We are somehow always falling in and out

Pedro&Anders | tarda serata | Porto

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    Sullo sfondo un orizzonte piattissimo, un cielo scuro e denso, una notte che sembrava potesse portare solo tranquillità. Eppure, contro quel dipinto dalle sembianze più reali che mai, qualcosa si muoveva, avanti e indietro, prima un piede e poi l’altro: Pedro, che di pazienza ne aveva sempre molto poca, si girava e rigirava nello stesso cerchio da circa diciassette minuti contati. Gli avvenimenti degli ultimi giorni, il ritorno inaspettato di un ciuffo biondo e un paio d’occhi scuri, lo aveva letteralmente confuso. Il pensiero di Amy tornava costantemente ad infrangersi fra le pareti del suo cranio e, non riuscendo Pedro a tenerlo sotto controllo, contaminava tutto il resto. Scosse il capo, quasi volesse buttar via quel pensiero e concentrarsi sul lavoro. Con la sigaretta stretta fra indice e pollice, inspirava ed espirava a un ritmo che si era naturalizzato in lui. In quei diciassette minuti aveva lasciato cadere giù due cicche ed ecco che, senza tardare, giungeva la terza. Si fermò, seguendo quel filtro marrone infrangersi contro il suolo per poi sollevare con nonchalance il piede, posandoci la suola della scarpa sopra. Quando sollevò lo sguardo in direzione del piccolo camioncino parcheggiato a qualche metro di distanza dal suo cerchio di spazio che aveva contenuto l’attesa fino a quel momento, ritrovò il volto troppo spesso corrucciato del ragazzo che, posato contro il cofano del mezzo, sembrava volesse farsi assorbire dalla notte stessa e dal suo silenzio. Posizionò le mani sui fianchi, Pedro, allargando appena le gambe e fermandosi finalmente sul posto con lo sguardo sul viso di Anders, il mento appena sollevato nella sua direzione, in attesa. Un cenno del capo, quasi impossibile da cogliere per chi non avrebbe saputo guardare, e Pedro richiamò la sua attenzione su di sé. Sono già almeno cinque minuti di ritardo. sentenziò guardando l’orologio fermo al polso, infastidito, mentre la lingua andava a contorcersi appena dentro la sua bocca, la punta che andava a contare i denti le cui pareti erano ancora pregne del sapore del fumo. Si voltò poi, ispezionando con lo sguardo tutto quello che avevano intorno e cercando fra la miriadi di barche ferme e attraccate al porto qualsiasi cosa che potesse dargli informazioni, un movimento, un semplicissimo indizio che avrebbe potuto confermare il fatto che, dopotutto, non si fossero presentati lì a vuoto. Il solo pensiero lo rese più teso del dovuto, animato da una brevissima scossa di rabbia che riuscì pacatamente a soffocare nel giro di qualche secondo. Oskar li aveva mandati a ritirare una consegna, rifornimenti di una roba che, a sentire i trafficanti, avrebbe dovuto essere finissima. Arrivava direttamente da Cuba, dopo giorni e giorni di passate ispezioni e magagne che avevano permesso giungesse fino lì, fino a loro. Eppure, Oskar non si era fidato: l’uomo, ormai immerso in affari di quel tipo, aveva imparato ad assecondare il mercato, certo, ma senza mai dimenticare di seguire anche l’istinto, e per quel motivo aveva deciso che, per quel carico, Pedro e Anders in persona avrebbero dovuto essere presenti e accertarsi che il tutto non fosse una gigantesca beffa, soprattuto per evitare che fiumi di soldi finissero nelle mani decisamente sbagliate. Sissignore, Pedro era il soldato che annuiva e partiva, non importava che Oskar gli ordinasse di pulire merda di cavallo: Pedro eseguiva e riportava pure le secchiate di letame alla Tana come prova.
    Un sospiro ed ecco che, dopo istanti di pausa per lui quasi interminabili, tirò fuori di nuovo il pacchetto delle sigarette dalla giacca per estrarne ancora una. Poi, con il mento ancora rivolto verso il cubetto di carta ripieno di finissime stecche mortali, sollevò lo sguardo verso Anders e, serrando le labbra, allungò il pacchetto verso il ragazzo. Hm? mugugnò solamente in quello che avrebbe dovuto essere un invito a servirsi pure da esso. Dopodiché chiuse il pacco e lo ripose nella tasca interna della giacca, estraendo l’accendino ed avvicinandolo alla sigaretta, l’accese. Poi, a piccoli passi, si avvicinò al ragazzo, sistemandosi di fianco a lui con il fondoschiena posato contro il cofano del camioncino con cui avevano guidato fin lì, la pistola ferma nella cintura dei pantaloni che si poneva in contrasto fra il suo corpo caldo e il metallo freddo dell’auto. Con la sigaretta ferma fra le labbra, Pedro si voltò a guardare Anders di sottecchi, sollevando un angolo delle labbra in un sorrisino divertito, lo stesso che andò repentinamente a modificare l’intera espressione facciale di Pedro, il quale in un batter d’occhio tornava ad illuminarsi se qualcosa lo faceva divertire. Glielo si leggeva in faccia, nascondere cosa stesse provando era un’impresa complicatissima per lui stesso. Come sta il mio imbronciatone? bofonchiò allora arricciando le labbra mentre, tirando su un braccio, lo posizionò intorno alle spalle larghe di Anders, di fianco a lui. Strinse le dita attorno al braccio del ragazzo, spingendoselo contro e avvicinando il viso al suo, quasi volesse farsi guardare meglio. Una risata roca venne fuori, leggera, dal torace di Pedro, quando gli occhi innervositi di Anders lo incontrarono. Pedro amava prenderlo sempre un po’ in giro, ma si permetteva di farlo solo quando erano da soli o, al massimo, in compagnia di Frida, che senza ombra di dubbio era la persona con il quale forse Pedro si prendeva meglio. Anders gli piaceva, ma la sua testa calda lo aveva portato troppo spesso ad esagerare, per i gusti di Pedro. Aveva visto crescere entrambi, quando anche lui era stato solo un ragazzino in cerca di un posto nel mondo e aveva trovato loro, l’intera famiglia Sandström, che lo aveva accolto e, letteralmente, cresciuto insegnandogli ogni singola cosa. Non aveva parlato una parola di norvegese, eppure l’organizzazione gli aveva dato una chanche, che lui mai aveva voluto sprecare, non era mai stata neanche un’opzione, quella di crollare e fallire. Certo, non era stato perfetto, aveva fatto tantissimi errori, ma aveva sempre provveduto a riparare nel modo in cui Oskar aveva chiesto. I gemelli, d’altro canto, avevano contribuito nel resto: strano a dirsi, ma assieme a loro aveva anche letteralmente imparato a parlare. Mai troppo vicino, all’inizio, in fin dei conti erano pur sempre i figli di Oskar e nessuno aveva davvero il permesso di avvicinarcisi. Eppure, col passare degli anni, qualcosa era lentamente iniziato a cambiare e Pedro si era fatto spazio fra di loro, mai troppo invadente, mai troppo distante. Un equilibrio che lo aveva portato a fidarsi dei ragazzi ed esser presente per loro, un po’ come uno zio che sa sempre come sollevare il morale. Se con Frida aveva instaurato un rapporto più stabile, con Anders il cammino era stato realmente tortuoso, nemmeno leggergli nella mente, quelle poche volte in cui era capitato per sbaglio, lo aveva davvero aiutato a capire cosa smuovesse il suo temperamento, facendone ribollire il sangue in quella maniera. Erano un po’ come fuoco e ghiaccio, i gemelli, e Pedro stava nel mezzo tenendosi tiepido, pronto per entrambi. Non avrebbe detto che lo avrebbe fatto solo per lavoro, ma l’uomo si sarebbe ad ogni costo sacrificato per salvare entrambi, se fosse stato necessario: voleva loro bene come se fossero, da sempre, sangue del suo sangue.
