I’m singing my blues, singing my bloom

Joon x Hobi - Post Quest #3

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    Era da tanto che Hoseok non passeggiava in spiaggia. Forse l'ultima volta risaliva a qualche mese prima, quando vi si era recato per calmare i pensieri che irruppero nella sua mente in tempesta, affidando alle onde ogni preoccupazione; il mare lo intimidiva tanto quanto confortava - una dea accogliente e terribile. Ora che vi ci era tornato e che percorreva i ciottoli della spiaggia di Besaid, Hobi si rendeva davvero conto di quanto pregno di significato e di direzioni fosse quel luogo che si stagliava sin dove l'occhio non riusciva più a vedere: lui era diventato parte di quelle infinite strade, intenzionato a far intrecciare la propria con quella di Joon. Non lo vedeva da qualche settimana, e la sua apparente e comunque altamente inusuale scappatella dalle incombenze all'HopeLab si era rivelata una vera e propria battaglia che Joon era riuscito a vincere dimostrando una forza incommensurabile, seppur accusando colpi profondi e dolorosi. Hoseok ne aveva potuto osservare i residui in ospedale, precipitandosi in quegli ambienti chiari e sterili appena appresa la notizia. Non conosceva i dettagli di quel che era successo, ma era certo che quell'esperienza traumatica e violenta ancora dalle forme per lui nebulose doveva aver estenuato Joon sia fisicamente che emotivamente, e proprio pensando a questo, Hoseok sperava di poterlo aiutare a ricostituire le energie che rigogliose e calde avevano sempre abitato in lui in modo che potessero tornare a fiorire. Dunque, borsone alla mano, Hobi lasciava che le suole delle sue converse color crema lasciassero scricchiolare sotto il loro passo svelto e leggero i sassolini del bagnasciuga, mentre il mare ne arricchiva il ticchettio con un contrappunto più lento, rilassante, quasi come se stesse tendendo le sue ampie braccia liquide anche verso un microscopico essere umano come lui. L'assenza di Joonie aveva reso Hoseok ancor più trepidante alla prospettiva imminente del loro incontro; aveva saputo in qualche breve scambio di messaggi con l'altro delle sue dimissioni dall'ospedale, della sua partenza per Tromso e successivamente del suo trasferimento nella casa sulla costa, e sebbene il cuore gli si fosse riempito di sincera speranza per quel momento di lontananza e guarigione condiviso con Jungkook, Hoseok capì che lo spazio che Joon aveva preso per se stesso doveva essere stato fondamentale per elaborare eventi molto più che sgradevoli.
    Nel ripensarci, Hoseok si ritrovò egli stesso a dover prendere un respiro profondo, potendo solo vagamente immaginare l'apnea in cui Joon era stato rinchiuso dalle quelle circostanze impietose di cui non aveva ancora osato domandare per non turbarlo ulteriormente. Ormai il suo tragitto si era concluso, e notando a poca distanza da lui la casetta sul mare di cui gli era stato riferito in precedenza, Hoseok avvertì il suo cuore stringersi in uno spasmo emozionato. Finalmente~ Un paio di ticchettii delle nocche contro il pannello fibroso della porta, ed Hobi potè percepire chiaramente l'impazienza farsi strada in lui, in impercettibili scatti d'energia che gli imponevano di aggiustare la propria postura, stringere appena la tracolla nel palmo della mano, lasciar guizzare lo sguardo lungo la cornice della porta fino a fermarsi su- Joonie!! Quasi saltellando sul posto, Hoseok si lasciò travolgere da una potente sensazione di sollievo, aspettando di monitorare le condizioni di Joon prima di poterlo abbracciare. Notò le stampelle a supportare i suoi movimenti così come alcune fasciature fare capolino dai vestiti, e radioso, Hoseok si concesse di avvicinarsi a lui, cingendogli delicatamente e con attenzione le spalle con le braccia per racchiuderlo in una dolce stretta. Sono felice di vederti. Sussurrò contro la sua tempia, con un sorriso a sporcare i suoni di ogni parola che non svanì nemmeno quando si fu allontanato, ora racchiudendosi in un moto di confortevole euforia nel morbido cappotto leopardato. Joonie, Joonie~ Cantilenò contento, riuscendo a mascherare con abilità lo spesso velo di preoccupazione che calò sul suo sguardo nell'osservare le stesse ferite che in ospedale erano in parte nascoste da delle pesanti coperte. Il luminoso sorriso che aveva accolto la figura dell'altro però non abbandonò Hoseok, offrendosi come brillante gancio che spinse il ragazzo ad estendere un braccio, avvolgendo una mano sottile in quella dell'altro, calda ed ampia. Hoseok la strinse subito nella propria. Ahhh- sono stato proprio in pensiero, lo sai? Si lamentò come se una sua parte bambina avesse preso completamente il sopravvento, arricciandogli quel bel sorriso per ricavane un broncio ben pronunciato dal labbro inferiore. Senza nemmeno pensarci troppo, Hoseok si lasciò cadere tra le braccia legnose della panca proprio di fianco alla porticina, protetta dal piccolissimo portico che dava sulla costa. Si fece più lontano per permettere a Joonie di sedersi comodamente, tuttavia non gli lasciò la mano neanche per un momento. Incrociò le gambe all'altezza delle caviglie e poi riportò lo sguardo su Joonie, cercando quasi di scrutare oltre la luce che gli illuminava lo sguardo. Com'è andata giù a Tromso con la tua famiglia? Wah~ Questa casetta è bellissima tra l'altro, ti ci trovi bene? L'inquisizione di Hoseok si fece più placida, affettuosa, e mentre il suo tono di voce si faceva ancora più morbido, un leggero rossore si depositò sulle sue guance, accortosi solo