You don't have to be alone to be lonesome

Linda & Brenda | Aamot Lodge

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    The desire for annihilation
    Is as common as it is unkind

    La condensa che si creava sul vetro in risposta al suo respiro gli ricordava la sua esistenza. Con la fronte appoggiata contro la finestra chiusa e gli occhi fissi altrove, incantati dall'immobilità che lo circondava, Eva era in attesa dell'arrivo di Valentin. Riusciva a vedere alcuni passi lasciati sulla neve, delle luci decorative in lontananza, ma tutto al di là di quel vetro sembrava vuoto e privo di vita. Eva si domandò se, aprendo la finestra, sarebbe stato raggiunto da qualche rumore proveniente dall'esterno, se sarebbe stato in grado di riconoscere nell'aria le vibrazioni provocate dalla gioia di avvertire l'amico avvicinarsi. Le dita quindi si aggrapparono alla serratura per poter essere investito dall'esterno, in impaziente attesa di essere attraversato da nuovo ossigeno. Contrariamente alle sue aspettative, non accadde assolutamente nulla: il totale silenzio dell'esterno, se non per un rapido sbattere di ali, affrettate ed ovattate dalla presenza della neve, non lo destabilizzò ma Eva si sentì stranamente stupido. Imbarazzato dalle sue stesse azioni, chiuse nuovamente la finestra per far sì che il calore creatosi all'interno della sua piccola stanza non potesse evadere all'esterno e sbuffò, questa volta più intenzionalmente, contro il vetro. Lo sguardo cangiante passò in rassegna tutti gli elementi della stanza, accarezzando rapidamente le linee fredde e regolari di ogni elemento del mobilio: l'armadio, il cucinino, la scrivania con la sedia leggermente spostata dalla sua solita posizione, e il letto. Decise di buttarsi sul materasso, impiegando quegli ultimi minuti d'attesa per sfogliare alcune pagine dell'ultimo libro preso in prestito ma, troppo distratto, non registrò nessuno dei nuovi paragrafi che lesse, dimenticandosi perfino di inserire una seconda volta il segnalibro quando avvertì bussare alla porta.
    «Ehi... Val, vieni, entra pure.» Gli mormorò placidamente, posando gli occhi sull'amico, come se lo sguardo potesse trasformarlo in partecipe e presente al fastidio di aver dovuto attraversare la città con quel meteo. La neve era sicuramente magica, e si era posata in modo tanto affascinante sulle lunghe punte dei capelli di Valentin e sulle sue ciglia, ma poteva essere altrettanto fastidiosa. Eva non si limitò a guardare l'amico, avvicinandogli con calma un paio di pantofole - anch'esse bianche e vaporose -, rimanendo poi in attesa di vedere Valentin attaccare il proprio cappotto e tutto ciò che aveva addosso ad un gancio vicino la porta che gli fu indicato. «Vuoi qualcosa?» Domandò qualche secondo dopo, indicando con un cenno del capo una piccola scrivania presente nella stanza dove, in un angolo, Valentin avrebbe potuto individuare un bollitore e quanto necessario per imbastire un discreto tea party. Eva aveva deciso di accogliere Valentin con addosso alcuni dei suoi vestiti meno audaci, optando per alcuni pantaloni morbidi e neri, un dolcevita grigio e un cardigan verde - credeva si trattasse di capo Chanel, forse preso in prestito a lavoro, ma non ne era totalmente sicuro. L'intera figura del ragazzo sembrava emanare una strana forma di conforto, una che non gli apparteneva affatto, che si era tradotta anche nella preoccupazione di accogliere nel modo più caldo possibile Valentin: aveva lasciato un vinile sotto l'ago del giradischi, aveva oscurato tutte le luci più abbaglianti, creando un'atmosfera accogliente e che pareva ricordare quella di un abbraccio. «Oppure ho preso un'altra cosa... vai a dare un'occhiata.» Aggiunse qualche secondo dopo, percorrendo in pochi passi la distanza che li divideva entrambi da quella zona della stanza, poggiando le mani sullo schienale della sedia per mostrare a Valentin una tote bag da cui avrebbe potuto adocchiare il collo di una bottiglia di vino. «Non sapevo che umore ti avrebbe accompagnato fino a qui.» Scherzò, sorridendogli in modo affascinante.
