lei non conosceva, l'altra invece viveva nella costante frustrazione di non poter controllare la sua vita. Non poteva farle fare quello che pensava fosse giusto, anche se non sempre le sue decisioni si erano rivelate quelle corrette anzi, spesso aveva commesso errori con lei che non si sarebbe mai perdonato; non poteva impedirle di andare via di casa, di trovare un lavoro, di innamorarsi di qualcuno che probabilmente non era lui. Lei sorrise al ragazzo dello stand che le lanciò un'occhiata eloquente, provocando un tumulto fra le costole e nelle sopracciglia di Xavier che, aggrottate, suscitarono forse la preoccupazione di Lyra, ora in avvicinamento. "Grazie." Disse stringendo fra le mani il bicchiere di carta che lei gli porse, bollente contro le mani congestionate dalla temperatura ottobrina. Col primo sorso la cioccolata allentò il nodo che sentiva allo stomaco ogni volta che pensava di perderla, e la stessa cosa cercò di fare lui districando quel groviglio espressivo e rilassando i lineamenti. "Come va la ricerca del lavoro?" Chiese schiarendosi la gola e indicando con il capo al sentiero per una passeggiata. Vivere come coinquilini non era stato tutto rosa e fiori, ma non per via di piatti sporchi o incombenze domestiche da dividersi. Neanche dormire sul divano gli dispiaceva troppo, nonostante la mattina si svegliasse sempre con le gambe anchilosate e le vertebre tanto compresse da somigliare a fiche impilate strette su un tavolo da poker. Niente di tutto quello contava, il vero problema era riuscire a concentrarsi su qualsiasi altra cosa avendo la propria ossessione in giro per casa. Non disegnava più, a stento scriveva. Non era ancora nella situazione di preoccuparsi per le proprie finanze, ma erano passati due anni dall'ultimo romanzo e l'editore gli stava col fiato sul collo perché da contratto avrebbe dovuto consegnare il terzo volume della saga tre mesi prima, e invece l'unica cosa a cui riusciva a pensare era di avvicinarsi a Lyra. Se avesse trovato un lavoro sarebbe stata più felice e Xavier avrebbe forse scritto di più, da solo a casa; ma trovarsi un impiego avrebbe anche sancito la fine ufficiale della loro atipica convivenza, lei si sarebbe trovata un appartamento e sarebbero rimasti amici. "Sai che non c'è problema a restare da me quanto ti serve." Aggiunse allora con un piccolo sorriso mentre i passi li spingevano verso le bancarelle dei giochi. Una mezza verità che valeva la pena di dire per lei. Notò che Lyra aveva puntato gli occhi su dei tiri al bersaglio o meglio, sui peluche enormi che davano in premio. Ci pensò su ma bastò un secondo per decidersi. Bevve l'ultimo sorso di cioccolata che buttò nel cestino più vicino, tornando poi da lei sfregandosi le mani per creare attrito e, quindi, calore. "Sai sparare?" Buttò lì indicandole con un cenno del capo lo stand verso il quale si incamminò. "Quanti tiri signore?" Chiese il ragazzo brufoloso."Sono un po' arrugginito ma il minimo dovrebbe bastare." Disse con aria sicura lanciando uno sguardo laterale a Lyra, l'occhio sinistro a chiudere in un veloce occhiolino. Impugnò l'arma giocattolo con una mano e chiuse un occhio per mirare, il fiato calmo e la postura dritta di chi sa quello che sta facendo. Quando sparò, quattro barattoli su sei vennero giù. "Uh, niente male." si preannunciò soddisfatto, guadagnandosi forse un'occhiata sorpresa da parte di Lyra. Allora si lasciò sfuggire una breve risata che si spense in un sorriso furbo. "Non mi ci facevi, eh? " Aveva abbassato l'arma giocattolo, tornando a guardare poi Lyra con lo sguardo limpido un po' inquinato, come un cielo attraversato da nubi veloci. "Andavo a caccia con mio padre. Da piccolo, in America, una vita fa. " Accantonò il discorso con un gesto incurante della mano. Non poteva darle altre spiegazioni, era saggio lasciare quel territorio inesplorato. " Vuoi provare? Se vuoi ti mostro come." Allungò il braccio, la distanza fra loro ora occupata da una pistola giocattolo, forse presagio del futuro terribile che Xavier aveva a entrambi imposto con la scelta di tacere. Dalle pistole non nasce niente di buono e, quello che fino ad allora per lui poteva essere stato un passatempo, era diventata una persona in carne ed ossa che meritava di essere qualcosa di più che il gioco della sua penna. Sarebbero stati l'uno la rovina dell'altro? Quando avrebbe imparato a non annientare e farsi al contempo distruggere dai propri desideri?

