Life and Robots.

Morgana x Nora

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    Morgana Byrne
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    Quando era entrata in quel posto, una settimana prima, Morgana non sapeva cosa c’era da aspettarsi. Era cresciuta con persone che le spiegavano tutto per filo e per segno, le dicevano anche cosa dovesse fare o dire, o addirittura indossare, per questo in un contesto lavorativo come quello, in cui era da sola e nessuno le dava suggerimenti su quale fosse la cosa giusta da fare o dire, si sentiva smarrita, piccola come una bambina che aveva ancora bisogno della mano dei genitori per attraversare la strada. In un colloquio come quello che aveva affrontato la settimana prima, Morgana aveva provato per la prima volta l’ansia, la paura di non farcela e non essere adatta, sensazioni mai provate prima in vita sua. Quando aveva deciso di andare via da Londra quel briciolo di sicurezza rimastole in corpo l’aveva fatta sentire forte del fatto che sarebbe andato tutto bene, che trasferirsi in un’altra città, in un altro Paese, non doveva essere poi così difficile come gli altri volevano far credere. E invece aveva convenuto che non era difficile ricominciare a vivere in un luogo totalmente nuovo, era difficilissimo. Si sentiva una perfetta incapace, come non si era mai sentita. A 21 anni, Morgana, stava sbattendo il muso contro la dura realtà, come se finalmente si fosse decisa ad uscire da quella bolla che altri avevano creato per lei, fatta solo di luci e apparenze. Era una situazione del tutto nuova per lei e non era sicura di starsela cavando bene.
    La stanza del dormitorio nel campus dell’università l’aveva ottenuta quasi per il rotto della cuffia, attraverso una borsa di studio e, in questo caso, menomale che sua madre aveva reso il suo reddito annuo più sottile di quanto in realtà fosse. Si, perché se c’era un legame indissolubile tra madre e figlia, quello tra Morgana e sua madre in realtà era inesistente, tanto dallo spingere la donna ad usare tutti i risparmi della figlia per vendetta, dopo che aveva deciso di abbandonare Londra e la sua brillante carriera da modella che non faceva altro che portare sempre più soldi nelle tasche del genitore, autoproclamatasi sua manager. Una questione ancora in sospeso, quella, che Morgana tendeva ad ignorare con la stesse inconscia determinazione con cui era entrata nel negozio di Nora Berg qualche giorno prima, per elemosinare un lavoro. Dunque, Nora Berg. Che dire di lei? Il suo carattere aveva quasi spaventato Morgana al pari della scoperta di avere una particolarità che si era manifestata non appena era giunta a Besaid. Niente di grave, finché non assorbiva particolarità altrui potenzialmente letali -esistevano poi?-, in merito non sapeva ancora un bel niente, quello che sapeva per certo, dopo quel colloquio di lavoro con Nora, era che tra quelle quattro mura tecnologiche non si scherzava. Sul serio, non si scherzava perché, di fatto, Morgana non capiva mai quando Nora stesse facendo o meno una battuta. Durante il colloquio di lavoro, ad esempio, non sapeva mai se era il caso di ridere o no, siccome la ragazza appena conosciuta faceva osservazioni con un’espressione talmente seria che Morgana non sapeva come reagire. In altri casi avrebbe fatto l’oca giuliva, ridendo e apparendo vuota di intelligenza, ma adesso non doveva più far piacere ai grandi uomini dello showbusiness, adesso non voleva apparire stupida, voleva semplicemente apparire sé stessa. Il fatto che volesse iniziare ad essere sé stessa da un negozio di informatica non le giovava affatto, comunque. È che aveva visto l’annuncio, appeso sulla porta in vetro, ed era stata abbastanza avventata dall’entrare senza pensarci due volte, nonostante Morgana di tecnologia non capisse un bel niente e, per giunta, stava facendo un percorso di studio totalmente opposto ad esso. Quando era entrata si era ritrovata dinanzi Nora, che l’aveva guardata come se avesse appena interrotto qualcosa di importante. «Ehm…sono qui per l’annuncio.» Per la prima volta si era sentita in imbarazzo con un paio di occhi puntati addosso a lei, così come si era sentita un pesce fuor d’acqua per il resto del colloquio che Nora aveva pensato bene di fare lì sul momento, senza alcun preavviso. «A me importa solo che tu sia abbastanza socievole per avere a che fare con i clienti, soprattutto quelli più scorbutici. Lo sei?» La donna era andata dritta al punto, nonostante Morgana avesse rivelato che lei e l’informatica erano due cose opposte, ma a Nora non sembrava importare quello, sembrava voler solo qualcuno che parlasse con gli estranei al posto suo, mentre lei era impegnata a trafficare con aggeggi a cui Morgana non sapeva nemmeno dare un nome. A quella domanda, comunque, una persona alla disperata ricerca di un lavoro come lo era lei, avrebbe risposto si anche se non voleva avere più troppi contatti con il genere umano. Avrebbe fatto quel grande sacrificio in cambio di qualche soldo in più nelle tasche.
    Mentre era lì, adesso, durante il suo primo turno del suo primo giorno di lavoro in quel negozio fatto di trabiccoli elettronici, si chiedeva cosa mai avesse convinto Nora ad assumerla. Non aveva il coraggio di chiederglielo, primo perché non erano così in confidenza e secondo perché temeva la risposta. «Arrivederci.» Lo disse al suo primo cliente che stava andando via dopo aver ritirato un pc portatile che Nora aveva diligentemente sistemato, quale fosse il problema Morgana non ne aveva idea. Non era ancora brava con le relazioni interpersonali, non era più espansiva come un tempo, quindi il suo massimo livello di affabilità da commessa si limitava ad un semplice sorriso e a consegnale le cose che le persone erano venute a ritirare, né più e né meno. Era in negozio da una buona mezz’ora e lei e Nora non avevano scambiato neanche una parola, a parte i saluti di rito non appena Morgana era entrata per iniziare a lavorare. Di tanto in tanto guardava la testa di Nora, piegata su un aggeggio che lei non riusciva a distinguere dietro quella chioma, era un momento calmo e pensò che sarebbe stato ottimo impiegarlo per studiare.
