Eyes like sinking ships on waters, so inviting I almost jump in

Lars ft. Maeve | Anthemis | 10.01.2021

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    Il vetro della finestra accanto alla porta di ingresso dell'Anthemis rifletteva la luce del sole in una miriade di riflessi colorati, riflessi che al passaggio di Lars davanti alla porticina in legno del locale di famiglia finirono per accecargli la vista per un secondo. Il fastidio passò via, lasciando posto alla sensazione di tepore quando fu abbastanza vicino all'entrata da poter essere inondato dai raggi del sole, schermando l'interno del locale attiguo alla via esterna di quel quartiere del centro, con la sua ombra. Aveva il pomeriggio libero. Finalmente era riuscito ad accordarsi per poter vedere Maeve per un té assieme, in modo che fosse tutta per lui. I rapporti tra lei ed Elias procedevano ancora a rilento e lui continuava ad essere il principale mediatore tra i due, con Liv come sua spalla nelle misfatte, intenti a poter cercare di riappacificare i due fratelli del tutto. Avevano provato ad escogitare una serie infinita di proposte atte a farli incontrare come se ogni vicenda fosse rivestita dalla situazione più normale di tutte, camuffando i tentativi improbabili dietro a scenari banali di vita quotidiana. La cena di Natale pre-Natale era stata l’ultima volta in cui tutti erano stati invitati ed avevano mangiato sotto il tetto di casa dei fratelli Berg. Malia e Ben avevano scartato tutti i regali che Lars e Liv avevano deciso di comprare ai bambini, e loro avevano optato per conservarsi un’altra chance per vedere l’altra coppia di fratelli e poter utilizzare un momento a ridosso delle feste per scambiarsi i regali tra adulti. Avevano aspettato poco dopo Natale per potersi rivedere, complice il fatto che ognuno di loro dovesse passare le feste con le loro famiglie allargate. I Berg dovevano approfittare di quei momenti per dividersi tra i genitori e i loro nuovi compagni, Maeve ed Elias dovevano pensare a passare i loro giorni di ferie con i bambini visto che il lavoro, soprattutto per Mae era sempre movimentato nei giorni di festa, e le giornate libere troppo poche. I turni in ospedale sotto le feste dovevano avere un sapore dolceamaro quando si sa, l’unico conforto che puoi portare a persone malate e sole in una corsia di reparto frenetica è un pò di gentilezza nei ritagli di tempo meno meschini. Lars scrollò le spalle, inebriandosi alla vista del sole che faceva capolino tra le nubi e le cime delle montagne più vicine all'orizzonte, sapendo che tempo di aver finito il pranzo sarebbe scomparso oltre le vette. Il buio avrebbe mangiato ogni spiraglio di luce e tutti i locali del centro avrebbero illuminato i contorni dei loro scorci di terreno e terrazzi, di ogni angolo al di là dei tavoli disposti in fila per accogliere i commensali e dei banconi con le loro proposte da offrire, negli ultimi giorni di festa.
    Poggiò la mano sulla maniglia di ingresso del locale, e spinse la porta per entrare dentro. L'Anthemis era sempre stato una seconda casa, e la presenza di Amarantha durante gli anni dell'infanzia aveva cambiato molte cose. C'era stato infatti un piccolissimo momento, anche se a lui premeva nasconderlo, in cui il sentimento di abbandono aveva fatto largo in lui, e questo aveva causato l'incupirsi del suo animo. Soprattutto il fatto che gli fosse toccato dividersi da Liv per abitare con il padre. Almeno la loro nonna sarebbe sempre stata con loro qualsiasi fosse la nuova famiglia che i due genitori avessero pensato di iniziare altrove, ecco cosa aveva pensato anni prima.
    Superò l'ingresso, sentendo lo scricchiolio del legno del parquet sotto ai suoi piedi man mano che avanzava all'interno della struttura. Salutò Serena, la cameriera che aiutava sua nonna e Liv nella gestione del locale, con un cenno della mano e un sorriso. Oltrepassò i primi tavoli più vicini all'esterno, e cominciò a togliersi i vari strati di indumenti che indossava quando cominciò a sentire il calore del riscaldamento del locale pizzicarlo troppo. Via il cappotto chiaro e il gilet che indossava, camicia e maglioncino azzurro erano abbastanza per rimanere nell'ambiente chiuso, al riparo dal freddo. Si guardò intorno, domandandosi se Maeve fosse già entrata e magari lo stesse già aspettando all'interno, seduta da qualche parte, ma non gli sembrò di individuare la sua figura. La sala da té era ben frequentata, anche per quel giorno, essendo fine settimana del dopo feste di Natale, quasi tutti i tavoli erano già occupati. Il chiacchiericcio delle persone sedute lo distrasse, e si riscosse quando pensò di dover occupare un tavolo anche lui per evitare di perdere il posto una volta che Mae l'avesse raggiunto. Lasciò il cappotto su una sedia accanto ad una seconda finestra del locale, occupando un tavolo per due lontano dall'ingresso, e si diresse in direzione della cucina, con ancora lo zaino con il pc e quello che aveva portato al lavoro quella mattina sulle spalle, per evitare di lasciarlo in bella vista sul posto incustodito. Si sporse, facendo capolino, oltre il corridoio dedicato al personale della sala da té, fino a vedere una figura riconosciuta impegnata al tocco finale della preparazione di una Chiffon Cake.
    « Ciao nonna. Tutto bene? » La salutò, rimanendo sulla porta, un sorrisone in volto solo per lei. La proprietaria del locale era categorica in quanto a pulizia e igiene del locale, non faceva più entrare il nipote in cucina da anni, a meno che non avesse dimostrato lei di lasciare tutti gli indumenti che portava fuori dal locale via in un angolo, igienizzato le mani correttamente e indossato guanti e grembiule. Diciamo che nonostante Lars fosse preciso non aveva poi voglia di cambiare totalmente mise solo per trotterellare accanto alla nonna per un pomeriggio. Piuttosto, rimaneva come un bravo soldatino sulla porta a guardare Amarantha indaffarata, che completava le sue creazioni prima di esporle al bancone. Scambiò due battute con la signora prima di ricordarsi di un particolare che sembrava essergli sfuggito di mente. « E Liv? Dove è finita? » Si guardò intorno, aspettando di vedersela spuntare di lì a poco, ma continuò a vedere l'unica figura di Serena affaccendarsi ai tavoli. « Torna più tardi, l'ho mandata a fare commissioni in giro. » Gli rispose la donna, prima di tornare a preoccuparsi dei biscotti nel forno. Una volta liquidato dalla nonna tornò al suo posto, lasciò lo zaino ai suoi piedi e finì di accomodarsi sulla sedia. Il locale aveva da anni una colorazione neutra nell'insieme, le pareti verdi e i ripiani di legno chiaro la contraddistinguevano alle taverne dei dintorni, ma la presenza di piantine sui tavoli e di fiori sospesi alle pareti creava un perfetto ambiente primaverile in qualsiasi stagione si trovassero, con le infiorescenze che coloravano di qua e di là gli angoli e i punti luce come chiazze di colore su una tavolozza.