    Era passato del tempo dall'ultima volta che si erano visti, che avevano avuto modo di scambiare due chiacchiere in tranquillità senza essere disturbati dalla curiosità sempre malcelata del proprietario del VintAge o da impegni. E se era vero che, di tanto in tanto, Eva andava a far capolino all'impresa funebre dove Valentin metteva a disposizione le sue preziosissime abilità, ultimamente i due erano stati sommersi dalle richieste più pressanti del lavoro: Eva doveva ancora riprendersi dalla stagione dei saldi e, quel pomeriggio passato in compagnia dell'amico, avrebbe potuto forse rilassarne i nervi. Il ragazzo non aveva potuto fare a meno di domandarsi come stesse Valentin, ma era quasi sicuro che la situazione non fosse cambiata molto da qualche mese prima - e, sperava, che non fosse stata aggravata dall'occuparsi di funerali proprio sotto il periodo natalizio. «Iniziamo con un po' di tè... per il resto ci sarà tempo. Mettiti comodo e cambia il vinile se questo ti dà fastidio, ce ne sono altri vicino al comodino, nello scatolone.» Gli lasciò una carezza lungo il braccio mentre lo sorpassava così da avvicinarsi al cucinino, trasportando con sé il bollitore per poterlo riempire d'acqua e attaccarlo alla corrente. Quindi, appoggiatosi al bancone, guardò Valentin con un certo interesse, cercando di leggere dalla sua espressione o dai suoi movimenti cosa provasse in quei momenti e come poter, nel modo migliore, rispecchiare ciò che l'amico si aspettava da lui. Sapevano entrambi perché Valentin era qui: l'amico aveva chiesto l'aiuto di Eva per una sua richiesta ben specifica. Eva avrebbe voluto dirgli che gli sarebbero mancati i suoi capelli lunghi, ma immaginava che Valentin avesse preso una decisione del genere, quella di tagliarsi i capelli, per dei motivi ben specifici. «Vuoi parlare di qualcosa? Oppure non vuoi parlare per niente?» Lo interrogò infine, chiedendogli implicitamente come stesse. Non gli stava certo proponendo di rimanere in completo silenzio - ma voleva accertarsi che Valentin non fosse disturbato dall'introdursi di Eva tra le pagine di quell'argomento così delicato. In tal caso, Eva immaginò che sarebbe stato più che contento di parlare del più e del meno.
     
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    cody-fern-ahs
    «Ehi... Val, vieni, entra pure.» Persino le prime, calde parole pronunciate da una voce tanto amica come quella di Aksell arrivarono come un fruscio lontano all'udito di Valentin. Da quando aveva lasciato Holden sulla soglia di casa, si era spezzato qualcosa in lui che già si era dolorosamente incrinato nel momento in cui il moro aveva esalato il suo ultimo respiro tra le sue braccia in quella finta e scura cattedrale londinese, e prima ancora quando Jaan si era dimenato e aveva stretto Valentin a sè incredulo di poter essere ucciso dalla stessa persona che aveva pronunciato il suo amore per lui neanche pochi minuti prima. Ora che la situazione era arrivata ad un punto critico, Val non aveva più idea su come ricomporre i pezzi. Per questo si era trascinato sin davanti casa dell'amico a cui sapeva di poter confidare tutto: conosciuto al VintAge, Aksell si era sempre dimostrato una presenza gradita e delicata tra gli spigoli più affilati dell'altro, pronto ad accoglierne la natura anche al suo peggio. Mi dispiace disturbarti ora, possiamo vederci? Anche solo per dieci minuti? Oppure... Il fastidio di dover esporsi alla luce del display del cellulare terminò presto, e nonostante sentisse di star imponendo la sua compagnia all'amico, Valentin sperò che avrebbe potuto perdonarlo. Era stato solitario per molto tempo, ma ora credeva di aver bisogno di spezzare quel circolo vizioso che lo chiudeva in se stesso e fuori dal mondo esterno. Per fortuna Aksell era stato tanto gentile da proporgli persino di passare da casa sua per il famoso taglio di capelli, ed ora Valentin si dirigeva verso l'Aamot Lodge. Forse da molto più tempo di quanto ricordasse, gli pareva di muoversi più lentamente, di restare fermo in delle sabbie mobili che egli stesso aveva causato, tanto fitte da assorbirlo nei suoi tormenti ed impedirgli di trovare riposo. Per fortuna però era riuscito ad andare incontro ad Aksell ed a spostarsi nel piccolissimo spazio che si era ritagliato per trovare conforto nel suo amico, ora che i suoi sentimenti per Holden si facevano più nitidi e taglienti.