in quel momento di avere ancora la mano affusolata del più piccolo nella propria. La lasciò gentilmente andare, e mentre ascoltava la risposta che Joonie volle offrirgli si occupò di aprire la zip del borsone posato di fianco a sè. Non sono venuto a casa tua all'ora della merenda per caso~ Ecco qua!! Ti ho portato un po' di cibo dal Banchan, se hai fame possiamo mangiare un po' di hotteok, altrimenti li posso portare dentro assieme alle altre cose- Sì, ho preso anche qualcosa in più, non si sa mai~ Anche Jungkookie potrebbe avere fame! A proposito, dov'è? Porgendo con fare scherzosamente ammiccante un bel pacchetto caldo con ben quattro soffici hotteok all'interno, Hoseok cercò di carpire la reazione di Joonie, accomodandosi con sempre più disinvoltura in quell'incontro che, per via delle circostanze speciali che lo incorniciavano, sembrava tendere Hoseok il più possibile verso Joon, in uno slancio ben diverso da uno condiviso in un rapporto puramente professionale. Ti ho... Fatto tante domande da quando sono arrivato vero? Scusami, è che non ti ho visto per tanto tempo e mi sei mancato! Adesso l'HopeLab è un po' vuoto senza di te.. Lentamente, lo sguardo di Hoseok fermo sul minuto perimetro del porticato si spostò verso il mare, trovando in quello spazio blu un luogo sicuro dal quale esprimere quella tenera confessione, che incurvò appena le labbra del maggiore nello spettro di un sorriso subito prima di tornare al volto di Joon ed alla sua presenza così calda e gradita. Però sono felice di vedere che stai un po' meglio, baby. La domanda che volevo farti più di tutte infatti è... come stai Joonie? Come stai davvero?
     
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    Ah, Hoseok. Sei qui. Mormorò calorosamente, accogliendo la presenza di Hoseok con un placido sorriso. Le pupille si strinsero leggermente, abituandosi alla luce che dall'esterno invase l'ingresso dell'abitazione senza infastidirlo davvero. Mentre si reggeva alla stampella con il braccio sinistro, l'altro era occupato ad aggiustarsi un po' i vestiti, esponendo o coprendo per qualche momento dei lembi dell'addome, in verità coperti da nuovi giri di fasciature. Avrebbe dovuto patire quelle accortezze ancora per poco, permettendo alla pelle di rigenerarsi in modo completo, con il giusto ritmo. Quando la t-shirt verde scura si trovò finalmente al suo giusto posto, adagiandosi morbidamente contro dei comodi pantaloni che un tempo utilizzava per fare attività fisica, allora si fermò per essere salutato dall’altro. Ow, ow... Uggiolò in modo scherzoso, non davvero dolorante, contento di sentire la stretta dell'altro non farsi più lenta. Ricambiò l'abbraccio permettendo alla mano libera di scivolare contro il simpatico cappotto dell'altro, fermandosi nel mezzo della schiena e immergendosi facilmente nell'energia dell'altro pur dovendosi chinare di poco. Anche io. Ripeté all'altro un paio di volte mentre cercava di combattere l'espandersi del sorriso: Joon era davvero entusiasta per via della presenza di Hoseok. Nonostante avesse avuto modo di parlare con lui attraverso qualche scambio di messaggi e Hoseok era stato tanto premuroso da impegnare il suo tempo per fargli qualche visita, sapere di poter incontrarlo al di fuori delle mura dell'ospedale l'aveva gettato in una totale beatitudine. Credeva di stare già meglio: la voce e il profumo di Hoseok furono sufficienti a farlo tornare indietro di qualche tempo, quando l'ingombrante presenza di un gesso, una stampella e tante notte insonni non erano ancora diventate per lui la normalità.
    Scusa, scusa. Cantilenò in risposta alle lamentele dell'altro, godendo del tono di Hoseok pizzicato da qualche punta quasi capricciosa. Lo seguì con lo sguardo e, poco dopo, si sedette al suo fianco. Permise al venticello che accarezzava entrambi di accoglierli, insieme, in quella manciata di secondi che intervallarono le parole di entrambi e guardò la mano di Hoseok, elegante e delicata, venir nascosta dalle lunghe maniche del cardigan che aveva addosso. Si trattava di un dono di Vilde. Guardò i piccoli Amanita muscaria che ne decoravano gli intrecci in lana e osservò le guance di Hoseok, provate dal contatto con l'aria austera del mare: erano di un colore simile. Lasciò la stampella vicino alla panca ormai occupata da entrambi e raccolse le domande di Hoseok, avendo ormai le mani libere per poter contenerle tutte senza troppe difficoltà. Trattenne a stento un sospiro, facilmente nascosto da quello del vento e indugiò con le dita in aria per qualche secondo, come nell'avvertire la mancanza improvvisa di quella continuità, sicuro che l'altro non avrebbe potuto farci caso. La casa è bella, sì. Concordò, alzando gli occhi al cielo per guardare il ventre del portico intaccato, in diverse parti, dal tempo e dalla salsedine. Prima che Jungkook e Joon tornassero da Tromsø, i suoi genitori si erano assicurati di rassettare al meglio la casa; non si trattava di una struttura estremamente vecchia, doveva avere all'incirca una quarantina d'anni - ma a Joon non dispiaceva questo dettaglio. Gli sembrava un elemento su cui riuscire a fare affidamento, nonostante non potesse riconoscere fra gli ambienti assolati i familiari odori del bosco. Grazie, Hoseok, gli hotteok sono fra i miei preferiti. Lo sapevi? Te l'avevo detto, per caso? Huh... e Jungkook, è in casa. Non so per quanto ancora, però. Joon parlò con tranquillità, interrompendosi nell'alternare le domande rivolte a Hoseok a un tono che sembrava più appropriato per un brevissimo monologo.
