Bright lights, big city

Eld&Elise | Sera

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    Non era affatto raro che girovagasse alla ricerca di prospettive che nessuno considerava, quelle nascoste ai più o impossibili da raggiungere. Quando il mondo sembrava avere fretta e andare a passo svelto, compiere il proprio giro circolare intorno ad un’asse immaginaria, Eldjàrn si godeva lo spettacolo. Non vi era mai monotonia nel modo in cui viveva, spinto da una curiosità che gli permetteva non solo di sfidare se stesso, ma anche la realtà da lui abitata, così da scorgere sempre nuovi aspetti di quella vita che, se guardata da un occhio esterno e superficiale, non generava intorno a lui alcun cono di luce. Quando allora ci riusciva e guardava il mondo da un’angolatura differente, la sensazione d’aver scoperto qualcosa di sporco eppur meraviglioso lo inondava con la stessa calma che avrebbe animato una foglia in caduta libera dopo essersi staccata dal ramo di un albero per ondeggiare, da destra a sinistra, fino al terreno. A guardarla di sfuggita quella foglia resta solo una foglia, un pezzo di tessuto vivo in attesa d’incresparsi e cadere, finire calpestato da un paio di suole ingiallite e consumate. Ma se ci si avvicina e la si raccoglie, al tatto quella foglia diventa carta mista a vetro e non è più solo una macchia d’autunno, bensì un corpo attraversato da venature e linfa ormai secca. Con lo sguardo puntato verso il basso, Eldjàrn intercettò quel frammento di natura morta per metà fermo sotto il suo piede e che, da chissà quale distanza, era stata spinta dal vento fin lì, finendo per adagiarsi sul pavimento cigolante della terrazza che sovrastava la casa degli specchi. Solitaria, ma non per questo sola, la foglia aveva scovato il modo di fuggire al terreno sottostante il tronco sul quale era nata e aveva trovato una sua nuova prospettiva, la stessa dalla quale ora Eldjàrn si affacciava per fissare le iridi nocciola verso il basso dopo averla raccolta cautamente e incastrata fra dito indice e medio. A starsene su quel tetto gli sembrava di essere invisibile ed essere così avvantaggiato rispetto al resto del mondo intero: poteva osservare senza mai esser guardato e, solo se lo avesse deciso, avrebbe potuto tirarsi qualcun altro dentro l’ombra dal quale si lasciava nascondere.
    Col naso verso il basso e i gomiti ora posati contro il bordo sottile di quelle alte pareti di metallo che, dal basso verso l’alto, circondavano l’intero spazio separato internamente non solo da specchi, ma da altri tipi di illusioni tattili, Eldjàrn faceva scorrere le iridi sulle teste dei passanti come se lo sguardo fosse fatto di caramello fuso, si adagiava dolcemente su di ogni particolare per catturare quel qualcosa che spesso si ritrovava a cercare nel mezzo della frenesia che non gli apparteneva o che, semplicemente, non sapeva come fare di lui una parte di sé. Con lo stelo della foglia ancora stretto nella mano, Eld se la rigirava tra le dita in attesa del momento giusto, che sopraggiunse quando l’inconfondibile chioma castana di Elise apparve nel suo campo visivo. Un sorriso s’improvvisò su quelle labbra perennemente dritte, seguirono l’increspatura gentile che iniziò a prendere posto sul viso del ragazzo dalle sopracciglia in giù, venendo allo scoperto ad ogni passo da lei compiuto, solo qualche metro più in basso e in mezzo ad una calca che sembrava letteralmente scomparire man mano che Elise proseguiva a passo svelto in direzione della fila di persone in attesa di poter comprare un biglietto ed entrare così all’interno della casa degli specchi. La seguì con lo sguardo senza perderla di vista neanche per un secondo, con la mente che aveva preso a riempirsi di matematica, attimi e calcoli, misure e tempistiche: schiuse le dita, lo stelo della foglia perse il contatto con la sua pelle e si abbandonò alla caduta, leggera, lentissima.
    Destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra.
    Quando Elise sollevò il capo verso l’alto, un sorriso andò a scontrarsi da lui a lei e, nel bel mezzo di quel tunnel, la foglia si adagiò sulla ciocca di capelli castani che le ricadeva lungo la spalla. Si drizzò appena con la schiena, pur rimanendo curvato con il busto verso il bordo sul quale continuava a premere gli avambracci. Portò le mani ad intrecciarsi e inclinò il capo verso sinistra continuando a guardare Elise senza aver bisogno di parlare: le fece quindi cenno di fare il giro della struttura, certo che avrebbe ricordato dell’entrata secondaria dal quale erano soliti infilarsi per sgattaiolare all’interno della casa degli specchi senza dover pagare il biglietto all’ingresso. Ancora un mezzo sorriso rivolto nella sua direzione, verso il basso, ed ecco che Eldjàrn dovette slacciare gli occhi dalla figura slanciata dell’amica non appena questa sparì dalla sua visuale.
    Si tirò nuovamente su, portando una delle mani alla tasca dei jeans blu dal quale estrasse il vecchio smartphone ormai da buttare ma che, poiché ancora relativamente funzionante, continuava a tenere costringendolo a lavorare ancora fino al giorno in cui, dal niente, probabilmente non si sarebbe mai più acceso o, peggio, gli sarebbe esploso fra le mani. ”No, non posso stasera. Devo conquistare il mondo.” le lettere nere apparvero rinchiuse nella casella bianca che prese forma sullo schermo del telefono, lo stesso sul quale il nome di Eyr troneggiò su tutto il resto, ben più definito e delineato di ogni altra singola parola che aveva preso forma sui pixel difettosi quando lo aveva sentito vibrare nella tasca dei jeans. Scosse il capo e una risata leggera si levò dal petto appena prima di mettere di nuovo via lo smartphone e girarsi così in direzione del rumore che avvertì alle spalle. La figura dell’amica apparve per gradi mentre si lasciava alle spalle gli ultimi scalini e avanzava quindi nella direzione di Eld, ancora in prossimità del muretto di metallo che li avrebbe separati dal vuoto. «Hey.» la salutò casualmente accompagnando la voce con un gesto veloce della mano, ora sollevata brevemente nella sua direzione mentre le diceva di avvicinarsi a lui. Si voltò di nuovo per abbassarsi ed afferrare così una prima bottiglia di birra da terra: ne posò la base sulla coscia e vi sfilò via il tappo usando l’accendino, quindi la passò ad Elise. Dopodiché afferrò la seconda e aprì anche quella, lasciando scivolare il tappo per terra e sollevando la bottiglia di vetro ricolma di liquido ambrato in direzione di quella di Elise, lasciando che le due si scontrassero lievemente prima di riportarla alle labbra e berne un sorso. I gesti quotidiani si erano scrollati via molta di quella soggezione che chiunque sembrava provare in presenza di Eld o che, al contrario, lui stesso avvertiva calare tutt’intorno quando aveva a che fare con gente che non faceva assolutamente parte della sua cerchia. Se a primo impatto quell’indifferenza ed evidente diffidenza risultavano principalmente mascherate da un velo che chiunque avrebbe erroneamente scambiato per timidezza, in realtà non lo era, ed Elise questo lo sapeva bene, soprattutto perché quella sfumatura caratteriale ed insicura dell’amico lei aveva avuto modo di riconoscerla in un silenzio particolarmente apatico diversi anni prima, quando Eyr l’aveva introdotta ai fratelli Lundberg ed Eld si era domandato, sin da subito, perché quegli occhioni così scuri avessero il potere di trafiggergli il cranio con l’intento mai esplicitamente esternato di guardare cosa ci fosse dentro. Era stata quella, la prima sensazione che aveva provato in sua presenza. Elise era entrata nella loro vita a passo svelto e deciso, ma più che un rumore fisico, quello generato dalla ragazza lo aveva stordito tramite uno sguardo così vispo e acceso che Eld aveva avuto modo di scovare solamente sul viso di Eyr, fino a quel momento. Da quell'istante in poi non erano più stati tre, o forse non lo erano stati proprio mai, separati, anche nel prima. Erano divenuti un solitario composto da sole carte jolly da usare in diverse occasioni, quelle con mille facce che giri e rigiri come ti fa più comodo. E se a differenza loro a parole Eldjàrn mai avrebbe potuto dare loro alcuna certezza di ciò che provava, nei gesti e nello stare loro accanto ci nascondeva migliaia di piccoli significati, ci ritrovava uno spazio che, seppur strettissimo, loro gli lasciavano la libertà di occupare.
    Con il viso contratto e le sopracciglia corrucciate dalla concentrazione momentanea che stava riservando alla cartina stretta fra le dita, Eld prese a farla roteare sotto i polpastrelli ruvidi per richiudere la piccola stecchetta di tabacco e erba che stava preparando, avvicinandola poi alle labbra per passarci la lingua inumidita sulla parte interna e richiudendola poi per arricciare con attenzione la punta, la stessa alla quale avvicinò la fiamma traballante dell’accendino ora acceso. Aspirò in tre brevi boccate, così da permettere alle fiamme di incenerire al meglio il tabacco nel momento in cui l’avrebbe passata ad Elise. «Tieni.» si pronunciò con tono pacato mentre una bolla di fumo lasciava andare le sue labbra, le stesse che, nel momento in cui lo sguardo di lui incrociò di nuovo quello di lei, si aprirono in un sorriso obliquo e divertito. Allungò il braccio nella sua direzione con le dita ferme ai lati del filtro, dando così ad Elise la possibilità di afferrare la canna. «Autoscontro o ruota panoramica?» chiese qualche secondo dopo, indicando appena con un leggero movimento del capo il resto del luna park che, oltre le sue spalle, si espandeva illuminato e caotico a qualche metro più in basso del punto in cui avevano loro i piedi. Un altro sorso di birra fredda andò ad ondeggiargli dentro al petto per poi finire nello stomaco, movimenti che riuscì ad immaginare vividi davanti agli occhi mentre il ricordo della foglia si trasformava in sensazione sotto la pelle.
    Ondeggiava al vento e da quel tetto cambiava prospettiva.
     
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    Si era sempre sentita in bilico, un costante oscillare tra ciò che era giusto e sbagliato, tra la persona che era e quella che voleva diventare, tra ciò che desiderava e ciò che invece sarebbe stato più opportuno fare. Un alternare continuo dal bianco al nero, finendo sempre con l’assumere una strana tonalità di grigio, ogni volta diversa. Elise aveva provato a definirsi molte volte, senza mai riuscirci davvero. La sua essenza sfuggiva persino al suo controllo, ma sapeva bene quali erano le poche cose e persone che sapevano farla sentire bene, felice, al sicuro. Una si trovava al suo fianco in quel momento, a pochi metri da lei, circa due metri più in basso, che la guardava. Non era mai stato semplice decifrare le espressioni sul volto di Eld, ma lei era convinta di aver imparato a interpretare le minuscole rughette che si formavano sul suo volto ad ogni diversa espressione accennata. In quell’occasione ad esempio riteneva che il suo sguardo fosse un misto tra la preoccupazione e la confusione, mentre la osservava cercare di tenere le braccia in una posa orizzontale e il corpo in equilibrio. Rideva Elise, mentre metteva in maniera pericolante un piede davanti all’altro, cercando di camminare su uno stretto muretto senza cadere. Le piaceva il brivido di sentirsi sospesa, la paura di poter cadere da un momento all’altro e farsi male. Un passo, una risata, un altro passo, un’altra risata. Lui guardava in alto, verso di lei, mentre lei guardava in basso, a cercare una posizione sicura per i suoi passi, voltandosi a guardarlo ogni volta che riusciva a rimettersi in equilibrio. Sentiva l’adrenalina scorrerle nelle vene per quel piccolo gioco che aveva messo in atto da sola, ben sapendo che era stata una completa sciocchezza.
    Chiuse gli occhi un momento, agitando i capelli scuri al vento e godendo di quei raggi di sole che facevano risplendere l’atmosfera. Un altro passo, stavolta non riuscito, e il suo piede slittò verso il basso, facendola scivolare. La presa salda delle braccia di Eld frenò la sua caduta facendo mancare un battito al suo cuore, che aveva iniziato ad accelerare frenetico, in preda alla paura. Rise di nuovo, questa volta per scaricare la tensione, per poi rivolgere un sorriso molto più deciso in direzione dell’amico e aggrapparsi a lui. Si mosse velocemente verso il suo volto, prima che lui potesse sgridarla o dire qualunque cosa e lo baciò. Un bacio leggero ma sempre carico di sentimenti, come altri che in passato gli aveva rubato. Non voleva scegliere tra nessuno di loro, eppure aveva capito da tempo di provare qualcosa di diverso per ognuno dei tre, anche se non lo avrebbe mai ammesso davanti a loro. Era più facile fingere che fosse tutto una sciocchezza, che non ci fosse nulla di speciale, che erano soltanto amici. -Grazie. - mormorò poi, ad un soffio dalle sue labbra, per poi sorridere ancora e tornare a poggiare i piedi per terra, liberandosi dalla presa di lui. Fece qualche saltello mentre riprendeva a camminare, questa volta al suo stesso livello, come se nulla fosse accaduto. Era brava a scappare dai problemi, a fingere che le cose non fossero accadute, era da anni ormai che lo faceva. Un passo, un altro passo, un sospiro. Non si voltò verso di lui, forse preoccupata di quello che avrebbe potuto leggere quella volta. -Eld, promettimi che non ti innamorerai mai di me. - disse, decisa, per poi voltarsi a guardarlo, come se pretendesse davvero una risposta affermativa da parte sua. -Meriti qualcuno che sia speciale, mentre io non sono nulla senza di voi.


