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Willow ft. Riley | casa Ruud & Møller | 24.09.2021

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    «Coinquilina. Nuova coinquilina. Comprare un regalo.» Lo si poteva leggere su un grande promemoria scritto da Will sopra al suo letto, un biglietto elaborato in maniera assolutamente poco stringata, con tanto di sottolineatura sulla parola 'nuova', con un pennarello per il lettering nero dalla punta doppia.
    Willow non era mai stata brava con le persone. Non lo faceva apposta. Non si poteva dire che si sforzasse in alcun modo di cambiare, di farsi pressioni, di cercare di essere diversa, di parlare di più o di pronunciare frasi carine ogni tanto, di quelle che si potevano dire per avere conversazioni non solo educate, ma assolutamente coinvolgenti. Willow era un pò impacciata, per forza di cose, sembrava sempre risultare enfatica o apatica, in quella stretta misura tale da essere giudicata eccessiva o contenuta, come se non riuscisse mai ad essere equilibrata. Che poi, non è che si fosse mai chiesta se stare in compagnia le dispiacesse, ma forse, e qui doveva ammetterlo, sotto sotto, nei suoi momenti di auto analisi, forse le piaceva di più star da sola. Ma questo non rientrava di certo in collisione con il desiderio di condividere la sua casa con un'altra persona.
    Il dieci del mese di settembre era arrivata ad abitare nel suo appartamento una nuova ragazza. Dopo tantissime tribolazioni ed aver cambiato nel giro di quattro anni almeno sei coinquiline, l'ultima sostituiva la precedente che era una ragazza che era rimasta per un intero anno - da settembre a giugno - prima di completare gli studi universitari e migrare verso altri lidi, dicendo definitivamente basta a Besaid. Perciò non le sarebbe arrivata neanche una cartolina di saluti dalla vecchia inquilina, anche lei sarebbe andata e scomparsa - oramai incognita randomica della sua vita che ogni tanto si ripresentava prepotente a rimbeccare il fatto che le persone che le gravitavano troppo attorno, prima o poi, fuggivano. Forse era con quello spirito che aveva cominciato a pensare di affittare la sua casa, la sua stanza in più, poco dopo aver acquistato la sua prima abitazione, cinque anni prima. Provare. Ricominciare. Costruire ponti. Solo che i ponti erano sempre sfalsati, e si reggevano su a fatica, avevano tarli in partenza. Erano ponti che non sapeva tenere su pilastri di qualsiasi cosa potesse restare duraturo tra due persone, che fosse affetto, fiducia, o anche solo rispetto. Alla fine si trovava sempre in difficoltà, ma non sapeva raccapezzarsi dietro a un perché che fosse valido. Lei era una brava persona, e non aveva mai pestato i piedi a nessuno. Forse faceva solo molta fatica perché non era come gli altri, e su quello, lo sapeva, non aveva granché da farci, era fatta così. Comunque non era un buon motivo per non fare uno sforzo ogni tanto e comportarsi seguendo l'uso comune, oltre che a fare una bella azione perché se la sentisse davvero.
    Quella manciata di giorni passata a cercare il regalo adatto era servita a fare in tempo ad accogliere la nuova arrivata e a guardare le sue abitudini per farsi venire in mente l'idea perfetta - anche se sapeva che a quel punto mancava di tempismo non poteva pensare di non fare un regalo che fosse almeno vicino o più simile possibile al regalo adatto a lei. Qualcosa che potesse farla sentire la benvenuta in una casa in cui la proprietaria, che era lei, era una ragazza della stessa età ma alla fine dei conti poteva anche sembrarle una presenza scomoda e ingombrante - cosa che Will non voleva proprio essere. Si sentì di mettersi d'impegno, almeno di provarci un pò a suo modo. Perciò aveva cominciato a studiarla. Il loro primo incontro si era svolto come aveva immaginato, per certi versi, e come non avrebbe potuto prevedere per altri. Aveva percorso tutti i centimetri della casa per trovare il più insignificante granello di polvere. Al posto della nuova ragazza, Riley, lei non avrebbe mai voluto trovare neanche un briciolo di cose fuori posto, teneva all'ordine in maniera considerata e precisa. Magari lei tra le sue cose poteva perdersi e avrebbe potuto ritrovarcisi, ma non era giusto imporre qualsiasi cosa che fosse sua e sua soltanto a persone diverse da lei.