    Fece appena in tempo a posare il telefono sul tavolino, doveva essere sempre reperibile se ci fossero state emergenze particolari in redazione, e poi alzò gli occhi alla finestra, vedendo al di là del vetro la figura di Mae avvicinarsi al locale.
    Le fece un cenno dal di qua dell'apertura della finestra, chiedendosi se fosse in grado di vederlo lì seduto ad aspettarla nonostante il riverbero del sole, e lei dovette intercettare subito la figura di Lars, perché la vide affrettarsi a raggiungere la porta di ingresso e sparire nell'androne oltre la sua visuale.

    Edited by wanderer. - 21/2/2022, 07:58
     
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    Anthemis. Se le avessero chiesto una parola soltanto per descrivere l'Anthemis, Maeve avrebbe scelto casa, perché pochissimi altri luoghi l'avevano fatta sentire a quel modo, come se entrarvi significasse fendere le acque sicure di un porto inespugnabile, dove neanche la tempesta più prepotente riusciva ad agitare il mare. Molte volte da bambina aveva infatti trovato rifugio sopra quelle sedie quando, usciti da scuola, si fermava a fare i compiti con Elias, Liv e Lars, magari davanti a un paio dei famosissimi biscotti di Amarantha. Era infatti mentre osservava la nonna dei suoi amici che a Mae era venuta per la prima volta voglia di provare a creare qualche dolce, idea che negli anni era diventata una delle più grandi passioni di Maeve. A quel posto doveva tanto, Mae, gli doveva il cuore scaldato da centinaia di cioccolate calde, i pomeriggi passati con gli amici aspettando che finisse di piovere e quelli spesi da sola a pensare. Doveva enormemente a quel posto, Mae, ma molto di più doveva alle persone che da quando aveva ricordo lo abitavano, le anime che avrebbe sempre associato all'odore del caffè macinato, dei tipi più disparati di tè, al profumo delle piantine sui tavoli e a quello del legno del mobilio. Infatti, più che un luogo, casa è le persone che ne fanno parte, e l'Anthemis con le stesse piante, gli stessi tavoli e gli stessi cuscini non sarebbe stato lo stesso senza Liv, Serena, Amarantha e Lars.
    E se casa era la parola che avrebbe per sempre associato al locale, quella di Lars era senza ombra di dubbio radici, fondamenta, qualcosa di solido che anche dopo averci costruito sopra, resta. Lo vide da fuori nonostante il riverbero accecante del sole, dal vetro Lars appariva come una figura un po' confusa ma non per questo meno riconoscibile, almeno per lei, che mentre passava sbirciò dentro la finestra, le mani a coppa ai lati degli occhi per creare un po' d'ombra che le permettesse di ritrovarsi il viso dell'amico davanti, la punta del naso quasi premuta contro il vetro mentre un sorriso grandissimo illuminava tutto il visto di Maeve. Durò poco, quel gesto un po' infantile forse acquisito da sua figlia, giusto il tempo di un sorriso e un ciao con la mano, anche quello era qualcosa che Malia avrebbe sicuramente fatto. Nonostante fosse lei la mamma e da lei Mumù avrebbe dovuto imparare, spesso la donna si trovava soggetta al processo inverso, prendendo dalla bambina atteggiamenti e movenze che forse non aveva mai posseduto prima, neanche durante la sua infanzia. Con la voglia di stringere l'amico in un abbraccio, resa ancora più grande dal fatto di aver appena visto il suo sorriso attraverso il vetro, Maeve percorse il perimetro del locale a passetti affrettati, le dita strette al cinturino della borsa appesa alla spalla, girando presto l'angolo per spingere la porta e lasciarsi avvolgere dal famigliare profumo dell'Anthemis. Finalmente a casa.
    Salutò Serena con un sorriso, prima di indirizzare i passi verso il tavolo all'angolo dove aveva visto Lars, le dita sottili che intanto scioglievano sul torso le spire della grande sciarpa e sbottonavano la lunga giacca beige così che, una volta vicino, non ci fu più niente da fare se non piegarsi su Lars per un abbraccio, storto ma strettissimo. Oh Lars! Ciao, come stai? Sembrava che non si vedessero da anni, e invece erano passati solo pochi giorni dalla cena di Natale. Con Maeve era spesso così, sempre troppo o troppo poco, le vie di mezzo non erano il suo forte. Quando lo lasciò finalmente andare, il suo viso era forse più stanco di quello che Lars ricordava, un paio di profonde occhiaie erano ciò che rimaneva delle notti passate sveglia nella sua metà del letto a tenere sott'occhio il respiro del marito, preoccupata che qualcosa potesse succedere a Malia durante il suo sonno. Nonostante ciò però, quel pomeriggio Mae irradiava la stessa luminosità di sempre, quella che dalle labbra arrivava agli occhi quasi senza sforzo, una tecnica perfezionata nel corso degli anni per celare agli altri, e forse anche a se stessa, tutti quei problemi che, se ammessi, avrebbero minacciato e distrutto la sua vita "perfetta". Cercò di non pensarci, si obbligò a non farlo, mentre sfilava via cappotto, sciarpa e cappello per poggiarli sulla sedia libera, sedendosi invece su quella si fronte all'amico. Si sistemò con una specie di saltello, le mani sfregarono fra loro in attesa che il tepore del locale facesse la sua magia e le scaldasse le ossa intirizzite, mentre gli occhi azzurri si soffermavano sui lineamenti e gli occhi chiarissimi di Lars dietro ai quali, poteva quasi immaginarle, le proprie radici avevano casa. Non far caso ai miei capelli oggi, o a me in generale se è per questo. sbuffò aria dal naso, con le dita che fra i capelli cercavano di sbrigliarne i nodi. È abbastanza pesante a lavoro, ma è sempre così durante le feste, lo sai. Deve essere bruttissimo essere soli e ricoverati, sopratutto a Natale, noi infermiere facciamo ciò che possiamo per rendere questo periodo il più normale possibile per tutti ma... Alzò le spalle con un sospiro rassegnato, proprio mentre le braccia si abbassavano e le mani lasciavano perdere i capelli per unirsi sul tavolo, congiunte in mezzo a loro. Quel sorriso che per qualche secondo aveva perso tornò in superficie come una boa che sale a galla, mentre Maeve girava un po' il busto per lanciare uno sguardo alla porta che dava nell'area da sempre proibitissima: la cucina di Amarantha. Tua nonna e Liv ci sono? Vorrei affacciarmi per un saluto. Senza entrare ovviamente, penso di non aver mai visto Amarantha così arrabbiata come quando