This is where we come alive

Elise & Rebecca

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    Lo sguardo fisso sul vetro della finestra seguiva silenzioso le gocce di pioggia che, una dietro l’altra, disegnavano il loro percorso su quella superficie trasparente. Non le era mai piaciuta la pioggia. Sin da ragazzina l’aveva sempre trovata triste: il cielo si faceva scuro, le nuvole coprivano il sole e tutto attorno a lei si riempiva di pozzanghere. Le macchine correvano ad alta velocità, senza curarsi di schizzare i poveri pedoni che arrancavano ai bordi delle strade, cercando di non farsi trascinare dal vento. Aveva perso il conto di quante persone aveva visto inveire contro un veicolo in corso dalla sua finestra. Li aveva osservati distrattamente, il volto appoggiato su una mano e la mente che viaggiava verso ben altri lidi. Aveva ricevuto una strana telefonata il giorno prima, da cui ancora non si era ripresa del tutto. Da quando era andata via di casa, diversi anni prima e aveva cercato di guadagnarsi da vivere da sola, i contatti tra lei e sua madre si erano ridotti ulteriormente. Non avevano mai avuto un grandioso rapporto, Karen non si era mai sforzata di mostrare interesse per lei e la sua vita, quindi appena le era stato possibile Elise aveva preso i suoi pochi bagagli ed era andata via. Sua madre non le aveva neppure chiesto dove stesse andando, se avesse bisogno di aiuto, di soldi. Aveva quattordici anni l’ultima volta in cui Karen le aveva lasciato qualche spicciolo per comprarsi qualcosa da mangiare e da allora si era ingegnata per procurarsi almeno il necessario a sopravvivere. Alitò sul vetro per appannarlo, iniziando poi a disegnare un fiore sgangherato su di esso, sperando che vederlo potesse rallegrarla, ma così non fu. A quanto pare sua madre aveva dei problemi di salute e quindi era stata ricoverata. Ancora non sapeva di che cosa si trattasse ma le aveva chiesto di passare a trovarla un giorno di quelli, visto che forse sarebbe andata per le lunghe e non voleva stare da sola dentro quella stanza che odorava di candeggina -Vedo se riesco a liberarmi, non posso prometterti nulla. - le aveva risposto, ma non ci aveva pensato seriamente prima di quel momento. La notizia non l’aveva scossa più di tanto. Non avendo notizie da lei da quasi un anno non era neppure sicura che fosse ancora in città. Le parole che le aveva detto però l’avevano fatta riflettere: non voleva stare da sola. Era incredibile quanto fossero simili e che ci fossero voluti tutti quegli anni per scoprirlo.
    Elise detestava la solitudine e faceva di tutto per riempire i silenzi, le stanze, per riempire il suo tempo con chiunque o con qualunque cosa. Al mattino risvegliarsi da sola all’interno della sua camera la faceva quasi impazzire. Un cliente l’aveva definita un animale da festa diversi anni prima e se sul momento si era sentita oltraggiata da quelle parole, più avanti aveva iniziato a pensare che fosse vero. si trovava molto più a suo agio in mezzo alla folla, a rumori, colori, piuttosto che nel suo silenzioso appartamento. Aveva cercato quello più grande che fosse riuscita a trovare, per segnare un netto distacco dalla casetta sgangherata in cui era cresciuta, dalla stanzetta che era stata tutto il suo mondo per anno. Però, dopo qualche mese, si era resa conto che le stanze troppo grandi la facevano sentire ancora più sola, insicura. Cercava continuamente di invitare degli amici a casa sua, per vederla animata, piena di vita, oppure finiva con l’invitarsi da sola a casa loro, piombando nei momenti più inaspettati soltanto per vedere un volto noto, come se non fosse in grado di sopportare il peso della sua esistenza da sola. Avrebbe potuto chiedere a Karen di andare a stare da lei, per farsi forza a vicenda, ma dubitava che fosse una buona idea. Non si erano mai trovate troppo bene nel condividere lo stesso tetto e ora che aveva qualcosa di suo non voleva che la donna cercasse di stravolgere l’equilibrio che si era creata, portandoci il suo. Forse aveva solo bisogno di una tazza di tè caldo insieme alla sua amica Arden e di una lucida chiacchierata insieme a lei. Arden sembrava sempre sapere che cosa dirle, come mettere ordine nella sua mente terribilmente incasinata. Era stata con quell’idea che l’aveva videochiamata il giorno prima, ma alla fine aveva evitato di fare parola di quell’incidente e le aveva chiesto di aiutarla a scegliere il vestito per quella sera. Rebecca l’aveva invitata a una festa a cui lei avrebbe dovuto partecipare e voleva trovare qualcosa di adatto da mettere. Ci sarebbero stati personaggi del cinema, magari persino qualche attore famoso e voleva essere perfetta per la serata. Dopo essersi provata praticamente ogni capo presente all’interno del suo armadio, con la voce di Arden a fare da sottofondo alla sua passerella, aveva optato per un abitolungo ma molto d’effetto, che l’avrebbe fatta risplendere come una stella. Aveva delle forme piuttosto semplici che non lasciavano scoperte molte parti del suo corpo, ma la fasciava in maniera morbida sui fianchi. Avrebbe ovviamente dovuto aggiungere qualcosa a coprirle le spalle, visto il clima invernale, ma dopo aver tenuto l’amica al telefono per due ore solo per il vestito e le scarpe aveva preferito liberarla e continuare il suo outfit da sola.
