✨🎃Halloween 2021 ad Hogwarts!🎃✨

Evento di Halloween del Forum!

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    🧙✨Halloween Night In Hogwarts! - Aulìn 2k21!✨🧙
    🧡Masterpost 🧡

    Quest'anno All Hallows' Eve, la vigilia del giorno di Ognissanti e giornata più spettrale, si celebra ad Hogwarts!! Dopo la Thriller Night piena di disagyo e la terrificante Scary Stories To Tell In The Dark, questa volta vi offriamo l'ambientazione più magica e versatile che ci sia!

    |FESTA AD HOGWARTS|
    A cavallo tra la brina invernale e le croccanti foglioline d'autunno, Halloween quest'anno si festeggerà alla Scuola di Magia e Stregoneria più bella del mondo! Il preside, il corpo docente e gli spassosi ospiti del castello di Hogwarts vi attendono!
    Dall'arrivo sino alla fine della serata troverete qui sotto una guida pratica per orientarvi nel setting e tutte le indicazioni utili per giocare e divertirvi al massimo. Le informazioni sono tutte fondamentali per capire come scrivere il vostro post, quindi vi preghiamo di !!leggerle con attenzione!



    🦇Intro: Naturalmente, non c'è festa ad Hogwarts che si rispetti senza un'entrata ad effetto! Volete arrivare a bordo di una macchina o carrozza volante? Certo! In sella a dei Thestral? Naturale (anche se dovete aver visto la morte in faccia)! Oppure in treno o in delle navi incantate che emergono dalle acque? Assolutamente sì! Fateci sapere come siete arrivati alla festa, e quale sarà il vostro ingresso magico!

    🦇 Il look è quello per un ballo, quindi sarebbe preferibile indossare toghe ed abiti da cerimonia, tuttavia se preferite venire in uniforme scolastica va benissimo, sarete comunque una delizia per gli occhi ~mWAH~

    🦇 Una volta all'interno del castello, vi aspetta una splendida festa in sala grande, con una tavola imbandita con le migliori leccornie autunnali e più avanti una pista da ballo, dove potrete sbizzarrirvi non solo nei balli tradizionali ma anche con il ritmo scatenato delle Sorelle Stravagarie! Il cielo incantato nella sala è stellato e limpido, ma vi aleggiano anche zucche di Halloween e nebbia per contribuire all'atmosfera~

    🦇 Prima di tutto però, è importante che voi partecipiate alla Cerimonia dello Smistamento! Il cappello parlante vi dirà a quale casata appartenete! Siete dei Grifondoro, Tassorosso, Corvonero o Serpeverde? Fateci leggere la vostra reazione! Siete felici o scontenti della vostra casata? Sapete che, nel profondo, la decisione presa dal cappello è quella giusta? Ormai siete in tutto e per tutto parte della scuola di magia e stregoneria!
    N.B. Potete fare molto facilmente un account su Wizarding World per avere un parere ufficiale, ma anche potete smistare voi i vostri e le vostre pg autonomamente, seguendo le loro indoli ed inclinazioni.

    🦇Da qui in poi è tutto libero, ecco le vostre tante opzioni di gioco - su cui fondamentalmente avete carta bianca, scegliete come più vi piace:
    🌙 Il castello di Hogwarts è a vostra totale disposizione, dai dormitori, le segrete, la stanza delle necessità, la sala grande, le aule, il bagno dei prefetti, la torre dei corvonero, la capanna di Hagrid, i cortili ed il campo di quidditch: potete spostarvi in tutte le aree della scuola dentro e fuori, senza limitazioni e divertirvi con fantasmi, scacchiere giganti, quadri in movimento e scale che cambiano posizione hehe~
    🌙 Potete anche visitare al cittadina di Hogsmeade dove troverete una location caratteristica per passeggiare o dove potrete consumare una bibita con gli amici alla Stamberga Strillante.
    🌙 Se volete allontanarvi ancor di più potete recarvi magicamente a Londra e frequentare Diagon Alley, a cui si accede dal retro del Paiolo Magico: la strada magica di Londra è piena di negozi di vario tipo (tra cui quello delle bacchette magiche di Ollivander e degli scherzi dei Weasley), ma fate attenzione, non vi avventurate troppo in là o finirete nella temibile e misteriosa Nocturn Alley, infestata da maghi e streghe dalle inclinazioni oscure!
    🌙 Potete anche avventurarvi nella Foresta Proibita o il Lago Nero: questi luoghi sono però popolati da creature magiche di ogni tipo come sirene, ragni magici, grifoni, centauri e dissennatori - non tutte queste entità sono buone, perciò entrate con cautela, bacchetta alla mano!

    🦇 Ora che sapete tutto su ciò che potete fare durante la festa autunnale di Hogwarts sbizzarrite la vostra fantasia! Che siate studenti e studentesse o docenti, o maghi e streghe del mondo non-babbano avete carta bianca, buon divertimento!


    Jack-o'-Lantern:
    !! Ecco qui le info fondamentali in cui inquadrare la storia.
    👻 Iniziamo con un recap per capire ogni fase del vostro post: ~ Arrivo ad Hogwarts.
    ~ Smistamento, in sala grande.
    ~ Potete frequentare la festa della scuola oppure imbattervi in avventure di ogni tipo!
    👻 Se necessitate di più informazioni o qualcosa non è chiara, chiedete senza problemi a noi dello staff su telegram o per MP.


    References:
    !! Importante: Leggete qui per comprendere le logistiche del gioco.

    🕸 Questo evento ad Hogwarts rientra in un AU [universo alternativo], in cui tutto può succedere. Avete campo libero su tutto, ricordate però che tutto ciò che farete non rientra nella storia canon che state costruendo a Besaid. È un po' come aver trasportato un pg in un universo parallelo!
    🕸 L'ambientazione è quella indicata sopra, per cui è importante che leggiate tutto bene per approfittarne al meglio! Ci sono link per tutte le pagine del wiki di Harry Potter, se avete dubbi potete consultare quello per delle ricerche o chiedere a noi dello staff.
    🕸 I personaggi possono essere studenti, prefetti, prof o maghi e streghe del mondo magico, a prescindere dall'età. Consigliamo ovviamente a pg più adulti di non indossare le toghe da studenti, ma in ogni caso l'età non conta poi molto, ciò che importa è l'ambientazione e tutto ciò che può offrire!
    🕸 Non siamo in una timeline precisa: non abbiamo parlato degli eventi tra Harry Potter e Voldemort, ciò che offriamo qui è solo l'ambientazione nella sua totalità!
    🕸 Anche questo evento vi permetterà di giocare con agio, difatti:
    ~ Potete creare tutti i post che volete (non c'è un limite di numero, basta pubblicarne uno)
    ~ Potete creare qualsiasi genere di post desiderate (horror, romance, disagyo, thriller, fantasy e così via, basta che inseriate gli appositi warning se necessario!)
    🕸 Dovrete postare da oggi 1 Novembre al 20 Novembre compreso! Poi, chiuderemo il topic.
    🕸 Come avete fatto per il prom, per ulteriore chiarezza all'inizio di ogni post prima della risposta, scrivete semplicemente a quale coppia / gruppo appartenete, se ne avete uno (altrimenti, potete postare senza scrivere nulla). Ad esempio, scrivete: "Ivar & Fae" prima dell'inizio della risposta.
    🕸 L'ordine dei turni è sparso. Potete postare quando volete, però entro la data che è stata assegnata.