    Nora era stata abbastanza carina dal permetterle di lavorare solo negli orari pomeridiani, quando non era impegnata con i corsi all’università, ora rimaneva da capire se le avesse permesso di studiare all’interno del negozio, ovviamente quando non c’erano clienti a cui sorridere e a cui consegnare aggeggi tecnologici rimessi a nuovo. «Nora…» Si schiarì la voce, attirando la sua attenzione. La differenza di età tra loro non era tantissima, eppure Morgana talvolta si sentiva in soggezione per lo sguardo serio della sua ‘boss’. «Nora.» Ripetè il suo nome con più decisione, vedendo che ella non l’aveva sentita, probabilmente troppo concentrata in qualsiasi cosa stesse facendo. Finalmente si girò verso di lei e Morgana le mostrò il libro di letteratura latina che doveva studiare per l’esame. «Mi stavo chiedendo se potessi dare un’occhiata al libro, per studiare. Ovviamente non appena entra un cliente chiudo tutto e svolgerei il mio lavoro.» Mette immediatamente le mani avanti, facendole intendere che non era lì per bighellonare ma per guadagnarsi ogni centesimo che Nora le dava, che non era molto ma per adesso era sufficiente. Nel tono di voce di Morgana si poteva sentire un leggero imbarazzo che non riuscì a mascherare, dopotutto era un’ex modella, non un’ex attrice. Pensare che qualche mese prima non avrebbe nemmeno saputo cosa volesse dire la parola ‘imbarazzo’ anzi, probabilmente avrebbe addirittura preso in giro una persona come Nora. «…a patto che non debba dare una mano a te, ovviamente. Cosa stai facendo lì? Forse è meglio che non ci metta le mani, non me ne intendo di queste cose.» Il modo in cui Morgana parlava non era invadente, persino il suo tono di voce era basso, come se avesse il timore che da un momento all’altro qualcuno potesse spuntare dal nulla per rimproverarla, nelle sue frasi c’era tutto ed il contrario di tutto, dalle sue parole trapelava l’estrema insicurezza trasmessale da quella brutta esperienza vissuta in Grecia. «Ho dato un’occhiata al prossimo che dovrebbe venire per ritirare il suo pc, è il signor Morrison ma dovrebbe venire tra un’oretta…tu hai scritto un appunto in rosso: “arriva tardi, fai con calma”. Non so se dovessi ricordartelo…» Non che fosse la segretaria di Nora, è che semplicemente anche lei doveva guardare l’agenda degli appuntamenti e dei ritiri per capire come scandire il suo pomeriggio lavorativo. In realtà Morgana doveva ancora capire un mucchio di cose in quella sua nuova vita, ma era meglio fare una cosa per volta.
     
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    Quando Morgana aveva varcato per la prima la soglia del On the Net, Nora l’aveva guardata con aria poco interessata, in attesa che le dicesse quale fosse il suo problema e su quale dispositivo avrebbe dovuto mettere le mani. Il cartello sulla porta, dove si cercava una commessa, era appeso da mesi ormai, forse anni, e nessuno aveva mai cercato di ottenere quel ruolo. Quindi, l’idea che quella ragazza fosse lì proprio per quel motivo non l’aveva sfiorata neppure per un istante, finendo con il rimanere molto sorpresa quando, invece, si era rivelata in torto. Era rimasta a fissarla per diversi secondi, indecisa se crederle o meno, prima di rivolgerle una delle sue domande, dette senza pensare troppo. -Ma ne sei sicura? - erano infatti state le prime parole che le aveva rivolto, come se lei stessa volesse suggerire a quella ragazzina di trovare un lavoro più divertente, con un datore di lavoro decisamente più simpatico. Era troppo carina e a modo per stare chiusa lì dentro a prendere e consegnare dispositivi mal funzionanti, ma alla fine Nora si strinse nelle spalle: era una sua decisione, chi era lei per farle cambiare idea? Le aveva fatto giusto qualche veloce domanda per capire quanto tempo avesse a disposizione. L’annuncio parlava di orari flessibili e concordabili con il candidato, quindi si era appuntata le ore di lezione della ragazza, organizzando con lei un possibile orario da rispettare, almeno per quelle prime settimane di prova. Quanto a lungo sarebbe rimasta era ancora tutto da vedere. Le uniche doti richieste erano tanta pazienza e la capacità di articolare almeno qualche parola con degli sconosciuti, per registrare le loro richieste e poi trascriverle in un apposito database sul computer. Nulla di troppo complicato, secondo il suo non proprio modesto parere, nulla per cui servissero troppe spiegazioni.
    Le aveva quindi lasciato il bancone, dopo averle spiegato quale programma aprire e come inserire i dati dei clienti, ed era sparita nel retro, lontana dalle persone. Morgana non era abile con i computer, ma Nora non cercava qualcuno che la aiutasse a riparare le attrezzature, che le alleggerisse il lavoro manuale, voleva solo qualcuno che le togliesse la parte del lavoro per lei meno divertente. Aveva trascorso i primi minuti di quel primo giorno di prova della ragazza, ad ascoltare distrattamente come si comportava con i clienti. Sembrava tranquilla, sufficientemente gentile, sicuramente un approccio migliore del suo, quindi non aveva detto neppure una parola. L’aveva lasciata libera di organizzarsi, evitando di girarle attorno troppo a lungo. Lei non amava essere fissata mentre lavorava e riteneva che per gli altri dovessero valere più o meno le stesse regole. Non avevano parlato molto, si erano giusto scambiate un fugace saluto al suo arrivo e poi la donna si era messa all’opera. Sperava che, con quel piccolo aiuto da parte di Morgana, sarebbe stato più semplice terminare i lavori, visto che non avrebbe dovuto sospendere quello che stava facendo per ricevere i clienti e perdere tempo prezioso. Richiuse quindi il primo laptop su cui aveva iniziato a lavorare qualche ora prima dell’arrivo di Morgana in negozio. La consegna sarebbe stata per il giorno successivo, ma preferiva sempre tenersi un po’ larga con i tempi, per non avere sorprese. La pila delle consegne che avrebbe dovuto effettuare Morgana, infatti, si trovava già in uno scomparto del bancone e le aveva lasciato alcuni appunti sugli orari e i nomi dei clienti. I loro orari non coincidevano. Nora non aveva mai avuto dei veri e propri orari fissi, aveva considerato quel negozio come una seconda casa, un luogo in cui trascorrere il tempo quando ne aveva voglia, senza delle regole fisse. Gli orari in cui lei arrivava quindi dipendevano dal suo scombinato ciclo del sonno. Poteva trattarsi delle tre del mattino, come di mezzogiorno, dipendeva da come era andata la giornata precedente e da dove e come aveva dormito.