    Aveva allestito accuratamente la pianificazione degli orari. Si sarebbe recata in azienda per portare le traduzioni degli ultimi manoscritti, avrebbe sistemato gli ultimi ritocchi con calma e si sarebbe vestita con qualcosa di comodo e informale, proprio per accoglierla come se fosse già stata a casa sua, per farla sentire la benvenuta. Le aveva lasciato il suo numero in anticipo proprio per accordarsi sulle tempistiche, e avevano definito un orario di ingresso, le sette di sera. Aveva visto la ragazza solo al telefono, prima di allora, perché la vicenda del trova una nuova persona prima che il posto fosse stato liberato l'aveva portata avanti sua mamma quando lei era finita a Oslo per imprevisti con il B-6D dove non poteva mandare nessuno al suo posto. Ma Riley l'aveva chiamata in anticipo, si era ritrovata senza casa molto prima e aveva bussato alla sua porta prestissimo. L'aveva dovuta accogliere in tutta fretta con un tailleur che indossava solo quando doveva passare dall'azienda e si sentì infinitamente sciocca a sembrare la donna inamidata che non era, con una Riley dalla parlantina frizzante che aveva liberato il suo gatto e fatto scorrazzare in libertà in casa da subito 'per farlo ambientare', come aveva detto lei. Da allora aveva imparato molte cose di lei, principalmente quando condividevano il momento della colazione, ed era che parlava molto di cose interessanti, che era una donna dal cuore gigante, che adorava il mondo giornalistico - e anche qualcosa a riguardo di un certo suo capo con cui aveva oramai uno storico di avvenimenti discutibile ed avvincente. Insomma, la miscela perfetta per far parlare anche una 'non sempre al suo posto nel mondo' Willow. Perciò aveva deciso così. Le avrebbe preso un taccuino tipico da giornalista, magari faceva un pò ridere ma sarebbe stato come si usava ai vecchi tempi, e un gioco per Bono Vox - che in dieci giorni aveva imparato a riconoscere anche la sua voce, doveva ammettere, ne era molto curiosa. E stavolta aveva programmato tutto per vestirsi comoda con una maglia e un pantaloncino qualsiasi neri, ad accoglierla con un regalo di benvenuto come sua nuova coinquilina.
    Si era posizionata seduta al tavolo della sala da pranzo, con le dita che tamburellavano sul banco e le gambe incrociate sulla sedia, con i due regali incartati di fronte a sé, mentre faceva oscillare lo sguardo tra una carta e l'altra, in attesa. Bono Vox fissava imperioso dal di fuori del davanzale della finestra sul cortile, preso da qualcosa che Willow da dove si trovava non poteva vedere, ed ecco che il rumore delle chiavi nella serratura della porta riecheggiò nel silenzio della casa vuota. Si alzò di scatto, raggiungendo l'ingresso proprio mentre Riley faceva la sua comparsa all'interno, il gatto schizzò tra loro frapponendosi vicino alla padrona. « Ciao! » Mormorò Willow, allargando le braccia. « Come è andata la giornata? » Le sorrise, mentre Riley cominciò a lasciare tutto quello che aveva con sé e a parlare di quello che le era successo quel giorno. E mentre continuava a parlare Willow cominciò ad arretrare, fino a condurla senza esplicitare il suo desiderio nella sala in cucina, ed indicarle il tavolo a grossi cenni senza avere il coraggio di interromperla. Quando Riley si accorse dei regali l'altra si avvicinò a lei porgendogli uno sopra l'altro. « Non ero ancora riuscita a prenderti niente. Volevo darti il benvenuto a casa. » Le sorrise, stringendosi le braccia attorno al petto inconsapevolmente. Poi si zittì per ascoltare la sua reazione, e risponderle di nuovo una volta che arrivò il suo turno. « Spero che ti piacciano. Uno dovrebbe scartarlo lui, ma non saprei come potrebbe interpretarlo. » Ammise, in realtà più sincera che ironica, credendo fortemente che i gatti fossero animali così intelligenti che una piccola probabilità a favore che Bono Vox fosse in grado di aprire da solo il suo regalo era in effetti assolutamente contemplabile.

    Edited by wanderer. - 4/9/2022, 17:35
     
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    Riley era abituata ad essere sempre in movimento, si era spostata da una parte all’altra del mondo, in passato, anche se i suoi spostamenti non erano mai accaduti in così breve tempo come, invece, le stava accadendo a Besaid. Nel giro di 9 mesi aveva cambiato stanza già un paio di volte, a partire dall’Aamot Lodge, per arrivare fino all’appartamento di Noelle -che era tornata in Italia lasciandola senza un tetto sulla testa- fino ad arrivare a casa di Willow dove, sperava, si sarebbe fermata per un bel po'. Riley era una persona dinamica, non le dispiaceva avere costantemente del caos intorno a lei, scatoloni da sistemare e valigie da svuotare, tuttavia gli avvenimenti recenti l’avevano resa leggermente diversa. Spesso era alla ricerca della calma, della normalità. Sentiva il bisogno di ritagliarsi del tempo tutto per sé, anche una sola mezz’ora nell’arco dell’intera giornata, con l’intento di non impazzire o di non pensare troppo a ciò che era successo sulla spiaggia che, nonostante fosse ormai accaduto qualche mese addietro, continuava a perseguitarla e a farle domandare se tutto ciò che era successo era reale o solo frutto della sua fantasia e delle altre persone che erano con lei. Si sentiva diversa, Riley, ma si teneva abbastanza impegnata dal non badare troppo a tutto ciò che le stava succedendo nella testa. Si era buttata a capofitto in quell’indagine di cui erano a conoscenza solo lei e Lars, i novelli Sherlock Holmes e Watson di Besaid, così si erano soprannominati. Chi fosse chi, poi, ancora dovevano stabilirlo, ma rimaneva il fatto che stavano cercando di capire a chi o cosa facessero capo alcuni atti violenti ed apparentemente scollegati tra loro, che ultimamente si stavano dipanando nella cittadina di Besaid. Quella, per quanto rischiosa, era comunque un’ottima distrazione per Riley che, in effetti, stava lavorando più del solito e spesso si portava il lavoro anche a casa, nella sua nuova casa, nella casa che da una decina di giorni condivideva con Willow. La sua nuova coinquilina le stava simpatica. In realtà non era difficile che qualcuno stesse simpatico a Riley, ma con Willow poteva percepire gli albori di un’intesa che, se curata bene, poteva veramente trasformarsi in un legame d’amicizia importante e duraturo, oltre al fatto che la donna aveva accolto in casa Bono Vox senza batter ciglio e, si sa, che accettare gli animali per Riley è già un ottimo biglietto di presentazione. Non sapeva se quella strana simpatia che provava per Willow, una ragazza che di fatto conosceva ancora da poco tempo, fosse dovuta al fatto che in quel periodo Riley fosse in cerca di persone che potevano sostenerla, in qualche modo. Voleva compagnia, bramava distrazioni provenienti da chiunque potesse distoglierla dai ricordi insistenti ambientati sulla spiaggia di Besaid.
