Melancholia.

Emma x Amelie | 8 gennaio 2022 | mattina

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    Emma Walsh
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    L’incontro con Sirius non era stato esattamente come se l’era immaginato. Mille e mille volte la sua mente aveva preparato lo scenario della resa dei conti tra lei e l’uomo che le aveva spezzato il cuore, ma mai si sarebbe immaginata che sarebbe avvenuto tutto in un negozio in cui vendevano prodotti per la casa, con lei che teneva in mano una lampada che illuminava con la luce del tramonto, e per giunta in una città lontanissima da Dublino. Erano trascorsi un paio di giorni da quell’incontro ed Emma non ne aveva ancora parlato con nessuno, nemmeno con Damien che, a quel punto, lei stessa considerava più un bravo coinquilino e non il suo compagno. Aveva sentito Tess, sua sorella, al telefono ma neanche a lei era riuscita a rivelare dell’incontro con Sirius nonostante fosse stata una delle poche a rimanerle vicino dopo che l’uomo aveva rotto in mille pezzi il suo cuore. Emma doveva metabolizzare o, più semplicemente, doveva decidersi ad andare avanti senza rimanere legata al sofferente ricordo di Sirius. Lui, anzi, il ricordo che aveva di lui le impediva di continuare serenamente la sua vita e le impediva di creare qualcosa di costruttivo con Damien. O forse no. In quell’ultimo caso Sirius c’entrava ben poco, era lei che doveva capire se amasse o meno quel ragazzo che, invece, sembrava non avere occhi che per lei tanto da accettare che Emma fosse gelida e sfuggente quando si parlava della loro relazione.
    C’erano un bel po’ di cose a cui doveva pensare, Emma, ed il colmo era che in realtà credeva che Besaid sarebbe stato un punto di svolta per lei, per la sua vita. La convinzione che una volta cambiata città sarebbe cambiata anche lei si era però dissipata non appena si era resa conto che quella consueta malinconia l’aveva perseguitata anche lì, nel nuovo appartamento che condivideva con Damien e che era ancora colmo di scatoloni del trasloco. Aveva provato a fuggire, ma non era servito a niente e adesso non le rimaneva altro che affrontare chi l’aveva spinta ad andare via da Dublino. Lo sapeva bene perché quella mattina era sopraffatta da quei pensieri! Aveva mezza giornata libera e quindi il fermento che c’era al lavoro non le permetteva di concentrarsi su altro che non fosse la sua attuale confusione. Fare l’infermiera non era mai stata la sua ambizione primaria, voleva divenire un chirurgo come sua madre, ma aveva abbreviato gli studi sempre a causa della forte delusione di cuore. Anche in quel caso, quando decise di modificare leggermente il suo indirizzo di studi, pensava che quel cambiamento avesse migliorato la sua vita, ma dopo i primi mesi si era resa conto di essersi ampiamente illusa. Non bastava studiare un po’ di meno per far svanire la sofferenza. È stato a quel punto che Emma ha iniziato a lasciarsi trascinare dagli eventi della vita. Pur essendosi resa conto che non voleva divenire infermiera, continuò su quella strada perché ormai le importava ben poco. Aveva una visione molto pessimistica della vita, più pessimistica di quella che aveva adesso a Besaid. In effetti quella Emma che adesso stava tranquillamente camminando nel parco della cittadina era decisamente meno tormentata della Emma passata, per quanto questo potesse essere assurdo una volta conosciuti i suoi pensieri. Con Damien al lavoro e lei che non aveva un bel niente da fare, Emma aveva preferito uscire senza avere una meta ben precisa, invece che rimanere a casa passeggiando sul viale dei ricordi mentre scartava gli ultimi scatoloni rimasti in cui, ne era sicura, avrebbe sicuramente trovato qualche oggetto o qualche indumento che le avrebbe ricordato i giorni trascorsi a Dublino. Poteva anche fare jogging in un bel parco come quello, ma le faceva troppo freddo e, sinceramente, non aveva alcuna voglia di fare sport quindi, in barba a qualsiasi tesi su quanto facesse bene il movimento fisico, portò con sé della cioccolata calda da sorseggiare durante la passeggiata tra il verde e lontana dal caos del centro città.