    Si fermò per qualche secondo, come se fosse stato costretto a riflettere su un elemento resosi patente solo dopo che le dita entrarono in contatto con un primo caldo e soffice hotteok: pur collaboratori e colleghi, non poteva dire di conoscere un granché sull'altro, nonostante si fossero anche professati amici. Mentre addentava un primo morso e ascoltava Hoseok, che aveva spostato lo sguardo sul mare proprio quando Joon l'aveva puntato su di lui, sentì per qualche secondo il cuore stringersi. Sono davvero buoni... Rifletté fra sé e sé per poi, distrattamente e forse con poca grazia, riporre lo stesso dolcetto appena addentato insieme agli altri. Era stato sgarbato iniziare a mangiare senza offrire all'altro nemmeno una bevanda calda - però era stato grato a se stesso per quella distrazione. No, no... vanno bene le domande, va bene parlare. Borbottò dopo poco, fissando per qualche secondo il proprio gesso e poi muovendo un po' i piedi, cercando di dissipare il vago nervosismo generato dall'aver avvertito quella strana sensazione. Era sempre così, quando parlava con Hoseok, e non riusciva a capire il perché: si fidava dell'altro e, per quanto valeva, sapeva di volergli bene. “Mi sei mancato”. Un sorriso assonnato riprese ad illuminare con una fioca luce il viso di Joon che, catturato da quelle parole, tornò a guardare Hoseok. Non vedo l'ora di tornare. Aggiunse mentre lo sguardo si intrecciava a quello dell'altro senza che venisse retratto qualche attimo più tardi; permase in quel momento a lungo mentre l'apollinea energia di Hoseok permeava in lui quindi socchiuse gli occhi, appoggiando la nuca contro la finestra a cui stavano dando le spalle.
    Assaporò le parole dell'altro contro il palato e una piccola smorfia non poté che generarsi sul suo viso. Per quanto se lo chiedesse spesso durante la giornata, non c'era un'ora in cui la risposta si ripeteva uguale a quella precedente o quella successiva. Molte volte credeva di voler passare l'intera giornata a nascondersi e il pensiero lo faceva star bene, lo faceva sentire al sicuro. Lo sono, sto bene. Sto meglio... Delle volte si criticava per il troppo oziare, per l'apatia in cui ricadeva per non sentire più nessuna parte di sé. Si corrucciò leggermente. Anche se sono stato meglio, credo. Più raramente - ma erano i momenti che ricordava con più chiarezza - provava una rabbia a lui sconosciuta e ripercorreva tratti della memoria offuscata, sognava di vedere le proprie mani colorarsi di un liquido cremisi e putrefatto ma, quando si svegliava, si accorgeva di aver piantato il proprio palmo contro il petto di Jungkook. Il ticchettare di quel battito lo faceva ondeggiare fra la vita e la morte. Andare a Tromsø mi ha fatto bene. Mi sono stancato più del necessario, forse, ma credo sia stata la scelta migliore. Sono contento di essere tornato, ad ogni modo. Besaid ormai è... troppo importante. Però mi manca il bosco, mi manca andare a correre... Una risatina più triste fece vibrare il petto di Joon che, soprappensiero, tornò all'hotteok abbandonato poco tempo prima, riportandoselo alle labbra. Affondò qualche morso e fu sufficiente a consumarlo del tutto: era ancora caldo e aveva un buon sapore.
    Sai, fra gli archivi di famiglia ho avuto modo di incontrare un mio parente alla lontana, Kjell. Sua moglie ha conservato alcune sue pagine di diario. È morto molto giovane, a venticinque anni. Era parecchio arrabbiato dall'intera situazione... si erano appena sposati e lei era rimasta incinta da poco, ma lui si è ammalato di tubercolosi e, beh, le sue ultime memorie sono rimaste su queste poche pagine ingiallite. Joon parlò con calma, incrociando le braccia al petto e attraversandosi il viso con una mano, fino a quando non appoggiò una guancia contro il palmo. Continuò a guardare di fronte a sé, mentre rendeva partecipe Hoseok di alcune notizie che l'avevano turbato tanto quanto erano state in grado, in uno strano modo, di dargli conforto. Kjell aveva la sua stessa età quando era morto, ma Joon era sopravvissuto. E c'era tanta amarezza nelle sue parole. Il risentimento di non vivere fino ad avere esperienza della vecchiaia, di non vedere i propri desideri realizzarsi, di non poter abbracciare la moglie o i suoi bambini. Non avrebbe mai potuto godere delle cose più semplici... come lunghe giornate di pigrizia, le passeggiate nell'orto, accarezzare il proprio gatto. Se non avesse atteso, se non avesse rimandato, se non avesse riempito la vita di impegni, se avesse agito in modo da vedere i propri desideri realizzarsi prima... sarebbe morto contento?