    Non ho rileeeeetttooooo çç Tivibi


    Edited by Dead poets society - 23/12/2020, 12:16
     
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    Lyra Melodie Mayfair | '89 | cantante | scudo

    «Penso che ognuno, ad un certo punto della propria vita, faccia esattamente lo stesso incubo. Ti svegli, o credi di farlo, e c'è qualcuno nell'oscurità, vicino, o credi che potrebbe esserci. Quindi ti metti a sedere, accendi la luce. E la stanza appare diversa di notte. Ticchetta e scricchiola e respira. E ti ripeti che non c'è nessuno, nessuno che guarda, nessuno che ascolta. Non c'è assolutamente nessuno. E quasi quasi ci credi. Vuoi davvero, davvero... crederci. E poi...»

    Poi, ti accorgi che quello stesso incubo sei tu. Vestita di panni sporchi e di un sangue che tu hai fatto versare ma non solo. Sporchi di paura, sporchi di vergogna, sporchi di rimpianti. Un peso immenso che macchia il candore della tua indole che poi, tanto candida non è mai stata. Sei tu il tuo stesso incubo e non puoi farci niente se non imparare a conviverci. Imparare a tenervi testa per sopravvivere e non essere schiacciata dalla tua stessa essenza. La parte più oscura di te.
    Le notti diventano ancora più buie ed addormentarsi la sera, fa paura. Perchè abbandonarsi al sonno, stringere la mano di Morfeo anche solo per qualche attimo, ti fa tornare lì, dove non vorresti essere. Ti fa ricordare, agitare, sentire impotente mentre sulla pelle torni a vivere tutto quello che nella luce del giorno cerchi di nascondere sapientemente. Dietro falsi sorrisi e frasi di circostanza, dietro compagnie più o meno ricercate, dietro il rumore di parole che non ti fanno restare sola. Perchè alla fine è lo stare da sola che aveva sempre spaventato Lyra, senza rendersi conto che in realtà non era mai stata con qualcuno. Era nata sola e sola era stata per una vita intera, amata da persone incapaci di rispettarla e adorata da chi, lei stessa non era capace di amare. Una vita intera si era crogiolata dietro la compagnia di persone che annunciavano di desiderarla e quello a lei bastava per fuggire dal buio delle sue paure. False rassicurazioni che la facevano andare avanti quando tutta la sua vita scorreva sotto i suoi piedi, più veloce di lei, tanto che non riusciva a starci dietro. Falsità che lei stessa ricercava, dando vita a teatrini di sopravvivenza che troppo spesso assomigliavano alla copia mal riuscita di una vita appagante. Una rincorsa alla ricerca dell’amore ma soprattutto del rispetto, qualcosa che non aveva mai visto davvero nelle quattro mura della roulotte dove era cresciuta. Le urla a spezzare il silenzio assordante della natura che li circondava, le stoviglie lanciate in aria e la puzza di fumo e di alcol che per lei ormai era diventato profumo, tanto le volte che lo odorava. Le immagini frustranti di una donna impotente che veniva surclassata dal marito, mai troppo lucido per agire in modo anche solo accettabile. L’assenza di muri che le impedivano di nascondersi, se non sotto le coperte mai troppo spesse e sicure, di quel letto arrangiato e la spaventosa realtà di un rapporto tossico cui nessuno dei suoi genitori riusciva a rinunciare. Nella sua piccola esistenza all’interno di quella casa su ruote, Lyra aveva imparato così tante cose sbagliate che sembravano giuste, che la confusione ormai aleggiava nei suoi occhi e nel suo cuore. Aveva imparato che con il sesso si risolveva tutto, che con il sesso ci si sentiva meno soli, perché anche dopo una brutta lite, anche dopo le mani alzate di suo padre, Kezia si faceva toccare da lui, si faceva guardare da lui. La violenza era consentita, seppur faceva male, anche solo a guardarla, anche solo a sentirla nascosta nel buio della sua coperta tartan rossa e verde. Un educazione fondata su cose sbagliate ed una mente che elaborava informazioni scorrette.
    Era solo una bambina Lyra, eppure aveva imparato a covare odio per i suoi genitori, mentre il suo cervello cercava di mettere insieme le informazioni giuste con quelle sbagliate, creando un grosso caos nella sua mente. Nella solitudine dei suoi giorni, aveva imparato a contare su sé stessa, aveva imparato a fingere di stare bene e quella costante, si sarebbe ripercorsa sempre nella sua vita. Anche in quel momento dove era cresciuta e dove delle mura, la separavano dal resto del mondo. Eppure nel buio della sua stanza, si rigirava nel letto pensando a quanto fosse sbagliata, a quanto fosse un assassina e se anche alla luce del sole sembrasse solo una giovane ragazza dolce e indifese, lei non lo era affatto. Allora ripensava a quando per fuggire, rifugiarsi in un porto sicuro sfruttava quando in suo possesso per sedurre gli uomini che le avrebbero donato un letto caldo, un pasto, dei soldi e allora, la sua anima si tingeva ancora più di oscurità. Più pensava a ciò che era stata, più si sdegnava di sé stessa eppure, al contempo non riusciva a fare a meno di essere quella parte di sé, forse quella che conosceva meglio e che era stata per così tanti anni da farla sentire bene. Una sé stessa che indossava una maschera donando un lato di sé che nel profondo della notte, le faceva paura per tanto era capace di accantonare il suo orgoglio per rifugiarsi dentro qualcosa che l’avrebbe fatta sentire meno sola e più protetta. Nel buio della notte, Lyra provava a dormire, provava a trovare una strada per essere la vera sé stessa e non la brutta copia, ma il tormento la sopraffaceva fino a farla restare sveglia, fino a farla vivere nei suoi sogni un incubo che lei stessa si obbligava a rivivere.

