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Eira x Eld - Casa Stregata

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    Ripercorrere ancora e ancora l'erba sotto ai piedi sembrava un passatempo coinvolgente per qualcuno che, almeno temporaneamente, occupava una dimensione di stasi perenne. Quando Eira era così non si preoccupava di nulla se non del momento, del presente che tanto sfuggevole sembrava dilatarsi in eterno. Poteva farlo, ora che le sensazioni terrene l'avevano abbandonata. Riusciva a scorgere nel dettaglio i piccoli fili verdi sotto alle suole delle sue imponenti scarpe platform, e con la testa china ne indagava la forma, notava come non riuscissero a piegarsi sotto al suo peso immateriale. Stavolta nessuna ragione quotidiana l'aveva spinta oltre la soglia sottile che divideva la vita dalla morte, a fluttuare per le tegole corrose della casa stregata come fosse la sua seconda abitazione; solitamente accadeva per risolvere qualche problema, qualcosa che come un ronzio si insinuava nelle orecchie di Eira e le abbandonava solo una volta risolta; si trattava semplicemente della Morte che la richiamava a sè quando più preferiva, aiutandola a superare il varco fugacemente attraverso il suo fidato emissario - un corvo dalle piume nere e lucenti, ormai diventato assolutamente inseparabile da Eira. Ora, lo sguardo vitreo ed effimero della ragazza scandagliava la radura davanti alla casa ormai in rovina, sperando che, come sempre, i contorni più sinistri del posto scoraggiassero i visitatori dall'avventurarsi nell'abitazione per poter godere di un po' di solitudine, giacchè nella sua versione spettrale la giovane preferiva attraversare qualsiasi percorso che la Morte esigeva da lei senza compagni di viaggio - oppure, con la rara presenza di Kris per ovvi motivi. Dunque, al momento intenta a fluttuare nelle braccia frondose della foresta nei pressi della casa infestata, Eira si perse nelle piccolezze e nelle sue percezioni: la luce morente del sole che filtrava oltre le nuvole spesse e tra le dita legnose degli alberi, la consistenza evanescente delle mura della casa attraverso cui il suo corpo immateriale passava senza difficoltà, il fruscio dell'erba che neanche le solleticava le gambe scoperte, il suono dei rivoli d'acqua che in lontananza irroravano il terreno umido e fertile. ~Anche oggi è nuvoloso~ Constatò lei, la voce che lievemente riverberante le abbandonava le labbra nere e schiuse quasi a malapena. Non sembrava delusa.
    D'improvviso però, le pupille esanimi localizzarono l'ombra di qualcuno. Uh. Un uomo. Ora sì che poteva dirsi scontenta Eira=/=Men. Sembrava che il giovane che si era recato nei pressi della casa stregata non ne avvertisse le vibrazioni più sinistre, e che anzi, le completasse con le proprie. Per quanto non del tutto soddisfatta, Eira parve incuriosita da quei primi contatti. Restò ferma e fluttuante nell'angolo in penombra e retrostante l'ingresso, visibile per metà dal legno logoro, e puntò lo sguardo sull'altra persona. Era vivo, e sembrava essere anche un po' stanco. Che ci fai qui? La domanda sorse spontanea anche se silenziosa, ed Eira si ritrovò ad emergere dalla porta ancora chiusa della casa proprio di fronte ad Eldjàrn, notando in quel momento stesso un evento più unico che raro: il suo corvo si era posato direttamente su un tronco in prossimità dell'uomo, gracchiando amichevolmente per intessere un primo contatto con lui. Gli zampettava intorno, svolazzava, e poi tornava a gracchiare, come se gli stesse chiedendo qualche attenzione o spuntino in uno scambio del tutto pacifico. Fu allora, che Eira avverti le sopracciglia incresparle l'espressione: da quando in qua il suo tramite, il suo corvo si avvicinava così ad un estraneo? I rischi di essere ferita o addirittura uccisa in caso di danneggiamenti a quel maestoso ma pur sempre minuto animale erano alti, e per questa ragione, il volatile non concedeva mai la sua benevolenza nei confronti di altri esseri umani ancora in vita. ~Hey, tu~ Esordì lei, il tono di voce echeggiante arido ma non brusco, fluttuando sempre più vicina ad Eldjàrn ignara delle sue emozioni. Non sapeva se fosse spaventato, intimidito, apatico o sorpreso ed anche se fosse riuscita facilmente ad individuarlo attraverso uno sguardo più attento, Eira notava spesso quanto le espressioni ed i moti delle emozioni umane le sembrassero ricoperti da una patina di inamovibile opacità, come se il suo distacco dalla vita in forma fisica le impedisse anche di cogliere le intensità e le sottigliezze dei sentimenti pulsanti del prossimo.