    Con lentezza si girò verso Hoseok, portando un braccio contro lo schienale della panca che stavano occupando insieme. Lo guardò per qualche secondo, quindi abbozzò un piccolo sorriso: non voleva risultare tetro, voleva parlare sinceramente con Hoseok. Però ci sarà anche una ragione per cui ci teniamo impegnati e ci distraiamo, no? Altrimenti saremmo troppo inclini al pensiero della morte. Contemplarla troppo a lungo non fa bene... e per questo mi sono tenuto impegnato. Ho- ho messo un po' di carta adesiva su questa finestra. Quando ci passa il sole attraverso, la luce viene filtrata come colorata... ed è piacevole stendercisi sotto. Le dita di Joon andarono a sfiorare i vetri, rilevando la presenza di un po' di sabbia sopra la superficie fredda. Si trattava di una finestra a ghigliottina, non troppo grande, divisa in sei pannelli da asticelle scure e sfibrate. In netto contrasto con quei dettagli privi di frivolezza emergevano i colori selezionati da Joon - la cui scelta sarebbe stata facilmente intuibile. Come tutto il resto della casa, anche la finestra non era stata risparmiata dalle intemperie del vento oceanico e, seppur fragile all'aspetto, aveva resistito perfino agli improvvisati e strambi interventi artistici di Joon. Sfregò i polpastrelli fra loro per eliminarne ogni pulviscolo che aveva intercettato. Dovresti tornare la prossima volta, per provare. Il momento adatto è attorno alle dodici e mezza. Ma forse anche prima... le dodici.
     
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    Non appena le braccia di Hoseok avvolsero il corpo più ampio di Joon, il maggiore ebbe l'impressione di star stringendo a sè, invece, una creatura piccolissima, che avrebbe voluto trattenere in quella precaria protezione il più possibile. Si era rivolto per qualche tempo degli interrogativi troppo grandi da essere risolti, su come in un singolo attimo un'intera esistenza si potesse incrinare sino quasi a spezzarsi, su come le persone conosciute durante una vita intera potessero diventare estranee, o a come si possa trovare conforto sapendo di aver vissuto la paura della morte così intensamente. Solo quando l'erratico andare dei pensieri si fermò, Hoseok lasciò andare il torace di Joon, non dimenticandosi di tastarne le spalle solo per assicurarsi che fosse davvero lì, che fosse vivo, che respirasse sotto ai suoi palmi. Tanto era l'entusiasmo di questa realizzazione, che Hobi non potè trattenersi dal rivolgere all'altro una cascata di domande, che come sempre con gran pazienza, Joon ebbe la gentilezza di soddisfare una dopo l'altra. La casa è bella, sì. In qualche modo, quella sintetica risposta tranquillizò l'irrequietezza di Hoseok, rassicurato dal fatto che nonostante tutto, Joon avesse trovato un rifugio sicuro in cui guarire e proteggersi assieme a Jungkook. Immaginava che dopo gli eventi che gli erano stati più o meno descritti nel dettaglio, i due amici avessero avuto bisogno di allontanarsi dalle distrazioni e dai ricordi, affrontando questi ultimi in uno spazio sicuro. Grazie, Hoseok, gli hotteok sono fra i miei preferiti. Lo sapevi? Te l'avevo detto, per caso? Huh... e Jungkook, è in casa. Non so per quanto ancora, però. Un breve cenno del capo, ed il ragazzo più grande si schiuse in un tenero sorriso, ricordando quel piccolo dettaglio che sperava avrebbe fatto piacere a Joon. L'osservò addentare l'hotteok e poi, poco dopo, riporlo, e lo sguardo gli si tinse di lieve preoccupazione. Forse non gli era piaciuto tanto? Forse aveva lo stomaco chiuso? In ogni caso, l'istinto istintivamente premuroso che Hobi custodiva da sempre lo spinse sino a Joon, posando una leggerissima pacca incoraggiante sul ginocchio, quasi impercettibile, solo con la punta delle dita.
    Nonostante Hobi si volesse assicurare di non oltrepassare mai i limiti del suo comfort, Joonie non sembrava intimidito dalla prospettiva di una conversazione, e Hoseok ne approfittò per chiedergli come stesse e come si sentisse. Il desiderio di vedersi a Besaid, passare del tempo all'Hopelab e scambiare le battute di ogni giorno era vivo in entrambi, e anche se Hobi era certo che di fianco a sè ci fosse una persona diversa, era certo di voler conoscere e scoprire anche il Joon del presente, quello volenteroso, coraggioso, segnato e sopravvissuto. La sua interezza non era cambiata ai suoi occhi. Era come se, in quei momenti in quella piccola casa vicino al mare, i due si stessero percependo semplicemente, cercando di captarsi l'un l'altro al meglio delle loro possibilità, il più profondamente possibile. Fino ad allora, Hobi era intervenuto con piccoli cenni, commenti e domande, ma non appena Joon iniziò ad accingersi a parlare di come e cosa sentisse, si accomodò in un silenzio aperto, accogliendo a sè ogni parola. Besaid ormai è... troppo importante. L'affondo nell'impasto dell'hotteok rispecchiò il tuffo del cuore di Hoseok in un oceano di sollievo: forse in un moto egoistico, o semplicemente felice nel sentire quelle parole e nel vedere l'amico riacquistare appetito, era felice del fatto che Joon ebbe ripreso a mangiare, in un segno istintivo di buona salute che tranquillizzò il maggiore quasi immediatamente. Troppo importante. Poteva capirlo; anche volendo scappare miglia e miglia lontano da una cittadina forse a volte troppo stringente, Hobi sapeva che non avrebbe mai realmente potuto e voluto farlo: tutta la sua vita era racchiusa in quei chilometri quadrati incastonati nella natura, ed era certo che per Joon in un certo qualmodo fosse lo stesso. Tuttavia, Hoseok era rimasto indietro, al suo Lo sono, sto bene. Sto meglio..., frasi sottili alle quali avrebbe voluto aggrapparsi ma che scivolavano dalla sua presa. C'era qualcosa che non tornava, qualcosa che Hobi sentiva non fosse al proprio posto, e ciò venne confermato dai rivoli di parole che Joon iniziò a riversare su di lui, la sua voce calda e sommessa. L'ascoltò fino alla fine intessere quel racconto di una vita giovane e spezzata, e Hoseok si avvide del fatto che non avrebbe potuto comprendere fino in fondo cosa Joon avesse passato, sopravvivendo alla morte in modo tanto intenso e violento. Posò allora la nuca sul suo braccio, esteso sino a ricoprire anche le sue spalle, e l'osservò, stranamente senza fiatare per tutto il tempo.