    Le luci del luna park la sopraffacevano, come fossero droga pura per i suoi occhi. Era come tornare bambina e vivere quell’infanzia felice che non aveva mai vissuto. Amava osservare le persone correre intorno a lei, le giostre girare all’impazzata e la musica riempire le sue orecchie. Certo, non era bella musica, era qualcosa più devoto ad attirare le persone eppure, era perfetta per fare da colonna sonora al film che Lyra stava osservando. Senza neanche rendersene conto, un sorriso si era aperto sulle sue labbra, felice di provare un sentimento piacevolmente puro e non pesante come era solita provare. A fianco a lei, uno Xavier leggermente severo svettava, con quel suo profilo particolare ma bellissimo. Lyra lo osservava curiosa di carpirne ogni sfumatura di quel volto ormai famigliare, era l’unica cosa che la rendeva sicura in quella nuova vita ed averlo al suo fianco la rendeva felice come raramente lo era stata. Gli occhi chiari di lui scrutavano quanto aveva affianco, mentre Lyra si chiedeva se fosse davvero così difficile farlo sciogliere un po' a godersi l’animo bambino che ognuno di noi ha dentro. Era algido, ma terribilmente bello e lei, amava osservarlo soprattutto quando seduto nella penombra del suo appartamento, tentava di mettere nero su bianco. Quante espressioni cambiava, in quei momenti dove non pensava di essere osservato e in cui invece la donna, studiava ed imparava a conoscere il taciturno scrittore che le aveva salvato la vita. Ogni parte di lui, le ricordava qualcosa di famigliare e che era convinta aver già incontrato prima eppure, Xavier ogni volta aveva negato ogni loro possibile incontro. Così, una parte di lei aveva deciso di lasciar perdere, ma nel silenzio delle sue giornate, quando si sentiva particolarmente inutile, si fermava ad osservarlo e a memorizzare quante più sfaccettature di lui poteva osservare.
    Hei musone, ecco qua la tua cioccolata aveva annunciato lei, dopo aver proposto all’uomo di andare a prendere qualcosa da bere. Faceva fresco, ottobre ormai era inoltrato e l’aria fuori era sempre più frizzante seppur piacevole. Le guance di Lyra, erano rosse tra il contrasto del vapore caldo della bevuta e l’aria fresca. Sorrise, nascosta dietro quel bicchiere di carta mentre guardava lo scrittore assaporare la sua cioccolata. Sembrava sciogliersi piano piano, insieme al percorso che questa prendeva nel suo stomaco, capace di scaldarlo dentro. Ho messo gli annunci ormai da tutte le parti e dovrei fare un colloquio settimana prossima.. ma non posso svelarti di più, altrimenti dovrei ucciderti! lo prese in giro lei, ricordando che le avevano espressamente comunicato di non fare parola con nessuno dell’incontro che avrebbe avuto quella settimana. Ancora Lyra non lo sapeva, ma la porta che le si sarebbe aperta davanti agli occhi, sarebbe stata quella di un club privato, dove solamente i soci ed i dipendenti sono a conoscenza della sua esistenza. Ascoltò la sua voce, mentre procedevano in quella camminata e le si strinse il cuore quando Xavier le disse che poteva rimanere tutto il tempo che necessitava a casa sua. Stai già facendo anche fin troppo per me, non saprò mai come sdebitarmi aveva detto. Si era sentita spesso di troppo in quell’appartamento, da quando vi era arrivata. Aveva tolto molta privacy al giovane, senza contare che lo aveva privato anche del suo letto per dormire. Aveva provato più di una volta a convincerlo che poteva dormire lei sul divano, che era abituata a dormirci e che sicuramente, sarebbe stata più comoda dato che era più piccolina di lui ma l’uomo, non ne aveva voluto sapere. Così Lyra, faceva tutto quanto in suo potere per aiutarlo in casa: da preparare la spesa, a lavare e stirare la roba e quando riusciva a racimolare qualche soldino grazie alle performance che riusciva ad ottenere nei locali, cercava di contribuire alle spese per la casa e soprattutto per il cibo. Mi sento già abbastanza in colpa per averti spodestato dal tuo letto.. sorrise lei, mentre si dirigevano verso la zona più sportiva del luna park. Poco lontano da loro, le bancarelle con la pesca, il tiro al bersaglio ed enormi premi che aveva sempre sognato da piccola e che nessuno mai le aveva regalato. Era sempre stato così, fino a quando non aveva finalmente messo su un po' di seno e sedere, ed aveva imparato come raggirare gli uomini. Sai sparare? chiese lui, osservandola No, penso che potrei essere un pericolo ambulante con una pistola in mano anche se, aveva provato delle volte nel suo passato a sparare. C’era stato un ragazzo, un tipo un po' strano che adorava i videogiochi ed il tiro al bersaglio con le lattine rigorosamente di sprite e una volta, aveva provato ad insegnargli. Ne aveva centrata una su quattro, un vero disastro. Io sono qui e faccio il tifo per te! aveva affermato lei, da vera groupie con il suo uomo affianco. Si mise vicino a lui, pronta a fare il tifo e ad esultare ogni qual volta riusciva a buttare giù un bersaglio Wow! Meno male eri arrugginito esclamò felice lei, prima che lui gli spiegasse il motivo del perché sapeva mirare. Sorrise, lasciando cadere il discorso come aveva chiaramente voluto il suo annunciatore. Chissà che tu sia capace di insegnarmi davvero come si fa sorrise lei, prendendo la pistola giocattolo che li separava ed avvicinandosi a lui. Allora cacciatore, dimmi come si fa domandò lei, avvicinandosi con il suo corpo a quello di lui per prendere la posizione corretta, cercando di imitare quello che prima stava facendo Xavier.