    Naturalmente si fece spazio tra le pareti di quel piccolo appartamento solo dopo essere stato invitato all'interno, sfuggendo allo sguardo dell'altro ragazzo, timoroso di lasciar brillare gli occhi scarlatti davanti al volto di Aksell. C'era qualcosa in lui che gli suggeriva che in qualche modo entrambi custodissero un oscurità simile, confortevole, tanto che probabilmente la compagnia dell'altro ragazzo avrebbe potuto forse aiutarlo ad elaborarla, tuttavia non era tornato umano perchè non ancora del tutto sazio. Dopo aver impresso la traccia dei suoi canini e delle sue labbra su quelle di Holden, Valentin era ritornato a delle abitudini inquietanti ma familiari, residui del passato e della tenacia delle memorie legate ai suoi genitori. Negandosi le ultime gocce di sangue che l'avrebbero sfamato del tutto, cercava di espiare il peccato che l'aveva condotto sin lì, non certo su come perdonarsi realmente. Cos'altro avrebbe dovuto fare per affrontare le sue colpe? Per Jaan? Per Holden? Nel sfilarsi il lungo cappotto nero sporco di neve dalle spalle, gli sembrò di privarsi di pesi fisicamente attaccati persino ai suoi vestiti, e ringraziò Aksell in un sussurro per il riguardo che gli stava mostrando. Non gli servì parlare immediatamente, ma potendo udire la cadenza calma e ritmica del cuore dell'amico, già Valentin parve calmarsi un po'. «Oppure ho preso un'altra cosa... vai a dare un'occhiata.» Lasciò scivolare le iridi cremisi con più intenzione solo allora, scorgendo tra le luci morbide anche il collo scuro di una bottiglia di vino, e nonostante per ovvie ragioni Valentin non avesse idea della natura performativa dei comportamenti di Aksell, li trovò ugualmente genuini ed accoglienti. Forse come non lo erano mai stati quelli di nessun altro, a parte di Holden, sin ora. «Non sapevo che umore ti avrebbe accompagnato fino a qui.» C'era una forma aleggiante di sicurezza e dolcezza nella presenza di Aksell, un tepore umano che probabilmente neanche il diretto interessato riconosceva e che arrivava dritto al cuore esausto di Val.
    «Iniziamo con un po' di tè... per il resto ci sarà tempo. Mettiti comodo e cambia il vinile se questo ti dà fastidio, ce ne sono altri vicino al comodino, nello scatolone.» Al passaggio del palmo di Aksell sul suo braccio, Val si sentì trasportare in due direzioni diametralmente opposte: ritirarsi di scatto oppure trattenersi fermo, permettendosi di ricordarsi che gli era permesso, anche se non lo meritava, di ricevere del sollievo dalle persone a cui voleva bene. Fino a quel momento, calmo ma scuro come un'ombra sotto la luce di una lampada, Valentin era rimasto in piedi quasi nel mezzo della stanza, chiuso in un silenzio da cui non sapeva bene come uscire. Forse pensare a cose piccole ma determinanti, come il taglio di capelli, avrebbe reso tutto un po' più semplice. «Vuoi parlare di qualcosa? Oppure non vuoi parlare per niente?» Il pensiero non ancora formatosi nella mente di Valentin si concretizzò solo tra le sue braccia, quando contro ogni suo istinto più restio con una mano fredda e cercò quella di Aksell e, senza chiedergli il permesso, la avvolse nella sua. Ancora una volta, pensò, i vampiri si dimostrano creature ingorde. La strinse al proprio palmo, ma restò in silezio ancora per qualche lungo momento. La sua lingua tagliente non aveva niente di arguto da scoccare, nè una risposta del tutto razionale da offrire. Voglio solo stare un po' con te, mon tigre. Era la prima volta da quando aveva varcato la soglia di casa di Aksell che Valentin aveva schiuso le labbra con intenzione, lasciando intravedere i canini appuntiti allo sguardo affilato e cangiante dell'amico. Sperò di non inquietarlo e di credergli nel caso in cui lui avesse cercato di rassicurarlo. Non riusciva a farlo con Holden, ma sapeva che il problema risiedesse nei suoi personali tormenti e non nelle parole del moro. Con cauela, Valentin trovò conforto nella bellezza che Aksell gli offriva ogni volta con la sua sola presenza, avvicinandosi alla sua figura ed udendo il battito del suo cuore sempre più vicino, posando lo sguardo rosso in quelle iridi speciali e sull'arco raffinato del naso e delle labbra dell'altro, così come sulle linee più sottili delle ciglia. Secondo te è possibile tenere fede a una promessa anche se si deve cambiare? Domandò piano, interrogando i lineamenti dell'amico, mansueto. Ho paura che se lo farò, non potrò più fare ciò che mi è stato chiesto. Non posso lasciarlo indietro e dimenticarlo. Jaan? Holden? Me stesso? Sempre più perso nei meandri dei ricordi di quella notte nevosa tanto simile a quella in cui si era incamminato quella sera, Valentin semplicemente si lasciò cullare in quelle acque scure tenendosi però ancorato alla realtà dalla mano di Aksell che stringeva la sua, che iniziò a sollevare senza fretta. Ho detto ad Holden che non possiamo vederci, era così triste e spaventato. Non so nemmeno più se non fosse davvero ciò che volevo. Benchè non avesse rivelato ancora ogni dettaglio degli eventi passati, Valentin cercò di lanciare egli stesso una cima ad Aksell affinchè potesse seguire nella tempesta la corrente dei suoi pensieri, senza neanche accorgersi di avere ora il dorso della sua mano contro il naso e le labbra, e d'essergli arrivato del tutto vicino, tanto da capire in ogni sincope del suo battito o spasmo dei muscoli se anche Aksell, come Holden e Jaan prima di lui, fosse intimorito dalla persona che aveva davanti, ancora affamata, ancora inumana ed ancora in cerca di pace.
