You wouldn't be the first renegade to need somebody

Matt ft. Kai | Sala lettura, sotterranei | 08.07.2021

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    La prima volta che aveva parlato con Aleksander Göransson era stata molto diversa dalle prime volte di un incontro qualunque con una persona qualsiasi. Nel suo campo visivo c'era solo una cosa, ed era il motore della Ferrari Dino (246) che stava sistemando. Stava ripulendo la posizione delle sottili connessioni del motore a sei cilindri disposti a V, quando aveva avvertito entrare nel suo campo visivo la figura di un uomo che non conosceva in officina. Aveva alzato lo sguardo su di lui, cipiglio sulla difensiva crucciato posto sulla fronte, le sopracciglia corrugate e storte e un muto dubbio di domanda posto in sua direzione.
    «Non ci sono molte case che sanno fare un motore del genere.» Matt annuì, in risposta all'uomo. Abbassò lo sguardo sul motore e sulle mani impiastricciate di grasso nero e denso, una foderata di un guanto, l'altra nuda su cui si potevano intravedere gli strati accumulati di sporco tra le dita sulle mani di un ragazzo che era cresciuto presto mettendosi in proprio con la propria voglia di fare da solo, solo quello di cui voleva circondarsi. L'uomo sconosciuto guardò in sua direzione, e lui lo vide, guardare assieme a lui le mani callose. Matt guardò il suo completo pulito e le sue mani senza scalfiture. Non era un uomo che faceva la sua vita, senza dubbio, ma l'affermazione che aveva fatto ripuliva completamente il lato che non conosceva di lui dalla figura che si presentava alla sua porta.
    «No, in effetti no.» Sussurrò, eliminando il guanto dalla mano sinistra sfilandolo con l'aiuto della destra, e lo buttò a terra accanto a sé, prima di riprendere tra le mani un panno semi pulito - valeva a dire che era praticamente metà già unto. Guardò meglio l'uomo, incrociando il suo sguardo, chiaro come il suo, e indugiando sui lineamenti puliti e il mento rasato, forse con sguardo più rilassato. Aspettò a parlare, come se attendesse che si rivolgesse a lui.
    «Sembra che le auto nuove abbiano perso molto. Vedi questa linea qui...» Si avvicinò, portò una mano alla cravatta blu, istintivamente, e con l'altra mano corse a scorrere il profilo della linea del motore posteriore. «Non l'ho trovata più su nessuna delle mie auto. Ma ora i motori italiani sono tornati indietro, e le auto tedesche sono tutte uguali.» Commentò, laconico. Matt si chiese se non avesse già incrociato quell'uomo e se avesse già portato un'auto nella sua officina. Ma forse se lo sarebbe ricordato. Lui ricordava solo quello che gli pareva, ma pensava che quell'uomo fosse curioso, e si disse, si, se lo sarebbe ricordato se lo avesse già visto. «Non comprerò più una Mercedes. Saranno tutte uguali anche tra vent'anni.» Aggiunse poi l'uomo, sospirando. Aveva un tono di voce basso e greve, in qualche modo sembrava molto simile al suo. Non sembrava fosse un gran chiacchierone, non ne aveva l'aspetto. Sembrava una persona che provava a dialogare di quello che pensava semplicemente svicolandosi dalla sua figura autoritaria.
    «Si, penso la stessa cosa.» Si ritrovò a dire. Lo guardò di nuovo, provando a indovinarne l'età. Avrà avuto dieci anni più di lui, ma non di più. Aveva ancora tutti i capelli biondi, qualche filo d'argento a colorargli le tempie. Non disse nulla per un pò, entrambi si ritrovarono a guardare l'auto in silenzio. Poi rialzò lo sguardo, riprendendo il guanto dal pavimento. «E' qui per riparazioni? Deve comprare qualcosa?» Si sforzava di solito di essere gentile, meno burbero, con i suoi clienti. D'altronde, erano loro a pagarlo. Lui in cambio faceva il lavoro che gli piaceva di più, riparava auto, dalle più vecchie alle più scalcagnate, dando loro nuova vita. Non lo pensava in tono così poetico, forse dopo sarebbe successo. Allora era molto giovane e insofferente per dieci delle ore delle giornate in cui non dormiva.
    «No, sto solo fingendo di avere tempo per poter permettermi di guardare un motore e non pensare al calo in borsa di ieri. Ci posso dare un'occhiata? Tra cinque minuti mi verranno a prendere e continuerò a lavorare fino alle 4 del mattino per corsa alla vendita dello stock azionario.» Ammise l'uomo, monotono, tutto d'un fiato. Abbozzò un'espressione neutra, che forse per entrambi valeva a dire sorridere, e quindi sorrisero entrambi nel loro modo strano, fatto di persone che sapevano il fatto loro che improvvisamente trovavano qualcuno che vedeva le stesse cose con gli stessi filtri nel mondo. Anche se appartenevano a due mondi differenti.



    Matt alzò lo sguardo su Kai. «Uhm. Mi sono distratto.» Ammise. Non l'avrebbe fatto a cuor leggero se non fosse stato proprio lui il suo interlocutore. Incrociò il suo sguardo, gli stessi occhi dell'uomo che aveva conosciuto vent'anni prima. Matt non aveva niente a che vedere con il mondo patinato di cui si era saputo circondare. O meglio, di cui era capitato che si circondasse. Il mondo dorato che lui non aveva mai conosciuto da giovane lo aveva abbracciato come un cardigan generoso di tre taglie più grandi della sua, a fargli da scudo in un'esistenza peculiare come la sua, proteggendolo come dal freddo dei cambi di temperatura del clima norvegese, così come dai cambi dei giochi di potere della facciata di Besaid nascosta.
    Non si sapeva come, lui di certo non lo sapeva, ma aveva sempre attirato calamitando attorno a sé tutte le persone più ricche di Besaid. Anni prima aveva conosciuto Aleksander, ed era nata tra loro una strana comprensione. Tempo dopo Naavke l'avrebbe salvato, e lui si sarebbe ritrovato nei sotterranei del Kunstmuseum e tra i corridoi dell'Aamot Lodge, e quell'edificio nella zona Est della città, inarrivabile per uno come lui, sarebbe stato tutto il suo nuovo mondo. Un posto da chiamare casa. E ci avrebbe ritrovato anche Aleksander, e condiviso per un periodo un'intesa che andava oltre alla loro passione per le auto d'epoca che qualche volta faceva toccare con mano nella sua officina, ma un'intesa di zelo e dedizione sui finanziamenti da nascondere agli altri, per gli occhi di Naavke. « Ricominciamo dal momento in cui coordinare i trasporti. Il tuo suggerimento. » Soffiò Matt, a bassa voce, alzandosi dalla sedia che occupava per percorrere il perimetro della stanza che occupavano lui e Malakai, il figlio di Aleksander. Matt era sempre stato un burbero atipico. Come tutti i vecchi burberi che sono vicini alla soglia della mezza età faceva fatica ad andare d'accordo con chicchessia, ma era possibile vedere in lui uno strano luccichio negli occhi quando si sentiva investito di una responsabilità datagli direttamente da Naavke, a maggior ragione se includeva uno dei suoi ragazzi. Li chiamava così, e anche se non si trasformava mai in uno zio amorevole, aveva sempre un occhio di riguardo per i figli adottivi di Naavke e, per riflesso incondizionato, delle persone che gravitavano attorno a loro. Quando Kai era arrivato a bussare per svariati motivi alla porta del centro Icarus, spinto anche dalla vicinanza affettiva di Coco, quel qualcosa aveva fatto breccia nella sua scorza dura, e si poteva dire che non solo lo sopportasse, ma gli andava decisamente a genio. Teneva a lui come insomma non ci tenevano ai giovani i vecchi burberi che vedono le nuove leve come minacce. Matt guardava peggio alla vecchiaia che alla gioventù. E doveva smettere di fare dei pensieri del genere, se glielo avesse confessato, Anija gli avrebbe detto che era un brontolone senza speranze.
    Cominciò a percorrere la stanza a grandi passi, una falcata normale di un uomo alto come lui. « Tra un mese esatto arriverà una spedizione con cargo aereo. Dobbiamo fare in modo che sia la G Corp a metterci le mani. Se il controllo del cargo passa direttamente da voi non abbiamo problemi. Altrimenti dovremmo coordinarci in altro modo. » Erano tantissime le attività su cui aveva mano la Libra. Molte non le sapeva neanche lui. Molte delle cose che facevano però passavano come finanziamenti diretti dalle imprese dell'azienda Göransson. Se c'erano attività di cui erano necessari rifornimenti costanti cercavano sempre di passarle come rifornimenti alle aziende su suolo norvegese dell'azienda di cui Kai era a capo. E in realtà molte volte potevano essere tantissime cose di vario tipo, anche delle più semplici, a partire da indumenti e materiale igienico per i ragazzi dell'Aamot Lodge, per finire con rifornimento di armi nella peggiore delle transazioni. Per quella volta, era un carico importante, e nessuno doveva sapere cosa si celava nelle casse del trasporto. Erano catalogati come materiali di imballaggio, ma erano in realtà provviste molto più pericolose.
    « E tra tre settimane io dovrò recarmi a San Francisco senza che nessuno sappia chi ci sia sul tuo aereo. Ma di questo non ne abbiamo ancora discusso. » Tornò a guardare il viso di Kai, e si fermò. Nella stanza dei sotterranei la luce arrivava da una finestra posta molto in alto, a lato della stanza, quasi un lucernaio sulla luce che filtrava dal giardino che contornava il museo. La stanza era allestita dal gusto dei proprietari, e invece che sembrare una stanza qualsiasi di un posto sconosciuto nelle terribili segrete di un posto terrificante, sembrava una vetrina di un bellissimo foyer di un hotel extra lusso. Tutto quello che toccava Naavke si copriva d'oro, così come nella sua casa tutto quello che toccava Anija diventava più bello. Era destinato ad attirare su di sé una bellezza che non sentiva dentro. Come se sarebbe stato solo circondato e non toccato da tanta bellezza per tutta la vita.
