I tried to pick my battles 'til the battle picked me

Theo ft. Debbie | Woods | 06.01.2021

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    Theodore Ethan Howard | '83 | Violinist, B-6D| sheet
    Aveva fissato la sveglia la notte prima, puntata alle cinque di mattina. Gli era bastato stilare un elenco di cose da ricordare, nonostante fosse l'ennesima volta che si recava a fare trekking, era pignolo in merito a quanto desiderasse essere organizzato con i suoi tempi. Una ferrea, rigida, militare tabella di marcia. Solo che non annotava più nulla lui, faceva tutto Alexa. Perciò elencate la serie di cose da non tralasciare prima di recarsi fuori da casa aveva preparato lo zaino e ripassato mentalmente l'equipaggiamento. Giacca antivento. Torcia elettrica. GPS o Bussola e mappa. Caricabatterie portatile. Fiammiferi. Riserva d’acqua. A quanto pareva quello che la sua nuova memoria ricordava nulla poteva volere con la forza dell'abitudine. Era rincuorante pensare di aver acquisito una memoria artificiale, infallibile quanto quella digitale che aveva agognato avere quando studiava calcolo all'università, ma non gli andava bene pensare di non dover passare il tempo a segnarsi quello che era necessario prendere per la sua giornata. Il tacito patto esistente tra lui e Debbie consisteva in quei casi di scambiarsi la loro lista di cose da ricordare, anche se la ragazza era organizzata quanto lui, era un doppio memento a quello che entrambi dovessero fare e preparare al giorno prima delle loro giornate di allenamento. K-way, Kit di pronto soccorso, Cordino, Coltello a serramanico, Cibo e kit per la cucina, per loro e per Argo. Completò l'elenco e lo condivise al contatto telefonico della sua Debbie. Preparò lo zaino la sera prima, dormendo uno strano sonno senza veglia e senza pensieri, e si svegliò puntuale alle cinque.
    Non erano sprovveduti qualsiasi, sapevano il fatto loro in materia di attività motorie. Si sarebbero spinti nel bosco limitrofo Besaid, ai pendici della montagna appena fuori città. Qualsiasi appassionato di trekking sapeva che non aveva scelta: voler farlo, soprattutto in Norvegia, significava svegliarsi prestissimo. Prima ci andavano, più tempo avevano per provare a risalire le pendici della bassa montagna, e tornare prima che facesse buio. Era comunque un'arrampicata per stomaci robusti, nonostante non avessero certo intenzione di scalare un monte in pieno inverno ma solo risalire appena la pendenza per trecento metri. Si preparò in mezz'ora, spendendo poi un quarto d'ora per preparare Argo alla camminata. Era praticamente un cane da montagna. Aveva la giusta stazza, il pelo folto, e una resistenza tale da poter superare lui e Debbie in capacità di scalata. Passò un pò di tempo ad abituarlo al voler uscire, cosa che improvvisamente sembrava non stargli bene, non per quella mattina. « Dai Argo, su, andiamo. » Si ritrovò a borbottare, sentendosi un pò sciocco. Se avesse potuto prevedere come sarebbe stata la sua vita qualche anno prima, semplicemente, non ci avrebbe mai creduto. Uscì fuori dalla porta di casa, nel vialetto della sua abitazione. Sarebbero passate ancora tre ore prima che potesse sorgere il sole: la luna era ancora a metà altezza in cielo, illuminava tiepidamente il paesaggio attorno a lui, colorando in maniera spettrale, inconsapevole, il cotto dei ciottoli, il prato completamente imbiancato di neve, e i cristalli di ghiaccio sui rami degli alberi spogli. Avanzò un piede dopo l'altro lungo il percorso fino a superare il recinto della villetta, preceduto da Argo che nel frattempo aveva deciso di giocare nella neve depositata sul vialetto. La neve era intatta e soffice, si apriva sotto ai suoi passi, rompendo il silenzio circostante con il loro tonfo ovattato. Richiamò Argo a sé con un fischio, ma non fu abbastanza. Allora si chinò a prendere una manciata di neve con le mani ben protette dai guanti termici, componendo una forma simile a quella di una palla, facendola rotolare tra le mani, una o due volte, prima di lanciargliela addosso. Rise, e Argo squarciò definitivamente il silenzio attorno a loro con un poderoso ringhio, tutto sommato felice. Corse incontro al padrone, che finì di farlo accomodare sul sedile posteriore della sua auto, dopo aver abbassato i sedili e aver coperto tutto con una coperta lasciata lì per l'uso che oramai il cane riconosceva come di sua proprietà. Si infilò al sedile alla guida, ringraziando mentalmente che lo spazzaneve fosse già passato ed avesse pulito la strada di fronte a sé. Tolse guanti e cappello e accese macchina e riscaldamento. Aveva comprato una macchina che potesse utilizzare a Besaid che fosse abbastanza alta, compatta e in grado di poter andare ovunque, affrontare dislivelli, neve e ghiaccio, senza grattacapi. Erano finiti i tempi in cui poteva andare in Bentley con l'autista. Era molto più felice di essere tornato a guidare una BMW X2 e di poter dare meno nell'occhio, senza dover considerare tutti i giorni spostamenti accompagnati. Si mise alla guida, dopo aver acceso l'auto, in direzione della casa di Debbie. Lui aveva scelto per mille ragioni comode di abitare in una villetta nella periferia di Besaid, prima tra tutte mimetizzarsi quanto poteva in un quartiere residenziale, e poi per avere un giardino e una casa grande dove Argo fosse felice di trascorrere il suo tempo quando non lo poteva portare sempre in giro con sé. Debbie abitava a dieci minuti di auto lontana da lui, la sua abitazione si trovava a metà strada tra la periferia e il centro cittadino. La strada era deserta e pulita, Theo procedette a velocità moderata perché la scarsa illuminazione imponeva lui di stare allerta che qualche animale selvatico - o peggio, qualche persona - non sbucasse fuori da una strada lungo il percorso senza che lui potesse avere il tempo di frenare. Aveva percorso quella strada tantissime volte, da quando conosceva Debbie, e la strada, ovviamente, la conosceva a memoria. Ogni vicolo, ogni casetta lungo il percorso, ogni svolta e ogni lampione era esattamente dove lui ricordava che fosse. Così inutile a dirsi non doveva impostare il navigatore mai, se non per percorrere nuovi tragitti. Ma era difficile che gli capitasse di recarsi in un posto che non conoscesse e di cui non aveva memoria storica, non gli succedeva da molto tempo. Dopo qualche guaito impaziente di Argo e qualche sbuffo del padrone arrivarono di fronte casa. Erano esattamente le sei, orario previsto per il suo arrivo e comunicato a Debbie quando avevano preso accordi il giorno prima. Perciò non le mandò un messaggio, sapeva che lei era lì dietro la finestra del suo appartamento a sbirciare dal vetro in attesa di veder far capolino lungo il viale alberato la BMW blu elettrico. Fece scattare gli abbaglianti un paio di volte per darle il segnale di essere proprio lì. Lo fece ridere un pò il pensiero che si incontrassero sempre nei modi più assurdi ed agli orari più improbabili. Qualcuno che non li conosceva abbastanza avrebbe sicuramente pensato che fossero amanti, cosa vagamente avanzata come ipotesi più volte da Mads e Dean quando li aveva incontrati in giro con lei, oppure che fossero spie - e questo ovviamente aveva risvolti interessanti in merito a spiegazioni che lui doveva dare a Dean e che provava a dare anche a Charlotte quando saltava fuori l'argomento professione. Lei che ci aveva visto lungo continuava a non convincersi che suonasse e basta, come se preferisse trastullarsi nel suo tempo libero a giocare con Argo e a passare il tempo a passeggio tra i fiordi. Tra le due opzioni era parecchio amareggiato che Charlotte non fosse minimamente gelosa di quanto tempo passasse con Debbie: era riuscita a leggere nel suo cuore, oltre che il potere della sua mente, che non fosse possibile per Theo avere i piedi in più scarpe. In sostanza, doveva fare i conti con questo, era più geloso Dean quando passava il tempo a scalare montagne con Debbie o Mads quando andavano in giro a far compere per attrezzature sportive, sempre con Debbie, di quanto Charlie lo fosse che non passasse il tempo con lei. Poteva guaire frustrato assieme ad Argo anche lui, non avrebbe cambiato l'ordine delle cose, sicuramente non per quella mattina.
    Si voltò dopo aver sentito uno scricchiolio indistinto, vedendo avanzare una Debbie imbacuccata nell'attrezzatura da montagna sulla sua destra, oltre il finestrino del passeggero. Uscì fuori dalla macchina anche lui, con approvazione sentita di Argo che si mise a scalpitare pensando che fosse anche il suo turno di camminare, per aiutare la sua amica a caricare lo zaino nel bagagliaio. Non ci poteva fare niente che fosse l'unica donna in grado di capire lui, e anche il suo bisogno di avventure fuori porta, anche perché nessuno a parte Mads e Freya avevano la forza necessaria per stargli dietro in scalate, ronde, e battute di arresto. « Ciao Debbie. Dammi qui, e scusa se Argo ti salterà addosso ma oggi è irrequieto. Come quasi sempre. » Sentenziò ridendo, aspettando che l'amica gli passasse zaino da caricare assieme sul retro, sapendo che se avessero alzato il portellone il cane avrebbe finito per farle le feste.

    Edited by wanderer. - 6/1/2021, 18:56
     
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    Erano state delle giornate frenetiche quelle che si era lasciata alle spalle, eppure non era mai riuscita a concentrarsi davvero su quello che stava accadendo attorno a lei, sul suo lavoro. La sua mente continuava a viaggiare lontano, ad attardarsi su ricordi freschi, perfettamente vividi nella sua memoria. Non erano trascorse molte settimane da quando aveva deciso di dare un taglio netto alla sua relazione con Taylor, pensando così di fare qualcosa di buono per lui, di tenerlo al sicuro. Le persone che li avevano raggiunti e che avrebbero potuti ferirli quel giorno non si sarebbero certamente fermati solo alla prima minaccia e Deborah non poteva accettare che Taylor potesse andarci di mezzo per questioni a cui lei aveva dato origine. Sapeva che quell’avvertimento voleva dire che era vicina, che stava scavando nella giusta direzione, ma se lei era disposta a rimetterci per la vita per raggiungere la verità, questo non voleva dire che fosse disposta a mettere in pericolo anche coloro a cui teneva. Era molto meglio tagliare i ponti quindi, fare in modo che non li vedessero più insieme così che, chiunque fossero quei criminali, non pensassero di poterlo usare contro di lei. Faceva male però dopo quei mesi felici trascorsi insieme, sapere di doversi gettare tutto alle spalle. Prima di lui nessuna delle sue relazioni era mai stata così importante. Ci aveva provato, finendo ogni volta con il restare distante, non riusciva ad aprirsi del tutto con le persone che frequentava, ad abbattere quella barriera di vetro che si era costruita attorno sin da bambina. Portava i guanti per non toccare le persone, per non leggere dentro di loro e si circondava di muri invisibili perché gli altri non potessero raggiungerla, non davvero. Erano in pochi quelli a cui aveva permesso di scorgere oltre, come i suoi fratelli, Mia, Taylor e Theo. Aveva pochi rapporti davvero importanti e faceva il possibile per mantenerli intatti, anche se l’istinto era sempre quello di fuggire, di chiudersi in se stessa e affrontare tutto da sola, come aveva sempre fatto. La morte dei suoi genitori, quando era ancora una ragazzina, l’aveva cambiata, senza che lei neppure se ne rendesse conto. Aveva chiuso la porta della sua camera, mettendo quella prima barriera tra lei e i suoi fratelli e, sebbene l’avesse socchiusa negli anni, non era mai riuscita a spalancarla.
