All I need is a second chance... and alcool!

Kaja x Dean

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    Sakura Blossom

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    Kaja Linn Ellestad

    Il cielo era bianco come i tetti delle case lungo Fabrikkgaten, Kaja li osservava con il naso all’insù mentre pensava al fatto che la neve rendesse qualsiasi città più bella, ma anche più scivolosa per una persona goffa come lei. Allontanò quel pensiero dalla testa, lasciandosi catturare dalle sfumature calde degli edifici che si susseguivano uno dopo l’altro, talmente vicini da sembrare incollati tra di loro, solo ogni tanto la schiera si apriva per far spazio ad alcune stradine laterali. Era proprio in una di quelle che era diretta per la serata, prima di trovare quella giusta dovette fermarsi più di una volta lungo la via a leggere il nome delle traverse che incontrava.
    ”Markevein.” mormorò a voce alta, creando con il fiato una piccola nuvola di condensa nell’aria. Rimase a fissare quel nome per qualche istante, non riusciva a credere che un tempo quella strada per lei avesse significato tutto, mentre ora era solo un ammasso di lettere sbiadito nella sua testa. Infilò le mani nelle tasche alla ricerca di un po’ di calore, indugiando ancora un momento davanti a quella parola scritta su un vecchio cartello rettangolare che pendeva tutto da un lato. In fondo a quella via anonima e apparentemente identica alle altre c’era il liceo di Besaid, dove aveva passato la sua intera adolescenza. Faticava ancora a credere a tutto ciò che aveva scoperto da quando era tornata a vivere in Norvegia, dentro di se’ non sentiva di essere davvero tornata, era una sensazione strana quella che provava, una confusione circoscritta all’altezza del petto. A volte si chiedeva se prima o poi sarebbe stata in grado di dare un senso al suo disordine interiore, per adesso sapeva che darsi tempo era l’unica opzione che aveva.
    Con pochi passi Kaja raggiunse il ristorante dove aveva appuntamento con il suo staff per una cena di degustazione, i fornitori del Rainbow sapevano come tenere stretta la clientela con le trovate più innovative, ogni anno organizzavano qualche evento per promuovere i loro prodotti. Kaja e la sua socia erano nuove nel settore della ristorazione, quindi la Keselig cercava ogni scusa per conquistarle e rinnovare il loro contratto annuale. Non che le dispiacesse provare del cibo gratuitamente, ma non era un’amante degli eventi formali, se avesse potuto si sarebbe presentata con un paio di jeans e un maglione comodo dai colori sgargianti. Era stata Inga a costringerla a indossare qualcosa di “decoroso” minacciandola di chiuderla fuori dal loro appartamento, e se non fosse stata certa che la sua amica lo avrebbe fatto sul serio, non avrebbe scelto un outfit degno di tale nome. Un tailleur sobrio con un paio di décolleté rosse le sembrava l’opzione migliore per non dover chiedere asilo a uno dei suoi colleghi per qualche notte, il tutto era abbinato all’unico cappotto elegante che possedeva. Quando entrò nel ristorante sperò di non incrociare subito la sua socia, per fortuna nell’atrio dalle pareti di un blu opaco c’era solamente una ragazza dietro un podio di legno scuro che fungeva da reception. Kaja si avvicinò sorridendo, rendendosi conto solo dopo che la receptionist non poteva aver visto le sue labbra distendersi, erano rimaste coperte tutto il tempo da una sciarpa oversize a fantasia che aveva tenuto ben sollevata per proteggersi dal freddo. La tirò giù con qualche difficoltà, si era incastrata col bavero della giacca, cosa che le accadeva di frequente. Quando riuscì a rendere il suo viso visibile si presentò.
    ”Buonasera, Kaja Ellestad per la Keselig Industries.” provò a sorridere di nuovo, ma non venne ricambiata, la giovane ragazza dietro il bancone le indicò col dito la porta accanto a lei. ”Ehm… grazie?” disse Kaja senza sapere bene cosa rispondere, non le venne nemmeno in mente di chiedere dove potesse lasciare la giacca tanto era perplessa dalla sua reazione. Sorpassò l’arcata rossa che spiccava contro il blu opaco delle pareti, accostamento inusuale per quella zona, aveva visto spesso quegli abbinamenti nei locali vicino al porto, ma difficilmente in città. Faceva caso agli arredamenti e alla presentazione delle tavole degli altri ristoranti da quando ne possedeva uno, sia per prendere spunti, sia per evitare di fare gli stessi errori.