    Il lavoro, le conoscenze vecchie e nuove, Bono Vox, uscire senza una meta precisa; qualsiasi cosa andava bene pur di svuotare la mente e non pensare a nulla. Era strana, per Riley, quella sensazione. Rimaneva pur sempre una persona positiva, ma l’essere morta in qualche modo, e l’aver visto qualcosa di lontanamente lontano al padre che non aveva mai conosciuto, l’aveva cambiata. Non sapeva quanto e come, ma sapeva che qualcosa in lei non era più la stessa. Forse quel trasloco non poteva capitare in un momento più idoneo della sua vita, cambiava casa così come stava cambiando qualcosa in lei. Niente di più adatto e, in fondo, quel nuovo posto le piaceva parecchio dal momento che Willow sembrava prestare molta più cura alla pulizia e ai dettagli di tutti gli altri coinquilini che Riley aveva avuto in precedenza. Dal canto suo, però, sentiva di non essere riuscita ancora a dedicarsi alla compagnia di Willow, impegnata com’era col lavoro. Si sentiva in colpa, non voleva che la ragazza pensasse che non le stesse simpatica o che non l’apprezzasse e quel pensiero si fece sempre più insistente nella sua testa, tanto che iniziava a credere che forse le lunghe conversazioni che facevano durante la colazione, non erano abbastanza. Non voleva apparire sfuggente e né un’approfittatrice. Non lo era e non aveva alcuna intenzione di dare l’impressione a Willow di essere una persona distante che le aveva invaso casa con le sue cose e con il suo gatto mangione. Per questo aveva deciso che quel giorno, al ritorno da lavoro, sarebbe tornata a casa e non l’avrebbe data vinta alla sua stanchezza ma, invece, sarebbe rimasta a chiacchierare con Willow, qualora anche lei fosse già a casa. Spesso i loro orari lavorativi non coincidevano, per questo riuscivano a chiacchierare tranquillamente solo a colazione. In qualsiasi caso quando Riley infilò le chiavi nella serratura della porta di casa, era piena di buoni propositi, un po' come un bimbo quando sa che sta per arrivare il Natale e s’impegna ad essere sempre bravo e buono. Varcò la soglia e non le fu difficile individuare Willow che, in tutta onestà, considerava una ragazza troppo bella per essere vera. Eterea, delicata, Riley talvolta pensava di essere talmente goffa da non essere degna di starle accanto. «Ciao cucciolone! Non iniziare a miagolare come un dannato, tra poco arriva la pappa, tranquillo!» Diede immediatamente attenzione a Bono Vox che andò a farle le fusa e lei lo accarezzò. Quel gatto era capace di metter su una sceneggiata se non gli avesse fatto qualche carezzina ma, mentre lo prese in braccio, sorrise a Willow in risposta al suo saluto. Il sorriso enorme di Riley faceva scivolare via ogni briciolo di stanchezza accumulato durante la giornata. « Come è andata la giornata? » Anche Willow sembrava essere di buon umore, il che rendeva di riflesso Riley particolarmente felice e convinta che quella probabilmente sarebbe stata la convivenza più longeva che avrebbe avuto a Besaid. Mollò la borsa e le chiavi sul mobile dell’ingresso e poi si lamentò di quanto pesasse Bono Vox, per rispondere infine a Willow. «Bene come al solito. Ho scritto qualche articolo e giocato a fare la Sherlock Holmes con Lars. Ma le nostre investigazioni ancora non portano a nulla…in qualsiasi caso siamo meglio della polizia!» Scherzò, seguendo involontariamente la sua coinquilina fino nella sala in cucina, uno dei posti preferiti di Riley in casa, perché era accogliente, calda, le ricordava un po' casa sua, quella che aveva condiviso per tanti anni con sua madre. «A te com’è andata?» Ricambiò la domanda corrugando un po' la fronte perché non capiva cosa significassero i cenni al tavolo che le stava facendo Willow. Guardò il mobile e poi, finalmente, li vide, due pacchetti regalo colorati che già solo per quello tanto bastavano a rendere la giornata ancor meno monotona. «Sono per me?» Riley era quasi incredula, non ricordava più da quanto tempo non ricevesse qualcosa in regalo, lei che i regali li aveva sempre adorati. « Spero che ti piacciano. Uno dovrebbe scartarlo lui, ma non saprei come potrebbe interpretarlo. » Guardò Willow con gratitudine, sentendosi un po' in colpa perché lei non sapeva come ricambiare quel gesto tanto carino. «Hai visto cosa ti ha preso zia Willow? Bono Vox può chiamarti zia Willow, vero?» Prima si rivolse al suo gattone con una voce da bambina e poi, la seconda domanda, la porse alla diretta interessata, mentre per prima cosa scartava il pacchetto destinato all’animale domestico da cui ne estrasse fuori un giochino a posta per i gatti che, in realtà, divertì parecchio anche lei. Bono Vox lo apprezzò, ma il mangione aveva fame e continuò lo stesso con quel suo miagolare disperato, come se lo stessero tenendo a digiuno da un mese. «Questo si che mi renderà più professionale! Non so veramente come ringraziarti, Will, hai avuto un