    La prima volta che ti ho visto mi hai fulminato con lo sguardo. Ricordo di aver pensato: “ehi, questo qui appena cresce mi fa un culo così”. scherzò, ritirando via il braccio da intorno le spalle di Anders e mimando quello che, a suo dire, avrebbe dovuto essere un sedere. Inarcò le sopracciglia, ridendo di gusto mentre tornava a guardare Anders e si beava di un piccolo intervallo di fumo aspirato dalla sigaretta che ancora bruciava fra le sue dita. Ahh, Quella tua testa calda. sospirò Pedro, sorridendo brevemente prima di tornare ad aspirare dalla sigaretta, spostando poi lo sguardo verso il terreno, momentaneamente perso in quelli che erano ricordi quasi sbiaditi di una vita lontana, di momenti in cui aveva dovuto arrampicarsi su superfici ripidissime per riuscire ad arrivare nel luogo in cui si trovava in quel momento, una postazione di remota stabilità che, lo sapeva, sarebbe potuta comunque crollare da un momento all’altro. Dimmi che ti frulla nella testa. disse poi d’un tratto, voltandosi nuovamente verso di lui e lasciando che i propri occhi nocciola si posassero in quelli altrettanto scuri di Anders. Impossibile leggerlo, impossibile capirlo, ma Pedro era bravo a tracciare i tratti del suo viso, comprendendo immediatamente se ci fossero nuvole opache di pensieri che turbavano la sua mente. Non erano amici, no, questo Pedro lo sapeva. Per lui erano molto di più.
     
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    Anders Jan Sandström

    La notte accarezzava la pelle di Anders come una vecchia amica, erano vestiti dello stesso colore loro due, un nero intenso, impenetrabile come la loro anima. Si guardavano in silenzio, in ascolto del rumore delle barche smosse delicatamente dall’oceano, era una musica sincopata quella che riempiva l’aria. Per un attimo Anders si era quasi dimenticato di essere in attesa di un carico importante di droga per conto di Oskar, si era perso nell’ammirare le luci della città dall’altra parte rispetto al porto. Besaid pareva così viva e brillante dalla sua posizione, seduto sul cofano del furgoncino nero, un colore ricorrente a quanto pareva per quella sera. Il ragazzo incrociò le braccia al petto, sentendo la stoffa della giacca di jeans tendersi lungo le spalle e lungo le braccia, si morse il labbro inferiore e per un attimo dubitò di quello che stava facendo. Da quando lui e Frida avevano avuto quella conversazione sui suoi piani per ribaltare la gerarchia del Bianconiglio, Anders aveva iniziato a comportarsi come un bravo figlio fedele alla causa, con qualche colpo di testa calcolato per non destare sospetti per il suo improvviso cambiamento. In molti gli avevano chiesto cosa lo avesse portato a quietarsi negli ultimi mesi, e lui aveva risposto che si era arreso alla realtà, che non aveva via di uscita dalla sua prigione. Se voleva tenere Frida al sicuro doveva per forza adattarsi come un camaleonte alla loro vita di merda, non aveva importanza quanto lui tenesse ad essere normale, era nato in un emisfero dove non gli era concesso vestirsi di bianco.
    L’odore dell’ennesima sigaretta di Pedro gli stuzzicò le narici quando notò che si era avvicinato a lui per fargli presente il ritardo del carico che stavano attendendo. Oskar aveva detto loro che si trattava di merce che veniva direttamente da Cuba, droga di alta qualità che avrebbero potuto smerciare a un prezzo leggermente più elevato se era vero ciò che gli aveva assicurato il venditore. Era per quel motivo che erano stati inviati lui e Pedro a ricevere la consegna, per accertarsi che non fosse tutta una grande truffa e che dentro le bustine non ci fosse polvere di gesso piuttosto che roba da sballo. ”Si fanno attendere, come una donna al primo appuntamento. Deve valerne davvero la pena, altrimenti…” si sfiorò il petto all’altezza della tasca interna della sua giacca dove teneva dei proiettili contenenti del veleno di sua creazione, solo per le emergenze. Vivendo in un ambiente malfamato aveva trovato la sua specialità tra i metodi di difesa, era un esperto nell’arte dell’utilizzo dei veleni. Possedeva così tanti volumi sull’argomento da far risultare la sua libreria un po’ macabra, tra un titolo sulla morte lenta e sulla consunzione interiore, per fortuna spiccavano i libri di Frida che non avevano nulla a che fare con la sua fissazione per i veleni. Almeno lei dava un tocco di colore a quella vita monocromatica, era la sua macchia di rosso su un quadro nero. Lui e sua sorella avevano un rapporto particolare dettato dalla particolarità che li legava sin dalla nascita, era stato difficile trovare un equilibrio da bambini, a malapena capivano il mondo e invece lo percepivano per doppio. Sua madre gli aveva raccontato che da neonati piangevano spesso in sincronia, così come ogni nuvola passava esattamente nello stesso momento lasciando spazio ai loro sorrisi sdentati. Era impressionante vedere due bambini reagire all’unisono per qualcosa che capitava solo a uno dei due, all’inizio i loro genitori avevano creduto che avessero qualche problema, qualche tipo di malattia forse. Ci era voluto del tempo per capire che si trattava di una simbiosi dovuta alla particolarità che avevano sviluppato in tenera età, se uno cadeva e si sbucciava il ginocchio, anche l’altro si sarebbe ritrovato la stessa ferita a distanza di chilometri. La loro crescita era stata turbolenta, eppure più passavano gli anni e più si avvicinavano, al punto di perdere di vista il loro legame di sangue. In ogni istante della giornata erano perennemente in comunicazione, come in quel momento in cui una sensazione di improvviso calore gli divampò sulla mano senza aver toccato nulla. L’allontanò di scatto per guardare se fosse tutto apposto, aveva il palmo leggermente arrossato, ma fortunatamente niente di più. Forse Frida si era scottata con qualcosa? Dopo le avrebbe scritto un messaggio per accertarsi che andasse tutto bene.
    Anders e Pedro erano seduti sul furgoncino in silenzio, come due lancette ferme sulla mezzanotte. Il primo a spezzare la quiete fu Pedro che con un mugugno gli offrì una sigaretta, Anders ne prese una ringraziandolo con un cenno del capo. Non era un fumatore, ma ogni tanto se ne concedeva una per distendere i nervi, sapeva che era più una questione psicologica che un effetto reale sul suo corpo, a modo suo funzionava. Osservava le volute chiare disperdersi nella notte, aspirò una boccata dalla sigaretta appena in tempo, perché Pedro lo afferrò di sorpresa avvicinandolo a se’. Che diamine c’era di divertente in quell’attesa interminabile? Anders lo guardò con gli occhi stretti dall’irritazione per quel contatto non richiesto, ma lo lasciò fare senza scomporsi troppo, se si fosse trattato di un’altra persona si sarebbe ritrovato a terra con un pugno raso mascella. ”Pedro, lo sai che stai rischiando, vero?” allontanò la sigaretta per evitare di spargere la cenere su entrambi, il risultato era una posizione scomoda e buffa a vedersi da fuori. La risata dell’uomo gli vibrò dentro, nel punto dove i loro corpi si toccavano. Gli era familiare quel suono, anche se non lo avrebbe ammesso a voce alta, gli trasmetteva un senso di tranquillità. Lui e Pedro si conoscevano sin da quando entrambi non avevano idea di cosa fosse il rasoio per la barba, il primo ad utilizzarlo era stato Pedro e gli aveva dato qualche dritta quando arrivò il suo momento. Non era di certo stato Oskar a insegnargli come essere uomo e come camminare nel mondo, molte cose le aveva viste e chieste a coloro che stimava. Se doveva emulare qualcuno avrebbe preferito uno come Pedro piuttosto che suo padre, si riteneva fortunato ad essere circondato da diverse figure maschili nella sua vita, aveva potuto attingere da fonti limpide alcuni dei suoi comportamenti. Da piccolo aveva osservato il modo di camminare di Pedro, lo aveva preso come esempio, per un periodo tutti gli avevano chiesto perché si muovesse in quel modo diverso dal solito, e lui aveva risposto che stava diventando grande. Eppure quelle cose non le aveva mai espresse a voce alta, chi lo conosceva capiva senza pretendere fiumi di parole inutili. Anders non era mai stato bravo a parlare, i gesti lo contraddistinguevano, anche quelli più violenti e plateali. La sua voce era fisica, ben udibile quando alzava un sopracciglio in un moto di perplessità, assordante quando passava accanto a qualcuno e gli lasciava il plico di una missione senza spiegazioni. Solo quando si trattava di Oskar, Anders si esprimeva per onde sonore così forti da spezzare la barriera del suono.