    ”Finalmente rossa, che fine avevi fatto? Aspettavamo solo te per iniziare a mangiare!” la voce familiare di Inga le arrivò da qualche parte alla sua destra, le ci volle qualche istante per inquadrarla tra la piccola folla che si era creata attorno alla sua socia. ”Lo so, mi hai scritto almeno dieci messaggi tutti uguali. Difficile che non mi fossi resa conto di essere in ritardo. Chiedo scusa a tutti, ma mi sono persa un paio di volte prima di trovare la via giusta.” parlò in fretta passandosi una mano dietro la nuca, era evidentemente imbarazzata, essendo la proprietaria del Rainbow avrebbe dovuto essere la prima ad arrivare lo sapeva perfettamente. Si avvicinò al gruppo di persone alla sua destra, strinse le mani di alcuni uomini in giacca e cravatta di cui avrebbe scordato il nome nel giro di pochi secondi, poi fece scivolare il braccio attorno alle spalle della sua amica per salutarla a dovere. ”Cosa mi sono persa mentre vagavo per la Fabrikkgaten?”
    ”Non molto per fortuna, giusto qualche convenevole e il primo bicchiere di champagne della serata.” Inga ricambiò il suo abbraccio velocemente, poi sciolse il contatto per tornare su un discorso di cui chiaramente Kaja non sapeva nulla. La sentiva blaterare di date di scadenza modificate e di qualche servizio uscito al telegiornale proprio su quel argomento, non era pronta per affrontare un’intera serata a parlare di prodotti culinari con gente che si occupava solo del marketing e delle vendite, quello che a lei interessava davvero era l’origine delle materie prime. Trattenne uno sospiro, sul suo viso doveva essere comparsa un’espressione buffa perché Isaak – che stava conversando con Inga – scoppiò a ridere fissandola. ”Ha ragione, è un argomento noioso, ma noi vogliamo assicurarvi che nella nostra azienda le date di scadenza non vengono manomesse in alcun modo. Kaja, non è vero?” l’uomo la indicò col proprio bicchiere colmo di bollicine, dalla camicia che fuoriusciva troppo dalla giacca a scacchi blu e bianchi si vedevano dei pacchiani gemelli d’oro, un accessorio vintage per una persona che a colpo d’occhio non doveva avere più di trent’anni.
    ”Infatti vi scegliamo proprio per la vostra trasparenza.” gli rivolse un sorriso divertito, rendendosi conto che le sue parole sembravano quelle di uno spot pubblicitario. ”A proposito di trasparenza, credo che andrò a cercare quel bicchiere di champagne di cui parlava Inga, solo per accertarmi che non sia scaduto!” si allontanò sentendo il riverbero dell’ilarità di Isaak e della sua socia, anche se solo la seconda aveva capito che la sua era una fuga in piena regola.
    Kaja si avvicinò alla lunga tavolata che era stata sistemata accanto alla porta finestra che dava sul giardino del locale, tutto era stato preparato con cura, a partire dagli abbinamenti di colori tra bicchieri, tovaglioli e posate. Il bianco e il celeste erano le sfumature sovrane, c’era quel richiamo al marittimo che aveva notato non appena aveva varcato l’ingresso. Quelli della Keselig erano stati bravi a sottolineare il punto di forza del ristorante, doveva proprio ammetterlo. Sulla tavolata avevano inserito dei portatovaglioli d’argento a forma di ancora, dei contenitori scintillanti per le posate che ricordavano la forma di un cavalluccio marino stilizzato, e delle grandi conchiglie decorative sparse in modo da riempire i punti vuoti. Appeso al muro c’era uno striscione dai caratteri eleganti che recitava il nome dell’azienda, Kaja rimase a fissarlo per qualche secondo finché la sua attenzione non venne catturata da un rumore al suo fianco. Si voltò per capire di cosa si trattasse, o meglio di chi si trattasse.