pensiero dolcissimo.» Scartò anche il suo taccuino da giornalista, avendo già in mente di sventolarlo davanti la faccia di Lars, l’indomani, solo per il gusto di dirgli che lei aveva un taccuino più bello del suo. Abbracciò anche Willow, slanciata com’era nei gesti d’affetto fisici, Riley non era di certo il tipo da ringraziarla con una normale stretta di mano. «Non so veramente come ricambiare…posso preparare la cena!» Lo propose con un entusiasmo spropositato, tanto da alzare persino le braccia in aria, per poi tornare seria: «No, non ti conviene. Le mie doti culinarie non sono il massimo…» Seguì un attimo di silenzio e poi tornò a parlare: «Possiamo ordinare la pizza, offro io!» Ecco, quella le sembrava un’opzione più sana anche se era comunque troppo poco per il pensiero carino che aveva avuto Willow. Prese comunque il suo cellulare digitando il numero della pizzeria che ormai conosceva a memoria, tanto erano le sere in cui era tornata a casa stanca morta senza alcuna voglia di cucinare qualcosa. «E comunque il mio capo sarà super invidioso del mio taccuino. Sul serio, dovresti conoscere Lars, è un personaggio!» Parlò mentre digitava il numero e aspettava che qualcuno le rispondesse dall’altro capo del telefono, mentre Bono Vox continuava a miagolare. Per essere solo due persone e un gatto, in quella casa c’era comunque un bel po' di casino!
     
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    Willow era sempre molto brava ad associare agli episodi che viveva parole che potessero descriverli. La sua particolarità la rendeva sicuramente predisposta a recepire un certo numero di capacità associate, eppure lei era riuscita con il suo lavoro, con la dedizione che aveva ricercato tra le pagine dei libri e l'affinamento di quel talento, a sviluppare una caparbietà insolita, che si scontrava con la sua natura e l'indole pacifica. Willow si sentiva insolitamente a suo agio con la vicinanza di Riley, e poteva descrivere quell'incontro con lei come propiziatorio già da quel momento, una piccola epifania legata al suo arrivo che la potesse scuotere dal torpore di una vita tranquilla, silenziosa, fatta di pensieri e tanto ragionata, anche per sua volontà, ma che finalmente trovasse un epilogo che avesse un suo senso. Era preoccupata all'idea di condividere la sua casa, la sua quotidianità, la sua stessa persona, con una persona che non conosceva, era ovvio, ma una persona come Riley le dava un senso di affidabilità diverso da quello che poteva attribuire alla parola affidabile, il senso che la portava a pensare che ci sarebbe stata, a prescindere da altri condizionamenti esterni o della sua persona. Perciò piombare al centro dell'ingresso e rimanere a guardarla mentre chiamava a gran voce Bono Vox le fece immaginare l'immagine di una casa movimentata, che non aveva mai avuto, e non aveva mai saputo immaginare forse potesse mancarle. Guardò il sorrisone che le rivolse Riley mentre prendeva in braccio il suo gatto, e si sentì emozionata ed impaurita assieme all'idea di cosa potesse pensare di lei, Willow, che fremeva all'idea di sapere la sua opinione dei regali che aveva scelto, e se avesse fatto un buon lavoro o meno nella sua decisione. Rimase in contemplazione della scenetta che le si parò davanti con Bono Vox che miagolava e Riley che gli parlava, nel frattempo Riley cominciò a raccontarle la sua giornata, e lei dovette immaginare nella sua mente un piccolo cassetto che si apriva tra i suoi pensieri e tirasse fuori l'archivio delle informazioni che le ricordavano Sherlock Holmes. « Una volta eliminato l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità. » Mormorò come se fosse una cosa assolutamente normale, senza enfatizzare le sue parole con fare teatrale. Willow era fatta così. Mischiava la sua realtà alle pagine che aveva letto facendo da tramite con le sue citazioni per legare due mondi che altri avrebbero chiamato realtà e finzione, ma per lei erano solo realtà e realtà, parole dette e lasciate per sempre in essere, per sempre vive, come se fossero state appena pronunciate. Ed in effetti erano pur sempre realtà. « Raccontami delle vostre investigazioni. Se puoi parlarmene. » Aggiunse, per cercare di capire cosa intendesse la donna, facendole strada verso la cucina. Non sapeva ancora cosa riguardasse la ricerca di Riley, se il lavoro di cui si stesse occupando fosse uno in particolare, o servisse investigare in vari aspetti degli articoli che stavano scrivendo, ma era curiosa di scoprirlo. Lo chiese sottintendendo una domanda, non era sicura che ci fossero risvolti che potesse raccontarle, anche se la stampa dovesse poi sempre raccontare la verità non significava che Riley dovesse per forza dare spunti sui suoi articoli a lei, magari era ancora troppo presto visto che si conoscevano ancora poco, magari lo sarebbe stato sempre nell'ambito del giornale. Si guardò