    Edited by charmolypi - 29/1/2021, 01:06
     
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    A bruciare tutto non c'era poi riuscito, finendo per concedersi di tenere una pagina sola, l'unica tra le centinaia che avevano annerito il camino di fumo.
    Pensava a quel foglio di carta come si fa con le vere ossessioni, costantemente. Pensava alle parole scritte in 12-point Courier, immaginava lo schizzo a bordo pagina, il groviglio di linee incerte, il bozzolo prematuro in cui si intravedevano due occhi grandi come fari. Si distinguevano dalla massa e occupavano tutto, in qualche modo brillanti anche nero su bianco. Colore non ce ne era mai nei suoi schizzi, lasciava che fossero le parole a riempire gli spazi bianchi fra i contorni neri, ma in quel primissimo abbozzo Melodie sembrava non avere bisogno di essere colmata da altro, aveva già tutto il necessario rinchiuso dentro. Gli era stata chiara la sua diversità sin dalla prima idea che aveva avuto di lei. Come le cose che nascono dai momenti più bui, Xavier sentiva la fantasia intorno a Melodie estremamente reale, vicina perché nella sua mente ma al contempo stranamente lontana, come se a tratti riuscisse a perderla fra le righe. Un momento era tutto e tutto occupava, come i grandi occhi bianco e nero sul margine del foglio, l'istante dopo scivolava fra gli strati di epidermide e via dai polpastrelli, perdendosi nello lo spazio tra le dita. È assurdo, aveva lì per lì pensato, scacciando quella sensazione e chiamandola passione per il proprio lavoro, anomalia. Ma le stranezze passano persino per gli scrittori, e le sensazioni che un tempo avevano dilaniato i loro animi sbiadiscono, impallidendo per farsi infine cenere. Melodie non se ne era però mai andata anzi, a tratti l'idea si concretizzava a tal punto da confondersi col mondo di Xavier, andava e veniva a seconda del suo stato psicologico e restava poco. A volte affatto. Altre, per giorni.
    Presto Xavier aveva cominciato ad associare la presenza di Melodie a situazioni di grande pressione, più spesso negativa che positiva. I sogni e le fantasie su di lei diventavano più vivide quando era triste, arrabbiato, umiliato, frustrato e, sopratutto, ubriaco. C'erano durante la separazione, quando di Beatrice erano rimaste un paio di calze bucate e la bruciatura di sigaretta sul tappeto dell'ingresso, così nera e dolorosa che poteva benissimo aver sbagliato mira ed essere invece finita al centro del suo cuore; Melodie era vividissima alla morte del padre e ogni volta che Xavier non rispondeva alle chiamate della madre; c'era nel disagio delle notti passate in due ma ti senti come se fossi uno, quando condividere si fa intransitivo e ti chiedi se la finirai mai di sentirti solo anche in mezzo alla gente. Il pensiero di Melodie c'era sempre, a volte più debole altre più forte, ma sempre con quegli occhi che illuminavano tutto il resto.

