The snaps from the same little breaks in your soul, you know when it's time to go

Lars ft. Elias & Liv | Casa Berg | 24.12.2020

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    Lars Aeron Berg | '88 | Daily News journalist | sheet
    Lars aprì gli occhi su un risveglio decisamente insolito per quella mattina. Era la vigilia di Natale. Aveva la giornata libera, il turno in redazione lo avrebbero gestito i suoi colleghi e il Natale sarebbe stata festa completa, che Liv e Lars avrebbero passato con la loro famiglia, in uno dei piccoli - forse rari - momenti in cui i loro genitori si riunivano assieme e tornavano ad essere la famiglia unita di un tempo. Si rannicchiò sotto le coperte facendosi spazio tra le lenzuola, rendendosi conto di essersi alzato troppo presto, ma almeno poteva bearsi della sensazione di tepore ancora preso dal torpore del sonno, prima di fare capolino dalla porta della stanza e farsi un caffé. Scivolò giù dal letto districandosi tra le coperte, guardando l'ora sullo schermo del cellulare dopo averlo sbloccato e staccato dal cavo in carica. 7.40 del mattino. Il sole sarebbe sorto un'ora dopo e lui si ritrovò indeciso se cominciare a cambiarsi o guardare le notizie sul suo ipad a letto. Ma prima di tutto, aveva bisogno di un caffé. Aprì la porta della camera in direzione della cucina. La casa di Lars e Liv era funzionale perché permetteva loro di avere due spazi completamente separati tra loro che comunicavano centralmente sulla cucina, sala da pranzo e salotto, tutto disposto in un grande open space dai mobili chiari e dalle vetrate che affacciavano sul centro città. Perciò Lars camminò oltre la sua stanza oltrepassando il corridoio che lo separava dall'ambiente centrale, e trascinandosi con un pò di sonnolenza sulle spalle raggiunse la cucina dirigendosi verso l'angolo dei fornelli. Il caffè preparato con il timer preventivo la mattina prima doveva servire a farlo riprendere alla giusta ora per aiutarlo a gustare il suo giorno di festa con un buon risveglio, ma se si era svegliato prima del timer ben poco lo strumento poteva aiutarlo: lo azionò lui, e la macchina del caffé in funzione cominciò a sprigionare nell'aria l'odore dei chicchi macinati. Si voltò in direzione dell'isola di marmo bianco, poggiandosi sul bordo, in equilibrio precario su fianco e gamba destra, e guardò fuori dalla finestra la città ancora immobile sotto un cielo scuro, appena illuminata da qualche lampione che si sarebbe spento di lì a poco. Afferrò una delle tazze dove beveva il caffé lungo al mattino, il mug azzurro con su stampato 'World's Best Boss' in nero che gli aveva regalato Liv al Natale di due anni prima, quando aveva avuto la promozione, e aspetto che la brocca fosse piena prima di versare il caffé fumante in tazza.
    Si fermò, sentendo un rumore alle sue spalle. Si voltò a guardare verso il corridoio se fosse stata Liv ad annunciare la sua presenza con qualche passo, ma non sentì più nulla. Tornò a riempire la tazza. Quando gli sembrò sufficientemente colma del liquido scuro la afferrò, portandosela alle labbra per berne un sorso bollente, e si diresse contemporaneamente verso il divano disposto a due metri dall'isola parallelamente ad essa.
    Si bloccò, sentendo una stretta allo stomaco, la schiena rigida. Strinse entrambe le mani sulla tazza per evitare di farla cadere rovinosamente frantumandola in mille pezzi sul pavimento, e ci riuscì per un soffio.
    « Ma che diavolo. » La tensione cedette, e si poggiò sul bracciolo del divano per osservare la figura del suo amico Elias, lungo disteso sul divano bianco con una copertina improvvisata da un maglione di Lars sui piedi, e un cappotto che doveva essere suo sull'addome. Aveva il viso corrucciato e sembrava agitarsi con qualche movimento brusco dei suoi arti nel bel mezzo di un sogno agitato.
    Lars si rilassò, sentendo l'adrenalina rilasciata per la paura di aver visto un corpo steso nella sua casa non bene identificato lasciare il posto a qualcosa di altrettanto meno confortante. Se ne era scordato. Per tutta la durata del giorno precedente avevano vissuto una rocambolesca avventura di una festa di matrimonio che li aveva lasciati frastornati - ed ubriachi - e loro erano tornati a casa in quattro scortati da qualcuno, anche se non ricordava più chi li avesse portati fino al loro appartamento, ma era sicuramente salito in una macchina diversa dalla sua. E poi Elias aveva dormito sul divano di casa, e in quel momento balenò in lui il dubbio che Taylor fosse anche lui nascosto in qualche angolo buio pronto a fare capolino dietro il corridoio e a fargli prendere un infarto, o magari fosse riuscito a raggiungere la sua abitazione durante la notte. Durante la notte aveva aiutato Liv a superare la crisi della bevuta eccessiva aiutandola ad armeggiare in bagno con tavoletta del wc, carta igienica e sostenerla durante le crisi tra un conato e l'altro.
    Elias aveva dormito a casa, ma entrambi avevano rimosso quel particolare preoccupandosi di quello che stesse succedendo tra le mura del bagno di casa. Era successo altre volte che Elias rimanesse da loro, non era una novità. Aveva dormito centinaia di notti sul suo divano, qualche volta anche sul suo letto quando erano troppo stravolti per pensare qualsiasi cosa che non fosse non voler negare a nessuno una meritata manciata di ore di sonno dopo una notte da leoni. Ma come doveva comportarsi con quello che era successo il giorno prima?
    Si alzò in piedi, cominciando a girare attorno al divano, seguendo le linee del tappeto semplice che avevano scelto per la loro casa i due fratelli, concentrandosi sul camminare dritto sulla linea che separava tappeto e i tasselli del parquet, dentro e fuori, una condizione e l'altra.