invademmo la sua cucina cercando di assediarla per rubare più biscotti possibili. Ti ricordi? Dovevano essere passati almeno tredici anni dall'accaduto, ma ricordarlo le strappava sempre una risata. Tornò a guardare Lars, quel migliore amico che non ricordava si fosse mai escluso dalla sua vita nonostante non fosse sempre stata rosa e fiori, e pensò a quanto fosse grata di quei rari momenti insieme, solo loro due. Le mancava fare lo stesso con Elias, ma per arrivare a quello ci sarebbe voluto ancora molto tempo. Sai già cosa prendi? Forse una tisana è la cosa migliore per me in questo momento, ma anche uno dei cookies di tua nonna. Sfiorò con il polpastrello dell'indice una foglia della piantina usata a mo' di centrotavola, e dal verde della foglia le iridi della donna si fecero strada sulla camicia e il maglioncino stirato a tiro di Lars, perfettamente a pennello su di lui. Inarcò lievemente le sopracciglia. Mi svelerai mai il segreto del tuo attire sempre impeccabile? Anzi, non è solo questo! Sembri sempre uscito dalla lavanderia: faccia, vestiti e capelli perfettamente al loro posto. Ma come fai? Sono gelosa. Si osservò esasperata il vestito a camicia a scacchi che indossava, individuando subito qualche pelo di cane sulle calze nere. E loro neanche avevano un cane. Nonostante ricercasse sempre la proprio perfezione, Mae non era mai soddisfatta di sé, c'era sempre qualcosa fuori posto, una ruga di troppo, una piega sbagliata o, il più delle volte, tutto che non andava. Lo sguardo si riaccese non appena tornò su Lars, al quale mostrò l'espressione divertita di chi sta scherzando, più o meno. Aveva davvero un'aria sempre perfetta, lui. Non è che dopo il nostro tè del pomeriggio hai un appuntamento romantico? Si sistemò meglio sulla sedia, le mani all'altezza del volto a sorreggere la testa sotto il mento mentre si spingeva verso il centro del tavolo, come una bambina in attesa di una bella storia da ascoltare.
     
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    Il viso di Mae spiattellato sul vetro della finestra lo fece ridere di gusto. Un grosso sospiro gli scivolò via dalle labbra, come se avesse trattenuto un respiro lunghissimo e avesse dimenticato di espirare. Scosse la testa, Lars, come se stesse condividendo con se stesso un segreto a lui ben noto. Sentiva sulla pelle, nelle sensazioni che il suo corpo tendeva a ricordare improvvisamente, ogni volta, le abitudini che aveva dimenticato. Aveva la possibilità di tornare indietro nel tempo, o, forse, il tempo non era mai trascorso davvero quando si trattava di circondarsi della loro presenza. Proprio lì in quel locale, quei quattro tutti assieme avevano condiviso avventure incredibili, almeno, per la portata delle avventure che potevano vivere da bambini. Lars sapeva di essere totalmente diverso da allora, ma sapeva anche di essere in grado di ritornare il Lars bambino che era stato molti anni prima quando si ritrovava accanto alle sue persone, quelle che avevano costellato di momenti felici il suo passato. Così, anche un gesto molto semplice come ridere da solo, e ridere di Mae, del suo faccione sulla finestra, lo faceva ritornare nel corpicino piccolo che era stato a dieci anni. Era stato un bambino molto più grande per la sua età, con Elias che invece era molto più piccolo e ossuto di lui, e lo avrebbe nel giro di pochi anni sorpassato in altezza e prestanza fisica. Con loro sempre assieme le più piccole Liv e Mae: Liv sarebbe diventata in pochi anni incredibilmente forte per la sua stazza, e Mae sarebbe stata sempre Mae, la persona più dolce che avrebbe mai conosciuto.
    La guardò camminare per venirgli incontro, fino ad arrivare al tavolo dove si era seduto, raggiungerlo con passetti affrettati, nella sua giacca beige e la sciarpa tutta attorcigliata attorno al suo viso. Gli andò incontro, che Lars ebbe appena il tempo di alzarsi dalla sedia per accoglierla. Guardò il suo sorriso a una spanna da lui, senza finestra a far da tramite e divisorio tra loro, e si sciolse un pò, gettando via tutta la compostezza di cui era dotato. Vicino a lei diventava un Lars più buono, e forse era un Lars che ogni tanto gli piaceva, con molta parsimonia certo ma poteva andargli a genio quella versione più tenera di se stesso.
    Accolse l'abbraccio di Mae stringendola forte a sé. Anche il suo odore, come quello del locale di famiglia, gli ricordava il profumo di casa. Lars si sentiva a suo agio ovunque e dovunque, non si trovava mai in situazioni di disagio o imbarazzo. Non faceva parte di lui sentirsi mai di troppo, o non all'altezza di una determinata circostanza. Però la sensazione di appartenenza ad una cerchia, un gruppo di persone che fosse indiscutibilmente parte di sé e di cui potesse considerarsi membro esclusivo, la provava solo quando era al giornale, o quando si trovava in compagnia della sua famiglia. La sua famiglia erano loro, quelle stesse persone che erano state suoi compagni di giochi e con cui aveva condiviso le emozioni del diventare 'grande'. Le prime bevute, le sensazioni di vuoto allo stomaco per una cotta non ricambiata, lo stress da esami, la conquista della sudata laurea, i primi lavori pagati. E poi erano diventati grandi per davvero: una bambina e un bambino, Mumù e Ben, e due matrimoni organizzati, e pure un divorzio e un'altra pessima serata di bevute con Elias per aiutarlo a dimenticare - le bevute da trentenni in cui in realtà una bottiglia di alcolico non bastava più a stordirsi e si rimpiangeva quando era facile diventare leggeri dopo un bicchiere di birra. E altri aneddoti strambi, con annesso anche le giornate passate a far cose che non avrebbero mai immaginato, proverbiale divenne la giornata dedicata alla costruzione dei pollai per le galline di Elias, accidenti a lui, che Lars era tutto fuorché un uomo manuale, e Liv era stata molto più brava di lui a saper usare chiodi e martello, Mae aveva cucinato per loro tutto il giorno e Lars aveva finito per giocare con lei e i bambini in una casetta in legno a cucinare cibi inesistenti. C'erano così tanti avvenimenti che aveva condiviso con loro, alcuni brutti da fare pena, ricordi dai bordi scrostati, piccoli ritagli da dimenticare, altri bellissimi come tasselli iridescenti, tutti componevano un mosaico gigantesco. Era impossibile enumerarli tutti.