     
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    Eva vagò con lo sguardo dall'incontro delle loro mani al viso, tanto affascinante quanto sfiorato da indecifrabili ombre, di Valentin. Un sorrisetto appena accennato gli piegò le labbra e il giovane non si ritrasse, abbandonandosi a quella carezza apparentemente innocua. «Pensavo avessi perso la voce.» Gli confessò, facendosi raggiungere dal morbido nomignolo e, insieme, dalla peculiare visione dei canini inumani dell'altro. Si trattava di un evento raro, che lo sguardo di Eva si curò di registrare con cura, stranamente attratto da quella caratteristica aliena che però sapeva appartenere all'amico. «Valentin...» Sussurrò pianissimo. Ora che si era, finalmente, mostrato a lui, Eva ne poté riconoscere anche lo sguardo cremisi: Eva non si spaventò, non venne turbato dallo stato alterato in cui l'ospite e amico fece ingresso in casa sua. Anzi, era pronto ad accoglierlo, nutrito in quel sentimento d'affetto anche da una quantità di curiosità che non avrebbe facilmente nascosto. Rimase in silenzio, schiudendo le labbra ma senza proferire parola, ascoltando attentamente il messaggio che Valentin volle consegnargli. Una promessa? Eva avrebbe voluto cullare il migliore amico fra le braccia, raccoglierlo a sé con l'affetto che si riservava agli infanti: gli sembrava così confuso da risvegliare in lui perfino della tenerezza. «Le promesse preferiscono costanza.» Gli suggerì, guardandolo di sottecchi, dovendo ammettere di non poter comprendere fino in fondo il discorso di cui Valentin lo stava rendendo solo parzialmente partecipe. Eva avrebbe volentieri agito come uno specchio, ma l'immagine di fronte a sé era offuscata e poco nitida: di chi stava parlando? E con chi avrebbe desiderato parlare?
    Holden. Circondato dalle parole di Valentin, Eva si accorse solo più tardi, quando avvertì le labbra di Valentin a contatto con la sua pelle, di essersi avvicinato di più all'amico. Continuò a scrutarlo, mentre lo sguardo si faceva più torbido, questa volta non avendo alcun dubbio sulle intenzioni dell'altro: l'avrebbe morso? Si dovette trattenere dal sorridere, stregato dalla possibilità di poter entrare a diretto contatto con quel lato ancora oscuro di Valentin. Come sarebbe stato avvertire i canini dell'altro perforargli la carne? Con la medesima cautela che l'amico aveva adottato per avvicinare la mano al suo viso, Eva effettuò un'elegante rotazione del polso, offrendosi a Valentin senza staccare lo sguardo dal suo viso. Sei sorpreso? Cercava di interrogarlo attraverso le palpebre socchiuse, mentre il sorriso amichevole che l'aveva accolto fino a quel momento veniva sostituito da un'espressione più subdola. «Vuoi farlo? Puoi farlo, se vuoi.» Pronunciò a bassa voce ma con sicurezza, allungando la mano libera verso il viso di Valentin per spostargli alcune ciocche bionde dietro l'orecchio, accarezzandogli i lunghi capelli fino alle punte. Seguì quel movimento con lo sguardo obliquo, inclinando appena il viso e emettendo un piccolo suono infastidito con le labbra: sembrava più turbato da quella perdita che dalla prospettiva di essere morso da Valentin. «Sei affamato? Come dicevo, non sapevo che umore ti avrebbe accompagnato fin qui. Non ti ho offerto anche questo perché non pensavo di trovarti così.» Continuò a parlare con calma, raggiungendo il viso di Valentin con le dita affusolate e bloccate in parte dalla presa dell'amico.