    Sono i muscoli facciali schiacciati dal peso dei pensieri a rendermi musone. È una condizione genetica, affligge filosofi, pensatori, scrittori e rivoluzionari, non sfottere. Aveva enfatizzato un sorriso fintamente difficile, strizzando appena gli occhi come se gli costasse davvero fatica combattere contro la fantomatica malattia ereditata da chissà chi. Scherzi a parte, se c'era qualcosa o qualcuno da dover "incolpare" era sicuramente il padre, che Xavier ricordava come un grande pensatore e grandissimo scorbutico. Scherzare non era qualcosa che esercitava quotidianamente ma, da quando Melodie era arrivata, aveva provato a lasciarsi un po' andare. Tanto, a scombussolargli la vita ci aveva già pensato lei nel momento esatto in cui ne aveva intravisto la figura scarmigliata al telegiornale, cosa potevano essere un sorriso e una battuta in più. Anche la sola idea del luna park testimoniava un cambiamento, perché lo Xavier che conoscevano tutti non si sarebbe mai sognato di metterci piede. Lui era più da pub, boccali di birra e giorni passati rinchiuso dentro casa a scrivere o, se non ci riusciva, a bere, dormire e ricominciare. Seguiva dei loop, cadeva in abitudini, sensazioni, atterrava su stelle brillanti e sprofondava in buchi nebbiosi nel giro di qualche mese, ciclicamente. Forse, a farsi vedere da un esperto, gli avrebbe diagnosticato uno squilibrio di qualche tipo, ma per Xavier faceva tutto parte dell'avere una mente attiva 24/7. Guardò Melodie di traverso, un gesto che aveva imparato a fare da quando abitava con lui, come se a volte ancora sentisse il bisogno di guardarla senza farsi vedere come quando, in uno dei suoi racconti, Maverick la osservava cantare dalle ultime file di un cabaret. Ma poi moriresti anche tu? Gli capitava di pensare e parlare come se fossero un'unica azione, uno strascico che si portava dietro da quando era bambino. Si morse l'interno della guancia con il molare, maledicendosi interiormente in tutte le lingue del mondo, anche quelle inventate tipo l'elfico tolkieniano. Scherzo. Non potrei mai farti del male, non consciamente. A differenza tua a quanto pare. Aggiunse con l'accenno di un sorriso fra le labbra screpolate, mentre prendeva un altro sorso di cioccolata calda, si bruciava la punta della lingua e intanto pensava: e se fossimo davvero legati in questo modo? Non sapeva moltissimo della particolarità che quella pazza città gli aveva dato, non aveva neanche perso molto tempo a cercare di capire qualcosa di più. Era venuto lì per seguire le orme di un padre distante ancor prima della malattia che gli aveva rubato prima le parole e poi la mente, aveva scelto proprio Besaid come se a inseguire il suo passato il vecchio potesse sfuggire alla morte e tornare da lui. Era lì per quello e per scrivere, stregato dal passaggio dai monti innevati d'inverno ai laghi sciolti d'estate, e non c'era stato molto tempo né spazio per altro. Prima di lei, aveva trasportato da idea-carta a realtà pochissimi oggetti e quasi tutti per sbaglio, utensili di piccole dimensioni come penne, matite e fogli di carta. La cosa più grande che avesse fatto mai fatto apparire era stato un pacchetto di sigarette un po' ciancicato, un pacco da trenta con tre cicche in meno. Una volta resi tridimensionali, il destino di tali oggetti era slegato dal suo o dalla volontà della sua penna, quindi dubitava che a Melodie potesse succedere qualcosa in caso Xavier morisse. Ma il dubbio c'era e lo tormentava come quello di vedersela scomparire di fronte agli occhi. Puff. Comunque sia, spero che questo top secret vada in porto e che non sia qualcosa legata al governo. Mi dispiacerebbe se partissi per una missione in incognito, senza dire nulla. Da chi mi farei trascinare nel posto che, lo sanno tutti, Xavier Söderberg ama di più al mondo? Ho detto solo perché sei tu. Il sarcasmo, quello si che era un amico per lui. Le strizzò l'occhio in maniera giocosa, osservando poi il fiato condensarsi di fronte ai loro nasi ghiacciati. Con una mano a ravvivare la spazzola di capelli in cima ai lati rasati, l'uomo constatò quanto gli sarebbe davvero mancata una volta fuori dal suo appartamento. Nah, non farlo. I sensi di colpa fanno invecchiare precocemente, guarda qua che ho. Scherzò tirando con l'indice la pelle all'angolo dell'occhio per distenderla dalle piccole rughe. E poi davvero, mi fa piacere averti per casa. Se inizierà ad essere un problema ti dirò apertamente: ehi Mel, mi hai rotto, rivoglio il mio letto. Affare fatto? E non parliamone più. Ormai si erano fermati davanti alla bancarella del tiro a segno e Xavier potè allungare il braccio, tendendo la mano aperta per sancire l'accordo. In verità, avrebbe voluto dirle di non andarsene proprio, ma capite che non poteva proprio farlo senza risultare strano, un pazzo.
