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Darko&Maeve | sera | casa

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  1. scarecrow!
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    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: [abusi e violenza domestica, violenza sulle donne].
    Ricordiamo che si tratta di un'opera immaginaria, frutto della fantasia di chi scrive e che non mira a danneggiare nessuno nello specifico.
    Le azioni descritte non sono ad ogni modo condonate e sono diretta responsabilità creativa di chi ha realizzato tali contenuti.




    xx
    Chiudi gli occhi, hai espresso un desiderio?
    Stelle, luna, un cane e due gratti, un abbraccio senza testimoni. Nessun volto, solo la netta sensazione che fosse la persona giusta a stringerla. Un sorriso, denti bianchi, dita fra i capelli che tirano indietro e trattengono, non respingono. Chiudi gli occhi, hai espresso un desiderio? La casa perfetta, i cavalli, il giardino con i pomodorini rossi, forse anche dei buoni vicini, sempre quell'abbraccio e la netta sensazione d'essere in un luogo dove far riposare la mente, i nervi, i muscoli del volto atteggiati a quel sorriso stanco d'esserci perpetuamente. Braccia fra le quali potersi lasciare andare. Dieci, tredici, diciassette, ventuno, quelli sparsi con un soffio di cera sulla torta erano desideri che cambiavano di anno in anno tranne la braccia, quelle resistevano al passaggio del tempo come solo le cose inventate sanno fare. Quella stretta Maeve riusciva a sentirla contro la guancia e sulle braccia a furia di desiderarla.
    La luna abbagliava il cielo di bianco latte la prima volta che il suo desiderio era stato esaudito. Lì dentro pensò di non essere mai stata così libera come protetta da quegli avambracci contro i fianchi, una circonferenza più salvagente che gabbia. Con le mani su di lei, Mae aveva creduto che si fosse avverato finalmente, quel folle desiderio cosparso di cera mai dimenticato. Che fossero i suoi quei palmi rassicuranti che tante volte aveva immaginato. Solo che si era sbagliata, il primo grande errore di Mae era stato quello: pensare che fosse Darko il suo destino. La consapevolezza di aver sbagliato bruciava come mare su una ferita aperta, e nell'impeto di quel dolore aveva agito d'impulso, togliendogli qualcosa di importante per ricambiare l'affronto.
    Per un compleanno poi la cera era colata sulla torta e lei aveva smesso di desiderare qualsiasi cosa, concentrando ogni sua energia sulla vita che la riempiva dentro. Sulla sua Malia.

    Quando Rikke l'aveva avvolta per la prima volta Mae era sola, impaurita e stanca, sulle spalle pesavano anni di sogni mai avverati e anzi distrutti da una realtà che non voleva accettare neanche avendola sotto gli occhi, sotto mano, dentro il ventre gonfio di una vita sconosciuta che era già diventata la sua migliore amica. Sarebbe stata una madre sola, di quelle che mangiano da sole al ristorante, sempre scarmigliate, le ragazze madri che provocano compassione. Forse fu per questo che accettò quelle braccia, perché era meglio chiudere gli occhi e convincersi che fossero quelle giuste, quelle sempre sognate; era meglio inspirare dal naso e scacciare la sensazione che fosse tutto sbagliato, che niente era come le altre che durante una notte di luna piena l'avevano trattenuta. Cedere fu facile, incredibilmente facile, e in quella semplicità Mae avrebbe dovuto capire che si celava l'errore più grande mai commesso. Ma non voleva vedere, negare era ormai un'abitudine talmente insita in lei da non notare più quando succedeva. Così per anni si era lasciata stringere da Rikke, e neanche ora che la presa era così forte da essere dolorosa, neanche a quel punto lei riusciva ad ammettere che fosse sbagliato. Di aver sbagliato tutto ancora.

    Chiudi gli occhi, hai espresso un desiderio?