    All’inizio le era sembrata una buona idea; insomma, camminare in piena calma senza l’ansia di dover correre al lavoro altrimenti faceva tardi, l’occasione per esplorare la città da sola. E invece ecco che l’avvenimento accaduto qualche giorno fa l’aveva sopraffatta a tal punto da mandare all’aria quella mattinata che doveva trascorrere all’insegna del relax. Ad interrompere il suo flusso di pensieri, fortunatamente, arrivarono due palle di palle che iniziarono a correrle intorno alle gambe e per qualche secondo Emma faticò a riconoscerli come due adorabili cagnolini. Stavano giocando tra di loro, una palla di pelo totalmente bianca mentre l’altra era marrone e bianca, ma si abbassò ugualmente per vederli meglio: «Ma quanto siete belli eh?» Fece una vocina da bambina, dal momento che aveva sempre adorato gli animali, anche se la sua famiglia non aveva mai posseduto neanche un cagnolino. Allungò la mano verso il cagnolino tutto bianco, per accarezzarlo, poi vide una ragazza che chiamava i due animali. Emma si risollevò, tornando in posizione eretta, mentre un sorriso le spuntò sul volto: «Sono tuoi? Sono adorabili.» Disse, guardando nuovamente giù, verso i due cagnolini, e uno di loro aveva sollevato il naso perché probabilmente aveva sentito l’odore della cioccolata calda. «Dovrei prendere anch’io un cagnolino, sono certa che sia una compagnia migliore degli esseri umani.» E lo disse più a sé stessa che non alla ragazza che si era appena avvicinata per richiamare i suoi cagnolino, quella frase era dettata dalle delusioni che aveva avuto dagli uomini in quegli ultimi anni. «Quello che ho appena detto non deve farmi sembrare simpatica, vero? Scusa, è che adoro troppo gli animali.» Disse, a suo agio. Se c’era una cosa che Sirius le aveva sempre detto che adorava di lei era la sua capacità di saper parlare e comportarsi in qualsiasi situazione. Emma riusciva ad essere sempre disinvolta, socievole ma non invadente, aveva sempre la parola da dire al momento giusto. Si domandò se Sirius pensava ancora questo di lei. «Mi chiamo Emma.» Si presentò con un affabile sorriso, tanto valeva che iniziasse a fare qualche amicizia lì a Besaid!
     
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    Negli ultimi tempi la sua vita aveva preso un’ottima piega. Tutto sembrava procedere a gonfie vele e Amy cercava di non pensare troppo alla fortuna che le stava capitando, temendo forse di scoprire che poteva trattarsi solo di un sogno. Erano mesi ormai che la sua strada e quella di Pedro avevano ripreso a scorrere l’una accanto all’altra. Proseguivano piano, a piccoli passi, per non rischiare di affrettare un sentimento che era rimasto sopito per anni dopo che lei aveva deciso di farsi indietro e chiudersi nel suo dolore, impedendo a Pedro di stare al suo fianco anche in quell’occasione. C’erano ancora delle questioni da chiarire, dei punti oscuri nella vita di lui e nel suo lavoro che l’uomo non aveva voluto chiarire, ma lei sperava che prima o poi l’avrebbe resa partecipe anche delle cose meno belle. Nel frattempo cercava di apprezzare ogni momento e di vivere senza crearsi troppe aspettative, per quanto difficile potesse essere. a volte la sua mente correva veloce, lanciandosi in voli pindarici sul loro possibile futuro insieme. Dove sarebbero andati a vivere? Avrebbero avuto dei bambini? Che nome avrebbero dato loro? Aveva sempre saputo che Pedro sognava una grande famiglia, con tanti piccoletti che correvano da una parte all’altra, ma lei non era sicura di poter gestire un numero elevato di piccoletti. Pensava che due fosse un numero abbastanza buono, ma non voleva fossilizzarsi su quel pensiero. Il destino probabilmente avrebbe deciso per loro, come aveva fatto sino a quel momento. Era stato il caso a farli incontrare la prima volta e quello stesso caso a farli ritrovare, in una giornata qualunque in quello stesso parco dove se ne stava di nuovo seduta, a disegnare Zoe e Bach che si rincorrevano in mezzo alle foglie. Li aveva presi quando erano solo due piccoli cuccioli e in quegli anni erano cresciuti un po’, rendendo più allegre anche le sue giornate più tristi. Spesso le bastava guardarli per ritrovare il sorriso.