    Si mosse per prendere l’oggetto successivo, ma la voce leggera di Morgana richiamò la sua attenzione. Sollevò appena lo sguardo, non del tutto convinta di aver sentito bene, rivolgendole poi un’occhiata più attenta quando la sentì pronunciare il suo nome con un tono di voce un po’ più alto. Si alzò dalla sua postazione sul retro, troppo distante da lei per poterla sentire in maniera chiara senza farla urlare. Scostò la tenda dietro cui si trovava il suo regno, avvicinandosi quindi al bancone e alla testolina riccia della ragazza. Le mostrò un libro, chiedendole se potesse studiare un po’ nei ritagli di tempo tra un cliente e l’altro. Sembrava agitata nel fare quella richiesta, tanto che ci tenne subito a specificare che, se fosse entrato qualcuno, avrebbe immediatamente messo da parte lo studio per tornare al suo lavoro. Inarcò un sopracciglio nel guardarla, quasi sorpresa da una domanda come quella. Riteneva che la risposta fosse abbastanza scontata e che non ci fosse neppure il bisogno di chiederlo, ma evidentemente le due dovevano avere un differente modo di pensare. -Sì, certo che puoi studiare. - rispose quindi lei, senza troppi giri di parole, gettando una veloce occhiata in direzione del titolo del libro. -Credevo fosse scontato quando mi hai detto che sei una studentesse all’Università. - aggiunse, stringendosi appena nelle spalle, come a farle intendere che lei non aveva mai avuto problemi su quella faccenda. Era ancora una studentessa anche lei in qualche modo, o per lo meno si riteneva tale, anche se ormai aveva un Assegno di Ricerca. -Ti annoierai per la maggior parte del tempo. Non è un posto molto frequentato. - le disse ancora, come a volerla rassicurare sul fatto che avrebbe avuto molto tempo per portare aventi i suoi studi. -Stavo per iniziare a dare un’occhiata al computer della signora Lawrence. Lei ne combina sempre una al mese. E’ una cliente affezionata ormai, ma spesso si tratta di sciocchezze. - spiegò, lasciandosi andare a qualche chiacchiera di troppo rispetto al suo solito. -Sono capisco se sia troppo sciocca o se ormai per lei sia divenuta un’abitudine venire qui. - terminò, stringendosi nelle spalle. Le persone non erano il suo forte, non riusciva mai a comprendere quale principio li spingesse ad agire.
    -Ad ogni modo no, non ho bisogno di aiuto. - continuò, forse in maniera un po’ troppo schietta e diretta. Arricciò appena il naso, puntando lo sguardo su Morgana per lunghi istanti prima di parlare di nuovo. -A meno che tu non ti stia annoiando e non voglia iniziare a capirne qualcosa. Ma non so se lo troveresti divertente. - ammise, inclinando appena il capo per osservarla meglio. Per Nora l’amore per la tecnologia era nato ancora prima che iniziasse a parlare o camminare, era sempre stato lì, latente, nascosto dietro un muro di silenzio e solitudine. Era sempre stata sola, sin da bambina, ma soltanto negli ultimi anni la cosa aveva iniziato a pesarle un po’. Assunse un’aria pensosa poi quando la ragazza le parlò del piccolo appunto che aveva lasciato sul bancone. -No, credo fosse per te. Per dirti di non stare sull’attenti tutto il tempo. - spiegò poi, in tutta tranquillità, mentre si avvicinava alla macchinetta del caffè. Era da troppo tempo che non mandava giù un po’ di quel caldo liquido scuro, iniziava a sentirne la mancanza. -Bevi caffè? - domandò, curiosa di conoscere almeno quel dettaglio della ragazza che forse sarebbe divenuta una delle sue nuove compagnie. Di certo non si aspettava che di lì a giorni sarebbero divenute amiche, né che avrebbero trascorso insieme del tempo al di fuori di quel negozio, ma avrebbero magari potuto rendere un po’ più piacevole la convivenza. Terminò di preparare il suo caffè, mandandone giù un sorso mentre aspettava la risposta di Morgana, pronta a prepararne uno anche a lei e porgerglielo, indicandole dove poteva trovare lo zucchero, le palette e delle piccole capsule contenenti del latte. Le mandavano sempre tutto il pacchetto anche se lei prendeva del semplice caffè, senza zucchero o ulteriori aggiunte. -Vieni, di là è più tranquillo, sentirai il campanello della porta se qualcuno entrerà. - le disse, indicandole con un cenno del capo di seguirla verso il retro, al di là della tenda, lì dove sarebbero state entrambe più tranquille.