    Camminava veloce, come se fosse sempre in ritardo per qualcosa, come se bastasse un momento per farle perdere qualcosa di particolarmente importante. Gli appuntamenti con Eld erano una delle cose che più preferiva e a cui cercava di non mancare mai, neppure quando arrivavano senza troppo preavviso. Era uscita di casa in fretta con indosso i suoi pantaloni preferiti, i jeans neri strappati all’altezza delle ginocchia che lasciavano intravedere la sua pelle chiarissima. Fuori dal suo lavoro, dove interpretava la parte di Rose, preferiva indossare abiti semplici, che non dessero troppo nell’occhio e che la facessero sentire a suo agio nel mescolarsi in mezzo alla folla. In rare occasioni si era divertita a presentarsi a casa dei suoi amici con ancora indosso gli abiti di scena, che lasciavano poco all’immaginazione. Era il lato ancora bambino di lei che la rendeva decisamente poco razionale. Agiva in base all’umore del momento, senza pensare troppo alle conseguenze delle sue azioni, nella speranza che se avesse corso abbastanza in fretta nella direzione opposta ai problemi e che questi non l’avrebbero mai raggiunta. Così come in quel momento si muoveva veloce per sfuggire al freddo che non voleva proprio accennare a scemare, il semplice giubbottino di pelle nera che indossava non era abbastanza pesante, ma lei aveva deciso che la primavera ormai stava per arrivare e che non era più tempo di giacche pesanti. Cercò di intercettare lo stand delle caramelle, andando a piazzarsi davanti al venditore sfoderando una banconota decisamente troppo grande per delle caramelle, ma guadagnava bene e poteva permettersi di sprecare un po’ di soldi in sciocchezze. -Mi dia la busta più grande che ha. - disse quindi, con un sorriso radioso sulle labbra, davanti all’espressione perplessa dell’uomo, che impiegò diversi secondi prima di convincersi che avesse sentito bene. -Quali preferisci? - le chiese, risvegliandosi dal suo torpore e osservandola con maggiore interesse, utilizzando un tono informale nei suoi confronti. Sembrava solo una ragazzina dopotutto. -Un po’ di tutte, però soprattutto quelle e.. quelle frizzanti, esatto, proprio quelle. - disse, indicando prima le caramelle preferite di Eld e poi quelle che piacevano di più a lei, ricoperte di zucchero, ma che facevano frizzare la lingua al primo contatto. -La ringrazio. - terminò, afferrando il suo sacchetto di caramelle e il resto, per poi riprendere il suo cammino con aria decisamente più soddisfatta.
    Infilò le dita nel sacchetto, prendendo una delle caramelle frizzanti al limone e ne infilò metà in bocca, succhiando lo zucchero mentre l’effetto frizzantino iniziava a solleticarle il palato e la gola, facendole venire quasi da tossire. Di norma le persone detestavano quelle caramelle, lei invece le trovava incredibili. Fu quindi con la caramella ancora per metà sospesa in aria che si mosse, raggiungendo la casa degli specchi, dove si erano dati appuntamento. Si sollevò sulle punte dei piedi, impaziente, cercando di scorgere l’amico in mezzo alla folla, senza riuscire a intercettarlo. Poi, un movimento leggero dalla cima dell’edificio catturò la sua attenzione, facendola voltare verso l’alto, mentre una foglia andava a intercettare i suoi capelli scuri, per poi andare a posarsi placida sulla sua spalla. L’amico, dall’alto, sorrideva nella sua direzione, probabilmente soddisfatto di quel morbido atterraggio, per poi farle cenno di fare il giro e raggiungerlo lassù. Sorrise di rimando lei, mentre annuiva energica e afferrava con la punta delle dita della mano destra la piccola foglia che Eld le aveva donato, come se fosse stato un regalo speciale, da conservare per sempre. Ingoiò velocemente la caramella, prima di aver finito di squagliare lo zucchero, troppo concentrata nel raggiungere l’altro per pensare ancora a quel dettaglio. Superò le persone in fila, sgomitando per passare dall’altro lato, rispondendo con qualche gestaccio a chi le diceva di stare attenta e di controllare dove metteva i piedi. Era di fretta, non poteva certo preoccuparsi di loro! Che ci pensassero loro a stare attenti se ci tenevano così tanto!
    Si intrufolò nell’entrata secondaria per poi procedere ancora, verso la scaletta che l’avrebbe condotta sul tetto, il sacchetto delle caramelle e la foglia ancora stretti nelle mani e il cuore che le batteva all’impazzata nel petto, come ogni volta. La prima volta che Eyr le aveva presentato Eld e Dean aveva provato una certa paura. Temeva che, strana com’era, non avrebbero certo voluto trascorrere il loro tempo con lei. Ma erano strani anche loro, non c’era voluto molto per capirlo, e per questo si era sentita immediatamente a casa, in quello strano gruppetto che sembrava perfetto così com’era. Lei ci si era infilata dentro quasi con la forza, come se fosse stata un piccolo uragano che voleva scoperchiare il tetto di una casetta tranquilla, nascosta nel bosco. Il rumore dei suoi passi e il battito del suo cuore erano le uniche cose che percepiva mentre saliva di fretta le scalette, fermandosi appena sull’ultimo scalino per cercare il volto dell’altro e sorridere, radiosa. -Hey!- rispose, facendo da eco al suo saluto, mentre con un saltello raggiungeva il tetto e poi correva verso di lui, per saltargli in braccio e abbracciarlo, come se non lo vedesse da mesi, persino anni, anche se magari erano passati solo pochi giorni. Lo strinse forte, nascondendo il viso nell’incavo tra la sua spalla e il suo collo, inspirando il suo profumo per qualche istante, per poi allontanarsi e sorridere. Balzò giù, facendo una piroetta su se stessa per poi mostrare felice il sacchetto di carta che teneva tra le mani. -Ho portato le caramelle! - disse, con aria fiera, porgendo quel trofeo nella sua direzione mentre lui invece si chinava per prendere una bottiglia di birra e, dopo averla stappata, passarla a lei. -Grazie mio cavaliere. - disse, con un tono divertito, mentre si sedeva sul muretto, posando il sacchetto delle caramelle in mezzo a loro. Fece tintinnare la sua birra con quella dell’amico, in un piccolo brindisi silenzioso, per poi mandare giù un primo sorso. Eld era forse quello che più la capiva nel suo modo di mangiare del tutto fuori dalle righe. Erano entrambi dei pessimi cuochi, per questo quando erano insieme ordinavano qualcosa da asporto o si accontentavano di qualche surgelato che, per caso, Elise conservava nel freezer. -Aspettiamo qualcuno? - domandò, prendendo un’altra caramella frizzante e infilandola in bocca, arricciando il naso in una buffa espressione quando il fastidio salì sino alla gola. Quando Eld l’aveva invitata non si era preoccupata di sapere se sarebbero stati soli o in compagnia, ma in quel momento era divenuto importante sapere se potevano organizzarsi per i fatti loro o se invece dovevano attendere qualche ritardatario. Eyr aveva iniziato a frequentare una nuova ragazza e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era molto gelosa del tempo che passava con lei, lontano da loro.
    Mise la foglia al sicuro nella sua borsa e poi continuò a mangiucchiare caramelle mentre l’altro, con un’espressione piuttosto concentrata, preparava una canna. La accese, aspirando le prime boccate, poi la passò a lei, che allungò le dita per prenderla. Le loro mani si sfiorarono e lei gli sorrise, finalmente serena. Era stata una settimana complicata, resa ancora più difficile dal fatto che Karen non facesse che entrare e uscire dall’ospedale e aveva davvero bisogno di staccare, di trovare una sua oasi di serenità. Aspirò una prima boccata, per poi sollevare il viso verso l’alto e stringere le labbra, cercando di creare una piccola figura con le volute di fumo, anche se non ci riusciva mai. -Ruota panoramica! Così finiamo di mangiare le caramelle, poi l’autoscontro! E poi… poi quello! - disse, indicando le montagne russe, con un sorrisetto soddisfatto sul volto. Si sentiva come una bambina ogni volta che si incontravano al Luna Park. Aspirò un’altra boccata di fumo, per poi ripassare la canna all’amico e bere un altro po’ di birra, accompagnata da un orsetto gommoso alla fragola. -Com’è andata la settimana? - domandò, curiosa. Anche se aveva organizzato la prima parte del loro programma non voleva certo scendere da lì prima di aver finito la sua birra. -La Pink Lady mi ha portato a un party da sballo qualche giorno fa. - disse lei, fiera, mentre parlava di Rebecca e del party riservato alle persone del cinema a cui le aveva chiesto di accompagnarla. Si era divertita molto, nonostante le persone un po’ troppo invadenti. Non parlava mai molto del suo lavoro di accompagnatrice con lui, come se temesse che quella parte della sua vita potesse spaventarlo o farlo fuggire, anche se in realtà sapeva benissimo come si guadagnava da vivere. Lo guardò per un istante, aprendo appena le labbra, come per dire qualcosa, poi si zittì. Non era il momento di parlare di Karen, non ne aveva voglia, non ancora. E neppure di quello strano tizio di cui An le aveva parlato.
    Terminò la sua birra per poi alzarsi in piedi, offrendo una mano all’amico per aiutarlo ad alzarsi, come se davvero gli servisse il suo aiuto. Posò la testa contro il suo petto per un momento, sorridendo, poi afferrò il sacchetto delle caramelle. -Andiamo, il biglietto della ruota lo pago io! - disse, con un sorriso, per poi correre verso la scala. La bambina che di nuovo faceva capolino nei suoi gesti, in quella gara di velocità per chi raggiungeva per primo la biglietteria, come se fosse una cosa di vitale importanza. Si fece largo tra la folla, continuando a correre e a ridere, senza neppure sapere se lui la stesse seguendo, fermandosi soltanto quando raggiunse la biglietteria e riuscì ad acquistare il suo tesoro. Sorrise quindi, posando le mani sui fianchi con aria trionfale, sventolando quei pezzetti di carta davanti a lui. -Facciamo il solito gioco? - domandò, mentre la ruota scendeva verso il basso e loro prendevano posizione per entrare in una delle piccole cabine. Si divertiva a cercare le coppiette che cercavano di nascondersi per appartarsi in qualche angolo del Luna Park e contarle tutte. Una sciocchezza come tante che faceva. Posò la testa sulla spalla di lui, afferrando un’altra caramella. -Ci sono volte in cui non vorrei scendere mai. - mormorò, a bassa voce, il tono che per la prima volta in quei minuti si era fatto un po’ più triste. La città sembrava davvero piccola da lassù, quasi insignificante.