    ”Però, bel culo.” disse osservando le mani di Pedro simularne uno. Si risistemò in posizione eretta quando l’uomo lo lasciò andare, giocò un po’ con la sigaretta tra le dita prima di aspirarne una boccata profonda. Quel sapore amarognolo gli solleticava la lingua, se lo gustò con gli occhi socchiusi, poi li riaprì e li poggiò sui lineamenti di Pedro. Lo scrutò lasciando una lunga pausa di silenzio tra di loro. ”Potresti leggermi il pensiero, non è più facile?” gli chiese con un velo di provocazione nella voce. Si voltò a guardare di nuovo la linea dell’orizzonte fatta di luci artificiali, era attratto da quel bagliore lontano come una falena con una lanterna. Attorno a loro l’oscurità del porto di notte, immobile e addormentato, laggiù una Besaid viva e frenetica. ”Sai a volte mi chiedo come sarebbe vivere lì, in mezzo alla luce.” indicò con l’indice il punto che stava fissando con tanta intensità. ”Noi viviamo in una galleria che scende verso il centro della Terra, dici che mio padre conosce Lucifero in persona? Sarà mai arrivato al confine col suo regno?” gettò a terra la sigaretta a metà e la spense con la punta della scarpa, sentendo lo sfrigolio del tabacco sotto la sua suola. ”Non hai mai pensato a una vita migliore di questa...” le sue parole rimasero sospese nell’atmosfera pregna del fumo delle loro sigarette, catalizzatori di negatività: aspiri una speranza e getti fuori il marcio, così gli avevano detto una volta.
    Un rumore in lontananza catturò l’attenzione di Anders che si alzò in piedi di scatto. ”Potrebbero essere loro!” chiese stringendo gli occhi per vedere meglio nell’oscurità salmastra del porto. D’istinto accarezzò la pistola che teneva nella tasca interna della sua giacca, come ad accertarsi di non averla persa assieme al filo dei suoi pensieri. Lanciò un’occhiata eloquente a Pedro, dovevano prepararsi all’incontro. ”Non ho voglia di fare a botte, stasera. Speriamo sia una cosa veloce.” una speranza leggera senza possibilità di atterraggio, sostenuta in volo solo dalla salsedine.

    Edited by Aruna Divya - 30/11/2020, 10:32
     
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    Che Anders raramente si confidasse con Pedro, questo era un po’ chiaro a chiunque, persino all’uomo che, nonostante fosse consapevole della cosa, continuava imperterrito a ricreare un legame col più giovane nella speranza di potergli fare da spalla nei momenti forse più impensabili. Se da un lato comprendeva il motivo per il quale Anders fosse così restio non solo nell’aprirsi a lui ma anche a chiunque altro non fosse Frida, dall’altro sperava stupidamente forse che le cose un giorno potessero mutare, una consapevolezza che magari -pensava ingenuamente Pedro- sarebbe giunta con l’avanzare dell’età nel ragazzo. Eppure, una vocina instancabile nella sua testa continuava a ripetergli che, tra tutti quegli sforzi nel tirargli fuori più di qualche parola, non vi avrebbe trovato nulla e probabilmente sarebbe stato meglio lasciarlo andare e smettere di sperare che le cose potessero cambiare dal suo punto di vista. Come in quel momento, quando poggiato di fianco ad Anders, Pedro tornava imperterrito a tentare di far sgusciare la parte più intima di Anders per farla venire così alla luce, quella fioca che in prossimità del porto si estendeva sulla superficie dell’acqua pur non riuscendo ad oltrepassarla per giungere sul fondo fatto di sabbia scura.
    E circondati dal silenzio morboso che sembrava disperdersi intorno a quella fetta di terra che calpestavano, vicino ad un pavimento d’onde fatte d’acqua e sale, Pedro ed Anders continuavano ad aspettare il carico, sebbene quel ritardo lasciasse presagire ben poco di buono o affidabile. Era pronto ad affrontare qualsiasi eventualità, Pedro, che dal momento in cui aveva iniziato a far parte dell’organizzazione di Oskar aveva anche assentito inconsciamente a metter da parte i propri bisogni, lasciando decidere a loro quale fosse il bene e quale fosse il male, da che parte giocassero aveva poca importanza, lui faceva parte della squadra e di conseguenza ne seguiva i comandi, così come per lui era giusto che fosse.
    ”Si fanno attendere, come una donna al primo appuntamento. Deve valerne davvero la pena, altrimenti…” rispose quindi Anders all’affermazione fatta da Pedro poco prima, al che l’uomo prese a sorridere divertito per poi avvicinarsi a lui. A me non ha mai fatto attendere nessuna donna, erano sempre tutte così felici di vedermi che a stento perdevano tempo nel scegliere cosa indossare. scherzò, mentendo per stuzzicare Anders e attendere la risposta sicuramente cinica del ragazzo, il quale sicuramente non avrebbe creduto neanche ad una parola dell’altro, questo Pedro lo sapeva bene. Ormai avevano imparato a conoscerlo e sapevano perfettamente cosa aspettarsi da lui, che a nascondere un falsissimo ego ci riusciva poco.
    Offrì quindi una sigaretta al più giovane, posizionandosi di fianco a lui e provando a comprendere cosa nascondesse quello sguardo scuro quasi come il proprio. “Pedro, lo sai che stai rischiando, vero?” lo avvertì Anders nel momento in cui vide il braccio di Pedro sollevarsi per stringersi attorno alle sue spalle. Gesti che non aveva mai imparato ad accettare, neanche dopo tutti quegli anni in cui era stato praticamente sottomesso dal carattere affettuoso di Pedro, che per tutta la vita aveva rifilato gesti di quel tipo nei confronti di Anders. Insaziabile, la fame di contatto che provava Pedro: ci era cresciuto avvolto in un paio di braccia e aveva ereditato da sua madre la voglia d’esser affezionato alla pelle degli altri. Come la donna, Pedro cercava ardentemente quel tipo di contatto come se fosse la conferma di ciò che, spesso, a parole non sembrava aver alcun significato. Dovette quindi poi staccarsi da lui per spiegargli ciò che gli era passato per la testa quando lo aveva incontrato per la prima volta, ormai diversi anni prima, mimando non solo tramite espressioni facciali quei pensieri, ma anche attraverso l’uso delle mani, com’era suo solito fare. ”Però, bel culo.” commentò l’altro allora, e Pedro non potè far altro che scoppiare a ridere, voltandosi a guardare il viso ancora così serioso di Anders nonostante con quelle parole andasse a reggere esattamente il discorso di Pedro con un velo di silenziosa ironia, non guastava mai e quando veniva fuori da uno come Anders era sempre più divertente del normale. Hai una fervida immaginazione, non me l’aspettavo. commentò allora l’uomo, riferendosi alla sagoma che aveva appena disegnato con le dita mosse per aria. Scosse appena il capo riportando la sigaretta alle labbra per aspirare ancora una volta, mentre al suo fianco Anders tornava a distaccare lo sguardo da lui per spostarlo in direzione dell’orizzonte, quella fascia retta ed illuminata da mille colori, luci lontane che facevano parte di una parte della vita che a quanto pare ad Anders sembrava mancare. ”Potresti leggermi il pensiero, non è più facile?” rispose quindi, rivolgendosi a Pedro e facendo riferimento alla particolarità che possedeva. Inarcó un sopracciglio, l’uomo, chinando appena il capo da un lato mentre si ritrovava ad annuire a quelle parole. Lo sai che non lo faccio, non con voi. sussurrò con tono sicuro, mentre sollevava appena le spalle. Era capitato, certo, ma non era mai avvenuto per via del suo volere. Alcune volte era difficile tenersi la mente stretta dentro al cranio e le orecchie sorde, per Pedro. Quando le emozioni o la stanchezza avanzavano, il corpo cedeva e i confini della propria mente si sbrigliavano, districandosi tutt’intorno e permettendogli di udire pensieri che non erano suoi. Eppure, quando si trovava nelle vicinanze di Frida e Anders, Pedro si sforzava con tutto se stesso di non farlo. All’inizio era stato per paura che i due potessero avere qualcosa in contrario, ma col tempo si era rivelato normale rispettare la privacy di chi Pedro aveva iniziato a ritenere la propria famiglia e di cui aveva iniziat a fidarsi. La fedeltà non era per lui solo fare loro da guardia del corpo, ma in un certo senso aveva preso la forma di una protezione più totale: la mente dei ragazzi era importante tanto quanto il loro corpo, e Pedro li avrebbe protetti addirittura da se stesso. Era un patto che aveva stretto con se stesso.