intorno con lei nella cucina, camminandole accanto attenta a che intercettasse la sua sorpresa. « Bene. Una giornata normale. » Mormorò, pensando che la giornata che aveva passato era stata effettivamente una giornata come le altre, a parte l'agitazione del regalo da scegliere e da comprare non c'erano state delle novità degne di nota, perciò le raccontò solo la parte in cui le dettagliava le attività di cui si era occupata. « Ho portato un altro manoscritto in azienda, e mi hanno contattato per un altro lavoro da interprete per affari internazionali. » Non era alcun segreto che Willow facesse da interprete per alcune faccende governative, quello che ovviamente non poteva dichiarare erano i lavori strettamente correlati alla sezione governativa segreta, ma per il resto c'erano molte attività che doveva gestire che erano chiare alla luce del sole, e per cui in effetti si era trovata a collaborare con la politica del luogo ed internazionale. Erano disparate le implicazioni della cittadina per il governo norvegese, e c'erano molte interazioni per cui erano necessarie traduzioni con le lingue più disparate parlate in posti molto remoti. Willow era stata notata proprio così dal B6D a suo tempo, e quando era stata contattata si era resa conto che nel suo piccolo era un modo per tenere fede alla promessa che aveva fatto a Raphael di uscire dal suo guscio. Anche se Raphael non si sarebbe trovato d'accordo con l'uso disparatissimo che faceva del suo potere.
    Si fermò dal raccontarle altro quando Riley intercettò i pacchetti che Willow aveva lasciato per lei sul tavolo. La osservò mentre le si illuminavano gli occhi, e lei abbassò i suoi imbarazzata, si vergognò di quello che pensasse di lei, come quando succedeva quando Willow decideva di esporsi al mondo. Era qualcosa di sensato? Aveva fatto bene a scegliere esattamente quei regali? Ma l'entusiasmo di Riley riuscì a contagiarla e quando vide la sua reazione si sentì sollevata, e tornò emozionata come era stata appena aveva aperto la porta d'ingresso. Riley scartò i due regali e passò il gioco per gatti a Bono Vox, Willow si mise a ridere coprendosi il viso con le mani. «Sì, certo, può chiamarmi zia.» Le venne in mente in quel momento che sarebbe stato bello se il suo potere si fosse potuto espandere ad abbracciare anche la possibilità di parlare con gli animali, che invece era però la particolarità di Candy che aveva avuto occasione di conoscere e di cominciare a trarre informazioni sulla Reservoir anni prima, dopo la partenza di Raphael. Adesso era difficile pensare di averlo rincontrato e non sapere come comportarsi, e l'ultimo incontro avvenuto appena poco prima la faceva pensare di non sapere come fare a gestire tutte le emozioni che stava provando in quel periodo. Si lasciò abbracciare da Riley persa nelle sue considerazioni, e la stretta la fece tornare al presente e all'abbraccio che le scaldò il cuore. Aveva fatto un buon lavoro, si disse, e provò a stringere le mani intorno a Riley ricacciandosi nella stretta con la sua coinquilina, felice. Riley si emozionò tanto da proporle di cucinare una cena, e poi decise di ordinare una pizza per festeggiare, avendo commentato le sue doti culinarie. «Ah non preoccuparti non sono tanto in gamba neanche io.» Mormorò facendo eco al suo pensiero. Oramai diventata vegetariana la scelta dei cibi che riusciva senza problemi a maneggiare e consumare era diventata più limitata, ma non era mai stata una grande amante del mettersi ai fornelli. La pizza era perfetta, ed era un piatto che le piaceva molto da sempre. «Mi piace come idea! Comunque mi ha fatto piacere, stai tranquilla. » Mormorò, cercando di recuperare le parole che le aveva detto Riley esprimendole quanto fosse contenta anche lei di averle fatto un regalo, e che non doveva in qualche modo sentirsi in difetto per questo motivo, perciò le uscì una frase che fosse un detto e non detto perché ancora voleva esporsi ma non sapeva propriamente come potesse farlo. Aveva capito che Riley fosse una donna sincera e non aveva bisogno di nascondere i propri pensieri, tuttavia doveva pur sempre abituarsi all'idea di farlo. Perciò la guardò prendere il suo cellulare per digitare il numero della pizzeria. Si accomodò alla sedia di fronte al tavolo, si appoggiò ad esso con i palmi delle mani adagiati sul legno. «Raccontami di questo Lars. Non lo conosco.» Aggiunse, incitando Riley a proseguire nel suo racconto. Aveva voglia di sapere più cose su di lei, sul suo passato, su quello che la riguardasse. Voleva aprirsi a guardare le conversazioni tra loro vedendo lo spiraglio sulla vita che le era ancora preclusa, quella di informarsi davvero sugli altri e concentrarsi su quello che ascoltava di rimando. Le fece segno di sedersi accanto a lei, contenta, aspettando che la donna chiudesse la conversazione al telefono per continuare ad ascoltarla.