     
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    Morgana Byrne
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    Quando Morgana aveva iniziato a cercare un lavoro, lì a Besaid, aveva già iniziato la ricerca con un senso di sconforto. Immaginava che in una città tanto piccola -o almeno per lei era piccola dopo essere stata a Londra- tutti i posti di lavoro fossero già occupati. Ed era un pensiero infantile, in effetti, un pensiero da persona inesperta che non aveva la minima idea di come funzionasse il lavoro, per questo si reputò sin troppo fortunata quando Nora l’assunse, non immaginando affatto che, in realtà, quel posto poteva anche essere tra quelli meno gettonati a Besaid. Che fosse o meno un posto ambito, a Morgana importava poco comunque, lei aveva necessità di avere qualche soldo in tasca e fintanto che lo faceva in maniera onesta poco le interessava che il suo lavoro fosse ricercato o meno. Eppure doveva ammettere a sé stessa che le circostanze che la portarono ad ottenere quel posto furono abbastanza strane, non solo perché Morgana stessa era sorpresa nell’averlo ottenuto, ma anche perché Nora sembrava sorpresa almeno quanto lei che qualcuno fosse interessato ad un lavoro nel suo negozio. Quel -Ma ne sei sicura?- detto da Nora non appena Morgana le aveva palesato le sue intenzioni, la perseguitò per un paio di giorni perché non era ancora sicura di quello che stava per fare, della vita reale in cui si era appena cacciata. Quel lavoro segnava il definitivo passaggio nella vita adulta per Morgana, da lì doveva veramente vedersela da sola e riuscire a gestire il tutto in maniera matura e responsabile. Una cosa che è più facile a dirsi che a farsi, dal momento che mai nessuno aveva insegnato a Morgana come cavarsela nella vita, quando non si è ricchi sfondati e quando non si ha uno stuolo di persone che fa le cose al posto tuo. Ad ogni modo, dopo il primo momento di confusione, Morgana si era rimboccata le maniche e aveva fatto del suo meglio per muoversi in quella sua nuova vita fatta di molti sacrifici, corse dall’università al luogo del lavoro, e poco tempo libero. Una volta appurato che Nora non cercava nessuno che avesse nozioni decenti sull’informatica e la tecnologia ma, più semplicemente, voleva qualcuno che avesse a che fare con i clienti, Morgana si sentì già un po' più capace, non avendo dalla sua anni e anni di studio di informatica. Certo, il dover parlare con gli sconosciuti la agitava, ma si copriva con le sue solite felpone, sue grandi amiche da quando aveva iniziato ad odiare il suo corpo, e si sentiva più sicura, pronta a parlare con chiunque avesse varcato la soglia del negozio che, in tutta sincerità, non erano in molti. Il che per Morgana non era altro che un punto a favore per quel lavoro, non era certa che sarebbe sopravvissuta se quel lavoro l’avesse obbligata ad avere a che fare con più di due persone alla volta, non ci sarebbe riuscita e, probabilmente, sarebbe anche andata nel panico totale. Così come, un altro punto a favore, era il comportamento di Nora. La sua datrice di lavoro non era invadente, non le ronzava attorno facendola sentire costantemente osservata e sotto analisi e, cosa non meno importante, non sembrava giudicare il suo modo di vestire. Morgana ormai aveva abbandonato da tempo il suo stile accattivante, preferendone uno più semplice che la coprisse per bene e questo, a Nora, non sembrava importare affatto. Se Morgana avesse dovuto descrivere Nora così, dopo il poco tempo in cui l’aveva conosciuta, l’avrebbe definita in una sola maniera: essenziale. Nora era asciutta, nel parlare e nell’agire, non c’erano infiocchettamenti nelle sue azioni, era essenziale, per l’appunto. In pratica era l’addetta di lavoro perfetta per Morgana, che non voleva persone invadenti in quel momento particolare della sua vita. Quando la chiamò, attirando la sua attenzione dopo aver servito un cliente, Morgana dovette ripetere il nome di Nora un’altra volta, prima che lei interrompesse la concentrazione che stava impiegando nel sistemare qualche aggeggio nel retro del negozio. Dietro quella tenda, Morgana, immaginava che ci fosse qualcosa di simile allo studio di uno scienziato pazzo, Nora raramente metteva il naso fuori da quel posto. Doveva avere molta roba da sistemare, questo pensava Morgana quando la ragazza si rese conto che era lei a reclamare la sua attenzione per chiederle se potesse studiare nelle ore morte, in cui il negozio era senza clienti. Il solo dover porre quella domanda mise Morgana quasi in soggezione, come se non volesse disturbare Nora. -Sì, certo che puoi studiare. - Fu la risposta della sua datrice di lavoro, asciutta come le si addiceva, con quell’espressione che voleva sottolineare l’ovvio. -Ti annoierai per la maggior parte del tempo. Non è un posto molto frequentato. - Morgana annuì, abbassando lo sguardo sul libro e rigirandoselo fra le mani: «Non è una cosa brutta. Insomma, meglio così, no? Almeno abbiamo più tempo io per studiare e tu per aggiustare tutto quello che ti portano.» Non ricordava quando è stato l’esatto momento in cui non è più riuscita a reggere lo sguardo degli altri. Si proteggeva, Morgana, e non voleva che gli altri potessero leggere la sofferenza nei suoi occhi e quindi tendeva ad abbassare lo sguardo anche in contesti innocui come quello che si era presentato con Nora. Anche quelle semplici chiacchiere le sembrarono strane, Morgana non era più abituata a quel genere di interazioni, non da quando era tornata dalla Grecia e, da quel momento, era trascorso quasi un anno. Sorrise comunque, all’idea della signora Lawrence che andava nel panico per ogni piccola bizza del suo computer. «Se posso farti una confessione…io sono decisamente una signora Lawrence. Capisco ben poco di computer, ma questo tu già lo sai.» Si riferiva ovviamente al fatto che, durante il colloquio, avesse detto chiaramente a Nora che le sue conoscenze riguardo l’informatica erano praticamente pari allo zero. Comunque, adesso, era un po' più rilassata nel notare che la conversazione con Nora, seppur diretta, filava liscia senza alcun tipo di ostacolo. Stavano parlando come due persone normali, eppure Morgana trovava quasi