    Si spostò pigramente dalla finestra, raggiungendo la sua camera per iniziare a prepararsi. Era presto rispetto all’orario che lei e Rebecca si erano date per l’appuntamento, ma in fondo lei non le aveva vietato di arrivare in anticipo a casa sua no? Non le andava di continuare a trascorrere il suo tempo da sola, preferiva piuttosto raggiungerla e terminare di truccarsi a casa sua, o magari darle una mano con il suo vestito, insomma, qualunque cosa. Si era fermata ad osservare i fiori di metallo che teneva in soggiorno, un regalo di Dean di qualche anno prima. Le piaceva fermarsi e fingere di annusarli, come se potessero emanare un profumo. Era stato uno dei regali più belli che qualcuno le avesse fatto e la faceva sempre sorridere ripensare a quel momento. Si chiedeva spesso come avesse fatto ad essere così fortunata da incontrare quel bizzarro gruppetto e riuscire ad ambientarsi in mezzo a loro. Era ciò che di più vicino a una famiglia avesse mai avuto. Si era vestita con una certa calma, scegliendo anche un bel paio di orecchini e una collana e qualche altro accessorio da portare con sé, senza tuttavia aver ancora deciso se lo avrebbe indossato o meno e aveva terminato il tutto con qualche goccia di profumo. Avrebbe lasciato i capelli sciolti a coprirle le spalle, non aveva alcuna voglia di raccoglierli quel giorno. Aveva chiamato un taxi, così da non essere costretta a guidare per tornare a casa dopo la loro serata e aveva dato al conducente l’indirizzo dell’altra. Non le era sfuggita l’occhiata perplessa che le aveva rivolto quando l’aveva vista salire con quel vestito sulla sua auto, ma non aveva detto una parola, in fondo non gli doveva certo delle spiegazioni. Ci erano voluti pochi minuti per raggiungere casa dell’amica, un po’ fuori dalla città, vicino a una scogliera e, dopo aver salutato il conducente, che sembrava sempre più confuso, si era affrettata verso l’ingresso. Facevo freddo all’esterno anche se lei continuava a stringersi nel suo cappotto nero, sperando di riscaldarsi un po’. Aveva suonato il campanello e aveva atteso che l’altra aprisse la porta per sfodera uno dei suoi migliori sorrisi. -Lo so, sono in anticipo, ma non mi andava di stare da sola. Mi perdoni? - chiese, per poi raggiungerla all’interno, dove uno splendido tepore la avvolse, facendole sciogliere tutti i muscoli rattrappiti dal freddo. Abbracciò l’altra, stampandole un bacio sulla guancia. -Ah ciao comunque. E sei bellissima! Anche se non ti sei ancora vestita! - disse senza smettere di sorridere allegramente verso l’altra.
     
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    Il suo riflesso era un mimo impeccabile, seguiva ogni suo movimento perdendone solo i frammenti che uscivano al di fuori del vetro dello specchio a figura intera che si trovava davanti a lei. Rebecca girò su se stessa tenendo lo sguardo fisso sulla gonna leggera del vestito bianco che indossava, si fermò di nuovo con lo sguardo fisso nello specchio vedendo dietro le sue spalle un’ambientazione che conosceva sin troppo bene, un ricordo in differita si stava intrufolando nella sua mente. La casa di Besaid svanì nelle pieghe plissettate del tempo come l’abito bianco che indossava che le passò attraverso gli occhi così velocemente da sembrare solo un filo di luce. Cordelia danzava con suo marito Theodore ridendo con l’espressione felice dipinta sul viso dai lineamenti perfetti, un pittore doveva aver messo mano sulla sua crescita, la sua pelle pareva spennellata di luce come nessun’altra donna in quella stanza enorme. Rebecca non percepiva il proprio corpo, c’erano solo i suoi occhi in quel ricordo muto, osservava sequenze diverse alternarsi una dopo l’altra. Ricordava sin troppo bene quel ballo di beneficienza, era stata la prima volta in cui aveva litigato con sua sorella perché si era permessa di dare un bacio sulla guancia di Theodore davanti a tutti. Il problema non era il gesto d’affetto, se fossero stati senza pubblico non avrebbe avuto la stessa importanza, invece a quel modo aveva minato la sua autorità. Avevano gridato parecchio chiuse dentro lo stanzino delle scope, avvolte nei loro abiti griffati che stonavano lì dentro come due crisantemi a un matrimonio. Erano intervenuti Theodore e Lucas a separarle, dovevano averle sentite dal corridoio, avevano aperto la porta e avevano trovato una scena che non credevano possibile. Rebecca teneva Cordelia con le spalle al pavimento con una mano, mentre l’altra era sollevata in aria in un movimento mozzato a metà dalla sorpresa per il loro arrivo. Quella era anche stata la prima volta che aveva trovato il coraggio di reagire, cosa che non aveva mai fatto prima di allora perché ogni parola di sua sorella per lei era preziosa come scaglie d’oro incastonate nelle molecole d’ossigeno che respirava. ”Mi dispiace…” disse alzando le mani in aria, trattenne fieramente le lacrime sentendo gli occhi bruciare di dolore represso. Rebecca si lasciò aiutare da Lucas a rimettersi in piedi senza aggiungere altro, lasciò credere ai due uomini che era stata lei la prima ad aggredire fisicamente l’altra. Neanche quando si ritrovò da sola col minore degli Howard raccontò la verità, era lei ad essersela cercata, aveva meritato lo schiaffo che le aveva dato Cordelia per aver insudiciato la pelle di suo marito con quelle labbra che erano macchiate di peccato. Era lei il problema, era lei ad aver sbagliato. Come sempre.