    Non riuscendo a trattenere quei pensieri all’interno della sua mente però aveva finito con lo scrivere a Theo, per proporgli una di quelle passeggiate a modo loro, all’alba, tra i sentieri sperduti della zona montana di Besaid. Era in pochi gli amici che avrebbero accettato un’offerta come quella, che prevedeva un’alzataccia, tanto freddo e tanta fatica, ma lui non si era mai tirato indietro e forse era per questo che a Debbie piaceva tanto trascorrere del tempo in sua compagnia. Si conoscevano da pochi anni eppure per lei era come se fossero amici da una vita. Come da tradizione, la sera precedente si erano inviati le rispettive liste di cose importantissime, da non dimenticare e lui le aveva ricordato una o due cose che le erano sfuggite. Era incredibile come lui riuscisse sempre a tenere a mente ogni cosa grazie alla sua particolarità, a tratti lo invidiava, altre volte invece pensava che certe cose fosse meglio dimenticarle, piuttosto che tenere tutti i ricordi, senza potersene liberare mai. La memoria poteva essere una grande alleata, ma anche un terribile nemico quando si trattava di riportare alla mente momenti difficili o sensazioni che chiunque avrebbe voluto mettere in un cassetto ben lontano dalla superficie, da non riaprire più. Aveva riempito il suo zaino con cura, stando attenta a non dimenticare nulla e aveva preparato tutti i vestiti per il giorno dopo su una sedia in modo tale da calibrare l’orario perfetto per la sveglia. Cercava sempre di essere perfettamente puntuale, dato che Theo non l’aveva mai fatta aspettare e ci teneva quindi a mantenere sempre le stesse abitudini. Era un po’ come sentirsi a casa, sapere di avere quei pochi punti fissi da rispettare e da non perdere mai di vista. La aiutavano a mantenersi concentrata, ad evadere da quei pensieri che l’avrebbero soltanto trascinata a fondo.
    Si era alzata con perfetta puntualità, aveva fatto una doccia veloce e una colazione abbondante, per non arrivare affamata ai primi metri della loro escursione e aveva lasciato una buona quantità di cibo a Muffin, perché non soffrisse troppo della sua assenza. Sarebbe stata una lunga giornata, ma non vede l’ora di iniziarla. Fece giusto in tempo a rimettere a posto la scatola contenendo il cibo di Muffin prima di notare un movimento fuori dalla finestra. Si affacciò, notando l’auto di Theo che si accostava vicino al marciapiede per poi farle un segnale con gli abbaglianti, e sorrise. Puntuale come sempre. Si infilò il giaccone pesante, rivolse qualche leggera coccola al suo gatto e poi, messo lo zaino in spalla, si chiuse la porta alle spalle, affrettando il passo per raggiungere l’amico quanto prima. I pensieri spiacevoli sembravano essere già volati via mentre si lasciava la sua abitazione alle spalle, con un sorriso felice sulle labbra. Si strinse appena nelle spalle quando il vento freddo le sferzò il viso, irrigidendo i suoi muscoli in maniera involontaria. Era sempre problematico passare dal tepore degli ambienti interi al freddo di quelle prime ore del giorno, ma bastavano pochi minuti per farci l’abitudine e iniziare ad ambientarsi. Ad ogni modo avrebbero dovuto guidare per una buona mezz’ora prima di giungere alla loro meta e c’era quindi persino la possibilità che la temperatura si sollevasse di uno o massimo due gradi nel tempo, ma avrebbero dovuto aspettare l’ora di pranzo per poter godere delle ore più calde della giornata, sperando di aver già raggiunto la fine della loro escursione, così da poter mangiare con un tiepido sole a far loro compagnia. Theo scese preso dalla macchina, intercettandola poco prima che raggiungesse il cofano dell’auto per darle una mano a mettere a posto il suo bagaglio. Notò Argo al suo interno iniziare ad agitarsi, come se non vedesse l’ora di uscire a iniziare la loro lunga passeggiata. -Buongiorno! - rispose lei, con un sorriso raggiante, dopo il saluto di lui che si offrì di aiutarla e la avvisò di tenersi pronta per un Argo piuttosto irrequieto. -Oh quindi oggi ha voglia di giocare. - mormorò, mentre sfilava lo zaino dalle sue spalle e lo lasciava all’amico, che si preparava ad aprire il portellone. Lei si mise al centro, dietro di esso, pronta a parare il cane che, non appena vide un giusto spiraglio, si lanciò verso di lei. Dovette puntare bene i piedi per non finire a terra, con quel grosso bestione che cercava di leccarle la faccia. -Ma chi è il mio cucciolone preferito? Si, esatto, sei proprio tu! - disse, mentre cercava di schivare la lingua del cane e rideva, accarezzando appena il suo dorso con le mani. Pesava parecchio per essere una palla di pelo.
    Cercò di riportarlo all’interno del portabagagli, anche se Argo sembrava più intenzionato a stare tra le sue braccia che all’interno del veicolo, quindi dovette farsi aiutare da Theo. -Andiamo cucciolone, o arriveremo tardi! - gli disse, sperando di convincerlo, anche se in effetti dubitava che potesse comprenderla. Dopo qualche minuto di tentativi finalmente riuscirono a richiudere il portellone e a prendere posto all’interno del veicolo, per dare inizio alla loro giornata insieme. I vicini probabilmente avrebbero avuto da ridire sul fatto che avevano fatto un po’ di chiasso così presto, ma avrebbe trovato il modo di farsi perdonare. Sfregò le mani guantate l’una contro l’altra, mentre l’altro iniziava a partire e si voltò verso la radio, cercando di capire quale sarebbe stato il sottofondo musicale del giorno. -Bene, che cosa propone il tuo fornitissimo repertorio per oggi? - domandò, mentre finiva di leggere il titolo della canzone che era partita poco tempo prima. -Scusami per il poco preavviso ma avevo davvero bisogno di prendermi una pausa dalla città. - ammise, mentre si accomodava meglio sul sedile, per poi spostare lo sguardo verso l’esterno, ad ammirare il paesaggio scorrere attorno a lei. -E’ più o meno da un secolo che non ci vediamo quindi.. qualcosa di interessante da raccontarmi? - domandò, spostando la sua attenzione su di lui e sfoderando un nuovo sorriso, dopo qualche breve momento di silenzio. Era evidente dai suoi modi leggermente meno naturali del solito che c’era qualcosa che le frullava per la testa, che non era la solita Debbie, ma visto che gli aveva accennato della sua rottura con Taylor era probabilmente che Theo ne capisse il motivo senza neppure bisogno di chiedere. -Non vedo l’ora che sia primavera! Così non saremo costretti ad andare e tornare in giornata! - borbottò poi, con uno sbuffo contrariato. D’inverno era meglio non trascorrere la notte fuori, nonostante le tende e le coperte. La neve rendeva tutto più pericoloso e complicato. Con un clima più mite invece, con le dovute accortezze, erano riusciti a trascorrere un intero fine settimana in giro per boschi o piccole alture e non vedeva l’ora di poter ripetere l’esperienza.
     
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    Come volevasi dimostrare, Argo non si limitò solo a scalpitare un pò per l'arrivo dell'amica del padrone. Cominciò a smuovere l'auto con poderose zampate assestate a casaccio nello spazio che aveva a disposizione dove si trovava sul retro dell'abitacolo, e poi cominiciò a guaire finché la portiera del bagagliaio non venne portata direttamente su, un aspettatissimo varco creato dal nulla in cui lui si fiondò di peso senza ovviamente considerare null'altro che non fosse finire direttamente riverso su Deborah. « Meno male che non ti ha steso. » Rise Theo, cercando di trattenere il più possibile, con scarso rendimento, una risata sincera, in modo da non svegliare proprio tutto il vicinato. Sicuramente metà delle persone degli appartamenti vicini a quello di Debbie erano già dietro le finestre delle loro case, pronti a controllare cosa stesse accadendo appena fuori dal vialetto che si affacciava sull'esterno. Posizionò lo zaino sistemandolo legato stretto al suo in una postazione stabile e sicura affinché Argo non fosse in grado di aprirli e rovistarci dentro, magari forando uno dei teli dei K-way o ferendosi con il coltello posto sul lato. Una volta completata l'operazione tornò da Debbie, e la osservò fare le coccole al suo cane. Sapeva che era stato un mese difficile da affrontare per lei. Gli aveva detto due settimane prima che aveva portato a termine la relazione con Taylor: Debbie non era il tipo di persona da fare scenate, o da avere prese di posizione, lasciarsi andare a momenti completamente vuoti non rientrava nella sua lista di cose da fare dopo aver concluso una storia, seppur importante. Conoscendola, doveva aver confluito tutti i suoi pensieri nel lavoro, evitando di ascoltare le sensazioni che il suo cuore voleva gridarle contro. Il fatto che avesse incluso Theo nella sua vita personale raccontandogli cosa fosse successo era normale perché quelle attenzioni erano dirette a lui, perché si raccontavano davvero qualsiasi cosa senza badare a prendersi mai troppo sul serio. Non era mai accaduto che entrambi si mostrassero schivi e non potessero scherzare di qualsiasi cosa, per quanto una ferita potesse fare male. Era un pò come se volessero guardare nella stessa direzione: più erano leggeri, meno risultavano superficiali. Quante altre persone conosceva Theo che potevano annoverarsi in quello schema? « Povero Mr. Muffin. Se solo sapesse. Magari ci vede da casa. » Si voltò a salutare con la mano in maniera teatrale il gatto che aveva citato, salutando un immaginario, ma neanche tanto, Muffin geloso delle carezze della padrona verso il suo cane, guardando con un guizzo ai margini del suo campo visivo, un movimento veloce di una tenda che si chiudeva e si riapriva in maniera distrattamente convulsa, all'altezza del terzo piano dell'appartamento del palazzo proprio accanto a quello di Debbie. « Mi sa che ho salutato qualcuno. Li conosci lì al terzo piano? Qualcuno da presentarmi? » Mormorò, accompagnando la sua frase con un gesto inequivocabile, portando entrambe le mani ai lati del giaccone chiudendone i lembi, e stirandoli giù come se stesse stirando meglio i bordi di un completo. Risero assieme, con un Argo ingestibile che girava attorno a loro, pronto ad un altro affondo. Guardò Debbie divertirsi a ricacciare all'interno del veicolo il cane, preoccupandosi di leggere nella sua espressione qualche ombra di tristezza. Era l'impegno del giorno di Theo: aiutarla a distrarsi con una passeggiata impegnativa tra i monti. Dopo qualche sforzo riuscirono a completare il compito, e forse Argo era riuscito a calmarsi sul serio dalle richieste dell'amica. Una volta finita l'impresa Theo ritornò alla guida e Debbie accanto a lui. « Diventa più grande ogni volta che lo guardo. » Gettò un'occhiata preoccupante al suo Argo dietro di loro, quasi come se potesse sentirlo, intenderlo e preoccuparsi del suo destino, prima di accendere il motore e procedere lungo la loro direzione. Debbie frizionò le mani una contro l'altra, e lui si premurò di portare la temperatura del riscaldamento un pò più in alto, senza esagerare perché il contrasto termico poi all'uscita dall'automobile non fosse troppo forte.
    -Bene, che cosa propone il tuo fornitissimo repertorio per oggi?- Annuì, sorridendole, gli angoli delle labbra all'insù. « Allora, tu sai che fuori dal mio campo sono bravo, ma non me ne intenda così tanto. » Cominciò, dando un occhio alla strada e poi voltandosi un pò verso di lei. Per quel giorno non avrebbero ascoltato musica classica. A Theo piaceva tanto istruire i suoi amici su composizioni poco ascoltate o sconosciute alla maggior parte del pubblico, ma per quel giorno avevano bisogno di farsi una risata, non di piangere o riflettere troppo su altro. « Ci ho pensato ieri, volevo scegliere qualche pezzo adatto ad oggi. Perciò... » Sorrise, porgendole il suo iphone integrato al profilo dell'automobile. Sullo schermo Debbie poteva visualizzare la playlist creata sullo Spotify di Theo, con una serie di canzoni tutte dedicate al momento che l'amica gli aveva chiesto di ritagliarsi per lui. La playlist citava solo 'Hiking' e Theo se ne rammaricò un pò perché solitamente faceva più attenzione ai nomi da dare alle composizioni, ma per quella raccolta, quella volta, Debbie l'avrebbe perdonato. Aveva selezionato titoli e testi che avessero vagamente o in pieno, a che fare con il loro percorso. Perciò Debbie avrebbe scorso una serie di nomi di pezzi che sembravano esser fatti esattamente su misura per accompagnarli lungo i fianchi della montagna: These Boots Are Made For Walkin', I'm Gonna Be (500 Miles), Walk On The Wild Side, I've Been Everywhere, Up Around The Bend, Take Me Home Country Road, Walk This Way, Mountains, Landslide e qualche altro titolo decisamente buffo che l'avrebbe aiutato a tirarla su di morale. « Si lo so che avrei potuto scegliere solo pezzi rock, ma così era più divertente. Scorri pure e scegli quella che preferisci. » Tornò serio, quando l'amica si giustificò in merito al suo poco preavviso, al fatto che fossero lì a parlare di hiking nel pieno dell'inverno. Si allungò con la mano destra a porgerle un buffetto sulla guancia, proprio sotto l'iride verde che balenò veloce a guardare Theo, risollevando lo sguardo verso di lui. Accarezzò il suo viso con il dorso della mano, un dito dopo l'altro. Era sempre stato molto fisico nelle sue manifestazioni di affetto. Sapeva tenere distanze e contegno solo se la sua vita ruotava attorno al lavoro, agli impegni, al rigore della musica classica, alle direttive dei servizi segreti. Tendeva invece a confondere gli affetti con serie infinite di abbracci e necessità di vicinanza. Quello che il suo intelletto non riusciva ad esprimere a parole, perché non era facile parlare di sentimenti per lui, non lo era mai stato, compensava così, con la necessità di regalarle una carezza rubata. In quello, per tanti motivi, uno tra tutti quanto il potere di Debbie fosse in grado di capire degli altri, loro erano molto diversi. Ma aveva cominciato a coccolare Debbie tanto tempo prima, non avrebbe pensato mai che fosse troppo spingersi a quel contatto vicino, innocente, solo per loro. L’avrebbe percepito. « Non preoccuparti. Sono sempre a tua disposizione. » Le disse, sorridendole a labbra strette. Tornò a guardare sulla strada dopo averle indicato che un pezzo più simile alle sue corde c'era davvero, indicandole Walk This Way a farsi beffa di lui e di tutto quello che aveva studiato in quegli anni sullo schermo touch dell'auto. Però era una canzone che gli era sempre piaciuta molto.