    « E quando sarò lì avrò bisogno di qualcuno che pensi a tutto, prima di compiere il lavoro. » Finì. Sarebbero passati presto al dunque delineando i dettagli del loro piano. Osservò il profilo di Kai illuminato dalla luce del sole appena filtrata dalla finestra, e della lampada Flos Arco ad un paio di metri da lui, sulla destra. Kai sedeva come un uomo che era sempre stato abituato a sedere diritto e composto per tutta la vita, anche su di un divano di design su cui era impossibile star dritti, e aveva lo stesso profilo della sua vecchia conoscenza.
    Ovviamente, pensò, teneva a lui come figlio di un uomo che aveva avuto significato nella sua vita, e con un'intesa che aveva portato via con lui. Non l'avrebbe ritrovata facilmente in giro.

    Edited by wanderer. - 16/1/2022, 18:06
     
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    Era stato suo padre a trasmettergli la maggior parte delle sue passioni, senza neppure volerlo. Ricordava quanto fermamente da adolescente avesse lottato per allontanarsi da quella figura sempre perfetta, impeccabile, stretta in quegli abiti eleganti che lui aveva tanto odiato. Non era stato un padre presente, non si era mai lasciato andare a grandi gesti di affetto ed era per questo che Malakai aveva finito con il cacciarsi ripetutamente nei guai, solo per attirare la sua attenzione. Guida in stato di ebrezza, liti nei bar, erano solo alcune delle cose che Aleksander Göransson aveva pagato perché non si sapessero in giro. Non voleva che il nome di suo figlio venisse associato a quel genere di cose, lui che da sempre aveva sperato di trasmettergli anche l’amore per gli investimenti, per la sua azienda. Era incredibile come, per quanto il ragazzino si fosse sforzato di prendere una strada diversa dal suo vecchio, ripetendolo giorno e notte ai suoi amici, alla fine ci era finito dentro con tutte le scarpe. Sarebbe stato fiero Aleksander di vederlo lì, seduto al suo posto, a dirigere la baracca che aveva dovuto lasciare prima di quanto avesse desiderato, stroncato da un male che nessuno aveva potuto curare. A distanza di qualche anno dalla sua dipartita era divenuto più semplice per Kai riuscire a mettere al centro i ricordi più piacevoli che aveva di suo padre, sebbene fossero davvero pochi. Ricordava un’estate in cui aveva solo sei anni e il suo vecchio lo aveva portato con sé in una gita in barca a vela, solo loro due e il mare sconfinato all’orizzonte. Oppure un’altra giornata, in cui era adolescente ed erano andati insieme all’officina di Matthew, perché Aleksander voleva far rimettere in sesto una delle sue auto, lasciate in garage da qualche anno, perché divenisse la sua prima automobile una volta compiuti i sedici anni. Aveva lasciato che fosse lui a decidere e ancora ricordava l’emozione con cui aveva osservato quella carrozzeria scura e il cofano dell’auto aperta mentre il loro meccanico di fiducia faceva un check up per accertarsi che tutto fosse al suo posto.
    Gli sarebbe piaciuto avere più aneddoti di quel tipo da raccontare a chi gli credeva che tipo di uomo era stato suo padre, invece il primo pensiero che gli veniva alla mente, quando pensava a lui, era che aveva amato il suo lavoro più di quanto avesse mai amato la sua famiglia e quello in fondo non sarebbe mai riuscito a perdonarglielo, non a pieno. Lo capiva ora, dopo tutti quegli anni, capiva che dirigere un impero come il suo richiedeva tempo e fatica, ma un’ultima promessa a se stesso non voleva romperla: non sarebbe diventato un padre come lui. Se mai lui e Sofie avessero avuto dei bambini avrebbe fatto tutto il possibile per essere presente nella loro vita, soprattutto nei momenti più importanti. Non avrebbe perso una partita, una mostra di scienze, o il diploma, o la loro laurea. Gli faceva ancora strano ragionare in quel modo, ma più i mesi di convivenza con Fi aumentavano e più si sentiva sicuro di voler continuare la sua vita insieme a lei e di non riuscire più a immaginarsi al fianco di nessun’altra. C’era solo qualche piccolo dettaglio di cui prima o poi avrebbero dovuto parlare, forse, come la sua appartenenza a Libra, ma continuava a posticipare, convinto che il momento propizio sarebbe giunto se avesse avuto abbastanza pazienza. Non c’era certo una questione da servire in tavola senza preavviso. E in realtà sapeva anche di necessitare qualche consiglio a riguardo da parte di qualche collega che si era trovato già in passato nella sua stessa situazione e che ne era uscito illeso.
    Doveva molto a Libra per l’aiuto che gli aveva dato dopo la morte di suo padre, quando le sue emozioni lo avevano reso quasi incapace di controllare la sua particolarità. Erano stati gli unici a dargli un po’ di sollievo, ad evitare che quel gelo si propagasse così a fondo da togliergli la vita senza che lui potesse farci nulla. Il minimo che potesse fare quindi per sdebitarsi era offrire loro ingenti donazioni. Nessuno al di fuori una ristretta cerchia sapeva che cosa si nascondeva nelle profondità del Centro Icaro, cosa stava dietro la semplice maschera che mostravano al mondo. Le particolarità potevano essere una benedizione o una terribile maledizione ed era quindi importante che persone come loro si occupassero di dare una mano a chi ne aveva più bisogno, che tenessero sotto controllo chi manifestava poteri troppo grandi o troppo distruttivi. Perché nessuno si sentiva solo nella grande famiglia che componevano, nessuno si sentiva abbandonato. Ed era a questo che pensava mentre ancora sedeva su una sedia poco distante da quella di Matthew, un uomo che aveva conosciuto al di fuori dei confini della Setta, grazie a suo padre. Si conoscevano da così tanti anni che ne aveva perso il conto ma, sebbene nessuno dei due uomini fosse incline a particolari dimostrazioni di affetto, Malakai sapeva di potersi fidare di lui e di poter contare su di lui. Era proprio al meccanico infatti che si era rivolto in alcune occasioni, nel cuore della notte, quando aveva combinato qualche casino in cui era rimasta implicata la sua auto, perché lo venisse a recuperare con il suo carroattrezzi e rimettesse in sesto la sua bambina.
    Scosse appena il capo, mostrando l’accenno di un sorriso, quando l’altro parve cadere dalle nuvole, ammettendo di essersi distratto. -Qualcosa ti preoccupa, vecchio mio? - domandò, ammorbidendo appena il tono della voce e lasciando che l’ombra del solito velato si facesse appena più visibile. Lo disse in tono affettuoso, a modo suo, spingendo su quel legame che ormai da anni si era fatto via via più stretto. Non lo avrebbe forzato a parlare se l’altro non avesse voluto, ma sarebbe stato pronto ad ascoltare se necessario. Anche lui aveva molte cose per la testa negli ultimi tempi, ma il suo lavoro gli insegnava, giorno dopo giorno, a tenere sempre più segreto ciò che provava davvero e mostrare solo ciò che gli altri avevano bisogno di vedere. Annuì quindi, acconsentendo a riportare la conversazione sul motivo di Quel loro incontro: mettere a punto alcune questioni prima della data prevista per il loro arrivo. Rimase seduto mentre l’altro invece iniziava a muoversi per la stanza, accompagnando il flusso dei suoi pensieri. -Un mese.. - disse, come a voler soppesare il tempo nella sua mente e scandirne i momenti, per essere sicuro di riuscire a organizzare tutto nei dettagli. -Faremo in modo che arrivi in un piccolo aeroporto appena fuori città, è gestito da una piccola società che fa parte del nostro gruppo. Non ha un nome particolarmente famoso, il che sarà utile a non destare troppi sospetti. - aggiunse quindi, mentre esponeva la sua idea al vicecapo, pe capire se secondo lui poteva funzionare. Erano anni ormai che aveva offerto a Naavke il suo aiuto e che collaborava con gli altri membri della setta, a modo suo. Non poteva dire di avere grandi abilità fisiche, né che la sua particolarità potesse avere molta utilità per tutti loro, ma sapeva come muovere ingenti somme di denaro e come spostarsi velocemente dentro e fuori dal suolo norvegese senza dover coinvolgere alcuna compagnia aerea. Inoltre nel tempo acquisiva doti sempre più raffinate nel campo degli affari. -Mi occuperò di prepararvi le scartoffie per farli arrivare in quell’aeroporto e di fare in modo che ci sia uno di noi di turno quel giorno. - aggiunse poi. Nel tempo aveva dato una mano ad alcuni dei ragazzi che avevano attraversato momenti difficili insieme a lui nelle sedute di aiuto per le particolarità, trovando loro un lavoro. -Sapete chi manderà il carico? Devo mettermi in contatto? O farete in modo che siano loro a contattare me? - domandò, così da avere un quadro un po’ più chiaro della faccenda. Se doveva essere lui a muoversi doveva organizzarsi in fretta per essere certo che nulla venisse lasciato in sospeso, ma sapeva che di certe cose preferivano che si occupassero alcuni elementi nello specifico, così da non disperdere troppe informazioni e da riceverle solo da elementi selezionati.