    Il suono del campanello la risvegliò da quella pellicola che la sua mente aveva messo in onda, si affrettò a togliere il vestito di Cordelia riponendolo sulla sua stampella prima di uscire dalla stanza bianca come la chiamava lei. Chiuse a chiave la porta per poi appendere nuovamente alla catenina che portava al collo la piccola chiave dorata, la teneva sempre con se’ a mo’ di collana perché non avrebbe mai permesso a nessuno di entrare nella stanza bianca quando lei non era presente. Non era una cosa di cui parlava volentieri, solo due persone sapevano il significato di quel nome in codice, uno era Theodore Howard, l’altra l’attendeva dietro la porta d’ingresso in quel momento. Rebecca si precipitò a piedi nudi giù per la grande scalinata di legno scuro che conduceva al piano di sotto, non si era coperta a sufficienza per accogliere un’ospite, ma Elise l’aveva vista indossare abiti che la rendevano ancora più nuda di quanto non fosse in quel momento solo con una vestaglia di satin indosso. Arrivò al portone assieme a una delle cameriere, ma le fece cenno di fermarsi, ”si tratta di una mia amica, non c’è bisogno di formalità, Dotty.” disse allungando una mano sulla maniglia per aprire il portone di dimensioni spropositate rispetto alla padrona di casa. ”Non ho niente da perdonarti, puoi venire con tutto l’anticipo che vuoi, persino in flashback se ti va.” le rivolse un sorriso radioso, libero dalle ombre da cui si era lasciata avvolgere nella stanza bianca. Si lasciò baciare sulla guancia per ricambiare il gesto con affetto, stringendole il viso con entrambe le mani senza esercitare troppa pressione, giusto quel po’ per dare una forma buffa alle guance della sua amica per un istante. ”Oh, grazie. Pensavo di venire così al after party della premiere, susciterei abbastanza scalpore?” si afferrò il seno poco prosperoso comprimendolo con le mani per dare l’illusione ottica che fosse più grande, lasciando che debordasse appena dal reggiseno nero. ”Comunque la vera bellezza sei tu stasera.” sgonfiò di nuovo la postura impostata che aveva assunto per fingere forme che non aveva come faceva per i servizi fotografici per le riviste importanti. La faceva sorridere laconicamente quel pensiero, davanti all’obiettivo o alla cinepresa plasmava il proprio corpo e le proprie espressioni col solo scopo di creare bellezza anche laddove non c’era. ”Dotty, per favore portaci qualcosa di alcolico in camera mia, dobbiamo brindare al fatto che stasera Elise conoscerà il suo attore preferito.” si voltò verso l’amica con un sorriso divertito sulle labbra, le circondò le spalle con un braccio evidenziando la loro differenza d’altezza con quella vicinanza, Elise svettava di diversi centimetri su di lei non solo perché indossava i tacchi mentre lei era scalza. Le due si avviarono su per le scale per raggiungere la sua camera da letto, una stanza dominata da un’enorme finestra sul lato sinistro che dava su un piccolo balconcino dove aveva allestito un tavolino bianco con due sedie circondato da una serie di vasi di fiori che innaffiava personalmente tutti i giorni. Aveva scelto delle tipologie di fiori tra le più vivaci a livello di colori così da poterci giocare con la sua particolarità, alcune mattine – più di altre – aveva bisogno di sentir scorrere le sfumature del mondo tra le dita per poi rilasciarle in un’esplosione per sfogare i suoi sentimenti del momento. ”Sai già che dovrai aiutarmi con la chiusura lampo non è vero? Tratterrò il fiato come Elizabeth Swan ne I Pirati dei Caraibi, promesso!” si sfilò la vestaglia di satin nero lasciandola cadere sul pavimento, non indossava altro che un completo intimo in pizzo dello stesso colore. Lanciò un’occhiata maliziosa alla sua amica, ”volevo sedurti un po’!” disse con una risatina leggera prima di andare verso il grande armadio sulla parete nord della camera, sparì per un istante tra le ante delle dimensioni di due porte per riemergere col vestito che aveva scelto per la serata. ”Che te ne pare?” non un filo di disagio traspariva dalla sua voce per essere quasi nuda davanti ad un'altra persona, aveva perso il senso del pudore molti anni prima quando era solo un’adolescente i cui ormoni necessitavano una bussola verso la giusta via. Fece una giravolta come se lo indossasse, poi si fermò per lasciare che Elise le desse la sua opinione sincera, sapeva che se non le fosse piaciuto glielo avrebbe detto senza farne mistero.

    Edited by Aruna Divya - 2/4/2022, 09:39
     
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    Osservò le sue unghie, perfettamente smaltate di un rosso scuro e intenso mentre la macchina su cui viaggiava avanzava verso la parte più esterna della città, dove risiedeva la sua amica. Lei non credeva che sarebbe mai riuscita a vivere così distante dal cuore della città, dalla zona più chiassosa e rumoroso. Non percepiva tutto quel silenzio attorno a sé Rebecca? Non la spaventava l’idea di trovarsi da sola, con tutti i suoi pensieri? La sola idea la faceva rabbrividire, ma immaginava che l’amica, con tutte le persone che vivevano in quella casa insieme a lei per sistemare le faccende domestiche e ogni cosa di cui avesse bisogno, non provasse mai davvero la solitudine. Doveva essere molto più silenziosa la casa vuota di Elise, in città, di quanto lo fosse quella di Rebecca, vicino alla scogliera. Il silenzio alcune volte sapeva essere assordante per lei. Gridava contro il suo riflesso cecando di riportare alla sua mente tutti gli errori che aveva compiuto, tutte quelle cose che aveva cercato di seppellire nelle profondità di se stessa, ma che invece erano ancora lì. Non era mai stata brava ad affrontare i problemi, ma lo era molto a fuggire da essi, a ignorarli, nella speranza che, con il tempo, questi sarebbero semplicemente spariti da soli. Eppure, nonostante tutti i suoi sforzi di fingere che quei ricordi non esistessero, quelli riuscivano sempre a tornare a galla, in un modo o nell’altro. la malattia di sua madre ad esempio, anche se ad essa ancora non sapeva dare un nome, le aveva fatto tornare alla mente Harald e tutto ciò che a lui era sempre stato connesso. Le sarebbe piaciuto poter strappare via dalla sua mente soltanto i ricordi più dolorosi, allontanandosi dalla città giusto il tempo necessario a farli sparire, come se non fossero mai accaduti, ma purtroppo nessuno di loro aveva il controllo su ciò che la loro memoria gli avrebbe portato via, una volta varcata la soglie del confine per un tempo troppo lungo e lei non avrebbe mai voluto dimenticare i momenti più belli. Erano quelli che le permettevano di stare a galla, di continuare a vivere e a sperare che un giorno tutto sarebbe cambiato, anche se quel giorno sembrava non arrivare mai.