    Lasciò che Valentin soppesasse le sue parole, e così le sue scelte, rimanendo fermo. Non trovò ragione di divincolarsi, né di allontanare bruscamente Valentin. Non pensò nemmeno che le sue azioni potessero risultare bizzarre agli occhi di Valentin, forse più abituato ad avere a che fare con prede schive e timorose, che avevano lasciato graffi sul suo cuore che non chiedeva altro se non essere nutrito. Allo stesso tempo, Eva non credeva nemmeno di essere sul punto di offrirsi in sacrificio all'amico. Piuttosto, si stava donando volontariamente a Valentin, concedendogli di godere di quel regalo che avrebbe potuto placare la brama che lo animava. «Valentin, se posso chiederti una cortesia...» Sembrò riprendersi all'improvviso dal flusso di pensieri, nonostante non fosse passata che una manciata di secondi da quando aveva parlato per l'ultima volta. Invece di dettare ordini all'amico, Eva agì da solo, facendo attenzione a piegare la lunga manica del dolcevita: voleva evitare in tutti i modi di macchiare quel capo a cui, tutto sommato, poteva dirsi affezionato.

    loOoOoouIsss
     
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    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: descrizione di contenuti sensibili - sangue e ferite.
    Ricordiamo che si tratta di un'opera immaginaria, frutto della fantasia di chi scrive e che non mira a danneggiare nessuno nello specifico.


    cody-fern-ahs

    Let me bleed you this song of my heart deformed
    Lead you along this path in the dark
    Where I belong until I feel your warmth

    Ora che Aksell avrebbe visto il suo amico nella sua vera natura si sarebbe nascosto? Il calore della sua mano in quella di Valentin sembrò persino più lampante dei canini appuntiti che gli si intravedevano dalle labbra, e Valentin non si spostò, lasciando ad Aksell tutto il tempo di cui necessitava per compiere la sua scelta. Si limitò a portare lo sguardo nel suo quando venne chiamato, mostrandogli del tutto gli anelli cremisi nelle sue iridi, brillanti e tanto diverse da quelle della sua controparte. Quegli attimi erano intessuti in attese e silenzi. Cosa avrebbe visto Aksell in esse se non fame e cupidigia? Lo avrebbe ancora ascoltato con la stessa cura ed attenzione? Le promesse preferiscono costanza. La risposta si annidava in quelle poche parole, un commento che restò nei pensieri di Valentin ancora a lungo. Per tutta la sua vita adulta aveva provato a tenere fede alle sue promesse, ma non era certo di averle onorate. Non avrebbe mai dimenticato, ma non era ancora riuscito a negarsi del tutto. La via d'uscita sarebbe stata una sola, ma sino a quel momento era stato troppo vigliacco da perseguirla; aveva pensato molte volte a raggiungere Jaan, eppure non riusciva a compiere quel salto. Forse paura, o forse speranza, lo fermavano poco prima del momento risolutivo. Per quanto si sforzasse di essere lì, presente in quella stanza tanto accogliente con Aksell, Valentin era anche altrove, un'ombra scura che svettava in quel mobilio semplice ma curato, fuori luogo ovunque.
    Non sapeva esattamente quando si era avvicinato all'amico, ma mancandogli in quel momento, gravitava verso la vita ed il suo tepore come sua unica fonte di salvezza. Aksell non si era offerto a lui, era stato invece Valentin ad aver invaso un'altra volta lo spazio di una persona cara per cercarvi nutrimento - l'unica promessa a cui sembrava riuscire a prestare costanza era quella alla caccia ad alla sete. Si considerava una persona ben custodita in se stessa, difficile da scalfire, ormai familiare con le sferzate della vita al cuore, eppure quella sera era stata impietosa, difficile, e Valentin sembrava non riuscire a tenere i muri alti. Non potè infatti nascondere la sua sorpresa nel vedere il polso dell'amico voltarglisi tra le dita, mostrandogli la pelle sottile e le vene scure che vi pulsavano al di sotto. Io.. Perchè tutto quell'affetto, quella attenzione? Era Aksell, invece, a nascondere un muto desiderio di morte? La sua espressione da sorpresa mutò in confusa, seguendo per qualche attimo soltanto la carezza di Aksell lungo i capelli ancora per poco lunghi e sinuosi. «Sei affamato? Come dicevo, non sapevo che umore ti avrebbe accompagnato fin qui. Non ti ho offerto anche questo perché non pensavo di trovarti così.» Prima d'allora Valentin non aveva mai conosciuto prede tanto audaci, e si chiese cosa avesse spinto Aksell ad offrirsi così apertamente, sfiorandogli la pelle con tanta dolcezza piuttosto che respingerlo. Non gli sarebbe servito respirare, eppure si ritrovò a gonfiare il petto in un sospiro quieto: forse la lacrima che gli rigava ora una guancia non era di disperazione. Non riesco a non volerlo. Confessò con un filo di voce, un segreto che, per quanto intuibile, accendeva un profondo senso di vergogna. Tuttavia come fermarsi? Anche il solo odore nell'aria era così nuovo e così diverso - non l'invitante profumo della paura, ma quello inebriante dell'attesa.