    Non aveva mai visto Elias sotto quella luce. E in effetti non sapeva dire a quel momento se fosse una cosa buona o cattiva. Non era solo la constatazione che non avesse mai pensato di poterlo prevedere, ma il fatto di non aver mai guardato il suo amico come se potesse essere capace lui a sua volta di guardare sua sorella con occhi diversi. Si chiese dove avesse avuto la testa fino a quel momento. Proprio lui, si era lasciato trascinare e convincersi di uno stereotipo che non poteva essere attribuito con tanta leggerezza al suo caso. Ricordò in quell'istante l'espressione di Elias il giorno prima, quando Liv aveva mostrato a tutti il vestito che aveva scelto per partecipare al matrimonio, ed Elias era corso raggiante ad accoglierla. Ecco. Forse qualcosa stava cominciando a tornare al suo posto, all'ordine sbagliato delle cose. Forse si era posto male lui di fronte ad un avvenimento che non aveva pensato potesse succedere. Il cosa sarebbe successo se Liv fosse cresciuta anche agli occhi del suo amico più fraterno, quello che conosceva da quando erano entrambi sbarbati e avevano occhi solo per giocare, era un momento che non pensava potesse accadere, non a lui, non a loro. Si rabbuiò, rabbonendosi mentalmente di lasciar stare anche la considerazione del poter pensare le abitudini a cui era ancorato, o di quello che aveva creduto fino a quel momento. Lars poteva mettere la mano sul fuoco sul fatto che Mae fosse una sorella per lui, ed Elias era sempre stato un fratello per lui e per Liv allo stesso modo.
    Interruppe il suo percorso cadenzato sul tappeto rendendosi conto di dover controllare cosa fosse a successo a Liv durante la notte da quando non era più andato a controllarla. Camminò lentamente con i calzini sul tappeto e poi sul pavimento per cercare di non svegliare Elias, almeno non in quel momento che non sapeva ancora cosa pensasse della storia. Doveva prima parlarne con Liv. Mentre attraversò il secondo corridoio verso la stanza della sorella gli arrivò alle orecchie il suono dell'acqua che scrosciava dalla doccia. Liv era già sveglia.
    Aprì la porta del bagno, scorse subito la sagoma di Liv nella doccia che veniva bagnata dal getto d'acqua oltre la porta a vetro della cabina. Sospirò, rendendosi conto che almeno era in piedi. Gettò un'occhiata veloce al pavimento di piastrelle sperando di non aver lasciato nulla in disordine nella confusione della nottata, e poi fece capolino dalla porta del bagno verso la camera di Liv tentennando sul voler entrare e aiutarla a sistemare, ma la sorella chiuse il getto d'acqua subito dopo e non ci fu più bisogno di chiedersi cosa fare. Prese l'accappatoio appeso alla destra della doccia e mentre lei apriva la porta lui arrivò ad abbracciarla con l'accappatoio caldo coprendola, e strofinandole la testa e i capelli con il cappuccio. Gli sembrò essere tornato ragazzino e lei piccola, come se avesse bisogno di lui come allora.
    « Buongiorno sorellina. Scusa il brusco assalto ma abbiamo un sacco di cose di cui chiacchierare. Come ti senti intanto? » La fece voltare verso di lui, e chiuse la cinta dell'accappatoio come un novello, bravissimo, super papà. Sospirò rumorosamente vedendo il suo sguardo vagare confuso nei suoi occhi.
    Non sapeva più se fosse in grado di definire la sera prima come un incidente banalissimo. Se un bacio tra loro potesse significare altro, e lui doveva solo lasciare che accadesse senza pensare alle pieghe che avrebbero preso le loro cene assieme, i loro momenti tranquilli, le serate a scherzare con Elias e a cucinare con Liv. Una serie di immagini che non credeva potessero svolgersi più avanti nella loro vita allo stesso modo.
    « Quanto ricordi di quello che hai fatto ieri sera? »

    Edited by wanderer. - 21/7/2021, 16:55
     
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    Liv Frida Berg
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    Aveva due vite: una chiara, manifesta e nota a tutti coloro che avevano bisogno che così fosse; e un’altra che scorreva segretamente.

    Mentre il mondo fuori si lasciava cullare dalla dolce scura notte, la luce flebile del comodino illuminava la stanza chiara della ragazza insonne. Nel tentativo di chiudere gli occhi, la stanza iniziava a girare rovinosamente espandendo un emicrania ed un senso di nausea incolmabile. Sdraiarsi, era la scelta peggiore di tutti, motivo per cui cercava di addormentarsi seduta, appoggiata sul cuscino morbido che avrebbe voluto solo come poggiatesta. Inutile, niente di quella stanza riusciva a stare fermo, in una danza sottosopra che le accentuava la nausea. Iniziava a girare con calma, poi sempre più velocemente fino a quando non si ritrovava costretta a dover correre nel bagno di quella casa che permetteva ad ognuno, la sua privacy ed i suoi spazi. Il far poco frastuono, era l’ultimo dei suoi problemi in quel momento, tanto che era riuscita ad inciampare la metà delle volte nel tappetino che avevano in bagno, facendo rovinosamente cadere - nel cercare di riprendersi - le creme ed i profumi appoggiati sul piano lavabo. Merda! obiettava tra sè e sè, ogni volta che i conati di vomito si facevano più forti fino a farle rigettare tutto quanto aveva avuto la malaugurata idea di ingerire la sera prima. C’è un motivo per cui preferisci essere astemia Liv, che cazzo ti è venuto in mente? continuava a blaterare ed imprecare tra sè, mentre abbandonava la voglia di tornare in camera sua, per trovare stallo all’interno del bagno. La testa, appoggiata sul coprivaso del wc che all’evenienza alzava prontamente e richiedeva, per limitare un pò il terribile odore di acido e di morte. Dio, che schifo! continuava a lamentarsi, mentre le forze la stavano lentamente abbandonando, nella speranza di trovare un po’ di pace e di sonno, anche in quella condizione pietosa. Fù verso le quattro del mattino, che Lars probabilmente si accorse di lei, cercando il suo posto all’interno del bagno per fare la pipì. Liv aveva occhi stralunati, che si alternavano tra la pesantezza del sonno e la disperazione di uno stomaco da gettare. Si trascinò appena verso la doccia, per fare spazio al fratello che, prima di fare i suoi bisogni, imprecò nei suoi confronti per non averlo chiamato. Ma d’altronde cosa poteva fare? Reggerle la testa? Farle compagnia? Le labbra di Lars presero nuovamente a parlare, mentre le orecchie di Liv non riuscivano a percepire nessun suono nella propria testa, se non un forte brusio. Ti prego, la tua voce è come un trapano nella mia testa lo supplicò lei. Passarono il resto della notte in bagno, tra un conato di vomito e qualche carezza del fratello sulla testa della giovane, nella speranza di alleviare le sue sofferenze. Non ricordava quando si addormentò, appoggiata con la testa sulla sulle ginocchia del fratello. Si risvegliò la mattina presto, nel suo morbido letto e probabilmente fu proprio Lars ad accompagnarla in camera, issandola tra le proprie braccia: era ormai l’alba, ma un sonno profondo la raggiunse dandole finalmente un po’ di pace. Non riuscì a dormire molto quella notte e la mattina, si svegliò presto disidratata e con la sensazione di essere uno straccio sporco, aveva bisogno di una doccia e di rinnovare le lenzuola del letto che odoravano di fumo e di acre, il classico odore post-serata alcolica. Non aveva la forza di farlo da sola, pertanto si limitò a disfare il letto e spalancare le finestre. Ci avrebbe pensato poi, magari con l’aiuto del fratello, a rifarlo.