    All'interno del veicolo, nel frattempo, cominciarono ad arrivare fasci di luce timida provenienti dal sole che cominciava a sorgere. Man mano che procedevano lungo la strada le luci filtravano basse tra i rami degli alberi che oltrepassavano veloci in auto, fin su di loro, creando giochi di ombre e colori. Il paesaggio attorno si mostrava nella sua essenza più misteriosa ed insondabile: la stasi di ogni forma di vita, animale e vegetale, esausta per aver portato a termine un altro lungo ciclo. La neve era ovunque sui lati delle strade, e cominciava ad ammassarsi con più frequenza ai bordi. A Theo piaceva ricordare quelle immagini, in quello la sua memoria riusciva a fargli descrivere e riproporre in momenti successivi, i più piccoli particolari disegnati dalla natura tutta attorno. I fiocchi di neve avevano cominciato a scendere in batuffoli bianchi danzando nell’aria, adeguandosi alla superficie delle cose: in precario equilibrio sulle piccole bacche tonde e sul più sottile dei rami, o aggrappati alle fessure verticali della corteccia dei grandi tronchi.
    Debbie lo richiamò all'attenzione chiedendogli delle sue novità. Si riscosse dal guardare con attenzione il paesaggio circostante, tornando a guardarla. « Ho incontrato una persona. » Cominciò, soppesando le parole mentalmente. « Prima della fine dell'anno, al mio concerto a Bergen. E' una dottoressa al Mordersønn eh... si, non fare quella faccia, non gira tutto intorno al Mordersønn ma non è mica colpa mia se entrambe lavorano lì. » Si misero a ridere, fintanto che cominciavano a discutere dell'argomento. Per Theo sarebbe stato complicato raccontare cosa fosse successo se non stesse parlando con Debbie. Debbie sapeva della sua relazione on-off con Charlotte, sapeva che non aveva ancora capito come approcciare un discorso di qualcosa di più importante e che si stesse affezionando tanto a quella donna, perciò era una novità incredibile che dichiarasse di aver incontrato una donna per cui potesse anche solo pensare di essere interessato in un nuovo incontro. Tornò a guardarla quando scorse un velo di malizia nei suoi occhi, come se lo stesse incitando a raccontare di più e a pensare male di lui allo stesso tempo. « Era la dottoressa che aveva in carico di misurare il mio potere, la conoscevo già. E' affascinante, ma so ancora troppo poco di lei per sbilanciarmi. » Le sorrise, intercettando il suo sguardo complice. Poteva leggerle in viso che non vedeva l'ora di fargli domande sul suo conto. Già la immaginava affaticarsi a chiedergli tutto quello che pensasse di lei e cosa avessero fatto durante la serata. Eva, così preferiva farsi chiamare. Si erano sentiti ancora molto poco dopo il loro incontro, e sapeva di non dover avere fretta di conoscerla perché era una persona metodica ed indipendente, non l'avrebbe trascinata senza un motivo in una nuova serata assieme. « In primavera torneremo a dormire in tenda, e senza Argo. » Sentenziò deciso, senza nascondere altrimenti che anche lui aveva voglia di tornare a passare il tempo in primavera nelle escursioni in tenda, quando non aveva da dividersi tra B-6D, anche se Debbie non lo sapeva, e la musica. Aveva voglia di tornare a dimenticarsi del tempo che trascorreva in compagnia della sua confidente, e sì, forse anche dimenticarsi dell'impegno di Argo ogni tanto ci poteva stare per tranquillizzarlo e ricordarsi di essere un uomo adulto completamente autonomo. Ciò aveva i suoi pregi e tanti contro. Si sarebbe sicuramente dovuto ricordare di prenotare in anticipo il posto per il dogsitter solo per Argo, che occupava prepotentemente tutti gli impegni di chiunque.

    Edited by wanderer. - 24/1/2021, 08:44
     
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    Rise, anche lei, lasciando che la sua risata facesse da eco a quella di Theo quando Argo, dopo qualche peripezia, riuscì a raggiungerla per un po’ di coccole gratuite, ma sicuramente meritatissime. -E’ un degno avversario, ma non mi spezzo facilmente. - disse, rivolgendo un occhiolino all’amico, mentre continuava a sorreggere il peso dell’animale ancora per un po’, cercando di schivare i suoi tentativi di lasciarle degli amorevoli baci sul volto, per dimostrarle quanto fosse felice di vederla. Non voleva ammetterlo, ma in effetti era una stazza notevole da reggere sulle braccia. Theo nel frattempo aveva ancorato bene gli zaini, perché non viaggiassero lungo il tragitto, dando vita a rumori che li avrebbero fatti sussultare, pensando di aver preso una pietra o qualcosa del genere. Meglio viaggiare sereni, senza troppi pensieri. Si voltò indietro, osservando l’amico salutare in direzione della zona in cui si trovava il suo appartamento, scatenando un guizzo da parte degli inquilini che vivevano accanto a lei. -Nah, a Muffin non importa dove vado, l’importante è che gli procuri del cibo. Lui ama essere il re della casa. - rispose, con aria sin troppo tranquilla, per poi rivolgergli un sorriso un po’ più divertito quando l’altro le chiese chi abitava al terzo piano, vicino a lei. -Oh, l’adorabile signora Meyer. E’ un’anziana signorina sulla settantina, che fa delle torte strepitose. - iniziò, facendo una breve descrizione di quella donna, con cui aveva trascorso ormai anni della sua vita e andava anche piuttosto d’accordo. -E’ molto arzilla per la sua età. In effetti, potrebbe anche essere il tuo tipo. - continuò, fingendosi molto seria, per poi scoppiare in una risata fragorosa e cercare di riappoggiare Argo sul fondo del cofano, così che potesse rimettersi a suo agio. Si divertiva a prenderlo un po’ in giro ogni tanto, nel tentativo di scatenare un qualche tipo di reazione da parte dell’altro, che si mostrava sempre sin troppo tranquillo e posato. Impiegarono qualche minuto a convincere il cane a rimanere nella sua postazione e non tentare di raggiungerli all’interno dell’abitacolo ma alla fine riuscirono a compiere la missione. Le piacevano i cani, anche se non ne aveva mai avuto uno tutto suo, neppure quando era una bambina. Non riusciva a immaginarsi però la sua vita con uno di loro, ora che era riuscita a trovare un suo equilibrio insieme a Muffin. Era un gatto silenzioso e certi giorni preferiva starsene per i fatti suoi, senza farsi vedere, ma lei gli voleva bene, ed era certa che per lui fosse lo stesso. Anche se cercava di ignorarla quando tornava a casa, lo vedeva stare fermo sul ciglio della porta, ad osservare quello che faceva, in attesa di attirare la sua attenzione.
    -Si, credo diventerà persino più grandi di te, prima o poi. - scherzò, per cercare di smorzare la preoccupazione con cui Theo aveva proferito quelle parole riferite ad Argo. Era come se temesse per lui, come se stesse iniziando a comprendere che non sarebbero stati insieme per tutta la sua vita e quel peso lo opprimesse, prima ancora di doverci pensare davvero. Di certo non avrebbe dimenticato neppure il più piccolo dettaglio del tempo che avevano condiviso insieme. Spostò il discorso sulla musica quindi, un terreno che per l’amico era sempre stato molto più sicuro da percorrere di molti altri e annuì quando iniziò a spiegarle che ragionamenti aveva fatto prima di scegliere la playlist più idonea a quella loro giornata insieme. La sua spalla in caso di concerti era Freya ormai da anni, ma Theo sapeva sorprenderla con musica che lei non aveva mai sentito e le piaceva stare ad ascoltarlo quando ne parlava, cogliendo tutti dettagli che poteva di quel suo sapere che sembrava essere sconfinato. Prese il suo iphone, dando un’occhiata all’elenco che aveva creato su Spotify con un nome piuttosto sintetico per i suoi standard, ma non glielo fece notare. Gli lasciava sempre l’ingrato compito di occuparsi della musica, quindi quasi mai si lamentava del risultato. Era certa che, se fosse toccato a lei quell’incarico, non avrebbero certo ottenuto esiti migliori di quelli di lui. Mise la prima canzone della lista, iniziando a muoversi poi a ritmo di musica e canticchiare le parole. Un leggero sorriso si dipinse sulle sue labbra mentre al suono di quella canzone ripensava a sua madre e a tutte le volte in cui gliel’aveva fatta sentire. Era il suo modo di tirarla su di morale: accendeva lo stereo, la portava al centro del soggiorno e la faceva ballare fino a che i pensieri non sparivano. Erano strano riascoltarla di nuovo, dopo tutto quel tempo, in una situazione completamente diversa. -Scherzi? Ci sono delle perle che non ricordavo neppure esistessero. - disse, in maniera assolutamente sincera, mentre continuava a sorridere e a cantare, con una certa convinzione. Era quello il bello dei lunghi viaggi in auto: potersi mettere a ballare e a cantare come se nessuno potesse vederti, anche se eri in compagnia.
    La mano di Theo la raggiunse, sfiorandole appena la guancia, quando tentò di scusarsi per quella scampagnata un po’ improvvisata. I primi tempi sussultava sempre quando la faceva, visto che era sempre stata poco abituata al contatto fisico diretto. Lasciava che ci fossero i suoi guanti tra lei e il resto del mondo, a impedirle di scavare a fondo nella mente degli altri. Le veniva quindi difficile comprendere chi invece aveva fatto di quel genere di cose il suo tratto caratteristico, ma con Theo aveva imparato a cogliere quei gesti e a inserirli all’interno della loro routine. Era normale ormai per lei aspettarsi una piccola carezza, un abbraccio, un sorriso, e le piaceva. Sapeva di poter contare su di lui. La sua sola presenza le infondeva sicurezza, ma sentirglielo dire era comunque un’altra storia. Lei non glielo diceva spesso, ma era convinta che lui sapesse che valeva lo stesso per lei e che sarebbe sempre stata dalla sua parte, in qualunque occasione. Avrebbe avuto tante cose da dirgli, tanti consigli da chiedere, ma preferì rimandare quel discorso alla lunga salita che li attendeva, o magari a un momento di riposo dopo un po’ di fatica. Ancora non aveva fatto chiarezza nella sua mente e le veniva difficile quindi decidere come approcciare quel discorso con qualcuno che non fosse se stessa. Senza contare che era da un po’ di tempo che Theo non le raccontava delle sue uscite o delle sue nuove conoscenze ed era quindi curiosa di sapere come stessero andando avanti le sue frequentazioni. Ormai da qualche mese vedeva una tizia che a lei non aveva mai ispirato troppa fiducia, ma aveva preferito tenere per sé le sue prime impressioni e lasciare che fosse lui a decidere che cosa ne pensava e se fosse o meno la donna della sua vita. Qualche volta l’amore sbocciava quando uno meno se lo aspettava e persino lei aveva imparato a comprenderlo.