strano tutto quello. La sua datrice di lavoro le disse che non aveva bisogno di aiuto, ma in caso poteva comunque darle una mano nel caso volesse capirci qualcosa. «Oh, direi che il libro di letteratura è già un rompicapo che mi tiene molto impegnata.» E sollevò il libro, parecchio spesso, come a rafforzare la sua affermazione. Era una fortuna che il lavoro e lo studio la distogliessero dalla sua sofferenza, ma era anche vero che talvolta le riusciva difficile memorizzare tutte le nozioni che leggeva nei libri che le servivano per passare gli esami. «Ma non rinuncio mai al caffè…non penso che sul pianeta Terra esista un essere umano che riesca a sopravvivere senza.» Era il suo modo di accettare il caffè che le aveva offerto Nora, con quella chiacchiera quasi adolescenziale. Molto in Morgana doveva ancora crescere, maturare, ed in casi come quelli avrebbe tanto voluto aver già raggiunto quella maturità che non la facesse sentire inferiore ad altri. Nora, ad esempio, non era molto più grande di lei, eppure in sua presenza Morgana si sentiva come una bambina che aveva ancora molto da imparare. Guardò il post-it che pensava fosse per Nora, quindi lo prese e lo memorizzò, afferrando poi il caffè che le aveva preparato la donna. Era quello che ci voleva prima di cominciare a studiare, per questo lo zuccherò e poi ne bevve immediatamente un sorso. -Vieni, di là è più tranquillo, sentirai il campanello della porta se qualcuno entrerà. - Seguì Nora nel retro e, una volta entrata, si guardò intorno, in quell’angolo del negozio che rappresentava il regno della sua datrice di lavoro. «Quindi è qui che avviene la “magia”, dove ripari tutti gli aggeggi tecnologici che ti portano.» Osservò, con un entusiasmo nella voce che era inaspettato persino a lei stessa. C’erano alcuni pc numerati, con qualcosa di scritto su di loro con una grafia quasi frettolosa, poi c’erano anche altri oggetti che Morgana però non sapeva classificare. «Sembra quasi il laboratorio di Dexter, hai mai visto quel cartone?» Domandò poi, mordendosi immediatamente la lingua perché, ancora una volta, si sentì terribilmente infantile.
     
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    Nora non era abituata a collaborare con altre persone all’interno del suo negozio. Da quando aveva aperto non era mai riuscita a trovare qualcuno che durasse per più di qualche ora senza farla impazzire, cacciandoli fuori in poco tempo. Aveva un caratteraccio e su certe cose non riusciva proprio ad avere pazienza, ma Morgana era stata una vera e propria sorpresa. Era una ragazza tranquilla, non troppo chiassosa, neppure troppo appariscente. Non faceva domande sulla sua vita, non cercava di diventare sua mica. Ascoltava quando le dava qualche indicazione e recepiva al meglio. Non era infatti necessario stare a ripeterle la stessa cosa per innumerevoli volte e questo per Nora era molto importante. Non amava perdere tempo, né il suo, né quello degli altri e non le piaceva neppure condividerlo, quando era ancora perfettamente lucida. L’alcol e le droghe riuscivano a scioglierla, a renderla più socievole e divertente, ma gli sfortunati che avevano invece a che fare con lei per il resto del tempo si trovavano davanti qualcuno con cui non era poi così semplice portare avanti una conversazione. Era poco incline a riempire i silenzi, a lei piacevano, le permettevano di concentrarsi meglio su ciò che aveva da fare. La sorpresa quindi sentire la voce di Morgana prima di quanto avesse preventivato e la stupì ricevere una simile domanda da parte sua. In effetti non avevano parlato molto quando le aveva dato le prime indicazioni base per gestire il front office del negozio. Si era limitata all’essenziale, senza specificare per filo e per segno che cosa potesse o non potesse fare.
    -Raramente è davvero impegnativo sistemare quello che mi portano. - disse, stringendosi appena nelle spalle, continuando a guardare la ragazza con una certa tranquillità. Era facile parlare di cose che non erano personali, con quelle sapeva cavarsela. -Molti si dimenticano di caricare il loro portatile e vengono qui in preda al panico, troppo stupidi per capire da soli che basterebbe attaccare il computer all’alimentare per sistemare tutti i loro problemi. - aggiunse, con una certa freddezza e una smorfia indispettita sul volto. Aveva perso il conto di quante persone come quelle fossero entrate nel suo negozio, facendole accapponare la pelle. Forse Morgana l’avrebbe trovata irrispettosa nei confronti dei clienti, ma a Nora non era mai andata a genio la scarsa intelligenza. -A volte però qualcuno porta qualcosa di interessante. - terminò, perdendosi per un momento nei meandri dei suoi ricordi. Le era capitato di trovarsi davanti anche virus piuttosto complessi, o danni quasi irreparabili ai componenti. Besaid era una strana città e i suoi abitanti erano, se possibile, ancora più strani. Le parlò di una delle clienti poi, del fatto che fosse divenuta ormai quasi una habitué del posto.si chiedeva spesso se non ci fosse qualcosa dietro quelle continue visite, forse solo il bisogno di scambiare qualche parola con qualcuno, di tanto in tanto. Aveva fatto delle ricerche sul suo conto: non aveva figli, neppure un marito, aveva trovato davvero poche tracce della sua famiglia. Il problema però era che Nora non era di certo la persona migliore con cui intrattenere delle lunghe conversazioni. Si limitava a parlare del lavoro, a spiegare cosa fosse accaduto e a consigliarle come non farlo accadere di nuovo. Non le aveva mai chiesto come si sentisse, se ci fosse qualche problema. C’era una linea di demarcazione piuttosto netta che divideva i suoi clienti dalle sue frequentazioni e non intendeva spostarla di un solo millimetro. Quello, per lei, era soltanto un modo per passare il tempo. Non aveva davvero bisogno di quel lavoro, poteva cavarsela in mille altri modi, ma era un contatto con la realtà di cui non voleva privarsi. A volte era difficile capire che cosa fosse reale. Chi ci fosse davvero di fronte a lei. Il negozio la aiutava a mantenere il controllo. Vedere delle persone, toccare degli oggetti reali. Era una cosa importante, una delle tante, una di quelle più difficili.