    Sentirla ridere fece vibrare corde dentro di lui che non credeva di avere, ma dovette tentare di non tradire l'emozione mentre si posizionava dietro di lei chinandosi leggermente in avanti, finché il viso non fu parallelo al suo e le guance quasi si sfioravano. Con il cuore un po' in tumulto, Xavier la circondò delicatamente con le braccia per arrivare a sovrapporre le proprie mani alle sue, i palmi asciutti e freddi contro le nocche più calde di lei. Le ossa, la pelle, i capelli che sfioravano l'orecchio, le scapole che, poteva giurarci, sentiva premere da sotto il cappotto e contro il suo petto. Non poteva vederlo, Melodie, ma Xavier non riuscì a non sorridere. Rilassati, svuota mente e respiro, morbida sulle gambe. Ecco così, meglio. Le disse piano all'orecchio, gli occhi blu puntati sulle loro mani unite sulla pistola giocattolo. Rinsalda la presa, con un'arma vera dovresti mirare leggermente più in alto dell'obbiettivo perché con lo sparo c'è il rimbalzo. Con questa va bene così. Chiudi un occhio, mira al centro della piramide... ci sei? Ora e solo ora pensa a qualcosa che ti ha fatto stare male e- L'indice di Xavier premette su quello di Melodie e il colpo partì, provocando la caduta di un bel po' di barattoli. Wow, niente male! Ora provi da sola? Uscì come domanda forse perché avrebbe voluto una scusa per non doversi spostare proprio ora che sul suo corpo si era instaurato un po' del calore di Melodie. A malincuore però interruppe il contatto, grato di portare addosso un po' del suo profumo. La osservò provare da sola, aggiudicandosi insieme agli altri due tiri un mini peluche per bambini. Spero ti piacciano i peluche! Perché questo coso col cavolo che me lo tengo. Le offrì il regalino senza troppi fronzoli, perché il romanticismo non era ancora proprio di casa. Ripresero a camminare fra gli stand e, quando Xavier notò gli occhi cristallini di lei illuminarsi, li seguì fino ad arrivare alla grande ruota panoramica. Oh no... Mormorò fra sé e sé mentre lei gli chiedeva di fare un giro. Come dirle che aveva il terrore delle altezze? Deglutì mentre cercava una sigaretta nel cappotto scamosciato, trovandola e accendendola in fretta e furia per calmare i nervi. Di debolezze Xavier ne aveva molte, e nessuna che gli piacesse ammettere ad alta voce quando, in fila per l'attrazione, era circondato da bambini che non superavano il metro e venti. Può smettere di fumare per piacere? Xavier lanciò alla signora uno sguardo penetrante al di sopra della propria spalla, interdetto. È per motivi di salute. E poi siamo all'aperto. Quando voleva sapeva essere un vero stronzo. Tornò a concentrarsi su Melodie e non sull'enorme affare metallico su cui stavano per arrampicarsi. Che ne dici di - Ma fu troppo tardi, qualcuno li aveva spinti sulla pedana e li incitava a sedersi mentre i sedili ancora avanzavano. Ma non si ferma mai questo dannato aggeggio? Bofonchiò irritato tastando con le mani il livello di sicurezza della barra metallica, l'unica cosa frapposta tra loro e il vuoto.
    Cercò di non darlo a vedere, Xavier, gli occhi semichiusi rivolti verso il cielo. Come.Va.Con.La.Particolarità? Ogni parola usciva a mo' di macigno mano a mano che la ruota saliva. Con le mani strette alla sbarra di ferro, Xavier continuava a fingere che andasse tutto a gonfie vele. Da lì il mondo doveva sembrare piccolissimo. Ci fu un cigolio metallico, la ruota di fermò e il sedile continuò a ondeggiare leggermente al vento. AH. Ora si ferma la maledetta?! Un minuscolo sorriso, sospirò guardando il viso di Melodie e cercando di focalizzare l'attenzione su di lei e non in basso, sul vuoto. Vuoi una sigaretta? le chiese cercando di nuovo il pacchetto, dopo che l'addetto alla giostra gli aveva praticamente ordinato di buttare la cicca al suolo. Era pure nuova. Lo so, uno viene qui su a respirare aria pulita e io fumo. Che posso dire, i peccati sono duri a morire. E tu, mistery girl, hai qualche vizio? E difetto? Io non sono riuscito a scovarne neanche uno. Scherzò incastrandosi la sigaretta accesa fra le labbra carnose. L'aveva giurato o no, che per lei avrebbe fatto di tutto?

    non ho rileeeeetto - vado a pappa e poi correggo tutto <3
     
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    Lyra Melodie Mayfair | '89 | cantante | scudo
    «Penso che ognuno, ad un certo punto della propria vita, faccia esattamente lo stesso incubo. Ti svegli, o credi di farlo, e c'è qualcuno nell'oscurità, vicino, o credi che potrebbe esserci. Quindi ti metti a sedere, accendi la luce. E la stanza appare diversa di notte. Ticchetta e scricchiola e respira. E ti ripeti che non c'è nessuno, nessuno che guarda, nessuno che ascolta. Non c'è assolutamente nessuno. E quasi quasi ci credi. Vuoi davvero, davvero... crederci. E poi...»