    Sorrise non appena la figura di Rebecca si palesò davanti ai suoi occhi, non perdendo neppure un istante prima di abbracciarla stretta a sé e salutarla. Solo in un secondo momento, quando le due si allontanarono appena, si rese conto che l’altra non si era ancora preparata e che si era precipitata ad aprire a piedi scalzi, facendole sapere che era sempre la benvenuta in casa sua, a qualunque ora. Non era semplice per lei ammetterlo, ma era importante per Elise sapere di avere delle persone su cui contare, qualcuno verso cui correre quando sentiva il bisogno di scappare dalla sua vita. -Scalpore dici? No, secondo me saresti perfetta e tutti ti invidierebbero. - disse, in risposta alla domanda scherzosa dell’amica che cercava di apparire più provocante di quanto non fosse in quel momento cercando di mettere in mostra il seno. Si guardò, quando l’altra ricambiò il complimento, rivolgendole poi un sorriso. -Ho solo cercato di non farti sfigurare, ma devi essere tu la star stasera. - continuò, con aria piuttosto tranquilla e decisa. Era Rebecca la vera invitata, lei era solo il suo +1. Accolse piuttosto allegramente l’idea di Rebecca di bere qualcosa prima di uscire, tirando fuori la prima scusa che le venne in mente, ossia che lei dovesse incontrare il suo attore preferito. Sorrise, in direzione di Dotty, fingendosi quasi emozionata a quell’idea, giusto per dare sostegno alla tesi dell’altra, prima di seguirla al piano di sopra, verso la sua camera. Una volta giunta nella stanza Elise venne catturata dai profumatissimi fiori che Rebecca teneva in vaso. Avvicinò il viso a quelle bellezze colorate, socchiudendo gli occhi mentre ne inspirava il profumo. -Vorrei tanto avere il tuo pollice verde. A casa mia non durano neppure una settimana. - ammise, ridacchiando divertita, per poi riportare l’attenzione sull’amica. -Ovviamente sai che sei già tu la mia attrice preferite e che non avrò occhi per nessuno, non è vero? - domandò poi, facendo un saltello per andare ad accomodarsi sul letto di lei, con un sorrisetto un po’ sbruffoncello sul volto. Non si faceva mai troppi problemi a dire che cosa pensava.
    Annuì tranquilla quando Rebecca la informò che avrebbe dovuto aiutarla con la lampo del vestito, per poi liberarsi della vestaglia e rimanere semplicemente con un completo intimo indosso. -Oh beh, non serviva molto impegno, mi hai conquistata il primo giorno che ti ho vista Pink Lady! - ribattè lei, con un sorriso divertito, mentre riportava alla mente i ricordi della prima volta che si erano incontrate. Trovava buffa la parrucca rosa che Rebecca indossava quando voleva passare inosservata, ma nonostante tutto le stava bene. era diventato quasi un tratto distintivo di Rebecca, per Elise, da quando aveva scoperto il suo segreto. La vide sparire all’interno di un grande armadio, per poi tornare con un vestito che sembrava essere stato fatto solo per lei. Saltò in piedi quindi, raggiungendola quando l’altra glielo mostrò, per aiutarla a metterlo indosso. -E’ B E L L I S S I M O. - disse, con una certa euforia, mentre l’altra faceva una giravolta, posando appena il vestito contro la sua pelle, giusto per farle vedere l’effetto. -Sembra fatto proprio per te, la scelta migliore di sempre. Andiamo principessa, ti do una mano a indossarlo. - aggiunse, gesticolando appena con le mani per chiederle di stare ferma così da poterla aiutare. Prestò molta attenzione con la lampo, scostandole i capelli di lato per evitare di tirarglieli o di incastrarne qualcuno. -Trattieni il respiro. - le chiese, quasi per scherzo, facendole poi cenno con la mano di rifare la giravolta, una volta terminato il rito di chiusura. -Perfetto, proprio come pensavo. - disse, mentre Dotty bussava dall’altro lato della porta, comunicando che aveva portato ciò che Rebecca le aveva chiesto. Attese che fosse la padrona di casa a ricevere l’inserviente, dandole giusto una mano a prendere il vassoio e appoggiarlo quindi sul tavolino, a cui si accomodarono entrambe. -Quanto tempo abbiamo prima di partire? E soprattutto… chi ci accompagna? - domandò, curiosa, mentre prendeva un bicchiere e iniziava a sorseggiarne il contenuto con tranquillità. Tutti i pensieri tristi sembravano essere di nuovo solo un ricordo lontano che non era più capace di raggiungerla. -Raccontami un po’.. cosa si festeggia stasera? E chi sono i fortunati che ci stanno simpatici? - chiese ancora, sfoderando tutte le curiosità che aveva tenuto per sé sino a quel momento, continuando a sorseggiare, per poi fermarsi per un momento. -Ah ma.. dobbiamo sistemare i tuoi capelli e il trucco.. e lo smalto! - disse, come se fosse stato un atto dovuto e non qualcosa che Rebecca poteva scegliere. In quei momenti “tra ragazze” Elise si faceva sempre prendere dall’entusiasmo e non riusciva più a stare ferma. Era come se tornasse ad essere la ragazza spensierata che non era mai stata davvero. -Dovranno parlare solo di te, quando scriveranno di questo evento, non accetto che qualcuno ti rubi la scena. - decretò, con aria irremovibile, per poi rivolgerle un leggere occhiolino e attendere che l’altra le mostrasse i suoi trucchi e le sue idee per il parrucco. Immaginava che si fosse qualcuno addetto a quelle cose tra gli inservienti che vivevano con lei, ma voleva comunque dire la sua a riguardo. Tutto doveva essere perfetto prima di avviarsi verso la loro meta.