    « Ciao, liten sommerfugl. » Piccola farfalla. Mae era convinta di non essere mai perfetta, di avere tanti difetti. Combatteva costantemente con la sua voglia di fare e finiva per non vedere il bello delle cose che faceva. A Lars piaceva ricordarglielo. Era una farfalla bellissima, anche se lei immaginava di essere solo un bruco. E lui sapeva spesso leggerle dentro, anche quando lei tendeva a non mostrare cosa le frullasse nella testa. « Quanto ti stanno stressando in ospedale? Vedi perché ho scelto un lavoro che non comportasse il peso di salvare vite umane? » Mormorò, dopo aver preso il suo viso tra le mani appena avevano sciolto il loro abbraccio, e guardato i suoi occhi stanchi, un pò come una mimica di un dottore che in effetti controllava il suo paziente affinché avesse occhi vigili ed attenti.
    Non far caso ai miei capelli oggi, o a me in generale se è per questo. Lars incrociò lo sguardo di Mae e le lanciò un'occhiataccia. Corrucciò lo sguardo e fece una smorfia buffa delle sue, piegando le labbra come se volesse dirle si certo come no. E la ascoltò parlare. Una raffica di parole accompagnate da un tornado di movimenti, Mae continuò a muoversi sulla sedia cercando di districare i suoi capelli sotto lo sguardo attento e divertito del suo ormai pseudo fratello Lars. Un piccolo uragano di emozioni. È abbastanza pesante a lavoro, ma è sempre così durante le feste, lo sai. Deve essere bruttissimo essere soli e ricoverati, sopratutto a Natale, noi infermiere facciamo ciò che possiamo per rendere questo periodo il più normale possibile per tutti ma... « Mi dispiace, immagino che adesso il lavoro sia più che raddoppiato. E ti vedo, e ti conosco. Lo so che non ti stai prendendo cura di te come dovresti. » Sentenziò Lars, prendendo una delle sue manine pronte a districare i capelli che continuavano a danzare davanti al suo viso portando le ciocche sistematicamente dietro le orecchie. « Adesso c'è bisogno di te, ed è una cosa importante che tu sia pronta a far fronte a tutto quello che capita al lavoro. Però appena si calma un attimo la bufera dovresti prendere tempo per te. » Le sorrise, porgendole il menù che si trovava dalla sua parte del tavolo, anche se ricordavano entrambi molte delle consumazioni che c'erano sulla lista, c'era sempre qualcosa di nuovo che la sua Liv si divertiva ad infilare per provare nuove ricette e far rimanere la nonna sull'attenti e al passo con i tempi. «Magari potreste fare qualcosa tu e Rikke da qualche parte, e io e Liv ci teniamo Mumù. Tanto noi siamo due disgraziati single che possono sempre far festa.» Ammise, solo in parte a cuor leggero, come era sempre in grado di fare Lars. E poi come ripensandoci continuò. « Oh e Mumù adora Miele. Mi farebbe un favore, lo trascuro un pò e se ne cura sempre Liv. » Ovviamente si riferiva al loro cagnolino, che per ovvi motivi aveva deciso quale dei due padroni temere e quale disprezzare, e Lars per una volta aveva perso tutta la sua autorità nei confronti del loro cucciolo. Miele era sempre stato competenza e delizia di sua sorella, e i bambini adoravano giocare con lui. Perciò tenere un pò in casa con loro Malia avrebbe fatto anche bene al cane, avrebbe potuto giocare davvero con qualcuno che fosse interessato a divertirsi tanto quanto lui. Magari avrebbe anche sorvolato sul fatto che potesse combinare qualche disastro in casa.
    Si fermò, prima di rispondere al come stai di Mae. Erano successe tante cose in quelle vacanze di Natale, e non era semplice per lui riassumere tutto in poche frasi da confessare, nonostante fosse sempre quello che voleva fare con chiunque, andare dritto al punto senza giri di parole. Poi quando si trattava di Grace andava tutto all'aria e non sapeva più come riusciva ad essere se stesso, a rimanere fedele senza tradirsi e a non vedere tutto oltre lenti colorate, filtrare la realtà per quello che era.
    « Io sto bene. Io sto sempre bene. » Cominciò, sembrando quasi un'ammissione di colpa. La vita di Lars procedeva felice, e le cose difficili non sembravano esserlo davvero così tanto per lui. La cosa più difficile che gli era capitata in vita sua era tentare di condividere se stesso e i suoi schemi con una persona che sì ammettiamolo, non fosse lui. E se c'era riuscito in tutti quegli anni di estrema pratica per la sua famiglia, per loro, qualcosa di buono poteva ricavare anche stavolta, vero? Chissà perché gli sembrava tutto diverso, erano due pesi e due misure completamente agli antipodi.
    « Il giornale sta andando forte. Siamo in crescita. Stiamo assumendo un pò di redattori, e abbiamo anche spazio per gli intern ben pagati. » Continuò, raccontando la sua routine lavorativa. D'altronde glielo aveva detto, lui aveva un lavoro che gli richiedeva di essere sempre puntuale e concentrato, le notizie non aspettavano nessuno, però non salvava vite umane, e non sarebbe stato in grado di essere tanto bravo in un lavoro diverso dal suo. Semplice. Il suo lavoro non metteva in gioco sentimenti. Il suo lavoro gli consentiva di sputare la verità, nient'altro che la verità. Come il suo potere.
    Tua nonna e Liv ci sono? Vorrei affacciarmi per un saluto. Senza entrare ovviamente, penso di non aver mai visto Amarantha così arrabbiata come quando invademmo la sua cucina cercando di assediarla per rubare più biscotti possibili. Ti ricordi?