     
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    L’occasione era troppo ghiotta per essere persa. La possibilità di andare ad Hogwarts anche se solo per una notte, la possibilità di vedere la scuola di magia e stregoneria più famosa al mondo, sia babbano che magico, dopo che la mente della scrittrice più ricca d’Inghilterra l’aveva immortalata nei suoi sette libri, che aveva letto, anche se preferiva gli ultimi ai primi, forse per lo stile più adulto e i temi trattati. Era un ballo formale, se così si poteva dire, e tutta Besaid era invitata, probabilmente oltre ad altre città particolari, speciali come la loro, se ne esistevano. Certo si doveva essere maghi, o creature particolari. Nel suo caso, anche se non aveva mai frequentato alcuna scuola di magia, sapeva di essere speciale, e la bacchetta della madre era ben protetta in una delle pieghe del vestito. Cedro, dodici pollici e tre quarti, criniera di Kelpie, inflessibile, normalmente riposta nella sua custodia di velluto giallo e legno di noce con l’insegna di Ollivander incisa a fuoco. Si guardò un ultimo momento allo specchio del bagno, controllando che il trucco leggero e volutamente pallido fosse a posto. Aveva optato per un trucco che la rendesse simile a una persona pallida, esangue senza sfociare nel sembrare una vampira o simili, più una che non prendeva il sole da molto molto tempo. Le labbra erano coperte da un sottile strato di rossetto bluastro, come il trucco infossava gli occhi e lo stesso valeva per gli zigomi, dando l’impressione di un volto emaciato, elegantemente pauroso. Si complimentò per essere riuscita così bene a seguire un tutorial su Youtube, e si sistemò il vestito, lungo ed elegante, totalmente nero, con maniche inserti in pizzo sul davanti e maniche sempre in pizzo aperte dal gomito in giù, così che erano contemporaneamente maniche e scialle. Se il davanti era accollato, la schiena era totalmente scoperta, la linea fasciante del vestito a scendere accarezzandole dolcemente i fianchi per poi allargarsi alle ginocchia in un taglio a sirena non fasciante. Non visibili per via del lungo orlo della gonna, delle scarpe nere in vernice dal tacco medio, ottime per ballare, se fosse stato necessario. Si avvolse il mantello in velluto nero sul corpo, allacciandolo sotto il collo, coprì la testa con l’ampio cappuccio, così da renderla quasi simile a un Dissennatore anche se molto meno pauroso, e uscì di casa, diretta alla spiaggia, dove con altri si imbarcò su un vascello fantasma, dalle vele nere e rotte, il legno scuro e ricoperto di mitili. La ciurma, esseri eterei e verdastri, che silenziosi si muovevano con occhi vuoti scansando gli ospiti viventi, emanavano un freddo ancestrale che entrò oltre il pesante mantello, facendole stringere le mani attorno al corpo per un secondo. Con un grido silenzioso il capitano, vestito in alta uniforme verdastra come il resto di lui, diede il via al viaggio, portando il vascello lontano dalla spiaggia, invisibile ai babbani, per poi immergerlo. Il viaggio apparì come un lunghissimo istante, così che quasi senza che lei se ne accorgesse emersero nelle acque del Lago Nero, dove un molo creato appositamente ed illuminato da zucche volanti e sghignazzanti aspettava gli ospiti, mentre elfi domestici truccati da zombie e da scheletri controllavano che tutto andasse bene ed indicavano la strada verso il castello, comunque illuminata da innumerevoli lampade fluttuanti. Camminò lentamente, godendosi le luci, il paesaggio, notando come nella vicina foresta si vedevano altre luci, più piccole, che illuminavano appena figure mitologiche che sapeva essere centauri, mentre portata dal vento sentiva l’ululo di gioia dell’Acromantula, felice come tutti che fosse la notte più spaventosa dell’anno. Il castello si mostrò in tutto il suo splendore, illuminato dall’interno da infinite candele e luci, le ampie finestre come occhi nel buio che la osservavano e le sussurravano di entrare. Seguì il sentiero, seguì gli elfi domestici che si prodigavano in buffi inchini e accenni di grida di terrore a questa o quella zucca intagliata che sfrecciava nell’aria, le bocche sghignazzanti che parevano muoversi e pronte a mordere, anche se solo per gioco. Le porte del castello e poi della Sala Grande si aprirono mostrando una sala addobbata perfettamente in modo sfarzoso e strabiliante. Candele e zucche dalle luci bianche e arancioni fluttuavano nell’aria e nella nebbia che riempiva la parte superiore della stanza, creando figure e danze al suono della musica di sottofondo, proveniente apparentemente dall’aria stessa e non dal gruppo delle Sorelle Stravagarie in grande spolvero. Grandi tavoli ricoperti di cibo e bevande erano pronti a sfamare e dissetare dai più piccoli ai più esigenti, dal succo di zucca al whisky incendiario, passando a punch che rendevano la lingua viola o i denti aguzzi, oltre a pasticci di carne e castagne, torte salate, pasticcini e pizzette all’alito di drago.
    Si mise in coda con gli altri invitati, coloro che come lei ancora non avevano salutato e non erano stati salutati dal cappello parlante. Il suo turno arrivò velocemente. Il cappello l’aspettava, e lei aspettava lui. Si slacciò il mantello, facendolo cadere a terra con eleganza, immediatamente fatto evanescere dai sempre discreti e presenti elfi domestici. Sapeva che quando le sarebbe servito, lo avrebbe trovato. Il cappello si appoggiò leggero sui suoi capelli, acconciati in modo semplice, e dopo alcuni borbottii incomprensibili la smistò tra i Tassorosso. Magdalena sorrise per un secondo, ne era praticamente certa. Era una grande lavoratrice, quello era indubbio, non avendo il coraggio di altri, o l’intelligenza di alcuni e sicuramente la furbizia, per quanto presente in lei, non era certo la sua dote principale. Ringraziò con un inchino il cappello, già intento a smistare altri invitati, e si diresse verso il buffet, dove decise per un punch poco alcoolico e dal sapore di zucca, i colore arancione striato di rosso sangue senza mai miscelarsi. Sapeva di spumante, con le bollicine che le solleticarono il naso, e di zucca al forno, salata al punto giusto eppure dal fondo dolciastro e gradevole. Prese alcune tartine nere e verdi, incerta sul loro gusto, ma decisa a sperimentare, e si lasciò trasportare dalla musica, guardandosi in giro. Fu ad un tratto che riconobbe la sua amica Eira, bellissima come sempre. Si avvicinò a lei di schiena, scansando a ritmo di musica altri invitati, sfiorandole con la mano destra, nella sinistra aveva il flûte del succo alcoolico, la spalla.
    “Ciao, sono felice di vederti qui, era un’occasione che non si poteva perder. Come va? Sei qui anche tu da sola o come spero in compagnia di qualcuno?” le chiese.
    Finito di scambiare quattro chiacchiere con lei, l’attenzione le cadde su una figura dai lunghissimi capelli bianchi, vestita come un vampiro ottocentesco, ma dalle forme decisamente femminili. Era incuriosita da lei, sembrava emanare una sorta di luce interna, come se fosse sovrannaturale. Eppure, non sembrava un fantasma. La seguì con gli occhi, mentre si dirigeva al tavolo degli alcoolici e poi si allontanava pochi secondi dopo, seguendo il ritmo della musica con la testa e con i fianchi. Ne era attratta, tanto che si ritrovò a seguirla mentre la vedeva uscire dalla sala, probabilmente diretta all’esterno. Un elfo si avvicinò a lei quando fu quasi pronta ad attraversare nuovamente la grande porta di ingresso, porgendole il mantello per poi scomparire come mai esistito. Magdalena non poté nemmeno ringraziarlo tanto fu veloce, mentre si allacciava nuovamente il mantello e seguiva la figura oltre le porte di Hogwarts, oltre i sentieri illuminati che aveva seguito, mentre si buttava verso il lago, l’alone attorno a lei più forte, come per permetterle di vedere attorno a sé, dandole la parvenza di una figura spettrale e fantastica, perfetta per quella notte. Il vento muoveva l’acqua del lago gentilmente, un leggero sciabordio udibile però anche da decide e decine di metri, nel silenzio della notte e lontano dalle vie calpestate dai mortali. La figura si fermò, sparendo nel buio, la sua luce spentasi come una apparizione. Magdalena si avvicinò lentamente, quasi titubante fino a dove era la sconosciuta.
     