    Edited by 'misia - 15/5/2021, 11:45
     
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    Se lo chiedeva spesso come fosse possibile che lei gli restasse intorno così a lungo. Domande alle cui risposte preferiva divenire sordo, domande alle quali voltava le spalle appena ne aveva l'occasione e solo per paura della forma che avrebbero avuto ai suoi occhi. Erano poche le persone di cui si circondava davvero e in maniera così intima, ancor di meno erano quelli che, avvicinatisi a lui una prima volta, restavano una seconda, una terza, una quarta. Che fosse strano, diverso, glielo avevano fatto comprendere in molti quando era stato solo un bambino e, da quel momento in poi, aveva imparato a bastarsi da solo e tutto era andato bene, Eld si era sentito bene. E poi qualcuno si era infilato nella sua vita e da quell'istante Eld aveva dovuto farsi più piccolo e lasciar loro spazio: Eyr ed Elise avevano messo radici là dove mai prima vi era stata vita o acqua o foglie o fiori e lui, sebbene inizialmente sconcertato, aveva sospirato silenziosamente e aveva guardato quelle radici farsi sempre più profonde nel suo terreno fino a divenire alberi altissimi che andavano incontro ad ogni stagione senza il timore di arricciarsi su loro stessi nei momenti più freddi e bui. E lì erano rimasti, tutto quel tempo, andando e venendo a piacere, ma ritrovando sempre il loro spazio tenuto al caldo. Perché era ciò che Eld faceva quando teneva a qualcosa, a qualcuno, tanto quanto ai propri segreti, gli stessi che nascondeva sotto terra e di fianco alle radici che s'incastravano nel buio della terra per tenersi ben saldi sotto i suoi piedi. E allora come poter promettere a qualcosa di tanto profondo che non si sarebbe mai innamorato? Sebbene Eld non avesse alcuna idea di cosa fosse l'amore, inconsciamente credeva fosse tutto lì, nel posto che un tempo vuoto aveva lasciato ad Eyr ed Elise la possibilità di piantare una parte di loro.
    -Hey!- La voce dell'amica trillò e arrivò prima di qualsiasi altra immagine, prima che lui potesse effettivamente riconoscerne i contorni ben definiti anche al buio. Quell'uragano di capelli lunghissimi e una radiosità fluttuante le saltò in braccio in men che non si dica, prendendolo un po' alla sprovvista nonostante facesse praticamente ogni volta qualcosa per potergli avvolgere le braccia attorno al petto. Decisamente inappropriato se voluto da qualcun altro, quel gesto da parte di Elise era ormai divenuto qualcosa al quale Eld aveva imparato a farci l'abitudine, seppur restando sempre sulle proprie anche con lei la maggior parte delle volte. Sollevò difatti solo una delle braccia per richiuderla attorno alla vita sottile di Elise mentre lei continuava a stringerlo affettuosamente. Quando la lasciò andare, gli occhi color nocciola le restarono incollati per tutto il tempo e un sorriso mezza-luna prese il posto delle labbra mentre le sorrideva dolcemente, gli occhi tristi sembrarono ravvivarsi per qualche istante. -Ho portato le caramelle!- annunciò euforica lei prima di afferrare la birra che Eld le stava porgendo dopo averla aperta con l'accendino e andando a sedersi lateralmente a lui sul muretto. Voltò il viso da un lato per seguire i movimenti di Elise e, così facendo, poggiò il fondoschiena sul muretto anche lui ma senza sedercisi sopra. Allungò poi una mano per affondarla nella busta delle caramelle così da tirarne fuori un pugno pieno che fece scivolare sulla lingua. Quando il sapore amaro delle caramelle frizzanti si miscelò con quello dolciastro della coca cola Eld fece una smorfia divertita. Le tue dannate caramelle frizzanti, dovevo aspettarmelo. bofonchiò scuotendo appena il capo mentre mandava giù il boccone. Sospirò piano prima di tirare fuori dalle tasche dei jeans tutto l'occorrente per fumarsi una canna e prese a rollare finché, perfetta, la stecchita bianca fra le mani non fu pronta per esser accesa. -Aspettiamo qualcuno?- chiese quindi Elise, curiosa. Le passò la canna fra le mani dopo averla accesa e averne aspirato un po', si ritrovò a scuotere il capo. Eyr non sarebbe venuto, aveva sicuramente trovato qualcosa di meglio da fare, lo sapeva bene Eld, che a volte si sentiva messo da parte ma che non lo avrebbe neanche mai ammesso davvero. Eyr, dei tre, era sicuramente la mente più complicata da comprendere e, malgrado a volte Eld sentisse di potergli entrare dentro così da leggerne ogni sentimento, ogni pensiero, altre volte invece si sentiva solamente un estraneo che a fatica avrebbe davvero potuto leggere qualsiasi suo segnale. C'erano discorsi che fra loro tre non potevano mai essere affrontati e altri che tornavano costantemente a galla pronti per essere il centro di qualsiasi loro conversazione, non vi era mai una vera regola a come funzionassero, eppure erano ormai anni che resistevano senza soffocare. Dove fosse Eyr quella sera era decisamente uno dei primi: il messaggio di Eyr non chiariva alcun dubbio, ne creava altri, ed Eld di certo non avrebbe posto alcuna ulteriore domanda per capire. Tornavano sempre in circolo, le domande alle quali Eld non voleva alcuna risposta ed era certo che per Elise probabilmente fosse lo stesso. Allora tacevano, ignoravano, finché non arrivava davvero il momento di chiedere tanto quanto di ricevere. No, siamo solo io e te. rispose quindi, pacato, tornando a guardarla con i suoi occhi tristi mentre le labbra si sollevavano in un sorriso affettuoso, lo stesso che a pochissimi riservava. Elise, poi, era tra le sue preferite, una delle pochissime anime alle quale Eld adorava poggiarsi, cercare sostegno tanto quanto darne. Per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa, di tutto, pur di vederla felice. -Ruota panoramica! Così finiamo di mangiare le caramelle, poi l’autoscontro! E poi… poi quello!- seguì il dito della ragazza posando poi lo sguardo sulle montagne russe e ridacchiando appena mentre tornava a sigillare dito indice e medio attorno al collo della canna che Elisa gli stava restituendo. Annuì energicamente prima di aspirare un po' del fumo e bere un sorso di birra dalla bottiglia di vetro che ancora stringeva fra le mani. Affare fatto. rispose pacato, come al solito, conscio del fatto che quella sera avrebbe fatto qualsiasi cosa Elise avesse desiderato, come sempre d'altronde. Per Eld poco contava il programma, a lui bastava avere la giusta compagnia. Accadeva spesso che, quando erano in tre e dovevano decidere cosa fare, lui fosse quello che dopo aver scrollato le spalle e aver detto "per me è uguale" fosse stato poi ripreso dai due rimasti a discutere per via di pareri diversi. -Com’è andata la settimana?- chiese quindi Elise, curiosa. Bene, al Labirinto abbiamo incassato un bel bottino stavolta, c'è stata un po' di gente nuova. spiegò Eld tornando a sorseggiare la birra e posandola poi sul muretto fra di loro. La tua? chiese. -La Pink Lady mi ha portato a un party da sballo qualche giorno fa.- spiegò Elise ed Eld si ritrovò ad inarcare le sopracciglia, sorpreso. C'era stato qualcosa fra di loro che mi altro era divenuto e, sebbene fossero stati più che intimi per un paio d'ore, la cosa era morta lì e loro erano tornati sui loro diversi pianeti. Sebbene sapesse che la ragazza potesse essere una buona amica di Elise, qualcosa nel profondo lo spingeva ad essere dubbioso, convinto del fatto che la Pink Lady, così come Elise usava chiamarla, veniva da un mondo completamente diverso da quello in cui si trovavano loro e che, prima o poi, Elise avrebbe aspirato a raggiungerla lì dove sarebbe poi stata lontana da Eld. Immagino ti sia divertita. disse, voltandosi a guardare Elise di nuovo. Dov'era questo party? Ha indossato la sua parrucca fluorescente anche lì? scherzò, indicandosi i capelli con il dito indice della mano libera. Si erano ritrovati spesso a battibeccare, quei due, soprattutto dopo la favolosa entrata nella vita di Eld che la Pink Lady aveva intrapreso, sentendosi male all'interno del labirinto dopo esser stata sopraffatta non solo dal potere di Eld ma anche dal resto delle droghe che probabilmente si era calata prima di metter piede lì dentro. Quando atterrò nuovamente nella realtà abbandonando così i ricordi del primo incontro con la testolina rosa fluo, si voltò a guardare nuovamente Elise giusto in tempo per cogliere un'ombra pensierosa sul suo volto, la stessa che la ragazza fece sparire nel giro di qualche secondo, sollevandosi dal muretto per riposare i piedi per terra e muoversi velocemente verso di lui, posando quindi la propria nuca suo suo petto. Arricciò appena le sopracciglia, Eld, che a labbra schiuse cercò qualcosa da dire. Sollevò il palmo della mano libera per posarlo sui capelli liscissimi di Elise, il cui volto ora non aveva la possibilità di vedere. Hey? la chiamò, lo sguardo ancora corrucciato e curioso di sapere cosa le frullasse nella testa, incantato da qualsiasi suo movimento, qualsiasi sua reazione, da quell'Elise che, da quando aveva messo piede nella sua vita, non ne era mai più uscita. Non fece in tempo a chiedere altro che la figura minuta ma alta di lei si staccò dal suo petto per afferrargli una mano e tirarlo verso le scalette. -Andiamo, il biglietto della ruota lo pago io!- esclamò lei, ed ecco che il buio che aveva scorto nelle sue pupille si ritirava per lasciar spazio a luce e colori e tutto quello che negli occhi di una bambina avrebbe potuto vedere, tutto in maniera così simultanea da poterlo confonderlo, se solo non l'avesse conosciuta così bene e nel profondo, anche in tutti quei punti bui che lei credeva lui non conoscesse o non potesse vedere. Ma Eld lo sapeva eccome, erano gli stessi angoli bui che a volte lui tentava di nascondere, quando il nero pece sembrava sgorgare fuori dal nocciola degli occhi o dal rosso delle labbra. Non disse niente e la seguì, lasciando andare la bottiglia vuota della birra per terra. E come ogni volta, Elise correva, Eld le camminava dietro senza perderla di vista, una caccia al tesoro che finiva sempre allo stesso modo, sempre con due teste castane che si raggiungevano e, sorridendo, tacevano parlandosi di ciò che poco contava così da spianare la strada ad argomenti che avrebbero potuto far paura e di solito era meglio farlo in un posto lontano da tutto, quasi fuori dal mondo, a metri da terra. E sulla ruota panoramica sedettero l'uno vicino all'altra pronti a giocare uno dei soliti giochi, con una busta ricolma di caramelle sulle gambe e l'irrealizzabile sogno di non tornare mai più con i piedi per terra a cui Elise diede voce. -Ci sono volte in cui non vorrei scendere mai.- lo sussurrò Elise con la testa china contro la spalla di Eld. Sospirò piano, lui, andando ad affondare una mano nella busta delle caramelle per tirarne fuori un paio di quelle frizzanti che, strette fra le dita, avvicinò alle labbra di Elise attendendo che le addentasse. Anche se scendiamo possiamo sempre risalire. sussurrò Eld voltandosi appena di lato per sbirciare il volto di Elise. Due! esclamò poi, d'un tratto, allungando un braccio verso il basso per indicare due ragazze appartate dietro uno stand dello zucchero filato intente a divertirsi in privato. Afferrò quindi una rotella alla liquirizia per avvicinarla alle labbra e iniziare a srotolarla con gli incisivi. Dentro avvertiva il bisogno di comprendere Elise, conscio di quanto quell'ombra scorta prima sul volto della ragazza fosse ancora presente intorno a loro. Hai qualcosa da dirmi ma non sei sicura di volerla dire? domandò allora, voltando nuovamente la nuca di lato per guardare lei in viso. Se vuoi ti aiuto. esclamò, porgendo poi una mano nella sua direzione offrendole di afferrarla. Non usava quasi mai il potere in quel modo, non senza ricavarne un guadagno in moneta. Eppure, c'erano sempre momenti in cui faceva eccezioni, soprattutto con Eyr, il quale si attaccava costantemente alle sue dita per godere dell'effetto che il potere di Eld aveva su di lui. Pensò, Eld, che forse sotto un po' d'effetto della propria particolarità, per Elise sarebbe stato più semplice liberarsi delle ombre così da essere in grado di mostrargliele. Sarebbe stata una sua scelta, non l'avrebbe mai forzata neanche sotto tortura. E se avesse deciso di non afferrare la sua mano così come di non parlare con lui di ciò che le pesava sulle spalle, Eld lo avrebbe accettato e non avrebbe più insistito. Non era uno di quelli che cercava di sottrarre pesi dal petto degli altri, neanche se questi erano così vicini a lui. Non sapeva bene come funzionassero quelle cose, lui in primis non era il tipo di persona che amava condividere ciò che provava, piuttosto si teneva tutto dentro in maniera ordinata, senza mai esplodere, conscio di quanto potere avesse su tutto ciò che gli si muoveva dentro e consapevole di come controllarlo, cosa che per tutta la vita aveva visto in altri non funzionare, creare problemi, disagi, come una miccia che, una volta accesa, non può far altro che esplodere in una bomba. Ed eccolo lì, il mondo che aveva imparato a conoscere standosene nell'ombra ad osservare, distanziato da qualsiasi sensazione di soffocamento, lontano da tutto quello che a lui non si avvicinava mai. Dean cercava di rimettere in ordine la propria vita saltando da un lavoro all'altro per riparare agli errori dei loro genitori; Eyr cercava di avere il controllo della vita degli altri perdendo quello sulla propria; Elise mutava per dare le spalle a quello che altrimenti l'avrebbe investita; Eld... Eld osservava, assimilava, usava tutto a proprio vantaggio restando distante da qualsiasi folata di vento, qualsiasi grandinata, qualsiasi onda che si scaglia contro la scogliera. Drizzò quindi la schiena facendo sollevare ad Elise anche la propria nuca dalla sua spalle e, voltandosi lateralmente appena col busto, si girò quasi completamente a guardarla mentre tornavano a risalire piano verso l'alto, seduti all'interno di quella bolla lontana dal mondo e dalla gravità che li avrebbe voluti appiccicati alla realtà che per qualche secondo si lasciavano dietro. Sollevò appena il mento senza distogliere da lei lo sguardo, la mano ancora tesa nella sua direzione, pronta ad offrirle un appiglio.