    Si perse nei suoi pensieri per qualche momento, cercando di programmare all’interno della sua mente tutto il possibile, risvegliandosi soltanto quando l’altro aggiunse che c’era anche un’altra questione per cui avrebbe avuto bisogno di aiuto. Matt doveva recarsi a San Francisco con la massima discrezione e necessitava di qualcuno che lo aiutasse in suolo straniero. -Quante persone devono viaggiare? - domandò, prima di ogni altra cosa. Tre settimane erano abbastanza per organizzare un volo, ma aveva bisogno di capire quanta segretezza fosse necessaria e come coprire il fatto di far imbarcare da sole delle persone estranee alla G Corp. -Chi verrà con te? - chiese ancora, dando per scontato che non sarebbe stato lui l’uomo di cui aveva bisogno per organizzare tutto. Spostò lo sguardo di lato, alla ricerca della luce naturale che filtrava dall’apertura posta in alto, in prossimità del soffitto. Si era abituato a trascorrere molto del suo tempo a diversi metri di altezza, osservando il panorama dal suo studio, all’ultimo piano del grattacielo dove risiedeva l’azienda, gli veniva difficile quindi trovarsi completamente a suo agio ad appena qualche metro sotto terra. Si sentiva mancare l’aria dopo qualche minuto. -Mi serve per capire come giustificare il viaggio e nascondere la tua presenza. - aggiunse quindi, dopo qualche istante, seguendo il filo dei pensieri che si erano susseguiti uno dietro l’altro, silenziosi. -C’è qualcos’altro che posso fare per te? O che dovrei sapere? - chiese ancora, intenzionato a non commettere neppure un errore. Potevano sembrare delle sciocchezze, ma per lui ogni richiesta che gli veniva posta all’interno di quelle mura era sempre qualcosa della massima importanza.
     
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    C'era qualcosa di molto rassicurante nel fatto che avesse acquisito un'età tale da aver raggiunto la possibilità di essere chiamato, appellato, come molto più di un adulto. L'età, avanzare di età, e la crescita biologica erano viste come cose in cui riporre fiducia da tutte le persone normali, diventare grande, diventare vecchio, contribuiva ad aggiungere una vera e propria medaglia all'onore allo status di una persona. Non c'era bisogno di doversi per forza giustificare quando ci si sentiva richiamati all'attenzione, perché si attribuiva in automatico alla persona 'adulta' la possibilità che fosse assorto in pensieri più grandi, in pensieri da cui era normale che ci si potesse poi distrarre. Era una gran bella cosa, era un pensiero con cui si sentiva stranamente a suo agio e non faceva minimamente a pugni con questa prospettiva nella sua testa. Era quasi qualcosa che gli poteva far comodo, che gli faceva piacere pensare. Tutto poteva poi cambiare se non risultava attribuito direttamente a persone di cui andava bene circondarsi, persone che trovavano che la sua presenza fosse in qualche modo essenziale, che arricchisse il fatto che si trovasse lì e che stesse facendo qualcosa di utile. Se avessero chiesto a Matt di esprimere la sua opinione a riguardo non ci sarebbe riuscito, non ci avrebbe, anzi, minimamente provato. Avrebbe alzato gli occhi ad incontrare quelli del suo interlocutore e dire che andava bene così, ma non avrebbe ammesso cosa pensava riguardo al fatto di poter essere chiamato anche affettuosamente 'vecchio mio'. Gli faceva intimamente piacere, come se fosse qualcosa che potevano comprendere solo loro, lui e Malakai, e che probabilmente avrebbe potuto comprendere solo una persona che non esisteva più in quella vita che condividevano. Ma quello non era un argomento su cui voleva indugiare troppo. Aveva più di una decina d'anni rispetto a Kai, ed era più o meno lo stesso tipo di differenza di età che era esistita tra lui e Aleksander quando si erano incontrati. Era un'altra cosa che lo faceva sentire intimamente più vicino a lui, con lo stesso tipo di affetto dissimulato che provava per i figli adottivi di Naavke, forse un pò di più.
    Aveva sorriso, di quelle sue espressioni vagamente sospettose che si tramutavano in un arco delle labbra dipinto serenamente in volto. Qualche volta Anija pensava che dovesse provar male a sorridere davvero, e che sorridesse davvero così poco da non essere più abituato a farlo. Glielo diceva anche. In realtà sorrideva anche lui, anche se non era un vero e proprio sorriso, sul suo viso gli altri dicevano che ci stava splendidamente. Il fascino di essere belli e dannati, e non saperlo neanche fino in fondo cosa significava realmente accostare bello e dannato nella stessa frase. « Parecchie cose. » Avrebbe voluto sinceramente raccontare che nell'arco dell'ultimo mese pensava tante cose, troppe per continuare a ripeterle nella sua testa. Così tante che se avesse continuato a ripeterle a se stesso sarebbe impazzito, ma per davvero. Aveva semplicemente pensato ad un certo punto che non aveva senso pensarci, e aveva chiuso quell'idea in un angolo del suo cervello. Avrebbe in realtà voluto dire a Kai che forse il rapporto che aveva con lui poteva essere la cosa più simile ad un'esperienza genitoriale che avrebbe mai sperimentato in tutta la sua vita, e che prima di un mese prima non avrebbe mai pensato di voler avere un figlio, ma solo perché casualmente, il pensiero non l'aveva sfiorato, mai. E adesso che il pensiero era stato formulato era esploso nella sua testa e si era reso conto che era una cosa stranamente interessante. Ma avrebbe potuto affrontare il peso di una discussione simile?
    « Per esempio continuo a pensare che questo carico non sia stato protetto come dovrebbe. Non sono sicuro di quello che si possa mettere in campo per evitare di far cadere attenzione su questo transito.. Per questo ti ho chiamato qui. Sai ragionare meglio sulla gestione delle risorse. Anche perché sono le tue. » Non sapeva se sarebbe stato consono confessarsi su una cosa su cui si sentiva debole. Avrebbe dovuto usare parole come lascito, e lasciare una discendenza, e cose storpiate per il bene delle frasi.. andava bene per quel momento continuare a parlare della Libra. Del loro piano.
    Era vero che pensava fossero in difficoltà per la missione, sopprattutto per quella successiva in linea temporale. Infatti era la prima che aveva enunciato. Era sicuro che non avrebbero avuto problemi a gestire il trasporto della sua persona in America, ma comunque era una cosa che andava stabilita e decisa a tavolino, e nulla da ridire in proposito. I trasporti andavano comunque organizzati e gestiti con cautela. Ma sapeva che Kai era all'altezza del compito, nel senso che per quello spostamento poteva anche dimenticare di dire qualcosa, avrebbe gestito lui. Ma su quello che avveniva dopo, ovvero la remunerazione al suo incarico, era particolarmente perplesso. Qualcuno - quando ne parlavano alle riunioni della Libra, i vicecapi e qualche convocato speciale all'ordine del giorno, si riferivano sempre come agli 'altri', quelli che mettevano loro i bastoni tra le ruote. Non avevano ancora capito quante istituzioni e con quanta regolamentazione si stessero interfacciando, non nel vero senso del termine. Aleggiavano parole come il governo, ma il governo da chi era costituito? Le poche persone che sapeva avessero a che fare con la regolamentazione estrema dei confini erano perlopiù meri esecutori di persone poste sopra di loro di cui sapevano solo iniziali, qualche nome in codice. Nessuno di questi nomi valeva poi la loro identità.
    Guardò Kai per aspettare la sua risposta alla sua frase. E poi continuò. L'idea del ragazzo di far dirottare il volo con il trasporto in un aeroporto meno importante e fuori mano era la risposta giusta ovviamente, però il fatto che posassero anche il resto delle basi per le scartoffie era essenziale che fosse definito con cura. « Ti avrei detto di usare il nome dei Zakharova ovviamente, ma se associano me al volo che prenderò prima non ne usciamo bene, è sciocco. » Mise a fuoco il volto di Kai per saggiare la sua espressione. I nomi dei vicecapi non apparivano mai nelle fatture più stupide, figurarsi un carico importante come quello. Ma per Matt succedeva spesso di usare il suo, o quello della famiglia della moglie. Contavano parecchio quei suoi nomi assieme. Anche il cognome di Naavke contava spesso a bloccare certe cose importanti o promuovere propaganda in incognito, ma veniva usato con la discrezione giusta dei casi in cui serviva davvero, tipo quando il nome doveva essere associato ad investimenti urbanistici e beneficienza.
    « Si, gestisci tu che prestanome portare. Comunque ai contatti ci pensa Mikael, sarà lui a fare il tramite con te per questo. » Concluse Matt, rispondendo a Kai mentre girava per la stanza e guardava il suo bel profilo stagliato in sua direzione, a seguirlo mentre parlava, prima di ritornare vicino a lui in piedi e infine fermo. Ascoltò le altre sue domande, mentre tornavano alla parte due del piano, quella che secondo loro era più facile da organizzare, ma probabilmente più delicata per le cose a cui Matt non aveva minimamente pensato. Rifletté sulle domande che aveva fatto.
    Si sedette di nuovo, ritornando a guardarlo negli occhi, era più facile porre quella domanda al ragazzo senza che qualcosa di non detto fosse pesato tra loro. « Non mi fido molto di persone che non conosco. Riusciamo a sapere se qualcuno con del potenziale possa occuparsi di questo incarico? » Continuò, domanda diretta nelle iridi azzurre. « E non considero potenzialità di potere. Basterebbe portare Coco con me per avere potenzialità offensive e difensive totali ma.. » Lasciò cadere la frase, allargando le gambe in una posizione comoda, posizionando i gomiti sulle cosce e puntellandosi su di essi per poggiare il viso sulle mani, le mani con i palmi verso l'alto a stuzzicare il mento della barba. Quel giorno pensare all'argomento figli doveva aver riacceso un pò di frenesia. Ovviamente nessuno avrebbe mai messo in pericolo Coco oltre quel ritaglio di suolo norvegese, era un esempio per dire, perché la sua particolarità di inibire e restrigere la particolarità di qualcuno era quanto di più comodo potessero immaginare su un ipotetico problema di gestione forza paranormale, senza contare il potere offensivo di Matt. « .. mi serve qualcuno che sappia gestire un discorso diplomatico. » Concluse. Fece un'occhiata eloquente, indicando con il mento sollevato la figura di Kai. Non capitava spesso che dovesse occuparsi lui di incarichi complicati utilizzando il suo potere fuori dal paese. Tantovaleva che dovesse toccare a lui, allora meglio sarebbe stato pensare di essere spalleggiato da una persona che sapeva gestire transazioni serie senza perdere la calma. « Pensi che potresti essere in difficoltà? So che non ti sei mai occupato di queste cose direttamente ma con me sei al sicuro. » Lo disse come se non fosse possibile altrimenti, con una sicurezza tale che nessuno avrebbe potuto covare dubbi in merito. Se fosse venuto al punto di pensare a preoccuparsi dell'incolumità di Kai ovviamente non avrebbe proposto di seguirlo in quell'impresa con lui. « Ecco cosa potresti fare. Però se ti vuoi prendere del tempo per pensarci su possiamo riparlarne. Magari mi tiri fuori dal cappello una persona ragionevole per gestire chiacchiere con gli stranieri. » Si ritrovò a sorridere di nuovo, con una espressione beffarda, di quando ritrovava animo nelle decisioni complesse di quello in cui credeva.