    Il buio della sera stava prendendo il sopravvento sulla luce mattutina, rendendo possibile alle stelle di brillare in cielo. Ve ne era una più luminosa di tutte le altre che iniziava a fare capolino, splendendo irruenta come lo era stata Lyra da giovane. Un animo puro che cercava di brillare in un oscuro percorso che l’avrebbe spenta, se non avesse avuto il coraggio di navigare altrove senza avere paura del vuoto. Non aveva mai smesso di sperare, aveva lottato per fuggire da quella realtà cupa che l’avvolgeva ogni giorno, cercando di spingerla in basso dove lei, non voleva stare. Cercava di alimentarsi di piccole rivincite, di piccoli compromessi che accettava più facilmente della situazione in cui era nata e cresciuta. Da piccola, quando ancora le cose in casa erano accettabili, le piaceva vivere in una roulotte vicino al fiume. Era come vivere una perenne avventura, un luogo che i suoi occhi di bambina vivevano come una radura da esplorare. Vivere in una vacanza perenne, vicino ad un fiume ed un boschetto dove molto amici animali vivevano la loro vita. Era entusiasmante, non aveva voglia di evadere la piccola bambina che si era creata la sua storia intorno a quella casa su ruote che nessuno dei suoi amichetti a scuola aveva. Raccontava degli scoiattoli che andavano a rubare il cibo vicino a dove lei faceva merenda, delle volpi che talvolta facevano capolino dal verde boschetto e dei pesci, che saltavano fuori dall’acqua creando dei giochi meravigliosi. Non si stancava di raccontare le piccole avventure che viveva mentre, i suoi genitori incuranti di lei la lasciavano esplorare il mondo fuori. Più cresceva, più aveva voglia di esplorare ciò che la circondava, accrescendo i suoi contatti con il mondo naturale e tirandosi dietro strani commenti dai suoi compagni che la ritenevano strana. Quella dorme in una roulotte. Non ha una casa, sentiva dire, sottovoce mentre passava nei corridoi. Mentre le domande crescevano nella sua testa, i diverbi tra i suoi genitori si facevano sempre più accesi confermando le voci dei suoi compagni che la ritenevano senza una casa. Allora la roulotte non era più la tana di un piccolo esploratore, ma un luogo troppo stretto dove poteva sentire troppo. Così Lyra fuggiva, scappava in quel boschetto che ormai era diventato il suo rifugio e nei pomeriggi in cui l’aria in casa tirava troppo gelida, si inoltrava sempre più lontano così da aumentare la distanza tra lei e casa.
    Sai, quando ero una ragazzina venivo spesso in un posto come questo iniziò a confessare a Xavier, lasciandosi trasportare dai ricordi alla vista di quella ruota panoramica che era decisamente molto più grande di quella che ricordava quando i miei genitori litigavano, scappavo sempre nel boschetto vicino casa per non sentirli ed una volta, mi inoltrai in un sentiero che mi portò ad un piccolo parco giochi dove c’era una ruota panoramica come questa raccontò lui come se già non lo sapesse tzè! Il parco che ricordava lei, era piccolo e scassettato, le giostre erano piene di ruggine ed un qualsiasi genitore sano di mente non avrebbe voluto far salire suo figlio su quelle che sembravano più cimeli di storia che giostre. Nonostante questo, la piccola Lyra ne era tremendamente affascinante, tanto da non accorgersi di rimanere ogni volta immobile per ore davanti a quel via vai di gente impazzita, che correva da una giostra all’altra. L’autoscontro, il bruco mela, la pesca ed infine la ruota panoramica. La gente correva da una parte all’altra spendendo quei soldi che a lei mancavano e che piano piano, stava cercando di mettere da parte per potersi permettere un giro sulla ruota panoramica. Voleva vedere il mondo da lassù, vedere se riusciva a captare qualche città, un posto in cui magari un giorno si sarebbe rifugiata per scappare alla follia della sua casa.
    Oh no.. la voce di Xavier arrivò quasi ovattata alle sue orecchie, mentre il sorrisone da bambina si spense a quel diniego, trasformandosi in una smorfia triste. Ti prego, ti prego, ti prego lo supplicò, prendendo la mano di lui nella sua e trascinandolo un pò più vicino, come se così fosse più facile convincerlo. Rimase in bilico tra il si ed il no, mentre nervoso tirava fuori quella sigaretta che andò a piazzare tra le sue labbra carnose, mentre una mamma iniziava a guardarlo di tralicio attirando la sua sgarbataggine. Non mancò di risponderle a tono, mentre Lyra si parava il sorriso sulla bocca con un gesto della mano. Penso che dovrò soprannominarti brontolo.. affermò, venendo bloccata poi da una mano che la spinse a sedere sul seggiolino metallico freddo, seguita poi dalla presenza dell’uomo che prese posto al suo fianco.