    ~Quello~ Il sussurro si fece più acquoreo, scandito eppure non meno esigente, proprio mentre una delle braccia sottili di Eira si sollevò per indicare con chiarezza la bestiola di fianco ad Eldjàrn che pigramente sbatteva le ali sino a sollevarsi ed appoggiarsi sulla spalla di lui. ~È il mio corvo.~ Il tempo di adocchiare il giovane ancora una volta, e la ragazza lasciò morbidamente che la testa si inclinasse con lentezza da un lato, in un gesto inquisitorio ed involontariamente inquietante. Se doveva essere completamente sincera, quel viso non le sembrava nemmeno del tutto nuovo, o quantomeno, non totalmente sconosciuto. Nelle poche volte in cui era stata deejay al bolgen, Eira ricordò vagamente di aver incontrato qualcuno che frequentava quegli ambienti che gli assomigliava, eppure per sua somma insoddisfazione non sarebbe stata in grado di confermarlo. ~Chi sei?~ Quelle brevi imbeccate avrebbero come prima cosa suggerito ad Eldjàrn che sarebbe stato in grado di comunicare con lo spettro facilmente, e per quanto poco incoraggiata ad intessere una relazione sociale, Eira ritenne più giusto intervistare il suo interlocutore per essere sicura che non avrebbe ferito o che non sarebbe stato un pericolo per il suo tramite - e di rimando, anche per lei. ~Come mai sei alla casa stregata? Puoi parlare con gli animali forse?~ Suggerì infine, aleggiando con fare circospetto in tondo attorno ad Eldjàrn, per cercare in qualche modo di metterlo alle strette ancor di più - lo vedeva fare spesso nei polizieschi in TV, quindi perchè non provare? - ed estorcergli qualche risposta nel caso in cui il giovane sconosciuto avesse deciso di farsi avanti e dissipare alcuni dei dubbi che Eira gli aveva espresso. Nel mentre, il corvo gracchiò ancora una volta, più energicamente, segnalando la fine della terza ora che la ragazza aveva passato nella sua forma ultraterrena: ne mancava ancora un'ultima, e sarebbe stata libera di ritornare umana. Il segnale la fece fermare nel suo lento ma inesorabile moto circolare, proprio alle spalle di Eldjàrn; le delineò con lo sguardo e poi si fece avanti, passandogli attraverso, superando così il suo corpo fatto di carne ed ossa per poterlo fronteggiare ancora una volta.
     
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    C’erano cose che non raccontava mai a nessuno, neanche ad Eyr o Elise e, soprattutto, a Dean. Scompartimenti della vita che Eldjàrn voleva restassero cautamente separati, senza mai incrociarsi. Parlare, parlare, parlare… ma di cosa, poi? Persino i segreti che invece lo tenevano unito ad altri restavano silenti, mai niente veniva a galla a meno che non fosse stato davvero necessario. Come l’incendio: era accaduto, avevano fatto qualcosa di imperdonabile, ma dopo quella notte l’intera faccenda era rimasta letteralmente sepolta sotto una gigantesca montagna di cenere. Eldjàrn allora spariva, a volte per ore intere e, quando poi tornava, le parole s’intrecciavano le une alle altre nel fuoriuscire dalle sue labbra e prendevano la forma di argomentazioni confuse, attente nel distrarre l’interlocutore così da nascondere quei lati ombrosi della sua vita che non voleva gli altri conoscessero o portassero alla luce. Non perché se ne vergognasse, non perché temesse il giudizio di qualcuno, semplicemente riteneva necessario restassero tali, importanti frazioni di sé stesso che Eldjàrn custodiva con gelosia.