    Sorrise appena, divertita dal pensiero che qualcuno potesse trovare un libro di letteratura un rompicapo, ma immaginò che fosse soltanto una battuta, un modo come un altro per dire che lo trovava complicato, forse difficile da memorizzare. Di certo non era davvero un rebus. -In realtà sì, qualcuno esiste. - disse, arricciando appena le labbra, mentre cercava all’interno della sua mente i dati delle persone che le avevano detto di non amare affatto il caffè. Si chiedeva come facessero ad arrivare alla fine della giornata ed era grata di non essere come loro. Ad ogni modo, versò all’altra una dose di caffè, porgendogliela senza troppi giri di parole, iniziando poi a sorseggiare il suo con aria assorta. Non ricordava quando il caffè fosse entrato per la prima volta nella sua vita, doveva essere ancora adolescente però e con un fiume di pensieri in testa impossibili da spegnere. -Non c’è magia nella scienza. - rispose, quasi in maniera automatica, smorzando l’entusiasmo della battuta dell’altra. -Però sì, di solito è qui che li sistemo, se non me li porto via. - aggiunse, cercando comunque di rispondere a quanto le aveva chiesto. A volte, se non le andava di stare in negozio, prendeva tutto e si spostava nel capannone che aveva adibito a laboratorio per le sue ricerche universitarie. Preferiva di gran lunga quel posto al negozio, perché lì non veniva mai nessuno e poteva svolgere le sue attività nell’ordine che voleva. -Sì, l’ho visto. - rispose, brevemente, mentre confrontava il retro del suo negozio con il laboratorio del cartone, cercando somiglianze e differenze. -Ma qui non ci sono sostanze chimiche. - spiegò poi, forse per tranquillizzarla sul fatto che nessun strano gas o poltiglia sarebbe mai apparso là dietro.
    -Lì ci sono gli oggetti già sistemati, lì invece quelli che hanno la priorità e lì quelli che posso sistemare con calma. - disse, indicando vari punti del negozio. Non sapeva se in qualche occasione Morgana avrebbe avuto modo di mettere piede lì da sola e in caso magari le sarebbe servito saperlo. -Le cose terminate sono disposte in ordine di consegna e hanno un’etichetta con il nome, la data e l’orario. - continuò, avvicinandosi alla pila e facendole cenno di fare lo stesso, così da poter osservare il tutto più da vicino. -Dovrei esserci nei giorni in cui vieni, ma non si può mai sapere. - spiegò, per poi tornare al suo sgabello girevole posto di fronte al lato più corto di un lungo tavolo. -In quello scaffale dietro di te dovrebbe esserci del cibo. Nei giorni in cui mi ricordo di comprarlo. - disse ancora e sperò che fosse chiaro in quel modo che avrebbe potuto prendere quello che voleva, se aveva fame, anche se gli snack all’interno non avevano nulla di salutare. Le routine quotidiane delle altre persone le stavano strette: fare la spesa, fare il bucato, lavare i piatti, sistemare la casa. Nella sua mente erano cose piuttosto inutili. Eppure in molte occasioni le cose contenute in quello scaffale erano state l’unico pasto della sua giornata. Si preoccupava poco del modo in cui alimentava, l’unica cosa importante, dopotutto, era la sopravvivenza e quella si poteva ottenere in molti modi.
    -Tu non sei di qui, non è vero? - domandò poi, dopo qualche minuto di silenzio, sollevando appena lo sguardo sull’altra e osservandola con un po’ più di attenzione. L’accento, ad esempio, non era tipico di quella zona. Avrebbe indagato più a fondo, nei giorni successivi, ma per il momento poteva provare a porle qualche domanda, per cercare di conoscerla dal vivo. Una cosa piuttosto strana per lei. -Come mai sei venuta in questo buco di matti? - domandò, senza peli sulla lingua. Trovava curiose le motivazioni che spingevano altre persone a recarsi a Besaid, una cittadina sperduta nel nulla, che non appariva neppure nelle cartine geografiche. Forse per Morgana era una faccenda personale, qualcosa di particolarmente intimo di cui non voleva parlare, ma lei non ci pensò più di tanto. Era il primo argomento che le fosse passato per la mente e, seguendo quella scia, aveva domandato.
     
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    Morgana Byrne
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    Le faceva quasi impressione pensare che ormai era diventata adulta a tutti gli effetti. Il mondo degli adulti non le piaceva affatto, avevano ragione tutti quelli che le dicevano quanto facesse schifo, ma per Morgana indicava comunque la sua totale emancipazione da una vita passata che l’aveva resa prigioniera. Ben venga l’essere adulta e l’essere obbligata a lavorare per poter andare avanti con la propria vita. C’erano lezioni, non solo universitarie, che stava imparando giorno dopo giorno e che cercava di tenere bene a mente per potersi meglio adeguare a quel suo nuovissimo stile di vita. In questo senso la conoscenza di Nora poteva tornarle molto utile, non solo perché le dava un piccolo compenso mensile per il lavoro che svolgeva nel suo negozio, ma anche perché a Morgana era parso che fosse una ragazza indipendente, che tentava di cavarsela da sola senza fare troppo cerimonie, e questo a lei piaceva. Dire che prendeva Nora come esempio di vita forse era troppo esagerato, ma era comunque l’esempio di cui lei aveva bisogno in quel momento. E si, lo aveva capito in quel poco tempo durante cui l’aveva conosciuta. Parlava poco, Morgana, ma osservava molto. O almeno aveva iniziato ad osservare gli altri, il minimo dopo che aveva trascorso una vita intera ad essere osservata dagli altri. Per molti il distacco della sua datrice di lavoro poteva sembrare quasi maleducato, anche quel suo essere infastidita per i clienti che non capivano di dover caricare la batteria del portatile, qualcuno poteva risponderle “scusa se il genio sei tu”, ma Morgana non la trovava fastidiosa. Non aveva filtri, Nora, ed era proprio quello di cui aveva bisogno. Un ambiente senza fronzoli e senza segreti, solo la realtà nuda e cruda, come lei non l’aveva mai conosciuta. «Spesso lavori troppo facili. Ok, ricevuto.» Disse, mentre Nora le narrava di come le persone portavano lì anche aggeggi che non richiedevano troppo lavoro, solo un po’ di intelligenza. -In realtà sì, qualcuno esiste. - Sorseggiò il caffè, facendo una battuta su quanto difficilmente gli uomini potessero resistere senza bere il caffè e sorrise leggermente nell’appurare che Nora non aveva colto o non aveva voluto cogliere quella sua ironia, ancora troppo timida e debole per uscire fuori spavalda come un tempo, come quando a Londra faceva battute e gli altri ridevano anche se non c’era nulla di divertente, semplicemente volevano compiacerla.