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    Notte di Halloween, note di mostri, fantasmi e cose segrete. Notte di paura e di liberazione. Una notte che Mariell e Jeanny amavano. Nulla era proibito, nulla era eccessivo. Ancora di più se quella notte la festa non era a Besaid o dintorni, ma era a Hogwarts. Niente maschere, niente giochi, solo lei, solo loro e la magia. Gli anni passati là a studiare, a nascondere la sua vera natura, a fare in modo che non notassero chi loro fossero davvero. Ma non quella sera, no in quel la notte in cui tutto era concesso. La carrozza la aspettava. Aveva deciso di entrare in grande stile, aveva lasciato agli altri di usare treno, passaporte e vascelli putridi. Si sistemò per l’ultima volta i lunghi capelli della parrucca, un tocco speciale per una notte speciale, si sistemò il mantello nero e uscì nella notte luminosa di stelle e carica di magia di ogni genere. Poteva sentire palpitare la dolce paura di Halloween mentre saliva sulla carrozza nera, dai dettagli rosso acceso come i cuscini di velluto dell’interno. I due grifoni che la trainavano partirono silenziosi, salendo in cielo sempre più su, sempre più in alto, bucando le nuvole come fatte di fresca panna impalpabile e volando sotto un cielo infinito di stelle verso la loro destinazione. Mariell si rilassò, ancora in possesso del suo corpo, anche se avrebbe lasciato volentieri poi il controllo a Jeanny. Lei era l’animale da feste. La carrozza si inclinò lateralmente e poi verso il basso, segno che dopo il lungo, ma piacevole viaggio la loro destinazione era vicina. Le finestre del castello, sede della famosa scuola di magia, erano illuminate e davano allo stesso, sebbene ancora lontano e molto più in basso della carrozza, un’aria spettrale estremamente affascinante. File di luci e zucche segnavano i percorsi nelle zone esterne, probabilmente brulicanti di persone che erano appena giunte o già si davano alla pazza gioia. I grifoni, guidati probabilmente dall’istinto o da qualche incantesimo a lei sconosciuto, si diressero verso una zona poco distante dal campo da Quidditch, atterrando silenziosamente come erano partiti. Scese, avvolta dal largo mantello e coperta, nascosto il volto dal cappuccio. Elfi domestici spintati dal nulla si diressero alla carrozza, occupandosi premurosi dei grifoni. Mariell chiuse gli occhi, fece un bel respiro, lasciando lo spazio a Jeanny, che sorrise come a ringraziare silenziosamente l’altra personalità. Camminò spedita, seguendo le altre persone, scivolando tra di loro e con loro fino ad arrivare all’entrata e poi da lì alla Sala Grande, inondata di suoni, colori e musica. Le note delle Sorelle Stravagarie erano trascinanti, quasi quanto la loro voce, cosa che potè apprezzare totalmente mentre superava l’ingresso, alzando gli occhi verso il cielo stellato della volta della stanza, reso spaventoso e in tema da lente zucche che ghignavano volando sopra le loro teste mentre strisciante nebbia si muoveva lenta sia a livello del terreno che sopra le loro teste. Le ricordò un animale lento e maestoso, placido proprio per la sua consapevolezza di essere eterno e intoccabile. Ancora nascosta dal suo mantello, Jeanny si diresse verso il cappello parlante. Lo conosceva, sapeva già anche la risposta, la stessa che anni prima aveva dato alla giovane e quasi tremante Mariell quando varcò per la prima volta quelle mura. Attese paziente il suo turno, una cosa rara per Jeanny, liberandosi del mantello quasi fosse un’entrata in scena, pochi secondi prima di muoversi al cappello per il verdetto. Molti la osservarono, e lei sorrise divertita. Aveva ottenuto il suo effetto. Il cappello ci mise poco, ricordandosi di lei e smistandola nei Serpeverde. Jeanny era dietro a quella scelta, ma anche Mariell alla fine era furba e dalla mente sveglia.
    Si diresse a uno dei tavoli del rinfresco, i tacchi degli stivali a risuonare leggeri sul pavimento, coperti dalle note ora basse e percussive della musica. Si soffermò, come indecisa su cosa ordinare, quindi sorrise all’elfo domestico che indossava un calzino bucato come se fosse una sciarpa o una cravatta al collo, atteggiandosi a “maître de sale.”
    “Una burrobirra, grazie” gli chiese, annuendo come ringraziamento quando questo gliela porse, sull’imboccatura una sottile fetta di zucca arrosto come se fosse limone su una Corona. Sorrise, mostrando i canini appuntiti, una piccola modifica magica che aveva fatto prima di partire, per dare più impatto al suo vestito, una versione goth e moderna del tipico completo da vampiri che si era più volte visto nei film o descritto nei libri. Sotto una redingote nera in raso con dettagli rosso sangue e maniche a balze nello stesso colore indossava un gilet in seta nera e rossa, aderenti e lucidi legging a vita alta in latex nero e un foulard era appoggiato attorno al suo collo, a simulare la cravatta tipica del diciannovesimo secolo inglese e americano. Nella mano sinistra riposava un bastone da passeggio nero, di lucido legno dalla testa in argento a forma di teschio ghignante, gli occhi due rossi finti rubini incantati per rispendere ad intervalli irregolari come se fosse vivo. Dei lunghissimi capelli bianchi che digradavano a grigio e nero verso la punta, che lambiva i reni, completavano il suo vestito oltre a un trucco marcato e labbra rosso sangue. Vide qualcuno che conosceva, riconobbe, senza però disturbarli, i suoi amici della band, anche qualche amico di scuola. C’era il prefetto Corvonero, c’era quello che copiava sempre, ma molti non li conosceva. Si mosse languida sulla pista da ballo, sola e contenta di esserlo. Gli occhi su di lei, le orecchi sulle note delle Sorelle, i lunghi capelli a muoversi come onde in un mare pronto alla tempesta. Conosceva la canzone, e con gentilezza iniziò a mormorarla, cantarla, usando le note umane e poi le sue, quelle della mezza Veela che era in lei. Alle orecchie degli altri ragazzi e maschi la sua voce era tutto, era un faro per le lucciole, era il fuoco che bramavano. Lei vide i loro sguardi, i loro occhi su di lei. Scese di tono, tornò alle note umane, abbassando la cove mentre la canzone finiva.
    “Pecore, e io sono il lupo che non vi vuole.” Mormorò abbandonando la pista, usando il brusio della stanza per produrre un alone appena percettibile, una sorta di luce che si irradiava da lei rendendola ancora più particolare. “Avete disprezzato chi ero senza dirmelo apertamente, ora sapete, semplici… umani” mormorò uscendo dalla stanza. La notte era ancora lunga, e voleva urlarla al mondo magico. Non riprese il mantello offertole dall’elfo, voleva sentire il fresco della notte, voleva che vedessero che strana creature fosse, che i loro sogni o i loro incubi fossero pieni di lei, che la bramassero o temessero, non era un suo problema. Si diresse verso il lago, prima passando lungo la strada battuta da altri, poi verso il silenzio e il buio degli alberi. Sola, come voleva. Il lago era in vista, quando si rese conto di un rumore alle sue spalle, non vicino, ma sicuramente provocato da qualcuno che la seguiva. Strinse tra le mani la sua bacchetta, nascosta in una tasca della redingote. Tasso e capelli di Veela, undici pollici e mezzo, flessibile. Poteva schiantarla con facilità, o abbagliarla con un lampo e poi scomparire, ma non c’erano troppi rumori, non sapeva se sarebbe stato abbastanza forte. Decise invece di spegnersi, di diventare tutt’uno con la notte e nascondersi dietro uno dei grand i alberi che c’erano vicino al lago. Estrasse la bacchetta, aspettando di vedere che usccedeva. Passò quasi un minuto prima che i passi si fecero più vicini, lenti, come titubanti. Era una donna, anche se il corpo era coperto da un mantello simile a quello che aveva indossato prima lei. Era più alta di lei e sembrava cercarla, anche se non ne sapeva il motivo. Quello sarebbe stato da capire. Con un movimento veloce e preciso si mise alle sue spalle tentando di coglierla di sorpresa, puntandole, se ci fosse riuscita, la bacchetta alla gola. “Brutta notte per finire da sola in un bosco…” le avrebbe sibilato premendo leggermente la punta della bacchetta nella pelle, pronta eventualmente a schiantarla.
     