    Si fece quindi molto più attenta quando lo sentì dire di aver incontro una persona, ad un suo concerto a Bergen, ritrovandosi però al alzare gli occhi al cielo quando scoprì che anche lei lavorava al Mordersønn. Sembrava che l’amico provasse una certa attrazione per quel luogo, o meglio, per le sue dipendenti e lei non riusciva proprio a spiegarsi perché. -Sul serio? - domandò quindi, a metà tra l’incredulo e il divertito. -Non ti lasciano proprio in pace! - aggiunse poi, ridacchiando appena, facendo da eco alle risate di lui, che non aveva tardato a farle notare l’assurdità di quella faccenda. Lei era senza dubbio una delle persona meno indicate a dare giudizi sulle relazioni, visto che non era mai riuscita ad impegnarsi seriamente, ma vedeva quando c’era della chimica tra due persone e quando invece non c’era. Era divenuta un’ottima osservatrice, anche grazie al suo lavoro e vedeva che Theo non era felice quanto avrebbe voluto al fianco di Charlotte. -Beh allora scoprile queste cose. Invitala ad uscire, buttati. - disse, con un sorriso un po’ sbruffoncello sul volto, mentre ruotava il busto di novanta gradi per poterlo osservare con più attenzione. -Sappiamo entrambi che le cose con lei non vanno come vorresti, quindi credo sia il momento di capire se è il caso di partire verso porti nuovi, o se vale la pena di impuntarsi un po’ di più con lei. - continuò, con aria piuttosto decisa. Theo era una bravissima persona e non le piaceva vederlo soffrire delle pene d’amore, soprattutto per qualcuno che non sembrava meritarlo. -Rincorrere dei fantasmi è inutile e poco gratificante.- aggiunse poi, riportandosi il busto dritto e osservando il panorama di fronte a lei. Ormai erano quasi giunti a destinazione e la neve sembrava la protagonista incontrastata della natura sconfinata che li circondava. Da piccola tutto quel bianco le faceva quasi paura: temeva di perdersi, di non riuscire a ritrovare la strada.
    -Povero Argo, non credo la prenderà bene. - commentò, rivolgendo una leggera occhiata dallo specchietto verso il cofano dell’auto, dove l’animale si era messo ormai comodo. Aveva imparato a vederlo come una presenza familiare, ma capiva che doveva essere un grosso impegno badare a lui. Accostarono con l’auto in uno spiazzo pianeggiante, dove già altre due o tre vetture avevano preso posto prima di loro per iniziare una bella passeggiata. Recuperarono i loro zaini, fecero scendere Argo e iniziarono a muoversi lungo il percorso principale. -Prendiamo la diramazione che porta verso la cascata. - disse, con un sorriso, anche se quella era più una richiesta inespressa di indicarle il sentiero che li avrebbe condotti lì. Lei tendeva a fare un po’ di confusione ed era grata quindi del fatto che l’amico avesse una memoria infallibile e che sapesse essere una guida incredibile. Il silenzio calò velocemente tra di loro, mentre iniziavano a camminare, cercando di tenere il respiro regolare e di risparmiare il fiato, così da non essere costretti a fermarsi troppo in fretta. Avevano un ottimo ritmo e avevano imparato a bilanciare i loro passi per restare sempre l’uno al fianco dell’altra. Il suo sguardo si perse ad osservare alcuni alberi che sostavano tranquilli attorno a lei. Sollevò la testa per scorgerne la cima ma quando i suoi occhi incontrarono il cielo la sua mente tornò alla notte in cui Taylor l’aveva portata sulla ruota panoramica, a quel primo baco che si erano scambiati a diversi metri d’altezza. Ripuntò lo sguardo verso il basso, sulla neve soffice che aveva sporcato i suoi scarponi e un sospiro abbandonò le sue labbra. -Mi manca. - ammise, senza il bisogno di dire alcun nome. Theo avrebbe capito di chi parlava, non ci sarebbe stato il bisogno di essere più chiari. Si avvicinò un po’ di più a lui, così da poter abbassare il tono di voce. -Ricordi quello che ti ho raccontato sui miei genitori? - chiese, anche se sapeva che quella era una domanda retorica: Theo non dimenticava mai nulla. Voleva però che si focalizzasse su quella faccenda, senza il bisogno di doverne parlare. Era sempre un po’ paranoica quando si trattava di parlare di quei fatti, temeva sempre che qualcuno potesse ascoltarla. -Credo di essere vicina a capire chi sia stato, perché qualcuno ha iniziato a seguirmi. E mi ha raggiunta e minacciata quando ero insieme a lui. - disse, in un leggero sussurro, per poi sollevare lo sguardo, cercando quello sicuro e amichevole di Theo, sperando si trovare in esso il coraggio e la determinazione di cui aveva bisogno. -E’ per questo che ho tagliato i ponti. Non so cosa fare e non voglio metterlo in pericolo. - rivelò, continuando a guardarlo. Se raccontando quella storia a Mia aveva solo voluto metterla in guardia, con Theo sapeva che lui era in grado di cavarsela e tenere gli occhi ben aperti. Da lui voleva un consiglio, una via d’uscita, o forse un modo per riuscire a mettere insieme i sentimenti che provava per Taylor e la sua vita complicata.
     
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    Theodore Ethan Howard | '83 | Violinist, B-6D| sheet
    Lo sapeva che Debbie era un osso duro. Un degno avversario, come aveva detto lei. Ecco che in realtà sapeva che tirarla su di morale era un compito che aveva un ché di meticoloso in un momento particolare, ma non dubitava che fosse momentaneo e che per lei tutto sarebbe passato così come aveva affrontato episodi difficili in una vita in cui si era fatta esclusivamente da sé. Perciò non disse nulla, la guardò intenerito e rimase un pò imbambolato con le braccia conserte appoggiato all'auto, mentre la donna faceva voce ed occhi dolci al suo cane gigante.
    Il re della casa. Theo immaginò Muffin troneggiante nello spazio adibito appositamente per il gatto da Debbie, all'interno della casa, e la sua mente viaggiò veloce sui ricordi di avere una casa che fosse sua, ed il fatto che non si fosse mai sentito il padrone di nulla da nessuna parte. Non si contavano gli appartamenti e le proprietà che gli erano intestate, non bastava il fatto che avesse abitato in alcuni di essi o li avesse parzialmente sistemati, decorati e vagamente ristrutturati proprio lui o a sue spese. In qualche modo quella necessità di sentire suo un posto l'aveva lasciato ad altri. Forse la sua stanza al college universitario era la proprietà che gli era stata più cara per molto tempo, ma mai sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe potuto reclamare il diritto di chiamarla sua. C'era una grande differenza nel definire qualcosa tuo e qualcosa come sentire che ti appartiene perché ti fa sentire a casa. Se doveva attribuire il sentimento di identificare qualcuno alla sensazione di tornare a casa allora si sbagliava ugualmente: questo ragionamento faceva acqua da tutte le parti, ed era bene che non ci pensasse mai troppo a lungo. Perciò sorrise e rise con Debbie, e si limitò a pensare davvero all'immagine del gatto dell'amica, e poi il pensiero di essere il padrone di un cane ingombrante ed incurante delle cose che lo circondavano ritornò a fare capolino. « Ah, non tocchiamo questo tasto. Non avevo mai pensato che sarei arrivato a spendere così tanto per un esserino simile. » Theo lo sapeva, che forse neanche scherzando poteva pensare di approcciare l'argomento economia domestica, e mai con persone di cui non si fidasse ciecamente, o con cui non condividesse un rapporto serio basato su una fiducia estrema da entrambe le parti. Non era perché fosse mai stato lui di poche parole o mancasse di autostima da compensare casualmente racconti banali sull'essere abbienti, era molto attento perché sapeva essere un argomento sensibile per molti quando non lo era chiaramente mai stato per lui. Ma era troppo divertente in quel momento ironizzarci su, e l'aveva anche fatto riflettere non aver mai immaginato quanto un cane come Argo avrebbe richiesto oltre che tempo ed affetto anche una serie infinita di costi imprevisti e una quantità di cibo e strumentazioni varie tali da occupare un'intera stanza della casa. Già, un'intera stanza solo per Argo. « Si lo so cosa stai per dire, non so come dirgli di no » La anticipò, dando voce al suo stesso pensiero e con tutta probabilità anche al commento che avrebbe detto la ragazza di lì a poco. Non riusciva a dire di no a nessuno, figuriamoci se doveva anche economizzare l'affetto della creatura che era a tutti gli effetti diventato il suo partner in crime. « Giuro che non farò più battute sugli animali oggi, le lascio a te. » Sentenziò, ironizzando sul fatto che l'argomento di conversazione classico diventava sempre Argo quando portava il suo cane con lui. Catturava l'attenzione dei passanti per la mole e "l'effetto cucciolo" che portava inevitabilmente con sé, e Theo non aveva avuto la sensibilità di prevedere prima di adottarlo cosa ne sarebbe stato delle sue passeggiate a Besaid, soprattutto che avrebbe riflesso l'effetto catalizzatore di attenzioni anche su di lui.
    L'argomento di conversazione si spostò sulla vicina che aveva salutato, e Theo mostrò un'espressione complice a Debbie, storcendo le labbra come ad approvare ampiamente la sua scelta e di ricambiare i gusti descritti da lei. « Molto probabilmente lo è. Ma nel caso facciamole pensare che sia l'ennesimo spasimante ai tuoi piedi, non si sa mai sia troppo gelosa da portarti torte cattive. » Se Debbie voleva scuoterlo, l'aveva attirato a sé nell'argomento nel modo giusto. Si avvicinò nel vano tentativo di farle il solletico sul torace, ma poi entrambi vestiti come erano con i loro doppi strati di tessuto tecnico si rese conto che avrebbe potuto solo tirarla su di peso per infastidirla - e non sarebbe stato così facile se si fosse dimenata, né avrebbe fatto una bella impressione di fronte al vicinato -. « Ho capito, ritento al ritorno. » Risero, accantonando la discussione nel frattempo che riuscirono a far salire Argo in auto e a cominciare la loro avventura mattutina.
    Il tempo in auto continuò a viaggiare e trascorrere con loro mano a mano che le canzoni sulla playlist cominciavano a scorrere e Theo si ritrovò a canticchiare diverse di quelle canzoni senza ricordare davvero che in qualche modo doveva averle conosciute ancora prima di poter essere in grado di ricordare tutto ad occhi chiusi, e lo fece un pò ridere e un pò cullare sulle ali di ricordi confusi, cantare assieme a Debbie canzoni dai testi che non pensava di sapere così bene. Era sembrata una mezza sorpresa - mezza perché era lui l'incaricato ufficiale delle playlist, perciò non era affatto una sorpresa - ma per la funzione di svolgere l'inaspettato aveva giocato la sua carta nella maniera più giusta. Scrutò Debbie ogni tanto, gli occhi e la fronte corrugati per guidare e guardare nella sua direzione, per annotare le sue espressioni spensierate in un elenco invisibile di reazioni ben riuscite. « Bene, anche questa selezione ha passato il test. » Quando arrivarono ad ascoltare Landslide sulla sua playlist alzò la mano destra in segno di scuse, e bofonchiò qualcosa che suonava un pò come un'ammissione di colpa e un pò come un gesto che voleva rendere la degna importanza al titolo. « E' uno dei miei preferiti. Ma è il pezzo meno rock dei Fleetwood Mac. » Aggiunse, giustificando in quel modo la presenza della ballata di un gruppo rock ed un pezzo riuscitissimo per il suo tempo, ascoltando le parole che la musica tirava fuori dal testo del brano tramite gli stereo dell'auto come se fosse la prima volta. Well, I've been afraid of changin', 'cause I've built my life around you. Speranza e terrore assieme, la frana per indicare un momento di distruzione, e la rinascita di qualcosa definitivo dopo di essa. if you see my reflection in the snow-covered hills, well, the landslide bring it down. Se non le avesse già sentite avrebbe potuto giurare di averle scritte lui stesso, in un'altra vita, un momento lontano. Però la riflessione serviva a poco a loro quel giorno, avevano bisogno entrambi di stancarsi e non pensare tanto a quello che lasciavano dietro l'altro lato della montagna.