    Edited by wanderer. - 13/9/2022, 18:11
     
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    C’è da dire che, finalmente, Riley si sentiva a casa. Era una sensazione che non sentiva da un bel po’, aveva vissuto in un ostello, in una casa che poi era stata abbandonata dalla sua ex coinquilina, in camere d’albergo, e tutti le davano quella sensazione di provvisorio e transitorio. Sentiva di non poter rilassarsi in pieno tra le mura di quei luoghi, perché prima o poi avrebbe dovuto lasciarli. Sensazione che, invece, in pochi giorni non aveva sentito a casa con Willow. Riley varcò la soglia di quella abitazione e si sentì a suo agio, a casa. Si prese il tempo per assaporare quella sensazione che pensava non avrebbe più provato. Il buon umore le fu naturale quando, ad accoglierla, vide il suo Bono Vox e Willow. « Raccontami delle vostre investigazioni. Se puoi parlarmene. » Riley si strinse nelle spalle, mentre andavano in cucina, non perché non volesse informare la sua coinquilina, ma perché con Lars erano ancora ad un punto morto: «La verità? Neanche noi sappiamo che tipo di investigazioni siano. Abbiamo qualche sospetto, ma al momento non abbiamo prove concrete in mano.» Le rispose in maniera sincera, limpida. Riley e Lars stavano seguendo più piste e tutte avevano portato verso un vicolo cieco, eppure entrambi erano abbastanza testardi da fidarsi del proprio istinto e non gettare la spugna. Non aveva rivelato nulla a Willow semplicemente perché non aveva nulla di concreto in mano, non perché non si fidasse di lei. Strano da dire per una persona che conosceva relativamente da poco tempo, ma Riley si sentiva abbastanza a suo agio in compagnia di Willow da essere convinta di poterle raccontare qualcosa in più su sé stessa.
    Anche Riley si mostrò interessata a sapere come fosse andata la giornata della sua coinquilina, ascoltandola mentre le narrava ciò che aveva fatto. «Super Willow! Non so come tu riesca a non annoiarti con quelle faccende governative da tradurre. Io di solito cerco di evitare di scrivere argomenti del genere, mi fanno addormentare.» Era diventata giornalista perché poteva smascherare le ingiustizie compiute dai più potenti, per Riley era meno noioso che tradurre i loro discorsi. Ciò non voleva dire che sminuiva il lavoro di Willow anzi, la ammirava perché riusciva a fare qualcosa che lei stessa non sarebbe mai riuscita a fare.
    Qualsiasi cosa stessero dicendo in quel momento, s’interruppe non appena Riley vide i regali che Willow aveva preso per lei e Bono Vox. Un gesto che apprezzò più di quanto si potesse intuire in quell’abbraccio spontaneo che diede alla sua coinquilina, ringraziandola e sperando che potesse sentire il suo sincero entusiasmo.