    ”Hey, Dean! Sai dove posso procurarmi uno di quelli?” indicò col dito il calice di champagne che il ragazzo teneva tra le mani, ma lo fece con troppa foga colpendolo involontariamente. La scena avvenne al rallentatore nella sua testa, il bicchiere sollevato in alto di scatto e il liquido frizzantino che fuoriusciva a macchiare la camicia immacolata di Dean. Ci mise qualche istante prima di riuscire a proferire di nuovo parola, le sembrava un dejà-vù sentirsi dire ”Scusa, scusa, scusa.” non era la prima volta che aveva un motivo per cui scusarsi con quel ragazzo, questo era uno di quelli che le poteva perdonare facilmente, ma sommato a quelli del passato poteva essere una mina vagante.
    ”Scusami!” esclamò ancora come se non conoscesse altre parole, ”non volevo darti il benvenuto così. Ne prenderò due te lo prometto!” strizzò gli occhi e si portò le mani coi palmi uniti davanti al volto. Sperava di non aver riaperto la guerra con Dean per la sua goffaggine, era da poco tempo che il loro rapporto sembrava aver trovato una dimensione più pacifica, anche se ogni tanto ancora bisticciavano per qualche sciocchezza. Kaja aprì un occhio per osservare la reazione del ragazzo e la chiazza di champagne sulla sua camicia. ”Se fosse stata solo acqua avrei potuto eliminare quella macchia.” mosse le dita in aria come se avesse voluto fare un incantesimo, lo avrebbe fatto se il suo potere si fosse esteso ad ogni tipo di liquido, ma la manipolazione degli alcolici ancora non rientrava nelle sue capacità. Afferrò un tovagliolo e lo passò a Dean, era certa che se avesse cercato di rimediare ulteriormente avrebbe solo fatto altri danni. Non per nulla il suo migliore amico Yoongi si portava delle protezioni quando uscivano insieme, ”non si sa mai.” ormai quella frase era diventata un mantra.
    Kaja rimase in silenzio mentre il ragazzo si ripuliva, osservandone distrattamente i movimenti delle mani, le stesse che aveva definito “d’oro” durante la prima sera in cui si erano rivolti la parola civilmente. In quell’occasione era rimasta stupita dall’autocontrollo di Dean, non era certa che al posto suo avrebbe mantenuto lo stesso sangue freddo. Avevano toccato degli argomenti estremamente delicati per entrambi, alcuni dei quali Kaja non riusciva a ricordare a causa di quella maledizione da film Marvel che coinvolgeva tutta la città Besaid. Era proprio quella volta che si era scusata a raffica con lui, proprio come pochi istanti fa, si chiedeva spesso se le aveva creduto quando gli aveva raccontato della sua amnesia, oppure se avesse mitigato i toni solo per lavorare ancora al Rainbow. Dean era un enigma per lei, aveva l’impressione che nonostante le confessioni di quella sera di qualche mese fa – e i piatti deliziosi che gli aveva preparato! – ancora non fossero pronti ad abbassare le difese l’uno nei confronti dell’altra. Forse era giusto così, eppure c’era qualcosa che la incuriosiva in quel ragazzo, le sarebbe piaciuto poterci parlare normalmente, senza pregiudizi su un passato di cui lei sapeva poco e niente.
    Dovette riportare lo sguardo e la mente sulla realtà quando Dean le chiese qualcosa che non aveva minimamente sentito. ”Cosa?” doveva avere lo sguardo da ebete, ma a sua discolpa poteva dire di aver fatto un viaggio nella memoria. ”Non ho capito nulla di quello che hai detto, ero sovrappensiero.” Chissà cosa le avrebbe detto se gli avesse confessato che stava ripensando a quella volta che erano rimasti da soli a fare la chiusura del Rainbow. ”Non è che ti stai innamorando di me?” oppure ”Ho già tante ammiratrici, Ellestad, mettiti in fila” già se lo figurava mentre ironizzava sul fatto che potesse avere un’accezione romantica il suo vagheggiare. Non ci aveva mai pensato in effetti a loro due come a una coppia, forse per via dei sensi di colpa che provava nei confronti della sua famiglia, o forse perché fino a poco tempo prima non facevano altro che litigare. Kaja si ritrovò a fissare i suoi occhi chiari in quelli di Dean in attesa di capire cosa le avesse detto prima, durante uno dei suoi tanti film mentali. Aveva degli occhi molto belli, di una particolare sfumatura che cambiava colore con la luce, ma non glielo avrebbe mai detto a voce alta, quello era un segreto!
     
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