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    The Fourteenth of the Hill.

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    Athena Astra Drakos
    ❝38 y.o. , paladin of Justice, chained bird. // Per Aspera Ad Astrasheet

    Un deciso sciabordio d'aria mosse cespugli vicini al luogo in cui Thyelas, aggraziata e fiera, atterrò posando gli artigli e le zampe al terreno.
    La ghiaia ed i ciottoli di uno dei tanti sentieri serpeggianti fra le casupole di Hogsmeade sdrucciolò appena mentre il grifone si scuoteva l'umida e frizzante aria autunnale dalle piume auree e lucide.
    Athena scese dalla sua monta con eleganza e volse gli occhi al cielo stellato che aveva appena terminato di solcare.
    Era stata una giornata lunga al Ministero ed unica testimone delle sue interminabili ore in tribunale non era stata altro che la sua valigetta colma di documenti, abbandonata rapidamente presso il proprio appartamento nella magione di famiglia prima di cominciare quella piacevole cavalcata per tornare ad Hogwarts.
    La scuola era stata un rifugio meraviglioso durante tutta la giovinezza della strega, ancor prima di intraprendere la sua carriera presso il Ministero della Magia e poi come membro del Wizengamot.
    Lì Athena conservava ancora splendidi ricordi di lunghe sere di studio in Sala Comune, la sua ascesa nel mondo studentesco come Prefetto e poi Caposcuola, i lunghi dibattiti su questioni di trasfigurazione, storia della magia, le lezioni notturne di Astronomia. Ancora ricordava i suoi fratelli e sorelle varcare la soglia del castello per la prima volta, pronti ad essere smistati nelle loro casate.
    Uno dopo l'altro si erano conquistati un posto nel mondo magico mentre lei, silenziosa ed attenta, aveva supervisionato ogni istante di quei momenti.
    Era stato un periodo indimenticabile, intenso e bellissimo che neppure una creatura stoica come lei avrebbe potuto evitare di ricordare con un pizzico di malinconia.
    Espirando l'aria fredda di quel tramonto appena sfumato, Athena si spolverò piano la lunga mantella da viaggio e sollevò una mano guantata per carezzare le soffici piume del capo di Thyelas.
    «Hagrid sa del tuo arrivo. Ora va'» esalò lei quieta mentre gli occhi glauchi del grifone scintillarono di devozione. Estensione dell'animo di Athena, Thyelas spiegò le sue maestose ali piumate e, disciplinata, spiccò il volo verso la capanna del guardacaccia, sparendo sul profilo scintillante del Lago Nero.
    La strega invece cominciò il proprio percorso per raggiungere la scuola. Imboccò la strada maestra del villaggio, gremito di invitati per festeggiare la fine del mese di ottobre.
    Di grande importanza nel mondo magico, Halloween era sempre stato festeggiato con grandioso trasporto ad Hogwarts: già al villaggio zucche intagliate fluttuavano qui e lì, ragazzi si sfidavano ad eludere la sorveglianza dei docenti per sgattaiolare ad esplorare gli infestati meandri della Stamberga Strillante.
    Lo sguardo rapace di Athena notò una discreta folla di maghi e streghe occupare i tavoli accoglienti de i Tre Manici di Scopa, impugnando grossi boccali colmi di burrobirra.
    Superò poi Mielandia con i suoi dolci profumi zuccherini, Stratchy & Sons dalle vetrine un po' impolverate e colme di abiti di dubbio gusto forse sfoderati con l'intento di accaparrare qualche cliente dell'ultimo minuto.
    Alcuni visi conosciuti del ministero la salutarono ed Athena, cortesemente, ricambiò ogni attenzione prima di valicare i confini del castello.
    Per l'occasione anche gli studenti più giovani erano rimasti a scalpicciare nel castello, molti vestiti proprio per l'occasione. Il tepore degli ariosi interni l'investì immediatamente, così come l'odore di arrosti, dolci alla zucca, spezie autunnali ed agrumi.
    La strega fu bene attenta ad evitare ogni acromantula e qualsiasi tipo di aracnide decorativo sparpagliato qui e lì su finte ragnatele e zucche fluttanti prima di fare il proprio ingresso nella Sala Grande.
    Aveva notato la presenza di discreta sorveglianza costruita con minuzia per essere invisibile ma viva, a protezione di ospiti e studenti.
    I suoi occhi glauchi si guardarono attorno mentre si liberava della mantella da viaggio su una delle tante sedie disposte nelle vicinanze dei quattro lunghi tavoli delle casate, completamente colme di cibo e decorazioni.
    «Miss Drakos, benvenuta! Le va di fare una dichiarazione per la Gazzetta di domani?» cinguettò Nora Kensington, giornalista della Gazzetta del Profeta. I suoi boccoli biondissimi splendevano sotto le luci danzanti delle centinaia di candele sospese a mezz'aria.
    Athena accennò un sorriso cortese, i lunghi capelli corvini intrecciati con grazia, complemento perfetto per l'abito di velluto cobalto che aveva scelto di indossare quella sera.
    «Miss Kensington, volentieri più tardi» acconsentì con gentilezza, accennando col capo prima di notare la giornalista cinguettare via pronta a raccattare ulteriori testimonianze.
    Il tavolo dei professori era gremito di ospiti ( molti dei quali del Ministero ) tuttavia Athena decise di inoltrarsi in quel mare di giovani studenti alla ricerca della sua compagnia per quella sera.
    «Søren» dopo aver pronunciato il suo nome con grazia severa, la strega decise di aprirsi in un sorriso mite, evitando per poco una coppia di studenti con due coppe straripanti di cibo di ogni tipo.
    Il suo amico splendeva di fascino quella sera come ogni altra. La sua brillante intelligenza e vivida sensibilità erano da sempre stati fonte di curiosità per lei, intrigata dalla prima e quasi incapace di rapportarsi alla seconda.
    Il talentuoso mago era in compagnia di un giovane studente che la donna non aveva mai visto, tanto da spingerla a volgere il suo sguardo rapace in sua direzione.
    «Buon Halloween» si limitò a pronunciare, scostando con un secco cenno di bacchetta una grande zucca fluttuante, poco prima che Nick-Quasi-Senza-Testa facesse il suo plateale ingresso in Sala Grande.
    «Buonasera Sir Nicholas» salutò lei mentre il fantasma le sorrideva gioviale.
    «Buonasera a voi! Buonasera a voi!» trillò prima di passare giocosamente attraverso il giovane in compagnia di Soren.
     