    A calpestare quelle erbacce ci si ritrovava spesso, tutte le volte in cui si recava alla casa abbandonata nel mezzo del bosco e in prossimità del cimitero. Per uno come lui, conoscerne il perimetro alla perfezione era quasi normale per tutte le volte in cui ci aveva messo piede, non solo per via di qualche rave o festino ben organizzato e lontano da occhi indiscreti, ma anche perché a cercare con attenzione in mezzo alle fessure aperte nelle pareti, o sotto qualche mattonella del pavimento, ci si potevano trovare tesori nascosti. Denaro, once d’erba, e a volte qualcosa di più costoso e rivendibile ad un prezzo stracciato, più basso di quello che imponeva il mercato. Non che lui lo facesse di professione, ma aveva imparato a cavarsela piuttosto bene con i guadagni, la furbizia era da sempre stata il suo forte. Fra quelle mura, quindi, vi trovava sempre un’atmosfera cupa e strana, difficile spiegare a qualcun altro della sensazione di familiarità che lo invadeva ogni volta che metteva il naso oltre la porta sgangherata. Vista da fuori faceva forse paura, un’immensa struttura malandata con fori nelle pareti, vetri rotti, vernice dai colori più disparati che andavano a decorare la facciata non solo esterna, ma anche quella interna, di scritte e parolacce che a lui non disturbava mai leggere. Era un po’ un ritrovo nascosto, un mondo sospeso al di fuori della realtà che circondava la città, eppure per Eld sembrava più veritiera di tutto il resto. Forse la vera essenza di tutto si nascondeva oltre quelle pareti, forse era il centro cosmico di un’energia che teneva in piedi tutto quanto e per quel motivo lui aveva anche il diritto di sentirsi lì come se fosse a casa.
    Col naso all’insù e le mani chiuse in due pugni fermi nelle tasche della felpa grigia, Eldjàrn avanzava a grandi falcate in mezzo agli steli d’erba ora di nuovo alti, liberi dal peso della neve che li aveva schiacciati durante l’inverno. I capelli spettinati si sollevavano sulla nuca ad ogni movimento, animati da leggerissime folate di vento che riuscivano ad insinuarsi oltre la coltre di foglie degli alberi piantati da secoli nel terreno umido del bosco. Giunto in prossimità della casa e quindi poco distante dal vecchio portico ora distrutto nel mezzo, dove le travi di legno affondavano nel buio, tirò via una delle mani dalla tasca della felpa per afferrare il pacco di sigarette dai jeans e tirarne fuori una. La portò alle labbra e l’accese mentre, istintivamente, rallentava con il passo per restare attenzione ai movimenti delle mani. Avrebbe riposto il pacco delle sigarette e l’accendino di nuovo nella tasca dei jeans, se solo un rumore non l’avesse distratto. Sollevò istintivamente la testa alla ricerca della fonte di quel verso, mentre il pacco di sigarette gli scivolava via dalla mano per cadere sul terreno. Si ritrovò a guardare un corvo dalle piume nerissime che gli svolazzava intorno, ondeggiò in maniera cauta sulla sua testa per poi andarsi a sistemare su un ramo dell’albero distante soli pochi passi da Eldjàrn, il becco ora rivolto proprio nella sua direzione. Lo sguardo dapprima stranito si sciolse piano sl viso del ragazzo, che avanzò di qualche passo ancora in direzione dell’albero con il viso sollevato all’insù, le iridi nocciola che curiose non perdevano di vista l’animale nemmeno per un secondo, dimenticò persino di avere la sigaretta spenta ancora stretta fra le labbra. Aveva sollevato un braccio nella direzione del ramo per avvicinare il palmo della mano al corvo quando, improvvisamente, una