    « Liv è scappata da qualche parte a far commissioni, non ho indagato oltre perché ho visto nonna trafficare, ma se ti affacci alla cucina la trovi lì. » Sentenziò, sporgendosi verso Mae e verso l'esterno del tavolo per indicarle il balcone e il resto della cucina oltre un piccolo corridoio sulla destra in fondo all'entrata. Era ovvio che fosse superfluo, il locale era sempre quello, anche se erano riusciti a restaurarlo dopo tanto tempo qualche anno prima e fosse incredibilmente moderno - merito dello zampino rivoluzionario di Liv - le stanze e gli spazi erano rimasti loro, e le cose continuavano ad essere ubicate esattamente come entrambi nella loro memoria potevano ricordare. E poi continuò a rispondere alla seconda parte della sua frase. Si, ricordavano entrambi la vicenda. Rise, prima di proseguire. « Sei sempre stata la sua preferita, eri l'unica bene educata, quindi tra tutti mi beccavo io gli scappellotti. Forse non ti direbbe niente neanche oggi. » Se lo ricordava bene quell'episodio, e lo faceva ridere ricordare quanto fosse stato discolo da bambino - era comunque quello più aggraziato dei quattro se proprio volessimo specificarlo, soprattutto in confronto a quell'elefante di sua sorella -.
    Sai già cosa prendi? Forse una tisana è la cosa migliore per me in questo momento, ma anche uno dei cookies di tua nonna. « Gli immancabili cookies, e una cheesecake al mirtillo, e una cioccolata calda... » Guardò il volto di Mae prima di proseguire con l'elenco, forse ci ripensò un pò e rifletté sul fatto che in effetti avesse molta fame, anche più del solito. « Ricordati che io sono un uomo, e che questo uomo qui non ingrassa mai. Però se vuoi prendo anche una tisana. » Sentenziò di nuovo, facendo segno a Serena di avvicinarsi a loro per prendere la loro ordinazione - la ragazza era ancora lontana e stava servendo altri tavoli.
    Mi svelerai mai il segreto del tuo attire sempre impeccabile? Anzi, non è solo questo! Sembri sempre uscito dalla lavanderia: faccia, vestiti e capelli perfettamente al loro posto. Ma come fai? Sono gelosa. Lars la guardò, e le schiacciò il naso tirandole un pizzico con pollice e indice della mano destra.
    « Questa cosetta qui? Ma no, la prima cosa che ho trovato nell'armadio. Ah-ah. » Indicò il suo maglioncino chiaro come gli occhi di Mae, e le fece una carezza sul braccio, come a volersi far perdonare. « Il mio segreto è che sono un iper perfezionista e sto male quando non programmo la mia vita, così tanto che impiego più tempo rispetto a quello che perdo a far tutto. Quindi faccio una scelta misurata e non penso, agisco. Non riesco a dormire se non ho le lenzuola stirate e soffro se non passo la polvere ogni mattina sulla scrivania dell'ufficio. Un grande problema comporta grandi responsabilità e gestione di disagi cronici. » Ammise a Mae, raccontandole con ironia proprio tutto quello che pensava. La verità era quella, e come sempre, il suo discorso non faceva una piega. Era nato in quel modo, Lars sapeva che più che farci qualcosa poteva solo assecondarsi e sfruttare quelle piccole imperfezioni per condurre una vita estremamente perfetta. Raccontata così aveva un suo senso, ma ammetteva solo con Mae il fatto che fosse chiaramente un disagio del non saper prendere le cose come venivano, ed essere iper pignolo non era agli occhi di nessuno una cosa normale e sana. « Ma non lo dico a nessuno, queste cose le dico solo a te, perciò mantieni il segreto! » Confessò strappando ad entrambi un'altra risata.
    Non è che dopo il nostro tè del pomeriggio hai un appuntamento romantico? E la risata tornò prontamente al suo posto, e Lars deviò lo sguardo e le sorrise laconico. Era arrivato il momento di raccontarle meglio cosa stesse succedendo nella sua vita.
    «Mi vesto sicuramente meglio ad un incontro con te sommerfugl Cominciò, stringendosi nelle spalle. Storse le labbra in una smorfia tutta sua, e tornò a guardarla in viso ammettendo una cosa impensabile. Forse che malgrado tutto fosse esattamente disfunzionale come tutti gli altri.
    « Però proprio di questo ti dovevo parlare. Non oggi, ma avrò presto un appuntamento romantico. E.. ho bisogno di una mano. »

    :flowerpower: mi scusassero lo spoiler, finalmente ho fatto straparlare Lars ahah
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    Edited by wanderer. - 21/2/2022, 07:59
     
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    Quando erano piccoli si divertivano a pensare a tutte le cose che avrebbero fatto da grandi. Erano tante le ore che Mae, Liv, Elias e Lars avevano passato sdraiati sul letto a creare elenchi ad alta voce che Mae intanto scriveva sul diario stracolmo e bisunto che si passavano, una settimana io e una settimana tu genere di patto. Era quasi sempre lei quella che annotava, l'amore per elenchi, liste e organizzazione già veniva fuori nella cura maniacale con cui faceva quasi tutto. Come se fosse compito di una bambina tenere insieme ogni cosa, dai sogni degli amici alla sua famiglia disfunzionale. Nonostante i tanti anni trascorsi Mae pensava spesso a quelle liste, sopratutto quando compilava il calendario settimanale delle cose da fare o quando appendeva al frigorifero l'elenco puntato della spesa. Pensava alle pagine e pagine riempite di cose che quei quattro avrebbero voluto fare nella loro vita e si ritrovava a sorridere in quel modo strano e un po' patetico che aveva di alzare e insieme abbassare l'angolo delle labbra ogni volta che sentiva nostalgia di qualcosa.