    Li perse di vista solo per qualche minuto, mentre si concentrava sui tratti a matita, sui chiaroscuri, sul dare un effetto di maggiore volume alle loro figure e alle foglie. Quando risollevò lo sguardo non c’erano più. Spalancò gli occhi, guardandosi velocemente attorno prima di infilare il blocco per gli schizzi dentro la borsa e scattare in piedi. -Bach? Zoe? - iniziò a chiamarli, sperando di vederli riapparire a pochi metri da lei. Si guardò di nuovo attorno, il cuore che batteva all’impazzata. Iniziò a camminare, facendo scorrere lo sguardo da un punto all’altro, alla ricerca di qualcosa che potesse ricordarle quei due piccoletti. Avrebbe potuto usare la sua particolarità e tornare indietro nel tempo, ritrovandoli in poco tempo, ma si sentiva già abbastanza stanca e non voleva rischiare di affaticarsi troppo. Meglio provare a cercarli nella maniera tradizionale e lasciare il viaggio nel tempo solo a qualche minuto più tardi, se davvero non fosse riuscita a recuperarli. Continuò a chiamare dei suoi due compagni di viaggio ancora diverse altre volte prima di scorgere due code pelose che giravano attorno alle gambe di una donna, che si era fermata a coccolarli. Tirò un sospiro di sollievo, concedendosi un attimo per riprendere fiato prima di raggiungere la ragazza, ancora con il fiatone. -Ti chiedo scusa, ho distolto lo sguardo per qualche momento e… puff… erano spariti. - si scusò, facendo cenno ai due piccoletti di allontanarsi dalla donna e tornare da lei. Temeva che l’avessero disturbata in quella loro folle corsa verso la libertà. -Sì, sono i miei. Scusa se ti hanno disturbata. - aggiunse, riprendendo lentamente fiato. Si piegò in direzione dei due animali, che subito si mossero nella sua direzione, in cerca di nuove attenzioni. Probabilmente non avevano idea di averla fatta preoccupare moltissimo con quella loro trovata. -E’ una fortuna che tu li abbia intercettati, iniziavo a pensare che fossero scappati chissà dove, non riuscivo proprio a trovarli. - rivelò, con un sorriso gentile sul volto, riportando lo sguardo sulla donna per un momento, ringraziandola silenziosamente per quel fortuito caso del destino. -Oh, dici? Sanno essere abbastanza dispettosi quando vogliono. - disse, mentre una leggera risata fuoriusciva dalle sue labbra, al pensiero di tutti i piccoli dispetti che le avevano combinato nei primi giorni trascorsi a casa con lei. -Però, sì, sanno essere davvero un’ottima compagnia, anche nei brutti momenti. - aggiunse. Non voleva certo che lei pensasse che fosse solo una cosa negativa, non era quello il messaggio che voleva trasmetterle. -Ma figurati, non hai fatto una brutta impressione se è questo che ti preoccupa. - mormorò, con un’altra leggera risata, risollevandosi poi in piedi per poterla guardare dritta in volto.