    Il rumore dell’acqua che scendeva dalla doccia, la tranquillizzava e rilassava allo stesso tempo. Rimase immobile, a lasciarsi cullare dall'acqua tiepida, nella speranza di ricordare qualcosa della sera precedente, nel perché era arrivata a ridursi così. L’unico ricordo era il post sbronza: il dolore incessante alla testa, la stanza che girava e gira tutto intorno alla staaanzaaa, mentre si danzaaa intorno a lei, la gastrite che l’aveva raggiunta nella notte. Era stato un vero incubo e come ogni volta che le capitava di eccedere un po’, si ricordava perché si ritenesse astemia. O quasi. Inoltre, Liv odiava perdere il controllo su se stessa, e questa era forse il motivo maggiore per cui decideva sempre di non andare oltre al bicchiere di vino. La sera precedente però, era tutto diverso: circondata da persone di cui si fidava ciecamente, persone cui avrebbe messo in mano la sua stessa vita, si era lasciata andare più del dovuto, lasciando che questi riempissero il suo bicchiere qualche volta si troppo. Poi c’erano la musica, i festeggiamenti, la felicità nell’aria e allora, anche quel poco di autocontrollo che aveva era andato a farsi fottere. Sapeva che ne avrebbe pagato le conseguenze tutta la settimana successiva, tra sonno perso e stomaco in fiamme.
    Più cercava di ricordare, più i ricordi le sfumavano in testa e nonostante cercasse di concentrarsi, niente lei tornava alla mente. Il rumore della porta che si apriva, l’allontanò dai suoi pensieri facendole fare capolino tra la fitta nebbia dell’umidità venutasi a creare in bagno. Lars l’aveva raggiunta, probabilmente per sincerarsi che sua sorella stesse bene. Non c’era mai stata malizia o vergogna tra i due, vivendo in piccole case con un solo bagno, si erano abituati a condividerlo senza preoccuparsi della presenza dell’altro. I loro stessi genitori, gli avevano insegnato a fare così e seppur cercassero di lasciare l’uno all’altro la propria privacy, quando avevano fretta o necessità, invadevano gli spazi degli altri senza remore o vergogna alcuna. Le era sempre piaciuta quella libertà e confidenza che si era creata tra loro e spesso, le sembrava assurdo sentire le amiche che si chiudevano a chiave nel bagno. Aperto il vetro della doccia, si lasciò avvolgere dal fartelo nell’asciugamano caldo, come erano soliti fare da bambini o quando uno dei due non stava bene. Era un gesto di conforto e di sostegno, da cui si lasciò coccolare mentre la voce grave di lui si faceva spazio tra le risatine flebili di quel gesto amorevole. Meglio. Stanca e devastata, ma almeno la testa ha smesso di girare e non ho più un trapano dentro le orecchie ammise lei, piegando le labbra in un sorriso che è successo? domandò poi, più seria. Conosceva quello sguardo di suo fratello e lasciava celati pensiero nascosti. Doveva parlare con lei di un argomento sicuramente difficile, e stava iniziando a formulare le frasi dentro sè stesso prima di lasciarle scivolare fuori dalla sua bocca. Attese, con un ansia crescente alla bocca dello stomaco, fino a quando Lars non si decise a parlare. Quanto ricordi di quello che hai fatto ieri sera? domandò lui, osservandola. Fù più preciso, sottolineando il fatto che lei avesse fatto qualcosa. A parte il giramento di testa e l’amore immenso che ho provato per il cesso? rise, mentre il fratello sembrava irrigidirsi dai Liv non scherzare! come pensi di gestire quello che è successo ieri sera? chiese lui, in tono serio, mentre cercava i suoi occhi chiari non penso sia così grave.. disse lei, non capendo a fondo la preoccupazione del fratello che si accigliò ho bevuto solo una sera, non penso di dovermi segnare agli incontri degli alcolisti anonimi! scherzò lei, non riuscendo a capire dove il fratello volesse andare a parare Tu ed Elias - che tra l’altro è giù sul nostro divano! pronunciò tutto d’un fiato. Io ed Elias cosa? Non capisco Lars.. guarda che sei strano stamattina! Forse hai bisogno di dormire e.. smise di parlare, quando la faccia del fratello iniziò a cambiare espressioni da: stupito, arrabbiato, sconfortato. Vuoi smettere di fare quelle facce? Sii più chiaro, di cosa dovrei preoccuparmi così tanto! Non ricordo niente di ieri sera Lars, penso sia abbastanza palese viste le mie condizioni di stanotte chiese lei, a sua volta sconfortata Possibile che non ricordi? lo guardò accigliata, volendo rispondere che no, non ricordava e tutti i suoi ricordi erano stati vomitati nel cesso insieme a tutto l’alcol che aveva ingerito. Lars, non so neanche come siamo arrivati a casa ieri sera e come sono arrivata nel mio letto stanotte ammise lei ora, vuoi smettere di essere così pragmatico e vuoi dirmi qual'è il problema? incalzò lei, questa volta avendo perso anche un po’ la pazienza seppur rimaneva sempre amorevole con quel fratello che adorava. Vi siete baciati. Tu ed Elias aveva voglia di ridere a quell’affermazione assurda del fratello ma quando vide la sua espressione, Liv rimase prima interdetta e poi, colpita e affondata come le barche della battaglia navale. Oh merda furono le uniche parole che le uscirono dalla bocca qualche secondo dopo il totale silenzio che li aveva