    Un cigolio, poi l’aggeggio infernale partì, fendendo i cieli di Besaid. Amo la vista da quassù. Da piccola, osservavo i posti lontano pensando che fossero luoghi magici in cui sarei potuta andare a rifugiarmi confessò, non prima di rendersi conto che Xavier soffriva l’altezza. Inizialmente pensava fosse semplice diffidenza la sua, ma quando si voltò ad osservarlo, mentre continuava a lamentarsi della fattura o funzionalità della ruota, Lyra si rese conto che cercava di stare il più possibile con gli occhi chiusi. Xav calmati.. non succederà null... Clack! la ruota si fermò di schianto, facendo traballare i seggiolini su cui le persone erano sedute, mentre il suo compagno prese nuovamente a maledire quel congegno, mentre lei si sporgeva appena per cercare di capire cosa stesse succedendo. Vuoi una sigaretta? iniziò a parlare, fissandola negli occhi e non dandole neanche il tempo di rispondere. Era vietato fumare, lá sopra, avrebbe voluto dire, ma non riuscì. Xavier riprese a parlare a raffica, come a dover ammazzare il tempo sospeso tra loro e la terra. La scarica di parole finì per lasciare spazio ad una risposta che Lyra sapeva trovare. Aveva vizi? Aveva difetti? Non si era mai realmente fermata a pensarci, perché lei era fatta di difetti. Almeno questo era ciò che amavano sottolineare le persone che erano state vicino a lei, per molto tempo e quelle parole, le erano entrate in testa. Dovresti smettere di fumare così tanto.. fà male alla salute e io tengo alla tua salute ammise lei, prendendo tempo per cercare una risposta sensata a quella sua domanda Non ti hanno insegnato che nessuno è perfetto? Che ognuno di noi è pieno di difetti? l’avevano accusata di essere una facile, perché cambiava uomini come un comune mortale cambiava le mutande. L’avevano accusata di essere un arrrivista, perché nessuna arrivava alla fama velocemente come aveva fatto lei quando aveva iniziato a fare concerti. L’avevano accusata di essere una rompipalle, quando in casa cercava di farsi una ragione e ritagliarsi il suo spazio. E poi si drogava di cioccolato, sperando di raggiungere un briciolo in più di felicità nella sua patetica esistenza. L’avevano sempre illusa che il cioccolato aiutasse a tirare su il morale e lei, ci aveva creduto, creando una dipendenza con quello fondente. Era permalosa, così tanto da poter togliere la parola per giorni a qualcuno e si adirava facilmente se qualcuno la feriva nel profondo o toccava argomenti off limits. Stava cercando le parole migliori da utilizzare per descrivere quella parte di sè, quando una voce esterna si intromise tra di loro Signore le ho già detto di spegnere la sigaretta! È P E R I C O L O S O ! scandì l’uomo della giostra, attirando l’ira di Xavier che stava già camminava su un finissimo filo trasparente per la tensione che lo portava stare lassù Anziché pensare a me, lei pensi ad aggiustare questo aggeggio! urlò, di rimando, mentre Lyra si sporgeva verso di lui per prendere la sigaretta e spegnerla sul metallo freddo della ruota. Cerchiamo di non farlo arrabbiare e di lasciarlo concentrato sul da farsi per far ripartire la giostra.. così potrai tornare con i piedi per terra in un batter d’occhio cercò di tranquillizzarlo, mentre il loro seggiolino prese a tremare nuovamente, pronto alla ripartenza della giostra. Finalmente! penso tra se e se, mentre tornò a voltarsi verso lo scrittore che sembrava essere stato congelato da un’improvvisa tempesta di ghiaccio. Era immobile: la seduta rigida come un soldato in saluto, le mani sopra la barra di sicurezza ben salde a queste ed il volto dritto davanti a sè, con gli occhi semi chiusi. Guardami lo incitò lei, non ricevendo una grande reazione Ti ho chiesto di guardarmi ripetè, mentre l’uomo prese finalmente a voltarsi in sua direzione. Occhi negli occhi. La frazione di un secondo, i se ed i ma lasciati sospesi nell’aria che li circondava. Lyra si sporse verso lui, raggiungendo quelle labbra che aveva silenziosamente osservato molto volte in quel periodo. Labbra contro labbra. Un primo bacio freddo che si sciolse velocemente come brina al sole, acquistando un piacevole sapore dimenticato. Non pensò alle conseguenze di quella sua azione, si fece semplicemente trasportare da quei fili trasparenti chiamati volontà. Aveva pensato altre volte di farlo, mentre erano da soli a casa, seduti sul divano ma aveva timore di rovinare tutto. Troppe volte si era lanciata in relazioni instabili, in passioni momentanee che erano scemate veloci così come erano arrivate e con lui, Lyra non poteva rischiare. I suoi gesti, la sua disponibilità avevano voluto dire tutto per lei, da quando era stata catapultata in quella realtà e non poteva giocare con lui come aveva fatto con molti altri, prima di allora. Un bacio morbido che aveva portato via dalle paure lui, distraendolo da quell’altezza che gli portava disagio e scaldava lei, che sentiva l’assenza di quel calore corporeo che da sempre aveva significato tanto per lei. Una sicurezza che cercava per scappare dalle sue paure e dalle notti buie.
    Quando furono finalmente a terra, obbligati a staccarsi l’uno dall’altra, si trovarono a dover affrontare la realtà di quel gesto. Il silenzio tra loro si fece pesante per Lyra, non era più una condivisione piacevole di attimi di pace, ma la paura di aver fatto qualcosa di sbagliato. L’ho visto fare in un film.. e funzionava disse, cercando di rompere il silenzio e giustificare il suo gesto. Creare una fonte di distrazione per far scordare le paure. Quella scena che avevano appena vissuto, l’aveva vista in un film dove il protagonista veniva baciato per rompere la sua paura del vuoto. Che ne dici se andiamo a casa? chiese lei per oggi ti ho strapazzato abbastanza ammise, sorridendo e lasciando che le guance le si tingessero di un rosso purpureo.
     
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