✨🎃Halloween 2021 ad Hogwarts!🎃✨

Evento di Halloween del Forum!

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  1. .vale.
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    Per anni si era convinta che il freddo fosse il suo elemento, che il gelo potesse lambire la sua candida pelle, senza mai scalfirla.
    Ma si sbagliava.
    Era nata in un luogo ove la neve era quasi perenne, cresciuta in una stanza ove non era possibile ripararsi dagli spifferi, eppure — sebbene ormai fosse a migliaia di chilometri di distanza — il tremore che scuoteva il suo corpo non riusciva ad esserle familiare, non in quel momento.
    Ekatarina ruotò il busto all’indietro, allungò la mano verso il comodino e la strinse forte intorno ad un bicchiere pieno d’acqua. Se ne servì avidamente, illudendosi che quel liquido trasparente potesse dare ristoro alla sua anima, ma era altrettanto gelido. Era gelido come il baule che aveva trascinato giù dalla soffitta, come gli oggetti che aveva tirato fuori alla rinfusa, che aveva poggiato sul pavimento e che ora la circondavano come le mura di cinta di una prigione.
    Si lasciò sfuggire un sospiro esasperato, mentre i suoi occhi saettavano da un lato all’altro della stanza: era quella dove aveva trascorso la maggior parte della sua vita, quella in cui — durante la sua controversa adolescenza — si rifugiava senza aver l’intenzione di varcar nuovamente la soglia per uscire.
    E, mentre la sua mano sinistra carezzava delicatamente un inquietante cappellino di pelliccia, la biondina cominciò a nutrire il medesimo desiderio di oblio. « Se sparissi dalla circolazione, sarebbe tutto più semplice. », era l’irrazionale pensiero che la tormentava e che la spingeva a credere che — se si fosse alienata come aveva fatto anni prima — non sarebbe cambiata la vita di nessuno dei suoi affetti.
    Così rimase seduta su quel pavimento per una ventina di minuti, immobile e dimentica del motivo per cui aveva tirato fuori un baule pieno di ricordi. E lo rimembrò in maniera del tutto casuale ed imprevedibile, quando lo schermo del suo telefono cellulare si illuminò per rivelare un sms. « Eka! Vieni ad Hogwarts, vero? So che non ci siamo mai state, ma l’invito è esteso a tutti e — Fedora adorava Halloween. Sarà come averla ancora una volta con noi. », aveva scritto un’altra figlia di Durmstrang e — piuttosto che rallegrarsi e prepararsi a rispondere con entusiasmo e gioia — Ekatarina cominciò ad aver voglia di urlare. Aveva voglia di urlare che non era giusto ciò che le era stato domandando, che non era naturale uccidere la propria sorella e poter continuare a vivere indisturbata, che non era facile essere lei.
    Eppure, non lo fece.
    Si alzò di scatto dopo qualche minuto e, come animata da una strana frenesia, agitò la sua bacchetta magica con un colpo del polso. Non la usava da diversi anni, ma non fu per lei difficile ordinare a tutti quegli oggetti di rientrare nel baule e disporsi così come sua sorella li aveva lasciati.
    « Non posso usare le nostre vecchie cose. »
    Quella volta esplicitò i suoi pensieri con un sussurro, convenendo che — se fosse andata ad Hogwarts con le sue vecchie amiche — non lo avrebbe fatto ripercorrendo le orme di una vita che non le apparteneva, bensì indossando gli abiti che il dolore le aveva cucito addosso.
    E così fece.
    Scelse per l’occasione un tubino nero che accompagnava il suo fisico armonioso, ma ricalcava le sue latenti insicurezze, e ad esso abbinò un make-up scuro che potesse confondersi con le sue profonde occhiaie. Appena si ritenne pronta, allora, socchiuse gli occhi e visualizzò il villaggio di Hogsmeade, dove riapparve qualche attimo dopo.
    La sensazione di vuoto allo stomaco data dalla Smaterializzazione non le era mancata, come non le era mancato il brusio tipico dei villaggi magici, ma cercò di non lamentarsi e si impose di avviarsi verso il Castello che scorgeva a poche centinaia di metri da lei. L’aveva sovente visto nelle illustrazioni dei libri che tanto amava, ma non aveva mai avuto la possibilità di metter piede al suo interno. Aveva studiato da tutt’altra parte, ovviamente assorbendo insegnamenti magici di natura più oscura e — se si soffermava a pensarci — ciò un po’ la inquietava.
    Imboccò il vialetto a passo svelto, intenzionata a raggiungere la famosa Sala Grande e scoprire a quale Casa sarebbe stata destinata. Non appena lo fece, però, il suo sguardo fu attirato da una spaventosa creatura.
    « Non è possibile. »
    Quelle poche parole scivolarono timide dalle sue labbra, mentre i suoi occhi s’affollavano sulla bestiale espressione dei suoi più grandi incubi. L’animale che aveva di fronte aveva le fattezze di uno scheletrico cavallo alato, il muso vagamente serpentino e un odore che pareva simile a quello di una carcassa in putrefazione. Ekatarina dovette sforzarsi ancora, questa volta di non scappar via e ricercare conforto nel suo appartamento in Norvegia. « È solo un Thestral. », continuava a dirsi, quasi come a volersi convincere che quella fosse una cosa normale, ma non lo era. Non lo era perché quell’animale non era solo presagio, ma anche simbolo di morte, perché quell’animale le ricordava di aver visto la fine di una vita.
    Rimase immobile per qualche secondo, rivisse gli ultimi anni di sua sorella Fedora e, quando roventi lacrime cominciarono a solcare le sue guance, decise che era il momento di allontanarsi. Si immise, allora, nel flusso di persone che si avviavano verso la Sala Grande, ricercando fra la folla qualche viso familiare, ma non vide nessuno. Era sola, come lo era ormai da anni.
    Non appena arrivò a destinazione, si concesse qualche secondo per osservare il luogo, per bearsi della sensazione di calore che pareva trapelare dalle pareti e — quando fu chiamata dalla vecchia strega che stringeva la lista fra le mani — si preparò ad indossare il Cappello Parlante.
    « Grifondoro. »
    Tuonò l’oggetto magico dopo qualche secondo, dapprima confondendola, ma poi aiutandola a comprendere che — oltre al suo acume — ciò la teneva ancora in vita era il coraggio di andare avanti.
     
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