|
|
Inspira. Espira. Inspira. Espira. Erano quelli gli unici pensieri che aveva lasciato fluire all’interno della sua mente in quelle due ore che aveva trascorso a correre all’interno del Vennelyst Park. Il giorno precedente aveva avuto il turno al ristorante all’ora di pranzo e, stanco dalle lunghe settimane che si era lasciato alle spalle, aveva finito con il mettersi a letto molto prima del dovuto. Così quella mattina si era svegliato di buon’ora, incapace di rimanere a letto anche solo un minuto di più, si era fatto una doccia, aveva fatto un’abbondante colazione, aveva indossato un paio di pantaloncini per fare attività fisica, una canottiera, un paio di scarpe da ginnastica ed era uscito, portando con sé soltanto una borraccia con dell’acqua, le chiavi, il suo telefono e il portafogli. Correre gli piaceva, lo faceva spesso quando aveva dei momenti liberi. Lo aiutava a pensare, a schiarirsi le idee, a recuperare una sorta di equilibrio con se stesso. Stava molto meglio da quando aveva smesso di utilizzare la sua particolarità in maniera frequente, non c’erano più stati strani episodi di intorpidimento delle mani, delle braccia, o delle gambe, né di mancanza del senso del tatto. Si sentiva più sereno nel sapere che il suo corpo aveva recuperato tutte le sue funzioni di base e non aveva nessuna voglia di tirare di nuovo la corda, rischiando di perdere la sensibilità una volta per tutte. Era stato incredibilmente spaventoso per lui rendersi conto di non essere più in grado di percepire nulla, di non riconoscere un tessuto da un altro, di non sentire il caldo o il freddo. Aveva temuto che quella condizione sarebbe rimasta per sempre, invece con un po’ di pazienza era riuscito a recuperare. Aveva vissuto più di vent’anni della sua vita senza avere alcuna abilità paranormale, non aveva quindi bisogno di rendere quella stranezza una parte integrante della sua vita per andare avanti. Sapeva che c’era, nascosta sotto la sua pelle, pronta a mettersi in moto se lui ci avesse provato, ma fortunatamente poteva rimanere sopita e lui fingere che non ci fosse. Era molto più facile e le riunioni al centro Aerial lo aiutavano a convivere con quel pensiero. Max e i suoi lo avevano aiutato molto in quegli anni a trovare un equilibrio in quella gabbia di matti che era Besaid. C’erano dei giorni in cui gli mancava la sua Irlanda, le strade di Dublino, gli amici, le piane verdeggianti in cui aveva trascorso tante vacanze della sua infanzia, le notti in campeggio. Altri giorni invece stava bene esattamente lì dove si trovava, in una cittadina che non aveva neppure un punto preciso nella mappa, disperso tra coordinate che nessuno riusciva a definire con assoluta certezza. Provava spesso il desiderio di partire, senza neppure il bisogno di una meta precisa, ma lo spettro della perdita della memoria gli aveva impedito di stare via troppo a lungo, finendo con il tornare a casa solo in rare occasioni e solo per pochi giorni, giusto il tempo necessario a riabbracciare sua madre, la cugina che si era sposata qualche mese prima e gli amici di una vita. Ogni volta che tornava a casa era come se nulla fosse cambiato, a parte la sua vita. Dell’uomo che era stato a Dublino era rimasto solo il carattere e nulla più. Continuò a correre ancora per qualche minuto, cercando di regolarizzare il respiro e il battito del suo cuore. Iniziava a sentirsi stanco, eppure non aveva ancora voglia di fermarsi. Non era il genere di persona a cui piaceva restare fermo in un punto, sentiva sempre il bisogno di scuotersi, di avere qualcosa da fare, che si trattasse di lavoro o di un passatempo non faceva molta differenza. Stare fermo lo metteva di pessimo umore, lo rendeva nervoso. Si voltò di lato, alla ricerca della fontanella dove andava sempre a bere qualche sorso d’acqua verso la fine della sua corsa, notando proprio davanti a essa una figura che gli parve familiare. Rallentò, prendendosi qualche momento per osservare meglio la ragazza dai capelli biondi che nel frattempo era andata ad accomodarsi su una panchina poco lontana. Raggiunse la fontanella, mandò giù qualche sorso e continuò a osservare quella figura dall’aria stanca. Ci mise qualche altro secondo, aiutato anche dal suono della sua voce, a riconoscere Kris, la biondina con cui aveva condiviso diverse giornate di lavori ormai più di un anno prima. Sorrise tra sé e sé, scuotendo appena il capo, mentre si avviava con passo lento ma tranquillo nella sua direzione. Durante il suo cammino la vide rimettersi in piedi e aggirarsi con aria più attenta nei paraggi, come se fosse alla ricerca di qualcosa, per poi tornare alla sua postazione. -Ehi Kris! - la salutò lui, sollevando il tono di voce perché potesse sentirlo anche a qualche metro di distanza, alzando appena in aria una mano per farsi intercettare più velocemente. Sorrise nella sua direzione, continuando ad avanzare, fermandosi solo quando era ormai a pochi passi da lei. Da quella distanza ravvicinata era molto più semplice scorgere il suo volto stanco, il trucco sbavato di chi non aveva dormito a casa sua quella notte. -Cavolo raggio di sole, che ti è successo? - domandò, un po’ preoccupato, dimenticando l’idea iniziale di chiederle che cosa stesse cercando. In effetti forse arrivare dal nulla e chiederle perché si guardasse attorno con aria circospetta non doveva essere un ottimo approccio, anche se lei ormai lo conosceva e sapeva che era una persona estroversa e che non si faceva troppi problemi a dire quello che gli passava per la testa. -Hai la faccia di una che si è appena svegliata e che non ha neppure dormito un granchè bene. - borbottò, lasciandosi andare ad una leggera risatina, senza tuttavia l’intenzione di suonare canzonatorio. Stava semplicemente constatando la realtà dei fatti. -E di una che non ha ancora preso il primo caffè della sua giornata. - aggiunse, cercando di assumere un’aria più seria e pensierosa, come se la stesse analizzando con cura anche se non era affatto così. -Ho visto un chioschetto poco lontano mentre correvo, ti va di prendere qualcosa insieme? - chiese, offrendole una mano per aiutarla ad alzarsi, sperando che le andasse di seguirlo. Era abbastanza convinto che fosse in grado di alzarsi da sola, ma vista l’aria stanca era meglio non rischiare.
|
|