    In quel momento, mentre guardava Lars e lo ascoltava parlare, Mae cercò di ricordare alcuni dei sogni che la versione bambina dell'amico aveva avuto, chiedendosi quanti, ad oggi, avrebbe spuntato dall'elenco marcandoli come realizzati. Sperò fossero tanti. Lo sperò con tutto il cuore. « Mi dispiace, immagino che adesso il lavoro sia più che raddoppiato. E ti vedo, e ti conosco. Lo so che non ti stai prendendo cura di te come dovresti. » «AH!! Stai implicitamente concordando con me sul mio aspetto orribile. Avresti dovuto mentire e dirmi che sono belissima, grazie tante Lars!!» Si allungò sul tavolino per dargli un leggero schiaffo sull'avambraccio, le sopracciglia aggrottate nel centro e le labbra atteggiate a un srmofia-sorriso. Tornò indietro e, di nuovo col sedere sulla sedia, lì si sistemò il giacchetto e i capelli che Lars aveva provveduto ad ancorare dietro le sue orecchie in un gesto dolcissimo. Lei pensò solo ad assicurarle meglio per non farle più sfuggire, giocherellando poi con la fede dorata che portava al dito facendola girare per un po' in un senso e poi nell'altro. Quando nominò il marito Mae arrestò quel movimento che, consolidato negli anni, era dettato più dall'abitudine che dall'affetto. «Magari, si.» Abbassò palpebre occhi e ciglia e lo sguardo le finì su quel piccolo cerchio sottile all'anulare, poi allontanò di fretta le mani nascondendole sotto il tavolo come a voler celare così a Lars la verità delle cose che succedevano dietro le porte della loro casa, che ormai sentiva soffocante come un bunker blindato. «Oppure possiamo organizzare un weekend noi quattro più i bambini ovviamente. Potremmo andare a uno spa retreat, non sarebbe carino?» Aveva alzato lo sguardo e allungato di nuovo le mani sul tavolo come a voler raggiungere quelle di Lars, tornando a essere di nuovo l'entusiasta piccola farfalla che lui conosceva a menadito. L'idea di passare qualche giorno lontana da casa l'aveva illuminata più di quanto forse avrebbe dovuto fare, quante mogli non vedevano l'ora di allontanarsi dal proprio marito per passare dei giorni con gli amici? Immaginava fossero parecchie, anche se non tutte per le stesse sue ragioni che la facevano vergognare talmente tanto da non riuscire a parlarne ad anima viva. Così decise che era meglio concentrarsi sull'amico, cosa che la riempiva sempre di una grande energia come se, attraverso gli aggiornamenti che le forniva, Mae vivesse un po' della sua vita. Ma qualcosa nel modo in cui parlò le fece sospettare che anche lui, come lei, non stesse dicendo tutta la verità. Continuò dunque a guardarlo più indagatrice stavolta, cercando forse in quegli occhi grandi e chiari le risposte che cercava. Stava davvero bene? Era successo qualcosa? Qualcosa lo turbava? «Mi fa piacere sentire che al lavoro procede tutto bene ma...Come stai tu» essere umano e non tu capo redattore? Aveva allungato l'indice puntandolo su di lui come a specificare qualcosa, forse che si, era un bene che il giornale andasse a gonfie vele, ma quello che più le premeva sapere è come se la stesse passando Lars in quanto persona, non impiegato. Sia ben chiaro che se Mae evitava di parlare di Rikke era perché forse ancora non ammetteva neanche a se stessa la gravità della sua situazione e non perché volesse intenzionalmente mentire a Lars o, se è per questo, a tutti gli altri. Annuì quando la informò che la nonna era in cucina e Liv fuggita invece da qualche parte a fare delle commissioni, al che rispose che avrebbe fatto un salto sul retro prima di andarsene così sarebbe stato ancora più difficile porre fine alla giornata e avrebbe avuto una scusa per prolungarla il più a lungo possibile. Strabuzzò gli occhi rendendoli ancora più enormi del solito, Mae, quando lo sentì snocciolare le cose che avrebbe ordinato una volta che Serena fosse arrivata a servirli. Ancora una lista in grado di stupirla e farla ridere esterrefatta. «Assolutamente no, Lars. Lungi da me preventivarti di mangiare qualsiasi cosa tu voglia ora che so che madre natura non ti amava solamente quando eri un quattordicenne allampanato con un metabolismo sorprendentemente veloce e in grado di mangiare trecento grammi di pasta giornalmente senza mettere su neanche mezzo chilo, madre natura ti venera anche adesso, se non d più! » Espirò aria solo alla fine di quella lunghissima frase nella quale non aveva quasi respirato, poi iniziò a scuotere il capo fingendosi trasecolata. «Ho deciso, nella prossima vita non voglio rinascere semplicemente uomo: voglio rinascere Lars Aeron Berg» Rise di gusto, Mae, suono che non smise di uscire per un pezzo dopo lo scorcio decisamente colorito che Lars diede delle sue giornate. Gli voleva bene anche per quel suo modo d'essere che forse in molti non capivano e in cui lei per certi versi invece si rispecchiava, trovando in lui qualcuno con cui poter essere se stessa senza nascondere neanche le parti più peculiari del suo carattere. Crescere insieme aveva aiutato ad accostumarsi a quasi ogni aspetto l'uno dell'altra, e ormai non c'era davvero più nulla che potesse far cambiare l'opinione che Mae aveva dell'uomo seduto di fronte a lei. «Era davvero un monologo da fine film! Manterrò il segreto, promesso.» Disse con le guance accaldate dalla risata che faticava ancora ad estinguersi, ma l'arrivo di Serena aiutò a reindirizzare la conversazione su territori meno esilaranti. Ordinato brevemente il loro spuntino, Mae congiunse le mani sotto il mente per ascoltare le peripezie d'amore di Lars. Una cosa, quella di interessarsi alla sua vita privata, che non mancava mai di fare qualvolta ne avesse l'occasione. Capitava infatti che non si vedessero per un po', ognuno impegnato con il lavoro o la famiglia, quindi Mae approfittava di ogni momento di tempo che riuscivano a ritagliarsi per indagare bonariamente su di lui, preoccupata che non riuscisse a godersi quel lato dolce dell'esistenza e che si concentrasse troppo e solo sul lavoro. «Mi vesto sicuramente meglio ad un incontro con te sommerfugl.» Sorrise. Quel soprannome aveva sempre un effetto calmante e benefico su di lei, come una casa calda in cui tornare ogni volta. «Oh mio dio! Davvero?» Non riuscì a trattenere l'esclamazione, le mani prima sulla bocca, poi sulle guance e, infine, chiuse sul petto. «Chi è? Dove andrete? Come vi siete conosciuti? Lars ma è una notizia stupenda, voglio sapere tutto!!» Si muoveva sulla sedia come una bambina piccola, gli occhi grandissimi brillavano per l'eccitazione e la felicità. Ci teneva che Lars trovasse qualcuno in grado di colorare le sue giornate, qualcuno che fosse attento e che si preoccupasse di lui almeno la metà di quanto faceva lei costantemente. Si calmò solo leggermente quando Serena tornò con le ordinazioni, le fece un grande sorriso e poi allungò le mani brevemente verso il centro del tavolo per stringere quelle di Lars. «Sono emozionatisisma per te. Ora dimmi: come posso aiutarti?» Districò la stretta andando ad afferrare la tazza per prendere un sorso. La tisana le bruciò la punta della lingua. Osservò per qualche secondo l'amico e decise che, se non lo faceva ora, non avrebbe mai più trovato il coraggio. Inspirò tanta aria per poi dire molto velocemente. «Anche io ho incontrato qualcuno. Niente di romantico, per carità, ma ho rivisto il padre di Mumù.» Aveva abbassato la voce sull'ultima parte, guardandosi intorno come se avesse paura di essere sentita.