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    Agili le sue dita scorrevano sul pregiato tessuto del suo abiti da cerimonia, distendendo le piccole pieghe che il viaggio in aereo aveva regalato a quel capo. I suoi occhi, perennemente annoiati e contornati da profonde occhiaie scure, lambivano il suo riflesso all’interno dello specchio. Abraham aveva, quantomeno in apparenza, l’aspetto di una persona perbene, di un adulto che aveva superato i conflitti interiori e familiari e che aveva deciso di prendere in mano la sua vita, ma non vi era nulla di più falso. Coperto da quel mantello di perfezione e dai costosi gemelli che lo decoravano, era invero ancora un ragazzino viziato, un rampollo senza arte né parte che — chiaramente per non perdere i suoi privilegi — si era piegato e continuava a piegarsi al volere dei suoi genitori.
    Ebbene, quando la voce di sua madre riecheggiò in un fastidioso « Abraham, la carrozza è arrivata. Ti aspettano alla riunione degli ex alunni. », non poté che voltarsi e annuire a quella donna dallo sguardo simile al suo. E, d’altro canto, come avrebbe potuto fare altrimenti? Come avrebbe potuto anche solo pensare di provare a scontentare i suoi genitori? Come avrebbe potuto fantasticare su una vita scevra da condizionamenti e obblighi di facciata?
    Sicché si concesse ancora qualche secondo di vanità per sistemare i suoi capelli scuri e, dopo aver salutato con un bacio sulla guancia i suoi genitori, si diresse verso il cortile della sua nuova abitazione, ove trovò ad attenderlo una sfarzosa carrozza e quattro meravigliosi cavalli alati.
    « Buonasera. »
    Il tono con cui salutò il cocchiere fu oltremodo misurato e naturalmente intriso dal suo fortissimo accento americano. Viveva a Besaid da ormai molto tempo, eppure — malgrado l’impegno profuso non fosse affatto indifferente — Abraham ancora incarnava lo stereotipo dell’anglofono medio che non riusciva ad apprendere lingue diverse dalla propria e ciò un po’ lo disturbava. Ad esser franchi, della sua vita attuale lo disturbavano diverse cose — la carenza di tempo da dedicare alla sua più grande passione, la musica; la mancanza di amicizie solide con cui trascorrere i pochi momenti in cui non lavorava; la presenza della povera Riley Møller e l’impossibilità di potersi avvicinare a lei come avrebbe voluto —, tuttavia questa era una storia di cui non era pronto a parlare. Non in quel momento e probabilmente mai.
    Alla indugiò qualche attimo per osservare i cavalli alati, per tendere la mano verso uno di essi e lasciarla scorrere fra gli ispidi crini color miele. Erano meravigliosi, quella bestia lo era, ma aveva il difetto di rappresentare tutto lo sfarzo da cui egli non riusciva a sottrarsi. « Forse potrei iniziare da oggi e boicottare questo stupido evento ad Hogwarts. », pensò fra sé e sé, prima di convenire che una “triste e ricca vita” era pur sempre meglio di una “triste vita” ed accomodarsi fra i sedili di seta della carrozza.
    Un paio d’ore erano trascorse dal momento in cui il suo viso aveva aderito al vetro della carrozza, ma Abraham sembrava poco intenzionato a muoversi o ad avere una qualsiasi reazione. Si limitava ad indossare un’espressione annoiata, a domandarsi cosa avrebbe provato quando avrebbe scorto il Castello di Hogwarts dall’alto. Si sarebbe sentito a casa? Si sarebbe sentito a disagio? Si sarebbe vergognato al punto di desiderare che una voragine si aprisse sotto i suoi piedi? Non lo sapeva e il non saperlo lo rendeva piuttosto inquieto.
    Così il suo piede sinistro batteva sulla moquette, producendo un suono che gli feriva l’udito, ma che gli dava l’idea di esser ancora vivo, di poter controllare quantomeno il silenzio. « Devo chiedere al cocchiere di tornare indietro. », fu il pensiero che tuttavia lo ruppe davvero, ma che presto fu spazzato via dalla consapevolezza di esser ormai giunti a destinazione e di doversi comportare come suo padre avrebbe voluto.
    « Come se, poi, in passato io abbia onorato il mio cognome. » si disse con estremo cinismo, mentre scendeva dalla carrozza e solcava l’unica erba del cortile. Quel posto non era affatto cambiato, era decadente e rustico proprio come la prima volta che lo aveva visto ed esattamente come quando lo aveva salutato con la speranza di non rivederlo mai più.
    A quel pensiero, dovette prendere un respiro profondo, prima di seguire il flusso di persone che si avviavano verso la Sala Grande. Non conosceva nessuna di loro e ciò un po’ lo rincuorava, perché voleva dire che neppure loro lo conoscevano, che non erano stati ad Hogwarts negli anni in cui Abraham Anderson e la sua combriccola rovinavano la vita ai loro coetanei.
    Non appena mise piede all’intero del vasto luogo di ritrovo, però, i suoi occhi dalle sfumature nocciola si posarono su un viso che per poco non lo fece trasalire. Abraham la riconobbe istantaneamente, la vide sedersi al tavolo dei Corvonero con la medesima paura di decenni prima e allungare la mano verso il succo di zucca. Marilù Armstrong — nome per cui Abraham l’aveva presa in giro per sette lunghi anni — non era cambiata di una virgola e ciò lo destabilizzava. « Forse potrei andare da lei e fare come in quei film dove il bullo si scusa con la vittima per tutto quello che le ha fatto passare. » osservò fra sé e sé, prima di voltarsi a causa di una pacca sulla spalla appena ricevuta. « Mr Anderson! Pensavamo ti fossi perso. » contestualmente proruppe un Ex Serpeverde, che — indossando l’espressione strafottente cara anche al nostro protagonista — lo trascinò nell’angolo dove anni addietro sedevano per ridacchiare degli altri od orchestrare qualche scherzo di cattivo gusto, dimostrandogli che in fondo non era cambiato un bel niente.

    Edited by ~ Vale - 27/11/2021, 10:11
     
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    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: [immagini disturbanti]. Ricordiamo che si tratta di un'opera immaginaria, frutto della fantasia di chi scrive e che non mira a danneggiare nessuno nello specifico. Le azioni descritte non sono ad ogni modo condonate e sono diretta responsabilità creativa di chi ha realizzato tali contenuti.