    Era la prima volta che chiedeva a Kai di seguirlo in una 'missione' di quel tipo, e non sapeva cosa avrebbe potuto pensare lui in merito. A Matt l'idea divertiva e piaceva, come se gli avessero detto che poteva fare una cosa che sapeva sarebbe stata divertente e gli era anche permesso passare il tempo con una persona che gli piacesse per davvero.

    Edited by wanderer. - 16/1/2022, 18:07
     
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    Crescere era un pensiero che lo aveva sempre spaventato. Quale era l’età limite per poter compiere anche delle sciocchezze? Per non sentirsi addosso il peso delle responsabilità? Era andato avanti con quella domanda nella testa per anni fino a che, di punto in bianco, era sparita e le responsabilità gli erano piovute addosso senza che lui fosse preparato per riceverle. Avrebbe voluto muovere un passo di lato, lasciarle cadere a terra e non raccogliere affatto, ma purtroppo non era così semplice. Da certe cose non si poteva semplicemente fuggire ed era stato costretto ad accettarlo, con non pochi sacrifici. E mentre si trovava lì, in quella stanza, in compagnia soltanto di un uomo che era stato un caro amico di suo padre, gli veniva quasi impossibile evitare che la sua mente viaggiasse verso quei lidi, alla ricerca dei pochi ricordi piacevoli che aveva di quell’uomo. Era incredibile che avesse capito di volergli bene soltanto quando era ormai troppo tardi per dimostrarlo o per avere delle possibilità di dialogo. Aleksander era rimasto chiuso nel suo comportamento anaffettivo, incapace di dimostrare a suo figlio ciò che provasse davvero per lui e Malakai si era costruito una spessa parete di ghiaccio per tenere tutte le dimostrazioni d’affetto ben lontane da lui. Era stato il gelo che regnava tra i suoi genitori a fargli ereditare quel tipo di particolarità? Una naturale predilezione per il freddo, così forte da divenire una Spada di Damocle, sempre pronta a cadere sulla sua testa. Eppure aveva sempre avuto una particolare predilezione per le persone che avevano dentro di sé una scintilla, come Sofie con la sua capacità di manipolare l’elettricità, o Roy che si faceva prendere così tanto dalle emozioni, dalla rabbia, da poter quasi prendere fuoco. Quante volte lui e Roy avevano riequilibrato la temperatura l’uno dell’altro, evitando delle catastrofi, chissà quante volte ancora sarebbe successo.
    Osservò il Vicecapo. Aveva l’aria assorta di chi si trovava in un luogo ma con la mente avrebbe tanto voluto essere altrove, lontano. La risposta di Matt alla sua prima domanda fu piuttosto evasiva, così generica da non dire assolutamente nulla e allora Kai lasciò passare il discorso, senza chiedere oltre. Non era mai stato una persona pettegola. Si interessava del benessere delle persone a cui teneva, ma senza mai esagerare. Lui per primo non avrebbe apprezzato un’ingerenza eccessiva nei suoi pensieri o nella sua vita. Preferiva tenersi le cose per sé, risolvere i suoi problemi da solo. Era raro che chiedesse aiuto. Anche nei confronti della Setta, l’unica volta che aveva chiesto davvero aiuto era quando si era reso conto che la sua particolarità era così fuori controllo che avrebbe rischiato di spegnersi per sempre, senza poter fare nulla per frenare la corsa di quel gelo fin nelle profondità del suo cuore, che giorno dopo giorno rallentava i battiti, in maniera quasi inesorabile. Lasciò quindi che l’altro portasse la discussione verso il verso obiettivo di quei minuti insieme. Sembrava preoccupato per il carico che sarebbe arrivato da lì a un mese. Non aveva idea di quale fosse il contenuto che sarebbe giunto in città e non lo aveva domandato. Teneva molto al rispetto delle gerarchie all’interno di Libra e cercava sempre di non sconfinare. Ricordava di aver sognare di scalare all’interno del gruppo, di assumere una posizione di maggior rilevanza, ma ora che tra lui e Sofie le cose si facevano più serie temeva di non essere in grado di mantenere un segreto così importante. Poteva farlo se continuava a restare niente più che un sottoposto. Annuì, con aria pensierosa, mentre l’altro ragionava a voce alta sul fatto che non fosse una buona idea utilizzare un nome che potesse essere ricollegato a Matt, non con un'altra missione troppo vicina, che avrebbe potuto compromettere la buona riuscita della seconda, in ordine temporale. -Se il cargo venisse intercettato per controlli.. che so.. della dogana.. troverebbero materiale compromettente? - domandò, cercando di avere qualche informazione almeno generica dei rischi a cui andavano incontro. Poteva capitare che venissero effettuati controllati a campione sui cargo merci e il nome da mettere sulle bolle ad esso allegate doveva essere coerente con il tipo di trasporto. Non poteva certo unire ad esempio un’associazione di beneficienza con il trasporto di esplosivi. -Parlerò con Mikael allora, quanto prima. Organizzeremo tutto nei dettagli. - mormorò, con quella che sembrava quasi una promessa, più che una semplice affermazione.
    Aveva ancora qualche giorno a disposizione per organizzare tutto, ma in quel momento era più importante affrontare tutte le questioni in programma e non concentrarsi soltanto su una. Per la missione che avrebbe dovuto svolgere in prima persona Matt voleva portare con sé qualcuno che conosceva. Non erano necessarie particolarità offensive o difensive, ma piuttosto con abilità oratorie, che sapesse gestire una missione diplomatica così che non dovesse farlo il vicecapo in persona. Kai iniziò a riflettere su persone che conosceva, su altri membri della setta che avrebbero potuto svolgere un ruolo come quello, senza pensare neppure per un istante di proporsi in prima persona. Abituato com’era a gestire le cose da quella città, o a muoversi da solo semplicemente per la ricerca di fondi, non aveva considerato la possibilità che quel giorno le cose potessero cambiare. Gli rivolse quindi un’espressione leggermente sorpresa, quasi confusa, quando Matt punto il mento nella sua direzione, come a volerlo indicare. La successiva domanda quindi lo investì come una secchiata d’acqua in volto, lasciandolo per un istante di stucco. -Sì, sì certo. - rispose poi, scuotendosi dal suo torpore per poi guardare l’altro in volto, con maggiore decisione. -Sarà inoltre molto più semplice farti prendere quel volo se io salirò insieme a te. Nessuno della compagnia farà domande indiscrete o vorrà sapere molto di più. - aggiunse, annuendo tra sé e sé. In effetti se aveva bisogno di viaggiare sul suo aereo personale senza essere disturbato, viaggiare insieme al proprietario era la scelta migliore. Poteva spacciarlo per un investitore, per un nuovo possibile socio di minoranza a cui intendeva esporre quanto vasta era la loro compagnia. Improvvisamente tutto gli sembrava molto più semplice, come se la maggior parte dei suoi pensieri si fosse volatilizzata con quella semplice offerta. Messo da parte il problema logistico quindi iniziò a concentrarsi sul resto. Neppure si accorse di aver drizzato il petto, con un’aria fiera che forse l’altro non gli aveva mai visto addosso prima. Era lieto di quella proposta, della possibilità di aiutare in maniera più concreta Libra. Non era preoccupato per la sua incolumità. La minaccia più grande era di solito data dalla sua stessa particolarità, ma per fortuna lontano da Besaid lei sembrava lentamente sopirsi, come se non fosse mai esistita. Inoltre Matt lo conosceva da tanto tempo ormai, Aleksander gli aveva parlato del ricovero in ospedale a cui era stato costretto quando era solo un bambino, a causa di quella temperatura troppo bassa per poter permettere la sopravvivenza di qualunque altro essere umano.
    -Fammi sapere il giorno esatto e l’orario limite di arrivo, all’organizzazione del volo e a una motivazione di facciata per la partenza penserò io. - continuò quindi, accettando ora in maniera più decisa di mettersi in viaggio insieme. -Che tipo di persone dovremo incontrare? - chiese, così da potersi fare un’idea di precisa degli argomenti da trattare e da avere il tempo di fare delle ricerche per prepararsi al meglio, se fosse stato necessario. -Dobbiamo giungere a un accordo? O evitare che qualcuno ci tenga d’occhio? - domandò ancora. Avrebbe fatto parte dell’obiettivo e quindi aveva nelle sue mani la riuscita di tutta l’operazione o doveva solo distrarre qualcuno mentre Matt svolgeva il suo lavoro? Era la prima volta che gli parlava di quel viaggio a San Francisco, non aveva idea di che tipo di discorso diplomatico potesse servirgli. Non aveva bisogno di conoscere l’intero piano, certe cose era meglio che le sapesse una sola persona, ma voleva almeno essere informato su ciò che competeva lui. -Quanto tempo resteremo? - aggiunse, dopo qualche istante. Chissà perché all’inizio avesse dato per scontato che sarebbe stato un viaggio di andata e ritorno che sarebbe iniziato e terminato lo stesso giorno. In quel momento invece iniziò a meditare su dove sarebbe stato meglio risiedere in quella città in caso avessero avuto bisogno di un appoggio per più di qualche giorno. Trovare un posto discreto non sarebbe stato un grosso problema, visto che i soldi in quelle occasioni potevano dare un grande aiuto. Gli aveva posto tante domande, se ne rendeva conto, ma non poteva permettersi di fallire, non nella sua prima vera occasione importante.