    Seguì ogni svolta e piega del pensiero di Joon sino a che non si posò su quei vetri colorati che filtravano la luce in campiture variopinte un po' come le emozioni di ciascuno, pronte a filtrare la realtà in qualsiasi modo si è pronti a vederla. Non sapeva quanto il discorso dell'altro avesse senso o se lo comprendesse davvero, tuttavia Hoseok ne restò per qualche attimo rapito, convinto ora sul da farsi. Annuì alle ultime parole di Joon e gli sorrise, scivolandogli più vicino. Voleva solo capire, farlo star meglio, offrire un conforto nel modo migliore possibile. Posso abbracciarti? Fu l'unica domanda taciuta che Hoseok gli rivolse con le iridi brillanti, allargando le braccia solo quando Joon gli fece capire di essere a proprio agio per poi tirarlo lievemente verso di sè e stringergli le spalle. Gli parve di custodire il mare tra le braccia, irrequieto ma confortante, vasto e piccolo quanto una goccia. E tu, sei arrabbiato Joon? Nel sussurrare quelle poche parole Hobi non si separò dal minore, pressando appena una guancia contro una sua tempia, e tenendolo poco più stretto a sè, gli prese a carezzare appena appena i capelli sfiorandoli con le dita sottili. Hai detto che sei stato meglio, voglio aiutarti con questo. Alla fine che sia per distrarsi o per affrontare cose difficili, gli amici ci sono per questo no? Continuò con un filo di voce, certo che l'altro l'avrebbe ascoltato, non volendo incrinare quel momento più delicato in cui entrambi erano racchiusi. Difatti, proprio mentre Hoseok posava con gentilezza le labbra tra i capelli del più giovane per lasciarvi un bacio confortante, il suo abbraccio prese ad illuminarsi, man mano sino a raggiungere un bagliore dorato intenso. Forse questo non avrebbe curato ogni dubbio e dolore di Joon, ma sperò che l'avrebbe aiutato a privarsi di alcuni dei pesi che gli gravavano sul cuore. Gli occhi socchiusi erano fissi sul mare, incorniciati dal basso dalla chioma del più giovane dalla quale le labbra di Hobi non si separarono, nemmeno quando il suo palmo affusolato gli andò ad aprirsi sul petto, intessendo minuti e leggeri movimenti per tirar via ogni stilla irrequietezza. Cos'è che ti fa più male? Così Hoseok cercava, cercava e cercava ancora, osservando la luce che circondava l'altro nel tentativo di identificare la sua più grande preoccupazione ed assorbirla in modo che non ne soffrisse più. Attese e restò in silenzio, lasciandosi guidare dalla propria particolarità, tanto utile quanto nascosta. Joon aveva lavorato così sodo, ed Hobi desiderava solo eliminare parte di quella fatica, di cui si sarebbe sobbarcato volentieri per dare all'altro un po' di pace dopo quel che aveva passato. Oh, eccoti qua. Ed ecco che iniziò un ricamo meticoloso e colorato, in cui secondo dopo secondo Hoseok sostituiva il filo annerito dal male in uno pieno di sereno oro, ferace e luminoso nella speranza di star donando un sollievo duraturo e significativo al ragazzo prezioso che reggeva tra le braccia.