    Il loro momento solo per loro passò via, e lasciò il posto all'argomento donne. Non si era mai stupito di poterne parlare chiaramente senza filtri con Debbie, ma era incuriosito dal fatto che forse non avesse mai trovato quello stesso stimolo di conversazione prima di allora, anche se con buona probabilità ciò era stato dovuto al fatto che la presenza di una donna in particolare aveva colonizzato qualsiasi possibile sentimento e occhio da porre verso qualsiasi cosa e persona che non fosse lei, al tempo. Emise un lamento, che fu interpretato da Argo come un momento in cui poteva essere autorizzato ad abbaiare in risposta, e stavolta bastò un'occhiataccia di Theodore perché fu rimesso al suo posto, con il muso steso sul sedile posteriore non più visibile dallo specchietto retrovisore. « Ho un problema con le donne del business. E del settore. A mia discolpa posso anche dire che i quaranta piani dell'edificio sono stati riempiti a dovere, metà della popolazione che incontro fa parte del giro. » Theo rise, chiaramente a suo agio, senza imbarazzo. Percepì la sensazione delle mani che stringevano il volante mentre le ruote dell'auto cominciavano a trattenere l'attrazione diversamente, lasciando la strada sull'asfalto verso il selciato innevato. « Ho esagerato un pò. » Si girò a guardarla mentre le raccontava parte della situazione che si era svolta ed aveva portato il loro scontro in una direzione particolare. Debbie aveva un'espressione indecifrabile dipinta in viso che sembrava protendere tra la risata e un'imprecazione per la suspence che Theo aveva involontariamente conciliato insieme. « Potrei aver giocato la carta del cucino per te in un posto qualsiasi al primo incontro. » Raccontò a Debbie come si era avvicendato il tutto, il fatto che Eva fosse al concerto con suo fratello per assistere all'esibizione di un suo amico, che si fossero persi nella fiumana di gente fuori dalle porte a fine evento, e che dato che avrebbero mangiato volentieri qualcosa in ogni caso Theo aveva optato per portarla alla cucina dello chef più in vista di Bergen che conosceva bene, e con l'orario di chiusura della cucina si era proposto per cucinare assieme allo chef qualcosa inventato di sana pianta solo per loro. Rideva, mentre le descriveva il volto composto ed esterrefatto allo stesso tempo dell'impassibile Eva, che non sapeva dove fosse capitata, e con chi. Debbie lo sapeva che Theo non si esponeva, non così in fretta, e non esattamente allo sbaraglio, esibizioni del genere le aveva riservate solo a Charlie, e stava sicuramente arrivando a fine carte da giocare con lei. Finì di ascoltarla mentre gli proponeva la sua versione dei fatti e sospirò, annuendo, anche se non sapeva se in quel momento lo stesse guardando. « Hai detto bene. E' proprio così. » Non si sentì così sconsolato nel sentirselo dire da Debbie, sapeva che voleva significare solo una cosa quel discorso: doveva guardare avanti.
    Quando Debbie gli indicò la strada da seguire tornò con la mente all'obiettivo della giornata. Imboccarono la strada che li avrebbe portati vicino alla cascata, lasciarono l'auto in una radura desolata con la neve ammassata ai lati di un pendio scosceso e lasciarono definitivamente la guida del selciato dietro di loro. Presero zaini ed il necessario, Argo tornò in testa al gruppo muovendosi lentamente, affondando i passi nei cumuli di neve, e loro si muovevano al giusto ritmo dietro di lui, appoggiandosi ai bastoni che intervallavano il loro tintinnio al pari e con la precisione dell'oscillazione di un metronomo. Avevano cominciato ad ascoltare l'eco dei loro pensieri. Il bianco ed i toni del grigio erano interrotti ogni tanto dal rosso di qualche bacca tardiva di rosa canina o dal verde di alcune infiorescenze che facevano occhiolino tra i rami appesantiti dalla neve. La neve si era appropriata del paesaggio circostante, e via via andava a coprire con il suo manto bianco tutto quello che incontrava, a perdita d'occhio, fin dove quello di Theo riusciva ad arrivare a sporgersi per guardare l'orizzonte, depositandosi fino a cancellare tracce e forme, in un continuo gioco di comparse e scomparse. Tutto sembrava sospeso, ritratto nell'istante esatto in cui il tempo sembrava volersi essere fermato, per conservare il sonno del bosco fino a primavera. A Theo sembrava di essere stato catapultato in un paesaggio da fiaba. O forse, si corresse mentalmente, di qualche ballata mitologica norrena.
    Fu Debbie a spezzare il silenzio. Theo rimase in ascolto per un pò, aspettando che finisse di aprirsi con lui, rispettò il suo momento di confidenza, la sua sensazione, prima di proseguire tra un respiro e l'altro nella loro conversazione, in cammino. Non voleva risponderle con frasi banali, come, lo so, e lo capisco. Dubitava che Debbie non sapesse quanto aveva peso per lui il senso della mancanza, era una cosa che oramai faceva parte di tutto il suo essere, ma non era quello che sentiva di poterle dire. Annuì lei, quando gli pose la domanda sui genitori. Theo era tra i pochissimi a sapere cosa fosse successo nel suo passato. « Tieni tanto a questo ragazzo. Lo sappiamo entrambi. » Cominciò, fermandosi dopo che lei aveva fatto lo stesso e si era posta vicino a lui, aspettando la reazione e la risposta dell'uomo. Fece saettare il suo sguardo su di lei, dopo aver rispettato il suo silenzio, non appena ebbe finito di continuare a spiegare cosa fosse successo la fatidica volta all'ultimo incontro con Taylor. « Debbie. Dovevi dirmelo. » Sentenziò, deciso, perentorio. Si, era vero che non era ancora capitato ad entrambi di raggiungersi viso a viso, era la prima volta che parlavano a voce, senza il tramite del telefono da quando era capitato, e il B6D, i concerti, e gli impegni delle fantomatiche relazioni di Theo avevano anche preso il loro spazio nella sua agenda, ma lui avrebbe lasciato volentieri tutto indietro pur di correre da lei. Le chiese spiegazioni, chiedendo di raccontargli di più su quanto avesse scoperto, la voce in un sussurro anche se erano circondati da nulla con Argo che faceva loro le feste senza essere in grado di dosare il suo riserbo in un momento così serio. « Raccontami cosa è successo. » E poi piantò bene i bastoni appuntiti nella neve, rimettendosi a braccia conserte per guardarla, una posa solenne per un momento delicato, una posa che inconsapevolmente faceva anche un pò paura con il suo sguardo corrucciato e la riga sulla fronte in evidenza e pensierosa. « Sai cosa sto per dirti vero? Neanche io avrei confessato nulla a Taylor al tuo posto, e probabilmente sbagliamo entrambi ma siamo fatti così, non possiamo cambiarlo. Però puoi sempre dare una spiegazione che non lo metta in pericolo. Puoi trovare il modo di prendere tempo prima di aprirti con lui. » Sospirò un paio di volte Theo, prima di trovare la forza di parlare un'altra volta, visibilmente frustrato all'idea di metterla in castigo per niente. Sapeva che lei se la sarebbe cavata, ironizzavano sul fatto che avesse tre o quattro vite a disposizione ancora per non rimanere secca nel tentativo di scoprire cosa fosse successo ai suoi genitori. Ma il fatto che l'avesse tenuto fuori dai recenti avvenimenti faceva sentire lui impotente ed incapace di proteggerla quando l'unica cosa che era stato bravo a fare a sua volta da sempre era salvare mille vite ancora a disposizione del felino che non era per proteggere la sua migliore amica. « E soprattutto dovevi dirmelo. »
     
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    Avere un animale domestico era un grande impegno. Lo aveva sempre pensato e forse proprio per questo inizialmente aveva fatto fatica ad accettare Muffin. Sebbene un gatto non necessitasse di essere portato fuori tutti i giorni, era comunque qualcuno a cui dover dedicare il proprio tempo e le proprie attenzioni. Dopo qualche mese tuttavia era stata costretta ad ammettere a se stessa che i suoi fratelli avevano avuto una buona idea e che la casa le sarebbe sembrata molto più vuota senza di lui. -Esatto. Proprio quello! Ci conquistano con quei loro grandi occhi e poi è impossibile dire di no. - ammise, con una leggera risata, quando lui anticipò con quello stesso commento. Avrebbe voluto poter dire che quella era una cosa che faceva solo lui, invece visto che Theo era stato più volte a casa sua non avrebbe potuto mentirgli. Si era detta che non avrebbe mai speso soldi per sciocchi giochi per gatti, o altri accessori e invece ogni volta che le capitava di vedere in giro qualcosa di adatto al suo gatto non riusciva a fare a meno di acquistarlo. Per fortuna non mangiava molto e non aveva avuto particolari problemi di salute, altrimenti l’avrebbe sicuramente mandata sul lastrico. Sorrise, fingendo un velato inchino, quando l’altro promise di trattenere tutte le eventuali battute sugli animali che gli fossero passate per la testa da quel momento in avanti, lasciando a lei l’unico onore per quel giorno. -Oh, ottima idea campione! Penso che potrai giocartela alla grande di questo passo. - scherzò ancora, approfittando della tranquillità con cui lui aveva accolto tutta quella faccenda, scattando poi di lato per schivare il suo tentativo di farle il solletico. -Ehi, ehi, questo è alquanto sleale e la signorina lassù potrebbe ingelosirsi. - si lamentò quindi, per poi cercare di trattenere una sonora risata che si rese esplicita soltanto per la gioia che traspariva dai suoi occhi in quel momento. Era felice di quegli attimi di tranquillità, di quei momenti di gioco e scherzo che riusciva a concedersi davvero con poche persone. Ripensandoci trovava ancora assurdo che la loro amicizia fosse nata da un incontro casuale, per poi trasformarsi in qualcosa di molto più saldo. Era davvero lieta che lui avesse deciso di trasferirsi in quella città e che le loro strade si fossero incontrate.
    Macinarono chilometri viaggiando a una velocità piuttosto sostenuta. Le piaceva la guida di Theodore, non era una di quelle persone impulsive che svoltavano all’ultimo secondo di scatto, come se non si fossero neppure accorti di essere già arrivati allo svincolo. La calma dell’amico rimaneva salda anche durante la guida, infondendole una certa sicurezza. Non glielo aveva mai detto ma non era solita accettare di stare su un sedile diverso da quello del guidatore se non si trattava di persona che conosceva e di cui si fidava. L’incidente dei suoi genitori l’aveva segnata e quando aveva preso la patente aveva deciso di voler essere lei ad avere il controllo del suo viaggio. Non era con loro quella notte, eppure nei suoi incubi aveva vissuto quel momento così tante volte da riuscire a immaginare diverse versioni dell’accaduto. Certe volte bastava una frenata improvvisa a farla sussultare, qualcosa che non andava esattamente secondo i piani, e allora il suo cuore iniziava a battere all’impazzata e quei pensieri tornavano prepotentemente a farsi sentire. Avevano avuto il tempo di immaginare che cosa stava per accadere? Avevano pensato a loro?
    Si voltò per un momento a guardare la strada che scorreva alla sua destra, mentre canticchiava tutte le canzoni che venivano trasmesse, anche quelle che non conosceva affatto. Si divertiva a cercare di riprodurre il motivetto sonoro, a labbra chiusa, mentre Theo invece canticchiava in maniera molto più sicura. L’auto sembrava una piccola bolla, in grado di tenere il mondo all’esterno. Avrebbe voluto chiedergli di continuare a guidare per tutto il giorno, lontani, sempre più lontani, per mettere quanta più distanza possibile tra lei e i pensieri che la attendevano a casa, al suo ritorno, ma sapeva che fuggire dalle cose non era e non sarebbe mai stata una vera soluzione. Sebbene potesse sembrare la più facile, di certo non era quella più utile. Chiuse gli occhi per un istante, come a voler creare nella sua mente un percorso che la aiutasse a ritrovare la leggerezza, prima di interrogare Theo sulle sue questioni amorose. L’uomo sospiro e Argo fece da eco al suo lamento con un verso decisamente più potente. Trattenne una risata lei, mentre l’altro gli scoccava un’occhiata, come per dirgli di rimanere buono ancora per un po’. -Credo che persino lui abbia capito ormai. - lo prese in giro, volendo intendere che anche l’animale voleva consigliargli di cambiare idea e provare a frequentare qualche altra persona. -Questa sì che è buona! - mormorò scuotendo il capo, divertita dalle motivazioni che cercava di tirare fuori. Le piace il fatto che l’altro non si facesse mai trovare senza parole. -Come ormai saprai, tuttavia, esistono tanti edifici a Besaid, non necessariamente tutti così alti. Potresti anche iniziare a darti un’occhiata più attenta in giro. - continuò, per poi far spegnere per un momento il sorriso, lasciando il posto ad un’espressione più pensierosa. -Anche perché, ad essere del tutto onesta, io non conosco nessuno che lavori lì. E io vivo qui da più tempo di te. - ci tenne ad aggiungere, per poi annuire appena, tra sé e sé. Frequentavano posti molto diversi, questo era assodato ormai. Chissà quanto sarebbe stato imbarazzante però, se si fosse preso una fissa per le donne in uniforme, trovarselo al Distretto un giorno sì e uno no per incontrare la sua anima gemella. Scacciò velocemente quel pensiero, sarebbe stato come ritrovarsi il proprio fratello maggiore sempre tra i piedi, era molto meglio che si concentrasse sulle dipendenti dell’Istituto. Poi però non potè fare a meno di farsi guidare dalla curiosità quando lui iniziò a raccontare qualche aneddoto su quella serata, ammettendo di aver giocato una carta un po’ scorretta quando aveva cucinato per lei. -Oh, questo sì che è un colpo da maestro, e com’è andata? Vi rivedrete? O hai rovinato tutto bruciando la vostra cena? - chiese, curiosa, per poi lasciargli tutto il tempo di raccontare maggiore dettagli sulla serata: il concerto, il fratello, l’amico, la folla che li aveva quasi fatti perdere, il ristorante e lo chef. Sorrise nel cercare di immaginare ognuno di quei passaggi, il volto di Theo, quello della donna di cui parlava, mettendo in evidenza il suo modo di fare un po’ rigido e freddo. Chissà, forse neppure lei era quella adatta, diversi com’erano, ma era felice che lui si fosse divertito e si fosse lasciato un po’ andare. Meritava un po’ di gioia e sperava che la trovasse, che fosse da solo o in compagnia.