     
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    Perdersi nei discorsi di quell'incarico era per Matt un regalo concessogli da quella giornata, tanta era la voglia di porsi lontano dalle discussioni che aveva iniziato e non finito con sua moglie. Gli capitava di pensarci e tornare a quel giorno, ma sapeva che non poteva imbrigliare se stesso nelle risposte che aveva dato o nelle azioni che ne erano scaturite. Sarebbe stata un'estate difficile. Il suo carattere non gli permetteva di tornare sulle sue parole con facilità, e chiudere una discussione male significava dover vedere anche mesi passare prima di poter fare un piccolo passo davanti, di nuovo, verso qualcosa di concreto. Era una sensazione che Matt non sapeva spiegarsi, qualcosa di molto simile a quello che gli altri avrebbero chiamato dispiacere. Trovava essenziale potersi immedesimare nei compiti della Libra, e per quel mese non aveva potuto chiedere di meno a Nero che farsi assegnare un compito che fosse al di là dei confini preposti, un compito in grande stile come quelli che aveva ricoperto fino a più di qualche anno prima, quando necessitavano di accrescere le loro risorse in tempi più brevi, e Matt poteva sporcare il suo nome perché non lo conosceva nessuno, e nessuno avrebbe fatto mai caso a lui. Era a tutti gli effetti invisibile, e il suo nome restava legato all'officina, spesso nessuno associava l'officina alla sua persona. Adesso era molto diverso, e Matthew come individuo era diventato troppo conosciuto da permettersi come avrebbe voluto di poter avere un comportamento più libero, irruento, e una coscienza allo stesso modo pulita. - Se il cargo venisse intercettato per controlli.. che so.. della dogana.. troverebbero materiale compromettente? - «Sì.» Rispose subito, alla domanda di Malakai. Non sapeva come avrebbero potuto camuffare il cargo per davvero, perché erano anni che non si occupava più di quegli incarichi, ma qualcosa l'aveva imparata anche lui tanto tempo prima, quando i controlli erano meno invasivi e si riusciva a compiere più facilmente grossi spostamenti senza destare nell'occhio, anche di sostanze molto pericolose. -Parlerò con Mikael allora, quanto prima. Organizzeremo tutto nei dettagli. - Guardò Malakai illuminato dalla luce fioca del pomeriggio. Lo osservò pensare con calma a come porsi, ragionando nel frattempo su quello che doveva rispondere al maggiore. Era cambiato molto dalla prima volta che lo aveva visto bambino, ma a parte la somiglianza con il padre che era sempre stata evidente, anche lui sembrava essere molto cresciuto, con i segni sul viso e le espressioni mutate, un fanciullo in un uomo. «Non ho vere idee di come potreste far passare il carico senza sospetti, in effetti. Mi affido a voi.» Disse. Matt era rimasto con le mani sulla sua barba e i gomiti poggiati sulle ginocchia, e non volle perdersi neanche una reazione alla proposta che aveva fatto al ragazzo. Da quanto tempo era arrivato fin lì ad aiutare lui e Nero lo sapevano solo loro, e per tutto quel tempo aveva anche lui compiuto nell'ombra il suo ruolo nella Libra senza mai tirarsi indietro. Matt non aveva dubbi che fosse tagliato anche per un altro tipo di ruolo, che potesse coinvolgerlo più nell'azione sulla sua precisa misura, e si disse tra sé e sé pensandoci, lui voleva proprio vederlo in quelle vesti. Perciò rimase immobile un altro pò, l'espressione beffarda dipinta sul viso si assestò per controllare come Kai trasformasse se stesso ai suoi occhi, e si guardò nelle sue iridi vedendo la sua fierezza e ripensò a quando fu investito dello stesso onore da Nero tanto tempo prima. Piano piano, a piccoli passi, fino a diventare quello che era diventato allora, nel bene e nel male, ricopriva quel ruolo in cui credeva fermamente.
    -Sì, sì certo. - -Sarà inoltre molto più semplice farti prendere quel volo se io salirò insieme a te. Nessuno della compagnia farà domande indiscrete o vorrà sapere molto di più. - «Sì, esatto. La trovo una bella pensata.» Si lasciò andare ad un piccolo complimento per entrambi. Matt non si definiva un uomo particolarmente intelligente, ma era scaltro come il diavolo in persona. Non si sarebbe tirato indietro nel pensare che Malakai si sarebbe ritratto dalla sua proposta, e non pensava che l'avrebbe fatto. Coglieva in quel modo tre dei suoi obiettivi, coinvolgeva Malakai e manteneva a suo modo un obiettivo che voleva per entrambi, di vederlo nella setta completamente integrato e ai vertici più alti, e viaggiava con una persona di cui si fidasse completamente e con cui fosse a suo agio. Infine, e non meno importante, raggiungeva la probabilità più alta della riuscita del suo incarico, con la possibilità di portare a casa un grande incarico e un profitto vantaggioso per tutta la Libra. Niente sarebbe potuto andare storto, a meno che non considerasse variabili incontrollate che in quel momento non vedeva davanti a sé e non poteva stimarle.
    Smise di torturare la sua barba e tornò con le mani sulle ginocchia. Non vedeva una traccia di paura nell'espressione che gli restituì Malakai, perciò non aveva motivo di pensare che ci fosse una minima insicurezza su quello che avrebbero dovuto svolgere. Se ne sentì sollevato, non avrebbe avuto rimpianti qualsiasi risvolto avrebbero preso le cose. «Bene. Allora è deciso.» Batté le mani sulle ginocchia, accompagnando il movimento alle parole come a sancire la discussione smarcata. Era evidente che Matt fosse entusiasta della soluzione a cui avevano trovato l'accordo. «Per il primo incarico ci siamo quasi.» Aggiunse, sapendo di dover ancora terminare di discutere alcuni dei dettagli che mancavano all'appello. La decisione di portare Kai si sarebbe rivelata assai essenziale a non perdere l'attenzione sull'obiettivo finale, e avrebbe avuto bisogno di quella mano per capire come porsi con i mandanti dell'incarico. -Fammi sapere il giorno esatto e l’orario limite di arrivo, all’organizzazione del volo e a una motivazione di facciata per la partenza penserò io. - Rispose velocemente, dopo qualche secondo. Era una data che stavano già pianificando da tempo, a parte qualche piccolo scostamento non sarebbe cambiato molto l'esito finale. «Per fine mese dobbiamo essere in America. Avevo pensato il 29, potrei confermartelo stasera. Per l'orario del volo, meglio in serata.» Per quanto avesse un certo margine di manovra in quelle decisioni preferiva sempre chiedere conferma ufficiale a Nero per quelle spedizioni che l'avrebbero portato lontano da lui. Aveva bisogno che ci fosse qualcun altro con lui al suo fianco al suo posto, qualora si fosse ritrovato lontano per più tempo del previsto e avesse avuto uno scudo in meno. Anche per quello dovevano prevedere una copertura che fosse con lui fisso in tutti quei casi. Forse proprio Mikael avrebbe fatto al caso loro, nella settimana prima in cui si sarebbe dovuto concentrare sul suo secondo incarico sarebbe stato lì pronto per difendere il loro leader. D'altronde lui non poteva sbagliare il suo obiettivo.
    Ascoltò la serie di domande che gli pose Malakai e si rese conto che non aveva ancora spiegato metà di quello che gli doveva. I pensieri che aveva raccolto nella sua mente erano tanti e tali da pensare che il ragazzo fosse allineato su tutto, ma non sapendo ancora l'entità di quello che circondava loro aveva bisogno di spiegarglieli con più chiarezza. «Dobbiamo raggiungere un accordo economico considerevole. Sai meglio di me che ultimamente stiamo finanziando moltissimi investimenti, ma ci manca margine di risparmio. Non siamo mai scoperti, ma abbiamo bisogno di qualcosa di più.» Sussurrò. Poi riprese, cercando di fare ordine tra le domande e le risposte che voleva fornirgli. « Sono.. probabilmente come noi. Finanziatori. Membri di associazioni. Saranno armati fino ai denti perché sanno cosa possiamo fare ma non sanno fino a dove possiamo estendere il controllo. » Rifletté, rendendosi conto che la domanda di Kai era molto precisa e non sapeva neanche lui chi fossero i loro interlocutori. Parte di quell'accordo al telefono era stato portato avanti da altre figure, lui era intervenuto quando il perimetro aveva miracolosamente incluso un incendio. «Ci hanno commissionato un incendio doloso notevole.» Aggiunse, dando voce ai suoi pensieri. Includeva sempre il noi quando parlava della setta, anche se il potere era il suo e la commissione era arrivata in effetti sulla sua persona. Anche se nessuno sapeva chi fosse Matt.