     
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    Sarebbe stato difficile per Joon poter affermare con certezza di conoscere bene Hoseok. Tuttavia, in quel momento tanto intimo quanto peculiare, Joon parve essersi avvicinato molto più di quanto aveva mai fatto prima all'altro. Gli occhi di Hoseok lo stavano scrutando con affetto, e Joon glielo stava permettendo senza sentire il bisogno di nascondersi dietro altre parole. Credeva di potersi spogliare di fronte a lui e, permettendogli di farsi più vicino, Joon si lasciò andare al tocco di Hoseok, affondando il capo nell'incavo del collo dell'altro quando questo l'abbracciò. Sapeva che per Hoseok il contatto fisico fosse un evento all'ordine del giorno - e Joon ci stava facendo l'abitudine, così come nel tempo si era aperto ad esprimere meglio il proprio affetto attraverso quei canali. Per una persona che aveva la possibilità di sentire ciò che provavano gli altri, Joon credeva di aver ignorato forse fin troppo a lungo il lato reale della propria esistenza: il tatto. Poteva avvertire la morbidezza della stoffa del cappotto di Hoseok e mentre la sua mano vagava per accarezzargli la sciarpa, e poi la nuca, si stupì della differenza di temperatura - la pelle calda e morbida di Hoseok, le punte dei suoi capelli che ne solleticavano le dita fredde. "E tu, sei arrabbiato Joon?" Un piccolo sospiro abbandonò le labbra di Joon, mentre tutto veniva sostituito dal buon profumo di Hoseok. Ancora una volta si lasciò manipolare dalle dolci mani di Hoseok, chiudendo del tutto le palpebre per lasciare che un sussurro raggiungesse l'amico. Se solo potessi dirlo. Ma... non lo so, Hoseok. Non so se sono arrabbiato, non so se sono depresso. Non so cosa sento, davvero. Gli rispose, non troppo sicuro di essere stato onesto con Hoseok. Per quanto si reputasse incline alla riflessione, Joon era semplicemente paralizzato dagli ultimi eventi, e si lasciava attraversare da essi senza che fosse in grado di capire l'andamento dei flussi.
    "Hai detto che sei stato meglio, voglio aiutarti con questo. Alla fine che sia per distrarsi o per affrontare cose difficili, gli amici ci sono per questo no?" Il ragazzo allora chiuse gli occhi. Si lasciò cullare dalle dita e dalle dolci parole di Hoseok, che stavano lentamente rimpiazzando i pensieri che si muovevano veloci nella sua testa senza dargli tregua. Tirò un piccolo sospiro - tutto sommato, Hoseok non era poi tanto lontano dalla verità; certo, non avrebbe voluto pesare sulle spalle dell'amico, ma sapeva che bisognava possedere una certa dose di coraggio per essere vulnerabili. Avrebbe permesso a se stesso di lasciarsi andare? Di prendere un po' di spazio, quello che gli era stato dolcemente offerto da Hoseok? Gli sembrò di chiudere gli occhi a lungo e, riaprendoli, si trovò in uno spazio completamente diverso da quello di prima. Non più la spiaggia, non più la casa al mare, ma uno spazio aperto, interminato. La luce era calda, bassa, non aveva bisogno di stringere gli occhi per abituarsi a quell'ambiente. Joon si guardò attorno, girando su se stesso un paio di volte, trovando una direzione verso cui dirigersi naturalmente, come se il pavimento su cui stava poggiando le suole, un passo dopo l'altro, avesse un'inclinazione. Hoseok? Sei qui? Stringendo le mani sentiva la presenza di Hoseok molto vicina, la morbidezza dei suoi abiti, i capelli setosi e corti. Il suo profumo lo circondava ancora, e Joon continuava a girarsi, girare ancora e ancora, cercandolo. All'improvviso si fermò, abbassando lo sguardo e fissando il proprio petto, che ora vedeva completamente, come se si osservasse dall'esterno. Era steso a terra, immerso nell'erba alta, e un caldo raggio di sole primaverile lo stava raggiungendo attraverso le fronde degli alberi accarezzate dal vento. Hoseok... Sospirò, finalmente sollevato, come se quel fascio di luce avesse potuto sciogliere i nodi che ne stringevano le interiora, facendole rilassare. Prese un grande respiro - e gli parve di essere tornato a riempirsi i polmoni per la prima volta dopo tanto tempo. Hoseok... Lo chiamò in un sussurro, stringendosi fra le braccia dell'amico. Non si era accorto di aver iniziato a piangere.
    Hoseok... che... Provò, diversi minuti dopo, staccandosi dall'abbraccio dell'amico ma rimanendo con le mani sulle spalle dell'altro. Lo guardò attraverso gli occhi pieni d'acqua, sfregandosi poi un polso contro le guance e contro le rime degli occhi, continuando a guardarlo incredulo. Cos'è successo? Sei... sei stato tu? Una strana frenesia lo portò a muovere le mani sul proprio petto, lì dove aveva avvertito il calore del sole raggiungerlo, toccarlo fino in fondo. Non sentiva più la rabbia. Non sentiva le ossa tremare al ritmo di passi pesanti sulla sabbia. Non sentiva i pensieri agitati da voci altissime e indistinte. Sentiva finalmente il silenzio. Arrivò ad appoggiare un palmo nel mezzo del petto di Hoseok: sentiva come se fossero stranamente connessi, come se Hoseok si fosse introdotto sotto la sua pelle per agganciarsi a lui con gentilezza, legando un filo attorno ad un gancio che aveva perso nel mezzo dell'acqua torbida che l'aveva riempito. Era stato profondo, incomprensibile e meraviglioso. Come spalancare una finestra in una serra per far volare via delle farfalle, aprire una bibita gassata al sole, riemergere in superficie e credere di aver imparato a respirare solo in quel momento.