    Si voltò a guardarlo, incuriosito, mentre il ragazzo spiegava in parole semplici quello che forse provava. ”Sai a volte mi chiedo come sarebbe vivere lì, in mezzo alla luce. Noi viviamo in una galleria che scende verso il centro della Terra, dici che mio padre conosce Lucifero in persona? Sarà mai arrivato al confine col suo regno?” disse Anders e la sua voce prese una piega del tutto diversa mentre Pedro si lasciava guidare da essa e portava gli occhi di nuovo in direzione dell’orizzonte. Quando calò il silenzio fra di loro, Pedro abbassò lo sguardo per terra, cercando di elaborare ciò che aveva appena udito e tentando di trovare le giuste parole per spiegare ad Anders il modo in cui lui viveva le cose, due poli opposti, due facce della stessa medaglia. Le gallerie hanno un’entrata e un’uscita. Nessuno ti vieta di vivere in mezzo alle luci, l’importante è non dimenticarsi da dove si viene e dove si appartiene. affermò Pedro, tirandosi su e facendo così cadere la cicca per terra. ...e Lucifero o no, la famiglia è la cosa che conta di più, Anders. La famiglia. aggiunse, piano, dopo essersi voltato di nuovo verso il ragazzo. ”Non hai mai pensato a una vita migliore di questa...” udì quelle parole come fossero un sussurro, eppure sembrarono rimbombare nella testa di Pedro generando un eco di suoni incomprensibili, qualcosa che ancora non aveva mai sentito tintinnargli nella testa o che, semplicemente, aveva scacciato via. Scosse fermamente il capo e sollevando un braccio in direzione del più giovane, punto un dito contro la sua direzione, questa volta il volto aveva preso un’espressione più seriosa. Non esistono se e ma. Prima lo capisci, meglio è... non ci sono altre vite da vivere. Io questa me la sono costruita da solo, questa è quella che ho. rispose Pedro drizzando la schiena e portando le mani sui fianchi. Sospirò lentamente, distaccando lo sguardo un po’ dispiaciuto dalla sagoma di Anders, che in quelle poche parole aveva perfettamente esposto ogni suo risentimento, ogni desiderio nascosto. Fare parte di quel circolo vizioso non lo rendeva felice, fare parte di quella famiglia nemmeno. Un po’ ci si rivedeva in quel senso di vuoto, lo aveva privato prima di arrivare in Norvegia e poi, col passare del tempo e grazie a quel lavoro, lo stesso che gli aveva regalato famiglia e lavoro, aveva iniziato a scomparire piano. Eppure, così come per il flusso di pensieri che aveva turbato Anders, anche quello di Pedro venne interrotto da un rumore lontano, un motore che si avvicinava sempre di più. Quasi come il riflesso del ragazzo, anche Pedro portò una mano alla cintura dei pantaloni per accertarsi che la pistola fosse ancora li. ”Potrebbero essere loro! Non ho voglia di fare a botte, stasera. Speriamo sia una cosa veloce.” esordì il ragazzo mentre un altro furgoncino blu opaco imboccava la strada del parcheggio dove anche loro si erano fermati. Uno di fianco all’altro con le armi ancora riposte al sicuro, Pedro e Anders accolsero i nuovi arrivati con espressioni seriose sui volti.
    Gigante e di un verde pisello se ne stava la scritta "MANDALS PAPIRINDUSTRI AS" stampata sui due fianchi blu del furgone che si era appena fermato a circa cinque metri di distanza dal loro. Due falcate in avanti e Pedro si fermò, in attesa che i due tipi scendessero dal veicolo. Squadrò i due uomini dalla testa ai piedi, completamente avvolti in divise blu sulle quali troneggiava il nome dell'azienda attiva nella produzione della carta attraverso la quale avrebbero ricevuto il carico. Sollevò il mento e strinse appena le palpebre per concentrare la propria attenzione su ogni singolo movimento. La roba. disse solamente, sollevando il mento in direzione dell'autista che, come unica risposta, fece loro cenno di seguirlo verso il retro del furgone, dove l'altro stava già aprendo i portelloni. Al fianco di Anders, Pedro seguì i due tipi per posizionarsi dietro l'auto e farsi passare enormi cartoni marroni sigillati con nastro adesivo e sui quali troneggiava, nuovamente, lo stesso logo. Dove? chiese uno dei due uomini tirando verso di se il primo cartone con l'intento di sollevarlo e passarlo immediatamente all'interno del furgoncino che Pedro e Anders avevano guidato fin li. Ah-ah. mugugnò solamente Pedro, sollevando un braccio in direzione del tipo ed agitando così il dito indice nella sua direzione. Oskar vuole essere certo di aver fatto un buon affare, spero comprendiate... cominciò Pedro facendo cenno ad Anders di avvicinarsi ed afferrare il primo pacco, così da tirarlo giù da furgone e posarlo per terra. Sebbene i due uomini sembrassero sapere cosa fare, fu quasi impossibile non notare l'occhiata che si rifilarono nel momento in cui Anders andò a sottrarli del primo cartone per posizionarlo a terra, in mezzo a loro. E' la prassi, dobbiamo. Spiegò Pedro con aria totalmente e fintamente innocente mentre Anders scoperchiava lo scatolone. Lo vide sollevare pacchi confezioni di bianchissimi fogli A4: uno, due, tre, la pila sembrava essere infinita, fino a che, sotto l'ultima confezione, sbucarono buste di plastica grigie. Vide Anders afferrarle con decisione, ormai conscio anche lui di cosa dovesse fare e soprattutto come. Bucò la busta per infilarci dentro due dita, tirandole poi fuori e, dopo averle sollevate fino al naso per annusare lo strano odore che emanava la polverina bianca, allungò la busta da mezzo chilo in direzione di Pedro. L'afferrò, imitando i gesti di Anders ed avvicinando i polpastrelli sporchi di Cocaina alle labbra, le schiuse per lasciare che la polvere si adagiasse in piccolissima parte sulla lingua. Sebbene fosse difficile riconoscere le differenze tra i vari tipi di sostanze, l'esperienza sul posto aveva permesso a Pedro di farsi quantomeno un'idea concreta di quello che avrebbero dovuto aspettarsi di ricevere quella sera e, ahimè, le aspettative erano decisamente state deluse: a sentir parlare Oskar, quello che avrebbero dovuto accogliere era un carico di roba purissima, ecco perché facile che fosse un imbroglio. La cocaina purissima non aveva alcuna traccia di sostanze aggiuntive al suo interno ed era, normalmente, composta di granelli finissimi, cosa che in quella busta sembrava non essere cento per cento assicurato, dato che quando tirò fuori le dita dal sacco sulla pelle restarono tracce di una composizione decisamente più ruvida e non fine. Ovviamente... sussurrò, sospirando profondamente mentre increspava le sopracciglia e si passava la lingua sotto al palato, infastidito. Fece segno ad Anders, il segmento piccolissimo e quasi inesistente di un'espressione che solo il ragazzo, fra di loro, avrebbe potuto comprendere al volo. Questa roba è mischiata al crack. constatò a voce alta, voltandosi in direzione dei due e sollevando il pacco nella loro direzione lo lanciò di nuovo all'interno del cartone. Ora sono due le cose: vi lasciamo andare, portate i saluti di Oskar a Eskil e gli dite che il disguido si risolve con una bella offerta in denaro. Altrimenti ce la vediamo qui e adesso e chi ne esce vivo vince la possibilità di passare il Natale a casa e con la famiglia. A voi la scelta. parlò Pedro con un tono di voce tremendamente tranquillo. Si voltò poi in direzione di Anders, chiedendo conferma a lui e cercando nel ragazzo il sostegno. O sbaglio? chiese ironicamente al ragazzo, sorridendogli divertito mentre gli indicava i due tipi ancora fermi a pochi passi da loro.