    Si rialzò in piedi, inquieto come era, era difficile per lui rimanere troppo a lungo fermo o troppo nello stesso posto. Tornò a guardarsi intorno in quella stanza dai divani sontuosi e le librerie piene di scaffali con libri che non conosceva. Pensò a quanto tempo sarebbe bastato per loro muoversi da Besaid e compiere la missione, e spiegò ad alta voce il suo ragionamento a Kai. «Almeno quel fine settimana. Quattro giorni se le cose si mettono bene. Se non chiudiamo l'accordo potremmo restare più tempo, spero non oltre da compromettere il nostro secondo incarico. Non oltre otto giorni, a quel punto mandiamo all'aria l'accordo e torniamo. Nessuno sa che non possiamo stare via da Besaid per molto tempo, ma possiamo giocare la cosa a nostro vantaggio.» Improvvisamente realizzò di avere voglia di mettere il naso fuori da quella sala chiusa per respirare un pò di aria - lui aveva naturalmente bisogno di ossigeno e i luoghi chiusi lo mettevano a disagio. Un bel problema con il lavoro che faceva nella setta, e il ruolo che aveva lì gli imponeva di restare anche più del voluto tra le mura del museo.
    «Vogliamo fare due passi nella sala del museo? Continueremo a discutere delle decisioni lì. Non dovrebbe essere troppo affollato adesso.» Guardò l'orario sul polso al suo orologio, rendendosi conto che fossero le quattro del pomeriggio. La sala al museo in quel periodo dell'anno era sicuramente meno gettonata di molti altri posti, che il fresco che portava quel barlume di estate in Norvegia lo si poteva sentire solo in quel periodo dell'anno. Sarebbero stati soli, nel silenzio delle mura bianche e dello spazio allestito per le strutture, e sarebbero stati al sicuro da qualsiasi orecchio indiscreto: nessuno se non la Libra aveva giurisdizione su quel luogo.
     
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    Era la prima volta che gli veniva affidato un incarico più impegnativo all’interno di Libra. Fino a quel momento si era limitato a essere un finanziatore, a fare delle generose offerte ogni volta che ne aveva l’occasione. Eppure, negli ultimi tempi, quel ruolo gli era andato un po’ stretto. Gli sarebbe piaciuto poter fare la sua parte, contribuire in maniera più attiva a quegli ideali in cui credeva. Certo, anche i soldi erano importanti, e senza quelli a volte era impossibile andare avanti, ma gli era sempre sembrato che quello non fosse abbastanza per ripagarli di ciò che avevano fatto per lui. Il supporto che gli avevano fornito gli aveva permesso di rimettersi in piedi, di riprendere il controllo di una particolarità che credeva ormai libera da ogni catena e perfettamente in grado di ucciderlo. Sapeva bene che, senza di loro, non sarebbe stato lì, ancora in piedi sulle sue gambe, a tenere le redini di un’azienda che valeva svariati miliardi. Chissà cosa ne sarebbe stato di quel ragazzino spaventato che aveva perso la bussola della sua esistenza.
    Era quindi felice di poter essere d’aiuto a Matt anche in faccende più organizzative, sebbene non fosse così semplice gestire quello che gli stavano chiedendo. Annuì infatti, molto lentamente, quando l’altro gli fece sapere che il carico che avrebbero trasportato non era del tutto legale, o almeno avrebbe sollevato diverse domande. Un’espressione più seria gli oscurò appena il volto, mentre iniziava a riflettere su diverse opzioni, sui modi migliori per nascondere qualcosa. I soldi anche in quel caso sarebbero stati d’aiuto, ma era meglio non dover comprare qualcuno per camuffare. Le persone potevano cambiare idea, utilizzare ciò che sapevano a loro vantaggio, intascare i soldi e poi comunque voltarti le spalle. No, serviva qualcosa di sicuro, ma così, su due piedi, non gli venivano abbastanza idee. Avrebbe dovuto pensarci con più calma, magari aiutato dall’altro contatto che lo avrebbe aiutato nella gestione degli spostamenti. Un passo per volta, senza farsi prendere dall’agitazione, solo così certe cose potevano essere portate a termine in maniera impeccabile. Soprattutto per lui che con l’ansia non aveva mai avuto un buon rapporto. Faceva riemergere la sua particolarità, e allora la temperatura del suo corpo avrebbe iniziato a scendere lentamente, portandolo a uno stato di incoscienza da cui era impossibile riprendersi da solo. No, il controllo era il suo unico amico, ciò su cui avrebbe sempre dovuto fare affidamento. Tutto sarebbe andato per il meglio, servivano solo le giuste informazioni di base e la corretta pianificazione di ogni più singolo dettaglio. Nulla poteva essere lasciato al caso.
    Era diventato bravo nel programmare le sue mosse, nell’analizzare le situazioni per cercare di cogliere da esse tutti i possibili vantaggi e limitare invece gli eventi indesiderati. Da ragazzino non avrebbe mai creduto di esserne in grado, ma aveva dovuto imparare e ora quegli insegnamenti gli sarebbero tornati utili. Fu fiero delle opinioni positive dell’altro e del fatto che il grosso fosse ormai organizzato. Era bello sentirsi utile per Libra, lo faceva sentire come a casa, come se si fosse meritato davvero tutto il loro aiuto. Annuì quindi, mentre passavano all’argomento successivo, a quel volo che dovevano prendere. L’idea di partire insieme a Matt era emozionante, ma lo avrebbe costretto a gestire ancora più impegni e organizzare il lavoro in azienda per essere certo che in quei giorni non avrebbero avuto bisogno di lui. Se fossero arrivate delle telefonate indesiderate avrebbero rischiato di rovinare i loro piani. E Sofie? A lei che cosa avrebbe detto di quella faccenda? Come le avrebbe spiegato un viaggio negli Stati Uniti? Avrebbe dovuto trovare una soluzione in fretta, capire che cosa dirle per evitare che potesse porsi strane domande o che si preoccupasse più del dovuto. Ma quanto avrebbe potuto raccontarle davvero? -Devo solo capire come organizzarmi con Sofie. Non posso dirle apertamente cosa devo fare, né probabilmente dove andremo. - aggiunse quindi, quando l’altro approvò tutte le sue idee, per poi dargli una possibile data per quel viaggio. Il 29. Prese il telefono e osservò attentamente gli impegni già pianificati all’interno della sua gente, controllò soprattutto se non ci fosse qualche impegno preso con Sofie, magari qualche anniversario importante di cui doveva ricordarsi e al quale non poteva proprio mancare, ma fortunatamente non sembravano esserci date proibite all’orizzonte. Segnò quindi un piccolo appunto in agenda per il 29, mettendo in descrizione soltanto la lettera M, per ricordarsi di non prendere impegni o di spostarli, se fosse stato necessario. Per fortuna non sarebbero stati impegnati a lungo.
    Pose qualche altra domanda, così da prepararsi all’incarico che lo avrebbe aspettato una volta giunti nel luogo fissato. Il loro intento era stringere un accorso economico perché i fondi iniziavano a scarseggiare. Avevano fatto molti nuovi investimenti ed era quindi importante avere le spalle coperte e cercare nuove fonti a cui attingere in caso si necessità. Inclinò appena il capo, lasciando che un sorrisetto divertito gli colorasse le labbra quando definì “come loro” delle persone armate fino ai denti. -Beh, a dire il vero di solito non faccio i miei affari armato fino ai denti. - gli fece notare, cercando di allentare la tensione delle parole che aveva appena sentito. -Ma immagino che di quella piccola parte si occuperà qualcun altro e che io debba solo mostrare il mio incredibile charme. - disse ancora, sfoderando un sorriso smagliante e cercando di mostrarsi tranquillo. In realtà la cosa lo preoccupava un po’. Non aveva mai dovuto usare un’arma e non era neppure capace di farlo. L’idea di andare a gettarsi in pasto al pericolo lo rendeva quindi piuttosto nervoso. Forse non era davvero l’incarico adatto a lui, forse avrebbero fatto meglio a rivolgersi a qualcuno di più capace, ma il suo orgoglio gli impediva di pronunciare un simile pensiero ad alta voce. Corrucciò la fronte, poi, quando aggiunse la frase successiva. -Un incendio doloso? - chiese quindi, preso alla sprovvista. Non capiva chi potesse desiderare una cosa come quella, né tanto meno perché. C’era in ballo la vita di qualcuno? Dovevano compiere un omicidio? Quell’idea lo rese ancora più nervoso di quanto già non fosse. Sarebbe stato più complicato, ora, trovare una buona giustificazione alla sua presenza in un luogo in cui poteva accadere un crimine. Diveniva essenziale mantenere il silenzio, costruirsi un buon alibi che lo vedesse altrove, lontano da qualunque evento potesse farlo finire al centro dei riflettori. -Siamo sicuri che siano investitori con cui vogliamo avere a che fare? - chiese quindi, esprimendo forse un genere di pensiero non ancora consentito per uno del suo rango. Aveva sempre avuto una visione molto edulcorata di Libra e improvvisamente temeva di aver sempre interpretato male alcune cose.
    Osservò Matt muoversi per la stanza, inquieto, per poi provare a dargli delle tempistiche. Quattro giorni erano tanti per uno come lui, che aveva un tempo libero incredibilmente limitato e una vita scandita dagli impegni, otto giorni erano del tutto impossibili da ritagliare. -E’ impossibile per me liberarmi per un tempo così lungo. Persino quattro sono troppi. - mormorò, grattandosi appena il mento, mentre cercava di ragionare sulla faccenda. Come avrebbe fatto a giustificare un’assenza così lunga dai radar? O evitare riunioni per tutti quei giorni? Poteva provare a inventare un viaggio di piacere, ma con Sofie a Besaid non sarebbe certo stato credibile. -Quattro dovrebbe essere il tempo massimo e anche in quel caso devo prima capire se riesco a svincolarmi, ma non ne sono certo. - continuò, un po’ seccato. Iniziava a vedere complicata la possibilità di mettersi davvero in viaggio. Credeva si trattasse di uno, massimo due giorni, così era invece tutta un’altra storia. Essere a capo di una multinazionale non gli permetteva di prendersi molti giorni di ferie.