voce alle sue spalle lo sorprese di nuovo. ~Hey, tu~ lo chiamò qualcuno. Si voltò di scatto, ignaro di quello che avrebbe visto: una figura opalescente, quasi trasparente, che fluttuava nella sua direzione, avvicinandosi piano. Fu istintivo il movimento dalla nuca i Eld, che si ritirò immediatamente all’indietro, così da distanziarsi appena di più da quella che parve essere una ragazzina o, forse, solo un fantasma. Sbattè più volte le palpebre, alla ricerca di un senso a ciò che i suoi occhi stavano catturando, immagini che si tramutavano in supposizioni, informazioni, opinioni, tutto in maniera frettolosa e alla ricerca della spiegazione che, fra tutte, gli sembrava meno logica e più affascinante. Fu infatti veloce anche il sorriso che andò a stirargli le labbra subito dopo, mentre con lo sguardo puntato ancora su quella figura, le zampette magre del corvo andarono a posarsi sulla sua spalla avvolta nel tessuto pesante della felpa. ~Quello è il mio corvo.~ udì quella ragazza parlare ancora una volta, riferendosi quindi all’animale che, in quel momento, sembrava voler fare amicizia con Eldjàrn piuttosto che dar retta alla padrona. Si voltò leggermente di lato, col mento che andava a puntarsi cautamente in direzione del corvo ora ben saldo sulla spalla di Eldjàrn, il sorriso ancora ben fermo sul viso, lo stesso sul quale ora le sopracciglia andavano a rilassarsi così da sciogliere l’espressione stranita che aveva avuto la meglio su di lui fino a quel momento. Quando tornò a guardare il fantasma, Eldjàrn sorrideva a labbra schiuse, affascinato e divertito dalla stranezza di quell’intera situazione. ~Chi sei?~ gli domandò allora lei, fluttuando piano ancora più vicino e puntando le proprie pupille vacue in quelle solide del ragazzo. Sollevò il mento nella sua direzione, Eldjàrn, portando poi una delle mani libera all’altezza della sigaretta ancora spenta e stretta fra le labbra, così da allontanarla via e posarla nuovamente nella tasca della felpa. Sollevò poi il braccio all’altezza del corvo così da mostrare il palmo della mano aperta all’animale, con la coda dell’occhio lo vide avvicinarvi brevemente il becco e poi ritirarsi, le pupille corvine pronte ad afferrare qualsiasi tipo di movimento presente nelle vicinanze. «Un amico.» rispose allora lui, tornando a prestare attenzione alla figura fluttuante di lei mentre abbassava nuovamente la mano. Lo sguardo della ragazza, seppur in forma opaca e poco distinta, lasciava trapelare diffidenza e curiosità, difficile a dirsi quale delle due sensazioni avesse la meglio su di lei. Chinò piano il capo da un lato, Eldjàrn, iniziando a compiere qualche passo nella direzione della ragazza, il corvo ancora ben saldo sulle proprie spalle magre. ~Come mai sei alla casa stregata? Puoi parlare con gli animali forse?~ glielo domandò l’entità, qualsiasi cosa fosse, mentre si accingeva a fluttuargli intorno. Presero a girarsi intorno in cerchio entrambi, circospetti, alla ricerca di un segreto che avrebbe rivelato il motivo di quell’incontro, difficile a credere potesse essere casuale, difficile a credere addirittura potesse essere reale. Eppure, se c’era qualcosa che Eld aveva imparato ad accettare e accogliere con curiosità in tutta la propria vita, era proprio la peculiarità di quel posto in cui era nato, pronto a riservare ai suoi abitanti esperienze che andavano oltre la logica. «Non saprei, ma a quanto pare posso parlare con i morti.» rispose allora lui, il tono della voce piatto ma incuriosito mentre, lentamente, il viso si