     
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    Se ripensava all’ultima premiere a cui aveva partecipato il suo cuore perdeva un battito, aveva rovinato completamente la sua reputazione col crew della serie televisiva che stava girando. Quella notte aveva bevuto così tanto che, quando avevano annunciato che avevano vinto il premio per la miglior serie televisiva, Rebecca era inciampata sulle scalette che conducevano al palco. Al suo turno di parlare e ringraziare le persone che l’avevano aiutata a realizzare quel progetto, aveva iniziato a ridere e il regista l’aveva allontanata dal microfono prendendo la parola al suo posto per nascondere la vergogna di quel momento. Se non fosse stato un nome che portava fan alla serie, dopo quella serata sarebbe stata licenziata in tronco, invece si era presa le grida del regista e dei produttori ridendo senza freni. Non era così ubriaca dal giorno in cui era morta sua sorella. Ogni tanto ricadeva in quel vizio che le faceva perdere la dignità ai limiti della decenza, si rendeva ridicola e bisognosa di essere controllata come una ragazzina in preda a una crisi da eccesso di zuccheri. Dopo quell’increscioso incidente le telecamere e i media erano puntati su di lei, a ogni evento a cui partecipava si aspettavano che tornasse la Wild Rebecca - come l’avevano soprannominata su un paio di riviste – pronti ad annotare ogni suo più piccolo errore. Non era più capitata una cosa del genere dopo quella serata, aveva continuato a bere, a fumare sigarette di dubbia provenienza, ma lo aveva fatto in privato, lontano dalla ribalta. Il suo caschetto rosa che le era valso il nome di Pink Lady, l’aveva salvata dai paparazzi varie volte, con quella parrucca sintetica si sentiva libera e vera. Poteva essere triste, arrabbiata, fragile e con l’anima scompigliata, cosa che non le era concesso quando era struccata. C’erano poche eccezioni che le permettevano di essere se stessa con o senza caschetto rosa, tra quelle persone speciali c’era la ragazza che si trovava davanti a lei in quel momento, avvolta in un abito da mozzare il fiato. Elise era finita sul suo cammino per volere del caso e ci era rimasta per volere di entrambe, quella sera al Labirinto le loro vite si erano sfiorate per legarsi indissolubilmente.
    ”Allora dovrei cambiare vestito e venire così, mi fido ciecamente della tua opinione!” ridacchiò rilassando la postura tutta curve che aveva assunto per giocare a sedurre la sua amica. ”Non potresti mai farmi sfigurare, saresti bella anche in tuta. Anzi avremmo fatto parlare tutti i giornali se avessimo optato per un look sportivo. Sai che prima pagina io e te in tuta?” l’eco della prima risata si congiunse con la seconda che si liberò dalla sua bocca, in effetti avrebbe dovuto pensarci davvero a fare un’uscita outrageous per il pubblico e per i media. Si divertiva a osservare gli sguardi carichi di giudizio della gente, era diventato un piacere quasi perverso quello di voler sentire addosso gli occhi severi degli altri. Era così abituata a quelli della sua famiglia che la facevano sentire sporca anche solo per aver messo il rossetto, che ne aveva bisogno di quella sensazione di punizione sulla pelle. Lo aveva raccontato anche alla sua psicologa che certe volte si sentiva euforica quando veniva trattata male, quando veniva definita con appellativi che qualcun altro avrebbe lottato fieramente per scrollarsi di dosso. Rebecca indossava gli insulti con classe e con un piacere malsano che Astrid cercava di demolire dalle basi. Non era facile il percorso che stava affrontando con la sua psicanalista, gli anni a casa dei suoi genitori le avevano inculcato il pensiero che lei non fosse mai abbastanza e che meritasse di non essere trattata nel modo giusto. Certe volte digeriva più faticosamente un gesto d’affetto che uno schiaffo in pieno viso davanti a una platea. Era sbagliato, lo sapeva e ci stava lavorando su con impegno. Certi vizi erano difficili da perdere, ma con Astrid e i nuovi amici che si era fatta in Norvegia, era certa di riuscire ad allontanare le sue ombre interiori.
    Rebecca guidò Elise fino alla sua camera, sorridendo quando le disse che avrebbe voluto avere il suo pollice verde. ”Potrei regalarti un fiore al giorno, come un ammiratore segreto non troppo segreto. Così non dovresti curartene, ne avresti uno nuovo da sostituire ogni volta! Ci penserò su!” si voltò a guardare la sua amica che prendeva posto sul suo letto, pronta a vedere cosa aveva scelto per quella serata galante. ”Però così mi fai arrossire! Ho scelto la spalla perfetta per questa serata, mi fai sentire speciale più di quanto farebbe un uomo, sai?” si tolse la vestaglia con aria maliziosa, per poi raggiungere il suo armadio per indossare il vestito bianco che aveva scelto per l’occasione. Quando lo mostrò a Elise, la sua reazione entusiasta la contagiò, si lasciò aiutare a chiuderlo sul retro con un sorriso splendente stampato sulle labbra ancora struccate. Trattenne il fiato per davvero, esagerando coi versi di sofferenza per far ridere la sua amica. ”Se non fosse entrato come un guanto questo vestito, mi avresti sentita gridare per la prima volta! Me lo hanno consegnato stamattina, ero in ansia per il fatto che non ci fosse molto tempo per eventuali modifiche.” s’interruppe sentendo bussare alla porta, era Dotty che aveva portato rifornimenti di alcool come le aveva chiesto. Rebecca si avvicinò alla donna per darle una mano, posato il vassoio sul tavolino, prese il viso di Dotty tra le mani e le lasciò un bacio sulla guancia. ”Sei un tesoro, grazie.” si gustò l’espressione sconvolta che scosse i lineamenti del suo viso, ogni muscolo esprimeva sorpresa ad ogni più piccolo movimento. ”Se non ti sbrighi a uscire, ti do anche una pacca sul sedere, Dotty!” esclamò con una risata divertita. Osservò la cameriera uscire dalla camera scuotendo la testa, ormai avrebbe dovuto essere abituata ai suoi atteggiamenti sin troppo informali, ma il suo carattere irreprensibile le rendeva impossibile accettare quell’etichetta di comportamento fuori dalle righe.