investiti. Ma sei sicuro? Non è che hai visto male? si sincerò lei, consapevole già della sua risposta. Annuì Lars, senza aggiungere niente. Sapeva cosa avrebbe voluto dirle, era il suo migliore amico e Liv stava rischiando di minare tutto. Per un secondo, la sua testa però volò altrove, alla sè adolescente che aveva perso la testa per quel ragazzo dai capelli biondi e, si tirò mentalmente una pacca sulla spalla da sola. Ricomponiti! si sgridò da sola, tornando alla realtà e ricordandosi che pochi secondi prima Lars le aveva detto che Elias era lì a casa. Avrebbe ricordato? Si chiese, mentre gli occhi del panico si andavano a posare il quelli del fratello lui sa? È sveglio? domandò, mentre il fratello alzava le spalle spiegandogli che stava ancora dormendo. Decise di cambiarsi, indossando un paio di leggings scuri ed un maglione oversize, mentre la mente iniziò a vagliare vari scenari di quella che sarebbe diventata un’altra assurda mattinata. Una volta vestita, scese con Lars in cucina decisa a prendere una bella tisana.
    Le stava tornando l’emicrania.
    non ho riletto :disagyo:
     
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    Era da una vita che Elias non alzava il gomito: era sempre troppo responsabile, troppo papà per poterlo fare. Quel matrimonio, quel rinnovato sapere che Ben era al sicuro, con qualcuno di cui si fidava ciecamente, gli aveva permesso di allentare le briglie a tutte le responsabilità di cui si faceva carico: morale della favola? Si era ubriacato, anche piuttosto male, non tanto da vomitare ma abbastanza da rimediarci un mal di testa che solo una bella tazza di caffè nero, bollente, avrebbe potuto alleviare. Nemmeno si era reso conto di essersi appisolato sul divano dei Berg, lasciandosi andare ad un sonno davvero profondo, così tanto da non percepire alcun rumore provenire dalla cucina o i passi di Lars che si era sincerato di non avere un ladro in casa ma semplicemente il suo migliore amico nel mondo dei sogni. Era raro che ricordasse i suoi sogni, Elias tendeva a dimenticarli tutti non appena apriva gli occhi e si affacciava al mondo: era un fenomeno strano, perché provava a ripercorrerli con la mente, prima di ridestarsi per davvero, ma alla fine era sempre troppo tardi, sparivano, all'improvviso, nello stesso istante in cui la luce stringeva un po' le sue pupille. Da un lato, forse, sarebbe stato meglio che non si svegliasse mai: quello che era successo la sera precedente aveva dell'incredibile, sia perché era stata una serata surreale - conclusasi nella maniera più surreale che potesse esistere - sia perché c'erano stati degli episodi che preferiva dimenticare, e no, non si riferiva di certo all'aver ballato con Jorgen. Il bacio con Liv era stato improvviso, del tutto involontario certo, ma non per questo non c'era stato: entrambi si erano dimostrati ben contenti di cogliere l'attimo, oltrepassando un confine che per anni era stato ben definito. Sarebbe stato uno sciocco Elias a non guardare Liv come una donna: era cresciuta da quando frequentava casa Berg, non era più solo la sorellina di Lars, anche per lui era diventata decisamente più importante e forse proprio per questo era opportuno che quel legame restasse di amicizia, non andasse oltre, verso lidi che avrebbero potuto compromettere ogni cosa. Tendenzialmente abitudinario, temeva i cambiamenti, aveva visto quanto danno potevano portare e quanta sofferenza ne derivava ogni volta: l'aveva visto con Lily, con la loro relazione che era andata completamente in pezzi con la nascita di Ben, l'aveva visto con sua sorella e, per questo, era fermamente intenzionato a non rovinare una delle poche cose che, nel tempo, era rimasta inalterata. Immutabile non significava necessariamente statico per lui, anzi, nell'immutabilità potevano esserci dei benefici: sapeva con certezza matematica che quella casa sarebbe stata per lui un rifugio, che nei due fratelli Berg avrebbe sempre trovato un aiuto, una spalla su cui piangere - anche se in maniera non letterale - e, soprattutto, qualcuno disposto a star vicino a Ben tanto quanto lo faceva lui. Per tutte queste ragioni, ci mise un po' a carburare, a ricordare quell'evento catastrofico avvenuto a quel meraviglioso matrimonio: la sua mente, inconsciamente, stava cercando di proteggerlo.
    Con un paio di mugugni, lasciò cadere sul tappeto la giacca che era stata per lui come una coperta notturna, ritrovandosi in camicia a guardare il soffitto del salotto in cui aveva dormito: com'era ovvio, il primo pensiero lo rivolse a suo figlio. Prese il cellulare dalla tasca, ritrovandosi i messaggi di Maeve che chiedeva se si fosse divertito, ipotizzando che, dato il silenzio, si fosse divertito parecchio: "Non ho più l'età. Ci vediamo più tardi? Magari pranziamo insieme" scrisse, inviando e ripoggiandosi sul petto l'apparecchio, respirando profondamente. Voleva tornare a dormire, ma sapeva che quello non era né il luogo né il momento per farlo: serviva darsi un tono, alzarsi, magari prendere il famoso caffè che bramava anche nei suoi sogni - di cui non aveva alcun ricordo, ovviamente - e tornarsene a casa per farsi una doccia.