    Con il sotto delle dita posato sulla maniglia, Mae chiuse gli occhi. Il calore dei faretti le scaldava la fronte come stesse in procinto di soffiare delle candeline bollenti, immaginò la cera squagliarsi mentre lei pensava. Hai espresso un desiderio? Che cosa desiderava in quel momento? Di non aver mai conosciuto Rikke. Quel pensiero comparve facendola sentire in colpa come una ladra. Di essere rimasta ancora un minuto più a lungo a quella festa di tanti anni prima, che Malia fosse felice e al sicuro, che Darko continuasse con la solita ostilità latente che tanto la innervosiva ma grazie alla quale la linea fra loro rimaneva netta, come una linea tracciata con uno dei pennarelli a punta spessa con cui Malia si imbrattava le mani. Era un casino pulirle poi, non veniva mai via del tutto e se ne stava sui polpastrelli bianchi per giorni; che non la chiamasse a quel modo, con la voce sommessa riservata a chi fa pena o compassione, o ai bambini piccoli quando cadono e si mettono a piangere. Avrebbe addirittura preferito i nomignoli che da mesi le affibbiava piuttosto che sentirlo pronunciare il suo nome per intero. Non sapeva perché ma feriva in profondità. Forse perché senza il solito distacco le veniva difficile non immaginare una vita se le cose fossero andate diversamente, a girarsi al suono di quel timbro di voce che la chiamava dall'altro lato della cucina, a trovare rifugio fra quelle spalle. Mi dispiace. Avrebbe voluto ripetere questa volta rivolto a lui, al male che gli aveva fatto e al futuro che aveva precluso a entrambi. Chissà, magari sarebbe stato tutto diverso. Chissà. Uno come Darko era in grado di spostare l'aria in un modo tutto suo quando si muoveva nello spazio. L'aveva notato al luna Park e durante gli altri incontri, ma in casa sua era ancora più marcato. Quel luogo gli apparteneva e Mae era un'intrusa. Sussultò quando Darko le sfiorò la spalla, neanche la leggerezza con cui lo fece impedì al corpo di reagire e mettersi in guardia. Vedeva solo il buio dietro le palpebre chiazzato dalla luce tenue dei faretti ma poteva comunque sentire l'uomo al suo fianco. Sulla guancia livida il suo respiro era un soffio che recava dolore e sollievo al tempo stesso e Mae aspettò il momento in cui si sarebbe reso conto. E l'avrebbe odiata ancora di più. Eccolo. La mano scivolò dalla maniglia mentre Darko apriva la porta e la richiudeva, lasciandola sola nel corridoio. L'assenza del palmo sulla sua spalla si faceva sentire come un macigno invisibile ora che non c'era più. Mae inspirò, prese fiato. Si sarebbe potuto pensare che stesse per spegnere della candeline invisibili. Aprì finalmente gli occhi che, sull'orlo delle lacrime, si incollarono brevemente alla porta chiusa prima che si dirigesse lentamente nella sala, seguendo un tacito ordine che le riverberava nelle tempie. Ritrovandoselo di fronte, Mae si sentiva spossata. Aveva il viso bollente e, lì dove era stata colpita, sembrava che la pelle le stesse andando a fuoco. Immediatamente sotto attacco, Mae invece si ritirava stringendosi le braccia al petto mentre una mano si apriva sul collo nel tentativo di nascondere i segni rossi. Malia. Lo ammonì anche se debolmente. Non voleva che si svegliasse e che sentisse quelle cose sul conto di Rikke. Scosse poi con così tanta veemenza la testa che qualche ciocca le cadde dalla crocchia già maldestra che aveva sulla testa, e sentì qualcosa schioccare senza saper dire se si trattasse del collo o del proprio cuore. Impossibile. Non lo farebbe mai, le vuole bene. Disse stringendosi di più la mano alla gola rendendosi conto quanto stupida suonasse quella rassicurazione. Aveva voluto bene anche a lei, tempo prima, no? Io lo impedirei. Lo seguì con lo sguardo fin dove potè, torcendo lievemente la postura ma senza riuscire a muovere i piedi, che sembravano piantati lì come radici nel soggiorno poco illuminato di Darko. Una pianta del sottobosco, in effetti così si descriveva sempre compilando uno di quei stupidi quiz sulle riviste che leggeva durante le attese interminabili che costellavano la sua vita. Una pianta gracile che vive sotto al bosco da cartolina, sopraffatta dal resto, soffocata e con poca luce a disposizione. C'era stato un tempo in cui era la pianta più alta del bosco vero, forse così l'aveva conosciuta Darko. Quel pensiero la mise ancora più a disagio. Lo osservò ancora un po', immobile come paralizzata. Vedeva la rabbia nei suoi gesti, la sentiva ribollire nella sua voce, avrebbe