chinava obliquamente verso il basso e gli occhi si allacciavano saldi alla figura di lei. Poi, s’un tratto, si fermò. La guardò qualche istante ancora, le sopracciglia increspate e la mente feroce alla ricerca di possibili spiegazioni e scenari. «Lo sei? Sei morta incalzò allora, il sorriso ancora un accenno sulle labbra asciutte, gli angoli tendenti verso l’alto. Proseguì il suo moto circolare, il fantasma, fermandosi poi alle spalle del ragazzo per affondarci contro e attraversarlo, letteralmente. La sensazione fu la stessa di una folata di vento freddo che si abbatte sulla pelle nuda, un brivido gli attraversò la schiena rendendo per un istante tutto altrettanto vacuo, quasi come aveva pensato si sentisse lei mentre gli fluttuava intorno. Non ne fu spaventato, ma incuriosito. Sorrise istintivamente mentre riprendeva possesso della realtà nonostante la sensazione di poco prima gli aveva lasciato addosso del distacco. Tornò a posare lo sguardo su di lei, le labbra schiuse dallo stupore e una strana sensazione di adrenalina sotto la cute. «Mi sei appena passata attraverso.» fu una constatazione, forse una velata accusa ancora incosciente di esserlo, nessuna domanda. Non si aspettava una risposta, non ne cercava alcuna. Il gracchiare del corvo fu intenso ed improvviso, il becco vicinissimo alle orecchie del ragazzo lo obbligarono a spostare la nuca appena più lontana dall’animale per qualche secondo, finché il verso cessò del tutto. Allora sollevò una mano per portarla nuovamente in direzione del corvo e chiuse tutte le dita in un pugno, lasciando disteso solo il dito indice verso l’esterno, al ché quella macchia nera e viva non esitò neanche un istante e, spiegate brevemente le ali, gli volò letteralmente sul dito con le zampe spigolose che andarono a chiudersi attorno ad esso. Spostò con cautela la mano, quindi, abbassandola appena e portandola di fronte al petto così da avere entrambi sottocchio, il corvo e quella che, a detta sua, avrebbe dovuto essere la sua padrona. «Sono Eldjàrn.» si presentò finalmente pronunciando il proprio nome alla ragazza che, ancora a pochi passi da lui, continuava a fluttuare per aria. «Tu chi sei, invece?» domandò rivolto nella direzione della giovane, il tono della voce ora curioso. La diffidenza sembrava essere di casa da entrambi, oltre quella però vi era una strana curiosità che vi faceva da ospite. Che quella sensazione li portasse ad un legame sarebbe stato troppo presto per dirlo, forse, eppure qualcosa in quella figura astratta rendeva Eldjàrn ben disposto al dialogo, non inteso come conversazione vera e propria, di quello raramente ne era capace e non perché non ci riuscisse, ma perché non ne era interessato neanche un po’. Riprese quindi a camminare verso il portico malandato della casa che si diceva fosse stregata e, il pensiero che potesse realmente essere così lo fece ridere appena, il petto che si alzava e abbassava leggermente sotto la felpa. «E’ per via della tua presenza che la gente crede questo postaccio sia infestato? Ce ne sono altri come te?» chiese curioso mentre, con il corvo ancora appollaiato sul suo dito, Eldjàrn saliva gli scalini per ritrovarsi di fronte alla porta d’ingresso da sempre schiusa. Si fermò per voltarsi in direzione del fantasma e farle cenno con la mano libera di seguirlo, un sorriso sinistramente incoraggiante ora nuovamente vivo sulle labbra chiuse, come al solito. A guardarli da fuori sarebbe stato difficile constatare quale delle due figure avesse effettivamente più rotelle fuori posto.