    sono arrugginita, perdonami per questo e per il ritardo, ma spero vada bene <3
     
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    Eld ricambiò il suo abbraccio in maniera quasi impercettibile e lei sorrise. Lui non era uno da grandi gesti plateali, non ricordava di averlo mai sentito urlare, o visto rompere qualcosa. Era un ragazzo tranquillo, pacato, ed era proprio quella calma a farla sentire al sicuro, a farle vedere in lui un porto sicuro dove sapeva di poter sempre tornare. Non aveva importanza che cosa avesse fatto o detto, sapeva che lui sarebbe sempre stato lì, magari con un broncio o un tentativo di restare arrabbiare, ma mai l’avrebbe mandata via. Era una delle poche certezze che aveva nella vita. Lo osservò, mantenendo il sorriso radioso sul suo visto mentre i suoi occhi incontravano quelli di lui, per qualche momento, prima di fissarsi sul sacchetto di caramelle. Si accomodarono su un muretto, accompagnando quel concentrato di zucchero con una canna appena rollata. Una risata cristallina le lasciò le labbra quando lui beccò alcune delle sue caramelle preferite, lamentandosi per quella scelta che nessuno condivideva. Allungò la mano per rubare l’altra che ancora teneva tra le dita, prima che potesse mangiare anche quella. -Pensavo di essere divenuta piuttosto prevedibile ormai. - scherzò, per niente pentita del suo acquisto. -E tu dovresti smetterla di cercare di rubarmele! Le ho prese solo per me! - aggiunse, arricciando appena il naso, con quell’aria da bambina dispettosa che aveva sempre calzato a pennello sul suo viso. Mettere su il broncio e fare dispetti era una delle cose che le era sempre venuta meglio, forse perché in fin dei conti non era mai cresciuta. Una parte di lei era rimasta imprigionata tra gli orrori che aveva vissuto, incapace di liberarsi. L’aveva sepolta dietro un trucco pesante, dietro vestiti attillati o particolarmente eleganti, l’aveva annegata con l’alcol o aveva cercato di farla sparire tra le sostanze più svariate, ma in realtà era ancora lì.
    Un leggero sbuffo abbandonò le sue labbra quando Eld confermò che sarebbero stati solo loro due e che Eyr non aveva intenzione di degnarli della sua presenza. -Beh, peggio per lui. - mormorò poi, lasciando trasparire tutto il suo fastidio, sia nei gesti che nel tono della voce, prima di mandare giù un sorso di birra e cercare di spegnere ogni cosa. Eld era come le profondità del mare, calme e imperturbabili, lei invece era come la superficie, pronta a gonfiarsi a ogni soffio di vento e infrangersi contro qualunque cosa trovasse lungo il suo cammino. Detestava essere lasciata indietro e non apprezzava quindi il fatto che, spesso, l’amico comune avesse di meglio da fare che trascorrere il suo tempo con loro. La faceva imbestialire anche soltanto pensarci, ma ormai aveva dovuto imparare a convivere con il fatto che Eyr fosse fatto così e che loro non avrebbero potuto cambiarlo. Posò teneramente il capo contro la spalla dell’amico, chiudendo gli occhi per un momento. Era solo Eyr a perderci se sceglieva di preferire altre persone a loro, quindi era inutile arrabbiarsi. Con questo nuovo pensiero per la testa sorrise di nuovo, soddisfatta di se stessa. Bastava poco per spegnere le fiamme che, selvagge, divampavano ogni volta che si arrabbiava. Detestava farlo, eppure non era mai riuscita a rendersi insensibile al resto del mondo, nonostante la sua particolarità spingesse in quel senso. Continuava ad arrabbiarsi, a essere triste, alimentando quella massa oscura che portava dentro di sé e che la faceva divenire un’altra persona.
    Programmarono le loro azioni successive, decidendo poi di restare ancora qualche minuto seduti su quel muretto, ad aggiornarsi sui giorni passati senza incontrarsi. -Questa è davvero un’ottima notizia! - disse, sinceramente felice per lui, quando lo sentì parlare degli incassi del Labirinto. Erano stati dei geni, lui e Dean, a mettere su una cosa come quella. -Qualcuno che conosco? - domandò poi, curiosa di sapere che tipo di persone nuove avevano iniziato a frequentare l’ambiente. Si sentiva un po’ come una sorta di indispensabile mascotte del Labirinto e non voleva perdersi nulla di ciò che accadeva al suo interno. Notò la sua espressione mutare leggermente quando lei nominò Lily e la festa a cui erano andate insieme. Non capiva se Eld fosse preoccupato, o piuttosto geloso di quella situazione. -Sì, ci siamo divertite parecchio. - disse, forse nel tentativo di suscitare anche solo una minima reazione da parte sua, giusto per capire cosa stesse pensando. -No niente parrucca, solo vestiti sexy. - aggiunse, per poi rivolgergli un leggero occhiolino e cercare il suo telefono, per mostrargli alcune foto di quella serata. -Io avevo un abito meraviglioso. - continuò poi, con un sorriso fiero sul volto, mentre glielo mostrava, piuttosto contenta della scelta fatta per quella sera. -Era in una villa sulla spiaggia. Sai, uno di quei posti da fighetti dove la gente si crede chissà chi e pensa di avere il mondo ai suoi piedi. - spiegò poi, sfoderando la parte più polemica di sé mentre descriveva la location del party. Il posto era bello, sì, ma una di quelle cose già viste, da film, e lei ovviamente aveva tutta l’intenzione di spettegolare in maniera negativa sui membri del cast, perché era quello che sapeva fare meglio. -C’era un sacco di roba da bere e da mangiare però. - aggiunse, parlando di una di quelle poche cose che a lei e Eld erano sempre interessate: il cibo, soprattutto quello preparato da altri, visto che le loro abilità in cucina erano piuttosto scarse. -E poi avevo l’importantissimo ruolo di bodyguard. Ho tenuto Becca lontana dal suo coprotagonista. - terminò, annuendo tra sé e sé. Da quanto le aveva raccontato non era una relazione sana per lei quella. Certo, Elise non era certo la persona adatta per parlare di relazioni sane, visto che lei forse non ne aveva mai davvero avuta una, ma ci teneva che gli altri non si mettessero troppo nei guai.
    Un pensiero fugace le invase la mente, ma lo ricacciò indietro, preferendo rimandarlo a un momento migliore e concentrarsi sugli aspetti più belli di quella serata. Saltò quindi in piedi, sviando lo sguardo e le domande di Eld su quello che le frullava per la testa, puntando dritta verso la ruota panoramica, iniziando a correre per raggiungerla il prima possibile. Acquistò i biglietti e lo attese, pronti a salire a diversi metri d’altezza, lì dove il mondo e tutti i suoi problemi apparivano molto più piccoli, quasi insignificanti. Un sorriso malinconico le increspò appena le labbra alla risposta di lui. -Risalire però non è come la prima volta, la discesa spezza un po’ della magia. - disse, probabilmente troppo seria per un momento come quello, prima di dare inizio al gioco delle coppie. Prese qualche altra caramella, continuando la sua ricerca con aria attenta. Una volta erano arrivati persino a dieci, chissà quale sarebbe stato il record definitivo. -TRE! - trillò quindi, piuttosto felice, indicandone altri due nei pressi della Casa Stregata, che forse cercavano di darsi il giusto coraggio per entrare. Ci furono ancora alcuni minuti di leggerezza poi Eld sembrò leggere che ci fosse qualcosa che non andava, ponendole direttamente la domanda. Lei serrò appena le labbra, spostando lo sguardo verso il basso, in cerca delle sue scarpe, poi annuì. Sapeva che mentire con loro non serviva a molto, a volte la capivano senza che lei dicesse alcunchè. Lei lo percepiva quando qualcosa in loro non andava, sentiva la negatività che si portavano dentro sfiorarle la pelle, loro invece chissà come facevano. Forse bastava guardarla per capire tutto, non aveva mai provato a guardarsi allo specchio in momenti come quelli. Eld le offrì la mano, pronto a darle una piccola spinta con la sua particolarità per farla sentire un po’ più tranquilla. Osservò la mano dell’amico per qualche momento, incerta sul da farsi. Non sarebbe certo stata la prima volta per lei, non dopo tutte le occasioni in cui era stata al Labirinto, eppure in quel momento riteneva che non fosse la cosa corretta. Ci pensò a lungo, forse persino per un minuto intero, senza spostare lo sguardo dalle dita di lui, poi fece cenno di no con la testa. -No, non posso sempre scappare dalle cose. - mormorò, la voce bassa che suonò appena un sussurro. Era sempre stata una delle sue caratteristiche principali quella. Ignorare le cose, fingere che non esistessero, lasciare i problemi si accumulassero senza neppure pensarci. Poi arrivavano momenti come quelli, in cui le cose che le passavano per la testa divenivano troppe e impossibili da ricacciare indietro.
    -Sai che io e Karen non abbiamo mai avuto un gran rapporto. - iniziò, partendo dalle cose semplici, quelle che erano sempre state chiare. Parlava poco di sua madre, ma le volte in cui capitava non erano mai parole gentili quelle che riservava per lei. -Beh, ha fatto delle visite e.. è malata.. a quanto pare abbastanza grave. - aggiunse, con un leggero sospiro, per poi spostare lo sguardo verso l’esterno, alla ricerca di uno spazio aperto, di qualcosa che la facesse sentire meno oppressa. -Una parte di me pensa “Peggio per lei, se l’è cercata”. - rivelò, senza troppi problemi. Visto come si era sempre comportata immaginava che fosse scontato, soprattutto per chi la conosceva, che lei potesse avere certi pensieri. - Un’altra però, chissà perché, è in parte dispiaciuta per lei. - aggiunse, riportando lo sguardo all’interno della cabina, per poi farlo posare di nuovo su Eld, con un’espressione un po’ confusa, che lasciava intendere che il suo discorso non era ancora finito. -Però non voglio comunque occuparmene. Non ho intenzione di accorrere ogni volta che lei avrà bisogno di aiuto. - terminò quindi, arricciando le labbra con aria un po’ indispettita. Continuava a guardarlo, in attesa di una risposta o di un commento da parte sua, con una domanda ben impressa nello sguardo e nell’espressione corrucciata: Questo fa di me un mostro? Se lo era chiesta molte volte in quei giorni e continuava a farlo, non trovando una risposta definitiva.
    -E poi.. è spuntato fuori un tizio. - riprese, dopo alcuni minuti, volendo allontanare quel discorso da sua madre e spostarlo su un altro tarlo che aveva iniziato a disturbarla. -Da Oslo. - aggiunse, con un’espressione poco convinta, iniziando a stringere una mano contro l’altra, facendole divenire rosse in certe punti e bianche in altre. -Sostiene di essere mio fratello, fratellastro.. che ne so, com’è che si dice in questi casi? - domandò, per niente esperta di questioni familiari. Dubitava di aver mai appreso i giusti termini da utilizzare nelle diverse occasioni. -Beh, comunque, il figlio di mio padre, quello vero. - continuò, inarcando le sopracciglia nel dire quel vero, che in fin dei conti per lei non significava poi molto, visto che di quell’uomo non sapeva nulla e che non lo aveva mai incontrato. Forse, anche in quel caso, c’erano termini migliori per definirlo, ma non le venivano in mente. -Karen non mi ha mai parlato di lui, non sapevo neppure il suo nome. L’ho trovato sul mio certificato di nascita e.. effettivamente corrisponde con quello di questo tizio. - aggiunse, masticando ogni parola come se non volesse lasciarla andare, come se avesse un po’ paura di raccontare ogni cosa, che solo in quel modo sarebbe divenuta reale, impossibile da cancellare. -E che cosa vuole questo adesso? - chiese, mentre le sue mani iniziavano a tremare appena e un barlume di collera iniziava a divampare nel suo sguardo. Il problema, quando iniziava a parlare, era che poi diventava difficile riuscire a rimettere il coperchio e smettere di tirare fuori tutto ciò che non andava. -Vuole dei soldi per caso? - disse ancora, pensando alla prima cosa che tutti volevano sempre. I soldi servivano, aiutavano a vivere. -Vuole essere una famiglia? Dopo tutto questo tempo? Dopo tutto quello che è successo? - chiese, sempre più arrabbiata, sottolineando cose, senza volerlo, di cui Eld non aveva mai sentito parlare. Non poteva sapere quello a cui si riferiva con quelle ultime parole e chissà che cosa avrebbe pensato, ma lei non ci badò in quel momento, troppo presa dalla rabbia per poter pensare lucidamente. Notò la pelle delle sue mani iniziare a farsi di uno strano colore, come ogni volta in cui raccoglieva troppe emozioni e arrivava sempre più vicina al momento in cui avrebbe dovuto farle fluire via. Distolse lo sguardo da sé e lo puntò verso l’amico, mentre la ruota iniziava la sua parabola di discesa e il loro tempo sospesi a mezz’aria si avviava verso la fine.
    Che cosa doveva fare?
    Lui, per caso, aveva delle risposte?
     