    Annuì quando l’altro lo invitò a spostarsi da quella sala e raggiungere il museo, per fare qualche passo. Era un orario abbastanza tranquillo quello, con pochi visitatori, ma non era comunque convinto che fosse una buona idea discutere di certe cose in pubblico. Era pur vero che il museo era gestito da persone fidate, ma chissà chi potevano incontrare. -Andiamo, magari vedere qualche nuova opera potrebbe darci un po’ di ispirazione. - ribatté quindi, con un leggero sorriso, alzandosi dalla sedia e seguendolo verso l’esterno. Aveva frequentato spesso le sale del museo. Sua madre lo aveva iniziato all’arte quando era soltanto un bambino e ancora manteneva viva quella passione. Aveva acquistato diverse opere d’arte contemporanea nel corso degli anni ed era bello che Sofie condividesse almeno in parte quella sua passione. Salutarono la ragazza all’ingresso con un leggero cenno del capo e proseguirono verso una delle sale interne. Si mosse senza pensarci verso le collezioni temporanee, quelle che cambiavano più spesso e che talvolta mettevano in mostra opere di artisti del luogo. Era sempre interessante cercare di interpretarli. Si fermò davanti a una tela astratta, un insieme di linee di colori diversi che andavano in varie direzioni. Gli venne da pensare alla sua vita, a tutte le strade che non aveva scelto di prendere. -Qualche volta mi chiedo se sia davvero la strada più giusta quello che ho preso. - mormorò, forse più a se stesso che all’amico, che camminava al suo fianco.
     
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    La vita con Anija era stata programmata, da quando erano insieme, perché le cose potessero funzionare. Erano disfunzionali, entrambi, uno per un motivo e uno per l'altro. Non era pensabile programmare una vita da dedicare ad un altro quando le cose erano così complicate, altre persone al loro posto avrebbero pensato in effetti di star bene da soli. Lui lo faceva già, da tempo, e non aveva mai immaginato se stesso mettere su famiglia. Era fuori da ogni discussione. Quando il fratello l'aveva condotto con sé in Russia aveva immaginato che non avrebbe potuto trarne nulla di buono. Era una perdita di tempo, per lui che non era mai stato lontano da casa, che non aveva mai messo piede fuori Besaid, lanciarsi in nuove avventure fuori dal suo raggio di azione solito significava certamente equivalente ad una grandissima perdita di tempo. Ma poi al cambio di rotta era arrivato un messaggio diverso, e le cose che erano successe lasciavano ben spazio all'immaginazione di qualsiasi autore: Matt aveva trovato una sposa non richiesta, che a distanza di anni era diventata tutto il suo mondo. Le decisioni che avevano preso allora assieme dal momento in cui erano entrati in sintonia in poi valevano tutto. Matt in passato avrebbe detto che un uomo si fa da solo, e che nessuno avesse bisogno di avere un supporto effettivo dagli altri se non era in grado di prendere almeno decisioni consapevoli in solitudine. Da quando erano diventati un duo era difficile pensare di prendere una presa di posizione senza sapere cosa ne pensasse Anija. Il problema più grave era che non si sentiva mai frustrato da questo affare, non era una costernazione. Organizzarsi con lei significava prendere il tempo di respirare e immagazzinare decisioni importanti. Significava consapevolizzarsi e significava anche sentire la sua, senza che si intendesse dipenderne, perché si diventava una mente sola.
    Sentire Kai che frapponeva alla sua decisione la stessa considerazione lo fece sorridere nel suo modo sbagliato, con la sua espressione greve e le labbra all'insù, un guizzo degli occhi vividi e minacciosi. Sapeva essere un uomo che faceva molta paura, ma l'aria di autorità gli stava bene indosso, glielo sussurravano tutti in risposta con le proprie espressioni congelate. «Ti lascio il tempo di organizzarti. No, dovrai tenerla all'oscuro della faccenda.» Aggiunse, sottintendendo che in realtà aveva più comprensione di quella che gli si additasse, e che in effetti considerava effettiva la possibilità che dovesse parlarne con lei. Che tipo di scusa avrebbero potuto trovare era un altro paio di maniche: gli impegni della Libra erano risaputi ad Anija, sempre, anche se spesso non le dichiarava per filo e per segno cosa avrebbe implicato la sua missione e che pericoli avrebbe corso lui, ma soprattutto, le persone che avrebbero incontrato Matt sul suo cammino.
    Lo guardò estrarre il suo telefono dai pantaloni, per poter appuntare sull'agenda l'appuntamento con Matt, salvandolo velocamente. Il giorno 29 era oramai vicino. Annuì a lui, solo abbassando le palpebre quando lo sentì porre considerazioni allo scenario che Matt gli aveva prospettato, finché non gli fece la sua battuta e sorrise stavolta mostrando tutti i suoi denti da squalo, senza emettere un suono. «Ti ho pensato proprio per questo d'altronde.» Aggiunse, divertito e solenne allo stesso tempo, posando nuovamente le braccia sulle ginocchia e strofinando il tessuto dei jeans, blu classici, che indossava, che a guardarlo bene gli davano l'aspetto di un adulto rimasto ancorato agli anni novanta. Non lo immaginava andare in giro armato, non lo immaginava neanche con una pistola alla cinta a mostrarla se ci fosse stato il bisogno, o le cose non si fossero messe troppo bene. Per quello c'era Mikael, e per il resto c'era lui e il suo accendino. Non c'era nessun problema che non avrebbe potuto risolvere con una fonte a generare calore vicino a lui, era imbattibile. Lui sapeva da qualche parte dentro di lui che per il ragazzo era complicato pensare di essere buttato in prima linea, quando fino ad allora si era occupato dei fondi, dei finanziamenti, e di parte della burocrazia che era stato necessario nascondere, furtivamente, come gettare polvere sotto ad un tappeto persiano, troppo prezioso da essere spostato invano. Eppure non gli fece altre domande, sapeva che aveva la sua fiducia, ed insistere in quel momento avrebbe significato togliergli la capacità di interiorizzare i suoi dubbi con la giusta calma. L'argomento dell'incendio sollevò i suoi occhi e lui lesse la paura nello sguardo limpido del giovane uomo. «È sotto controllo.» Disse, perentorio. Posò la mano sulla sua spalla, facendo così incontrò il suo sguardo, che voleva rassicurarlo, renderlo consapevole che Matt aveva pensato a tutto. «Devo provocarlo io. Non ci saranno feriti.» Continuò. La sua parola, per quanto stimasse quel ragazzo nel profondo, voleva che fosse anche affidabile. Voleva che gli credesse. Voleva che fosse perentoria, e che fosse l'ultima. Se lui intendeva confermargli che nell'incendio nessuno avrebbe corso rischi così doveva essere. Eppure. «L'incendio è stato commissionato per distruggere un'impresa, non per uccidere.» Sentenziò, e così spiegò a Kai che non doveva temere dell'incolumità delle persone. Ma il segreto del suo potere che non conosceva nessuno, o quasi, era che Matt era soggetto a scordare parti del ricordo che l'avevano generato, così se perdeva il controllo su di esso, in realtà, questo cresceva di intensità e si gonfiava nell'ambiente circostante, rendendo le missioni molto pericolose. Matt stava lavorando segretamente a quel controllo che non aveva mai avuto totale sul suo potere del demonio, ma a Kai non l'avrebbe detto, non poteva confessarglielo. Perciò gli fece una pacca sulla spalla prima di togliergli la mano da dosso. «L'interesse di questi finanziatori è che distruggiamo i loro rivali nel cuore della loro industria di produzione più importante. Ci rimetteranno anni per riprendersi, e loro prenderanno il grosso del mercato.» E la Libra avrebbe finanziato i progetti degli anni a venire, per anni. Ma questo non lo disse, perché era molto ovvio, a lui, e a una persona sveglia come Kai, che era anche lui un imprenditore e non aveva bisogno di chiedersi come funzionasse la legge della domanda e dell'offerta. Poi Matt si era messo a camminare lentamente per la stanza, mentre esaminavano le altre informazioni del loro discorso. Alle domande che aveva posto Kai era rimasto crucciato, pensieroso, non sapeva neanche lui come avrebbero potuto sbrogliare quella matassa. Aveva deciso a sua volta di proporgli un cambiamento in quella loro discussione, e di portarsi su, alla superficie nella sala delle esposizioni del museo controllato da Naavke. Tenne le sue domande per sé, una volta deciso di cambiare aria e passeggiare le domande e le risposte sarebbero arrivate da sole, e confluite con naturalezza nella loro discussione.
    Passeggiarono oltre la sala di ingresso, salutando la ragazza addetta all'accoglienza degli ospiti e superando il locale del bookshop annesso. Passarono attraverso le sale, con il soffitto altissimo e le pareti bianche intervallate dalle esposizioni permanenti, e ripresero a parlare solo alla frase posta da Kai, quando furono certi di essere da soli e quando il silenzio aveva fatto da padrone per un pò. «Tu credi nel destino, Kai?» Disse, aspettando che lo guardasse prima di proseguire con il discorso. Lasciò poi vagare lo sguardo attorno a sé, la tela che aveva tratto l'attenzione di Kai, e lo spazio ampio del museo illuminato dalla luce del sole al tramonto improvviso e violento che coglieva la Norvegia, con un taglio tutto suo, che era l'unico che aveva davvero vissuto nella sua vita ma sapeva essere l'unico che apprezzava. «Io pensavo di no. Per me esisteva solo il caos.» Aggiunse, e non fece passare il tempo per pronunciare la seconda frase, guardando verso la tela, le linee di colore che viaggiavano in ogni direzione, con nodi impossibile da sbrogliare. «Forse le cose sono cambiate, e da quando ho capito che non sempre tutto si può ricondurre al nero o al bianco credo che ci siano cose che non puoi comunque recriminarti. Se non sai che decisioni prendere la strada le prende per te.» Borbottò. Era diventato capace di frasi articolate in cui riconosceva i pensieri contorti che teneva per sé, e raramente esternava a chi era all'infuori di lui. Si sentiva incline a spiegare le cose che aveva imparato in quegli otto anni passati con Anastasija. Così come la strada aveva deciso che Matt non avrebbe avuto un figlio da Anija, e non lui, così Kai avrebbe seguito il percorso che il caso avrebbe sistemato sotto ai suoi piedi. La verità era che Matt non sapeva proprio che cosa avrebbe deciso Kai, ma era suo diritto incontestabile ragionarci su, parlarne con Sofie, e tornare da lui. Ci pensò su Matt, pensando al da farsi per quei giorni che aveva chiesto lui per il suo incarico. Rispose senza aver adeguatamente riflettuto su quel pezzo di informazione, sentendo, di pancia, che avrebbero potuto provarci, e che lui ce l'avrebbe fatta anche da solo. «Posso chiederti tre giorni. Resterò io il resto del tempo a sbrigare le pratiche dell'attacco. Tu porta a casa la firma prima che avvenga il dolo, chiederò a Nero un consiglio.» Lo mormorò, con calma, stringendo i pugni ritmicamente con le braccia abbandonate lungo i fianchi. Se la sarebbe cavata Matt, come sempre. Kai era giovane ma aveva molti impegni e responsabilità, perciò sarebbe servito il tempo necessario perché portassero il conseguimento dei loro risultati. Alla faccenda malvagia ci avrebbe pensato lui: il caos e il male in lui si perdevano, lui lo sapeva gestire. Fintanto che avrebbe avuto il suo altro Io bastava da solo.