    Rebecca prese la bottiglia di champagne e ne versò il contenuto in due calici, riempiendoli fino all’orlo. Sversò un po’ di champagne nel passare a Elise il suo bicchiere, non si preoccupò di asciugare il tavolo, ci avrebbe pensato più tardi. ”Avremo una limousine tutta nostra, passerà a prenderci tra un paio d’ore il mio autista personale.” mandò giù un lungo sorso, posando lo sguardo sulla sua amica. Elise era una delle poche persone che non giudicava le sue stranezze, anzi le comprendeva e ne rideva assieme a lei. Era questo che le aveva permesso di avvicinarsi a lei molto più di quanto si aspettasse al loro primo incontro. Così diverse, eppure unite sotto il segno di un’eccentricità che serviva a mascherare le loro numerose cicatrici sotto la pelle. ”Stasera c’è la premiere del nuovo film di uno dei miei coprotagonisti nella serie tv che stiamo girando. Ho promesso a Jonas che sarei passata almeno all’after party, lui è nella lista dei simpatici, assieme a Sharlene, Karl e Petar. Gli altri sono nel mio taccuino nero, soprattutto quello stronzo di Bjarne, a letto è fantastico, ma quando apre bocca…” sollevò le sopracciglia e strinse le labbra in un’espressione eloquente, parlare non era il forte di Bjarne, sapeva essere veramente rude e maleducato quando ci si metteva. Lui era uno di quelli che per Rebecca rappresentavano una valvola di sfogo fisica, alcune volte si era infilata nel suo camerino senza preamboli, senza parole, infilandogli la lingua in bocca e la mano nei pantaloni. Elise sapeva alcuni dei pettegolezzi sul cast della serie che stava girando da anni, erano arrivati alla seconda stagione e stavano per firmare la terza di The Wave. Secondo la stampa Rebecca e Bjarne avevano una relazione, ogni tanto inventavano notizie false sul loro conto, invogliando i fan a credere che il loro amore sul piccolo schermo fosse reale. Interpretavano il ruolo di due sopravvissuti a uno tsunami in un mondo distopico, Helen e Dan, i leader di un piccolo gruppo di superstiti in cerca di un modo per fuggire dal loro paese dopo aver scoperto che l’onda anomala era stata programmata dal governo. Una storia improbabile la definiva sempre Rebecca, eppure avevano riscosso un gran successo con quei personaggi ben delineati e caratterizzati in modo eccezionale dallo staff che si occupava della Story Script.
    ”Certo, quella è la parte divertente! Ti lascio dirigere lo staff, scegli tu trucco e acconciatura. Hai un gusto eccezionale!” finì in un solo sorso lo champagne che le rimaneva nel bicchiere, poi lo appoggiò sul tavolo prima di alzarsi in piedi e andarsi ad accomodare in braccio alla sua amica. Le prese il viso con entrambe le mani con un’espressione seria dipinta in viso, ”solo tu puoi rubarmi la scena stasera.” le diede un bacio sulla guancia, poi inclinò la testa rimanendo a osservarla. Si voltò di scatto quando sentì bussare alla porta, "avanti!" disse a voce sufficientemente alta per farsi sentire. Dotty entrò seguita da due gemelle dai grandi occhi blu, si distinguevano solo per il taglio di capelli diametralmente opposto: una li portava cortissimi e ossigenati, l’altra castani e lunghi fino a metà schiena. Rebecca sorrise a entrambe, incurante del fatto che potesse risultare una scena ambigua quella tra lei ed Elise, c’era il potenziale per un gran pettegolezzo. Le due gemelle non si scomposero, Olga e Terry scossero la testa, ormai conoscevano da diversi anni Rebecca e sapevano quanto le piacesse sconvolgere le persone. Per loro era solo una forma di egocentrismo, non sapevano nulla sul suo passato a casa Lewis ed era giusto che rimanesse un antro buio quella parte della sua vita. ”Olga, Terry… lei è Elise, il vostro capo per questa sera. Chiedete tutto a lei!” si alzò in piedi e si diresse verso la postazione da toeletta sul lato destro della stanza, proprio davanti alla grande finestra a vetrate. Si sistemò sulla sedia stando attenta a non sgualcire troppo il vestito.
    Dopo un tempo che Rebecca si rifiutò di misurare con gli orologi, si alzò dalla postazione della toeletta ammirandosi allo specchio soddisfatta. Non le restava che indossare le scarpe ed era pronta ad affrontare l’ennesima serata sotto i riflettori. ”Grazie, siete la mia salvezza!” congedò le due gemelle unendo le mani davanti al viso in segno di riconoscenza, curavano i suoi look da anni e non avevano mai sbagliato un colpo. Attese che fossero nuovamente sole per riportare la sua attenzione solo su Elise, ”pronta per andare?” afferrò le scarpe che aveva lasciato posizionate sul tappeto davanti al letto, poi prese sottobraccio la sua amica e le fece cenno di seguirla. Scesero la scalinata che portava all’ingresso, Rebecca era scalza, odiava l’unione di tacchi alti e gradini. Infatti indossò le scarpe solo una volta che s’infilarono nella limousine, c’erano stuzzichini e bevande alcoliche per un esercito, decisamente troppi solo per loro due. ”passiamo a prendere la mia agente prima di arrivare al party, lei mi fa da babysitter, sai?” afferrò una manciata di noccioline da una delle piccole scodelle disposte ordinatamente su un piccolo ripiano davanti ai sedili, poi si allungò in avanti aprendo la finestrella che le separava dal guidatore. ”Siamo pronte per andare, passiamo prima da Evelyn per favore.” richiuse la finestrella e si accomodò accanto a Elise, poggiando la testa sulla sua spalla. Non glielo diceva spesso, ma era la sua personale ancora di salvezza.