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    Non lo diceva spesso, non lo diceva quasi mai, ma se li sentiva dentro, Elise ed Eyr. Dean. Non sapeva da dove provenisse quella sensazione d'appartenenza che si sentiva sviscerargli tutto dentro al costato, forse era nata dal momento in cui si erano incrociati la primissima volta, forse si era espansa dentro di lui la notte dell'incendio, forse era stato tutto già scritto e il destino aveva voluto che si camminassero l'uno accanto all'altra. Non lo poteva sapere con certezza, Eld, che della vita aveva compreso poco, credeva. Eppure qualcosa c'era e si nascondeva dentro lo sguardo pazzo di Eyr; sotto i polpastrelli ruvidi delle mani di suo fratello Dean, così dedito al lavoro da sempre anche per lui; dietro la camminata leggiadra di Elise che, seppur da una vita intera schiacciata sotto al peso di cose che aveva visto, vissuto sulla propria pelle, riusciva a muoversi quasi non toccando il pavimento. Come faceva? Se lo chiedeva in continuazione, Eld. Non glielo aveva chiesto mai e mai lo avrebbe chiesto, quelle erano cose che dovevano restare mute, leggiadre come la sua postura, come le ciocche di capelli che le vedeva danzare intorno al viso e alle spalle durante i giorni di vento. E allora l'avrebbe lasciata fare, qualsiasi cosa lei avesse voluto, Elise avrebbe potuto farla, con Eld. Non ci sarebbe stato mai alcun freno, non le avrebbe mai impedito d'essere chi avrebbe voluto essere e, in cuor suo, Eld sperava che Elise almeno quello lo sapesse, anche senza che lui dovesse spiegarglielo a voce. Era un patto un po' tacito, ma per Eld indissolubile. Non c'era alcun giudizio sulla sua lingua e, più di tutto, sperava che ciò contasse più delle parole che non pronunciava, più della sua taciturna compagnia. Per quello, sorrise alle parole di Elise senza darle una risposta, godendosi l'espressione malamente offesa mentre stringeva il pacco delle caramelle a sé, le stesse che le vedeva far scivolare sulla lingua ogni volta che si ritrovavano lì sopra. Era prassi, routine, una parte della vita di Eld al quale mai avrebbe voluto dover rinunciare. Fu poco dopo che la informò del fatto che Eyr non li avrebbe raggiunti. -Beh, peggio per lui. - gli rispose solamente Elise, impossibile per lei però nascondere quanto ciò la indispettisse. Non sapeva bene Eld quanto lei tenesse ad Eyr, tanto quanto lui teneva ad Eyr. Si era spesso chiesto quanto difficile sarebbe stato un giorno, se uno di loro tre avesse mai espresso una vera preferenza. Era però ovvio quanto, almeno in quel momento, Elise ed Eld temessero di restare indietro, quanto avessero paura che, alla fine, Eyr avrebbe lasciato entrambi. Cosa avrebbero fatto, in quel caso? Abbassò lo sguardo un'altra volta, evitando quello di Elise, cercando di cancellare il pensiero che, forse tanto quanto tormentava lei, tormentava Eld: essere lasciato indietro, scartato perché, invece di funzionare bene in tre, avrebbero anche potuto funzionare in due. E allora in quel caso cosa ne sarebbe stato di lui? Cosa ci avrebbe dovuto fare, Eld, con tutto quello che provava per Eyr ed Elise, se loro due avessero continuato a camminare l'uno accanto all'altra, dimenticandosi di lui? Sollevò la bottiglia di birra alle labbra per berne un altro sorso mentre Elise tornava a sorridergli: era passata avanti, via la paura. Le raccontò quindi di come stava andando il Labirinto, del fatto che si fossero presentati diversi nuovi ragazzi, tutta nuova clientela ed Elise sembrò gioire della cosa come se quel luogo particolare avesse una parte di lei, come se le stesse a cuore, ed Eld ne fu felice. Non aveva mai fatto chissà cosa nella vita, era uno che preferiva volare basso, non per nulla aveva un lavoro decisamente poco retribuito: era il modo che aveva per restarsene nel backstage, all'ombra di quello che la vita voleva scartare, ma gli stava bene. C'era il silenzio che gli permetteva di mantenere tutto nell'ordine che lui aveva prestabilito. Non saprei, ma non mi stupirebbe se fosse così. Sei sempre un po' dappertutto, tu. rispose Eld sollevando uno degli angoli delle labbra in un mezzo sorriso divertito, lo stesso che sembrò smorzarsi abbastanza in fretta quando Elise nominò la sua amica stramba, la Pink Lady che a Eld proprio non scendeva giù, neanche dopo averci trascorso un paio d'ore di stretta intimità. Sì, ci siamo divertite parecchio.- annunciò quindi l'amica iniziando a raccontare della serata trascorsa con l'altra. -No niente parrucca, solo vestiti sexy. Io avevo un abito meraviglioso.- aggiunse quindi, andando a ripescare il proprio telefono dalla borsa per mostrargli una foto del proprio outfit. Si ritrovò ad annuire lentamente, Eld, mentre osservava la foto da vicino. A me piaci più così. disse una volta distolto lo sguardo dallo schermo del telefono averlo posato brevemente su di lei, dalle gambe fino al viso, per lui così Elise era perfetta. Era però altrettanto interessante poter constatare quanti lati di sé stessa Elise potesse incarnare: tutti colorati, tutti differenti, gli piaceva perché era il contrario di come lui vedeva se stesso. Sempre uguale, non ricordava di aver mai pensato di poter cambiare di una virgola o, quanto meno, fingere di poter essere qualcun altro per una sera, ma Elisa ne era capace, superbo il modo in cui poteva adattarsi a qualsiasi situazione, meraviglioso come riuscisse a tornare poi la stessa di sempre. Sembrava essere in costante movimento non solo con il corpo, ma anche con la mente. Era elastica, a piegarla si sarebbe mai spezzata? -Era in una villa sulla spiaggia. Sai, uno di quei posti da fighetti dove la gente si crede chissà chi e pensa di avere il mondo ai suoi piedi. C’era un sacco di roba da bere e da mangiare però.- aggiunse poi ed Eld non potè fare altro che ridacchiare riguardo al riferimento al cibo, come al solito. Probabilmente sarebbe stato l'unico motivo che lo avrebbe spinto mai ad un party di quel tipo. E poi avevo l’importantissimo ruolo di bodyguard. Ho tenuto Becca lontana dal suo coprotagonista.- continuò Elise. L'importante è che per farlo non ti sia dovuta avvicinare tu troppo. bofonchiò Eld, sconcertato dal fatto che Elise dovesse sacrificarsi per una come la Pink Lady: impensabile. Tutto quel treno di pensieri inutili venne però scacciato via nel momento in cui Elise si avvicinò a lui per posare la propria nuca sul suo petto mentre lo abbracciava. Ci provò, Eld, a capire cosa fosse scivolato dentro di lei in quel momento, ma la reazione della ragazza gli suggerì che non era ancora il momento per dirselo ad alta voce, no. Allora, come sempre, Eld non insistette e le regalò il proprio tempo senza alcuna pressione o aspettativa. Era lì, Elise lo sapeva e lo conosceva, se avesse voluto aprirsi a lui sapeva che non ci sarebbe stato alcun giudizio, solo un paio di orecchie pronte ad ascoltare. E allora i movimenti furono veloci quando si staccarono senza lasciarsi andare con lo sguardo, scendendo dal tetto della casa degli specchi per ritrovarsi seduti l'uno accanto all'altra in una delle mini cabine della ruota panoramica, il mondo intero sotto le suole delle scarpe, tutto sembrava nettamente più piccolo e meno pericoloso da quell'altezza, persino il ricordo delle fiamme di qualche anno prima non era roba loro, no. Era il peso sulla coscienza di qualcun altro, non di Eld. -No, non posso sempre scappare dalle cose. - si pronunciò Elise, ed Eld pensò che avesse ragione. Allora allontanò nuovamente la mano che le aveva offerto, ripose via la proposta di lasciarsi andare in quel senso e si ritrovò ad annuire alle parole di Elise, consapevole di quanto ciò che avesse detto fosse importante anche per lui, non solo per lei. -Sai che io e Karen non abbiamo mai avuto un gran rapporto. Beh, ha fatto delle visite e.. è malata.. a quanto pare abbastanza grave.- si pronunciò allora Elise raccontato di sua madre. Serrò piano le labbra Eld, restando con lo sguardo sul viso magro dell'amica anche quando lei lo voltò verso l'esterno, forse alla ricerca di un appiglio visivo che l'avrebbe distratta a tal punto da parlare senza dover tenere in conto delle emozioni che aveva dentro. - Una parte di me pensa “Peggio per lei, se l’è cercata”. Un’altra però, chissà perché, è in parte dispiaciuta per lei.- aggiunse quindi, voltandosi di nuovo a guardarlo, l'espressione corrucciata di chi non sa cosa fare, pensare, di chi non sa cosa ha dentro. Chinò appena il capo da un lato, Eld, ritrovandosi a pensare a quanto trovasse bello ciò che Elise aveva detto, quel divario che, seppur sembrava strapparla in due da dentro, la rendeva viva e, probabilmente, umana. Si chiese, Eld, cosa avrebbe fatto lui se una notizia simile sui suoi genitori fosse mai venuta fuori. Lui, che da quando era bambino non aveva mai effettivamente avuto un buon rapporto con mamma o papà, lui che aveva incolpato Dean di sacrificare la propria vita per due persone che, al contrario, non lo avrebbero meritato. Lui che, seppur avesse potuto fare la propria parte per aiutare Dean a saldare i debiti in cui i loro due genitori li avevano gettati, non aveva e non avrebbe mai mosso un dito. Allora, in quel caso, era un mostro come quello che forse credeva d'essere Elise? -Però non voglio comunque occuparmene. Non ho intenzione di accorrere ogni volta che lei avrà bisogno di aiuto.- aggiunse, e allora Eld seppe con certezza quale sarebbe stata la decisione di Elise. Non devi, se non te la senti. Chi semina vento raccoglie tempesta, Elise. disse solamente, e forse sì, parlava a lei riferendosi al rapporto travagliato con sua madre, ma allo stesso tempo parlava a sé stesso, le stesse parole che si era detto ormai diverso tempo prima e che non riuscivano a lasciare la sua mente. Sebben sperasse che fosse tutto lì, ciò che tormentava la sua amica, a quanto pare dovette ricredersi subito. -E poi.. è spuntato fuori un tizio. Da Oslo.- spiegò, iniziando a stringere una mano nell'altra e lasciando che le nocche divenissero prima bianchissime e poi rosse. Increspò le sopracciglia, Eld, ora appena già incuriosito e preoccupato della situazione. Drizzò appena la schiena così da voltarsi in direzione di Elise per osservarla meglio in volto, curioso. -Sostiene di essere mio fratello, fratellastro.. che ne so, com’è che si dice in questi casi? Beh, comunque, il figlio di mio padre, quello vero. Karen non mi ha mai parlato di lui, non sapevo neppure il suo nome. L’ho trovato sul mio certificato di nascita e.. effettivamente corrisponde con quello di questo tizio.- raccontò ancora, ed Eld non fece altro che restarsene immobile accanto a lei, ora lo sguardo che vagava giù fra la folla mentre, nella testa, si chiedeva quanto potesse essere facile ingannare qualcuno e, al contempo, quanto il mondo fosse enorme e quante persone potessero effettivamente essere legate le une alle altre senza neanche saperlo. -E che cosa vuole questo adesso? Vuole dei soldi per caso? Vuole essere una famiglia? Dopo tutto questo tempo? Dopo tutto quello che è successo?- a raffica vennero fuori quelle domande dalle labbra di Elise, la voce ora sembrava più scossa, non riusciva più a nascondersi dietro un velo di noncuranza. Si voltò nuovamente a guardarla, Eld, restando qualche secondo ancora in silenzio mentre cercava di mettere insieme i pezzi del puzzle. Sospirò appena, aspettando che il respiro di Elise si calmasse a sua volta dopo il modo violento in cui le aveva visto sputare fuori tutte quelle parole una dietro l'altra, le vide disperdersi nell'aria eppure non troppo lontano da loro. Elise. chiamò piano il suo nome, allungando una mano per lasciare che le proprie dita si agganciassero al polso di lei. Non sapeva davvero quasi nulla del passato dell'amica, sapeva quanto non le piacesse parlarne e, lui, non aveva mai chiesto. Non perché non potesse interessargli, ma era Eld ed era fatto così, non voleva che i suoi confini personali venissero sorpassati, a quel modo evitava di sorpassare quelli oltre i quali gli altri si muravano. In quel momento, però, comprese che, forse, Elise aveva bisogno di abbassare le proprie difese almeno con lui, almeno in quel frangente. Non sapeva se si aspettasse da lui delle risposte, delle soluzioni, o se al contrario non si aspettasse proprio niente da lui e quindi si era sentita finalmente libera di parargliene, dopotutto Eld risposte non ne aveva per nessuno, solo e sempre per sé stesso. Sei tu l'unica ad avere il controllo sulla tua vita, ora, Elise. Non devi fidarti per forza, non devi lasciarlo entrare per forza, se non vuoi. Quello che vuole lui non conta, se non è lo stesso che vuoi tu. Lo sai, questo, vero? sussurrò piano Eld, posando il proprio sguardo in quello di lei. Non le avrebbe di certo detto cosa fare, anche se dentro pensava potesse trattarsi solo di qualcuno che per qualche strana ragione cercasse le vicinanze di Elise. E poi, soprattutto per Eld, il tema famiglia aveva ben altri concetti, poco importava che il sangue legasse due persone, non avrebbe significato proprio nulla di importante e voleva che Elise lo capisse. Uno che non c'è stato per tutta la vita e arriva solo ora non ha un posto nella tua esistenza per diritto. aggiunse poi, piano, tornando a voltarsi e constatando quanto lentamente si avvicinassero alla fine della corsa. ...se invece hai voglia di scoprire di più, allora è anche ok. Posso aiutarti, se ne hai bisogno. propose, del tutto naturalmente, più che altro preoccupato dalla figura di uno sconosciuto che non aveva idea di cosa realmente volesse da lei. Silenzioso, all'apparenza timido, Eld era molto più conscio di sé stesso di quanto tutto il mondo credesse. Non aveva paura di quell'uomo o di chiunque egli fosse o si fosse rivelato. Eld temeva per Elise, per la stessa ragione che lo spingeva ad amarla poi a quel modo: la sua capacità di adattarsi a qualsiasi situazione l'avrebbe quindi anche spinta a fidarsi di qualcuno che si proclamava parte fondamentale della sua vita? No, questo Eld non avrebbe potuto accettarlo standosene fermo a guardare e lei avrebbe dovuto comprenderlo. Elise, per Eld, era ben sopra la sua famiglia, ben più importante delle due persone che lo avevano messo al mondo e chi si voleva infilare nelle sue giornate doveva comunque fare i conti con chi un posto già se lo era guadagnato.
     