    Portandosi il polso di Aksell a sfiorare le narici ed infine le labbra, Valentin sapeva di non potersi trattenere ancora a lungo, ma venne fermato dal delicato avvertimento del prezioso amico. Tra le lacrime che gli pungevano gli occhi ed i canini affilati si impigliò un'altra prima volta, un inaspettato sorriso che sbocciò in una risata leggerissima a mostrare del tutto il colore perlaceo e le curve minacciose dei denti. E' il dolcevita che ti preoccupa? Tenera meraviglia non era il sentimento che pensava avrebbe provato quella sera Valentin, eppure eccolo lì a domandarsi come mai Aksell non fosse turbato dal trovarsi davanti una creatura capace di uccidere con la stessa disinvoltura dei polmoni che si allargano e del cuore che batte. In effetti.. è un bel dolcevita. Ti farà male. Avvertì infine con naturalezza e persino una punta di complicità, ora che davvero ogni secondo era diventato scintilla per il bruciore incessante che gli lambiva la gola e assottigliava la ragione. Fu facile spezzare l'involucro della pelle ed accedere al sangue squisito che pulsava dritto tra le labbra di Valentin. Fece attenzione e si mantenne il più composto possibile, tradito solo dall'abbassarsi delle palpebre e dalla stretta delle braccia, ora entrambe attorno ad Aksell, a cui andò ad avvolgere i fianchi. Non sarebbe scappato, eppure l'istinto ebbe la meglio ancora una volta. Si soffermò sul polso ancora per qualche attimo prima di lasciarlo andare ed insinuare elegantemente le mani sotto il tessuto, sollevandolo senza chiedere permesso. La pelle dorata di Aksell si scontrò con i palmi cerei di Valentin almeno finchè non riuscì a scoprirgli completamente il torace e tornò a mordere all'altezza dell'avambraccio, liberando altro delizioso nettare. Creò lì una ferita, e poi si spostò ancora più in alto, lasciando cadere l'indumento che ora reggeva in una mano sola. Non hai ancora paura.. Lo studiò inebriato ed affascinato, nell'atto di posare una falsa carezza sul volto perfetto dell'amico che servì ad incoraggiarlo a piegare il collo e mordere infine lì, lasciando che il sangue bagnasse le gengive e la bocca, scivolandogli poi sulla lingua, che lambì avida le spaccature nella pelle una volta che la sete venne estinta.
    Se non fosse stato per una banale dimenticanza, Valentin non avrebbe reso quella serata un enigma ancor più di quanto già non fosse - colpevole una sola sacca di sangue lasciata dalla signora Rosdahl a non nutrirlo completamente, riducendolo ad aggrapparsi ad Aksell come se ne dipendesse la sua vita. Slacciò l'abbraccio morbidamente, ringraziando il suo prodigioso autocontrollo ed i suoi gesti misurati nel separarsi dall'amico e recuperare il dolcevita per riconsegnarglielo e non arrossire neanche un attimo nel mentre. Come sempre, dopo la brama e l'ebbrezza arrivava la contrizione, e Valentin la sentì colpirlo ancor più atroce del solito. Aveva ceduto ancora una volta, e nuovamente con una persona a lui cara. Non aveva rischiato di ucciderla per puro caso, per essersi nutrito quasi a sufficienza, eppure le iridi ora tornate azzurre sfuggivano a quelle di Aksell giacchè in esse vedeva non solo lui, ma anche le persone che aveva morso prima d'allora, ed i suoi stessi peccati. Non permettermi di farlo mai.. La frase restò interrotta. Mai più? Aksell sarebbe stato in grado di scappare se l'avesse desiderato? Quel pensiero gli morì tra le labbra, così come la risposta a quella stessa domanda. Semplicemente, Valentin non poteva scappare da ciò che era, ed avrebbe portato con sè chiunque si avvicinasse maggiormente giù, nel buio del baratro con sè. Non volle però impensierire Aksell più del dovuto, specialmente dopo ciò che avevano appena condiviso, ed imbrigliò ogni moto d'emozione che minacciava di traboccare fuori da lui nel silenzio, in attesa del giudizio, lanciando una occhiata furtiva alla pelle del suo amico ora macchiata di rosso. Fece allora per muoversi, con l'intenzione di cercare qualcosa con cui nascondere e guarire le ferite.
