Welcome to my mind

Ezekiel x Helen |Studio di Helen| 3.12.2021

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    Ezekiel Crain
    44|Preside Besaid
    High School e coordinatore
    Centro Icarus|scrittura letale
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    Il rapporto tra Ezekiel e la psicoterapia è particolare. L’uomo vorrebbe affermare di non averne bisogno, si muove ogni giorno come se tutto in lui vada bene, ma la realtà dei fatti è che senza la psicoterapia non sarebbe l’uomo che è oggi. Probabilmente non sarebbe nemmeno un uomo, ma un mostro, e probabilmente non sarebbe neanche vivo, ma morto già da un pezzo. Odia ammettere di trovare conforto in quelle sedute settimanali in cui parla di sé stesso senza filtri, racconta la sua storia e tutto ciò che per anni ha taciuto perché nessuno era disposto ad ascoltarlo. Si è sempre sentito poco compreso, Ezekiel, ed ha sempre avuto quella sorta di incapacità nel comunicare quale fosse la sua particolarità, il colmo per lui che ha sviluppato un’ars oratoria non indifferente, formatasi negli anni in cui ha vissuto lontano da Besaid.
    Quel giorno, dopo aver a malincuore messo da parte la Libra, si sarebbe dedicato a sé stesso. Per un’ora soltanto. La vita di Ezekiel era interamente volta a Naavke e all’organizzazione, a tal punto che una parte tanto importante della sua vita non veniva mai menzionata durante le sedute con la dottoressa Laine. Helen. Ezekiel ormai la chiamava Helen perché, andiamo, era in cura da lei da abbastanza tempo e, inoltre, era più giovane di lui. Si sentiva ridicolo nel dare del lei ad una donna che, ai suoi occhi, poteva essergli figlia. In effetti, la prima volta che andò da Helen, la prima cosa che pensò fu che era troppo giovane e che non poteva affidare la sua mente complessa e pericolosa a qualcuno che aveva l’aspetto di non poterla gestire. Non che tendesse a sminuire l’abilità di Helen, ma il suo istinto paterno (mai veramente espresso) tendeva a fargli pensare che la dottoressa meritava qualcosa di più semplice e non lui che, in fin dei conti, era qualcosa di particolarmente complesso. E già ammetterlo era un gran passo avanti. Ezekiel aveva vissuto, per qualche tempo, tentando di non dare troppa importanza a ciò che era, si era convinto che quello fosse il frutto della sua immaginazione, magari influenzata dalla drammatica fine che aveva fatto suo padre. Per tanto, troppo tempo, era addirittura arrivato a pensare che fosse pazzo, finché lui stesso non aveva accettato cosa era successo. Doveva imparare a convivere col fatto che fosse un assassino e che, per giunta, non ne era pentito. Teneva a bada la sua particolarità, non la usava più da moltissimo tempo, eppure temeva che da un momento all’altro qualcuno potesse far scattare la sua ira o, peggio, la sua voglia di vendetta.
    Adesso, con la Libra alle sue spalle ed Helen seduta dinanzi a lui, Ezekiel aveva uno sguardo deciso che guardava dritto negli occhi della dottoressa. Non aveva nulla da nasconderle, non l’aveva mai fatto, eccetto per quel piccolo dettaglio sulla Setta. Quello non l’aveva rivelato ad Helen, perché era una cosa segreta, perché non pensava proprio che Naavke avrebbe apprezzato che qualcuno sapesse dell’esistenza della Libra senza che ne facesse parte. Ezekiel tutelava, e sempre avrebbe tutelato, quell’organizzazione a cui aveva partecipato sin dagli albori, quando in essa si contavano poco meno di una decina di persone. La Setta assorbiva ogni sua energia vitale, tanto che spesso si sentiva patetico per non aver nient’altro di cui occuparsi. Ci aveva pensato, una volta tanto tempo fa, a lasciare tutto, ma aveva convenuto che si sarebbe sentito perso e si era dato dell’idiota anche solo per averla pensata una cosa del genere. C’è di buono, comunque, che stava imparando a canalizzare i suoi impegni in un arco di tempo che gli concedesse di non avere attacchi di panico, questi cari amici rompipalle che ormai si portava dietro sin da quando era ragazzino. Non erano piacevoli e, in un certo senso, li sopportava anche meno della sua particolarità letale.
    «Dottoressa Helen, sbaglio o oggi la vedo più radiosa del solito?» Ezekiel si permise di esordire così in quell’incontro, come faceva spesso ogni qualvolta iniziava una seduta. Era ormai qualche anno che frequentava lo studio della dottoressa Laine e ormai ella sapeva che quel suo essere sbruffone non aveva alcun doppio fine. Il suo voler essere paterno con chiunque fosse più giovane di lui lo portava ad avere quell’atteggiamento sornione, ma mai irrispettoso. Sorride, Ezekiel, non è agitato. Non lo è mai quando incontra Helen, il che non fa altro che rassicurarlo sul fatto che lei sia la dottoressa giusta per seguirlo. Non ha mai preteso una cura da lei, sa bene che non si può “guarire” dalla sua particolarità, eppure quell’ora trascorsa a parlare con la dottoressa aveva la capacità di riconciliarlo con la realtà e di provare a pensare più a sé stesso, alla sua vita. Più volte gli era stato detto: pensa troppo al lavoro e non a sé stesso. Questo, chiaramente, era il motivo per cui non aveva trovato nessun’altra donna dopo il divorzio da Agathe.
    «Le confesso che non vedevo l’ora di venire qua oggi. È stata una giornata impegnativa e, oltretutto, è trascorsa senza alcun attacco di panico. Non pensa sia lodevole?» Che fosse egocentrico, comunque, nessuno mai lo aveva messo in dubbio. Il suo egocentrismo si azzerava soltanto quando c’erano di mezzo Naavke e la Setta, per il resto Ezekiel era un uomo sicuro di sé, che spesso metteva il suo interesse dinanzi a quello degli altri e lo faceva indossando una maschera di accondiscendenza con il mondo. Un genitore della scuola andava a lamentarsi da lui? Annuiva, gli dava una pacca sulla spalla e gli assicurava che le cose sarebbero migliorate…col tempo. Un alunno faceva la spia sui suoi compagni per qualcosa di futile? Ezekiel gli diceva che era stato bravo anche se dentro di sé lo considerava un idiota. E avanti così con ogni persona che incrociava il suo cammino e che sentiva di essere accettata da Ezekiel anche se nella realtà lui stesso non pensava bene del mal capitato. Naturalmente questo accadeva con quelle persone che non avevano la fortuna di entrare nelle sue grazie, con chi gli stava simpatico era un po’ meno subdolo. Con un tale egocentrismo, comunque, dentro di lui desiderava che Helen gli facesse i complimenti per essere riuscito a tenere a bada quei dannati attacchi di panico. «L’altro giorno pensavo ad una cosa: tra poco sarà Natale ed io non ho una persona, o più persone, a cui desidero ardentemente fare un regalo. Non so se questo sia solo egoismo o il segno di una vita troppo solitaria.» Accadeva spesso che Ezekiel iniziasse a parlare dinanzi ad Helen come in preda ad un flusso di coscienza. Diceva più o meno tutto quello che gli passava per la testa conscio che solo in questo modo potevano fargli bene quelle sedute che pagava anche profumatamente.
     
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