    PETRA & EIRA


    Waiting in the car. Waiting for the ride in the dark. At night the city grows. Look at the horizon glow. Nonostante la musica altissima avesse riempito l'abitacolo della vecchia macchina di Helena, le tre ragazze che stavano viaggiando ad una certa velocità, incitate da quel ritmo, non sembravano affatto disturbate dal baccano. Le dita di Petra raggiunsero la rotellina del volume, sostituita da tempo da un tappo in plastica recuperato chissà dove, ma un tsk insoddisfatto fu l'unica reazione della giovane strega: avevano già raggiunto il volume massimo. "Helena-" Stava per iniziare a prenderla in giro, con un sogghigno divertito e malizioso, quando l'altra strega la fulminò con lo sguardo. Petra si fece più piccola nel suo posto, continuando a ridacchiare: incredibile come lo sguardo focoso di Helena avesse attraversato perfino gli occhiali da sole che aveva su. Fuori era buio e si stavano dirigendo verso Hogwarts per festeggiare Halloween. Da quando le due amiche, Helena e Klara, avevano lasciato Hogwarts, rimanere a scuola era una vera agonia per lei. "Hai i soldi per la benzina? Hai i soldi per una radio nuova?" Petra le rivolse una linguaccia divertita infine, mentre Klara si faceva spazio tra i due posti anteriori in modo da poter indicare ad Helena un posto dove mollare quel barattolo volante che le aveva trasportate fino a destinazione - incredibilmente sane e salve. Non restava altro che raggiungere la sala allestita per il ballo senza perdersi fra le scale che continuavano a muoversi e, in quei momenti, animate dallo scalpiccio e dal chiacchiericcio di persone mai viste tra le mura della scuola.
    Sapeva che le avrebbe perse ben presto, ma cercò di rimanere in compagnia delle amiche quanto più possibile, anche dopo essere passata sotto la larga falda del cappello parlante. Poco prima di lei una donna molto elegante e fine, decisamente dal portamento e stile molto lontano al suo, aveva fatto scivolare il cappello sulla sua testa solo per venir proclamata Tassorosso. Rimase per qualche secondo imbambolata a guardarla, ma presto tornò con la testa all'enorme sala da ballo. "Ah, amico, andiamo, mi conosci già!" Si era lamentata mentre saliva comunque sullo sgabello, osservata da Helena e Klara che le avevano mantenuto il drink così da poterle fare una foto, super intenerite, come una coppia di novelle mamme. "Cara Petra... sei una strega giovane e brillante, con tante energie e piena di coraggio... io ti smisto in..." Petra fece roteare gli occhi, divertita da quella tiritera che aveva già effettuato anni fa, chiedendosi davvero dove il cappello parlante vedesse tutto quel coraggio. "Grifondoro~" Dissero insieme e Petra sbuffò verso la falda del cappello, ricevendo una serie di borbottii un po' offesi dal povero cappello. Se avesse avuto davvero il coraggio di cui parlava il cappello si sarebbe comunque trovata in quella situazione? Scrollando le spalle mentre ridacchiava, Petra si ricongiunse alle amiche in fretta, pronta a ballare con loro sulle note delle Sorelle Stravagarie. Inutile a dirsi, non fece altro che cercare con gli occhi cerulei una figura in particolare, stupendosi di trovarla poco dopo tra la folla, in compagnia della stessa donna che Petra aveva notato prima. Un certo senso di fastidio iniziò ad impossessarsi di lei e, dopo essersi fatta ripetere per cinque volte la stessa frase da parte di Klara, senza sentirla davvero nemmeno una volta, i piedi quasi automaticamente iniziarono a camminare in direzione di Eira.
    I want to hold you close. Skin pressed against me tight. Lie still, and close your eyes girl. So lovely, it feels so right. L'altra strega era a pochissimi metri da lei e Petra la stava osservando al di là della marea di corpi che, muovendosi a ritmo della musica, oscuravano e mostravano ad intermittenza la visione della grifondoro: sarebbe stata in grado di avvicinarsi? "Scusate, con permesso..." Continuava a dire, sgomitando fra la folla. La donna elegante e bionda si era finalmente allontanata e, ora con tutta l'intenzione di rovinare la serata all'altra strega, Petra si stava avvicinando ad Eira: era facile ignorare l'emozione e le gote farsi più rosse quando quello che continuava a ripetersi era quanto poco sopportasse la serpeverde. "Dolcetto o scherzetto?" Le domandò, guardandola per qualche secondo con malizia, fermandosi davanti a lei. Petra era davvero terrificata: non aveva idea di come comportarsi di fronte a Eira. Sapeva che, come al solito, avrebbe agito in modo talmente confuso da essere fraintesa dall'altra strega e, infatti, un sorrisetto antipatico e sghembo si disegnò sulle labbra piene di Petra mentre allungava le dita esitanti verso di lei.