    Quello sprazzo di gentilezza e umanità era proprio ciò che le serviva dopo il periodo difficile che aveva trascorso. Avrebbe voluto regalare a Willow qualcosa in cambio, magari non una cucina bruciata, per questo si propose di offrire la pizza quella sera, un gesto decisamente pericoloso di lei che azzardava a cucinare qualcosa ai fornelli. Digitò il numero sul suo cellulare e ordinò le pizze, una cosa che fece quasi in fretta perché voleva continuare a parlare con Willow, per conoscerla meglio. Erano sempre talmente prese dalle loro vite e dai loro lavori, che raramente riuscivano a trascorrere una serata in compagnia. «Da dove iniziare per raccontarti di Lars? È il mio caporedattore, ma ammetto che spesso lo tratto come un mio pari, senza badare alla gerarchia di ruoli.» Lo ammise con un sorrisino, ricordando quante volte discutevano e quante volte Riley gli rispondeva in maniera chiara e diretta senza peli sulla lingua. «È tutto precisino, se vedi il suo ufficio per intero ha tanto ordine, la mia sola scrivania al confronto sembra uno sgabuzzino di oggetti in disuso.» Riley gesticolava per colorire ancora di più la descrizione che stava dando di Lars. Nonostante i litigi era innegabile che lo ammirasse: «È un brontolone buono, diciamo così!» Decretò con un sorriso, sedendosi anche lei al tavolo, sperando che la pizza arrivasse il più presto possibile perché aveva parecchia fame. «E tu hai superiori come Lars? Anzi, tu hai superiori più in generale?» Non aveva la minima idea di come funzionasse l’ambiente lavorativo di Willow, quindi voleva saperne di più e la guardò curiosa in attesa di risposta.
     
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    Non sapeva se si sarebbe mai vista bene nelle vesti di una giornalista, o forse, data l'inclinazione che stava prendendo la loro discussione, una vera e propria investigatrice, addirittura una poliziotta o criminologa. Si stupiva a pensare quante possibili pieghe potesse prendere la vita di qualcuno, anche se lei era una romantica nel profondo e fosse sempre convinta che per ognuno esisteva una sola possibile vera chiamata, una vocazione, che faceva tutti ricondurre al giusto destino. Non era facile immaginare però che questo destino trovasse sempre la sua spiegazione e in quali tempi. Insomma, che lei e Riley avessero trovato la propria vocazione, la sola e l'unica, non vi era ombra di dubbio. Adesso la incuriosiva immaginare come potesse svolgersi la propria carriera, e poi, si ritrovò a chiedersi anche come immaginasse Riley nel continuare la sua vita a Besaid in quel giornale di cui le parlava da quando era arrivata nella sua casa. La coinquilina sembrava avere una energia tutta sua, molto più prorompente della classica attitudine alle cose di Willow: lei era abituata a prendersi i suoi spazi con calma, a camminare lentamente, a vedere tutto dietro un filtro specifico che spesso sembrava rallentare i suoi contorni e vedere le cose con semplicità e senza presupporre nulla dagli altri o dalle loro reazioni. Willow viveva nel suo mondo, così dicevano tutti gli altri, ma lei non si sentiva strana nella sua persona, si era sempre trovata bene nella sua testa. Sorrise a Riley, in tutte le effusioni che le fece, le sue dimostrazioni di affetto. Si vergognava di sentirsi così bisognosa di quello scambio di interazioni, ma si era resa conto solo allora di come le era mancato trovare qualcuno con cui condividere le sue giornate raccontandosi serenamente, nonostante le piacesse la solitudine. Non poteva parlare tutta la vita solo con sua madre di quello che le capitava, d'altronde. «Quindi... state ancora raccogliendo prove? State cercando di capire il contesto, da quanto capisco.» Willow quello che sapeva lo conosceva dai libri, e questa era una verità assoluta per lei. Immaginò che si trovassero di fronte ad un caso complesso da esaminare, e che fosse molto più complesso perché non sapevano ancora cosa riguardasse. La particolarità sembrava essere nel fatto che c'erano molte stranezze collegate tra di loro, e né lei né il suo capo avevano ancora capito l'entità di questa correlazione. C'era da dire che molti episodi turbolenti erano capitati a Besaid, e lei ne era dispiaciuta. La calma apparente della sua cittadina era stata sconvolta da molti avvenimenti incresciosi, che sembravano tornare dopo molti anni di quiete: era successo in passato che molti accadimenti disturbassero la quiete pubblica, alla fine era stato tutto messo a tacere, tantissime inchieste erano state seppellite, ma quello che contava era che le persone avessero ricominciato a vivere serenamente. Sembrava che dopo anni fosse tutto tornato a galla, e lei ricordava solo vagamente gli episodi successi in passato, perché da ragazzina aveva filtrato quello che era avvenuto immaginando che potesse essere normale in una città come la loro.