    Edited by Aruna Divya - 15/4/2021, 12:11
     
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    Sorrise, fiera dell’alta considerazione che l’altra aveva di lei, assumendo poi un’aria pensierosa quando l’altra propose un look più sportivo, che avrebbe senza dubbio fatto parlare tutti i giorni. -Beh, sai una cosa? Questa ce la teniamo per la prossima volta. - disse, allungando l’indice e puntandolo verso di lei, mentre annuiva tra sé e sé, iniziando a pensare a delle versioni di tute da ginnastica con i brillantini che aveva visto su internet di recente. -Potremmo organizzarci davvero con un look coordinato, magari delle tute con i brillantini, o le paillette, sì, dovremmo iniziare a darci un’occhiata in giro e trovare quelle perfette. Sai che colpo per tutte le persone alla festa! - continuò quindi, inizialmente molto seria, per poi scoppiare in una grande risata, mentre nella sua mente iniziavano ad apparire facce sorprese, poi colpite, poi quasi sconcertate. Lei sicuramente lo avrebbe trovato divertente, ma non era sicura che per Rebecca sarebbe stato un grande affare. Non era chiaro comunque se fosse seria o se scherzasse, a volte Elise tendeva a mischiare le due cose senza dare troppe spiegazioni. Era possibile che un giorno lo avrebbe fatto davvero, lei che dei pregiudizi degli altri si era sempre preoccupata troppo poco. Che parlassero se volevano, che dicessero tutto quello che gli saltava per la testa, a lei interessava solo stare bene, essere felice. Per quella sera tuttavia meglio restare sulle loro idee originali, sarebbero stato un po’ complicato cambiare abbigliamento in corsa. Quindi seguì l’amica al piano di sopra per permetterle di finire di prepararsi ed essere perfetta per la sua serata. Elise quella sera voleva solo restare sullo sfondo e lasciare a Rebecca le luci della ribalta, lei che era la vera invitata di quella festa. -Così però inizieresti a viziarmi. - le fece notare, lasciandosi andare ad un’altra risata cristallina, quando Rebecca s offrì di mandarle un fiore al giorno, così che Elise non dovesse prestare loro troppa cura. -Nah, direi che sarebbe troppo persino per me. Ho sempre i fiori di Dean dopotutto. -continuò, sventolando appena in aria una mano come a dire di lasciar stare quel pensiero. Certo, sarebbe stato molto gratificante ricevere le attenzioni di qualcuno tutti i giorni, sentirsi importante, ma c’erano altri modi per dimostrarsi quell’affetto e entrambe lo sapevano bene, visto che quel legame che si era intensificato nei mesi aveva fatto molto bene a entrambe. Per Elise non era semplice affezionarsi a qualcuno, fidarsi, ma con lei tutto era sembrato così semplice e immediato che non aveva voluto fare nulla per evitarlo. Certe volte le cose accadevano e basta. -E chi lo dice che abbiamo bisogno degli uomini per sentirci speciali? Noi ci bastiamo da sole! - ribattè, con fierezza, osservandola poi sparire dentro la sua cabina armadio. Si riteneva una ragazza indipendente, perfettamente in grado di stare da sola. Non aveva mai cercato una relazione seria e duratura con nessuno, si era sempre trattato di uscite fugaci, frequentazioni senza impegno. Gli unici a essere sempre rimasti nel suo cuore erano Eyr e Eld ma non glielo aveva mai detto, sarebbe stato complicato spiegare loro ciò che provava.
    Osservò estasiata il bellissimo abito di Rebecca, perfettamente calibrato tra il bianco e il nero. Era elegante e sensuale al tempo stesso e lei brillava con indosso qualunque cosa. La aiutò a chiudere la zip, ridacchiando davanti alle scenette che mise su l’altra, solo per scherzare e fingere che fosse più complicato del previsto chiudere quel vestito che invece le stava d’incanto. Era sul punto di rispondere al suo commento quando Dotty bussò alla porta della camera, mostrando un vassoio con ciò che le era stato richiesto. Rimase quindi in silenzio mentre la donna posava il tutto su un tavolino e Rebecca l’aiutava per poi invitarla bonariamente a lasciarle di nuovo sole. La cameriera sembrava una donna molto seria e ligia alle regole, di quelle che mal digerivano i cambiamenti o le cose inaspettate. La fece quindi sorridere vederla uscire con aria contrariata dopo tutte le manifestazioni d’affetto di Rebecca e le sue parole. Solo quando sentì la porta chiudersi Elise si mosse di nuovo, avvicinandosi all’altra che stava servendo due bicchieri di champagne, per poi rovesciarne qualche goccia sul tavolo mentre lo porgeva nella sua direzione. -Grazie. - le disse, assaggiandone un piccolo breve sorso mentre ascoltava qualche spiegazione sul modo in cui avrebbero continuato la loro serata. In effetti non si era preoccupata di sapere dove sarebbero andate e quante persone ci sarebbero state, prima di quel momento. Rebecca le aveva chiesto compagnia e lei aveva accettato, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, facendo il possibile per ottenere un giorno libero da trascorrere insieme a lei.
    Continuò a sorseggiare lo champagne, annuendo appena. Avrebbero atteso la limousine che le avrebbe condotte alla premiere del film di uno dei coprotagonisti della sua serie tv e loro avrebbero preso parte all’after party. Cercò di appuntarsi mentalmente i nomi delle persone che per quella sera le sarebbero state simpatiche e in maniera un po’ più indelebile quello che invece sarebbe sempre stato sulla lista nera. -Bene, eviteremo questo Bjarne e se necessario fingeremo che neppure esista. - disse, con aria compiaciuta, terminando il suo bicchiere per poi versarsene un altro e riempire un po’ anche quello dell’amica. Aveva già sentito qualcosa in merito a quel tipo e aveva quindi osservato il suo volto sulle copertine dei giornali ogni volta che le era capitato, giusto per imparare a riconoscere il ragazzo se mai se lo fosse trovata davanti. Era un mondo bizzarro quello delle star del cinema e della televisione, ma per certi aspetti non era poi così diverso dalla finzione in cui si immergeva lei per lavoro, giorno dopo giorno. In entrambi i casi le persone che osservavano dall’esterno non sapevano scindere la realtà dalla finzione. Aveva sentito delle storie assurde su alcuni fan che si convincevano fino in fondo che i beniamini sullo schermo fossero reali, facendo delle scenate assurde agli attori che li interpretavano nelle occasioni in cui non rispecchiavano più il personaggio di cui si erano invaghiti. Era una fortuna che invece, nel suo caso, nessuno andasse mai a cercarla al di fuori dell’ambiente lavorativo, non avrebbe di certo reagito con la stessa dolcezza e lo stesso decoro. Non si sarebbe mai lasciata avvicinare allo stesso modo nei semplici panni di Elise ed era in questo modo che si faceva scudo da tutto il resto del mondo.