     
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    Eva si stava domandando se fosse davvero convinto di essere in pieno controllo della situazione. La risposta che avrebbe trovato non poteva che essere negativa: mai come in quel momento Eva aveva lasciato largo spazio all'improvvisazione, permettendosi di vivere quell'esperienza secondo dopo secondo, non trascinandosi fuori dal flusso degli eventi per poter osservare da lontano l'immagine di sé che recitava una parte. Non avrebbe pensato a quale sarebbe stata la mossa più giusta da fare, semplicemente l'avrebbe presa e poi ne avrebbe affrontato le conseguenze. Poco gli importava, in quel momento, di poter diventare vittima di una delle poche persone che aveva imparato a riconoscere come confidente e amica: Valentin avrebbe potuto ucciderlo, fare dei suoi ultimi respiri un nutrimento che avrebbe messo a tacere la sete che avvertiva. Eppure Eva non riusciva a provare paura: era sfuggito alla morte tante volte in passato e credeva che poter essere ammazzato da qualcuno che provava almeno un po' di affetto nei suoi confronti sarebbe stato un grande regalo per la sua esistenza. Forse, immaginava, il momento più alto. Si avvicinò ancora di più a Valentin e trasformò la carezza che aveva lasciato fra i suoi capelli biondi in una presenza più solida sul petto dell'amico, che avvertì alzarsi ed abbassarsi in un respiro forzato. "Non riesco a non volerlo" Non avrebbe sentito il battito cardiaco di Valentin ma sapeva che, a differenza del contrarsi del cuore, la consapevolezza delle proprie azioni non aveva abbandonato l'amico. Probabilmente, anche se Eva stava donando il suo sangue all'altro, sarebbe stato Valentin a pagare il prezzo più alto fra i due. «Allora prendi quello che vuoi, Valentin.» Gli rispose, facendo tesoro delle sue parole. Eva iniziò ad immaginare Valentin al di là del divisorio forato di un confessionale, accogliendo le sue parole come peccaminose confessioni e il suo desiderio e la fame come se fosse stato predestinato ad estinguerla.
    Gli permise di avvicinarsi sempre di più per saggiare il suo profumo, rabbrividendo nell'avvertire il contatto delle labbra di Valentin su quella porzione di pelle tanto delicata. Era curioso di conoscere quali sensazioni il proprio odore avesse risvegliato nei sensi più acuti di Valentin. Che sapore ho? In quel filo di pensieri che si susseguivano come le perle di un rosario, Eva s'inceppò su uno in particolare, facendo notare con una certa leggerezza una propria esigenza a Valentin. Alzò lo sguardo dal proprio polso per fotografare la meravigliosa espressione di Valentin che, probabilmente sorpreso dalle parole fuori luogo di Eva, si era addirittura messo a ridere. Il viso di Eva si arricciò in un sorrisetto più imbarazzato: era sicuro che anche Valentin avrebbe preferito la morte a rovinare un capo d'abbigliamento che aveva a cuore. «Mmm~ non faresti lo stesso?» Gli domandò con una certa rapidità e a bassa voce, preso piacevolmente alla sprovvista dalle risate di Valentin che non volle coprire con le sue provocazioni. L'immagine dei denti bianchissimi di Valentin si era impressa a fuoco nella testa di Eva, generando in lui ulteriore interesse e fascinazione. L'assenza di terrore di fronte a quella realtà non lo preoccupava, al contrario, ben presto ogni altro pensiero venne arrestato dall'avvertimento che Valentin sibilò. "Ti farà male." Mosso da un viscoso sentimento di indecifrabile languore, Eva si rispecchiò nello sguardo più scuro di Valentin, chiedendosi cosa l'altro avrebbe letto nei suoi occhi. Era ancora in grado di vederlo al di là del richiamo pulsante del sangue che gli scorreva fra le vene? Stai per mordermi. Farà male per forza. Riuscì a pronunciarsi mentalmente in forma compiuta, nonostante tutte le attenzioni fossero rivolte all'incontro che stava per consumarsi fra la bocca di Valentin e il suo polso. Arrestò il respiro per qualche secondo e si immerse in quella sensazione che, proprio come aveva preannunciato Valentin, si rivelò piuttosto dolorosa.