    "Stai..." Iniziò, esitante, raccogliendo una parte del delicato colletto di Eira, passando il tessuto fra i polpastrelli e non potendo ignorare la piacevole sensazione che si era appollaiata nel suo stomaco. Stai benissimo. La vicinanza con Eira non la faceva ragionare. "Sembri stupida vestita così." Borbottò, corrugando le sopracciglia e ritirando la mano velocemente, come scottata da quei pensieri che aveva sempre cercato di eliminare dalla sua testa. Tuttavia Petra non si ritirò del tutto, istigata dalla volontà di raccogliere tutte le attenzioni di Eira prima che questa la scacciasse via o la ignorasse- insomma, insultarla ancor prima di salutarla non avrebbe mai funzionato come biglietto da visita. "Ma sarò brava. Posso aiutarti..." Aggiunse poco dopo cantilenante, lanciandole un occhiolino e raggiungendo con le dita il polso alabastrino della giovane, alzandolo al di sopra del suo capo in modo da farle effettuare una giravolta su se stessa. Quindi, una volta che furono di nuovo l'una di fronte all'altra, raggiunse i folti capelli di Eira con l'altra mano, sfilandole dall'acconciatura quello che sembrava un preziosissimo fermacapelli, uno spillone. In fondo, Petra preferiva vedere i lunghi capelli corvini di Eira fluire liberamente, in modo da permetterle di immaginare come sarebbe stato immergersi in quella massa tanto oscura quanto attraente fino a sparire del tutto, rimanerci intrecciata senza avere alcuna via di fuga.
    On the first day of Halloween, my enemy and me, dueled in the moonlight, flesh in my teeth. "Ma solo se riesci a riprendere questo... credi di farcela, eh, Eira?" Il nome della giovane strega scivolò via dalle labbra di Petra con disinvoltura, bruciandole però le labbra. Le sventolò per qualche secondo lo spillone davanti il viso e quindi le voltò le spalle, pronta a sfuggire alle mani di Eira, credendo così di potersi anche allontanare dai sentimenti discordanti e confusi che la spingevano verso l'altra ragazza. Iniziò a ridere spensierata, abbandonando prima la Sala Grande e poi perdendosi negli intricati corridoi del castello, facendo sempre attenzione a non perdere di vista Eira. I piedi di Petra si muovevano velocemente sul pavimento antico e lustro della scuola, permettendosi ciò che normalmente sarebbe stato ripreso dalla voce severa di qualche Prefetto o - nei casi peggiori - da qualche docente. Tenendo fra le dita il prezioso spillone, uno stupido pretesto per iniziare quel gioco con l'altra strega, Petra continuava a girare il volto verso le sue spalle, ridendo e godendo dell'aria fredda che si infrangeva contro il viso. Fredda, sempre più fredda. All'improvviso la corsa si arrestò, nel bel mezzo di un lungo e buio corridoio: com'era finita lì? Sperava di poter raggiungere i dormitori dei Serpeverde, ma doveva aver sbagliato strada. Tuttavia la corsa venne arrestata non da Petra stessa. Che ci faceva una persona nel bel mezzo di quel corridoio?
    Don't wake the beast, she likes to eat. Blueberry sweet, all Hallow's Eve. Petra era abituata a posare lo sguardo sugli spettri che aleggiavano per il castello, ma non credeva di essere di fronte ad un fantasma. Interdetta per via della presenza di quella sagoma opalescente, ferma nel bel mezzo del corridoio, Petra si fermò del tutto. "Si è persa? La Sala Grande è parecchio distante da qui..." Provò, con il respiro intaccato dalla corsa e il petto che si alzava ed abbassava velocemente. Petra si passò una mano fra la frangia bionda, cacciando via dalla fronte un po' di sudore, ma non ottenne alcuna risposta. "Non credo... non credo che possa stare qui, se è un'ospite." Aggiunse, provando a stringere gli occhi in modo da osservarla meglio. Aveva un'acconciatura intricata, somigliava a quella di certe parrucche che aveva adocchiato qua e là fra i quadri del castello, e indossava un enorme abito bianco, con dei guanti che le coprivano interamente le braccia. Prima che Petra potesse tornare a parlare, facendosi più incalzante, la donna si pronunciò. "Io..." La voce era del tutto assente, eppure Petra riuscì a sentirla mentre veniva sputata fuori dal corpo come un ultimo sussurro gelido. La strega tornò a rabbrividire, deglutendo e stringendo di più la presa sullo spillone. "Non trovo più... la strada..." Quando ultimò le parole, la donna alzò le mani per calarsi sul viso una benda - anch'essa bianca, purissima. Il tessuto mostrò a Petra ciò che mancava, terrorizzandola e costringendola a non distogliere lo sguardo: due antri oscuri, cavi e vacui, avevano sostituito gli occhi della donna. "Prestami... i tuoi..." Il viso iniziò a bagnarsi di un liquido nero che scorreva direttamente da quelle due ferite fino a quel momento ignote agli occhi di Petra. Plick, plick, plick. Ogni goccia che si incontrava con il pavimento effettuava una potentissima fibrillazione sul cuore di Petra: la creatura si stava avvicinando e la giovane strega non le avrebbe permesso di farle del male- di fare del male ad Eira, di cui sentiva i passi farsi sempre più vicini. Era arrivato il tempo di agire, ed in fretta. Immediatamente Petra si girò, rischiando persino di cadere a terra, sfiorando per qualche attimo con le mani il pavimento ma rimettendosi velocemente in piedi. Quando raggiunse Eira si aggrappò a lei, trascinandola via in modo da interrompere la sua corsa e farle cambiare addirittura direzione. "Eira, Eira! Scusa, scusa, corri! CORRI! Sono- sono io la stupida!"