    Giunti a una prima radura in cui avrebbero potuto lasciare l’auto, si avviarono verso la cascata. Le piaceva sentire il rumore dell’acqua fare da eco ai suoi pensieri. Era un percorso impegnativo, quindi per fortuna si potevano trovare poche persone su quello stesso sentiero, motivo in più per imboccarlo quel giorno, che ci sarebbero stata così tante cose di cui parlare. Argo davanti a loro segnava il percorso sulla neve, dandogli una scia di zampe paffute da seguire in mezzo a tutto quel bianco che aveva fatto sparire la strada. C’erano ancora dei piccoli punti di riferimento, qualche cartello sparuto lasciato lì, alle intemperie, ormai sbiadito, due file di alberi a segnare i due lati opposti. Sarebbe bastato seguirli, fino a che la stradina sterrata non fosse arrivata alla biforcazione. Lì sarebbe stato Theo a indicarle la strada, affidandosi alla sua sorprendente memoria. La sua invece qualche volta faceva cilecca. Negli ultimi tempi, da quando si era sentita seguita, aveva iniziato a temere di confondere i suoi incubi con la realtà. Che cosa le era accaduto davvero? Che cosa invece aveva vissuto nei suoi sogni, troppo nitido per poter sembrare solo una visione? Si perse per qualche istante a osservare la vista da quel piccolo promontorio che avevano raggiunto, la vallata che si estendeva ai loro piedi, ancora piuttosto vicina. Avevano camminato solo per un’ora o forse due, avevano ancora tanta strada da fare. Sentirsi lontana dalla città però la fece sentire più leggera, come se gli eventi della sua vita non fossero più lì, a macinare asfalto e rincorrerla, come tutti i giorni. Si rimisero in cammino, diretti verso la loro meta e questa volta non fu il silenzio a regnare incontrastato, rotto soltanto dai loro respiri e dal rumore degli scarponi e dei bastoni da neve. Avrebbe voluto prendere il discorso alla lontana, fare una lunga introduzione dove spiegava perché e come, ma non era mai stata incredibilmente abile con le parole. Cercava sempre di farsi guidare dalla testa, di pensare razionalmente prima di agire, eppure in quel caso le veniva incredibilmente difficile. Non era abituata ad avere a che fare con i sentimenti, lei che era sempre fuggita dalle storie, facendosi da scudo dietro ai suoi guanti che le permettevano di non sentire mai davvero la presenza di nessuno. Anche in quell’occasione aveva cercato di fare lo stesso, tanto che non aveva visto i suoi sentimenti arrivare fino a che non era stato troppo tardi per ricacciarli indietro.
    Andò avanti, avvicinandosi a lui per poter parlare con un tono più flebile, raccontando gli avvenimenti meno felici che avevano creato una prima crepa in lei dopo tutti quegli anni. Non ricordava l’ultima volta in cui avesse provato così tanta paura, forse perché per una volta, dopo tanti anni, non era più soltanto di se stessa che doveva preoccuparsi. Sentì lo sguardo serio di lui puntato sui suoi occhi anticipare un tono di voce ancora più deciso e perentorio. Non si sentì in colpa per non aver parlato prima. Cocciuta com’era aveva sempre avuto bisogno di elaborare le cose da sola prima di esporle a qualcuno e con gli anni quel lato di lei non era mutato. -Non ero ancora pronta. - rispose quindi, solamente, senza particolari inclinazioni nella voce. Non era un tentativo di scusarsi, quanto piuttosto un modo tutto suo di dirgli che ormai la conosceva e avrebbe dovuto sapere che era fatta così, che doveva sempre tentare il tutto e per tutto da sola, prima di decidersi a parlare con qualcuno. Era cresciuta imparando a contare solo su stessa e sulle proprie capacità, senza aspettarsi che fosse qualcun altro a risolvere le situazioni per lei e le costava molto quindi ammettere di non riuscire a farcela da sola. La faceva sentire vulnerabile. Theo piantò un bastone a terra e si fermò, con aria decisa. Un leggerò sbuffo contrariato abbandonò le sue labbra, accompagnato da una nuvoletta di fumo. Avrebbe voluto continuare a muoversi, così da non doversi concentrare sulle parole, invece fu costretta ad arrestarsi anche lei. Sfuggì al suo sguardo, spostando il capo di lato, a cercare Argo che saltellava poco distante, mentre continuava a tenere i bastoni a mezz’aria, come se sperasse che quella pausa non sarebbe durata a lungo e che si sarebbero rimessi in marcia presto. -Non lo so, non credo ci sia molto da raccontare. - iniziò, per poi lasciarsi andare a un altro sospiro, stringendosi appena nelle spalle. Faceva fatica a trovare le parole quando doveva parlare di lei. -Come sai non mi sono mai arresa al fatto che si fosse trattato di un semplice incidente. - mormorò, con un filo di voce, mentre riportava piano lo sguardo verso di lui, seguendo un percorso decisamente troppo lungo che si ferma sulle cime degli alberi che si stagliavano verso il cielo. -Ho iniziato a scavare sempre più a fondo negli anni, cercando gli ultimi processi a cui stavano lavorando, le persone coinvolte, i testimoni. Non è stato semplice riuscire a ricostruire qualcosa, tutto sembrava sparito nel nulla. - aggiunse, con lo sguardo perso a osservare l’orizzonte, dritto davanti a lei, per poi voltarsi di nuovo, finalmente verso di lui. -Poi, negli ultimi mesi, una persona mi ha aiutato a recuperare alcuni dettagli. Sono stata imprudente nel fare certe domande probabilmente e dopo ho iniziato a notare un’auto scura seguirmi. Inizialmente ero convinta fosse la mia immaginazione, una semplice paranoia legata a qualcosa accaduto troppo tempo fa. - ammise, sollevando appena gli angoli della bocca in un sorriso triste. Il suo istinto aveva cercato di avvisarla, ma lei lo aveva ignorato, che sciocca era stata. -Qualche settimana fa Taylor è passato in Centrale a prendermi per andare a bere qualcosa, nel tragitto a piedi verso il locale qualcuno ha iniziato a seguirci e ci ha raggiunto. Non sono stati espliciti, è stata una minaccia velata, non indirizzata davvero a qualcuno, ma ho capito che parlavano con me. - aggiunse, con un nuovo sospiro, cercando di chiarire un minimo agli occhi di lui quello che era accaduto. -Non ho trovato prove inconfutabili, credo sia impossibile dopo più di dieci anni, infatti non mi illudo di poter davvero arrestare qualcuno o portarlo in tribunale, è tardi ormai. Vorrei solo avere delle risposte, capire perché. - continuò, facendo seguire a quelle parole l’ennesimo sospiro. Era stanca. Non le era mai capitato in tutti quegli anni, eppure in quel momento si chiedeva se non fosse arrivato davvero il momento di lasciar perdere, di arrendersi, di accettare che alcune cose capitano e basta.
    Non la fece sentire meglio sapere che anche lui si sarebbe comportato nello stesso modo e che entrambi avrebbero commesso un grosso errore nel farlo, ma purtroppo erano fatti così. Lo aveva capito anche quando ne aveva parlato con Mia ed era spuntato senza volerlo il discorso Eden. Eden che non era mai esistito davvero ed era solo la maschera che Boyd indossava per potersi infiltrare in un’associazione criminale e procurare a lei quelle informazioni che cercava da anni. Boyd non aveva detto a Mia la verità quando si era avvicinato lei, così come Debbie non aveva fatto con Taylor. Assurdo pensare che proprio loro che perseguivano la giustizia e la verità fossero propri i primi a nascondere le cose e mentire. -Non lo so, sa essere più testardo di te. - mormorò, cercando di smorzare la tensione con l’ombra di un sorriso, senza tuttavia ottenere un buon risultato. -Temo che se gli spiegassi anche solo un minimo non mi permetterebbe più di tenerlo lontano e allora sarebbe difficile riuscire a proteggere anche lui. - continuò, scuotendo il capo con un certo sconforto. No sapeva davvero che cosa fare. Aveva sperato che parlarne potesse aiutarla a chiarirsi le idee e invece continuava ad essere terribilmente confusa. Lo sentì ribadire di nuovo che avrebbe dovuto parlargliene prima e un sorriso ironico arricciò le sue labbra a quel punto. Se all’inizio era stata troppo scossa per dargli una vera risposta, parlare un po’ l’aveva aiutata a riprendersi. -Te lo sto dicendo ora. E cosa è cambiato? - domandò, puntando il suo sguardo dritto in quello di lei, affondando solo allora i bastoncini nella neve, così da portare le mani sui fianchi e assumere una posa più decisiva, quasi minacciosa. -Non puoi aiutarmi con questo, lo sai anche tu. Non si può trovare l’impossibile, probabilmente dovrei solo farmene una ragione e smettere di mettere tutti in pericolo. - disse, tutto d’un fiato, alla fine. Non aveva mai ammesso prima quelle cose, neppure a se stessa, eppure in quel momento gli sembrava la cosa più intelligente da fare.
     
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    -Esatto. Proprio quello! Ci conquistano con quei loro grandi occhi e poi è impossibile dire di no. - Ci aveva riflettuto tanto a quelle parole, se le era portate con sé oltre che nella sua memoria, anche mentre erano in auto e procedevano spediti lungo le strade semi ghiacciate al mattino nel percorso fino alle pendici del monte prossimo Besaid. Era strano pensare al potere che avevano avuto su di lui molto più di un paio di occhi dolci, e non quelli di Argo. Faceva fatica a dire di no. Faceva fatica a non farsi carico delle situazioni degli altri. In generale, doveva provare ribrezzo per qualcuno o non condividerne completamente l'operato per poter svicolare dalla vita degli altri, di coloro che non avevano niente in comune con lui. Tendeva sempre a simpatizzare per chiunque, a fare il tifo per chi si trovava in difficoltà. Non era mai stato in grado di seguire assiduamente sfide o competizioni senza sentirsi di parte per gli altri, aveva fatto addirittura fatica lui a incitare se stesso nei concorsi di musica in cui era stato partecipante e sfidante, e molte volte era solo perché faceva anche allo stesso modo fatica a non dare il massimo nelle prove personali che finiva per vincere. Quindi figurarsi cosa poteva sentire quando la persona che aveva accanto e a cui teneva più di qualsiasi altro essere nell'universo gli chiedeva un favore. Una mano, un compromesso, uno strappo alla regola. Aveva fatto carte false per essere perfetto per Cordelia ma non era bastato. Non sapeva adesso cosa sarebbe successo nel suo futuro - non aveva ereditato questa particolarità, e forse era meglio così - ma sentiva che gli sarebbe piaciuto poter vedere di essere abbastanza per chi sceglieva di circondarsi. Era sempre stato troppo per tutti gli altri, per persone di cui infondo non gli sarebbe importato vivere, ma a cui avrebbe dedicato parte del suo tempo, come era solito fare. Adesso gli era quasi necessario pensare di voler fare una selezione delle persone che aveva accanto, però meritarsi orgogliosamente di più che una sufficienza all'impegno profuso.
    Era bello pensare che il destino l'avesse condotto a Besaid però. Nonostante le circostanze fossero state avverse. Aveva trovato un'amica come Debbie quando non aveva mai condiviso un legame forte con una donna fuori da un rapporto di coppia, ma gli era stato necessario distaccarsi completamente dalla sua vita precedente per potersi ritrovare. Anche se non era stato voluto, gli era sembrato guardando a posteriori come si erano messi i fatti ,un processo di adattamento che aveva fatto il suo corso normalmente. Ed eccoli lì, a canticchiare nella sua auto.