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    Elise non era brava a mascherare ciò che provava. Riusciva a farlo quando vestiva i panni di Rose e sentiva di indossare una maschera che le permetteva di diventare chiunque desiderasse, ma quando vestiva i panni della vera se stessa tutto le risultava molto più difficile. In quel momento quindi, davanti all’idea che Eyr li avesse abbandonati per chissà quale sciocco impegno, non aveva potuto fare a meno di corrucciare le labbra e mostrare a Eld un’espressione indispettita. Si sforzava di fingere che non le importasse, ma in realtà detestava i rifiuti, soprattutto se venivano da alcune persone in particolare. Aveva trascorso i primi anni della sua vita in solitudine, solo lei e Karen e una sfilza di persone che andavano e venivano senza guardarsi indietro. Incontrare delle persone che l’avevano voluta con loro, che la facessero sentire a casa, le aveva reso impossibile pensare di vivere di nuovo in quel modo. Dubitava che sarebbe riuscita a sopravvivere se loro se ne fossero andati. Tuttavia, capitava spesso che Eyr dimenticasse i loro impegni o che li sostituisse con qualcosa di nuovo che catturava la sua attenzione all’improvviso e lei, puntualmente, ci rimaneva male ogni volta e si arrabbiava. Ripeteva a se stessa che quella volta non lo avrebbe perdonato, che si sarebbe fatta sentire e invece, volta dopo volta, la rabbia scemava quando lui tornava, come se nulla fosse. Eld era quello che, il più delle volte, doveva assistere ai suoi momenti di sconforto o di ira, restando a guardare in maniera quasi impassibile, lasciando che lei dicesse o facesse quello che riteneva opportuno. Eld non l’aveva mai giudicata, accettandola invece così com’era, con i suoi pregi e i suoi difetti. Era sempre stato lì, per lei, senza neppure il bisogno che lei lo chiedesse, come se qualcosa gli suggerisse quando fosse il momento di starle vicino e quando, invece, di lasciarla stare per i fatti suoi. Aveva un umore volubile Elise, che cambiava come cambiava il vento. Eppure Eld non sembrava infastidito da quei suoi sbalzi, dal modo in cui passava da un’espressione di incredibile gioia a una di mal celata tristezza. Lui non chiedeva mai. Rispettava gli spazi degli altri, perché voleva che le persone facessero lo stesso con lui, eppure era chiaro quanto ci tenesse. Era evidente in tutte quelle volte in cui aveva lasciato che lei e lei sola lo abbracciasse, nonostante detestasse il contatto fisico troppo espansivo. Lo era nel suo sguardo preoccupato che non andava mai oltre ma che lasciava intendere che avrebbe sempre potuto dirgli ogni cosa, anche quelle più dolorose, anche quelle che lui non avrebbe voluto sentire. Erano molto diversi loro due eppure avevano in comune il fatto di non riuscire ad esprimere a voce ciò che provavano. Lo facevano con i gesti, più plateali quelli di lei, più nascosti quelli di lui, ma entrambi molto evidente a un acuto osservatore. Elise si era ritrovata a immaginarsi come sarebbero state le loro vite se Eyr avesse deciso di prendere un’altra strada, lasciandoli indietro. Sarebbero stati felici da soli? Forse sì, e forse una parte di lei sapeva che Eld era ciò che di più vicino alla perfezione potesse desiderare per se stessa e che forse avrebbe fatto meglio a concentrarsi soltanto su di lui, lasciando perdere tutto il resto. Ma non ne era capace. Certe cose non si potevano decidere razionalmente.
    Lasciò che un sorriso divertito e forse anche un po’ compiaciuto le colorasse le labbra quando Eld affermò che lei era un po’ dappertutto. -A dire il vero non è proprio così, ma mi piace che tu lo pensi. - disse, senza che quell’espressione soddisfatta abbandonasse il suo viso. Purtroppo non poteva essere in tutti i posti contemporaneamente e neppure conosceva tutti gli abitanti di quella cittadina. -Vuol dire che magari a volte qualcosa ti fa pensare a me anche quando non ci sono. - mormorò, per poi allungarsi appena e lasciare un bacio sulla guancia dell’amico, molto fiera di quel suo pensiero. Era un pensiero infantile, ma la rendeva felice. Elise si beava di piccole cose, come il fatto di sentirsi al centro dell’attenzione anche quando non ce n’era motivo. Gli raccontò a quel punto della festa a cui era stata, che aveva avuto come partecipanti tanti attori e in generale lavoratori del mondo del cinema. Rimase interdetta per un momento, quasi senza parole, quando l’altro le disse che a lui piaceva più la Elise di tutti i giorni, che quella da copertina. Quelle poche parole dette con semplicità la toccarono più di tutto. Era strano per lei sentire di essere apprezzata, in maniera così onesta e sincera. Era abituata a vestirsi di tutte le tinte del mondo, a perdersi nei colori che via via si metteva addosso senza quasi farci più caso, senza mai pensare che anche l’originale poteva avere un suo valore per qualcuno. Allungò il busto e il collo, andando a posare un bacio sul volto dell’altro, appena sotto l’occhio destro. Era il suo modo silenzioso, ma comunque piuttosto fisico, di ringraziarlo e di fargli capire che quello che aveva detto aveva avuto un forte impatto su di lei. Non lo diceva spesso, le parole non erano mai state il suo forte, ma cercava comunque di dare le giuste dimostrazioni a chi lo meritava. -No, l’unica a cui mi sono avvicinata è stata lei e l’ho portata via prima che potesse combinare qualche guaio. - spiegò, giusto per tranquillizzarlo. Era buffo che, pur conoscendo bene il suo lavoro, Eld sembrasse comunque preoccuparsi delle persone che lei frequentava. A volte sembrava geloso e lei sentiva qualcosa accendersi dentro se stessa quando aveva quell’impressione, come se quell’idea potesse scaldarla dall’interno e farla sentire viva. Probabilmente avrebbe voluto difenderla da tutti gli sguardi indesiderati, dalle attenzioni che non chiedeva e che riceveva comunque. Sarebbe stato bello se avesse potuto farlo davvero.
    Dopo un breve istante di tristezza, dato dai pensieri che avevano ripreso a scorrere veloci nella sua mente, si mosse veloce per cercare una nuova attrazione. Stare ferma la rendeva più incline a pensare e voleva evitare, ancora per un po’. Una volta raggiunta la ruota panoramica però e una quota sopraelevata, divenne più difficile tenergli nascosto che cosa la turbava in quegli ultimi tempi. Gli parlò di sua madre, della malattia e di come si sentisse a riguardo. Non era completamente dispiaciuta per lei, ma neppure felice che qualcosa di brutto le stesse capitando. Annuì alle parole di lui, anche se quella breve frase non sarebbe bastata a farle trovare una linea da seguire. -Lo so ma.. - continuò, per poi lasciarsi andare a un sonoro sbuffo contrariato. -Tutte quelle persone, in ospedale, non fanno che aspettarsi cose da me, cose che non so se sono in grado di fare. Né se voglio farle. - aggiunse, arricciando poi le labbra mentre si fermava a pensare. Sapevano che nel mondo esistevano delle convenzioni sociali, cose che le persone normali si aspettavano di vedere o di ricevere, ma nessuno le aveva mai insegnato quel genere di cose e non era sicura di volerle imparare proprio in quel momento. Sua madre si era preoccupata dei suoi genitori? Non li conosceva perché non c’erano più? O li aveva abbandonati come avrebbe fatto con lei se solo non le fosse servita per ricevere un po’ di soldi ogni tanto? -Sono sicura che lei non si preoccuperebbe affatto per me. - sospirò ancora, mormorando quelle parole a bassa voce, come se fossero solo un frammento di un pensiero molto più grande che lentamente veniva in superficie. -Ma io non sono lei e non voglio prendere decisioni in base a ciò che lei farebbe. - aggiunse ancora, cercando di dare voce a tutta quella serie ingarbugliata di valutazioni che aveva fatto in quei giorni. L’orgoglio le imponeva di mostrare quanto fosse diversa da quella donna, eppure non voleva comunque farlo se questo voleva dire perdere la sua libertà. Doveva forse ammettere che, in fin dei conti, erano davvero molto più simili di quanto volesse credere?
    Poi c’era quell’altra faccenda, quel fratello che diceva di volerla conoscere ma che per lei non rappresentava che un altro problema sul suo cammino per la libertà. Non riuscì a trattenere una punta di fastidio a quel punto. Avrebbe avuto bisogno di una famiglia, di qualcuno che le guardasse le spalle, diversi anni prima, quando era stata costretta a difendersi da sola. Che cosa se ne faceva invece adesso che finalmente sentiva di avere trovato una certa stabilità? Si voltò di nuovo verso Eld quando sentì pronunciare il suo nome, cercando di recuperare la calma. Farsi prendere dalla negatività non era mai una buona cosa per lei, anche se finiva sempre per ricaderci. Strinse leggermente il suo polso tra le dita, continuando a guardarla prima di cercare di rassicurarla. Sembrava sicuro nel dirle che lei era l’unica ad avere il controllo della sua vita, eppure non era così che lei si sentiva. Le sembrava di non averlo mai avuto quel controllo e di essersi sempre dovuta adattare alle correnti, senza sapere che cosa fare davvero. Annuì però, alla fine del discorso dell’altro. Era vero, lei non doveva niente a quel tipo e quello che voleva lui non aveva importanza, non se lei non gli permetteva di averne. -Lo so. - disse, con un tono di voce ancora basso e forse un po’ incerto, sebbene stesse cercando di trasmettere un concetto completamente opposto. -La verità forse è che ho solo paura di scoprire chi sono queste persone, la vita che avrei potuto avere se mio padre non ci avesse abbandonate. - mormorò, prima che il pensiero di esprimere quelle cose ad alta voce la bloccasse, facendole rimangiare tutto. Non le piaceva ammettere di sentirsi fragile e impaurita, ma quel giorno aveva deciso di non scappare più da nulla, neppure dalle sue paure. -Credo proprio che questo aiuto mi servirà. - mormorò, sfuggendo poi da quel suo sguardo profondo per andare a posare di nuovo il capo sulla spalla di lui e stringersi appena al suo corpo, in cerca di calore e di sicurezza.
    Elise non amava gli estranei e impiegava un certo tempo prima di decidere di fidarsi qualcuno e avvicinarsi davvero a quella persona. Con quel trio strampalato invece era stato semplice, come se il suo inconscio le avesse suggerito sin dal primo momento che non avrebbe dovuto avere paura di loro, che non le avrebbero fatto alcun male. Anzi, spesso era lei l’anello combinaguai del gruppo, quella che aveva atteggiamenti e modi di fare che potevano ferire gli altri, senza neppure farci caso. Loro la perdonavano sempre, leggendo dietro i suoi silenzi o le sue occhiate. A volte sentiva di non meritare tutto quell’affetto, di non essere in grado di ripagarli per ciò che avevano fatto per lei. Eppure questo non le aveva comunque mai fatto pensare di lasciarli andare, di permettergli di vivere una vita libera dal suo egoismo. -Mi prenderò ancora qualche giorno per pensarci e poi ti dirò che cosa ho deciso. - disse infine, chiudendo così quella breve ma intensa confessione. Lui non aveva detto molto, ma l’affetto e la vicinanza che le aveva trasmesso valevano più di qualunque altra cosa. -Lo sai che anche io ci sono sempre, se ne hai bisogno. - mormorò, e anche se quella sarebbe dovuta essere una domanda, suonò invece come un’affermazione. Non poteva neppure pensare che lui non lo sapesse, che credesse che lei gli avrebbe mai voltato le spalle. Risollevò piano il capo, osservando la cabina su cui si trovavano iniziare la sua discesa verso terra e un’espressione un po’ delusa oscurò le sue labbra. -Cavolo, è già finito. - disse, con uno sbuffo contrariato, rimettendosi quindi dritta a sedere e guardandolo di nuovo in volto. -Che cosa facciamo adesso? - chiese, il sorriso di nuovo sulle labbra e la voglia di lasciarsi tutto alle spalle, di ricominciare e recuperare un po’ di serenità. -Questa volta scegli tu. - aggiunse ancora e, mentre la ruota li riportava di nuovo a terra, le sembrò quasi di sentire il peso sulle sue spalle farsi appena più leggero, come se quella breve conversazione avesse davvero cambiato tutto. Come avrebbe fatto senza di lui? Davvero non avrebbe potuto immaginarlo.
     