voluto se non altro combaciare quelle emozioni ma più ci provava e mano riusciva a parlare, a dimostrare la stessa energia di Darko. Annuì. Una volta e basta. Okay. Poi però aggiunse con un filo di voce E domani? C'era sempre il domani a cui pensare, sempre dietro l'angolo e totalmente imprevedibile nonostante Mae cercasse di pianificare ogni cosa, pure le reazione improvvise di Rikke. Domani al risveglio Rikke sarebbe stato furioso, questo le era chiaro. Riprese a tremare prima impercettibilmente, silenziosa come aveva imparato ad essere per non farsi vedere da Rikke, dagli altri e sopratutto da Malia, ma con Darko di nuovo di fronte il tremito parve aumentare esponenzialmente. Serrò ancora di più le braccia al petto, la mano libera continuava ad accarezzarsi il collo per coprisi come in segno di pudore.
    Qualche mese...Tre, forse quattro, non lo so. Si morse il labbro forte per evitare alle lacrime di straboccare dagli occhi. Detestava farsi vedere così. L'avrebbe pensata debole, non in grado di occuparsi di Malia. Se prima la odiava chissà ora cosa doveva provare per lei. Compassione? Ribrezzo? All'inizio capitava che mi stringesse un po' troppo forte il braccio, il fianco, qualche spinta, pensavo fosse uno sbaglio. Oggi è... Respirò piano come un piccolo uccellino dolorante. L'ho fatto arrabbiare, non mi ricordo neanche più il perché. L'ho trascinato via per non coinvolgere Malia. Mi ha presa per i capelli, faceva male ma pensavo avrebbe portato a... si bloccò, deglutendo mentre distoglieva per un attimo lo guardo dal suo, in imbarazzo nel trovarsi a discutere dell'intimità sua e del marito con lui. Invece non è successo, mi ha stretto il collo finché quasi non respiravo e poi mi ha colpita. Due dita si posarono tremanti sulla guancia arrossata. Come avrebbe voluto tornare indietro nel tempo e rifare tutto dall'inizio. Con Darko sarebbe stato diverso? Non aveva l'aria di uno che picchia le donne, ma del resto Mae ancora non lo conosceva davvero anche se si ritrovava spesso a fantasticare su di lui come se fosse il contrario. Poi si è scusato e siamo andati tutti a letto. Ho aspettato finché non ho sentito il suo respiro farsi pesante, ho messo Malia in macchina e siamo venute qui. Aveva raccontato tutto come se stesse snocciolando una storia qualunque, la voce rotta ma distante, sembrava elencare gli ingredienti di una nuova ricetta culinaria. Aveva dovuto tenere duro per Malia, resistere abbastanza a lungo per essere in grado di portarla lì in salvo. Ma ora poteva cedere, no? C'era Darko. Darko che aveva coinvolto senza chiedere neanche il permesso, Darko che la fissava con due occhi azzurro grigio che le ricordavano la luna sotto la quale avevano creato Malia anni prima; non riusciva a decifrarli, quegli occhi, non riusciva più a sopportarne il peso. D'improvviso si tramutarono negli occhi infuriati di Rikke che le esplosero contro la retina facendola finalmente indietreggiare. Per fortuna le sue gambe trovarono la sponda del divano, sulla quale si appollaiò talmente in bilico da sembrare sul punto di cadere. E Mae finalmente si accartocciò, un pezzo di carta bruciacchiato ai bordi. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace di tutto. Te lo giuro non lascerei mai che succedesse qualcosa a Malia, lo sai vero? Si prese il viso fra le mani, forse nel tentativo di non far vedere le lacrime. Non possiamo stare qui, se lo venisse a sapere...Non posso coinvolgerti ancora di più. Mi dispiace Darko, di tutto. Dell'averti precluso la più grande gioia che avresti potuto avere, Malia. Dopo qualche minuto il tremito parve rallentare, allora alzò la testa con lentezza senza neanche prendersi la briga di asciugare gli occhi. Gli occhi acquosi cercarono quelli dell'uomo immediatamente. Ne studiò i lineamenti marcati, immaginando la sensazione della barba di qualche giorno sotto i propri polpastrelli. È così difficile amarmi? Aveva una voce talmente sottile da essere quasi inaudibile. Perché non era rimasto con lei? Perché non l'aveva voluta? Si vergognò quasi subito di quella domanda così intima. Cosa ne poteva sapere lui che non l'aveva mai amata davvero. Ma ormai non c'era più niente a tenere ferma la pianta di sottobosco. Tremava vistosamente nonostante portasse la giacca in casa.

    Edited by scarecrow! - 11/7/2023, 18:50
     
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4 replies since 21/2/2022, 18:53   180 views
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