    Emma. Era proprio un bel nome. -Io sono Amèlie. - si presentò a sua volta, rispondendo al dolce sorriso della donna con uno altrettanto amichevole. -E i due fuggitivi sono Zoe e Bach. - aggiunse, fermandosi tra un nome e l’altro per indicarli e farle quindi capire di chi stava parlando. Chiamati in causa non aspettarono oltre prima di gironzolare di nuovo intorno alle gambe di Emma, in cerca di attenzione. Amy scosse il capo, divertita dal modo in cui quei due sembravano averla presa in simpatia. -Andavi di fretta? - domandò, grattandosi appena la base alla nuca, sperando di non suonare un po’ impertinente con quella domanda. Amy era una persona socievole, ma anche un po’ timida a tratti e temeva quindi di disturbare le persone che incrociava nel suo cammino. Le tante volte in cui era rimasta delusa dalle persone, le perdite che aveva accumulato nel tempo, l’avevano resa decisamente più insicura. -C’è un piccolo chiosco qui vicino e mi piacerebbe offrirti qualcosa. Un caffè, un tè, quello che gradisci. - spiegò, motivando così la domanda che le aveva rivolto poco prima, facendole intendere che non era dovuta a impertinenza. -Mi hai davvero salvata bloccando la loro corsa! Non so come avrei fatto a ritrovarli altrimenti! - aggiunse, sperando quindi in una risposta affermativa da parte della donna. Si voltò verso destra, individuando il tetto del piccolo chioschetto per poi indicare quella direzione a Emma, mostrandole che si trovava davvero a pochi passi e che non l’avrebbe quindi trattenuta a lungo.
     
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    Quando aveva deciso di trasferirsi a Besaid con Damien, Emma lo aveva fatto più per inerzia che per reale convinzione. Nonostante dentro di sé sperasse in una vita totalmente nuova, sapeva bene che era solo un’illusione e che ripartire da zero era possibile solo se si era la protagonista di un film smielato. Stava di fatto, quindi, che non immaginava neanche di fare grandi amicizie o di conoscere nuove persone, a parte i suoi colleghi di lavoro. Insomma, credeva che non fosse cambiato un bel niente e l’aver incontrato Sirius non aveva fatto altro che confermare quella sua amara convinzione. Si sentiva come in un loop temporale dove gli avvenimenti più complessi della sua vita, tornavano in continuazione. Come se si trovasse in una maledizione. Naturalmente, Emma, era troppo razionale per credere veramente a quel genere di cose, ma alla sera, quando si trovava nel suo letto e tentava di addormentarsi, quel genere di pensieri le si infilavano in testa, quasi come se si trattasse di una forza sconosciuta che le stava facendo il lavaggio del cervello.
    Alla luce del sole, in quel momento, mentre passeggiava in un parco con cui doveva ancora prendere confidenza, Emma rideva di quei suoi pensieri notturni, come se i raggi di luce illuminassero l’assurdità di ciò che la sua mente potesse elaborare. Per quanto sembrasse banale, il camminare in un luogo tanto calmo contribuiva a rendere meno drammatici i pensieri di Emma che, spesso, si sentiva addirittura sopraffatta da essi fino a temere di perdere il respiro. E non nel senso più positivo del termine. Ciò che rallegrò il suo umore nero furono le due palle di pelo che iniziarono a girarle intorno, abbaiando qua e là, facendola sorridere. Nemmeno per un attimo fu spaventata dai due cagnolini che, oltretutto, le sembravano parecchio simpatici. -Bach? Zoe? - Spuntò una ragazza dai lineamenti delicati e dagli occhi gentili che, nel pronunciare quei nomi, chiaramente stava attirando l’attenzione delle due palle di pelo. Erano suoi i cagnolini? La ragazza, che si presentò come Amelie, le diede conferma che si, quei due piccoli fuggitivi erano suoi e, nonostante fossero pestiferi, facevano un’ottima compagnia. Emma sorrise, forse il primo sorriso sincero che faceva da quando era arrivata a Besaid, qualche settimana prima. «Non mi hanno disturbata affatto anzi, mi hanno addirittura rallegrato la giornata!» Tranquillizzò così Amelie, che si era scusata più volte, come se i suoi cagnolini avessero fatto qualcosa di spiacevole. Nulla di tutto ciò, ormai Emma stava addirittura iniziando a pensare che sarebbe stato il caso di prendere un animale domestico per poi