     
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    «Un amico.» Per quanto potesse parere a primo acchitto irrealistica, quella risposta parve soddisfare parzialmente Eira, impossibilitata a dire altrimenti. Fissò il preziosissimo corvo appollaiarsi vicino a quello sconosciuto e trovò la scena quanto inusuale per un volatile tanto schivo; doveva avergli ispirato fiducia in qualche strambo modo. Chissà che storia hai. Si domandò quietamente lo spettro, fluttuando guardinga ma interessata attorno al suo corpo, di natura ben diversa dalla propria, incorporea ed intangibile. Per tutti e due sembrava trattarsi di un incontro inaspettato: ogni reazione di Eldjàrn aveva risvegliato in Eira una diffidenza quasi mai provata - ma, nuovamente, non le era mai capitato di incrociare un essere umano vivente alla casa stregata, e di fatto, si recava lì di proposito. Non le piacevano le domande curiose, le urla spaventate, le reazioni di chi non aveva mai assistito ad una sua trasformazione prima d'allora. Amici e familiari erano sempre i benvenuti, tuttavia Eira prediligeva passare momenti di quiete e solitudine quando richiamata dall'aldilà, e doveva ammettere anche che fosse la prima volta per lei ad interagire con qualcuno che più che intimidito si mostrava affascinato da quella forma peculiare di conoscenza. «Non saprei, ma a quanto pare posso parlare con i morti.» L'arguta risposta lasciò Eira piacevolmente sorpresa ancora una volta; lo sconosciuto sembrava starsi allineando con l'energia che la giovane stessa emanava, senza scappare dallo sguardo di lui ma anzi, affrontandolo con fierezza. Rallentò quindi, fronteggiando il ragazzo rispecchiando anche la forma delle sue labbra in senso inverso: gli angoli delle sue, più scure per via dell'usuale rossetto nero ora opaco sulla sua pelle, tendevano verso il basso. «Lo sei? Sei morta?» Prima di offrire una risposta significativa, Eira cercò di dimostrare la sua posizione evanescente senza sfruttare l'uso delle parole, attraversando il corpo di Eldjàrn da parte a parte.
    Così come lui avrebbe potuto percepire una carezza di freddo pervaderlo, Eira ne avvertì il calore vivo e ancora pulsante, che tanto le apparteneva quanto ora le era alieno. «Mi sei appena passata attraverso.» La prima espressione di sospresa di Eldjàrn si fece manifesta in quelle poche parole appena sussurrate ma ferme in una constatazione che Eira non si preoccupò di confermare, certa che i fatti avrebbero parlato per lei, e di lì a poco così fu: il corvo parve quasi voler segnalare al giovane la veridicità di quanto aveva appena affermato, senza curarsi troppo del fatto che fosse pericolosamente vicino al fragile timpano di Eldjàrn. Quel piccolo particolare, per quanto minuzioso, incrinò l'espressione neutrale e sospettosa della fantasmina, rompendola in un sorrisetto e quella che poteva sembrare una timida risatina divertita, acquosa ed eterea per via della voce riverberante. ~ Sì, sono morta... per ora. ~ Rispose infine, forse aperta un po' di più al dialogo per via di quel piccolo episodio che rese Eldjàrn più accessibile ai suoi occhi, proprio mentre il volatile nero e brillante si racchiudeva attorno all'indice del giovane. La risposta era sincera; Eira aveva offerto al suo singolare interlocutore un primo scorcio nella sua particolarità, un potere di passaggio, che le permetteva di varcare la soglia tra due spazi radicalmente diversi, eppure l'uno lo specchio dell'altro, senza paura - non del tutto almeno. I timori di Eira, infatti, non spuntavano senza ragione: un solo danno al povero corvo e tramite dell'aldilà, e lo stesso identico colpo sarebbe stato inferto su di lei, con uguale potenza. Il benessere del corvo non rappresentava solo un solido contatto con l'altro mondo - a cui Eira momentaneamente apparteneva - ma anche un filo diretto con la sua incolumità; in quel momento, Eldjàrn stava stringendo il suo cuore in mano. «Sono Eldjàrn.» Finalmente quel volto ignoto acquistò un nome, che però Eira non ricordava di aver mai udito prima (non ancora, almeno). Un nuovo incontro, una nuova vita da incrociare alla propria, lui piantato a terra e lei ancora fluttuante. «Tu chi sei, invece?» Eldjàrn. Ripetè tra sè e sè Eira, un po' come se volesse rendersi più familiare a quei nuovi suoni un paio di volte, proprio lei che di conoscenze generalmente voleva saperne il meno possibile. ~ Io mi chiamo Eira. ~ Rispose sintetica ma mansueta, trattenendosi in una posizione composta ma si affiancò ad Eldjàrn, cercando di osservare oltre il suo sguardo, per capire cosa stesse attirando la sua attenzione in quel momento. La casa? «E’ per via della tua presenza che la gente crede questo postaccio sia infestato? Ce ne sono altri come te?» Un altro risolino; Eldjàrn sembrava davvero riuscire a fare in modo che Eira si sentisse a proprio agio, nonostante le evidenti differenze fra loro. Lo seguì e fluttuò attorno ad una delle colonne in legno del portico, per poi immergersi per metà tra le mura della casa. ~ Penso proprio di sì, i "normie" si spaventano con poco.. Qui ci sono solo io. ~ Iniziò a considerare lei, lasciando pendere appena il capo da un lato, per poi specificare di essere l'unico spettro visibile nella zona, e probabilmente, in tutta Besaid, anche se non ne avrebbe potuto avere la certezza di confermarlo all'altro in quegli istanti.