    Non appena Nora le fece vedere il retro del negozio, Morgana fu incuriosita da tutti quegli strumenti e, soprattutto, era incuriosita da come Nora stessa riuscisse a sistemarli. La tecnologia non era mai stata il suo forte e mai lo sarebbe stata, ne era un indizio il fatto che avesse deciso di buttarsi sulla letteratura più pura. Rimaneva il fatto, però, che quel luogo suscitava in lei una certa curiosità e si sentiva come la sorellina combina guai di Dexter, che voleva sempre sapere cosa diamine combinasse nel suo laboratorio, senza sostanze chimiche ovviamente. Come aveva precisato Nora. -Lì ci sono gli oggetti già sistemati, lì invece quelli che hanno la priorità e lì quelli che posso sistemare con calma. - Guardò tutti i punti che indicò la ragazza e pensò bene di immagazzinarli nella sua memoria, nel caso le fossero serviti in futuro. Pensò a qualche domanda da porle, qualcosa che non era stato detto, ma Nora era stata talmente chiara e specifica che le sue parole non lasciavano alcun dubbio. «Posso comprare qualcosa io, di tanto in tanto, se ti può far piacere.» Si strinse nelle spalle, tentando di rendersi utile, quando Nora fece notare che si, c’era un mobile per il cibo, ma rischiava di rimanere vuoto perché lei si dimenticava di comprarlo. Ecco, con Morgana non c’era alcun rischio, recentemente aveva riscoperto il piacere di mangiare, quindi per lei non era un problema comprare qualche snack in più. In fondo non sarebbero stati gli acquisti di qualche merendina a farla andare in bancarotta.
    Per pochi, veramente pochissimi secondi, rimase interdetta dalla domanda che le fece Nora. Non che l’avesse infastidita, ma Morgana non pensava che quella ragazza potesse impegnarsi in quattro chiacchiere disinteressate, e invece ecco che le chiedeva da dove provenisse. «Si capisce così tanto? Sono inglese, nata e cresciuta a Londra.» Bevve un altro sorso di caffè, sentendosi sollevata per il fatto che Nora non avesse la minima idea di quale fosse il suo passato. Non avrebbe sopportato qualcuno che le avesse detto di adorare le sue foto come modella, non era ancora pronta a fare i conti con quella parte della sua vita. <u>-Come mai sei venuta in questo buco di matti? - A quella domanda sorrise, prendendo un altro sorso di caffè, che ormai era quasi finito. «Se Besaid è un buco di matti Londra allora è una voragine piena di svitati.» C’era del sarcasmo nelle sue parole, ma non era sicura che Nora lo avrebbe colto, quindi si affrettò a risponderle, tralasciando il vero motivo del suo trasferimento: «Sono qui per motivi di studio. Diciamo che a Londra mi distraevo troppo.» Non aveva mai pensato a cosa rispondere a quel genere di domande. Per quanto Nora fosse distaccata da qualsiasi conversazione di superficie, era comunque stata la prima a chiederle quelle cose. In università era abbastanza distaccata dall’evitare quesiti come quelli, ma era evidente che in quel negozietto doveva pur fare i conti con ciò che l’aveva spinta ad andare proprio lì, in quella cittadina che neanche sapeva esistesse fino a qualche mese fa. «Tu sei nata e cresciuta a Besaid? Non ho ancora incontrato nessuno che fosse nato qui. Le poche persone con cui ho parlato in università vengono dalla Francia, dall’America…per quanto sia piccola, Besaid sembra accogliere gente da ogni parte del mondo.» Una riflessione un po’ troppo lunga la sua, forse, ma ora che finalmente si era sbloccata nel proferire più di due parole, stava scoprendo di aver qualcosa da dire effettivamente. «Sei mai stata a Londra?» Domandò poi, dando per scontato che Nora non fosse nata in nessun luogo dell’Inghilterra, a giudicare dal suo accento.