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    Non avevano parlato molto da quando erano arrivati, ma con la coda dell’occhio Anders aveva notato il cimitero di mozziconi che si era lasciato dietro Pedro. Quando si sedette al suo fianco sul cofano del furgone alle sue narici arrivò l’odore tipico della pelle dell’uomo, Pedro sapeva di sigarette e fedeltà, lo pensava da sempre, in passato si era chiesto se non fosse nato con una sigaretta tra le dita. ”Se non indossi l’orologio nessuna donna ti farà mai aspettare.” si voltò a guardare l’uomo con una leggera sfumatura di divertimento circoscritta solo agli occhi scuri. Fece in tempo ad aspirare una sola boccata dalla sigaretta che gli aveva offerto Pedro prima di essere travolto dalle sue braccia che lo attirarono a se’, cercò di evitare di spargere cenere sui loro vestiti sollevando in aria una mano. Nonostante le sue parole burbere in risposta a quel gesto, la stretta dell’uomo non si allentò, anzi provocò una risata che Anders sentì vibrargli dentro tanto erano vicini. Se si fosse trattato di qualcun altro ci sarebbero stati dei lividi, magari anche una mascella rotta, ma a lui era concessa una confidenza di troppo, anche due se era di buonumore. Attese che lo lasciasse andare senza rimostranze, godendosi silenziosamente quel senso di tranquillità che gli trasmetteva Pedro coi suoi modi così diversi dai suoi, non glielo avrebbe mai detto che in fondo non gli dava così fastidio.
    Ascoltò il commento sulla sua immaginazione in silenzio, sfiatando velocemente il fumo dal naso creando una cortina di nebbia attorno al suo viso. Si perse a fissare la linea delle luci della città in lontananza mentre lì dov’era seduto si mimetizzava col buio della notte. Pedro tagliò il filo dei suoi pensieri con le sue parole, ”lo so.” sussurrò di rimando, era certo che fosse vero quello che gli aveva appena detto, non utilizzava la sua particolarità su lui e Frida senza la loro autorizzazione. Gliene era grato, avrebbe potuto entrare nella sua testa senza sforzi e scoprire ogni suo più piccolo segreto, a partire dalla sua relazione con sua sorella, fino ai loro piani per eliminare Oskar dai giochi. Invece Pedro si era sempre tenuto al suo posto, leale alla sua famiglia molto più di quanto non lo fosse stato lui nel corso degli anni, sarebbe stato il figlio ideale per suo padre, invece gli era toccato Anders con le sue idee “rivoluzionarie”. Desiderare di condurre una vita normale era un’eresia, peggio che essere nato con una malformazione fisica. ”E’ questo il problema Pedro, io non so se voglio appartenere a tutto questo. Ci sono nato senza possibilità di decidere per me stesso, l’unica cosa che posso fare è adattarmi per sopravvivere e per proteggere Frida.” fece cadere il mozzicone a terra per schiacciarlo con la punta della scarpa, poi posò il suo sguardo su quello di Pedro di cui conosceva la superfice a memoria, ma non le sue profondità, a quelle gli era proibito l’accesso. ”La mia famiglia è Frida, darei la vita per lei e non posso farlo. Anche io ho solo questa vita proprio come te, per questo sto provando a tenere a bada il mio temperamento.” sul suo viso comparve una smorfia che cercò di dissimulare, la rabbia era l’unica emozione che conosceva per esprimere quel senso di vuoto che gli comprimeva il petto da anni. Non era mai stato bravo a spiegare a parole ciò che provava, i sentimenti erano un argomento tabù, persino con sua sorella faceva fatica a esporre quelle sfumature di colore che gli tormentavano l’anima.
    Anders si alzò in piedi di scatto quando un rumore colpì la sua attenzione, finalmente la loro donna ritardataria era arrivata e portava il suo nome “MANDALS PAPIRINDUSTRI AS” scritto ai lati di un furgone sui toni del verde. Entrambi si avvicinarono, tenendo gli occhi ben saldi sulle operazioni di scarico della merce che avevano atteso con sin troppa pazienza. ”Dove?” chiese uno degli uomini dando per scontato che prima di concludere l’affare non avrebbero controllato la mercanzia, un’ingenuità calcolata. A Oskar era stata promessa una partita di cocaina purissima, una rarità che molti dicevano di possedere per il basilare istinto di fare affari, ma che pochi avevano davvero.
    ”Oskar vuole essere certo di aver fatto un buon affare, spero comprendiate..” a quelle parole Anders si limitò ad annuire con serietà per poi raggiungere il retro del furgone della Mandals, prese uno degli scatoloni e l’aprì togliendo varie risme di fogli A-4 che servivano per la copertura del loro affare. Sotto tutto quel ciarpame c’erano delle bustine grigie, ne prese una bucandone la parte superiore per poterci infilare due dita dentro. Annusò la cocaina percependo una miscela amarognola invadergli le narici, l’odore dolciastro tipico delle foglie di coca era a malapena presente, gli sembrava plastica polverizzata. Alzò lo sguardo verso Pedro scuotendo appena la testa per fargli capire che c’era qualcosa che non andava, gli passò la busta da mezzo chilo per permettergli di valutare a sua volta. ”Ovviamente...” l’espressione di Pedro cambiò impercettibilmente, se non avessero già fatto squadra in missione assieme probabilmente non avrebbe neanche notato quella lievissima linea di cambiamento sul suo viso. ”Questa roba è mischiata al crack.” quei pezzetti dal taglio grossolano che restavano sulle dita non avrebbero dovuto esserci, per quanto non ne facesse uso spesso, ogni tanto Anders si era lasciato convincere da Frida a provare di persona qualche partita.
    ”Peccato.” si limitò a dire, portando la mano sulla pistola che teneva nella tasca interna della sua giacca di jeans. Lasciò che fosse Pedro a condurre le trattative senza fare una piega, non estrasse immediatamente l’arma, la ostentò affinché le parole del suo amico e compagno fossero più che trasparenti. ”Ora sono due le cose: vi lasciamo andare, portate i saluti di Oskar a Eskil e gli dite che il disguido si risolve con una bella offerta in denaro. Altrimenti ce la vediamo qui e adesso e chi ne esce vivo vince la possibilità di passare il Natale a casa e con la famiglia. A voi la scelta. O sbaglio?” Anders accarezzò il calcio della pistola con due dita, pronto ad impugnarla con cinque alla prima avvisaglia di attacco o rimostranze. ”Nessuno sbaglio, Oskar odia essere preso in giro. Strapparvi la vita dalle interiora sarebbe il suo pagamento prediletto, ma l’offerta di Pedro è piuttosto generosa. Io l’accetterei.” attraverso i polpastrelli il freddo del metallo gli si appiccicava sotto la pelle, i suoi occhi scuri incontrarono quelli del suo alleato per dargli conferma di essere pronto a entrambe le opzioni. Riportò la sua attenzione sugli uomini vestiti di blu scossi da un fermento subcutaneo. ”Eskil porge le sue scuse ad Oskar, ma non sborserà neanche una corona. Quindi non ci resta che lanciare i dadi della sorte.” il tizio che sulla divisa portava l’etichetta col nome Hank afferrò la sua pistola e la puntò contro Anders che aveva già sfoderato la sua in difesa, erano palesemente abiti presi in prestito perché anche il suo compare aveva un nome americano nonostante i suoi lineamenti aderissero ad un’altra nazionalità.
    ”Sentito Pedro? Ci ha chiesto di lanciare i dadi, devo accontentarlo.” con un gesto rapido prese dalla tasca dei jeans quella che sembrava una sfera avvolta in della carta di giornale color antracite, la lanciò a terra e indicò a Pedro la sua destra con lo sguardo. ”Che diavoleria è? Mi prendi per il culo?” l’uomo fece scattare la sicura pronto a sparare, ma la sfera rilasciò una quantità di fumo denso in pochissimi istanti così da offuscargli la vista e mandare a vuoto il primo colpo, troppo in alto rispetto alla loro reale posizione. Anders si allontanò verso destra andando a nascondersi dietro un’enorme pila di casse di legno, mentre alle sue orecchie giungeva il rumore dei passi dei due uomini che non avevano perso tempo e avevano attraversato la cortina di fumo. ”Non potevo permettere che ci sparassero, Frida… lo sai, no?” sussurrò a voce bassa, cercando di non esprimere a voce alta la sua preoccupazione per il fatto che se quel colpo fosse andato a segno sul suo corpo avrebbe trafitto anche quello di sua sorella. Da lì avevano il vantaggio di essere coperti e di poterli prendere alle spalle se avessero giocato bene le loro carte. Non era un codardo nei combattimenti corpo a corpo, ma il suo pensiero era sempre quello di uscirne il più illeso possibile per non ferire Frida di riflesso. Quella particolarità che condividevano era una benedizione e una maledizione allo stesso tempo, ogni movimento, ogni decisione era calcolata per due, non c’era la possibilità di essere egoisti senza far male all’altro.