     
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    Non so cosa sento, davvero. Le aveva pronunciate spesse volte anche Hoseok quelle parole, forse variando con un "sto bene" di tanto in tanto. A volte è troppo difficile, troppo stancante tuffarsi nelle proprie emozioni, metterle in ordine ed intesserle in delle parole. Hoseok capiva, e sapeva che Joon avesse solo bisogno di una pausa. Hoseok era determinato ad offrirgliela in se stesso, in quei minuti che avrebbero occupato insieme e che, sperava, gli avrebbero donato del sollievo. Si trattava, naturalmente, di molto più di questo. Ciò che Joon era stato chiamato a comprendere ed elaborare sarebbe stato troppo ingombrante per qualsiasi essere umano, ed Hobi era certo che al posto suo si sarebbe sentito schiacciato dal peso degli eventi che Joon aveva dovuto subire. Dunque lasciò che entrambi si spostassero assieme al fluire della loro conversazione, senza forzare nessuna parola nè gesto, almeno finchè Joon non si aprì con la sua voce e si rifugiò tra le sue braccia, dove Hoseok cercò di offrirgli tutto il supporto e la protezione di cui era capace. Intesseva fili d'oro lì dove Joon gli aveva mostrato le sue crepe, e semplicemente lo stringeva. Non c'era niente che avrebbe dovuto fare, cambiare, sopportare. Doveva solo lasciarsi avvolgere. Così Hobi si impegnò nel rubargli i turbamenti che più lo affliggevano per dargli almeno un po' di pace. Non avrebbe potuto eliminare ogni sua ombra, ma poteva fare in modo che quelle che ancora vedeva si rimpicciolissero in prospettiva e che non diventassero mostri tanto grandi da sopraffarlo. Chiuse gli occhi e voltò appena il viso, sfiorando il collo di Joon con la punta del naso e gli sentiva addosso l'odore del mare, ascoltava il tintinnio dello scacciapensieri appenso davanti alla soglia, ed infine un respiro.
    Hoseok... Udì la voce di Joon prima nella mente e poi con l'udito, prima di tornare alla spiaggia con lui, accompagnandolo sino alla riva del mare dalla quale non si erano mai mossi. Nessuna frase si frappose tra loro se non quando Joon non iniziò a parlare, ed anche le guance di Hobi erano diventate umide, rispecchiando in maniera opposta le emozioni dell'altro. Gli raggiunse lentamente il viso con le dita sottili, in modo che potesse ritrarsi in qualsiasi momento, ma poi il palmo caldo si posò sulla pelle bagnata di Joon come a raccoglierne le lacrime, un gesto che non indugiò a lungo sul suo volto ma che portò con sè un forte affetto. Hoseok... che... Ora Hoseok sapeva, sentiva ciò che aveva provato il suo amico ed era troppo dolore, tutto, ogni battito del cuore, ogni respiro, eppure aveva potuto metterlo in conto - sapeva che la sua particolarità avrebbe richiesto un pedaggio e lo pagò ben volentieri, schiudendosi in un sorriso luminoso di fronte all'altro. Attese che Joon si asciugasse le lacrime e tuffò una mano nello zaino che gli stava proprio a fianco, porgendogli un fazzoletto ed utilizzandone uno anche sotto le rime dei propri occhi, e portò lo sguardo un po' nebbioso verso le dita di Joon che gli coprivano una spalla esile. Cos'è successo? Sei... sei stato tu? Per qualche lungo secondo Hoseok non riuscì a rispondere: per quanto si sforzasse di far uscire suoni dalle labbra, era fermo, muto, impantanato nelle sensazioni che Joon doveva aver percepito sino a quel momento. Tuttavia, non aveva alcuna intenzione di arrendersi - lo doveva a Joon e alla fiducia che aveva riposto in lui. Si aggrappò delicatamente al suo polso non appena lo raggiunse, il calore che irradiava dal palmo gli tornò dritto al cuore. Non fece altro che annuire, sollevando così le spalle. Per te ne vale la pena, Joonie. Squittì sommessamente Hobi, ben contento di mettere la propria particolarità al sevizio di una persona tanto cara. Più volte, infatti, Hoseok si era occupato di Hyorin alla stessa maniera, aiutandola ad accettare una particolarità difficile ma che adesso sapeva ben gestire. In un certo senso, quei brutti ricordi dell'arena potevano dirsi simili ad un potere complesso: manifestazioni di Besaid e di quanto la sua potenza potesse rivelarsi brutale sui suoi abitanti.
    Ma.. Ho portato un'ultima cosa. Soffiò Hoseok in una lieve risata, tornando al suo zaino da cui estrasse due piccole toppe, entrambe cucite a mano. Una raffigurava una ranocchietta su uno stagno pieno di arcobaleni, e l'altra un soggetto simile ma a bordo di uno fiammante skate rosso. Per voi. Non ti ho mai detto che mi piace molto ricamare? Domandò mansueto Hoseok, portandosi il fazzoletto agli occhi una seconda volta prima di porgere alla mano libera di Joon le tue piccole toppe, che sperava sarebbero state di gradimento per l'altro e per Jungkook. Aveva pensato molto a loro in quei giorni, ed anche se non conosceva ogni dettaglio di ciò che era accaduto nel bosco, sapeva che si trattava di un avvenimento che aveva cambiato per sempre i suoi amici, e questa consapevolezza lo colpì profondamente. Cosa Besaid era disposta a dare e cosa a togliere a chi viveva o arrivava lì? Circostanze fuori dal proprio controllo accadono ogni giorno a chiunque, ma la portata di eventi che scuotevano una città come quella non era comparabile al resto: si trattava di forze ben più ancestrali, ed in quanto tali, avevano il potere di dare nuova forma a coloro che ne venivano a contatto. Cosa poteva una piccola toppa ricamata d'oro o in filo contro tutto ciò? Hoseok sperava che potesse essere se non abbastanza, almeno qualcosa, un piccolo passo nella direzione giusta, un conforto che per quanto minimo avrebbe potuto dare a Joon almeno qualche respiro d'aria fredda, di mare, senza paura di annegare al suo interno.