togliere di casa Damien. E menomale che un pensiero del genere stava rimanendo ben chiuso nella sua testa. Nonostante le presentazioni di rito e quella gentilezza richiesta quando si incontra qualcuno per la prima volta, Emma percepì una calma che quasi le dava conforto. Non aveva ansia nel risultare per forza simpatica ad Amelie, sentiva che qualsiasi parola, qualsiasi dialogo o azione, con lei sarebbe stato totalmente naturale. «Perché no? Oggi è il mio giorno libero e ne stavo approfittando per fare conoscenza con la città.» Accettò di buon grado la proposta della ragazza appena conosciuta riguardo ad un chiosco in cui potevano bere qualcosa. Le sembrò quasi insolito avere la possibilità di fare amicizia così facilmente. Era così che si conosceva nuova gente in quella città? «Mi sono trasferita qua da poco, ho la sensazione che Besaid sia un luogo tutto da scoprire.» Spiegò, anche se, di fatto, quella non era una spiegazione che Amelie le aveva richiesto, ma le piaceva parlare. Sentiva di poter parlare, in quel caso. Iniziò a camminare verso la direzione che aveva indicato la ragazza, soffermandosi su uno di quei chioschetti che solitamente si trovano nei parchi, fatti a posta per bere qualcosa di fresco durante una rilassante passeggiata. «È da tanto che vivi a Besaid? Te lo chiedo nel caso potessi darmi qualche dritta su questo posto.» Zoe e Bach trotterellavano attorno a loro, adesso sembravano bene intenzionati a rimanere vicini alla loro padrona. Il momento delle monellerie per loro sembrava essere terminato. «Sei un’artista?» Domandò poi curiosa, indicando la borsa di Amelie da cui uscivano dei fogli in cui poteva intravedere qualche disegno a matita. Non voleva sembrare invadente, quindi tentò di fare un passo indietro. «Scusa, forse non avrei dovuto domandartelo, ma visti da qui sembrano dei bei disegni!» Si giustificò come meglio poteva, anche se in quel caso c’era ben poco da giustificare: il suo sguardo era caduto su quei pezzi di carta che fuoriuscivano distrattamente dalla borsa della ragazza, ed Emma non era riuscita a trattenersi dal chiedere qualche informazione in più. Proprio lei, poi, che di arte non se ne intendeva chissà quanto e tutte le conoscenze che aveva a riguardo derivavano da libri di arte che aveva letto per pura cultura personale, dal momento che il suo percorso di studi verteva su nozioni decisamente più scientifiche.
     
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    Amy adorava il parco. Era sempre stato una fonte di ispirazione per lei, un soggetto molto utilizzato per i suoi disegni e i suoi dipinti, oltre che luogo privilegiato dove poter coltivare la sua passione immersa nel verde, libera dai problemi che portava con sé la città. I rumori di quel luogo erano diversi, raccontavano storie di allegria e risate sparse al vento da bambini o famiglie felici. Altre volte sapeva essere anche silenzioso e in quei casi le era più semplice concentrarsi su se stessa ed esternare ciò che provava attraverso pochi segni di matita sulla carta. Negli ultimi tempi tuttavia la sua vita procedeva tranquilla, felice e aveva quindi evitato di fermarsi troppo a pensare, per evitare di rimuginare sul passato, di farsi delle domande la cui risposta non le sarebbe piaciuta. Pedro le nascondeva qualcosa, ma non era ancora il momento di indagare. Così, con la testa per aria, aveva iniziato a disegnare e in un batter d’occhio i suoi due cagnolini erano spariti. Dopo una cosa a perdifiato con il cuore in gola li aveva ritrovati accanto a una ragazza bionda. Era una vera fortuna che si fossero fermati per farsi accarezzare da lei, altrimenti chissà dove sarebbero potuti finire. La raggiunse in fretta, presentandosi e scusandosi per l’attacco a sorpresa dei due piccoletti, tirando tuttavia un sospiro di sollievo quando vide che la donna non sembrava infastidita per quel piccolo inconveniente e che anzi lo considerava un incontro piacevole. Sorrise quindi più apertamente Amy, lieta di non aver rovinato la giornata a nessuno. C’erano delle persone che odiavano gli animali e si arrabbiavano quindi parecchio quando sfuggivano ai padroni e correvano liberi per il parco o la strada. Per fortuna però Emma non faceva parte di quella categoria.