    Si alzò lentamente, sentendo la testa incredibilmente pesante, poggiando i piedi, coperti solo dai calzini, sul tappeto: poggiò il capo sulle mani, continuando a mugugnare, senza volere. Non era ubriaco, non più, ma i postumi erano davvero una brutta bestia per tutti, soprattutto per chi era decisamente troppo alto per dormire su un divano come quello: la schiena doleva ben più della testa. Si appuntò mentalmente di fare presente a Darko quella circostanza, pronto a esser preso in giro per la sua vecchiaia dall'altro, nella speranza tuttavia che fosse più clemente con il suo allenamento. Dopo circa un minuto, si alzò in piedi, recuperando la cravatta dal pavimento e infilandosi le scarpe ai piedi, cercando di apparire un briciolo più presentabile di quanto non fosse: aveva sentito - finalmente - alcuni rumori provenienti dalla cucina ed era piuttosto sicuro che gli altri si fossero svegliati o, almeno, che Lars l'avesse fatto.
    «Buongiorno.» esordì, facendo capolino dinanzi ai due che avevano due facce perplesse. «Sì, ho dormito sul vostro divano. Ero troppo ubriaco per guidare e lì per lì mi è sembrata un'idea geniale.» aggiunse, lasciando andare il braccio che reggeva la giacca, posta sulla sua giacca, per affiancare i suoi fianchi: persino quel reggere un indumento iniziava a pesargli. «E' avanzato un po' di caffè?» chiese, indicando la tazza di Lars che trionfava nelle sue mani da un tempo incalcolabile. Sotto tuttavia quegli sguardi che, nonostante stesse parlando, continuavano ad essere irrimediabilmente perplessi, Elias decise di parlare e chiedere: «Ma perché mi guardate così? Che è successo di assurdo mentre ero sbronzo?» Non servì che glielo dicessero però: la sua mente, sempre troppo lucida, decise di dargli da sé la risposta che cercava, ritrovata negli occhi chiari di Liv che sembravano essere molto diversi rispetto a quelli dei suoi ricordi. «Ah. Già.» fece solo, dopo un po', avvicinandosi alla caffettiera per rispondersi al quesito che aveva posto loro: per fortuna sì, c'era ancora caffè. In religioso silenzio, prese dal mobile nel quale tenevano le tazze, una vuota per sé, la solita che usava quando si fermava a dormire da loro per motivi alla fine analoghi a quella della sera precedente: era sempre capitato che lui e Lars, soprattutto in passato, si lasciassero un po' andare in quel modo, prendendosi delle libertà che raramente si concedevano, un po' troppo responsabili entrambi per poterlo fare. Versato un po' di caffè all'interno, si voltò verso di loro, con lo sguardo all'interno della tazza: aspettò di farne un sorso prima di dire qualcosa, sperando che suonasse vagamente sensato, più di quanto suonava nella sua mente. «Credo che sia stato solo un incidente.» Un po' rude, forse troppo. Elias alzò gli occhi incrociando quelli di Lars ed in seguito di Liv, soffermandosi molto sui suoi: «Le cose fra di noi, tutti e tre, sono stabili. Entrambi siete molto importanti per me e non vorrei che per un bacio, dato poi in quelle circostanze, tutto possa rovinarsi. Siamo grandi per certe cose.» Ma proprio per quello, erano abbastanza maturi da capire che dietro quel singolo bacio c'erano forse più pensieri inespressi di quanto tutti e tre non lasciassero intuire a parole. «A parti invertite, con Mae, credo sarebbe stata così per me.» aggiunse poi, ritrovandosi a pensare e a capire che forse non era un buon paragone: Elias sapeva perfettamente che fra sua sorella e Lars vi era un rapporto totalmente fraterno, lui la vedeva come una seconda sorella minore, si preoccupava per lei e le stava vicino, anche quando lui stesso non era riuscito a farlo per colpa del suo terribile carattere. Si fidava di lui ciecamente ed era anche per questo che gli aveva permesso di avvicinarsi a lei sin dall'inizio, ringraziandolo ogni volta che gli portava qualche notizia sul suo conto: era stanca? Stava bene? Riusciva a gestire la sua relazione? A scuola Mumù era brava? E il lavoro? Ogni volta che ritornava dai suoi incontri con Mae, Elias tartassava il povero Lars di domande, senza ometterne nemmeno una perché, dopotutto, sapeva che lui l'avrebbe capito e l'avrebbe aiutato, come aveva sempre fatto, per lui ma anche per Mae stessa. Per tutte queste ragioni, sapeva che ciò che aveva sempre provato per Liv non era un affetto fraterno: certo, le voleva bene, molto, ma non era quel tipo di affetto disinteressato, non era paragonabile a quello che provava per sua sorella, nemmeno di una virgola. Quel bacio, dopotutto, gli aveva solo confermato ciò che già pensava e che in parte nascondeva a se stesso per il timore di cambiare le cose, rovinandole irrimediabilmente, rovinando ciò che per lui e per Ben era diventato fondamentale. Non poteva permettere che anche loro andassero via, non in quel momento, con Ben che da poco aveva ri-avuto nella sua vita anche sua zia e sua cugina: andar via poi per cosa? Per un bacio? Per delle pulsioni che, in fondo, erano rimaste segregate nella sua mente per anni? Liv era la sua migliore amica, la sorella minore di Lars, nient'altro, doveva rimanere solo questo. Non aveva tempo per le relazioni amorose e lo sapeva, l'aveva sempre saputo. C'era stato poco spazio per le donne nella sua vita, soprattutto da quando l'unica che per lui avesse avuto davvero importanza era scomparsa, preferendo lasciarsi alle spalle un figlio, che vedeva solo su appuntamento, come fosse un impegno con un medico, ed un marito che, per quanto bizzarro, l'aveva amata con tutto il cuore. «Possiamo quindi farci una risata e fare colazione?» aggiunse poi, nel vano tentativo di smorzare un po' la tensione e di fuggire da una conversazione dalla quale, probabilmente, non sarebbe risultato vincitore.