    ~ È che qui ci vengo ogni volta che sono.. Beh che sono morta. Poi immagina, una casetta diroccata vicino al cimitero, mah, solo i goth e le persone che vogliono star sole ci vengono, no? Ed io rientro in entrambi i gruppi- ~ Ridacchiando morbidamente alle sue stesse parole, Eira offrì le spiegazioni che Eldjàrn le aveva chiesto ed anche di più, articolando un suo personalissimo discorso sulla casa stregata, le persone che la frequentavano ed il fatto che la considerasse un po' il suo luogo sicuro, un posto in cui recarsi in solitudine e dove nessuno avrebbe potuto realmente disturbarla. Seguì il giovane sino alla porta, e poi la oltrepassò passando attraverso il pannello come fosse niente; era uno dei primi trucchetti che aveva imparato assieme ad Akinyi, una delle sue migliori amiche. L'ho aperta io la porta per la prima volta quando ho visto che era abbandonata~ ~ Una stilla d'orgoglio si fece largo nelle parole della ragazza, forse perchè si trattava del suo primo vero atto di trasgressione su suolo pubblico o forse perchè il suo amico Kris e custode del cimitero le aveva lanciato tutti gli indizi giusti - ad ogni modo, la grande impresa doveva essere festeggiata almeno un po', ed Eira non si tirò indietro dal gongolare un pochettino, prendendo ad aleggiare liberamente nei piccoli ambienti diroccati e polverosi. ~ Questa casa è un po' in bilico tra un mondo e l'altro. Mi piace per questo. ~ Il commento della giovane fantasma si perse nell'aria e tra i pulviscoli di luce, come se lo stesse vocalizzando tra sè e sè, mentre superando Eldjàrn lo invitava ad esplorare gli interni. Il corvo gracchiò appena e tornò a volare, sistemandosi su una delle travi - fortunatamente ancora salde - che sorreggevano il soffitto. ~ E tu, Eldjàrn? Sei morto, un goth, oppure vuoi stare da solo? ~ Domandò infine la ragazza, sedendo sul parquet usurato del pavimento, stranamente incuriosita dalla persona che aveva davanti, ed anche vagamente interessata ad ogni momento passato in compagnia: probabilmente, l'arrivo di quel giovane doveva esser stato provvidenziale, capitato al momento giusto e nel posto giusto per lasciar incrociare due esseri umani tanto differenti eppure tanto simili. Forse Eldjàrn si era recato al cimitero per piangere qualcuno di caro, oppure direttamente alla casa stregata per cercare un po’ di solitudine oppure a caccia di spettri? ~ Non credo che tu sia venuto alla casa stregata perchè volevi infastidire una ragazzina fantasma ~ Commentò naturalmente ironica Eira, lanciando un sorrisetto in direzione dell'altro, proprio mentre il corvo tornava ad aleggiare sulle loro teste, fino a planare nuovamente sulla spalla dell'uomo.
     
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2 replies since 23/2/2021, 23:57   86 views
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