    -Agli ordini capitano! - mormorò, portandosi la mano in cui teneva il bicchiere vicino alla fronte, osservando Rebecca che se ne stava tranquillamente seduta sulle sue gambe. -Nessuno ti ruberà la scena. - le rispose, allungando il collo per lasciare all’altra un piccolo bacio sul naso, proprio prima che la porta si aprisse, lasciando entrare la sua cameriera accompagnata da due gemelle con abbigliamento e acconciatura completamente diverse. Le osservò per un lungo istante, cercando di interpretare i loro sguardi e i mondi che dovevano nascondere dietro tutti quei dettagli diversi, ma si ridestò quando Rebecca la presentò alle altre due, agitando appena in aria una mano per salutare prima di terminare il contenuto del bicchiere e appoggiare poi il calice sul tavolo e mettersi all’opera. L’attrice si accomodò nella sua postazione di trucco e parrucco e Elise osservò interessata ogni movimento delle due gemelle che sistemavano con cura ogni aspetto del look di Rebecca. Era quasi invidiosa di tutte quelle attenzioni e per un momento desiderò anche lei di avere due gemelle tutte sue. Sorrise però, scacciando quei pensieri dalla mente, seguendo Rebecca verso la scalinata per poi procedere verso l’ingresso, dove le aspettava la limousine. Era sempre bello trovarsene una davanti, anche se non era la prima volta che viaggiava su di esse. Qualche cliente a volte l’aveva portata con sé, trattandola come una vera principessa all’interno di quelle auto dalle strane proporzioni. Se non avessero avuto la loro fama e il loro utilizzo sarebbero apparse soltanto come delle auto troppo lunghe e decisamente scomode da guidare. Lei poi di guida non era proprio pratica in generale, preferiva lasciarsi portare da qualcuno, prendere i mezzi pubblici o andare a piedi. La responsabilità di dover tenere un voltante tra le mani non le piaceva.
    Si accomodò al fianco di Rebecca, rivolgendo un’occhiata veloce alle bevande e agli stucchini che erano già stati preparati per loro, per poi rivolgere lo sguardo in direzione dell’altra e ascoltare le sue parole. Annuì appena sentendo parlare dell’agente di Rebecca. L’aveva incrociata una o due volte ed era capitato che l’amica gliene parlasse. Nella testa di Elise quella donna aveva presto l’appellativo di guastafeste, visto che voleva sempre decidere tutto lei e obbligare Rebecca a comportarsi in un certo modo in ogni occasione. L’immagine pubblica era un peso di cui certe persone non si accorgevano. -Dici che ci lascerà fare almeno due passi da sole? - scherzò, mentre l’altra avvisava l’autista del piccolo cambio di percorso, prima di posare la testa sulla sua spalla. Elise inclinò il capo verso il volto dell’altra, quasi a volerla abbracciare con quel piccolo gesto. -Andrà tutto bene. - sussurrò, come a volerla rassicurare, in caso fosse stata preoccupata per la serata. -E se qualcuno ti disturba ci penserò io. - aggiunse, mentre un sorrisetto compiaciuto e soddisfatto faceva capolino sul suo viso. Poteva sembrare una ragazzina fragile e indifesa con quel suo corpicino esile e il volto quasi etereo, ma nascondeva dentro di sé demoni pronti a uscire fuori alla prima occasione. Non era fatta di luce Elise, ma di un buio che si ripiegava in mille forme diverse, sempre nuove. A volte sembravano diradarsi, lasciando il posto a momenti di quiete, altre invece si facevano più spesse, come se non esistesse altro che quello, dentro e fuori da lei.
    Giunsero all’abitazione di Evelyn, l’agente di Rebecca e quando la donna salì sull’auto la salutò con un sorriso e un gesto della mano, senza tuttavia accennare a far spostare l’amica dalla sua posizione. Indossava un abito molto sobrio ed elegante e portava i capelli in un’acconciatura raccolta. Aveva l’aria di una persona che voleva passare inosservata, come se neppure avesse presenziato all’evento. Salutò entrambe, osservandole con attenzione, come a voler verificare i loro vestiti e accertarsi che potessero andare bene, anche se ormai non c’era molto che potesse fare per cambiare gli outfit. -Non dovreste già iniziare a bere. - le ammonì, osservando gli alcolici presenti su un tavolino dell’auto, coinvolgendo anche Elise perché non suonasse un rimprovero rivolto solo a Rebecca. Si trattenne dal rivelarle che avevano già iniziato a bere due ore prima, osservando l’amica per capire che intenzioni avesse. Non sapeva bene il punto limite dell’altra riguardo l’alcol ma conosceva il suo e non si era ancora avvicinata neppure alla fase brilla. -E… Rebecca, mi raccomando, cerca di comportarti a modo stasera, non abbiamo bisogno di altri scandali. - aggiunse, senza più riuscire a trattenere quei pensieri che si agitavano per uscire, creando delle piccole rughette d’espressione sul volto. -Ah Rebecca, stai molto bene comunque con questo vestito. - disse quindi Elise, ad un tratto, puntando però lo sguardo dritto su Evelyn nel dirlo, come a farle notare che non le aveva rivolto neppure un complimento. La vide irrigidirsi appena, colpita da quel velato rimprovero a cui non seppe bene come rispondere. -E’ vero, ma questo non cambia le cose. - fu l’ultima frase che le sentì pronunciare, con aria impettita, prima che l’auto si fermasse, lasciando intendere che erano finalmente giunte a destinazione.
     
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