    Tristemente avvezzo a quelle sensazioni, Eva strinse le labbra per abbracciare il dolore, proprio come Valentin stava facendo con il suo corpo. Se non avesse emesso un solo sospiro, un gemito, Eva era convinto che Valentin si sarebbe accorto che non c'era niente di male a nascondersi dietro le sue azioni: la sua sete era naturale, rispondeva a dettami che non conoscevano crudeltà, solo bisogno. Le intenzioni di Eva però vennero tradite dalle immagini che gli affollarono la mente, dal contatto freddo e bruciante delle mani di Valentin, dalla perdita di sangue. Ogni morso era una freddissima coltellata ma Eva continuò a resistere, almeno fino a quando il dolore non si mescolò al piacere e allora il respiro si fece sempre più rarefatto, apparendo in flebili mugolii. Sempre più malleabile, Eva si piegò alla volontà di Valentin, raggiunto dal suo palmo in una carezza che apprezzò infinitamente. Quindi, docilmente tese il collo, aggrappandosi con sempre meno forze al corpo di Valentin, raccogliendo i suoi capelli in una presa debole.
    Fu il distacco a ferire Eva più del dolore che avvertiva lungo tutto il braccio e che si irradiava fino alla base del suo collo. Lo sguardo più perso di Eva si alzò dal dolcevita, che raccolse fra le mani, al viso di Valentin: sembrava distante, forse irraggiungibile. Per Eva fu impossibile intercettarne lo sguardo, ma non sarebbe stato difficile leggere l'espressione contrita e turbata di Valentin. «Mai più? E perché?» Sussurrò, colpito dalle parole gravi di Valentin. Non ancora riemerso dalla confusione, Eva aveva parlato prima di pensare: si morse la lingua non appena registrò le proprie parole, mentre una patina più rossa gli colorò per una manciata di secondi le guance. Valentin sembrava molto scosso dalle proprie azioni e da quello che si era spinto a fare, e forse ignorava completamente lo strano piacere che aveva fatto crescere in Eva, permettendogli di entrare in contatto con un lato nuovo e ancora nascosto di sé. «Scusa, forse sono le vertigini.» Aggiunse con rapidità e senza riuscire a mascherare l'imbarazzo. Scaricò un po' di tensione sul morbido indumento che aveva ancora fra le mani, stropicciandolo leggermente per poi appoggiarlo sul bancone del cucinino. In effetti ad Eva girava la testa, ma non credeva che quella condizione fosse del tutto attribuibile alla perdita di sangue che, in ogni caso, non doveva essere stata ingente. Tuttavia non avrebbe potuto dirlo con certezza: le sue stime erano falsate dalla fitta foschia che ne avviluppava il ragionamento, rallentandolo. Nel silenzio Eva ispezionò con attenzione il proprio polso, ora rosso ma non più sanguinante, raggiungendo quella parte di pelle con la punta delle dita: era indolenzito ed Eva poteva avvertire una pulsante sensazione di bruciore, ma il dolore non sembrava invalidante. «Se stai cercando le garze sono in bagno... ma il sangue si è fermato.» Parlò a bassa voce, allungando la mano verso il polso di Valentin per tenerlo sul posto, affinché non si allontanasse: non l'avrebbe costretto a parlare, né a confessare quello che lo stava tormentando, ma credeva fosse fondamentale che Valentin avesse ben chiari alcuni elementi di quella situazione tanto singolare.
    «Te l'ho detto: puoi farlo. L'hai fatto ed era quello che volevo.» La stretta sul polso di Valentin si era fatta stranamente più presente, come se una forza che Eva non aveva mai conosciuto fino a quel momento ne avesse rinvigorito le membra. Gli occhi, puntati con intenzione in quelli di Valentin, si colorarono di rosso. Quindi, abbandonata momentaneamente quella furia così come si era manifestata in lui, lo sguardo di Eva si ammorbidì di nuovo e la mano lasciò la presa su Valentin, arrivando dietro la sua nuca con destrezza. «Valentin… ti senti meglio, ora? E non andare in giro per la stanza senza pulirti, macchierai il pavimento.» Borbottò più docilmente, eliminando ogni residuo di sangue sul mento di Valentin con il passaggio delle labbra in tiepidi baci, nonostante non fosse concentrato, in quei momenti, su contatti tanto teneri. Non succedeva spesso di registrare una nuova particolarità dentro di sé, doveva ammettere di essere un po' arrugginito. Allora Eva cercò di abituarsi alla sensazione poco piacevole di sentire, in modo del tutto diverso, Valentin ancora dentro di sé, anche se credeva che tutto quel fastidio sarebbe passato in fretta. Perché in quel momento era fastidiosamente e incredibilmente conscio della presenza della Bibbia nel primo cassetto del suo comodino? La poteva sentire pulsare, là dentro. Rabbrividì, superando Valentin per abbassare di poco la musica proveniente dal giradischi ancora in funzione. Solo a quel punto si tuffò sul proprio letto, portando un braccio dietro la testa e guardando Valentin di sbieco. «Quindi... promesse. Hai fatto promesse che non sei in grado di mantenere?»
     
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