    Mentre la sua mente si arrovellava su tutte le possibilità di uscita o di attacco, le sue orecchie percepirono due scie di passi ben distinte, una veniva dalla sua destra e una dalla sua sinistra. Dovevano essersi separati e li stavano accerchiando dai due lati della torre di casse, erano più furbi di quel che credesse. ”Dovesse servirti.” infilò un fumogeno nella tasca di Pedro e uno dei suoi proiettili velenosi che non condivideva con nessuno, solo sua sorella ne aveva ricevuto uno in dono tanti anni prima. ”Salvati la pelle, mi servi tutto intero.” lentamente si sporse verso il lato destro per avere la visuale di ciò che stava accadendo, vide la figura di Hank in avvicinamento.
    Un solo pensiero nella testa: ’la sorte non esiste, sono io la mia sorte.’
     
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    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: Descrizione o discussione estesa di morte di un personaggio o del personaggio principale;
    Ricordiamo che si tratta di un'opera immaginaria, frutto della fantasia di chi scrive e che non mira a danneggiare nessuno nello specifico.


    Le confessioni, quelle meglio trasformarle a parole in assenza di orecchie indiscrete. Lo sapeva perfettamente, Pedro, di quanto potesse essere pericoloso ritrovarsi a conversare riguardo il desiderio di essere altrove in un luogo inaffidabile, ne aveva la consapevolezza sin dal momento in cui, solo un ragazzino, aveva imparato a credere nelle diverse prospettive, diversi pensieri che potevano animare la mente dell’uno. Forse era per via del fatto che fosse cresciuto in mezzo alle strade trafficate di una città nebulosa dell’argentina che aveva imparato ad ascoltare attentamente: aveva visto proiettili infrangere casse toraciche o spezzare in due tibie e solo perché la lingua non aveva saputo stare al posto giusto nel momento sbagliato. Ricordi, quelli, che avevano macchiato la sua innocenza ma che l’avevano portato ad essere ciò che era ora, lo stesso uomo che immerso nell’odio riusciva ancora a provare un’incredibile quantità di amore, sentiva quel sentimento nel petto ogni volta che guardava loro, quelli con cui era cresciuto per davvero, quelli che l’avevano formato, nonostante la loro violenza fosse troppo simile a quella che aveva avuto intorno da bambino quando aveva messo anche solo un piede fuori di casa. Vedere Anders sbracciarsi metaforicamente per cercare di afferrare una libertà diversa da quella in cui credeva Pedro era un’immagine che nel profondo del cuore sembrava fargli male, come se inconsciamente sapesse che altre vie per il ragazzo non c’erano: sarebbe arrivata la fine di quella cella di cui parlava, se avesse provato a fuggire, il vero problema sarebbe stato scoprire quale fosse la forma che avrebbe assunto.
    Il rapporto coi gemelli era per Pedro quasi fondamentale, costruito sulla fiducia che, ripetutamente, cercava in tutti i modi di dimostrare loro, e l’assenso di Anders alla constatazione sul potere fatta dal maggiore solo qualche secondo prima lo rincuorò non poco, consapevole anche lui stesso quanto affetto ci fosse per lui anche da parte di Anders, lo stesso capo testardo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per negarlo, alimentando l’orgoglio silenzioso che lo aveva mosso sin dai primi passi. Non si lasciava toccare, non si lasciava consigliare, Anders si richiudeva in quello che a volte sembrava un lunghissimo e spento silenzio solo per esplodere una volta pieno e radere tutto al suolo, seminando verità che a più di qualcuno erano scomode. ”E’ questo il problema Pedro, io non so se voglio appartenere a tutto questo. Ci sono nato senza possibilità di decidere per me stesso, l’unica cosa che posso fare è adattarmi per sopravvivere e per proteggere Frida.” ammise il minore, gettando la cicca per terra anche lui e ritrovandosi a schiacciarla con la suola delle scarpe per spegnerla completamente, come se con quel gesto volesse frammentare anche tutta la sua vita intera. Sospirò piano, Pedro, stringendo le labbra per soffocare un dispiacere che sembrava essergli salito dai polmoni fino alla gola, un respiro più pesante di altri, difficile da assorbire e trasformare in sangue. ”La mia famiglia è Frida, darei la vita per lei e non posso farlo. Anche io ho solo questa vita proprio come te, per questo sto provando a tenere a bada il mio temperamento.” lo sentì aggiungere poco dopo. Si voltò a guardarlo, catturando l’espressione contrariata che si appendeva al suo viso e rendeva vera ogni sua parola. E sono certo che Frida farebbe lo stesso per te, Anders. Io farei lo stesso per te, mi hai capito? gli disse poco dopo essersi piantato di fronte a lui e aver abbassatoo la nuca nella sua direzione, gli occhi scuri di uno che si fiondavano letteralmente dentro quelli similissimi dell’altro per agganciarvisi e passare un po’ di forza, la stessa che sentiva Pedro dentro al petto ogni volta che venivano anche solo nominati i gemelli. Sollevò una mano in direzione della spalla di Anders e posò il palmo su di essa, chiudendo le dita per stringere la presa su di lui mentre cercava il suo sguardo ancora, alla ricerca della conferma: voleva che capisse, che Anders comprendesse la grandezza di ciò che li legava, la stessa che superava i legami di sangue e se ne fregava degli alberi genealogici. Odia chi ti pare, anche me se non ti restano bersagli. Ma sappi che di me non ti libererai mai. aggiunse, sollevando la mano e lasciando che il palmo si scontrasse nuovamente contro il tessuto della giacca del minore in due pacche leggere contro la muscolatura avvolta nel tessuto.
    Quando il camioncino fece la sua comparsa nel loro campo visivo, avvicinandosi al punto in cui erano loro, le parole di poco prima si trasformarono nell’eco lontano di una conversazione che, in quel momento, non avrebbe potuto rimanere voce ma solo fiducia, la stessa che, se avessero avuto l’uno nell’altro, li avrebbe fatti tornare a casa vittoriosi.