    Grazie per la proroga! Cercherò di postare Joon in questi giorni! 😭
     
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    Per anni si era convinta che il freddo fosse il suo elemento, che il gelo potesse lambire la sua candida pelle, senza mai scalfirla.
    Ma si sbagliava.
    Era nata in un luogo ove la neve era quasi perenne, cresciuta in una stanza ove non era possibile ripararsi dagli spifferi, eppure — sebbene ormai fosse a migliaia di chilometri di distanza — il tremore che scuoteva il suo corpo non riusciva ad esserle familiare, non in quel momento.
    Ekatarina ruotò il busto all’indietro, allungò la mano verso il comodino e la strinse forte intorno ad un bicchiere pieno d’acqua. Se ne servì avidamente, illudendosi che quel liquido trasparente potesse dare ristoro alla sua anima, ma era altrettanto gelido. Era gelido come il baule che aveva trascinato giù dalla soffitta, come gli oggetti che aveva tirato fuori alla rinfusa, che aveva poggiato sul pavimento e che ora la circondavano come le mura di cinta di una prigione.
    Si lasciò sfuggire un sospiro esasperato, mentre i suoi occhi saettavano da un lato all’altro della stanza: era quella dove aveva trascorso la maggior parte della sua vita, quella in cui — durante la sua controversa adolescenza — si rifugiava senza aver l’intenzione di varcar nuovamente la soglia per uscire.
    E, mentre la sua mano sinistra carezzava delicatamente un inquietante cappellino di pelliccia, la biondina cominciò a nutrire il medesimo desiderio di oblio. « Se sparissi dalla circolazione, sarebbe tutto più semplice. », era l’irrazionale pensiero che la tormentava e che la spingeva a credere che — se si fosse alienata come aveva fatto anni prima — non sarebbe cambiata la vita di nessuno dei suoi affetti.
    Così rimase seduta su quel pavimento per una ventina di minuti, immobile e dimentica del motivo per cui aveva tirato fuori un baule pieno di ricordi. E lo rimembrò in maniera del tutto casuale ed imprevedibile, quando lo schermo del suo telefono cellulare si illuminò per rivelare un sms. « Eka! Vieni ad Hogwarts, vero? So che non ci siamo mai state, ma l’invito è esteso a tutti e — Fedora adorava Halloween. Sarà come averla ancora una volta con noi. », aveva scritto un’altra figlia di Durmstrang e — piuttosto che rallegrarsi e prepararsi a rispondere con entusiasmo e gioia — Ekatarina cominciò ad aver voglia di urlare. Aveva voglia di urlare che non era giusto ciò che le era stato domandando, che non era naturale uccidere la propria sorella e poter continuare a vivere indisturbata, che non era facile essere lei.
    Eppure, non lo fece.
    Si alzò di scatto dopo qualche minuto e, come animata da una strana frenesia, agitò la sua bacchetta magica con un colpo del polso. Non la usava da diversi anni, ma non fu per lei difficile ordinare a tutti quegli oggetti di rientrare nel baule e disporsi così come sua sorella li aveva lasciati.
    « Non posso usare le nostre vecchie cose. »
    Quella volta esplicitò i suoi pensieri con un sussurro, convenendo che — se fosse andata ad Hogwarts con le sue vecchie amiche — non lo avrebbe fatto ripercorrendo le orme di una vita che non le apparteneva, bensì indossando gli abiti che il dolore le aveva cucito addosso.
    E così fece.
    Scelse per l’occasione un tubino nero che accompagnava il suo fisico armonioso, ma ricalcava le sue latenti insicurezze, e ad esso abbinò un make-up scuro che potesse confondersi con le sue profonde occhiaie. Appena si ritenne pronta, allora, socchiuse gli occhi e visualizzò il villaggio di Hogsmeade, dove riapparve qualche attimo dopo.
    La sensazione di vuoto allo stomaco data dalla Smaterializzazione non le era mancata, come non le era mancato il brusio tipico dei villaggi magici, ma cercò di non lamentarsi e si impose di avviarsi verso il Castello che scorgeva a poche centinaia di metri da lei. L’aveva sovente visto nelle illustrazioni dei libri che tanto amava, ma non aveva mai avuto la possibilità di metter piede al suo interno. Aveva studiato da tutt’altra parte, ovviamente assorbendo insegnamenti magici di natura più oscura e — se si soffermava a pensarci — ciò un po’ la inquietava.
    Imboccò il vialetto a passo svelto, intenzionata a raggiungere la famosa Sala Grande e scoprire a quale Casa sarebbe stata destinata. Non appena lo fece, però, il suo sguardo fu attirato da una spaventosa creatura.
    « Non è possibile. »
    Quelle poche parole scivolarono timide dalle sue labbra, mentre i suoi occhi s’affollavano sulla bestiale espressione dei suoi più grandi incubi. L’animale che aveva di fronte aveva le fattezze di uno scheletrico cavallo alato, il muso vagamente serpentino e un odore che pareva simile a quello di una carcassa in putrefazione. Ekatarina dovette sforzarsi ancora, questa volta di non scappar via e ricercare conforto nel suo appartamento in Norvegia. « È solo un Thestral. », continuava a dirsi, quasi come a volersi convincere che quella fosse una cosa normale, ma non lo era. Non lo era perché quell’animale non era solo presagio, ma anche simbolo di morte, perché quell’animale le ricordava di aver visto la fine di una vita.
    Rimase immobile per qualche secondo, rivisse gli ultimi anni di sua sorella Fedora e, quando roventi lacrime cominciarono a solcare le sue guance, decise che era il momento di allontanarsi. Si immise, allora, nel flusso di persone che si avviavano verso la Sala Grande, ricercando fra la folla qualche viso familiare, ma non vide nessuno. Era sola, come lo era ormai da anni.
    Non appena arrivò a destinazione, si concesse qualche secondo per osservare il luogo, per bearsi della sensazione di calore che pareva trapelare dalle pareti e — quando fu chiamata dalla vecchia strega che stringeva la lista fra le mani — si preparò ad indossare il Cappello Parlante.
    « Grifondoro. »
    Tuonò l’oggetto magico dopo qualche secondo, dapprima confondendola, ma poi aiutandola a comprendere che — oltre al suo acume — ciò la teneva ancora in vita era il coraggio di andare avanti.
     
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