    Manco io ho riletto but finalmente ce l'ho fatta, luv iu smpr.
     
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    L'agitazione di Lars aveva lasciato il posto allo sconforto. Aveva guardato Liv tutta ravvolta nell'accappatoio e aveva cercato nei suoi occhi l'ombra dello scherzo per troppo tempo. La realtà dei fatti era che era vero, non stava affatto mentendo, non ricordava nulla. Lars scosse la testa, inspirò, ed espirò lentamente. Era una cosa più semplice di quello che aveva immaginato, d'altronde sua sorella notoriamente non era in grado di reggere l'alcol. La sera prima era stata una bella festa in cui tutti gli invitati, e mezza Besaid, avevano festeggiato il matrimonio dei due sposi sotto le feste natalizie senza preoccuparsi troppo di eventuali problemi, erano tutti assieme, non avrebbero avuto motivo di pensare a delle complicazioni. Scambiò con la sorella una serie di frasi prima di rendersi conto che non aveva la più pallida di idea di come avrebbe gestito Elias sul divano se avesse ricordato qualcosa, e si pentì di averle chiesto troppo, avrebbe solo dovuto restare al suo posto e lasciare che le cose facessero il loro corso. Ma quando mai lui si immischiava in qualcosa? Non gli importava mai di farsi gli affari degli altri, ma lì si parlava di sua sorella e del suo migliore amico, la gestione di quell'affare delicato gli era semplicemente sfuggita di mano - e non gli succedeva mai, doveva ammetterlo. Guardò Liv, nei suoi stessi occhi cerulei, le posò le mani sulle braccia appena sotto le spalle e le sorrise, scuotendola lievemente, i polpastrelli a contatto con l'accappatoio. « Dai non ti preoccupare, non è successo niente. » Le fece un sorriso tutto denti, continuò a rassicurarla, pacche sulle spalle ben assestate ma delicate, mentre si ritrovò improvvisamente a dover sdrammatizzare tutto. Era tornato a parlare con lei quella mattina per sapere cosa ne pensasse, e cosa era successo tra lei ed Elias quando lui non aveva guardato, quando non si doveva esser accorto di qualcosa. D'altronde aveva avuto la testa per aria ed era in brodo di giuggiole da quando aveva scontrato Grace a Besaid, era ovvio che non si fosse accorto di quello che succedeva attorno a lui. Magari in quel frangente Liv ed Elias avevano scoperto di sentire qualcosa l'uno per l'altro. Non poteva sapere cosa passava per la testa di tutti, seppur fossero le due persone più vicine a lui. Aveva sentito una voglia irrefrenabile la sera prima di chiamare al telefono Maeve e dirle che non sapeva cosa si era persa, se lo ricordò allora, che era parecchio brillo anche lui e la sera prima si era spaventato ma poi aveva riso tantissimo a vedere una Liv fuori dagli schemi lasciarsi andare - anche se sì, aveva scelto di baciare proprio Elias. Non che lui fosse stato molto fortunato e considerato sulle sue relazioni passate. Aveva combinato parecchi disastri peggiori di quello, non c'erano dubbi. « Ho pensato male, ma ci faremo una bella risata e andrà tutto al suo posto. » Rise, un pò impacciato, rendendosi conto orrendamente di aver fatto cadere a quel punto Liv nello sconforto. « Ma si, vedrai che Elias neanche se lo ricorda, ha esagerato anche lui ieri. Ora pensa a riprenderti, anzi, vado in cucina e ti porto l'acqua. E caffè, se te la senti. » Aggiunse, facendo oscillare lo sguardo tra la porta e Liv. Dall'aspetto non sembrava che fosse ancora pronta per bere caffé. lui sa? È sveglio? Aggiunse lei, portandosi le mani alla testa, complice l'emicrania del post sbronza. Lars l'aveva visto dieci minuti prima completamente addormentato sul divano, con il suo maglione tra i piedi, e non aveva idea se fosse cambiato qualcosa da quando aveva lasciato la stanza al momento in cui aveva raggiunto Liv. « Poco fa dormiva. Andiamo in cucina? » Continuò, vedendo la sorella che procedeva a tentoni verso la porta e intuendo che avesse deciso comunque di muoversi assieme a lui. Camminarono insieme oltrepassando le stanze che si frapponevano tra loro e l'open space fino ad arrivare a raggiungere la cucina che aveva lasciato poco prima.
    Lo ritrovarono lì, faccia assonnata, si era appena sollevato su se stesso infilando le scarpe ai piedi. Tentennò Lars, e pensò che avrebbe avuto più senso non far vedere Liv ad Elias ed Elias a Liv, e soprattutto non quando c'era lui lì in mezzo che non sapeva cosa poteva dire, se stesse toccando un argomento che neanche loro avevano mai affrontato. Gli ci volle tutta la sua compostezza per guardare Elias e passargli una mano tra i capelli, lui che era più basso di una decina di centimetri del suo amico gigantesco. Fece molta fatica a non guardare il viso di Liv e a far finta di nulla, voleva evitare l'imbarazzo a se stesso ma anche a lei. « E buongiorno anche a te. » Mormorò, deciso a oltrepassare i due e a raggiungere di nuovo il suo caffè. Prima però mise su il bollitore per Liv e la sua tisana, e si riappoggiò all'isola prendendo una delle tazze che solitamente usava sua sorella, con tanto di scritta sopra 'Mrs. always right'. Dovevano smetterla di accatastare in quella casa tutti i regali che arrivavano dai loro amici indistintamente, in quel momento le tazze a tema gli sembravano totalmente fuori luogo. « Caffé, in arrivo. » Aggiunse Lars, prima che Elias continuasse a rispondergli dopo aver risposto alla sua richiesta di caffeina. Cercò una tazza anche per lui che non avesse scritto su proprio nulla ed evitare di aggiungere drama a quella situazione di stallo, e decise di non dire nulla, ma forse la sua espressione doveva aver tradito più di qualche commento di troppo. «Ma perché mi guardate così? Che è successo di assurdo mentre ero sbronzo?» Lars stirò le labbra, fece oscillare lo sguardo tra lui e Liv sperando di capire cosa poter aggiungere prima di dire qualcosa di sbagliato. Poteva tirar fuori episodio bacio come un aneddoto qualsiasi e farla finita? Non avrebbe incrinato nulla dei rapporti tra i due, e lui sarebbe stato esente da qualsiasi ripercussione in merito, volle convincersi che sarebbe stata così.