    Quando aprirono una delle buste di mercanzia che avrebbero dovuto ritirare e pagare ai due uomini delle consegne, non si risparmiarono infatti di controllare che all’interno tutto fosse esattamente come promesso: non tardò ad arrivare la conferma dell’inganno, una delusione silenziosa che passò dagli occhi di Anders a quelli di Pedro, entrambi consapevoli di come sarebbe andata a finire la serata anche se avessero provato a risolvere la questione in maniera civile. E quella era una delle situazioni impossibili, quelle che si verificavano così spesso nelle vite complicate come le loro, che ormai sembravano aver fatto l’abitudine ai modi forti, quelli violenti. Erano fatti anche di quello, Anders e Pedro. ”Nessuno sbaglio, Oskar odia essere preso in giro. Strapparvi la vita dalle interiora sarebbe il suo pagamento prediletto, ma l’offerta di Pedro è piuttosto generosa. Io l’accetterei.” lo spalleggiò Anders quando Pedro si rivolse a lui alla ricerca di un sostegno dopo aver proposto una possibile via d’uscita ai due tizi. ”Eskil porge le sue scuse ad Oskar, ma non sborserà neanche una corona. Quindi non ci resta che lanciare i dadi della sorte.” e furono le parole di uno dei due, quello che probabilmente fingeva di chiamarsi Hank, data l’etichetta sulla divisa forse rubata chissà dove. Pedro, che neanche per un istante aveva distolto lo sguardo dai due, lo vide afferrare la sua pistola e puntarla in direzione di Anders, che reattivo come gli altri due aveva già sfoderato anche la propria, esattamente come fece l’argentino. Hm, neanche il tempo di una discussione civile. disse sprezzante e al contempo ironico subito dopo, lo sguardo color nocciola che si spostava da un nemico all’altro. Per la frazione di quello che parve un solo secondo, i quattro se ne stettero con le pistole puntate a sfidarsi, cercando la crepa che fra di loro avrebbe sancito il primo sparo, rompendo l’equilibrio precario all’interno del quale si ritrovavano. ”Sentito Pedro? Ci ha chiesto di lanciare i dadi, devo accontentarlo.” lo disse Anders e Pedro seppe esattamente cosa sarebbe avvenuto da quel momento in poi. Non fece in tempo a voltarsi per osservare la mano del ragazzo che, veloce, tirò fuori dalla tasca dei jeans una delle sue sfere ricolme di quello che sembrava essere fume tossico, ne conosceva il funzionamento perché oltre a sapere che Anders ne facesse uso, le avevano usate già di qualche volta in scontri come quello. Senza dire nulla, Pedro seppe cosa fare e, allontanandosi in fretta dalla coltre di fumo che gli avrebbe fatto recuperare del vantaggio sugli altri due, seguì i passi di Anders alla loro destra, oltrepassando l’enorme pila di casse di legno e nascondendosi assieme al ragazzo dietro di esse. Portò l’arma all’altezza del viso stringendola con entrambe le mani mentre si sporgeva piano oltre il bordo per cercare di mettere a fuoco i lineamenti dei due uomini che, passo dopo passo, sentivano avvicinarsi a loro. ”Non potevo permettere che ci sparassero, Frida… lo sai, no?” udì le parole di Anders e si affrettò ad annuire, il fiato trattenuto per via dell’adrenalina che invece sembrava voler fargli esplodere il cuore dentro al petto. Non avrebbe potuto permettersi di lasciare che Anders venisse ferito, soprattutto per via del legame che sapeva tenerlo incatenato alla vita di Frida. Perderne uno sarebbe stato come perderli entrambi e no, Pedro questo non lo avrebbe mai permesso, soprattutto non sotto il suo controllo. Li aveva protetti sempre e sempre avrebbe continuato a farlo, anche in quel momento. Così, allungando un braccio nella sua direzione e posando una mano contro il suo petto per portarlo a fermarsi in quella posizione, al sicuro, tornò a sporgersi piano oltre le casse. Fu in quel momento che, ora che il fumo sembra essersi sollevato e disperso nell’aria, potè osservare i due che, da dietro al loro furgoncino delle consegne, si nascondevano da loro preparandosi ovviamente per il prossimo attacco che non tardò ad arrivare: spararono due, tre colpi contro le casse di legno che, con scoppiettii rumorosi andarono a frammentarsi, lasciando scoperti alcuni punti fra di loro, proprio nel momento in cui Pedro si allungava verso la loro direzione e sparava un paio di colpi, uno dei quali andò a centrare il braccio di uno di loro, non avrebbe saputo dire chi. Ritornò subito dietro le casse anche con il busto, voltandosi verso Anders ed accettando una delle piccole sfere che aveva gettato poco prima per terra più uno dei suoi proiettili contenenti del veleno. Preso dalla situazione e dall’adrenalina, Pedro non ebbe davvero il tempo per pensare al fatto che, per la prima volta, Anders stava condividendo qualcosa con lui, e non roba futile, ma uno dei proiettili che sapeva perfettamente non avesse mai donato a nessun altro, se non Frida. Afferrò quindi entrambi e se li infilò nella tasca della giacca, nel punto più veloce e facile da raggiungere se ne avesse avuto bisogno, poiché come anche Pedro aveva avuto modo di accorgersi, i due ora sembravano avvicinarsi alla pila di casse per accerchiarli e non lasciare loro alcuna via di fuga. ”Salvati la pelle, mi servi tutto intero.” sentì dire al ragazzo, ora spalla contro spalla, appena prima di ricaricare l’arma. Tu servi intero a me, questo è il momento buono per usare la tua testa calda del cazzo. disse, trovando persino il tempo di fare ironia su ciò che solo mezz’ora prima si erano detti, ripetendo così ancora una volta e a suo modo quanto Pedro ci tenesse. Quello che accadde subito dopo fu incasinato e veloce, allontanandosi entrambi dal punto in cui si erano nascosti per prendere tempo, Pedro e Anders si allontanarono l’uno dall’altro per scagliarsi contro i due tizi. Quando Pedro si ritrovò faccia a faccia con l’altro non esitò a sparare, continuando a muoversi verso la destra del furgoncino che, lateralmente, ora presentava innumerevoli fori di proiettile a scompigliare l’inchiostro delle lettere stampate sulla vernice. Il tipo sembrò fare esattamente il contrario, andando a nascondersi dietro le pile di legno dietro le quali avevano sostato Anders e Pedro poco prima. Si concentrò per un secondo, i suoni degli spari che persistevano insistenti nella notte, spaccandola in onde sonore che affondavano nel buio del cielo ora cupo. Fu veloce quando, stendendosi sul terriccio freddo e ricoperto da un sottilissimo strato di ghiaccio o forse neve, Pedro allungò le braccia verso quella che sembrava essere la sagoma dell’uomo e sparò tre colpi: uno al piede, uno al polpaccio e, quando si fu abbassato abbastanza per via delle fitte di dolore che lo avevano ora azzoppato, Pedro si decise a premere il dito sul grilletto, sparando il terzo ed ultimo colpo per beccare la testa dell’uomo. Fu in quel momento che, finalmente, la notte sembrò ricomporsi nel suo silenzio. Chiuse gli occhi per qualche istante solo, prima di riaprire le palpebre per ritrovarsi a guardare l’orizzonte oltre la parte sottostante del furgoncino dietro al quale aveva trovato riparo. Si sollevò, drizzando le spalle e, ancora sull’attenti, aspettò di oltrepassare il profilo del furgoncino e vedere Anders tutto intero, prima di abbassare l’arma e infilarla quindi oltre la cintura dei pantaloni, al proprio posto. Sollevò il mento in direzione del ragazzo, sospirando e lasciando che un sorriso soddisfatto si aprisse sul viso ora compiaciuto. Hey, Anders Sandström! scherzò Pedro, fermandosi a qualche passo dalla sagoma di Anders ed inarcando le sopracciglia mentre chinava il capo da un lato. Portò la mano alla tasca della giacca, la stessa all’interno della quale aveva conservato il proiettile che il più giovane gli aveva consegnato poco prima, estraendolo e portandoselo all’altezza del viso affinché entrambi potessero posarvi lo sguardo. Questa è una dichiarazione d’amore, non credere che non lo sappia. commentò ancora un po’ affannato ma con tono divertito e fiducioso, addirittura contento della scoperta che aveva fatto, la stessa che fino a quel momento semplicemente non era mai stata reale. Richiuse la mano imprigionando il proiettile contro il palmo appena prima di lasciarlo ricadere nella tasca della giacca che chiuse tirando su la cerniera di metallo. Battè due colpi sul tessuto nello stesso punto in cui la sfera e il proiettile facevano sollevare la stoffa e, voltandosi a dare le spalle ad Anders, prese a camminare in direzione del furgoncino rimasto con i portelloni spalancati. Si fermò davanti ai pacchi rimasti incustoditi e portò le mani ai fianchi, mordendosi il labbro inferiore, ora pensieroso sul da farsi. Direi che questa robaccia ce la portiamo lo stesso, al massimo la si vende ad un prezzo di merda. ¿Qué dices? E' il loro modo di pagare una parte del debito. propose, appena prima di interrompersi un momento e riprendere a parlare, un sussurro quasi ironico che di divertente aveva poco, lo sapevano entrambi. Ahi, non vedo l’ora di ammirare la faccia di tuo padre. aggiunse, consapevole di quanto Oskar sarebbe andato su tutte le furie nono perché non se l’aspettasse, ma proprio perché aveva calcolato che quell’incontro non avrebbe portato altro che futuri guai. Che fosse guerra aperta l’avevano saputo sia Anders che Pedro dal primo minuto di ritardo, ora restava loro solo da dirlo esplicitamente anche ad Oskar.