    L'argomento relazioni di Theo si era fatto strada nella loro conversazione, e aveva fatto allontanare il pensiero di preoccuparsi di Debbie nel frattempo che si concentravano entrambi a parlare di lui. « Cospirazione Argo-Debbie inaspettata in corso. » Sussurrò, allontanando con la mano, non dopo averlo accarezzato, il muso di Argo che spingeva dal sedile posteriore per poter avere le attenzioni dei due passeggeri. Risero, con Argo che si rimetteva buono al suo posto dopo essere stato coinvolto nella discussione a sua insaputa, o comunque perché aveva inaspettatamente puntato a tirar su di sé qualche coccola in maniera poco furtiva. -Come ormai saprai, tuttavia, esistono tanti edifici a Besaid, non necessariamente tutti così alti. Potresti anche iniziare a darti un’occhiata più attenta in giro. - Sarebbe stato divertente poter puntare a prenderla in giro dicendo che non tutti erano così fortunati da trovare esattamente la persona giusta al proprio fianco al primo tentativo, ma doveva procedere molto lentamente a tirar fuori argomento di discussione che riguardasse anche solo da lontano Taylor e perciò scosse di nuovo la testa cercando di mimare un fare teatrale che non gli riusciva benissimo, Theo era sempre composto d'altronde, sembrava che tutti i suoi gesti fossero decisi ed eseguiti con accurata maestria, non si allontanavano mai dalla perfezione. « Devo guardare bene ai piani meno alti degli edifici vicini, va bene. Ma tu hai sempre ragione, cosa ci posso fare. » Gliel'aveva fatta poco prima una carezza sul viso, perciò bastò che si guardassero di sfuggita per lanciarsi uno sguardo d'intesa, e con fare deciso annuirono entrambi all'unisono senza neanche farlo apposta: ammettevano entrambi che Debbie aveva sempre ragione, ben poco di cui discutere ulteriormente. E poi Theo era notoriamente un disastro con le relazioni sentimentali, le sue storie parlavano chiaro. -Anche perché, ad essere del tutto onesta, io non conosco nessuno che lavori lì. E io vivo qui da più tempo di te. - « Touché. Dovrò guardarmi bene dal cercare una donna in divisa. Oltre che la signora al terzo piano, ma credo di preferire l'azione. » Mormorò, prima che Debbie passasse a commentare la sua impresa romantica, non senza la giusta dose di ironia, anche se doveva ammettere che era stato un colpo da maestro, era chiaro anche a lei. Forse un tantino esagerata per una prima uscita, ma giustificata dalla serata fredda e dal post concerto, e dal fatto che fossero sul finire dell'anno. Lo sapeva anche lui, che non era un uomo dedito alla cultura di massa, che le migliori commedie romantiche erano ambientate a Natale. Non poteva essere altrimenti. -Oh, questo sì che è un colpo da maestro, e com’è andata? Vi rivedrete? O hai rovinato tutto bruciando la vostra cena? - « Sarebbe stato un finale tragicomico perfetto per un film in effetti. » Diede voce ai suoi pensieri, tornando all'idea dei film natalizi. La cosa lo divertì parecchio, se Debbie stesse guardando con attenzione Theo avrebbe potuto vedere quasi uno scintillio nei suoi occhi gentili, animati da qualcosa di nuovo, una sfida inaspettata. E lui aveva sempre bisogno di porsi obiettivi irraggiungibili, non sarebbe stato Theo altrimenti. « No, è andata molto bene. Ci rivedremo presto, e ovviamente ho cucinato benissimo, dovresti sapere che non so sbagliare ai fornelli. Si è scoperta sorpresa ed emozionata. Nonostante sia una donna molto razionale e composta. » Ci pensò di nuovo su, con le mani sul volante e gli occhi alla guida, lanciò una brevissima occhiata alla sua destra come se volesse cercare lo sguardo di Debbie, e poi tornò con gli occhi di fronte mentre oltrepassava con l'auto un sentiero sterrato, segno che avevano lasciato la strada asfaltata lucida da un pezzo e che oramai non sarebbe mancato molto all'arrivo. « Ma non è che in effetti ho un tipo? » Continuò, e lo disse proprio ad alta voce come se non ci avesse mai pensato. Aveva sempre avuto un tipo di donna e non se ne era mai accorto. Si era accorto da molto almeno del fatto che Charlotte e Cordelia fossero molto somiglianti nell'aspetto, entrambe bionde ed algide, eteree e irraggiungibili. Eva era chiaramente molto diversa con la sua pelle ambrata e il fisico allenato e scattante, ma aveva comunque lo stesso tipo di impostazione e il rigore nelle tre del lavoro era chiaramente una costante della loro vita. « Uhm. Non so se voglio saperlo. » Sussurrò, aspettando il commento di Debbie mentre svoltò su una strada completamente ricoperta di neve, e il SUV non fece particolare fatica nello spostarsi definitivamente su sentieri più impervi. La guardò quando oramai erano su una strada deserta, e non c'era più pericolo che altre macchine si frapponessero tra loro, l'unica cosa a cui doveva prestare attenzione era che non spuntassero animali selvatici lungo il percorso e a trovare la solita radura innevata dove posteggiare tranquilli prima della salita. In realtà non si dispiaceva per niente a parlare delle sue disavventure. Era segretamente convinto che le cose si sarebbero messe per il meglio, non aveva motivo di disperarsi perché la sua vita avesse portato più di una donna lungo il suo cammino - quale uomo, scapolo pergiunta, poteva preoccuparsi davvero di questo? - Era animato da un respiro di novità che non poteva trascinarlo vicino all'eccitazione, ed era contento di condividere le sue impressioni con Debbie. Soprattutto, poté constatare, era davvero riuscito a portare via l'attenzione dai pensieri dell'amica, che era il personale traguardo di quel giorno.
    Posteggiata l'auto uscirono fuori dall'auto e tra un capitombolo e l'altro di Argo partirono all'avventura dopo aver indossato l'attrezzatura, zaino in spalla, e bastoni da trekking alle mani. Per un pò si affidarono ai loro sensi e la conversazione si sostituì all'eco dei loro passi, e i segnali lungo la strada e la memoria di Theo li guidarono lungo l'ultimo percorso che avevano seguito mesi prima, quando il freddo era appena diventato pungente e le strade cominciavano a diventare ghiacciate. Adesso la neve aveva ricoperto tutto quello che aveva potuto coprire lungo il suo cammino. Superarono la piccola cascata creata dal torrente che si avviava dalla cima del monte fino a valle, e seguirono il percorso tracciato da Argo che li precedeva tornando da loro a turni alterni. Arrivarono al primo promontorio, si guardarono entrambi indietro per osservare il panorama che si estendeva sotto di loro, la strada in discesa che avevano appena percorso in salita.
    Non ne era sicuro, ma gli sembrò che due occhi curiosi lo stessero scrutando al di là dei rami di una quercia, e lui a sua volta, ricambiava lo sguardo osservando intorno ad una sagoma indovinata, sfocata, il piumaggio di una civetta nascosta e mimetizzata tra la neve.
    La luce della sera sarebbe arrivata presto, prestissimo, tingendo la neve con i riflessi del tramonto fiammeggiante, filtrato nel cielo azzurro. Era così che funzionava la Norvegia in quel periodo dell'anno. La luce che avevano a disposizione era centellinata tra giornate di notti lunghissime che non facevano vedere nessun abbaglio, nessuno sprazzo fuori dall'oscurità.
    L'argomento caldo arrivò, quando Debbie si lasciò andare alla sua confidenza. Era difficile rimanere impassibile per lui vedendola soffrire, ma era ancora più difficile sapere che stava davvero rischiando la sua incolumità ma aveva preferito tacere piuttosto che trascinare lui in quella faccenda. E poi ovviamente c'era la parte che riguardava Taylor, che era complicata di per sé. Si fermò, e Debbie lo imitò, nessun rumore percepibile oltre quello delle loro voci, così che quando si fermarono dal discutere il silenziò sembrò ancora più assordante.
    Debbie riprese a parlare spiegando la sua storia, quella che l'aveva portata fino a lì a cercare chiarimenti per la morte dei suoi genitori. Anche lui aveva perso un genitore, ma le circostanze per quanto drammatiche erano ridotte alla semplicità di una malattia che prendeva il sopravvento e portava il corpo umano ad esaurirsi e a lasciare nulla che non fosse un grande vuoto dove prima c'era un cuore che batteva ed era stato anche il centro della sua grande famiglia. Pensare che anche per sua madre potesse esserci stata una cospirazione come per i genitori di Debbie faceva male, non era quello il caso per fortuna, ma pensare che le parti potessero essere invertite fu comunque tanto violento da trascinare per un attimo la sua mente in un pensiero triste da raggelarlo. Doveva essere difficile vivere tutta la vita con il peso di non sapere quale fosse la verità. Perciò era combattuto, non voleva che Debbie si intristisse, anche se voleva che si confidasse con lui. Voleva portare una parte di quel peso sulle spalle, ed esserle vicino. Alla fine si confidò davvero con lui e raccontò tutto quello che era successo. Doveva essersi sentita impotente e vulnerabile, soprattutto perché preoccupata oltre che per se stessa per il ragazzo che trascinava in quella faccenda. « Non è detto. Possiamo provarci. Le persone pagano per errori fatti in passato, finché c'è vita vale comunque fare giustizia. » Annuì, e smorzò la tensione che si era creata ridendo e guardandola quando era passata a commentare il fatto che lui e Taylor fossero entrambi due testardi. « Beh, prima o poi dovrai presentarmelo. Vedremo cosa avremo da ridire su questa somiglianza. » Immaginò davvero Theo che avrebbero avuto entrambi da trovare differenze e similitudini nel loro comportamento: da quello che gli aveva confessato Debbie, Taylor era una persona chiaramente fuori dagli schemi, ma con un grande senso del rispetto. E parecchio orgoglioso.
    Poi qualcosa cambiò, probabilmente aveva corso anche lui nel sentire un peso opprimerlo e cercare di cacciare quel senso di impotenza con una frase diretta a Debbie non era stata la migliore mossa che avrebbe potuto compiere. Aveva omesso di tenere a mente - che era sempre molto comico come pensiero da pronunciare - che Debbie era anche lei parecchio orgogliosa.
    « Ma io non sono una persona qualsiasi. » Mormorò, e se la piega della conversazione non fosse stata così grave quella frase lanciata così avrebbe sicuramente fatto ridere un ipotetico spettatore in ascolto. « Oltre ad essere tuo amico, lo sai che ho avuto la mia dose di incarichi. » Il rapporto che si era creato tra Debbie e Theo era stato da subito una fonte di novità per la vita di Theo. Prima aveva chiaramente tenuto nascosto molte cose della sua vita a chiunque, ma scoprirsi come si erano scoperti loro l'un l'altro aveva comportato raccontare anche poco e velatamente a Debbie che non era stato un violinista soltanto per tutta la sua vita, ma che aveva ricoperto un incarico importante nell'arma britannica. Ma non aveva potuto confessare a Debbie esattamente cosa avessero riguardato i suoi incarichi prima, e cosa soprattutto stesse facendo in quel momento. Però per una volta si sentì frustrato a non poter dire nulla, quasi come se considerarlo come un musicista e basta stesse minando anche l'aiuto che poteva dare all'amica in difficoltà, quando avrebbe voluto farle scudo da qualsiasi pericolo. E a conti fatti avrebbe potuto eccome farlo. « Mhm, mettiamo il caso che potessimo indagare molto più a fondo di quello che credi. Dovresti fare un esposto mirato su un verbale classificato e queste classificazioni arriverebbero agli enti giusti. » Fece una pausa, un sospiro gigante, il petto si gonfiò e si abbassò in fretta, l'aria fredda inspirata uscì fuori lentamente. Invece che togliere peso a Debbie avrebbe potuto metterla in pericolo, nonostante fosse una donna dell'arma anche lei.
    « Vorrei dirti molto più di questo, credimi, ma in questo caso non si tratta di metterti in pericolo, ho le mani legate. » Si guardò anche lui intorno, ma poi ci ripensò e tornò a guardarla negli occhi. Magari avrebbe solo pensato che aveva conoscenze influenti, anche se un uomo come Theo lo si poteva incontrare raramente, non aveva per niente l'aspetto di uno che era un musicista e basta. « Possiamo scoprire altro. E magari per ora a tenere Taylor fuori dai pasticci ci penso io. »

     
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    Anonymes!