    Tesoro scusa per il ritardo e per gli eventuali (sicuri) errori. Non ho riletto çç
     
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    Rise con Mae, le fece il verso guardando il ridicolo schiaffetto che gli aveva rifilato sull'avambraccio, alzò gli occhi su di lei stirando le labbra verso il basso, quasi ad allungare il mento assieme. « Sai che male. Ma io te lo dico sempre che sei bellissima! » A guardarli da fuori sembravano due ragazzi di dieci anni di meno, appena ventenni, in preda ad una vera e propria scaramuccia amorosa, irresistibili tanto da non poter staccare loro gli occhi di dosso, in sintonia e all'unisono, in una sinfonia tutta loro. Insieme a Mae, Lars diventava buffo e adorabile, ed era sempre tenero come non gli capitava mai, quasi mai almeno. Ci pensò guardandola, tutta mosse e gesti, Mae era tornata al suo posto cominciando a giocherellare inconsapevolmente con la sua fede al dito. Forse non si era resa conto, o forse in realtà era lui che era diventato molto attento a vedere cose che non esistevano nemmeno, ma gli sembrò di vedere il suo sorriso raffreddarsi, il pensiero di fare un weekend da qualche parte con Rikke sembrò spegnerla, e poi riaccenderla ad una idea diversa. « Ci siamo conosciuti che eravamo troppo piccoli Mae, ti avrei sposato io. Ti ricordi quando ce lo dicevamo? » Mormorò, lasciandole un sorriso stretto, con una occhiata pensosa. Erano successe tante cose nella vita di Mae che l'avevano fatta crescere in fretta prima del tempo, probabilmente le cose sarebbero state tanto diverse per lei se avesse incontrato o non avesse incontrato qualcuno in particolare sul suo cammino. Ma tutto quello che era successo l'aveva condotta in una strada ben precisa, che Lars sapeva essere quella giusta, così come lo diceva a se stesso, anche quando a volte perfino la sua strada sembrava dovesse sfociare in qualcosa che poi non si rivelava per tale. Per quanto entrambi si sarebbero visti benissimo assieme, era anche vero che entrambi si vedevano con gli occhi di due fratelli, perciò sapevano entrambi che il gioco non sarebbe valso la candela, ma c'era stato un passato in cui se l'erano detti, e sarebbe stato divertente vedere cosa sarebbe successo invece. Quando si è bambini si dicono tante cose che poi non si possono sapere, ma loro nella loro ingenuità avevano già deciso che avrebbero fatto di tutto per rimanere sempre assieme, a qualsiasi costo, si sarebbero scambiati, le coppie di fratelli, e sarebbero diventati un'unica famiglia, sposando uno il fratello dell'altro, Lars e Mae e Liv ed Elias. Poi ad un certo punto dovevano averlo completamente scordato, ed erano andati avanti con le loro vite diventando grandi, diventando alla fine quattro fratelli, impossibile disegnarsi in vesti diversi da quelle. Tornò a fissarla negli occhi, rise all'idea che aveva espresso, ma lei avrebbe capito cosa intendeva. « Se ti fa piacere io ci sono per il weekend, e organizziamo qualcosa noi con le due pesti. » Sì, gli sembrò strano che non avesse detto nulla al suo suggerimento di passare un fine settimana con il marito, ma immaginò che anche lui, se avesse avuto una moglie, se fosse stato al suo posto, avrebbe pur voluto trovare il tempo di passare un fine settimana con le altre persone che contornavano la sua vita, senza per forza essere sempre assieme, tutti i giorni e nessuno escluso, con il proprio partner. Magari, nonostante gli orari impossibili che stava sostenendo all'ospedale, Mae riusciva tranquillamente a passare la sera con Mumù e Rikke, quando invece loro quattro tutti assieme non riuscivano più a ritrovarsi da molto tempo. « Anzi, è meglio così. Quando è stata la volta che ci siamo trovati tutti assieme? Non sarà facile, ma possiamo trovare un fine settimana che si incroci con i turni di ognuno. Ci farà bene. » Le disse, accantonando quell'idea infelice che aveva avuto per la sua Mae, pensando di essere diventato un uomo cinico e paranoico, perché se fosse successo qualcosa lei si sarebbe confidata con lui, senz'altro. Ma proprio perché tra Lars e Mae non c'era alcun tipo di barriera linguistica si fermò, e la guardò, prima di proseguire negli altri discorsi. Possibile che gli stesse nascondendo qualcosa?