     
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    Nora non aveva cercato di fare colpo su Morgana, di convincerla a restare con effetti speciali o magari con qualche attività o chiacchierata entusiasmante. Non aveva fatto alcun pronostico su quanto la ragazza sarebbe rimasta, anche se dubitava che avrebbero trascorso insieme molto tempo. Era abituata ad osservare le persone andare e venire dalla sua vita, senza che lei tentasse di fare nulla per trattenerle. Anche lei non era che una semplice ombra sfuggente nella vita delle altre persone, una delle tante figure sbiadite che non lasciavano il segno. Erano in pochi a colpirla e forse ancora meno le persone che restavano colpite da lei. Per il momento tuttavia Morgana non la disturbava. Sembrava una presenza silenziosa e pacata. Non urlava, non rideva in maniera sguaiata, non ascoltava musica a un volume troppo elevato. Come fosse finita proprio lì ancora le sfuggiva, ma fino a che la loro collaborazione fosse andata avanti non si sarebbe lamentata troppo. Cercò quindi di darle qualche indicazione, almeno quelle fondamentali per non perdersi all’interno del rigido schema che Nora aveva ideato per poter tenere tutto sotto controllo. Teneva le cose in un ordine preciso, che la aiutava a capire da dove iniziare e che cosa lasciare invece a un momento successivo. Quello che sarebbe tornato utile a Morgana, tuttavia, era la pila delle cose da consegnare. Dubitava che sarebbe riuscita da sola a capire se inserire un oggetto nella pila delle cose semplici o di quelle impegnative. Le disse anche dove trovare qualche riserva di cibo, rimanendo sorpresa dalla sua offerta di comprare qualcosa da portare a sua volta. Si strinse nelle spalle quindi, non sapendo bene cosa risponderle. -Se vuoi qualcosa nello specifico. - disse, non sapendo bene se fosse normale che fosse un dipendente a portare qualcosa da mettere nella dispensa. Non conosceva bene le dinamiche che dovevano instaurarsi tra datore di lavoro e lavoratori. Era la prima volta che qualcuno mostrava di voler restare. Avrebbe fatto meglio a documentarsi forse, ma non era quello il momento adatto per farlo. -Altrimenti puoi lasciarmi scritto cosa ti serve e ci penso io a procurarlo. - aggiunse poi, immaginando che fosse quello il tipo di risposta migliore da dare in un caso come quello. Forse lo aveva sentito in qualche film o forse ne aveva un vago ricordo.
    Approfittando di quel momento di paura, in cui nessuna delle due sembrava avere troppa voglia di tornare alla sua attività precedente, pensò di provare a rivolgerle qualche domanda per conoscerla un po’ di più. La vide cambiare espressione quando constatò che non doveva essere originaria di quel luogo, come se avesse toccato un tasto che Morgana preferiva tenere per sé. Era pronta a ricevere una risposta evasiva, invece l’altra spiegò di essere inglese e che ancora Londra era un luogo pieno di strane persone. -Ah si? Non sono mai stata in Inghilterra. - ammise, con una certa tranquillità. Ad essere onesta non era mai stata in un luogo che non fosse Besaid, troppo spaventata dall’idea di perdere anche solo la più piccola porzione delle sue conoscenze e dei suoi ricordi. Non poteva esserci niente di peggio, per Nora, che perdere una parte della sua mente. -Che cos’hanno che non va i londinesi? - domandò quindi, piuttosto incuriosita dall’argomento. Erano simili alle persone che vivevano lì? Escluse le particolarità, ovviamente. La guardò per un lungo istante quando si giustificò con motivi di studio, non le sembrava una risposta del tutto onesta, ma preferì non indagare oltre. Se avesse voluto, cercando a fondo sul web o tramite altri canali, avrebbe sicuramente trovato le risposte che cercava, ma non le interessava davvero.
    Fu quindi il suo turno poi di essere sottoposta a quelle domande e annuì quando le chiese se era della città. -Sì, nata e cresciuta qui. - rivelò, senza grandi problemi, quando l’altra disse di non aver ancora conosciuto nessuno che fosse davvero originario di quel luogo. -Anche se temo di non poter essere un’ottima guida per le bellezze del posto, non me ne interesso granchè. - aggiunse poi. Raramente aveva frequentato qualche festa o evento tipico della cittadina. Conosceva diversi pub o luoghi in cui si svolgevano dei rave, ma quello preferì tenerlo per sé. -Si, sembra attrarre molte persone, anche se poi è difficile che vadano via. O se vanno via non tornano più. - disse, senza sapere quanto effettivamente Morgana conoscesse di quel posto. Da quanto era arrivata? Qualcuno le aveva parlato delle stranezze della città e di quel piccolo dettaglio relativo alla perdita della memoria? Non glielo chiese, era convinta che sarebbe stata l’altra a chiedere delle delucidazioni, se le fosse interessato. -No, a dire il vero non mi sono mai allontanata qui. - rispose, con una leggera scrollata di spalle, mentre terminava il suo caffè. Ci aveva pensato in alcune occasioni, ma non ne aveva mai avuto il coraggio, alla fine. -Ho visto diverse immagini però. - aggiunse, credendo che fosse necessario farle sapere che, però, sapeva esattamente che tipo di città fosse Londra. -Mi sembra sempre strano che, qualcuno che proviene da una grande città, scelga di venire qui. Mi è sempre sembrato molto più probabile il contrario, e invece.. - disse ancora, prima che lo scampanellio interrompesse il suo discorso. Fece cenno a Morgana di non preoccuparsi e si avviò verso il bancone, posando la sua tazza sopra un ripiano che trovò nel suo cammino. -Signora Hagen, buon pomeriggio. - disse, riconoscendo la cliente all’ingresso. A quanto pare doveva esserci stato un nuovo problema con il suo portatile, qualcosa di terribile a dire della signora. Nora si limitò ad annuire, senza starla troppo a sentire. Non aveva mai dato indicazioni troppo sensate su quello che accadeva, ma aveva capito che era impossibile interromperla. -Ma certo, me ne occupo io. Le scrivo quando riesco a sistemarlo, va bene?- terminò, invitandola quindi a lasciarle il povere oggetto, per poi salutarla. Quando tornò sul retro si fermò per un momento in piedi, con il computer tra le mani. Fece una veloce scansione mentale notando che, come al solito, si trattava di una cosa risolvibile in poche ore. Lo mise quindi nella pila delle cose veloci, per poi tornare alla scrivania su cui stava lavorando. -Credo che a momenti arriverà qualcuno per il ritiro. - le fece presente, non sapendo se Morgana volesse approfittare di quei pochi minuti di tranquillità per rimettersi a studiare.
     
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