    Edited by ƒiordaliso - 20/2/2021, 12:15
     
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    Anders Jan Sandström

    La continua ricerca di una vita opposta alla sua lo faceva sentire stretto, sempre arrabbiato col mondo perché non poteva essere chi voleva. Dirlo a voce alta a Pedro non lo fece sentire più libero, anzi alimentò il suo desiderio di poter scegliere per se stesso e di poter dire la sua senza compromessi. Invece viveva nel tunnel del Bianconiglio, come nel racconto di Lewis, solo che lui non riusciva mai a raggiungere l’uscita, non importava quanto corresse o quanto si sforzasse, ad un certo punto trovava una svolta cieca per cui non poteva far altro che ricalcolare il percorso. Anders sapeva perfettamente che Pedro aveva ragione, lui si era adattato all’unica vita che aveva, non c’erano vite extra come nei videogiochi a cui aggrapparsi nella speranza di poter rinascere nei panni di un altro personaggio. Era tutto lì in quell’attimo in cui aveva deciso di confidare a Pedro le sue preoccupazioni per il futuro seduti su quel cofano, il presente era tutto ciò che aveva, ma non era abbastanza. Stava combattendo in silenzio una guerra che prima o poi sarebbe esplosa, non poteva raccontare i piani che avevano lui e sua sorella per migliorare la loro situazione. Volevano fare la rivoluzione, ma dovevano essere cauti, così aggiustò quella verità che disse a Pedro, che tentava di tenere a bada il proprio temperamento per Frida, ’e per non mandare all’aria il nostro piano’, ma quello rimase solo un pensiero nella sua testa.
    ”lo so, Pedro, lo so.” non distolse lo sguardo dal suo che era intenso, pareva volergli entrare dentro. Sapeva che lo capiva, che i suoi sentimenti non erano stati abbandonati al vento che soffiava sul porto, Pedro avrebbe fatto qualsiasi cosa per lenire il suo dolore, i suoi occhi parlavano per lui. ”Grazie.” aggiunse quando gli disse che non si sarebbe mai liberato di lui, in un altro momento avrebbe alzato gli occhi al cielo e lo avrebbe deriso, anzi si sarebbe alzato in piedi e se ne sarebbe andato via per non far vedere che in realtà non gli dava così fastidio quella dimostrazione d’affetto. Non mosse un muscolo, rimase seduto sul cofano con le braccia incrociate, lasciando che le mani di Pedro si spostassero dalla sua spalla al braccio per un paio di pacche che lasciavano nell’atmosfera l’odore del conforto.
    L’arrivo del camioncino della MANDALS PAPIRINDUSTRI AS interruppe la loro conversazione, ma non recise il filo invisibile del legame che si era creato tra di loro. Entrambi si avvicinarono chiedendo di vedere la merce per procedura, Oskar era l’uomo più malfidato del mondo, non concludeva mai i suoi affari senza aver prima visto la mercanzia, per questo mandava sempre qualcuno dei suoi a controllare che non ci fossero inganni di mezzo. Anders e Pedro testarono la mercanzia, odore e sapore non corrispondevano alle promesse di cocaina pura che Eskil aveva fatto ad Oskar. Ovviamente questo non poteva che portarli in due direzioni: un risarcimento economico oppure uno scontro con armi da fuoco. La seconda opzione fu quella che scelsero Hank e il suo compare, Anders sfoderò immediatamente la sua pistola, ma anche i loro avversarsi fecero lo stesso. Per evitare di essere colpito e di lasciare lo stesso foro da proiettile nella pelle di Frida a chilometri di distanza usò un fumogeno per temporeggiare, così da poter trovare riparo per se’ e per Pedro dietro una torre di casse impilate alla loro destra, erano abbastanza larghe per coprire entrambi. In effetti aveva ragione l’argentino, neanche il tempo di una conversazione civile, forse era stato un po’ avventato ad utilizzare quello stratagemma, ma non doveva difendere solo se stesso quella sera. I passi di Hank e del suo compare con la divisa rubata si facevano sempre più vicini, il loro ritmo era molto più lento di quello del suo cuore che martellava di riverbero anche dentro le orecchie. Prima di uscire allo scoperto infilò dentro la tasca di Pedro un fumogeno e uno dei suoi proiettili contenenti veleno che si era fabbricato da solo, ”è il mio miglior pregio, perché non mostrarlo anche a loro.”
    Si allontanò di un paio di passi, staccarsi dal calore della schiena di Pedro gli diede una stretta allo stomaco, si sporse rimanendo ancora parzialmente coperto. Analizzò con lo sguardo la possibilità per il suo prossimo spostamento, alla sua sinistra c’era una grande cassa rettangolare avvolta da un’aggrovigliata rete da pesca. Decise di usare un diversivo, sollevò la pistola in aria e sparò un colpo alla notte, poi fece una scivolata per raggiungere la cassa. Spuntò fuori il necessario per prendere la mira al ginocchio di Hank e frantumargli la rotula con un proiettile. Lo sentì grugnire di dolore, si sdraiò appoggiandosi sulla propria spalla per mirare al petto del suo obiettivo, ma l’uomo non si fece fermare dal suo colpo, sparò con mano malferma verso di lui. Con una capriola si raggomitolò dietro la cassa avvolta dalla rete. Si alzò in piedi di scatto e premette il grilletto velocemente, il proiettile raggiunse la gola di Hank che incassò e cadde a terra. Anders gli andò incontro, si fermò accanto all’uomo che tossiva sangue, una parte di lui provò pietà per quel tipo, l’altra sapeva quale era il suo dovere. Deglutì la saliva a fatica, la sua coscienza ci aveva messo il carico, un sospiro e poi fece partire il colpo diretto alla sua fronte ponendo fine alle sue sofferenze.
    La notte era satura di polvere da sparo, Anders si lasciò alle spalle il cadavere di un uomo per dirigersi verso un altro ancora vivo, il lancio dei dadi della sorte aveva scelto di lasciare in piedi loro due. Si passò il dorso sulla fronte per ripulirsi dal sudore, quando l’abbassò notò una macchia rossa sulla sua pelle, portava su di se’ la scia dell’uomo a cui aveva tolto la vita. Prima di perdersi in elucubrazioni su quanto accaduto, i suoi occhi cupi incontrarono quelli di Pedro e il suo sorriso compiaciuto. ”Hey, Anders Sandström! Questa è una dichiarazione d’amore, non credere che non lo sappia.” lo vide stringere tra le dita il proiettile che prima gli aveva messo in tasca seguendo l’istinto nel caso in cui le cose si fossero messe male. Roteò gli occhi in aria per risposta, ”non ti montare la testa, Diaz, è pur sempre una dichiarazione all’arsenico.” gli sfuggì un mezzo sorriso, i denti in bella vista lo facevano sentire nudo, era una sensazione imbarazzante che cacciò via con il sarcasmo pungente. Si affiancò a Pedro nel guardare il carico di droga scadente, anche se quella non era l’unica cosa di cui si dovevano occupare prima di andare via. ”Sì, portiamola via lo stesso, sarebbe uno spreco gettarla in mare.” incrociò le braccia al petto sentendo la giacca nera tirare sulla muscolatura. ”l’altra parte del debito dobbiamo ripulirla noi.” l’ironia nell’aria era marcia come l’odore di Hank di lì a qualche ora. Anders sospirò al commento di Pedro su suo padre, ”io invece farei volentieri a meno di vederla.” afferrò con entrambe le mani una delle scatole marchiate MANDALS PAPIRINDUSTRI AS per portarla vicino al loro camioncino, poi tornò indietro per prendere le altre. ”ci si abitua mai al sangue sulla coscienza, Pedro?” si fermò a metà strada proprio accanto a lui mentre entrambi facevano il terzo viaggio con le scatole piene, soffermò le iridi in quelle dell’argentino pensando che il vero lavoro sporco li aspettava alla fine del loro furgoncino pieno di cocaina. Lasciò andare il carico nel vano posteriore con un tonfo, s’infilò dentro per arrivare alla scatola più in fondo dove c’era il pacco di cocaina che avevano aperto prima, ne prese una manciata come se fosse farina e la ripose dentro un piccolo sacchetto vuoto che portava sempre con se’ per i proiettili al veleno. Uscì fuori e non disse una parola, ripose la cocaina nella tasca della propria giacca, se fossero sopravvissuti agli attacchi d’ira di Oskar avrebbero potuto condividere un po’ di felicità in polvere più tardi. In silenzio si avviò verso il primo cadavere, si fece il segno della croce per ripulirsi l’anima e la coscienza, anche se sapeva che era completamente inutile. Attese Pedro al suo fianco con un’espressione stanca sul viso, certi fardelli in due erano più tollerabili.

    Edited by Aruna Divya - 25/3/2022, 15:29
     
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