    L'argomento di conversazione si spostò su Lars. Come stava lui? In effetti Mae non gli aveva detto una cosa sbagliata, lui era partito a raffica a raccontare della sua vita lavorativa. Ma per Lars era diventato molto difficile scindere lavoro e vita privata, lui era il suo lavoro, e se proprio glielo avessero chiesto, lui non avrebbe trovato nulla di negativo in tutto ciò. Doveva considerarlo un problema? Se gli avessero posto questa domanda per qualcun altro lui avrebbe risposto che poteva potenzialmente vederci un problema, ma per lui era motivo di grande orgoglio e soddisfazione personale. Questa volta però era diverso, e c'era una parte di lui che doveva dissentire. Era effettivamente successo qualcosa. Dove l'avrebbe portato ancora non lo sapeva, ma sentiva che qualcosa lo stesse portando davvero in una direzione, su quella strada che aveva pensato prima, e che aveva pensato tante volte, ma che poi si erano rivelate brusche svolte sulla traiettoria. « Sì, sto bene anche io essere umano in effetti. Ora ti racconto. » Sussurrò, e rise all'espressione di Mae che lo bacchettava sempre anche lei di non pensare così tanto a se stesso, non come gli altri esseri umani almeno solitamente facevano. Puntò l'indice che la ragazza aveva sollevato a mezz'aria e lo abbassò con il suo, in un gesto che sembrava tratto dalla famosa scena di E.T. La lista dei cibi che aveva enumerato e il fatto che dovessero prepararsi sulla loro ordinazione distrasse Lars e Mae dal procedere sugli argomenti seri della giornata, ed entrambi si lasciarono andare ai loro rispettivi monologhi dovuti al metabolismo sensazionale di Lars, che giustamente Mae recriminava in una prossima vita volesse esser suo, e il perfezionismo cronico dell'uomo, che comunque lui sapeva essere una qualità, ma sapeva riconoscerne parecchi limiti ed impedimenti. « Comunque sono d'accordo, anche io in una prossima vita vorrei rinascere me stesso. » Aggiunse, ma dovette ridere ed ammiccare di sottecchi prima che Serena si avvicinasse a loro per prendere le ordinazioni, per recuperare la sua solita compostezza. Elencarono la lista dei cibi che avrebbe preso principalmente Lars in quel pomeriggio, e un menù decisamente più moderato di Mae. La cosa più buffa di fare una qualsiasi consumazione all'Anthemis è che Lars non pagava comunque mai direttamente, ma rifilava quanti soldi potesse alla nonna in separata sede per contribuire alle spese del negozio, quasi come se fosse un investitore privato che lo finanziasse. E questo lo fece pensare che probabilmente era ora di investire in qualcosa che fosse diverso dalla sua auto, dal giornale, e dall'Anthemis, era oramai giunta l'ora. Tornarono ai loro discorsi privati, e lui si risistemò con il gomito poggiato sul tavolo, e la guancia fissata sulla mano, guardò lei fare lo stesso, con due gomiti sul tavolo e le mani racchiuse a cuore attorno al viso. Le attenzioni che dedicava al lavoro, quasi come se fosse un figlio per lui a dirla tutta, sembravano volare via lontane quando era vicino a Mae, come se il resto delle cose che li circondavano diventassero in effetti questioni di secondo piano. Era il suo turno di raccontare cosa stesse accadendo, eppure qualcosa bruciava ancora nella sua testa, ronzava un'idea che Mae non fosse solo stanca del suo lavoro e che gli stesse nascondendo qualcosa. Ma a vederla così felice sulla sua apertura, sul racconto che avrebbe dovuto darle della sua storia d'amore - non poteva chiamarla in altro modo vero? Neanche nella sua testa? - si sentì venire meno, non riuscì a dirle subito di frenare qualsiasi cosa per parlarle di lei. Le relazioni erano complicate, e lui più di tutti poteva dirlo. Come poteva passare, sondare il suo cuore, tornare indietro, senza pensare di lasciare una traccia, di farla sanguinare? Lui non voleva ferirla facendole dire cose che non voleva raccontare. « Oddio sì. È... strano. » Cominciò, stirando le labbra in un suo sorriso sornione. Non si era reso conto che avesse voglia di dirlo a qualcuno, di solito nelle sue avventure era discreto e dedicato, e lungi da nessuno giudicarlo scaramantico, era proprio fatto così. « Ok, ti racconto. » Sentenziò, come se stesse facendo una pausa per prendere aria, nel frattempo Mae si agitava sulla sedia cercando di trattenere inutilmente l'entusiasmo. Aspettò una manciata di secondi prima di schiarirsi la voce, con fare leggermente teatrale. « Sì stavo prendendo tempo chiedendomi se avresti preso il decollo. » Come un piccolo razzo pronto alla traiettoria di lancio. Questo lo pensò soltanto, perché l'immagine che aveva disegnata nella sua mente era buffissima, ma non voleva togliere il pathos al racconto che entrambi in effetti, anche lui, Lars essere umano, meritavano di condividere. « Ricorderai la storia di Parigi. Ecco, ve ne ho parlato un bel pò, anche se Elias e Taylor non mi hanno mai preso così tanto sul serio. » Rise e fece una pausa, ricordando quanto i suoi due migliori amici avessero in effetti preso a loro modo la storia pensando che Lars avesse avuto una cotta stratosferica per una persona ma poi si fosse perso a immaginare qualcosa che non esisteva. « Ho incontrato lei proprio a Besaid. Si è trasferita qui, e ci siamo incrociati, e adesso dobbiamo rivederci. » Si ammutolì, aspettò di riprendere consapevolezza del suo discorso sentendosi vagamente in imbarazzo mentre Serena portava le loro ordinazioni al tavolo. Lars corse a prendere tra le mani la tazza di cioccolata calda quasi come volesse ancorarsi a quell'appiglio, abbracciandola. Non era mistero che questa storia lo facesse sentire imbarazzato, e se non fosse stata Mae lì di fronte a lui non si sarebbe mai esposto in un racconto simile. « Ci stiamo già sentendo tanto, al telefono sì, aveva anche lei le feste con la sua famiglia e sistemare definitivamente pratiche del trasloco. Ci vedremo tra una decina di giorni. » Disse, finendo di guardare la superficie della cioccolata per prendere un sorso, e tornare a guardare lei, gli occhi verdi nei suoi.
    « Cosa posso fare che possa farle piacere? Che sia bello, sincero. A te cosa piacerebbe? » Sussurrò, a voce bassissima, ma sostenne lo sguardo di Mae perché voleva sentirsi proprio lì, a parlarle di qualcosa in cui credeva e che stranamente lo spaventava. Lars non si era mai definito un uomo romantico, Lars era un uomo tutto d'un pezzo, una persona imperturbabile, quieta e pacifica nel suo mondo, perennemente a galla. Adesso si sentiva come se stesse affondando, l'acqua arrivava da tutte le parti e lui si sentiva in un cubo, una scatola chiusa, senza via d'uscita. « No aspetta. Questo ha la precedenza. Cosa è successo? » Lo disse, senza articolare il suo pensiero, lasciò andare la tazza con uno sbuffo, soffiando la cioccolata sul bordo, e un baffo dipinto sul labbro per la foga. Che avesse collegato definitivamente i due argomenti e avesse visto qualcosa che avesse a che fare con la apparente apatia verso il marito poteva essere solo un caso, o potevano essere due indizi di un argomento molto più ampio a farne da contorno. Improvvisamente il suo mondo era scoppiato come una bolla di sapone, e adesso l'argomento Mae aveva la precedenza su tutto, pazienza, il Lars essere umano doveva aspettare.
     
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4 replies since 10/1/2021, 15:04   193 views
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