    «Ah. Già.» Lars aprì bocca e la richiuse. Elias si avvicinò a lui, prese la tazza direttamente dal mobiletto della credenza e la riempì in autonomia. Anche Lars pensò già. Elias era completamente autonomo quando si trattava di muoversi in quella casa. Gli capitava così tanto spesso di essere lì e passare cene e nottate da loro che oramai era come se fosse uno di casa, lo era sempre stato, anche quando non abitavano lì e Lars e Liv erano divisi tra i due genitori. Però Elias non si riferiva a nessuna tazza con la sua esclamazione, né al fatto che sapesse muoversi bene come se fosse a casa sua anche in casa Berg. «Credo che sia stato solo un incidente.» Lars sentì le sue labbra stirarsi ulteriormente, in una piccola smorfia raggelata. Ascoltò in silenzio le parole di Elias, e mentre procedeva sentiva distintamente che c'era qualcosa che non andava bene in quel discorso. E qui doveva sempre ricordare a se stesso che lui di relazioni non sapeva nulla.
    C'era una parte in lui che voleva credere che le cose erano esattamente come le aveva spiegate, e che in effetti l'aveva detto anche lui, era un aneddoto qualsiasi. Però si era voltato a guardare Liv, che aveva taciuto, e guardava Elias come se si stesse aspettando delle parole di conforto. Gli si era aggrovigliato lo stomaco, grandioso. Lars bevve un lunghissimo sorso di caffé, così lungo che non si era accorto che la tazza era ancora grande e il caffé avrebbe potuto berlo sorseggiando, e nel bere tutti quei sorsi di seguito ci mise un minuto buono a deglutire, e i due lo guardarono perplessi mentre sollevava la tazza su in alto con il capo per bere fino alla fine e poi riportarla giù lontana dalle labbra e stretta tra le dita. «A parti invertite, con Mae, credo sarebbe stata così per me.» « Mhm. » Mugugnò Lars, incapace di pensare cosa poter aggiungere senza risultare di troppo davvero né per Elias che per Liv. Tornò a guardare sua sorella, ma non riuscì a interpretare la sua espressione. A tratti gli sembrò perfino triste, e lui sperò di aver visto male, perché odiava vederla soffrire. « Beh, sì. » Aggiunse Lars, cercando di farsi forte della convinzione del suo amico. Erano grandi oramai per quelle cose. « Io e Mae ne avremmo riso fino a piangerne. » Aggiunse, rendendosi conto appena aveva pronunciato quelle parole che non era la stessa cosa. Era come se si fosse reso conto solo allora di aver sbagliato a fare i conti, che lui e Mae erano a conti fatti due persone diverse e avrebbero scherzato su quella storia dal primo momento. Liv ed Elias erano troppo seri, e anche Lars non sapeva più come vederli. Liv ed Elias assieme, possibile? Dove era stato tutto quel tempo se non si accorgeva dei minimi cambiamenti della loro relazione? Non sapeva bene perché, le parole di Elias erano state chiare e perentorie, e avrebbero dovuto scherzarci su, ma seppe in quel momento che qualcosa era cambiato davvero, e lui era di troppo. Ci sarebbe stato poi il tempo per raggomitolarci i pensieri attorno, per allora doveva soltanto levarsi dai piedi.
    «Possiamo quindi farci una risata e fare colazione?» « Si, fate colazione. Voi due avete bisogno di parlare. » Mormorò Lars, lasciando la sua tazza sull'isola e facendo oscillare lo sguardo tra i due per l'ultima volta. « Scendo giù, vado a fumare, e chiamo Grace.. voglio farle gli auguri. » Sentenziò, improvvisamente, come se dovesse dare una minima giustificazione di quello che dovesse fare. Era in ferie, non aveva impegni, ma non poteva neanche scappare via dalla sua casa senza nemmeno avvisarli. Non fumava da giorni e fumava raramente di per sé, perciò già il fatto che avesse sentenziato di fumare davanti a due esemplari di virtù salutista come Elias e Liv significava che non sapeva proprio che giustificazione darsi. Corse nella sua camera, infilò le scarpe ai piedi aiutandosi velocemente con le mani e indossò un cappotto pesante sopra al pigiama con cui aveva dormito.
    Tornò in cucina che Elias e Liv avevano preso a guardarsi in maniera diversa, e lo sentì davvero che era tempo di sloggiare. Ci sarebbe stato dopo il tempo per pensare a cosa sarebbe cambiato in lui e per lui nel rapporto con sua sorella e il suo amico di sempre. Andava bene così. « Ah, ragazzi. » Disse, e loro si voltarono a guardarlo. « Buona vigilia. Ci vediamo dopo. » Annunciò, e basta. Tastò il cellulare nella tasca destra, documenti e sigarette nella sinistra. Fece un sorriso frettoloso ad entrambi, e si mosse in direzione della porta di ingresso, richiudendola silenziosamente dietro di sé. Il giorno della vigilia di Natale non c'era posto per il panico, ma neanche per le incomprensioni. Avrebbe chiesto a Grace cosa ne pensasse, e forse ne sarebbe venuto a capo anche lui.