    Sorrise quando la donna accettò di andare a bere qualcosa insieme, come ringraziamento, al chioschetto poco distante. -Io invece sono nata e cresciuta qui. - spiegò Amy, senza smettere di sorridere, guardando l’altra in volto con una certa tranquillità. -Quindi se hai qualche curiosità sono a tua disposizione. - continuò, invitandola a farle le domande che voleva, se c’erano dei luoghi che le interessava trovare o delle cose che ancora non aveva compreso di quel luogo. -Sì, nasconde tante sorprese, anche se in fin dei conti è comunque una piccola città. - precisò poi. Di certo non poteva competere con luoghi come New York ma Besaid sapeva nascondere al suo interno tante meraviglie oltre che alcuni segreti. Emma aveva per caso già scoperto di aver acquisito delle strane doti dopo il suo arrivo in città? -Da quanto sei arrivata qui? - chiese, giusto per capire quanto fosse esattamente quel poco a cui aveva accennato poco prima. Potevano essere giorni, settimane, o magari persino qualche mese. Si voltò verso la sua borsa quando l’altra indicò il blocco da disegno, chiedendole se fosse un’artista. Abbassò appena il capo, con aria leggermente imbarazzata prima di rispondere. -E’ soltanto una passione che coltivo da qualche tempo. - disse, estraendo il blocco dalla borsa e offrendolo alla ragazza per permetterle di dare un’occhiata. Dopo la mostra a cui aveva partecipato era divenuto più semplice accettare che gli altri vedessero i suoi scarabocchi. Scorrendo tra le pagine avrebbe trovato disegni di passanti, dei suoi cagnolini, del parco, di Pedro. -In realtà lavoro all’Ostello della città, all’Aamot Lodge. - specificò, per farle capire perché non si definiva un’artista. Per lei era solo un modo di far fluire i suoi pensieri e dare loro ordine, non qualcosa con cui guadagnarsi da vivere. Aveva seguito alcune lezioni all’Accademia ma aveva dovuto abbandonarla troppo presto a causa di alcuni sfortunati eventi personali. -Tu invece? - domandò, curiosa, mentre raggiungevano il piccolo chiosco e Amy le faceva cenno di accomodarsi su uno dei tavolini di fronte al piccolo ingresso.
    Si accomodò di fronte a lei, mentre i due piccoletti iniziavano a girare intorno al tavolo giocando a rincorrersi. Prese uno dei piccoli menù di carta che era stato lasciato sul tavolino e diede un’occhiata veloce, anche se sapeva già cosa ordinare. Rimase in silenzio per qualche istante, lasciando all’altra il tempo di leggere e di decidere sino all’arrivo di una cameriera. -Per me un caffè e qualche Skolebrod. - iniziò, per rompere il ghiaccio, curiosa di sentire la scelta dell’altra per poi sorridere di nuovo. -Che cosa ti ha portata in questa cittadina sperduta? - domandò curiosa, sperando di non aver fatto una domanda scomoda, pronta però a ricevere una risposta evasiva. Allungò appena il collo, tenendo d’occhio Zoe e Bach affinchè non sparissero di nuovo e le lasciassero quindi il tempo di fare almeno una breve conversazione. -Pensi di restare? - aggiunse poi. Era sempre curiosa di sapere cosa ne pensassero i nuovi arrivati di quella cittadina. Per lei pensare di andare via non era possibile, non sarebbe mai stata disposta a perdere i suoi ricordi di suo fratello. Ancora faticava a capire come avesse fatto sua sorella a prendere una decisione come quella, ma trovava invece molto più semplice per i forestieri decidere di tornare alla propria vita quanto prima, lasciandosi quello strano posto alle spalle.
     
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