     
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    Annuì appena mentre l’altro gli confermava che doveva trovare una scusa plausibile da dare alla sua ragazza. Non aveva mai raccontato a Sofie che cosa accadeva all’interno di quel Centro che aveva iniziato a frequentare in maniera assidua dopo la morte di suo padre. Aveva accettato qualcosa, le aveva detto che aveva chiesto aiuto quando aveva sentito di perdere il controllo, ma non era entrato nei dettagli di quell’aiuto, né le aveva detto che dietro il centro Icaro si nascondeva ben altro e che lui faceva ingenti donazioni a Libra. Prima o poi sarebbe arrivato il momento di dirle tutto, di renderla partecipe di quella parte della sua vita, ma continuava a rimandare il momento perché temeva che lei non avrebbe capito. Perché in certo senso quello di cui si occupavano andava contro l’impresa che suo fratello si prodigava tanto per mantenere in piedi. Era difficile mantenere tutti quei segreti negli ultimi tempi, soprattutto da quando avevano iniziato a vivere insieme e condividere molti più momenti. Che cosa avrebbe fatto, dunque, se lei gli avesse dato un ultimatum? Se gli avesse chiesto di scegliere tra lei e quel mondo? Accantonò il pensiero per un po’, lasciando che scivolasse ancora una volta nel fondo delle sue priorità. Avrebbe affrontato un problema alla volta e in quel momento, con Matt, era molto più importante rimanere concentrato sul loro viaggio e sulle missioni che li attendevano di lì a pochi giorni. Perché se qualcosa fosse andato storto allora il momento di parlare con Sofie si sarebbe fatto molto più vicino o, nel peggiore dei casi, non si sarebbe presentato affatto.
    Scherzarono un po’, come due vecchi amici, per alleviare un po’ della tensione che le pianificazioni portavano sempre con sé. Lo preoccupava un po’ sapere di dover entrare in azione, di essere così vicino alle cose che accadevano davvero, visto che fino a quel momento era sempre rimasto in disparte, un frammento dell’ombra che Libra proiettava tutt’intorno a sé. Rivolse quindi un lungo sguardo all’altro quando questo gli disse che sarebbe stato lui a provocare l’incendio e che quindi era tutto sotto controllo e non ci sarebbero stati dei feriti. Per un istante si chiese in che modo Matt fosse entrato in contratto con Libra. Era sempre stato da quel lato della barricata? Oppure anche lui, come Kai, aveva avuto bisogno di aiuto con la sua particolarità? Non aveva mai osato fargli quella domanda, preferendo mantenere il riserbo su questioni personali come quelle. Lui per primo aveva cercato di non rendere nota quella faccenda. Era stata quindi una fortuna sfuggire ai giornali che avevano fatto il possibile per assorbire ogni più piccolo dettaglio sulla sua vita. Avere un cognome importante gli aveva servito numerosi buoni assist ma, il più delle volte, non era che un fardello troppo pesante da portare con sé. Gli capitava spesso di invidiare alcuni suoi amici, con un cognome decisamente meno in vista, ben più liberi di vivere la propria vita come meglio li aggradava. Ovviamente non era stato altrettanto semplice impedire che i giornali scandalistici gli attribuissero un flirt con qualunque ragazza incontrasse durante gli eventi mondani a cui prendeva parte e questo aveva spinto Sofie a stare al suo fianco più spesso, così che l’attenzione venisse concentrata sull’unica degna di riceverne. Due cognomi così ambiti vicini avevano fatto un certo scalpore, ma questo rendeva complicato farsi vedere in pubblico senza di lei, era troppo semplice notarne l’assenza.
    -Sei compreso anche tu in questo non ci saranno feriti? - domandò, d’un tratto, come ridestandosi dai suoi pensieri, preoccupato per la salute dell’amico. Qualcosa gli diceva che Matt sarebbe stato disposto a rischiare più del dovuto pur di assicurarsi che tutto andasse a buon fine. Sapeva quanto tenesse a Naavke e alla riuscita dei loro affari. Annuì quindi soltanto quando l’altro gli spiegò che l’obiettivo era distruggere un’impresa e non recare danno fisico a qualcuno. Attese comunque di ricevere notizie positive anche sulla salute dell’amico prima di distendere i muscoli e recuperare una posa più tranquilla sulla sua sedia. -E questo è l’unico modo per distruggerli? O forse solo il più veloce? - domandò, visto che lui sicuramente avrebbe optato per tecniche diverse, sicuramente più lente ma altrettanto durature. -Scusami, sono un uomo d’affari, non riesco a non pensare e tutti i possibili pro e contro e alle alternative. E’ più forte di me. - mormorò quindi, con un sorriso leggero sul volto prima di scuotere il capo. Ancora una volta aveva lasciato che il suo istinto avesse la meglio piuttosto che stare semplicemente al suo posto, ma probabilmente era davvero per questo che Matt lo aveva coinvolto. Immaginava che non avrebbe accettato senza riflettere. -Seguiremo il piano e non muoverò ulteriori obiezioni, lo prometto. - aggiunse poi, con un leggero cenno del capo. Il tempo era troppo poco per tentare di rivoluzionare i piani, l’unica cosa che restava da fare era evitare che ci fossero dei punti attaccabile, trovare la maniera migliore per far funzionare tutto alla perfezione.
    Una volta dato inizio al piano e discusso ciò che era più importante, si mossero verso un luogo più tranquillo. Il museo era sempre stato uno dei suoi luoghi preferiti in città. Era stata sua madre a trasmettergli quella passione per l’arte, anche se lui non lo avrebbe mai ammesso. Amava molto quella donna, ma allo stesso tempo cercava di sfuggire alla sua influenza ormai da quasi un decennio. Valerie adorava mettere il naso nella vita di suo figlio, cercare di dirigere le attenzioni di Malakai dove lei riteneva più opportuno e lui mal sopportava tutte quelle attenzioni. Ammettere quindi di essere così simile a lei sotto certi aspetti avrebbe solo dato adito alle volontà di sua madre e lui se ne sarebbe guardato molto bene, per evitare di perdere la libertà che si era conquistato con tanta fatica e tanti moti di ribellione negli anni. Perché per Valerie non aveva importanza che lui avesse due o trentadue anni, restava sempre il suo unico bambino. Lui e Matt camminarono in silenzio per alcuni minuti, lasciando che l’eco dei loro passi risuonasse come unica musica di accompagnamento. Fu lui a parlare per primo, una volta giunti nei pressi della nuova mostra in esposizione in quei mesi. La domanda che Matt gli fece in risposta lo colpì e lasciò senza parole per un momento. Da giovane aveva lottato con tutte le sue forze per combattere contro quel fantomatico destino, per rompere i legami che lo univano al passato e cambiare il suo futuro, per poi restare intrappolato all’interno di una tela che qualcuno aveva già ordito per lui e finendo con il ritrovare l’amore della sua infanzia e chiudere un cerchio che era convinto di non aver mai tracciato. Attese prima di rispondere, ascoltando il resto del discorso dell’amico che gli fece capire quanto anche loro due potessero apparire simili sotto quella prospettiva. Il rifiuto iniziale di un destino per poi, probabilmente, ricredersi dopo che alcune cose erano cambiate nella sua vita e immaginò che parlasse di Anastasija e del loro matrimonio. -O forse talvolta pensi di sapere che cosa vorresti, ma poi la strada ti conduce comunque dove è meglio che tu ti trovi. - aggiunse lui, ripensando a quello che era stato il suo personale vissuto, che l’altro aveva vissuto probabilmente anche attraverso i racconti di Aleksander.
    -Mhm, proverò a recuperare quattro giorni, uno in più potrà senz’altro farci comodo. E ci aggiorneremo quanto prima. - rispose, cercando ancora di offrire tutto l’aiuto possibile. Avrebbe voluto che fosse possibile svincolarsi persino per due intere settimane, ma purtroppo sapeva che quello era impossibile, a meno di urgenti impegni da svolgere negli USA che avrebbero dovuto richiedere la sua presenza. Ma per architettare una cosa come quella non gli sarebbero bastati i giorni a disposizione. -Faremo in modo che tutto funzioni. - terminò, spostando lo sguardo dritto davanti a sé, a osservare un secondo quadro, astratto come lo era il primo che aveva suscitato quella sua domanda esistenziale. Avrebbe trovato il modo di far funzionare tutto, non aveva altra scelta dopotutto.
     
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