    :mini: "AND NOW KISS" ahahha


    Edited by wanderer. - 21/7/2021, 16:56
     
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    Liv Frida Berg
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    Le sue orecchie emettevano un ronzio che insieme all'emicrania era sempre meno piacevole. Ogni volta – cioè quasi mai – che le capitava di bere qualcosa in più, si ricordava subito la mattina dopo perché aveva deciso di non bere. Stava uno schifo, come uno straccio da buttare.
    Sento di puzzare anche se ho fatto la doccia si era lamentata con Lars, mentre si dirigevano verso la cucina ad affrontare il suo peggior migliore amico. Non penso di potercela fare, l’odore ed il sapore di vomito aleggiano intorno a me come fossero un’aurea negativa volta a punirmi per i miei peccati aveva continuato drammatica, appoggiandosi alla parete che li separava dalla cucina e, meno direttamente, al salotto dove era posizionato il divano. Trovò nel sorriso e nella spinta di suo fratello, la forza per continuare quel cammino per Santiago che avevano iniziato pochi secondi prima. Osservò Lars muoversi nella loro cucina senza affacciarsi verso il salotto, non ne aveva il coraggio perché sapeva, che avrebbe dovuto affrontare quando successo la sera precedente se Elias si fosse alzato e lei, non aveva voglia di farlo. Anche se, prima o dopo sarebbe dovuto succedere.
    Buongiorno mugugnò, quando l’amico si palesò davanti a loro, talmente a fil di voce che probabilmente soltanto nella sua testa quello che avrebbe dovuto suonare come un saluto, si rivelò tale. Lo guardò muoversi a suo agio nella loro cucina, mentre Lars restava in silenzio, sicuramente avvolto dai suoi pensieri che, si chiese quali fossero. Teneva molto al parere di suo fratello e sopratutto su “quel casino” Liv si chiedeva cosa ne pensasse realmente. Sapeva che Lars non l’avrebbe mai ferita, che non avrebbe detto niente di sbagliato per non farla stare male ma aveva paura al contempo che non fosse al cento per cento sincero con lei per lo stesso motivo. «Credo che sia stato solo un incidente. Le cose fra di noi, tutti e tre, sono stabili. Entrambi siete molto importanti per me e non vorrei che per un bacio, dato poi in quelle circostanze, tutto possa rovinarsi. Siamo grandi per certe cose.» le sue orecchie si erano nuovamente ovattate mentre le parole di Elias prendevano voce. Liv si stava facendo molte domande verso di lei, dava un peso a quello che era successo mentre per lui, tutto era un errore dettato dalla condizione di quella serata. Bene, erano sulla stessa lunghezza d’onda, pensò. Forse sarebbe stata la scelta più intelligente, far finta di niente e continuare la propria vita come se niente fosse, continuando ad essere gli amici di sempre. Eppure qualcosa le impediva di poterlo fare perché sapeva, che sarebbe stata una grossa bugia da parte sua e lei, non riusciva a mentire alle persone che amava nonostante la sua stessa vita fosse una grande bugia. Heda, era tutta una bugia, un assordante silenzio che l’aveva accompagnata in tutti quegli anni formandole il carattere che oggi aveva e portandola ad essere totalmente e completamente sincera quando indossava le vesti di Liv. Forse, quella era una bugia che la consumava dentro così tanto che non era in grado di dirne altre.
    Credo che non sarebbe mai successo disse di punto in bianco, mentre suo fratello era andato – piuttosto di filato e teso – a mettersi le scarpe per lasciar loro del tempo. Elias la guardò negli occhi, forse non capendo a cosa Liv si stesse riferendo visto che era stata muta fino a quel momento il bacio spiegò quindi, rimanendo immobile nella sua posizione. C’era della tensione dentro di lei, ed una sorta di distanza che stava cercando di mettere tra di loro per sentire meno male non credi? lo provocò appena, fissandolo negli occhi. In quell’esatto momento, Lars passò tra di loro tornando augurandogli una buona vigilia a cui Liv non seppe nemmeno rispondere dato che era troppo concentrata a cercare di far chiarezza tra i suoi pensieri. Bene, quindi è successo tutto per sbaglio, perché eravamo ubriachi, giusto? chiese lei, dirigendosi dall’altra parte dell’isola cucina per sedersi su uno degli sgabelli, dove prese posizione versando un po' di tisana nella sua tazza. Quindi non abbiamo niente di cui parlare, no? chiese lei, affondando la sua faccia nel vapore della sua tisana curcuma, liquirizia e zenzero. Peccato che nessuno dei due abbia riso a crepapelle, dopo che è successo ammise, guardando la tazza Ah, giusto. Eravamo ubriachi! lo provocò. Per la prima volta, era forse più dura e stizzita di quanto avrebbe voluto essere eppure, aveva una sorta di rabbia repressa dentro di lei nei confronti di Elias. Forse perché avrebbe voluto che lui reagisse diversamente da come stava facendo, forse perché aveva più speranza per loro di quanto lui sembrasse dimostrare. Liv provava qualcosa e, lo sapeva da molto tempo seppur non avesse mai voluto ammetterlo. Negli ultimi tempi, credeva di aver percepito qualcosa di diverso anche da lui, ma da quello che stava dicendo, doveva aver capito male. E questo faceva male, perché Liv non provava sentimenti facilmente e quando li provava, lo faceva sempre per le persone sbagliate. Cosa vuoi da me, Elias? chiese lei, alzando finalmente gli occhi dentro quelli di lui che io dimentichi tutto, come se non fosse mai successo niente e continui ad essere la tua migliore amica? continuò, cercando ora di trovare un tono più dolce, nonostante non le fosse semplice perchè credo, che l’altra sera seppur ubriachi, seppur faccia comodo far finta di niente ... si sia oltrepassato il livello confortevole dell’amicizia e mi rattrista pensare che ti dispiaccia che sia successo ammise Siamo grandi ormai – come hai detto tu – per fingere e non affrontare le cose, no?
     
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