    Si strinse nelle spalle, archiviando il pensiero al passato, quando Riley la elogiò per il suo lavoro. Era davvero una super Willow? Si chiedeva a volte se fosse davvero in grado di fronteggiare tutto quello che le capitava, ma non era semplice immaginare di essere più dell'ordinario per lei. «Al lavoro, lato interpretariato, non ci penso mai troppo perché avviene tutto in tempo reale. È come se accedessi a un momento in cui la mia mente si trova a viaggiare in automatico, spesso non ripenso a quello che dico se non molto dopo, quando è tutto finito.» Il lavoro da interprete era molto buffo per lei. Alle volte le sembrava di tradurre senza pensare a nulla, e poi ragionare davvero sugli argomenti di discussione solo tanto tempo dopo. Gli incontri internazionali duravano ore, e spesso queste riunioni portavano al nulla di fatto: erano incontri di potere, in cui entità diverse si fronteggiavano sugli argomenti più disparati senza davvero concludersi su decisioni esecutive. Il mondo della politica era davvero strano, e non avrebbe mai fatto per lei. Era più che contenta di essere utilizzata a uno scopo più grande con il lavoro nel B6D, le sembrava finalmente di dar una mano concreta alle cose che avvenivano nell'immediato, senza perdite di tempo troppo ampie. Tutto questo avrebbe voluto raccontarlo a Riley, ma purtroppo il lavoro nella sezione segreta non era divulgabile. «Invece tradurre dei testi narrativi mi permette di pensarli e immaginarli, e così riesco a leggere tante storie e a farle mie, e poi dare nuova vita permettendo alle persone della nostra lingua di leggerle fluentemente.» Poteva raccontare tutto liberamente invece del lavoro come traduttrice. La sua casa editrice era un ambiente sicuro, era il posto che frequentava da anni, perché era il primo lavoro serio che aveva intrapreso, e lì era rimasta, ridimensionando le sue ore in base agli impegni come interprete. Aveva avuto bisogno dopo la partenza di Raphael di trovarsi una dimensione, poiché con lui aveva immaginato un nuovo posto nel mondo. Non avrebbe mai potuto prevedere che la vita potesse cambiare di nuovo, anche se erano passati dieci anni da allora, e dieci anni erano un arco di tempo lunghissimo.
    Dopo aver spiegato a Riley come considerasse i suoi due lavori, e come si differenziassero l'uno dall'altro, aspettò che la ragazza chiamasse la pizzeria per ordinare la loro cena. In effetti Willow non aveva nulla a casa che non fosse già pronto, e per quella sera non aveva pensato previsioni differenti se non estrarre dal frigorifero qualche pasto già preconfezionato. Visto che erano riuscite a trovarsi e ad incrociarsi agli stessi orari per sedersi a tavola insieme, era bello pensare di poter improvvisare finalmente una cena che poteva chiamarsi tale. Si alzò dalla sedia per poter preparare il minimo indispensabile che serviva loro per poter cenare: cercò delle tovagliette semplici, che utilizzavano tra le varie che aveva a disposizione in casa, per posarle sul tavolo, e poi prendere bicchieri, piatti e posate, non avevano bisogno di molto altro. La casa che aveva acquistato Willow era rimasta per molti versi come la precedente proprietaria l'aveva lasciata. Willow non aveva avuto molto senso pratico per pensare a come rifarne il design, aveva sentito il bisogno di avere uno spazio suo e la voglia di investire i suoi risparmi senza preoccuparsi troppo dei dettagli. Però era una casa accogliente, che aveva lo spazio giusto per lei e condividerlo con un'altra persona. Finì di allestire il tavolo, e fece un gesto a Riley per farla accomodare mentre lei le raccontava a sua volta altri dettagli del suo lavoro. Seguì le sue mani mentre parlava, ridendo con lei quando si mise a ridere a sua volta al racconto di Lars, quest'uomo che lei non conosceva. «Neanche io sono molto ordinata. Ci vorrebbe un Lars in questa casa che sistemi magicamente tutto.» Sorrise, immaginando quanto sarebbe stato bello avere qualcuno che sistemasse sempre tutto e rassettasse ogni angolo della casa. In realtà Willow non si poteva definire disordinata, nelle sue organizzazioni aveva molta cura, ma alcune volte si scordava dettagli importanti per altri, perché per lei non lo erano. Per esempio ci era voluta la sua precedente coinquilina per rendersi conto che non avevano utensili per la cucina, avevano dovuto cucinare con forchetta e coltello per qualche giorno prima che la ragazza precedente non decidesse di acquistarli. Però almeno, si disse dandosi una pacca immaginaria sulla testa, era riuscita a sistemare tutto ma proprio tutto per Riley. «Io non ho diretti superiori, o meglio, mi ci relaziono molto meno, ma ci sono. » Cominciò, pensando ad entrambi i lavori che svolgeva. «Come interprete e come traduttrice lavoro in solitaria. Ma nel primo caso riporto direttamente agli enti governativi, perciò le figure variano spesso, non mi ritrovo quasi mai a parlare con le stesse persone. Nel secondo c'è il capo dell'editoria, che si occupa della gestione amministrativa in toto affiancato da un altro team. Io ho delle consegne e delle scadenze per cui ogni volta ho tempi diversi e una gestione separata. » Si stupì rendendosi conto di quanto avesse parlato. Aveva fissato Riley negli occhi per tutto il tempo, ancorandosi sui gomiti al tavolo tondo della cucina per fermare il volto sui palmi delle mani. Poi un rumore fece eco alle sue parole, il citofono emise il solito suono stridulo per avvisare l'arrivo delle pizze, con Bono Vox che sgattaiolava verso la porta per sbirciare cosa stesse accadendo.
     
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4 replies since 24/9/2021, 17:52   177 views
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