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    I’m falling apart, I’m barely breathing. With a broken heart.

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    La solitudine non gli aveva mai fatto paura. Non l'aveva mai scansata, bensì ricercata ardentemente come l'unica compagna. Era nato solo, si diceva, cresciuto solo, sarebbe probabilmente anche morto solo. Lo sapeva, se lo diceva, se ne autoconvinceva, era facile accettarlo perché era altrettanto facile sentire d'esserlo. In quella solitudine, però, era accompagnato: c'erano persone i cui volti riusciva a scorgere anche nel buio, mani che aveva afferrato qualche volta per lasciarsi guidare o per guidare lui stesso. Quegli stessi volti che, poi, erano stati illuminati nella solitudine da una sola e gigantesca fiamma che, alla fine, tutto aveva cambiato. Dal giorno dell'incendio c'erano state cose che nella loro solitudine si erano fatte spazio, sgomitando tra loro per pungere nei fianchi come lame di un coltello che, anche a tirare e tirare ardentemente, ormai sembravano aver messo le radici metalliche nella carne. E allora, fianco contro fianco, era cominciata quella solitudine un po' condivisa all'interno del quale, se lo diceva, c'era abbastanza spazio ancora anche per Eyr, Elise, Dean. E andava bene.
    A guardare lei, Eld riusciva a vedere la parte più profonda richiusa in quel corpo snello e slanciato, si chiedeva spesso come facessero quelle ossa a reggere tutto il peso di ciò che gli occhi avevano visto, ma forse era quello il segreto di Elise, forse era quella la sua vera particolarità, la forza straordinaria con il quale andava avanti e riusciva ad aggredire e mordere e abbattere ogni ostacolo le si ponesse dinanzi. La ammirava anche per questo, perché alla fine rivedeva quella forza dentro sé, dentro Eyr, dentro Dean: era quello il motivo che li aveva legati? Era quello il motivo che aveva portato le loro strade ad incrociarsi ed unirsi? E cosa sarebbe avvenuto quando, un giorno, quella forza invece d'esser cooperativa sarebbe divenuta distruttiva? E cosa sarebbe accaduto se, in un giorno ancora lontano o forse più vicino del previsto, quelle stesse mani avrebbero afferrato il manico del coltello ancora conficcato nel fianco dell'altro per spingerlo ancora più a fondo? Forse, se solo fossero state persone normali, avrebbero cercato assieme la cura, la soluzione, eppure, profondamente Eld sapeva che, alla fine, nonostante l'amore, l'amicizia, la forza comune e il silenzio che li legava... forse, si sarebbero attaccati a vicenda finché non ne sarebbe restato in piedi solo uno di loro.
    -A dire il vero non è proprio così, ma mi piace che tu lo pensi. Vuol dire che magari a volte qualcosa ti fa pensare a me anche quando non ci sono- mormorò Elise in risposta alle parole di Eld, che altro non potrà fare se non annuire lentamente mentre abbassava lo sguardo e sorrideva a labbra strette. Era vero, moltissimo cose gli facevano venire alla mente la figura di Elise, anche quando non guardava per davvero. Era anche per quello che Eld si teneva a distanza da tutto, perché a livello affettivo e umano aveva bisogno di pochissimo, solo un pizzico di fiducia che in pochi riuscivano a regalargli: aveva cancellato il nome dei genitori da quella lista, poi ne aveva cancellati tanti altri, alcuni non li registrava nemmeno. Accolse il bacio che lei gli lasciò sulla guancia perché era facile non fermarla, l'unica che a stento riceveva un rifiuto da Eld, qualsiasi fosse la circostanza. Aveva compreso come Elise desiderasse e adorasse stare al centro dell'attenzione, ma sapeva anche che molti riconoscevano quel tratto di lei e facevano di tutto per sfruttarlo a proprio piacimento e per il proprio conto personale come, per esempio, ottenere da lei ciò che da lei effettivamente cercavano. Sapeva come funzionavano le persone, uno dei mille motivi per il quale lui stesso tentava costantemente di mantenersene lontano e a distanza di sicurezza, perché il fruscio delle parole belle e decorative che molte labbra si lasciavano scappare non era uno dei metodi che andavano a compiacere uno come Eld. Per questo tentava sempre di proteggere Elise dagli altri, persino quelle amiche con le quali lei condivideva una porzione di tempo che agli occhi di Eld risultava sempre eccessiva. Non voleva che la gente si approfittasse di lei, mai.
    Dopo aver frugato tra le caramelle ed essersi diretti verso la ruota panoramica, si sedettero su due sedili e si lasciarono trasportare lentamente verso l'alto, fianco contro fianco. Lo sguardo di Eld, così come quello di Elise, si divertì a girovagare dall'alto al basso, da destra a sinistra, dal vuoto alla pienezza del viso liscio di lei. Ascoltò con attenzione quello che la ragazza aveva da raccontargli, le parole che provarono a minimizzare alcuni pensieri intrusivi che, era chiaro, torturavano l'autocontrollo di Elise da giorni, probabilmente, mettendola di fronte ad una verità che non aveva forse mai neanche considerato prima. Un'immagine quasi del tutto astratta che si era presentate in pochissime evenienze e che era stata messa subito da parte perché surreale. E invece ora eccola lì, proprio davanti a lei, sotto al suo naso, un centimetro dal polpastrelli delle sue dita. L'avrebbe afferrata per avvicinarla o spinta via?
    Prendi la decisione in base a ciò che farebbe Elise. E' quello che conta, dopotutto. No? sussurrò piano in direzione dell'altra riferendosi a ciò che avrebbe dovuto fare e a come avrebbe dovuto comportarsi rispetto alla situazione critica di salute della madre. Madri, padri, genitori, che diavolo di parole erano e perché avevano quel peso significativo per chiunque? Scosse piano il capo, Eld, quasi a voler scacciare via l'ennesima lamentela e constatazione riguardo al fatto che il sangue non era altro che un ammasso di globuli rossi e bianchi e al diavolo il simbolo della famiglia legata dal dna. Ma Elisa sapeva perfettamente quale fosse la visione di Eld della cosa, per cui tacque e la lasciò proseguire sull'argomento del fratello sbucato dal nulla. Sospirò, annuendo piano mentre udiva la sua risposta e, silenzioso, ritornava lui sul pensiero che qualche istante prima aveva avuto: protezione da tutti quelli che volevano assecondare il desiderio d'attenzioni di Elise per ricavarne qualcosa, qualsiasi cosa in cambio. Non lo avrebbe accettato e, per tanto, avrebbe provato quantomeno a coprirle le spalle, se lei lo avesse voluto. Sarebbe stato lì, Eld, in silenzio come al solito ma dietro di lei, pronto a sorreggerla o, altrimenti, farle da scudo. Forse, la differenza fra di loro si trovava proprio nella ricezione di ciò che accadeva loro nella vita. Al posto di Elise, Eld avrebbe chiuso immediatamente la porta e ogni probabilmente comunicazione. Lei, al contrario, spinta dalla stessa curiosità che muoveva lui per altre cose, si lasciava trasportare un po', alla ricerca dell'ennesima parte di sé stessa che credeva le mancasse, incredula del fatto che fosse intera, tutta lì, e meravigliosa. Restava sul bordo, sporgeva il busto per sbirciare ma restava guardinga e, ogni tanto, restava in quel limbo indecisa se compiere un passo indietro o in avanti. -Credo proprio che questo aiuto mi servirà. Mi prenderò ancora qualche giorno per pensarci e poi ti dirò che cosa ho deciso.- disse infine Elise, rimuginando appena sul da farsi. Annuì Eld, sperando Elise prendesse seriamente la sua offerta d'aiuto e comprendendo quanto quel suo silenzio non stava a voler dire "ti ignoro", bensì "presto attenzione, sono qui". Prenditi tutto il tempo che ti serve, ce n'è a buttare. mormorò Eld, scrollando appena le spalle mentre drizzava piano la schiena per sporgersi appena verso il bordo e guardare giù mentre, lenti, terminavano il giro. -Lo sai che anche io ci sono sempre, se ne hai bisogno.- aggiunse poi lei in un mormorio. Era strano dirsi quelle cose a voce alta, eppure avevano imparato a farlo tempo prima e, da allora, c'era sempre stata una fetta di intimità in più che con altri non esisteva neanche. Annuì di nuovo, sorridendo ancora una volta a labbra strette mentre abbassava piano lo sguardo sulle loro gambe ancora vicine. Quando tornò a sollevare il mento verso di lei, le labbra di Eld si schiusero appena in un nuovo sorriso. Lo so. sussurrò. E' bello avere la certezza che sia così. aggiunse poi allungando piano un braccio oltre le spalle di Elise per avvolgerla in un mezzo abbraccio, quello che lo spazio lì concedeva loro. Quando furono quasi giunti al terreno, Elise domandò cosa avrebbe voluto fare, allora Eld scollò appena le spalle, come al solito. Al cinema stanno ridando ogni Venerdì un film horror dopo l'altro. Ti va? No ricordo cosa diano stasera, ma possiamo andare a dare un'occhiata. propose Eld, che se proprio doveva andare al cinema lo faceva solo per quel genere. Spero ci sia qualcosa di splatter. aggiunse, ridacchiando appena mentre si sollevava e allungava una mano in direzione di Elise per fargliela afferrare e tirarla fuori dalla cabina.
    C'era tempo per tutto, ancora: tempo per loro, tempo per fratelli sbucati dal nulla, tempo per accoglierli o spingerli via, lontano. Tempo. C'era tempo per la solitudine condivisa, quella che s'illuminava al buio e aveva la forma ondulante di una fiamma che, ormai da anni, bruciava il proprio eco tra di loro.