    Era semplice parlare con Theo. Certo, non poteva dire di sentirsi a suo agio con lui quanto lo era con Mia, l’amica di tutta una vita, ma poteva dire che, dopo di lei, lui era senza dubbio l’amico più caro che avesse. Era diverso il legame che li univa. Era nato quasi per caso, senza che nessuno dei due si fosse sforzato troppo per ottenerlo. Freya probabilmente aveva sperato che tra loro nascesse qualcosa di diverso quando li aveva presentati, che potessero essere un nuovo inizio l’uno per l’altra. Invece tra di loro non c’era mai stato alcun tipo di rapporto amoroso. Neppure una volta quel pensiero le aveva sfiorato la mente e, per lei, era stato molto meglio così. Nella sua vita non era mai riuscita a far funzionare una relazione a lungo termine, c’era sempre stato qualcosa a rovinare tutto. Il più delle volte era semplicemente lei, con le sue insicurezze, la sua incapacità di fidarsi fino in fondo delle altre persone, di aprirsi in maniera del tutto onesta e sincera con loro. Aveva paura di avere un contatto diretto con chiunque, persino in quel momento, accanto a Theo, teneva i suoi guanti per non essere costretta a vedere che cosa lui tenesse nascosto dentro di sé, i suoi desideri più intimi, le sue aspirazioni. Era sempre stata una vita solitaria la sua, sempre in bilico tra la voglia di integrare qualcuno nella sua esistenza e la necessità di tenerlo distante, separato tramite un sottile tessuto che non le permetteva di toccare davvero nessuno. Si poteva davvero vivere una relazione in quel modo? Imponendo un distacco, seppure così sottile? Se lo era chiesta più volte e ogni volta si era data una risposta negativa. Anche con Taylor alla fine avevano vinto le sue paure. Erano intense e piuttosto forti, ci aveva messo anni a costruirle e, mattone dopo mattone, non avevano fatto altro che ispessirsi, divenendo sempre più difficili da buttare giù. Certi pregiudizi, certe convinzioni, si insinuavano sotto la pelle e non andavano più via.
    Parlare delle relazioni degli altri, invece, le veniva piuttosto semplice, sebbene sapesse di non essere capace di dare dei buoni consigli. Lei, dopotutto, che cosa poteva saperne di convivenza e di tutti gli altri aspetti del vivere una vita insieme a qualcuno? Però ci provava, a modo suo, cercando di mettere tutta la sua razionalità nelle vite degli altri, perché neppure loro si lasciassero guidare soltanto dai sentimenti. -Sì esatto, potresti scoprire luoghi e persone nuove. - continuò lei, con un sorriso, appoggiando la sua idea di scoprire anche i piani più bassi degli edifici, quelli dove di solito si nascondevano bar, negozi o altri tipi di attività. Non si soffermò invece su quella constatazione sul fatto che lei avesse sempre ragione. Sapeva che non era affatto così, anche lei commetteva errori, più di quanti fosse disposta ad ammettere. Tra loro tuttavia non era mai chiaro quando scherzassero e quando invece si dicevano le cose in maniera più seria, visto che tendevano a mascherare tutto con una buona dose di scherzo. Però sapeva dare buoni consigli, in alcune occasioni, e osservare le cose da una prospettiva diversa rispetto a quella di chi c’era immerso sino al collo. -Oh no, no, niente donne in divisa! O mi toccherà avvisare le mie colleghe che non sei affatto così incredibile come appari. - mormorò, lasciandosi poi andare a una leggera risata. Non era vero. Sapeva che era davvero una brava persona e che qualunque donna sarebbe stata molto fortunata di averlo al suo fianco. Suo fratello Jan, ad esempio, cercava sempre di convincerla che persino lei avrebbe potuto trovare un posto perfetto tra le sue braccia. Ma Deborah non aveva mai voluto pensarci, rifiutando quell’idea con tutte le sue forze e concentrandosi soltanto su ciò che loro due già avevano: un legame forte, perfetto così com’era.
    Fu sollevata nel sentirgli dire che, nonostante tutto, con la dottoressa la serata era andata per il meglio e che quindi si sarebbero rivisti. Theo doveva smettere di rincorrere donne che non sapevano apprezzare le sue doti o si sforzavano di non vederle, concentrandosi su quelle che invece avevano il giusto occhi. -Ah sì? Dovrei saperlo? Io credo invece che sia da troppo tempo che non cucini qualcosa per me e che dovremo rimediare a questa lacuna nella mia memoria. - ribattè, con un sorriso divertito. Le piaceva scherzare sulla faccenda della memoria proprio con lui, prendendolo velatamente in giro per quella sua capacità di tenere tutto a mente, anche le più semplici sciocchezze. Sapeva che anche lui doveva avere i suoi problemi con la sua particolarità, ma se avesse potuto avrebbe fatto volentieri a cambio. Avrebbe dato qualunque cosa per avere la certezza di non dimenticare neppure un dettaglio dei suoi genitori, neppure un momento di quelli trascorsi insieme. Invece quelle memorie si facevano sempre più flebili e con esse scemava la sua determinazione nel fare loro giustizia. -Tutti hanno un tipo. E’ una legge non scritta del mondo, neppure tu puoi sfuggirgli. - rispose quindi, alla considerazione dell’amico. Sembrava che non ci avesse mai pensato prima di quel momento, mentre per lei era sempre stato evidente, anche se neppure lei aveva cercato di comprendere quale fosse il suo. -Però sì, sono d’accordo. Direi che è meglio non cercare di definirlo. Temo che andare alla ricerca di questo fantomatico tipo ideale finirebbe con il farti perdere la possibilità di incontrare l’unica nota singolare di tutta la sinfonia. - aggiunse poi, con un sorriso leggero. Sebbene talvolta fosse la prima a focalizzarsi su un pensiero preciso, senza più riuscire a lasciarlo andare, era comunque convinta che quel modo di fare non fosse il migliore al mondo. Invidiava un po’ le persone in grado di vivere alla giornata, reagendo volta per volta a ciò che la vita metteva sulla loro strada. Lei tendeva invece a voler analizzare le cose in maniera più attenta, pensando prima di agire.
    Si immersero nel paesaggio naturale, iniziando la loro escursione con tutti i buoni propositi del caso. Aveva proprio bisogno di fare una lunga passeggiata, di sentire la stanchezza invadere il suo corpo così da poter scaricare parte delle tensioni che aveva accumulato. Un qualunque altro collega probabilmente avrebbe scelto di andare in palestra, allenarsi con un sacco da box. Lei invece preferiva stare lontana dalla Centrale o in generale dalla città. In un luogo isolato come quello, in compagnia soltanto di un caro amico a cui sapeva di poter raccontare qualunque cosa, non avrebbe rischiato di imbattersi in persone che non voleva incontrare. Una volta giunti alla prima cascatella si piegò sulle ginocchia, sfilò per un momento i guanti e immerse le mani nell’acqua fresca del ruscello. Il contatto con qualcosa di così freddo la fece quasi rabbrividire, ma anche sorridere. Si beava del contatto della natura, non potendolo avere con le persone. Rialzandosi in piedi utilizzò le poche gocce d’acqua che erano rimaste intrappolate tra le sue dita per schizzare appena il volto di Theo, lasciandosi poi andare a una fragorosa risata. Si asciugò passandosi le mani sui pantaloni, senza curarsi della poca femminilità di quel gesto, quindi rinfilò i guanti e proseguì, senza il bisogno di dire nulla. Proseguirono, sfruttando le poche ore di luce a disposizione per muoversi senza dover prestare troppa attenzione a ciò che avevano intorno. Non era il periodo più indicato quello per le escursioni, un po’ per il clima gelido e un po’ perché muoversi al buio in quelle zone non era mai una cosa sicura. Ma sarebbero tornati in tempo per andare via senza alcuna paura, non era la prima volta che si lanciavano in imprese come quelle dopotutto.
    Attese diverso tempo prima di lasciare andare una parte dei pensieri che l’avevano portata a chiedere a Theo di vedersi quel giorno. Sentiva il bisogno di sfogarsi con lui, di aprirsi e di raccontargli che cosa la turbava. Sebbene non si conoscessero da tantissimi anni lui era presto divenuto per lei un porto sicuro, qualcuno su cui sapeva di poter contare e che non l’avrebbe giudicata per le sue scelte. Dava sempre ottimi consigli e cercava di aiutarla, ma sapeva anche accettare le sue decisioni, quando si rendeva conto che la testa di Debbie era troppo dura per riuscire a farle cambiare idea senza discutere troppo. Sapeva infonderle una certa calma poi, indurla a riflettere sulle sue parole anche nel corso dei giorni, finendo alla fine con l’influenzarla comunque, anche se lei faticava ad ammetterlo. L’orgoglio le imponeva sempre di cercare di cavarsela da sola in prima battuta. Aveva fatto dei piccoli passi avanti nel tempo, mantenendo il silenzio con la maggior parte delle persone, in particolare i suoi fratelli. Ci aveva creduto davvero, aveva desiderato scavare tanto a fondo da trovare la radice del problema, ma ora quella volontà si era come inaridita, oppressa dalla paura e dal bisogno di trovare un po’ di pace, anche per se stessa. Non poteva vivere alla continua ricerca di fantasmi. Theo non era uno che mollava la presa, proprio come lei, e non la sorpresa quindi sentirlo cercare di convincerla ad andare avanti, provare ancora. Si irrigidì soltanto quando le chiese di presentargli Taylor, prima o poi. Scosse la testa a quel punto. -No, non sono neppure sicura di rivederlo io. - disse, in tono quasi lapidario. Era decisa nel suo volerlo tenere lontano da quella parte della sua vita, dai pericoli che avrebbe potuto correre se avesse continuato a frequentarla. Non era quindi un buon momento per lei per pensare, anche solo in maniera scherzosa, di presentarlo al suo migliore amico. In effetti, pensandoci bene, non aveva mai creduto che gli uomini che aveva frequentato negli anni fossero qualcuno da presentare alla famiglia, relegandoli sempre a semplici frequentazioni passeggere.
    -Questo non vuol dire comunque che io rischierei la tua vita o ti metterei nei guai di proposito, senza pensarci bene e a lungo. - rispose, quando l’amico le fece notare che, visto il suo passato, lui era uno che sapeva cavarsela e avrebbe potuto capirla davvero, oltre che aiutarla in quella caccia alle streghe. -E poi.. hai comunque il tuo lavoro a cui pensare, hai tanti impegni. Non serve che io ne aggiunga degli altri. - continuò, come a voler trovare una chiave di lettura che rendesse ben chiari i suoi motivi e non consentisse altre forme di interpretazione della faccenda.
    Poteva comprendere il fastidio di lui, il sentirsi in qualche modo messo da parte, ma era certa che anche lui potesse capire lei, nella sua volontà di tenere tutti sempre al sicuro. Inarcò le sopracciglia, però, quando lo sentì definire un piano ipotetico che avrebbe potuto portarla ad attirare l’interesse di qualcuno molto più in alto. Probabilmente lui aveva ancora più di un contatto e voleva provare a chiedere qualche favore per poterle dare una mano. Abbassò anche il tono di voce, guardandosi attorno come se temesse che qualcuno potesse ascoltarlo. Che cos’era che non poteva dirgli? Si trattava davvero soltanto del suo passato? O c’era qualcosa che non le aveva detto e che ora stava cercando di farle intuire? -Stai cercando di dirmi che hai ancora qualche contatto? - domandò, anche se dallo sguardo era evidente che credesse che ci fosse molto di più. Nessun luogo però era mai davvero sicuro per parlare di certe cose. -Il fatto è che non so se voglio scoprire altro. Se voglio continuare questa caccia senza fine. - ammise, con un leggero sospiro, abbassando il capo per poter guardare il terreno sotto di lei. -Sono anni che non mi do pace, che vivo in questa agitazione continua e sento di avere bisogno di un po’ di pace. - continuò, risollevando lo sguardo su di lui nel pronunciare quelle parole. Gli rivolse un leggero sorriso un po’ malinconico. -Ho bisogno di fare chiarezza su cosa voglio davvero, allontanarmi un po’ da questa storia ed evitare che condizioni tutta la mia esistenza. - aggiunse, ammettendo tutte quelle cose che sino a quel momento aveva tenuto solo per lei, sforzandosi di non vederle. A quante cose aveva rinunciato per proseguire in quella ricerca? Di quanti affetti si era privata per paura? Forse quella scarica di adrenalina le sarebbe servita per dare una svolta più seria alla sua vita e capire in che direzione andare. -Ma ti prometto, che se dovessi decidere di andare avanti, di chiudere questa faccenda, tu sarai il primo a saperlo e non aspetterò ad informarti. - terminò e questa volta il sorriso si fece un po’ più aperto e sereno nel fargli quella promessa che di certo avrebbe mantenuto. -Eh.. sì, forse è meglio se a Taylor ci pensi tu, io non sono ancora in grado di affrontarlo. - ammise, il tono basso di chi faceva fatica ad ammettere di avere bisogno di aiuto, di non poter fare tutto quanto da sola. -Ora però godiamoci questa giornata per come ce la eravamo immaginata, lontani dal resto del mondo. - disse e quella era più una richiesta che un’affermazione. Aveva bisogno di quel tempo, di distrarsi, di godere di una giornata serena con qualcuno a cui voleva bene. Sentiva di non poterci più rinunciare.
     
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