     
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    Inizialmente venne accarezzato dal dubbio e dal senso di colpa: ne valeva davvero la pena? Dividere le gioie e i dispiaceri era il giusto fondamento di ogni amicizia, eppure Joon si chiedeva che cosa gli avesse permesso di addossare su Hoseok tanto del dolore che aveva provato e accumulato a seguito delle lotte nell'arena. Lo guardò a lungo negli occhi, non potendo che esprimere riconoscenza, riflettendo lo sguardo umido in quello di Hoseok. L'amico era stato in grado di raggiungerlo dove nemmeno i suoi pensieri si erano spinti, trovando il coraggio di fronteggiare l'angoscia mostruosa che covava in sé. Immaginò che, in quei momenti e forse anche a seguire, Hoseok avrebbe potuto sentire ciò che, nel sottrarlo a Joon, era diventato suo. Joon non aveva ancora ben chiaro come funzionasse la particolarità di Hoseok ma immaginò che tutto doveva tornare ad un equilibrio universale e rispettato da ogni elemento della realtà: il suo dolore non era stato distrutto, ma si era trasformato, diventando in parte anche di Hoseok. Quando dalle labbra di Joon stavano per uscire interrogativi e ammonimenti per il comportamento dell'amico, Joon si limitò a rilassare la postura, portando verso il basso le spalle, prendendo un altro grande respiro. Si staccò da Hoseok ma non smise di guardarlo negli occhi che, piano piano, si stavano asciugando. Strinse il fazzoletto che l'altro gli aveva allungato fra le dita. "Grazie." Parlò in modo quasi solenne, sperando che l'intensa gratitudine che stava provando per Hoseok fosse in grado di travalicare tutti gli altri pensieri, stabilendo una connessione forte e sicura con l'amico proprio di fronte a sé.
    "Sembra quasi Natale..." Mormorò in risposta alle prime parole di Hoseok, sinceramente curioso di sapere che cosa fosse contenuto dentro lo zaino di Hoseok: forse altri dolcetti? Joon fu sorpreso del dono dell'altro e sarebbe stato facile leggergli in volto una curiosità divertita, espressa attraverso le sopracciglia incurvate e la bocca appena aperta, impegnato a decifrare le forme delle toppe che l'altro gli aveva mostrato. "Oh, sono due rane..." Si fece più serio, ora molto concentrato sui due ricami, alzando lo sguardo quando Hoseok tornò a parlare. "Ah! Sono per noi? Oh, no... non me l'avevi mai detto. Non me l'aspettavo, sono proprio carine." Parlò prima a Hoseok e poi fra sé, continuando ad osservare le due toppe, convinto che avrebbe trovato un posto adatto dove ricamarla - e lo stesso avrebbe fatto anche Jungkook, dato che Joon immaginò che la rana skater fosse un regalo pensato proprio per lui. Anche il loro rapporto doveva essere molto migliorato dall'inizio, o almeno si erano fatti più amichevoli da quando il migliore amico l'aveva difeso dagli attacchi di Hoseok, minacciandolo non troppo velatamente. Joon ridacchiò sommessamente, continuando a sorridere anche mentre tornò a parlare. "Grazie, Hoseok. Sono davvero dei pensieri molto graziosi..." Terminò sincero, grato di poter avere accanto a sé Hoseok. Il cuore gli si strinse per l'emozione ma cercò di placare il desiderio di tornare ad abbracciarlo, ancora più forte, per non lasciarlo andar via. Immaginò che il seguente invito realizzò parzialmente i suoi desideri. "Non so se hai altri impegni o hai da fare... ma ti piacerebbe rimanere? So che Petra ha organizzato un piccolo incontro, una sorta di festa, qua in casa, in spiaggia. Pensavamo di accendere un falò e passare un po' di tempo insieme." Disse tornando a guardarlo, temendo che Hoseok avrebbe rifiutato. Al tempo stesso, non voleva costringerlo a rimanere: voleva che l'altro desiderasse passare del tempo con lui, tuttavia credeva che avrebbero goduto della reciproca compagnia in modi molto diversi. "È stato un piano dell'ultimo minuto... penso che avesse organizzato già tutto, ma senza dirmi niente. Non che mi dispiaccia... penso sarebbe bello festeggiare un po' insieme."
    Più tardi, quando anche le voci di Petra, Eira, Kevin, e la compagnia di Jungkook, si unirono a Hoseok e Joon, allora si diede inizio a quella piccola festicciola. Joon non aveva idea di quanti invitati fosse necessario raggruppare in un posto solo per poter definire un incontro una festa, ma immaginò che non sarebbe stato necessario essere così pignoli. Le temperature più fredde non indebolirono l'entusiasmo degli amici che, con delle pizze d'asporto, dell'alcool del Bunnpris e un bel falò, oltre alla possibilità di costruire tanti bei ricordi insieme, riuscirono a mettere su proprio una bella serata che si protrasse a lungo nella notte. Joon era contento di poter leggere sull'espressione di Jungkook un po' di serenità: non aveva voluto nient'altro per il migliore amico se non tutto quello che aveva davanti gli occhi in quel momento. E nonostante il vento sferzasse gagliardo su tutti i visi, nel guardare Hoseok, Joon avvertì un calore familiare e piacevole raggiungergli il volto. Era sicuro che, nonostante la vicinanza al falò, le fiammelle di fuoco non c'entrassero nulla con quel particolare torpore.

    Edited by Kagura` - 30/3/2023, 00:50
     
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