    Come al solito i miei pg non parlano---- e non ho riletto aaaah pardon <3
     
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    C’era stato un tempo in cui Elise si era sentita sola. Era stata una bimba esile, solitaria, lasciata da parte da una madre che avrebbe dovuto amarla incondizionatamente e volere solo il suo bene. Aveva trovato il suo primo affetto in Arden, la bambina in cui aveva riconosciuto il suo stesso sguardo triste, i vestiti stropicciati, i capelli non sempre perfettamente pettinati. Ci erano voluti anni poi perché il piccolo cerchio attorno a lei si allargasse, andando a comprendere Eyr e poi, poco dopo, anche Eld e Dean. Aveva scoperto un affetto di cui non credeva di essere capace e improvvisamente la solitudine le era stata stretta, ostile. Non voleva più essere sola, non voleva sentirsi abbandonata come lo era stata un tempo. Non le piaceva ammetterlo, ma sentiva la mancanza delle sue persone, quando non le aveva attorno. Avrebbe voluto poterli tenere sempre con sé, farsi forte di quella vicinanza, ma l’orgoglio le aveva sempre impedito di formulare quei pensieri ad alta voce, preferendo piuttosto impuntarsi su un’idea di fondo e trattenerla nella mente fino a fare male.
    Guardò Eld, il volto sereno ma distante, l’espressione preoccupata e distaccata al tempo stesso. Erano sempre stati fatti di contraddizioni, lui, lei, Eyr. Era impossibile definirli o dipanare la matassa che li avvolgeva. Non sapeva da dove provenissero tutti quei pensieri e le emozioni che provava quando si trovava vicina a lui, ma aveva imparato a riconoscere tutto quanto come qualcosa di familiare, in cui ormai si sentiva al sicuro. Non si poneva troppe domande, viveva di ogni istante senza pensare troppo, cercando di circondarsi di ciò che la faceva stare bene. La vita era troppo breve per vivere soltanto di cose brutte.
    Rimase in silenzio, con lo sguardo dritto davanti a sé, un po’ perso, quando lui le disse di agire in base a quello che avrebbe fatto Elise, senza curarsi del resto. Ma che cosa avrebbe fatto Elise? Non era sicura di saperlo, non era sicura neppure di sapere chi fosse davvero, quella Elise. -Il problema è che non ne ho davvero idea. - mormorò, con un soffio, rendendo vivido il tarlo che le aveva popolato la mente in quegli ultimi tempi. Si era sentita persa, incapace di leggere dietro la superficie decorata che indossava ogni mattina per mostrarsi al mondo. Sapeva che davanti a Eyr non si sarebbe mai potuta mostrare così fragile e insicura. Lui li voleva tutti saldi, sicuri, quasi privi di emozioni. Eld invece la accettava per come era, con pregi e difetti, con tutte le sue imperfezioni. -Non sono sicura di sapere chi sia davvero Elise e che cosa voglia. - aggiunse, come se non stesse parlando più di se stessa, ma di una persona lontana, che non vedeva ormai da tempo. -Ultimamente mi sento come se fossi persa e non sapessi più nulla. - ammise, con un sorriso triste sul volto a increspare le labbra per un istante, prima di farlo sparire di nuovo dietro a un sorriso più aperto. Per anni lei e Karen si erano parlate a malapena. Non c’erano mai state feste, compleanni o particolari eventi a legarle. Sua madre non le scriveva quotidianamente, si faceva viva solo quando aveva bisogno di soldi e lei, volta per volta, valutava se cedere o meno alle sue richieste. In quel caso, tuttavia, davanti ai suoi problemi di salute, sapeva di non poter andare e venire come voleva. Se avesse scelto di esserci per lei, si essere il suo contatto, sarebbe dovuta andare fino in fondo. Voleva esserci per lei? O preferiva lasciarla sola come Karen aveva fatto con lei quando aveva avuto più bisogno di sua madre? Sapeva di volerle bene, a modo suo, ma non era certa di volergliene così tanto da prendere un simile impegno.
    -Dici? A me invece sembra sempre che sia così poco. - disse, con un sorriso sincero, quando lui le disse che aveva tutto il tempo necessario per pensarci. Lei sentiva di vivere dentro una clessidra, con un pugno di granelli di sabbia a disposizione prima che fosse troppo tardi. Come se, con lo sfiorire della sua giovinezza e della sua bellezza, la sua intera vita sarebbe finita. Forse era stata la sua maîtresse a metterle in testa quei pensieri, quando, sin dal primo momento in cui l’aveva assunta, le aveva fatto capire che non sarebbe stato per sempre e che con gli anni sarebbero stati sempre meno a chiedere di lei. Doveva vivere e lavorare fino a che ne aveva il tempo, mettere da parte quanto più poteva per evitare di finire di nuovo con il culo per terra, da sola e infelice. Forse Eyr aveva ragione, avrebbe fatto meglio a trovarsi un altro fare, ma non erano molte le cose che sapeva fare. Un tempo era stata una brava studentessa, ma aveva abbandonato la scuola alla fine delle superiori, preferendo lavorare piuttosto che continuare a formarsi. Non aveva grandi ambizioni, Karen non era stata un buon esempio neppure sotto quel fronte. Magari avrebbe potuto frequentare qualche corso universitario o qualche corso di formazione che le permettesse di lavorare più a lungo, ma il lavoro che faceva le piaceva, le veniva semplice. Si era però aperto uno spiraglio nelle posizioni di comando all’interno del Lust da quando Agnes se ne era andata e una delle ragazze più grandi l’aveva sostituita. Magari poteva mettere un po’ di impegno in quello, assicurarsi un posto di maggiore rilievo, qualcosa che la rendesse più importante.
    Si lasciò stringere dalle braccia di Eld, restando in silenzio per qualche momento, con la testa appoggiata contro il suo petto. Sempre più le pareva che ci fosse un posto speciale, riservato proprio a lei, nell’incavo che si formava quando la abbracciava. Non capitava spesso, ma quando accadeva, poteva dire di sentirsi davvero felice. Sorrise quindi, quando lui le confermò di sapere che lei era lì per lui, sempre, anche quando sembrava distante o con la testa altrove. La rincuorò sapere che non sempre le parole erano necessarie e che i gesti, anche quelli più piccoli, tra di loro avevano fatto la differenza, sin dal principio. Era bello sapere di avere una famiglia, una vera, una scelta e non imposta dal destino. Su quel genere di cosa si erano sempre trovati d’accordo: non era necessariamente il sangue a determinare le cose, esisteva qualcosa di molto più forte e profondo. Il fatto poi che lei volesse scoprire anche qualcosa della sua famiglia biologica, non voleva dire che questa sarebbe mai stata in grado di sostituire loro e il ruolo che avevano oramai acquisito nella sua vita. C’erano legami che secondo lei erano destinati a durare sempre, come se fossero scritti nel destino e sentiva che il suo rapporto con i ragazzi avrebbe seguito quella strada. Non voleva neppure immaginare una vita senza di loro. Quasi le dispiacque quindi quando la cabina dentro cui si trovavano toccò di nuovo terra, costringendoli a scendere e tornare quindi alla realtà. -E film sia! In effetti questo posto mi aveva già stancata! - borbottò, facendo una leggera giravolta, per poi prendere a camminare all’indietro, così da poter mantenere lo sguardo su di lui. -Spero proprio che oggi sia la serata di Shining. È da tanto che non lo rivedo. - mormorò poi, annuendo tra sé e sé. Le erano mancate quelle serate che sembravano fatte solo per loro, quelle in cui si sentiva come sospesa, ben lontana dalla vita di problemi che la aspettava a casa. C’erano delle persone che riuscivano a farla sentire sicura e completa anche solo in pochi minuti e più il tempo passava più si rendeva conto che avrebbe fatto meglio a trovare quanto più tempo per loro, se voleva davvero essere felice. -Se il film fa schifo andiamo da me e ci spariamo qualcosa dalla nostra personale collezione e ordiniamo il cinese da asporto. - aggiunse poi, piuttosto soddisfatta di quel pensiero, mentre si voltava di nuovo e riprendeva a camminare normalmente, al suo fianco. Una delle cose migliori di uscire con Eld era che i piani potevano mutare in fretta, erano in grado di formulare numerosi piani B senza mai restare delusi. Perché non era quello che facevano a essere davvero importante, quanto le persone con cui quel tempo veniva trascorso.
     
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